N° 2 - Marzo 2003 - Memorie

Vincenzo Poggi S.I.

Pontificio Istituto Orientale- Roma

 

COSTANTINO VESCOVO DEI NON CRISTIANI

E VESCOVO UNIVERSALE

 

1. – Vescovo dei non cristiani

Varie espressioni, attribuite a Costantino, suppongono in lui un carattere episcopale, semmai analogico. La più nota di tali espressioni è la sua affermazione di essere ™p…skopoj tîn ektÕj.[1]

“Una volta, ricevendo a convito dei vescovi, Costantino affermò di essere anch'egli un vescovo, esprimendosi in nostra presenza all'incirca con le seguenti parole: 'Voi soprintendete a quanti fanno parte dell'organizzazione della Chiesa; io, invece, è come se fossi stato costituito da Dio vescovo di quei di fuori'. Conformemente a questa sua affermazione, esercitava su tutti i sudditi un premuroso episcopato, esortandoli con tutta la forza del suo animo a seguire la via della fede”[2].

Per ritrovarne il senso inteso da Costantino con l'espressione di ™p…skopoj tîn ektÕj, mi sono giovato di Daniel De Decker et Ginette Dupuis-Masay, L’Épiscopat de l'empereur Constantin[3]. Sentirsi vescovo di quelli di fuori, significa per Costantino avere coscienza della propria responsabilità nei confronti dei sudditi dell'impero che non appartengono alla Chiesa. Come imperatore, nonostante l'abolizione delle persecuzioni anticristiane e la sua propensione al Cristianesimo, Costantino non può dimenticare i sudditi non cristiani dell'impero, cui è a capo.

 

 

2. – Vescovo universale

 

Diverso è l'episcopato universale che si attribuisce Costantino, come attesta la VC I, 44 e di cui tratta lo studio di Sansterre, Eusèbe de Césarée et la naissance de la théorie du 'césaropapisme’[4].

“Ma le cure più premurose Costantino le dedica alla Chiesa di Dio. Sicché quando sorgevano dei contrasti reciproci tra le Chiese dei diversi paesi egli, come se per volere divino fosse stato designato vescovo universale ko…noj ™p…skopoj ™k qeou kaqestamšnoj, convocava in concilio i ministri di Dio. Non disdegnava di presenziare e di assidersi in mezzo alle loro riunioni, ma anzi partecipava attivamente alla discussione dei temi in esame, garantendo a tutti la pace di Dio” VC I, 44.

“In segno di benevolenza inviò un'ambasceria agli antiocheni e fra tutti gli uomini illustri della sua corte ne affidò l'incarico a un personaggio che più di ogni altro gli era fidato” VC III 59,3. Tartaglia 158 in nota aggiunge: “l’inviato assistette anche a un sinodo, ma al riguardo non conosciamo alcun particolare”. Ma una tesi dottorale, difesa in febbraio 2002, da Thomas Maier, Origine e sviluppo della pratica sinodale nella Chiesa di Antiochia prima di Costantinopoli 381, scrive di quel sinodo al quale Costantino manda il suo consigliere Osio di Cordova. E non soltanto la preoccupazione ecclesiastica universale di Costantino è meglio illuminata dalla ricostruzione del contesto antiocheno, confrontato con i dati della Vita Constantini, ma fa comprendere ancor meglio il concilio di Nicea convocato da Costantino appena un anno dopo quel sinodo antiocheno. Del concilio di Nicea Costantino dice ai vescovi “Anch'io mi trovavo ad essere presente come uno di voi”. VC III 17,2. Tartaglia 132.

 

 

3. – Universale protettore

 

N. H. Baynes comprende sotto l'espressione ™p…skopoj tîn ektÕj anche i Cristiani al di fuori dell'impero romano. Lo avevo pensato anch'io, in un primo tempo, occupandomi di Costantino e i Cristiani di Persia. Ma ho poi constatato che Costantino ha un rapporto diverso con i Cristiani fuori dell'impero romano. Non si definisce nei loro confronti né ™p…skopoj tîn ektÕj (vescovo di quelli di fuori), né ko…noj ™p…skopoj (vescovo universale). La sua sollecitudine universale per il progresso della Chiesa al di là dei territori dell'impero romano si concreta nel sentirsi universale protettore, ko…noj khdemîn, come Costantino chiama se stesso nei confronti dei Cristiani di Persia. Tanto è vero che Costantino invia una lettera allo scià di Persia Sapore II, raccomandandogli quei Cristiani.

“Quando Costantino apprese che presso i Persiani numerose erano le Chiese di Dio, assumendosi il compito di comune protettore ko…noj khdemîn dei Cristiani di ogni parte della terra, volle prodigare anche in Persia ogni sua premura per il bene di tutti” VC IV 8-9.

