SAN COSTANTINO NELL'ONOMASTICA
GIUDICALE
Nell'inverno
del 533 si avvia un processo di relazioni, di dipendenza politica,
amministrativa e militare dell'isola di Sardegna dall'Impero bizantino i cui
esiti culturali vanno ben oltre quello che generalmente gli storici considerano
l'esclusivo limite temporale della dominazione bizantina; pressoché
unanimemente, supportando per mancanza d'idonea documentazione la propria
interpretazione con l'analisi degli avvenimenti di valenza generale che
caratterizzano la storia del Mediterraneo nei secoli dell'Alto Medioevo, lo
pongono a cavallo dei secoli IX-X.
Se è vero che deve datarsi a
questo momento la nascita di quell’originale sistema istituzionale indigeno che
viene chiamato dei regni giudicali, e che si qualifica come l'esito finale di
un lungo processo di progressiva separazione della Sardegna dal cuore
dell'impero bizantino, Bisanzio, una volta conquistata dagli Arabi la città di
Cartagine, che fino alla fine del secolo VII fungeva da filtro tra
l'amministrazione periferica dell'Isola e quella centrale, è infatti altrettanto
certo che il retaggio della presenza bizantina si manifesta in tematiche
differenti, in tempi, situazioni e modalità che vanno ben oltre la fine del
secolo IX, primissimi decenni del X.
Se giustamente Giulio Paulis
invita ad un atteggiamento prudente, a non cadere in un facile
iperbizantinismo, a distinguere tutto ciò che è direttamente ascrivibile
all'influenza bizantina da quanto può essere mediato da elementi africani
insediatisi o pervenuti in tempi diversi nel territorio isolano, ma già in contatto
con l'ambiente bizantino, appare tuttavia innegabile come all'insieme di
elementi culturali sicuramente di provenienza bizantina debba farsi risalire il
mito dapprima, ed in seguito il fervore religioso, che caratterizza la figura
dell'imperatore Costantino; Costantino, il primo grande guerriero della fede
cristiana, per tale motivazione innalzato nel menologio orientale, dove grande
risalto rivestono i santi guerrieri, alla dignità di isoapostolos.
Il dominio bizantino si è
esercitato un po' ovunque, nel territorio isolano, con una presenza
superficiale e meno cogente nella Sardegna centrale, modesta in quella nord
occidentale, sicuramente più marcata ed incisiva nelle regioni meridionali,
anche e soprattutto per motivazioni geografiche (ricordiamo, a titolo
d'esempio, l'insediamento di Villa Greca), ed è in questo habitat che ne
ritroviamo le tracce più consistenti: iscrizioni, oggetti della cultura
materiale, reperti iconografici, etc. Non è dunque un caso che il culto
dell'imperatore Costantino, sicuramente venerato come un santo nell'Isola,
venga attestato in un'iscrizione mutila rinvenuta a Nuraminis, nella Sardegna
meridionale; scritta in lingua greca ma con caratteri latini, è dedicata
appunto a Constantinu Megalu, a Costantino il Grande (L. PANI
ERMINI, Una testimonianza del culto di San Costantino in Sardegna, pp.
613-25; TURTAS, p. 173).
Un segno dell'elevato prestigio
che nella società isolana circondava la figura del santo imperatore viene
dall'impressionante frequenza con cui il suo nome, nelle diverse varianti (Gosantine,
Gantine, Goantine, Antine), compare nell'onomastica
locale di ambito giudicale, a stare alla documentazione disponibile; lo
ritroviamo a tutti i livelli, sia negli ambienti più umili, tra i servi, che,
in particolare, nei ceti privilegiati, in quell'aristocrazia laica e religiosa
detentrice del potere in ogni sua diversificata accezione.
Non abbiamo avuto a
disposizione il tempo necessario per considerare la frequenza con cui il nome
compare nella documentazione isolana dei primi secoli successivi all'anno
Mille, per la quale rinviamo allo studio definitivo che sarà edito negli Atti
del convegno; per il momento, in attesa di uno spoglio esaustivo della
documentazione sarda medioevale, in particolare dei condaghi, una fonte di
inestimabile valore per tutto il panorama culturale europeo, sicuramente non
ancora apprezzata dagli studiosi per quanto meriti in effetti il contenuto,
anche ed in particolare per le diverse letture che se ne possono fare,
tralasciando i cartulari monastici di San Pietro di Silki, San Michele di
Salvenor e Santa Maria di Bonarcado, nonché quello regio di Barisone II di
Torres, e limitandoci alla documentazione del monastero di San Nicola di
Trullas, già magistralmente interpretata da Paolo Merci, emerge significativamente
che su un totale di 669 nomi maschili che vi compaiono Costantino (Gosantine)
figura al secondo posto, col 13,3 % di presenze, preceduto solo da Pietro (Petru),
che compare nel 17,6 % delle volte, mentre praticamente assenti risultano i
personaggi femminili di nome Costantina. A distanza seguono nomi di sicura
origine indigena, quali Comita, Mariane, Ithoccor, Furatu, Gunnari, Dorgotori.
