N° 2 - Marzo 2003 – Lavori in corso – Contributi
Università di Sassari
Sommario: 1. Quadro di base della disciplina del
trasporto aereo — 2. Il Protocollo dell'Aja del 1955
— 3. La Convenzione di Guadalajara del 1961 sul vettore di
fatto — 4. Dalla denunzia
statunitense della Convenzione i Varsavia ai fermenti degli anni ottanta e
novanta — 5. Il regolamento
CE n. 2027/97 del Consiglio del 9 ottobre 1997 — 6. La
nuova Convenzione di Montreal — 6.1. Problemi
connessi alla soluzione del plurilinguismo — 6.2. Ambito
di applicazione — 6.3. I criteri di imputazione della
responsabilità vettoriale ed i limiti risarcitori — 6.4. L'area del danno risarcibile —6.5. La documentazione — 6.6. La
questione della «quinta giurisdizione».
La positiva conclusione della conferenza diplomatica
che ha portato alla sottoscrizione della Convenzione di Montreal del 28 maggio
1999[1],
destinata verosimilmente a raggiungere in tempi relativamente brevi le
condizioni per l'entrata in vigore[2],
fa prefigurare una sostanziale evoluzione della disciplina di diritto uniforme
del trasporto aereo, che, al di là dei molti fermenti e delle varie iniziative
unilaterali, risaliva nelle sue linee essenziali ad un'epoca in cui il fenomeno
che era chiamata a regolare stava attraversando ancora la sua fase
pionieristica. Peraltro, le linee fondamentali della disciplina della
Convenzione di Montreal relativa al danno per morte o lesione dei passeggeri
nel trasporto di persone è stata in parte anticipata, a livello europeo, dal
regolamento CE n. 2027/97 del Consiglio del 9 ottobre 1997 sulla responsabilità
del vettore aereo in caso di incidenti che comportino danni alla persona del
passeggero[3].
È da aggiungere che, nella prospettiva della entrata in vigore della
Convenzione di Montreal del 1999[4],
in ambito comunitario è stata adottata una revisione del regolamento 2027/97,
con il regolamento 889/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 maggio
2002, che, pur entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione
nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee[5],
vede, in base al suo art. 2, posticipata la sua applicazione alla data di
entrata in vigore della Convenzione di Montreal.
Ad un regime di diritto uniforme, dettato dalla
Convenzione di Varsavia del 1929[6],
il cui ambito di applicazione era circoscritto al solo trasporto aereo
«internazionale» (quale definito dall'art. 1 della stessa Convenzione)[7],
si affiancava un regime di diritto interno, che (come già il r.d.l. 28
settembre 1933, n. 1733[8])
comunque alla Convenzione di Varsavia del 1929 fortemente si ispirava[9],
dettato, per quanto concerne l'Italia, dal codice della navigazione (artt. 950
- 964). Non mancano, peraltro, esperienze, come, ad esempio, quella francese,
in cui il legislatore ha ritenuto di estendere sic et simpliciter il regime della Convenzione di Varsavia anche ai
contratti di trasporto aereo non qualificabili, ai sensi della stessa
convenzione, come «internazionali»[10].
Del resto, una situazione analoga verrà a determinarsi, negli ordinamenti di
tutti gli Stati comunitari, allorché entrerà in vigore
Come ogni altro regime di diritto uniforme in
materia di trasporto,
Tali documenti non costituivano, peraltro, una
forma ad substantiam per la
conclusione del contratto; alla loro omessa od irregolare emissione era però
collegata la sanzione della decadenza del vettore dalla prova liberatoria e dal
beneficio della limitazione risarcitoria (art. 3, § 2, art. 4, § 4, art. 9
della Convenzione di Varsavia, per quanto concerne l'assenza o l'irregolarità,
rispettivamente, del biglietto di passaggio, del bollettino per il bagaglio,
della lettera di trasporto aereo)[13],
di cui il vettore poteva in via normale avvalersi[14].
Il regime della responsabilità vettoriale[15],
era ancorato al principio dell'imputazione per colpa: ricorrendo uno dei fatti
costitutivi della responsabilità, come contemplati dagli artt. 17, 18 e 19, il
vettore era comunque ammesso dall'art. 20, § 1, della Convenzione di Varsavia,
a dare la prova liberatoria di aver operato secondo i canoni del buon vettore,
ovvero, che fossero state adottate tutte le misure necessarie per evitare il
danno, ovvero che fosse stato impossibile adottarle, da parte del vettore e dei
suoi «préposés»[16].