 

 

3. – Vescovi e senatori

 

“Costantino con la propria autorità convalidò anche le sentenze emanate dai vescovi nel corso dei concili, sicché ai governatori delle province non era consentito trasgredire le decisioni dei presuli: diceva infatti che i sacerdoti di Dio meritano più stima di qualsiasi altro giudice” VC IV, 27. Tartaglia 180.

Secondo Drake, Costantino rivela in ciò, come nella sua terminologia "episcopale", il progetto di valorizzare i vescovi, con i quali vuole intendersi e accordarsi.

“Qualunque sia la funzione che Costantino si sarebbe attribuita .. in quanto vescovo di quelli di fuori, tali parole dimostrano, senza possibilità di dubbio, che l'imperatore vuole stabilire con i vescovi, guide del popolo cristiano, lo stesso legame che gli imperatori suoi predecessori avevano stabilito con la classe senatoriale”[5].

“Se avessi ottenuto - afferma Costantino - secondo i miei stessi voti, una generale concordia fra tutti i servitori di Dio, anche l'intero apparato dell'impero ne avrebbe guadagnato” VC II, 65,2. Tartaglia 114-115.

 

 

4. – Vostro conservo

 

In questa collaborazione con i servitori di Dio che sono i vescovi, Costantino dice loro più volte “sono il vostro conservo”, sunqšpatwn Ømîn VC II, 69,2. E fa appello alla saggia tattica dei pensatori di scuole filosofiche. “Gli stessi filosofi ... se dissentono circa qualche punto dei loro sistemi, tornano ad essere concordi quando è in gioco l'unità della scuola. Tanto più noi che siamo servitori del sommo Dio dovremmo trovarci concordi sulla scelta della nostra fede” VC II 70,2. Tartaglia 117.

A proposito della sua partecipazione al concilio di Nicea, che aveva convocato e presenziato, Costantino non nasconde ai vescovi la gioia di quella sua condivisione con loro: “Infatti non potrei negare ciò di cui sommamente gioisco, l'essere cioè vostro conservo” VC III 17,2. Tartaglia 132.

Costantino cerca l'intesa ecumenica. “Lasciate che io, servitore dell'Onnipotente, porti a compimento codesta mia iniziativa: potrò cosi ricondurre all'unità e alla concordia le genti con la mia parola, il mio ministero e la costante premura dei miei consigli” VC II, 70,2. Tartaglia 118.

L'imperatore raccomanda di cessare le diatribe polemiche “Concedetemi giorni sereni e notti tranquille. Come potrei rimanere impassibile nel vedere che i sudditi del Signore, i miei conservi dico, sono divisi tra loro a causa di una così ingiusta e rovinosa contesa?” VC II, 72,1. Tartaglia 118.

La concordia invece è sempre profittevole e utile. “Carissimi ministri di Dio e servitori fedeli del comune Signore e salvatore di tutti, vi esorto a risolvere, secondo le leggi della pace, tutti i nodi della disputa. In questo modo potrete, non solo far cosa gradita a Dio onnipotente, ma renderete anche a me, vostro conservo, un immenso servigio kamoi tó šmetšrw sunqep£tonti Øperb£llousan dèsete t”n c£rin” VC III, 12,5. Tartaglia 130.

 

 

5. – Sacralità

 

Avevo già affrontato in parte il tema dell'episcopato di Costantino al Simposio Dalla prima alla Terza Roma di quest'anno. Era presente il prof. Konstantinos Pitsakis, storico del diritto bizantino. Dopo il mio intervento mi ha gentilmente inviato un suo lavoro in francese apparso nel 1999, L’empereur romani d’Orient: un laïc[6]. Il prof. Pitsakis, da buon canonista, non ha dubbi. Costantino, quale sia il suo preteso episcopato, rimane un laico. E’ vero che una certa sacralità del basileus, appare nel canone 69 del concilio in Trullo, “Nessuno dei laici è ammesso all'interno del santuario. Tuttavia l'autorità e la potenza imperiale non sarà impedita d'entrarvi quando vorrà offrire doni al Creatore, secondo un'antichissima tradizione”. Più tardi la sacralità del basileus si insinuerà nel rituale della sua incoronazione e conseguentemente si trasferirà nel rituale dell'incoronazione dello zar. Ma tutto ciò, con buona pace di Bessarione, rileva Pitsakis, non può applicasi in alcun modo a Costantino che fino a poco prima della morte è rimasto catecumeno. Pitsakis chiude il suo articolo con le parole di Zonaras che afferma essere l'imperatore romano d'Oriente soltanto un laico.

Ma qual'è allora l'episcopato di Costantino?

 

 

6. – Assillo di pace

 

Leggo in Drake, Constantine and the Bishops: “In epoca susseguente alle persecuzioni, con un governo favorevole alla Chiesa, sarebbe strano non vedere la possibilità che i Cristiani siano tentati di una sorta di rivincita o reclamino riparazioni ... Strano anche pensare che qualcuno non si scandalizzi del fatto che l'errore (pagano) resti impunito. Costantino avrebbe avuto davanti agli occhi, da una parte simili rigoristi cristiani e dall'altra un discredito sempre maggiore dei paganesimo” p. 302.

