Seconda-pagina1[ISSN 1825-0300]

 

N. 9 – 2010 – D. & Innovazione

 

 

Li FeiSul beneficium competentiae nel diritto romano

 

Li Fei*

Università di Xiamen,

Cina

 

 

 

Sommario: Premessa. 1. L'introduzione del beneficium competentiae: il principio di pieno adempimento e la sua mitigazione. – 2. Lo sfondo istituzionale del beneficium competentiae. – 3. Un’ulteriore analisi del beneficium competentiae. – 4. La base istituzionale del beneficium compentiae e il suo destino moderno.

 

 

 Premessa

 

Il beneficium competentiae è un’istituzione importante nel diritto romano, che protegge l'interesse del debitore, limitando l’adempimento del debitore nella misura delle sue facoltà e riservando per lui il necessario. Vale la pena notare che il beneficium competentiae non implica la remissione ma il differimento dell’adempimento del residuo di obbligazione. Questa istituzione è sostituito da altre istituzioni nel diritto moderno salvo il Codice Civile Cileno (C.C.C.) ed il Codice Civile Argentino (C.C.A.)[1] e, peraltro, il termine ‘beneficium competentiae’ non sparisce di conseguenza[2].

Si può dire che le relative disposizioni del C.C.C. e del C.C.A. sono dello stesso ceppo. Ma non si è certi se vi sia la stessa idea tra queste stesse disposizioni, e quali siano le ragioni per cui altri codici civile rinuncino a questa istituzione. Le risposte a queste domande determinano come attualmente questa istituzione venga vista, tuttavia si deve chiarire prima di tutto cosa questa istituzione rappresenti nelle fonti di diritto romano.

 

 

1. – L'introduzione del beneficium competentiae: il principio di pieno adempimento e la sua mitigazione

 

Il pieno adempimento della obbligazione derivato dal diritto romano è accettato da quasi tutti i diritti civili come un principio di base nel diritto di contratto. Nelle fonti del diritto romano, il frammento relativo a questo principio è I.3,29pr. (Tollitur autem omnis obligatio solutione eius quod debetur.) corrispondente a Gai.3,168 (Tollitur autem obligatio praecipue solutione eius,quod debeatur). Questi due frammenti, in cui ‘solutione eius quod debetur’ implica l’adempimento esatto e pieno, definiscono il principio di adempimento della obbligazione[3]. Perciò il creditore può rifiutare il parziale adempimento del debitore «senza cadere in mora accipiendi»[4].

Ma insistere rigorosamente sul principio di pieno adempimento sarà sfavorevole al debitore[5], quindi, fino al periodo classico il praetor forzava il creditore ad accettare l’adempimento parziale in alcune azioni (D.12,1,21: Quidam existimaverunt neque eum, qui decem peteret, cogendum quinque accipere et reliqua persequi, neque eum, qui fundum suum diceret, partem dumtaxat iudicio persequi: sed in utraque causa humanius facturus videtur praetor, si actorem compulerit ad accipiendum id quod offeratur, cum ad officium eius pertineat lites deminuere.). Non c’è dubbio che il termine ‘humanius’ nel D.12,1,21 sia dovuta all'interpolazione di Giustiniano, perché questo termine emerge spesso nelle Istituzioni e nelle costituzioni di Giustiniano ma raramente negli altri frammenti non-giustinianei, per esempio I.1,6,2; I.2,7,4; C.6,27,5pr.; C.7,2,15,3; C.7,31pr.; C.7,71,8,1; C.8,21,2,1 etc.

Non è strano che Giustiniano riformò i diritti tradizionali in nome dell' ‘umanità’, per influenza del Cristianesimo.

Vi sono anche altre costituzioni che violarono il principio di pieno adempimento nel periodo post-classico, le più famose tra queste sono pactum quo minus solvatur, introdotto da un constituzione di Marco Aurelio (D.2,14,7,19; D.2,14,8) e benificium competentiae (questo termine è stato creato da un giurista tedesco nel 16th secolo, la sua espressione originale fu id quod facere potest[6].

