N. 7 – 2008 – Tradizione
Romana
Professore Emerito
Università di Genova
Postilla
all’intervento di Renzo Lambertini[*]
Le
belle parole che mi rivolge Renzo Lambertini m’inducono a precisare il
mio pensiero sull’atteggiamento della prassi, quale almeno risulta dalla
documentazione a noi pervenuta. Ho già osservato a proposito della
compravendita – in Aegyptus,
82, 2002, 129 s. – che si arriva alla documentazione a negozio adempiuto,
per fornire attestazione alle parti dei diritti acquisiti, con efficacia reale.
Lo stesso discorso va ripetuto per la donazione. E’ ovvio che dei tre
requisiti introdotti da Costantino non entra in questione la scrittura,
implicita nel documento. La donazione manuale, per lo scarso rilievo economico
e per il suo riferimento a occasionali eventi, non dà spazio a problematiche
giuridiche. Parimenti l’esigenza della traditio è implicita nell’avvenuto adempimento. Di
questo dà certezza la registrazione, nella forma dell’adlegatio e poi dell’insinuatio, auspicata alle volte,
superando il fastidio di una formalità noiosa e costosa, anche per
donazioni inferiori ai limiti di valore oltre i quali è imposta, dai 200
solidi di Teodosio II ai 300 e poi 500 di Giustiniano. Limiti, infatti, che
difficilmente nella comune prassi si toccano. E’ quanto avviene in
Occidente, come attestano i papiri ravennati, che presentano l’insinuatio già avvenuta o almeno
autorizzano il donatario a compierla.
Il
problema è più complesso per l’Oriente, in particolare
nella chora egizia, ove non si conosce insinuatio
e conseguente instrumentum publicum,
ma si ricorre normalmente al tabellione e al suo instrumentum publice confectum. Viene incontro Zenone in C.
8.53(54).31, che per le donationes, quas gestis non est necessarium adlegari,
richiede, accanto alla sottoscrizione del donante, solo quella del tabellione,
eliminando l’esigenza dei testimoni. Del resto lo stesso Giustiniano in
Nov. 73 renderà l’efficacia processuale dell’instrumentum publice confectum
abbastanza vicina a quella dell’instrumentum
publicum. (Si sofferma su questi temi S. Tarozzi, Ricerche in tema di registrazione e certificazione del documento nel
periodo postclassico, Bologna 2006).
Un’ultima
osservazione. Il Lambertini sottolinea come la giurisprudenza protobizantina
elabori le nozioni intrinseche alla donazione, in particolare l’esigenza della
traditio. E’ vero, ma è
vero pure che i giuristi bizantini, anche gli stessi, elaborano
quell’elemento esterno, direi d’ordine amministrativo, che è
l’insinuatio. Sembra invece
mancare il raccordo tra le due specie di elaborazione: è almeno
l’impressione che nasce dalla progressiva lettura del titolo 47.1 dei
Basilici e dei relativi scolii. Ciò può derivare dal diverso
materiale utilizzato, anche nell’ambito delle stesse leges generales, a partire dalla riforma costantiniana. Siamo sul
piano del semplice accostamento dei diversi requisiti della donazione, quale
già appare dall’esposizione di Inst. 2.7.2.
[*] Intervento
al Convegno “La scienza giuridica dopo