Credo personalmente che l'editto agli eparchi di Oriente, riferito da VC II, 48-60, confermi questa interpretazione del Drake. Costantino è preoccupato della possibile reazione cristiana, che costituirebbe un grave pericolo per la pace dell'impero. Perciò si dice vescovo o soprintendente di quelli di fuori della Chiesa. Lungi dal condannarli, vuole tutelarli. Le ultime parole dell'editto suggeriscono simile prospettiva: “Questo ho detto ed esposto con più parole di quante richiedeva lo scopo che si prefigge la mia clemenza, perché non volevo che la vera fede rimanesse nell'ombra, soprattutto riflettendo che alcuni, come sento dire, affermano che le antiche cerimonie dei templi e le potenze delle tenebre sono state cancellate” VC II 60. Tartaglia 111. Costantino non vuole che i perseguitati di ieri, cioè i cristiani, diventino a loro volta persecutori. Il fatto che Costantino eserciti su tutti i sudditi un premuroso episcopato toÝj ¢rcoumšnoj ¢pantaj ™peskÒpeiVC IV, 24. Tartaglia 177-178, riguarda soprattutto la salvaguardia della pace. In questo consiste L’"episcopato"di Costantino: nella tutela della pace. L'editto diventa allora preghiera a Dio. “Io desidero che il tuo popolo viva in pace e rimanga nella tranquillità per il bene comune di tutto l'impero e di tutti gli uomini”. VC II, 56,l. Tartaglia 110.

Costantino è contrario alle discriminazioni a motivo di religione: “Anche quanti si trovano nell'errore [i pagani] allo stesso modo di coloro che hanno fede [i cristiani] godano dei benefici della pace e della serenità. Infatti questa soave calma che regna nella vita sociale varrà a correggere anche loro e a condurli sulla retta strada”. VC II, 56,1. Tartaglia 110.

 

 

7. – Pace e libertà

 

Nel contesto della pace Costantino ha pure un'idea attualissima della libertà religiosa, e del rispetto dell'altro. “Nessuno procuri molestia all'altro; ognuno abbia ciò che il suo cuore desidera e di questo faccia l’uso che crede” VC II 56,1. Tartaglia 110. “Coloro che si traggono in disparte, abbiano pure i santuari della menzogna, se è questo che vogliono” VC II, 56,2. Tartaglia 110. “Godiamo dunque e partecipiamo tutti insieme al beneficio che ci è stato concesso, al bene della pace cioè e manteniamo la nostra coscienza lontana da tutto quello che alla pace si oppone” VC II, 59. Tartaglia 111. “Nondimeno la fede di cui ciascuno è profondamente persuaso non offra il pretesto per recare offesa agli altri; se è possibile si faccia in modo che l'opinione e il pensiero che uno ha maturato in se stesso riesca di giovamento per il prossimo: ma se ciò non fosse possibile, si abbandoni tale proposito” VC II, 60, 1. Tartaglia 111.

Da queste parole di Costantino mi pare di poter dedurre che la sua funzione episcopale non comporti sacralità liturgica, come la esclude il prof. Pitsakis, ma una funzione di pace: pace fra i sudditi dell'impero, cristiani e non cristiani, pace fra i membri delle varie Chiese, pace fra gli uomini di tutta la terra. Del resto, neppure Melchisedec re di Salem, secondo la lettera agli Ebrei re di pace, era cristiano. Però è detto dalla stessa Lettera agli Ebrei “prete per sempre e figura del Figlio di Dio”, proprio come il basileus, secondo Eusebio di Cesarea, è figura del Logos.

 

 

 

 



 

[1] Eusebius Werke, Erster Band, Erster Teil, Über das Leben des Kaisers Konstatin, Herausgegeben von F. Winkelmann, Berlin, Akademie Verlag 1991, 128. D'ora in poi: VC, libro e paragrafo. Eusebio di Cesarea, Sulla Vita di Costantino, a c. di L. Tartaglia, Napoli, D'Auria 2001, d'ora in poi: Tartaglia e pagina.

 

[2] VC IV, 24. Tartaglia, 177-178.

 

[3] Byzantion 50 (1980) 118-157.

 

[4] L-M. SANSTERRE, Eusèbe de Césarée et la naissance de la théorie du 'césaropapisme, Byzantion 42 (1972) 131-195, 532-611.

 

[5] H. A. DRAKE, Constantine and the Bishops. The Politics of Intolerance, Baltimore-London, Johns Hopkins Univ. Press 2000, 227.

 

[6] Kanon XV, Kirchenrecht und Ökumene, Festgabe für den Metropoliten von Tyroloi u. Serention, Panteleimon Rodopoulos, Verlag Roman Kovar, Eichenau 1999, 196-221.