Tale formula ha poi ispirato anche il nostro legislatore interno, non soltanto
per la definizione della prova liberatoria della responsabilità vettoriale, non
solo con riferimento al trasporto aereo (artt. 942 e 951 c. nav.), ma anche per
quanto concerne la disciplina generale della responsabilità per il trasporto di
persone, dettata dall'art. 1681 c. civ.[17]:
l'onere della prova a carico del vettore è stato così differenziato rispetto a
quello, di carattere negativo, riferito alla non imputabilità
dell'inadempimento o del ritardo, dell'ordinaria prova liberatoria del
debitore, ai sensi dell'art. 1218 c. civ.[18].
Per il solo trasporto di merci, nella
Convenzione di Varsavia, era anche prevista (come residuo in campo aeronautico del
sistema dei pericoli eccettuati riconosciuti in favore del vettore marittimo di
merci, riecheggiando, in particolare la colpa
nautica[19])
la possibilità per il vettore di esonerarsi dando la prova che il danno fosse
derivato (esclusivamente) da «faute de
pilotage, de conduite de l'aéronef ou de navigation», in forza di una
previsione (l'art. 20, § 2, del testo originario della Convenzione di Varsavia
del 1929[20]),
poi abrogata dall'art. X del Protocollo di emendamento dell'Aja del 28
settembre 1955, ma cui corrisponde ancora l'art. 951, comma 2, prima parte, del
vigente codice della navigazione italiano.
Per le tipologie di danni contemplati dalla
Convenzione (artt. 17, 18, 19), il già menzionato art. 24 afferma
l'inderogabilità dei limiti e dei criteri di imputazione, quale che sia il
titolo in base al quale l'azione sia stata esperita, al fine di impedire che
(in quegli ordinamenti che conoscono la possibilità del cumulo dell'azione
aquiliana con quella contrattuale)[21]
il danneggiato possa ottenere un risultato a lui più favorevole di quello
previsto dalla stessa Convenzione [22].
Diversamente che nell'art. 942 cod. nav., nella
Convenzione di Varsavia non è prevista una disciplina della responsabilità del
vettore per inesecuzione della prestazione[23];
né nel codice della navigazione, né nella Convenzione di Varsavia è poi
prevista una disciplina della responsabilità per la sovraprenotazione[24].
Posto che
L'impianto originario della Convenzione di
Varsavia non subì stravolgimenti in seguito all'approvazione del Protocollo di
emendamento dell'Aja del 1955, che, oltre ad adottare una diversa formulazione
delle ipotesi di decadenza dal beneficio del limite[29],
provvide a raddoppiare i limiti per i danni alle persone. Per quanto concerneva
in particolare le ipotesi di decadenza connesse all'assenza od irregolarità
della documentazione del contratto di trasporto, inserì come ipotesi specifica
il mancato richiamo nel documento di trasporto dell'applicabilità del regime di
diritto uniforme e dei limiti di risarcimento previsti (art. 3, § 2, art. 4, §
2 ed art. 9, della Convenzione di Varsavia, come emendati, rispettivamente
dagli art. III, IV e VIII del Protocollo dell'Aja del 1955), facendo così
un'apertura all’esigenza di offrire all'utente del trasporto un'effettiva
possibilità di avere conoscenza del regime di responsabilità applicabile ed
eventualmente di rendere (per merci e bagagli) una dichiarazione di valore,
ovvero di far ricorso allo strumento assicurativo (c.d. dottrina della fair opportunity)[30].
È, d'altra parte, da ricordare che anche sulla base del testo non emendato della
Convenzione di Varsavia, si era esclusa nella giurisprudenza statunitense[31]
l'applicabilità dei limiti, lì dove le condizioni di trasporto fossero state
richiamate nel biglietto in caratteri così piccoli da risultare inintelligibili[32],
con soluzione che venne poi seguita anche in altre giurisdizioni[33];
negli Stati Uniti tale orientamento sembra peraltro essere stato abbandonato
dalla giurisprudenza più recente[34].
Va incidentalmente aggiunto che la valutazione della legittimità del regime di
limitazione risarcitoria vettoriale nel trasporto di merci sembra comunque nel
nostro ordinamento tendenzialmente condizionato alla possibilità per l'utente
di poter optare per un regime di responsabilità con risarcimento non limitato,
rendendo una dichiarazione di valore[35].
Per quanto concerne la condotta del vettore
idonea determinare la decadenza del beneficio della limitazione, il Protocollo
dell'Aja adottò una nuova formulazione che (nelle intenzioni del legislatore)
avrebbe dovuto avere applicazione più uniforme nei vari ordinamenti di quanto
non fosse stato possibile rispetto all'originario richiamo di una condotta
equivalente al dolo secondo la lex fori; l'art.