 

 

2. – Lo sfondo istituzionale del beneficium competentiae

 

Il beneficium competentiae è un beneficio conferito al debitore per l’equità, considerando la relazione speciale tra il creditore ed il debitore o la posizione speciale del debitore, cioè la possibilità di valutare la somma ultima che il debitore può assumere, e poi condannare nelle sue facoltà[7]. Questa istituzione è una di quelle subordinate alla taxatio, una delle condanne nella condemnatio di procedura formulare. Nella condemnatio, al giudice è conferita la potestà di condannare o di assolvere (Gai. 4,43).

Tutte le formule che contengono la condemnatio richiedono la valutazione in una somma di denaro, ovvero, generalmente, la condanna del giudice si esprime in una somma di denaro, e questa somma è certa in alcune procedure formulari e non certa in altre (Gai.4,48-49). Nella condemnatio le somme non sono determinate, ma per limitare la potestà del giudice, il praetor solitamente stabiliva la somma ultima della condanna, in particolare nell’actio de peculio e nell’actio de in rem verso[8]. Un metodo tipico di valutazione della somma ultima è quello di conferire il beneficium competentiae al debitore, vale a dire, condannare a pagare nella misura delle sue facoltà quando c’è una relazione speciale tra il creditore ed il debitore, in modo che il debitore possa evitare l’esecuzione personale, bonorum venditio e infamia conseguente.

Come già detto, il beneficium competentiae non implica la remissione del residuo di obbligazione ma solamente il differimento dell’adempimento, considerando la facoltà inferiore del debitore. Perciò, il debitore deve adempiere continuamente se le condizioni patrimoniali del beneficiato tornano a migliorare[9]. Vale a dire, il creditore non perderà il suo diritto al residuo di obbligazione.

L’interesse del debitore è la considerazione centrale del beneficium competentiae, ma non è che il creditore non abbia nessun rimedio. Ci sono due strumenti giuridici per il creditore per garantire l’accettazione di adempimento pieno: uno è la cautio de residuo, con cui il creditore può costringere il debitore alla prestazione, e l’altro è la praescriptio pro actore, con cui il creditore può escludere nella praescriptio che il debitore ricorre al beneficium competentiae[10].

 

 

3. – Un’ulteriore analisi del beneficium competentiae

 

(1) Lo scopo del beneficium competentiae.

 

È difficile stabilire l'epoca precisa in cui il beneficium competentiae fu creato. Secondo qualche studioso, si può trovare la radice del beneficium competentiae nella Lex Iulia de Maritandis Ordinibus (18 a.C.)[11]. Se fosse vera questa opinione, il beneficium competentiae sarebbe originariamente un’istituzione in relazione con il pagamento e la restituzione della dote. Ma dalle fonti si può trarre solamente che fu introdotto da Antonio Pio e limitato al donante (D.50,17,28), e la sua applicazione fu estesa gradualmente nel tempo successivo.

Secondo la dottrina popolare, lo scopo originale del beneficium competentiae è quello di evitare l’esecuzione personale, la bonorum venditio e l'infamia conseguente, condannando nella misura delle facoltà del debitore, però questo scopo si evolveva più tardi nella deductio ne debitor egeat. Non sono d’accordo con questa dottrina: in primo luogo, perché ‘evitare l’esecuzione personale, la bonorum venditio e l’infamia conseguente’ non è necessaria conseguenza del beneficium competentiae. Se il debitore non esegue la condanna nella misura delle sue facoltà, il creditore può ancora ricorrere all’esecuzione personale e alla bonorum venditio.