Non ci si deve meravigliare di
questo riscontro numerico, ma è perfettamente comprensibile come di fronte a
Pietro, primo degli apostoli, fondatore della Chiesa terrena di Cristo, anche
il nominativo dell'imperatore guerriero della fede debba soccombere; piuttosto,
è sintomatico come la differenza sia estremamente limitata, il che è
un'ulteriore conferma, nel caso ve ne fosse bisogno, dell'estensione e della
forza con cui il culto di San Costantino si caratterizza in Sardegna, nelle sue
differenti articolazioni territoriali e, lo si è detto, sociali.
Se ora in un esame comparativo
della frequenza del nome Costantino volessimo limitarci all'ambito dei donnikellos
e dei majorales, al numericamente limitato ma politicamente
ed economicamente determinante nucleo dei possidenti terrieri, interpreti ed attori
protagonisti delle linee-guida della politica e delle vicende giudicali,
limitandoci allo spoglio dei personaggi maschili sicuramente indigeni di più
alto spessore nobiliare, così come sono delineati nelle tavole e nei relativi
commi del fondamentale lavoro Genealogie medioevali di Sardegna, curato
da F.C. Casula col contributo di studiosi italiani e stranieri, troveremmo che
nel regno di Arborea, su un totale di 27 individui, almeno 3 si chiamano
Costantino, il cui nome ricorre pertanto nell'11,11 % dei casi.
Si tratta, rispettivamente, di
Costantino de Orrù, imparentato con la famiglia reale, che compare in un
documento del 15 ottobre 1102 (I, 18), di Costantino I de Lacon-(Serra),
presente in numerose fonti storiche, dal Fara attendibilmente riconosciuto come
giudice (I, 26; II, 1), e di Costantino de Lacon-(Serra), figlio di Comita III
e menzionato unicamente in un documento del 1164 (II, 5).
Negli ambienti giudicali elitari
il nominativo compare dunque in un'entità che non si discosta in termini sensibili
da quanto individuato per la documentazione di ambito generale relativa al
monastero di San Nicola di Trullas, i cui vasti possedimenti si estendevano dal
Logudoro al Cabu Abbas al Margine al Meilogu. A parziale giustificazione della
lieve differenza deve tenersi conto di due fattori, che incidono sensibilmente
nel determinare tale situazione: primo, il fatto che in Sardegna fosse
frequente, allora come ora, la consuetudine di chiamare i figli primogeniti col
nome del proprio genitore, in una sorta di perpetuazione di un nome
"familiare" nel segno di un ricordo e di un gratificante affetto per
l'autorità e la figura paterna, il che ovviamente incide sulla frequenza e
sulla reiterazione dei nominativi; secondo, la composizione dei nuclei familiari
elitari era allora piuttosto consistente, il che comportava, inevitabilmente,
un'onomastica più articolata e, conseguentemente, la rarefazione di un nome pur
qualificato ed illustre quale quello di Costantino.
Se andiamo ora ad analizzare le
tavole genealogiche relative alle casate indigene del regno di Cagliari,
scopriamo che su 21 personaggi ve ne sono ben tre che si chiamano Costantino,
il cui nome ricorre quindi nel 14,28 % dei casi.
Li indichiamo meglio:
Costantino-Salusio II de Lacon-Gunale, che figura giudice in alcuni documenti
databili al biennio 1089-90 (III, 6); Costantino-Salusio III de Lacon-(Gunale),
giudice dal lungo regno, posto che lo troviamo alla guida del suo territorio
almeno dal 1130 al 1163 (III, 23), ed infine Costantino (de Lacon-Gunale),
verosimilmente figlio di un certo Zerchis, a sua volta figlio di
Costantino-Salusio II, se si deve riconoscere fiducia ad un documento del 1141
(III, 24).