XIII del Protocollo dell'Aja del 1955 riformulò così l'art. 25 della
Convenzione di Varsavia, prevedendo che i limiti risarcitori dovessero essere
valicati, allorché il danno fosse stato conseguenza «d'un act ou d'une omission du transporteur ou de ses préposés fait
soit avec l'intention de provoquer un dommage, soit témérairement et avec
conscience qu'un dommage en résultera probablement» (richiedendosi, però,
che un tale atto sia stato compiuto dai dipendenti e preposti nell'esercizio
delle loro funzioni)[36].
Nemmeno il ricorso ad una tale nozione è servito, però, a determinare
uniformità di letture da parte delle giurisdizioni chiamate a fare applicazione
della norma[37].
Si sono contrapposte, infatti, due diverse interpretazioni: di queste, una,
c.d. «oggettiva», che, facendo
riferimento in astratto a quelle che dovrebbero essere le conoscenze e la
condotta richiesta ad un vettore (e ad un preposto) diligente, qualifica come
condotta temeraria e consapevole quella che diverge da un tale standard; l'altra c.d. «soggettiva» postula un riferimento a quella che in concreto sia
stata la rappresentazione della realtà e la volizione del soggetto agente. È
agevole comprendere come, da un punto di vista teorico, la seconda impostazione
comporti un onere probatorio più gravoso a carico del danneggiato. Nella
realtà, però, quale che fosse il presupposto esegetico seguito, la
giurisprudenza ha operato comunque un allentamento dei canoni per il
superamento dei limiti, man mano che la coscienza sociale ne ha avvertito
l'inadeguatezza[38].
Peraltro (sulla base di ragioni analoghe a
quelle che nella prassi commerciale marittima hanno indotto all'inserimento nei
formulari di trasporto marittimo di clausole che sono conosciute come «Hymalaia», dal caso che aveva
evidenziato l'esigenza della loro introduzione)[39],
l'art. XIV del Protocollo dell'Aja ha introdotto un art. 25A della Convenzione
di Varsavia[40],
che contempla l'estensione espressa dei limiti (ma non degli esoneri[41])
in favore di dipendenti e preposti che abbiano agito nell'esercizio delle loro
funzioni, in assenza di condotte finalizzate a cagionare il danno, o comunque
caratterizzate dalla consapevolezza che il danno potesse derivarne[42].
Come si è accennato più sopra,
È peraltro da osservare che, se ed in quanto il
vettore di fatto possa essere considerato un préposé del vettore contrattuale [58],
e se (come sembra) il vettore a cui si riferisce la disciplina della
Convenzione di Varsavia del 1929 sia appunto colui che viene definito «transporteur contractuel» dall'art. I,
lett. b, della Convenzione di
Guadalajara[59], la portata innovativa di tale ultima
Convenzione sembra essere più circoscritta di quel che appaia ad un primo
esame, in particolare in quegli ordinamenti che comunque ammettano un'azione
del danneggiato nei confronti dei préposés
del vettore[60].
Posto che comunque il vettore risponde dei fatti dei suoi préposés, occorre considerare che questi ultimi possono, a loro
volta, avvalersi (rispetto alle eventuali azioni proposte nei loro confronti
dai danneggiati) degli stessi limiti di cui potrebbe avvalersi il vettore, per
effetto della previsione di cui all'art. 25A della Convenzione di Varsavia,
come introdotto dal Protocollo dell'Aja del 1955.
L'originario elevato grado di uniformità della
disciplina del trasporto aereo internazionale ha iniziato a venir meno negli
anni sessanta, quando si sono iniziati ad avvertire i sintomi di quella che è
stata definita in dottrina la «crisi» del sistema della Convenzione di Varsavia[61].
Risale al 15 novembre 1965 la denunzia statunitense della Convenzione di
Varsavia del 1929[62],
ritirata soltanto a seguito dell'accordo di Montreal del 13 maggio 1966 fra le
compagnie aeree che operavano negli Stati Uniti d'America ed il Civil
Aeronautical Board per l'elevazione dei limiti risarcitori in caso di morte o
danni all'incolumità dei passeggeri[63],
che inaugurò la stagione degli interventi unilaterali sui limiti risarcitori[64],
avvertiti come inadeguati nei Paesi a più elevato tenore di vita, mentre non
ottenevano successo di ratifiche gli ulteriori protocolli di emendamento della
Convenzione di Varsavia, finalizzati ad introdurre significative sostanziali
modifiche al regime di diritto uniforme del trasporto aereo (in particolare, il
Protocollo di Guatemala City dell'8 marzo 1971, incentrato sulla responsabilità
del vettore nel trasporto di passeggeri, che prevedeva una responsabilità
oggettiva con limite risarcitorio invalicabile[65],
ed il Protocollo di Montreal del 25 settembre 1975 n. 4, finalizzato alla
revisione della disciplina del trasporto di merci).