In secondo luogo, un frammento di Paolo di alcuni decenni posteriore ad Antonio Pio, aveva già definito che allora la deductio ne debitor egeat fosse la conseguenza del beneficium competentiae (D.50,17,173pr.). Perciò, si può dedurre che originariamente lo scopo del beneficium competentiae fu la deductio ne debitor egeat, però la sua applicazione fu limitata possibilmente al donante e fu generalizzata da Giustiniano a tutti debitori che godono del beneficium competentiae[12]. Dunque, l’importanza di questo istituzione è che, per evitare al debitore di essere estremamente povero e offrirgli l’opportunità di risollevarsi dalla avversità, si riserva per il debitore il denario necessario[13]. Tuttavia, “evitare l’esecuzione personale, la bonorum venditio e l'infamia conseguente”, non potevano essere trascurate come cause importanti del beneficium competentiae.

 

(2) L’estensione del beneficium competentiae.

 

Non è che tutti i debitori possono godere del beneficium competentiae, il quale si limita a quelli seguenti ed è personale (D.24,3,13), ma ciò non impedisce all’agente di godere anche di questo beneficio (D.17,2,63,1).

 

A. Il donante. – A causa della gratuità della donazione, il donante gode generalmente di alcuni speciali benefici giuridici, non solo nel diritto antico ma anche nel diritto moderno. Questa è anche la considerazione originaria di conferire il beneficium competentiae al donante. Il beneficium competentiae conferito al donante stabilisce la formula del beneficium competentiae, per questo motivo, ci sono molte disposizioni relative ad esso nelle fonte (D.23,3,33; D.42,1,41,2; D.39,5,12; D.50,17,28; D.39,5,33pr.; D.50,17,173pr.; D.42,1,30, etc.). Ma nel caso seguente, c’è un’eccezione: quando A vuole donare qualcosa a B, e B vuole donare la cosa stessa a C, con il cosenso di B, A promette di donare la cosa a C. In questo caso, A non può godere del beneficium competentiae (D.39,5,33,3).

È necessario sottolineare che nel diritto giustinianeo, quando il giudice valuta la facoltà di pagare del debitore, i sui debiti (aeris alieni) non saranno detratti, a meno che nel caso della donazione (D.24,3,54; D.42,1,19,1; D.39,5,12)[14]. Qusto è la distinzione più grande tra il donante e gli altri debitori che godono il beneficium competentiae.

 

B. Il socio. – Riguardo alla società, la relazione intima tra i soci era considerata nel diritto romano, «anzi ricorre tra i soci un ius quodammodo fraternitatis»[15]. Perciò, è facile da capire che il socio gode, nell’actio pro socio, del beneficium competentiae, il quale risulta dal edictum praetorium[16]. Per di più, questo beneficio è conferito non solo al socius omnium bonorum (D.42,1,16) ma anche al socius unius rei (D.17,2,63pr.)[17].

Ho già notato che, quando si valuta la facoltà del debitore, i sui debiti non saranno detratti dal patrimonio. Questa regola è applicabile anche al socio nell’actio pro socio, tranne i debiti i quali sono contratti con riferimento alla società (D.17,2,63,3)[18].

 

C. Il fallito che cedette i beni o subì la bonorum venditio. – La bonorum cessio, creata dalla Lex Iulia de bonis cedendis e seguita dal diritto moderno sul fallimento[19], limita la responsabilità del debitore fallito nel suo patrimonio. Ma dopo che il creditore fallito cede la sua proprietà al creditore, il primo non è liberato dalla responsibilità di pagare il residuo, ma deve continuare ad adempiere quando egli acquisisce la proprietà nuova (C.7,71,1), altrimenti il creditore può intentare un’azione contro il debitore solamente nella misura della sua facoltà di pagare (D.42,3,4pr.; I.4,6,40)[20]. Però se il debitore acquisisce qualsiasi proprietà nuova di insignificante valore dopo che la cessione abbia avuto luogo, la sua proprietà nuova non può essere venduto, perché lui non dovrebbe essere privato della sua sussistenza quotidiana (D.42,3,6).

Per quanto riguarda il fallito che subì la bonorum venditio, egli fruisce del beneficium competentiae entro un anno da questa[21]. Ma questo punto di vista è contestabile sulla base dei frammenti D.42,3,7 e Gai.2,155.

