N. 2 – Marzo 2003 – Lavori in
corso – Didattica & innovazione
Università di Pavia
La giusromanistica si è convertita per tempo, anzi precocemente
(com’è nella sua natura di comunità di studi flessibile e speculativa), alle
nuove tecnologie dell’informazione. La ricerca si è potuta così avvalere di
data-base come BIA e Fiuris (e poi Année Philologique, Bibliotheca Teubneriana,
Epigraphische Datenbank Heidelberg etc.). Si apre ora, grazie anche a riviste
come «Diritto @ Storia» http://www.dirittoestoria.it, il campo, ancora
poco o del tutto inesplorato, della multimedialità.
La nuova frontiera è d’applicare la multimedialità non solo alle
rappresentazioni di repertorio (ad esempio, associare testo e immagine di epigrafi
e manoscritti, oppure audio/video che documentino eventi), ma di sfruttarne le
potenzialità anche per comunicare i risultati della ricerca, come parte
integrante della ricerca stessa.
Questo lavoro è un piccolo esperimento domestico in questa direzione,
senza particolari pretese, se non, appunto, di essere un esperimento[1].
E’ stato realizzato pensando alla
didattica, con due finalità.
La prima, implicita nella scelta di PowerPoint, è di offrire un
appiglio visivo alle parole della lezione.
La seconda, che richiede invece una pur rapida sottolineatura,
risponde al desiderio di trovare un punto di vista nuovo per esporre le
Istituzioni di diritto romano. E’ un’esigenza oggi avvertita da molti, come
risvolto della riforma didattica. A dettarla, non è solo la generalizzata
riduzione del pensum, bensì la necessità sostanziale di ripensare la
funzione dell’insegnamento del diritto romano nel nuovo piano di studi, in
rapporto alle altre scienze giuridiche.
La mia opinione è che, per rispondere a quest’esigenza, non sia
sufficiente né opportuno condensare i tradizionali corsi (operazione che,
nell’immediatezza della riforma, è stata inevitabile e anche compiuta con
successo). Occorre trovare un nuovo taglio espositivo, che al tempo stesso sia
tecnico-giuridico e non dipenda tuttavia troppo dalle concettualizzazioni
moderne (cioè dalla sistemazione pandettistica delle fonti romane).
Un primo personale approdo di questo percorso alla ricerca di
punti di vista capaci di assecondare la storicità del diritto romano in tutto
il suo tecnicismo è il piccolo saggio che propongo. La trattazione della tutela
legale della donna consente di esporre in modo compatto molte figure del
diritto di famiglia (ad es., la patria potestas, i liberi,
il liberum caput in mancipio, lo schiavo, il liberto, il tutore, il
pupillo) e vari negozi e funzioni negoziali (mancipatio, in iure
cessio, testamento, coemptio, adoptio, manumissio).
Il tutto, senza fare ricorso a sovrastrutture moderne, ma nemmeno solo per
accumulo e accostamento. A stabilire il nesso è un punto di vista interno
all’esperienza romana, seguito dagli stessi giuristi nella loro interpretatio.
Il tema è stato scelto
proprio perché consente di mostrare quell’operare “attraverso attività
simboliche, entro le quali i rapporti giuridici devono trovare esistenza o
estinzione” che era (una) caratteristica del diritto romano.
Dal punto di vista del contenuto, molto di quel che si trova in
questo saggio è, appunto, di livello puramente istituzionale. Tuttavia, mi è
parso che al termine di quest’itinerario sistematico dalla tutela dell’agnatus
alla tutela della liberta, dalla tutela del parens-manumissor alla
tutela fiduciaria, emergesse anche un pur piccolo risultato, cioè la ragione
per la quale la donna che avesse fatto coemptio e fosse stata poi
mancipata e manomessa fosse capace di fare testamento, a differenza della donna
sottoposta alla tutela dell’agnatus. Ma ora conviene lasciare la
“parola” al file.
[1] L’autore ha partecipato ad una ricerca COFIN 2000, con Unità di
ricerca a Catania, Catanzaro, Messina, Milano, Pavia (coordinata da Alessando
Corbino): “Una proposta scientifica per un nuovo modello
didattico informatizzato. Il diritto privato dei romani nel suo contesto
istituzionale, economico e sociale”.
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