Addentrandoci nell'analisi delle
figure di rango giudicale relative al regno di Gallura, scopriamo che su 14
personaggi maschili - ad onor del vero non tutti certi - almeno 3 si chiamano
Costantino. Si tratta di Costantino I Gherardesca, verosimilmente da
identificarsi nel Costantino giudice gallurese attestato in una lettera di
Gregorio VII del 1073 (IV, 3), di Costantino III de Lacon-(Gunale?), che
compare come giudice in un documento del 1146 e passa a miglior vita
sicuramente prima del 1173 (IV, 13), ed infine di Costantino Spanu,
probabilmente "giudice di fatto" in Arborea nel 1199, per quanto asserito
da F.C. Casula (IV, 14; II, 10). In questo regno la presenza del nome
Costantino nella famiglia reale si attesta dunque, imprevedibilmente, su una
soglia molto alta, il 21,4 %; a parziale giustificazione di una differenza così
sensibile da quanto verificato per gli altri regni giudicali si può addurre
l'esiguo numero dei personaggi evidenziati nelle Genealogie, dove
la presenza di un solo personaggio di nome Costantino in più, od in meno,
appare in grado di stravolgere le statistiche.
Se estendiamo la
presente analisi al regno di Torres, che in teoria dovrebbe essere quello più
distante dall'ambito territoriale su cui più intensamente si sono esercitati
dominio ed influenza culturale bizantini, riscontriamo che su 34 personaggi di
sesso maschile apparentemente veritieri - su alcuni sussistono forti dubbi,
posto che le tavole genealogiche dei giudici di Torres elaborate dall'equipe
coordinata da F.C. Casula appaiono visibilmente meritevoli di rielaborazione,
anche alla luce di recenti studi e di ulteriore disponibilità documentaria -,
solamente due si chiamano Costantino, la cui presenza ricorre quindi solo nel
5,88 % dei casi.
Si tratta, per l'appunto, di
Costantino I de Lacon-(Gunale), probabile fondatore della rinomata basilica di
Nostra Signora di Saccargia (consacrata nel 1127) e progenitore del più
conosciuto Gonnario de Lacon-(Gunale), deceduto in odore di santità in data
imprecisata, presumibilmente nel 1198, nel monastero di Clairvaux, dopo
un'esistenza avventurosa conclusasi in penitenza e nella rinuncia ai fasti
della vita mondana (limitatamente a quanto potevano consentire gli agi e le
ridotte possibilità economiche del tempo). Costantino ricopre la carica di
giudice per un arco di tempo che va sicuramente dal 1114 al 1124, ma con
possibile estensione ad una temporalità di più ampio spessore (V, 14).
Abbiamo poi il pronipote
Costantino II de Lacon-(Gunale), chiamato anche di Martis, sicuramente giudice
del regno di Torres dal 1170 - in questa data, ed in tale veste lo ritroviamo
associato al trono col padre Barisone II - al 1198; in quest'anno, scomunicato,
muore per grave malattia (VI, 6), ponendo la parola fine, dopo 7 generazioni,
alla dinastia di cui era diretta espressione (Liber iudicum turritanorum).
Considerato che il nome Costantino
ricorre solo nel 5,88 % delle volte si potrebbe avere, in questo senso,
indiretta conferma di una presenza culturale bizantina nel territorio turritano
meno incisiva che altrove, motivazione che potrebbe giustificare l'affermazione
di F.C. Casula di un'origine dei giudicati nel regno di Torres ed un passo del
condaghe di San Gavino che ne lascia trasparire l'avvio all'iniziativa di una
famiglia che avrebbe governato contemporaneamente in Torres ed in Arborea.
Viceversa, in un raffronto con la
famiglia degli Athen, temibile rivale dei de Lacon-Gunale nella guida del
giudicato di Torres, osserviamo che su 24 personaggi maschili almeno 4 si
chiamano Costantino, con una percentuale del 16,66 che ben potrebbe ascriversi
ad una sorta di "programmata" (?), ricercata distinzione dal
comportamento tenuto dalla famiglia reale.
In conclusione, se è vero, come
afferma il condaghe di San Gavino, recentemente studiato nei dettagli e
riportato alla giusta dignità di autorevole fonte da Giuseppe Meloni, che nei
primi momenti d'avvio dei regni giudicali sarebbe stata
Né va trascurato il fatto che i
primi regnanti isolani, anche a giustificazione di fronte ai propri sudditi
delle prerogative esercitate secondo modalità nuove, originali, differenti da
quelle consuete del periodo bizantino, non intesero affatto qualificarsi come
elemento di rottura col passato, ma governare nel segno di una continuità con
Bisanzio, di cui
In questo senso, niente, credo,
poteva meglio contribuire al risultato che il governo di uno Stato nel segno
della Chiesa e col nome di Costantino.