 

D. Il milite. – “Favorire i militi” è sempre stato un principio del diritto romano, perciò non è strano che i militi avessero già fruito del beneficium competentiae nel diritto romano classico (D.42,1,18= D.42,1,6pr.), ma essi non ottenevano, come il donante, il diritto alla detrazione dei loro debiti[22].

 

E. Gli ascendenti e il patrono. – Generalmente si ritiene che gli ascendenti (e il patrono) possono fruire di questo beneficio quando contro di essi sia intentata un'azione da discendenti (e libertini)[23]. Gli argomenti principali di questa opinione sono nel testo di I.4,6,38 (Sed si quis cum parente suo patronove agat,……non plus actor consequitur, quam adversarius eius facere potest.……), ma nel Digesto di Giustiniano ci sono solo frammenti corrispondenti, cioè D.42,1,30 e D.42,1,17: nel primo si discute soltanto il beneficium competentiae tra i genitori e i sui figli nella donazion[24], nell’altro (D.42,1,17: Patronus patrona liberique eorum et parentes: item maritus de dote in id quod facere potest convenitur) è anche piuttosto dubbio. Vediamo che lo scopo del beneficium competentiae è che si riserva per il debitore il necessario al fine di non essere nella difficoltà di sussistenza, tuttavia, i discendenti e i libertini sono in obbligo di alimentare i propri ascendenti e patroni[25], questo rende non necessario il beneficium competentiae[26]. Ma l’art. 1627 del Codice Civile Cileno («No se pueden pedir alimentos y beneficio de competencia a un mismo tiempo. El deudor elegirá») dimostra un’altra possibilità.

 

F. I figli emancipati, diseredati, astenutisi dall'eredità paterna. – Il beneficium competentiae di questi figli è previsto in D.14,5,2pr.[27], da cui si evince che il beneficium competentiae dei figli astenutisi dall’eredità perterna fu previsto originalmente nell’ Edictum Perpetuum (C.4,26,2). Questo beneficio esiste soltanto nell’azione contrattuale ma non è applicabile al delitto (D.14,5,4,2; D.42,1,49). Inoltre, sebbene il figlio forse era condannato al pagare completamente, egli può fruire ancora di questo beneficio nell’actio iudicati (D.14,5,5pr.). C’è bisogno di notare che i figli emancipati non fruisce del beneficium competentiae in tutte le azioni contrattuali (D.26,7,37,2)[28].

 

G. Coloro i quali sono in relazione con il pagamento e la restituzione della dote.

a) Il marito e la moglie. – I frammenti giustiniani di I.4,6,37 e C.5,13,1,7 dichiarano il beneficium competentiae del marito per la restituzione della dote, tuttavia, questo beneficio esisteva già nel diritto classico. Come il beneficium competentiae nel senso generale, il beneficium competentiae del marito è anche personale[29] e di questo i sui eredi non fruiscono (D.24,3,12)[30]. Ma secondo Labeone, se gli eredi del marito fossero i figli della moglie, questi eredi potrebbero fruire di questo beneficio (D.24,3,18pr.).

Questo beneficio del marito è regoroso: 1) Esso non può essere escluso con un accordo contrario, perché un accordo che impone di restituire la dote completamente ma non nella misura delle facoltà del marito è quello che “……namque contra bonos mores id pactum esse melius est dicere, quippe cum contra receptam reverentiam, quae maritis exhibenda est, id esse apparet ”(D.24,3,14,1). 2). Nel caso che la dote sia confiscata dal fiscus, la responsabilità di restituire la dote al fiscus è anche limitata nelle facoltà del marito (D.24,3,36). 3) L’ex-marito fruisce del beneficium competentiae nei riguardi della dote che egli ha promesso al marito della sua ex-moglie (D.24,3,32).

Il beneficium competentiae del marito contro sua moglie non è limitato alla restituzione della note. Una costituzione di Antonino Pio estendeva questo beneficio all’altro caso, in cui contro il marito venga intentata un'azione da sua moglie per un contratto, e Giustiniano conferisce anche questo beneficio alla moglie nel stesso caso (D.42,1,20)[31].

b) Il suocero. – Se il soggetto il quale ha l’obbligo di restituire la dote è il suocero, egli fruisce anche del beneficium competentiae, perché il suocero è in posizione del padre (D.24,3,22,12; D.24,3,15,2; D.24,3,16).

Quando il suocero promette la dote al genero ma non adempie, in tal caso, se egli possa fruire di questo beneficio, è una questione controversa (D.42,1,21)[32]. In realtà, la controversia si concentra soltanto sul beneficium competentiae del suocero dopo che il matrimonio è sciolto. Secondo Labeone, il sucero fruisce di questo beneficio durante il matrimonio, ma dopo il scioglimento del matrimonio, se il praetor conferirà o no questo beneficio al suocero dipende da circostanze speciali (D.23,3,84); mentre secondo Pomponio, il suocero fruisce di questo beneficio soltanto durante il matrimonio (D.42,1,22pr.); Nerazio e Proculo scelgono di evitare questa questione (D.24,3,17pr.).

c) L'estraneo. – Nel diritto romano giustinianeo, l’estraneo che promette la dote può fruire del beneficium competentiae per il pagamento della dote, perché in tal caso l’estraneo è considerato come un donante (D.23,3,33. Ulpianus 63 ad ed.). Ma c’è anche la opinione diversa (D.23,3,84. Labeo 6 pith. a paulo epit.). A mio parere, la opinione di Ulpiano è più ragionevole.

 

 

4. – La base istituzionale del beneficium compentiae e il suo destino moderno

 

Come si può vedere dai frammenti citatati, non c’è una coerenza organica tra i sopradetti diversi beneficium competentiae, ognuno dei quali ha un'origine differente, e la somiglianza principale tra loro si trova nella conseguenza. A parte ciò, da tutti questi casi del beneficium competentiae è difficile derivare un carattere organico in comune[33]. Ma essi hanno la stessa base istituzionale, cioè, la deductio ne debitor egeat, la quale è come una beneficenza per mitigare la disposizione rigorosa per il debitore nel diritto romano antico[34]. Sebbene abbia detto che questo beneficio, come un adempimento parziale, costituisce un’eccezione al principio di pieno adempimento, la beneficienza rappresentata dal beneficium competentiae non danneggia il principio di pieno adempimento[35]. Questo beneficio è un privilegio conferito ad alcuni debitori speciali, l’opposto di cui è piuttosto la par condicio creditorum del principio di pieno adempimento, perché se il debitore è coperto dal beneficium competentiae, allora il creditore opposto a lui è in una posizione inferiore agli altri creditori di questo debitore[36].

La ragione per cui il diritto conferisce questo beneficio a qualche debitore, contro il principio della par condicio creditorum, si può dedurre dalle sopradette sette fattispecie del beneficium competentiae: la relazione speciale tra il creditore e il debitore (le fattispecie B, C, E, G) o la posizione speciale del debitore (le fattispecie A, D, F). Ma queste fattispecie hanno la stessa base istituzionale, e la radice di questa istituzione è l'idea di umanità ed equità[37], per così dire ‘ius est ars boni et aequi’ (D.1,1,1pr.).

Tutte le forme del beneficium competentiae nel diritto romano sono seguite soltanto dal Codice Civile Cileno ed il Codice Civile Argentino, ma a parte questi due, gli altri codici civili scelgono di rinunciare a questa istituzione. A mio parere, la ragione della loro rinunzia è la sparizione dello sfondo istituzionale da cui il beneficium competentiae dipendeva. La rinunzia non implica che il concetto di beneficium competentiae venisse trascurato, perché la funzione di questo nel diritto romano è sopperita da altre istituzioni, come il diritto di difesa in caso di povertà nella donazione, nel diritto moderno[38]. Inoltre l'applicazione del beneficium competentiae è limitata all'azione contrattuale, ma nei Principi Europei del Diritto dell’Atto Illecito, la disposizione relativa alla riduzione della compensazione (art.10:401) è chiaramente molto simile al beneficium competentiae. Ma quello che dobbiamo notare è che alcuni membri del Gruppo Europeo del Diritto dell’Atto Illecito fanno le loro obiezioni su questo articolo: secondo loro, questa regola danneggia la certezza della legge, rispetto alla quale la tutela della vittima è inferiore[39].

Il bisogno della certezza della legge costringe il legislatore moderno a rinunciare al beneficium competentiae, ma per il bisogno dell’equità, esso tuttora sopravvive sotto le superfici di altre istituzione.

 

 



 

* Dottorando in Diritto Romano nell’Università degli studi di Xiamen e nell’Università di Roma “ Tor Vergata”.

 

[1] Art. 1625 C.C.C. «Beneficio de competencia es el que se concede a ciertos deudores para no ser obligados a pagar más de lo que buenamente puedan, dejándoseles en consecuencia lo indispensable para una modesta subsistencia, según su clase y circunstancias, y con cargo de devolución cuando mejoren de fortuna».

Art. 1626 C.C.C. «El acreedor es obligado a conceder este beneficio:

1. A sus descendientes o ascendientes; no habiendo éstos irrogado al acreedor ofensa alguna de las clasificadas entre las causas de desheredación;

2. A su cónyuge; no estando divorciado por su culpa;

3. A sus hermanos; con tal que no se hayan hecho culpables para con el acreedor de una ofensa igualmente grave que las indicadas como causa de desheredación respecto de los descendientes o ascendientes;

4. A sus consocios en el mismo caso; pero sólo en las acciones recíprocas que nazcan del contrato de sociedad;

5. Al donante; pero sólo en cuanto se trata de hacerle cumplir la donación prometida;

6. Al deudor de buena fe que hizo cesión de bienes y es perseguido en los que después ha adquirido para el pago completo de las deudas anteriores a la cesión; pero sólo le deben este beneficio los acreedores a cuyo favor se hizo».

Art. 1627 C.C.C. No se pueden pedir alimentos y beneficio de competencia a un mismo tiempo. El deudor elegirá.

Ci sono le stesse disposizioni nell’art. 799 e art. 800 C.C.A.

 

[2] V. per esempio, Garrard Gleen, Property Exempt from Creditors' Rights of Realization, Virginia Law Review, Vol. 26, No. 2 (1939),130; Walton H. Hamilton, In Re the Small Debtor, The Yale Law Journal, Vol. 42, No. 5 (1933), 481; M. Schmitthoff, The International Government Loan, Journal of Comparative Legislation and International Law, Third Series, Vol. 19, No. 4 (1937), 183.

 

[3] Cfr. Antonio Guarino, Studia sulla “taxatio in id quod facere potest”, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 7, 1941, 8.

 

[4] Cfr. Mario Talamanca, Istituzioni di Diritto Romano, Milano, 1990, 639.

 

[5] Anche il Dr. Xue Jun dimostra il principio di pieno adempimento nel diritto romano, citando il frammento D.12,1,21, e realizza il difetto di proibire il parziale adempimento, e elabora successivamente le trasformazioni su questo principio dal 20th secolo nel diritto moderno. Ma lui ignora che la limitazione a rifiutare il parziale adempimento fu posto già nel diritto romano. Cfr. Xue Jun, Sugli aspetti giuridici del parziale adempimento: la interpretazione dell’art. 72 (Legge Contratuale di P.R.C.), Giurisprudenza Cinese, 2007 (2), 68-69.

 

[6] Cfr. Adolf Berger, Encyclopedic Dictionary of Roman Law, The American Philosophical Society, Reprinted 1991, 372-373; Antonio Guarino, Studia sulla “taxatio in id quod facere potest”, cit., 5, n. 4. Cfr. anche Matteo Marrone, Istituzioni di Diritto Romano, Palermo, 2006, 451, n. 301.

 

[7] Cfr. Francesco de Martino, Individualismo e Diritto Romano Privato, tradotto da Xue Jun, in Xu Guodong (a cura di) Diritto Romano e Diritto Civile Moderno, Vol. 4, 70.

 

[8] Cfr. Mario Talamanca, Istituzioni di Diritto Romano, cit., 312; Giovanni Pugliese, Istituzioni di Diritto Romano (Terza edizione), Torino, 1991, 293.

 

[9] Pietro Bonfante, Istituzione di Diritto Romano, Milano, 1987, 341.

 

[10] Cfr. Antonio Guarino, Studia sulla “Taxatio in id quod facere potest”, cit., 26; Antonio Guarino, Diritto Privato Romano, Napoli, 2001, 207.

 

[11] V. Reuven Yaron, A New Nestorian Source, Tijdschrift voor Rechtsgeschiedenis, 1972 (40), 266, n. 21.

 

[12] D.42,1,19,1: ……immo nec totum quod habet extorquendum ei puto: sed et ipsius ratio habenda est, ne egeat. Inoltre, cfr. P.P. Zanzucchi, Sul c.d. Beneficium Competentiae, Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano, 1916 (29), 63-65.

 

[13] Cfr. Francesco de Martino, Individualismo e Diritto Romano Privato, tradotto da Xue Jun, in Xu Guodong (a cura di) Diritto Romano e Diritto Civile Moderno, Vol. 4, 70.

 

[14] D.24,3,54: Maritus facere posse creditur nullo aere alieno, item socius, item patronus parensve: at is, qui ex donatione convenietur, omni aere alieno deducto facere posse intellegitur. Cfr. anche Pietro Bonfante, Istituzione di Diritto Romano, cit., 340-341.

 

[15] Pietro Bonfante, Istituzione di Diritto Romano, cit., 399.

 

[16] D.42,1,22,1: Quod autem de sociis dictum est, ut et hi in quantum facere possint condemnentur, causa cognita se facturum praetor edicit.

 

[17] Riguardo al parere contrario, v. Matteo Marrone, Istituzioni di Diritto Romano, cit., 476, n.194.

 

[18] Gli altri frammenti relativi al beneficium competentiae del socio sono in D.17,2,67,3 e D.17,2,63,2.

 

[19] V. M.W.Frederiksen, Caesar, Cicero and the Problem of Debt, Journal of Roman Studies, Vol. 56 (1966), 141.

 

[20] D.42,3,4pr.: Is qui bonis cessit si quid postea adquisierit, in quantum facere potest convenitur. I.4,6,40: Eum quoque, qui creditoribus suis bonis cessit, si postea aliquid adquisierit, quod idoneum emolumentum habeat, ex integro in id quod facere potest creditores cum eo experiuntur: inhumanum enim erat spoliatum fortunis suis in solidum damnari.

Cfr. anche Louis Edward Levinthal, The Early History of Bankruptcy Law, University of Pennsylvania Law Review and American Law Register, Vol. 66, No.5/6 (1918), 238.

 

[21] Cfr. Matteo Marrone, Istituzioni di Diritto Romano, cit, 517, n. 301; Pietro Bonfante, Istituzione di Diritto Romano, cit., 340.

 

[22] Cfr. P.P. Zanzucchi, Sul C.D. Beneficium Competentiae, cit., 95.

 

[23] Cfr. Giovanni Pugliese, Istituzioni di Diritto Romano (Terza edizione), cit., 293; Pietro Bonfante, Istituzione di Diritto Romano, cit., 340.

 

[24] Persino qualche studioso ritiene che il beneficium competentiae tra i genitori e i suoi figli è reciproco sulla base di D.42,1,30. V. Patrick Mac Chombaich De Colquhoun, A Summary of the Roman Civil Law, Vol. III, Gaunt, Inc., 2000, 169.

 

[25] Cfr. Xu Guodong, Istituzione di Diritto Privato Romano, Casa Editrice di Scienza, 2007, 114, 118.

 

[26] Cfr. P.P. Zanzucchi, Sul c.d. Beneficium Competentiae, cit., 98-99.

 

[27] D.14,5,2pr.: Ait praetor: "in eum, qui emancipatus aut exheredatus erit quive abstinuit se hereditate eius cuius in potestate cum moritur fuerit, eius rei nomine, quae cum eo contracta erit, cum is in potestate esset, sive sua voluntate sive iussu eius in cuius potestate erit contraxerit, sive in peculium ipsius sive in patrimonium eius cuius in potestate fuerit ea res redacta fuerit, actionem causa cognita dabo in quod facere potest". Altri frammenti relativi al questo beneficio sono D.14,5,2,1; D.14,5,4pr. e D.46,1,10,2, etc.

 

[28] D.26,7,37,2: Inde descendit quaestio, quae volgo circa filium familias tractata est, qui tutor testamento datus post tutelam gestam emancipatus in eodem officio perseveravit. et secundum sabini et cassii sententiam eveniet, ut de eo quidem, quod post emancipationem gestum est, in solidum conveniri possit, de praeterito autem, sive peculium non sit ademptum sive ademptum sit, in id quod facere possit. quod si superioris temporis nomine patrem de peculio pupillus convenire maluerit (annus enim utilis ex quo tutela agi posse coepit computabitur): ne capiatur pater inducta totius temporis causa, tempus, quo filius familias tutelam gessit, comprehendendum erit.

 

[29] Certamente, l’agente del marito fruisce di questo beneficio primo della morte del marito (D.42,1,23).

 

[30] Una costituzione di Diocletianus e Maximianus riafferma questa regola (C.5,18,8).

 

[31] Cfr. Matteo Marrone, Istituzioni di Diritto Romano, cit., 222.

 

[32] Cfr. A. Arthur Schiller, Jurists’ Law, Columbia Law Review, Vol. 58, No. 8 (1958), 1233.

 

[33] Cfr. Antonio Guarino, Studia sulla “Taxatio in id quod facere potest”, cit., 21-22.

 

[34] V. Patrick Mac Chombaich De Colquhoun, A Summary of the Roman Civil Law, Vol. III, Gaunt, Inc., 2000, 169.

 

[35] In realtà, il ruolo centrale di questo principio non è mai discusso: 1) Il frammento di D.12,1,21 non si trova in D.46,3 (De solutionibus et liberationibus) ma in D.12,1 (De rebus creditis si certum petetur et de condictione), perciò la regola contenuta in D.12,1,21 non è generale. Inoltre, “in utraque causa” nel D.12,1,21 dimostra la limitazione della sua applicazione. 2) Riguardo al pactum quo minus solvatur, che rende mitigativo questo principio, si è applicato soltanto col consenso del creditore. 3) Riguardo al beneficium competentiae, la sua applicazione è limitata rigorosamente.

 

[36] Cfr. Antonio Guarino, Studia sulla “Taxatio in id quod facere potest”, cit., 12, 25.

 

[37] Come quello che Max Ladin ha detto: «tale equità è denominata beneficia nel diritto romano». V. Max Ladin, Fundamental Concepts of the Roman Law, California Law Review, Vol. 13, No.1 (1924), 35.

 

[38] Per esempio, l’art. 195 della Legge Contrattuale di P.R.C. prevede: «Se la situazione economica del donante si è deteriorata in modo significativo, mettendo in serio impatto sulla sua attività di impresa o di vita familiare, può essere dispensato dal obbligo di donare».

 

[39] Cfr. Gruppo Europeo di Diritto dell’Atto Illecito (a cura di), Principi Europei del Diritto dell’Atto Illecito: il testo e i commenti, tradotto da Yu Min e Xie Hongfei, Casa Editrice di Legge, 2009, 244; Wang Zejian, L’atto Illecito, Casa Editrice di PKU, 2009, 389-390.