In Italia, con la nota pronunzia 6 maggio 1985,
n. 132,
La difesa dei limiti risarcitori, e del loro
basso livello, è stata tradizionalmente giustificata evocando gli effetti che
il loro abbandono, ovvero la loro elevazione, avrebbe avuto sui costi
assicurativi per i vettori, effetti che si sarebbero necessariamente riversati
sui livelli tariffari praticati dai vettori[69].
Tuttavia, la difesa ad oltranza dei limiti risarcitori è venuta a vacillare
sotto la spinta delle iniziative unilaterali di singoli vettori[70],
che hanno costituito il più diretto precedente degli accordi intervettoriali,
con cui la maggioranza delle compagnie aeree aderenti alla I.A.T.A.[71]
hanno rinunciato ad avvalersi delle limitazioni e, parzialmente, anche delle
cause di esonero del sistema della Convenzione di Varsavia[72],
tenendo in parte conto della raccomandazione C.E.A.C.[73]
del 1994[74].
L'esigenza di rivedere il regime della
responsabilità del vettore aereo di persone iniziava peraltro ad essere presa
in considerazione anche nell'ambito dell'I.C.A.O., sotto la sollecitazione
delle iniziative fin qui ricordate. Peraltro, nella seconda metà degli anni
novanta, dopo una lunga fase di sostanziale immobilismo nella situazione delle
ratifiche nell'ambito del sistema di Varsavia, si era pervenuti al
raggiungimento delle condizioni per l'entrata in vigore del IV Protocollo di
Montreal del 1975, che introduceva, per le merci, alcune significative
innovazioni, sia per la documentazione (con la possibilità di sostituire altri
sistemi di documentazione a quelli tradizionali su supporto cartaceo)[75],
sia per la responsabilità, con l'affermazione di un regime di responsabilità
oggettiva, sia pure accompagnato dall'affermazione dell'insuperabilità del
limite risarcitorio, seguendo su tale punto specifico, l'esempio del Protocollo
di Guatemala City del 1971, che era inteso ad introdurre un analogo regime di
responsabilità per il trasporto di persone [76].
Va osservato che l'adozione di meccanismi di imputazione dell'obbligazione
risarcitoria a carico del vettore che prescindono dalla colpa non costituisce
affatto una novità assoluta in materia di trasporto: a prescindere da quella
che pur sembra la più attendibile ricostruzione dell'istituto romano del receptum in chiave di responsabilità
oggettiva[77],
è da ricordare il rigore della giurisprudenza marittima inglese rispetto alla
posizione del common carrier, tale da
indurre poi alla reazione delle clausole di irresponsabilità, fino alla
soluzione di compromesso che venne adottata con l'Harter Act nordamericano, e con gli sviluppi che ad esso seguirono[78].
Come si è già accennato, all'entrata in vigore
del IV Protocollo di Montreal del 1975, era seguita la sua ratifica anche da
parte degli Stati Uniti, che, per effetto della disposizione di cui all'art.
XVII, § 2, di tale Protocollo, venivano così ad essere vincolati anche dal
Protocollo dell'Aja del 1955 che non avevano ratificato in quanto tale. Ma, gli
Stati Uniti, che pur erano certamente favorevoli all'abbandono del principio
della limitazione risarcitoria per la responsabilità per danni alle persone,
condizionavano il proprio assenso alla modifica del regime di responsabilità
anche ad una modifica delle previsioni in materia di giurisdizione, affiancando
ai quattro fori dell'art. 28 della Convenzione di Varsavia, anche
l'affermazione della giurisdizione dello Stato di residenza del passeggero
(c.d. questione della quinta
giurisdizione), soluzione, questa, che incontrava forti resistenze, sia da
parte degli Stati con basso livello di reddito, sia da parte degli Stati
europei. Per molto tempo è sembrato che i lavori svolti in ambito I.C.A.O. per
una revisione del Sistema di Varsavia non fossero destinati a sortire un
risultato positivo, non da ultimo proprio in quanto condizionati dalla
inconciliabilità delle posizioni dei vari Stati interessati su un punto
fondamentale come quello della giurisdizione[79].
L'incertezza, fino a tempi relativamente
recenti, circa la possibilità di un effettivo sviluppo dei lavori per la
revisione del sistema di Varsavia ha indotto, in sede europea, all'adozione del
regolamento CE n. 2027/97 del Consiglio del 9 ottobre
1997 sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti che comportino
danni alla persona del passeggero. Tale regolamento, per ovviare a regimi di
limitazione ritenuti insoddisfacenti, detta una serie di disposizioni
integrative della Convenzione di Varsavia o della diversa disciplina
applicabile ai contratti di trasporto aereo di passeggeri che non rientrino
nella nozione di «trasporto aereo internazionale», di cui all'art. 1 della
stessa Convenzione di Varsavia[80].
Il regolamento 2027/97, peraltro, nel suo testo
originario, si è ispirato al sistema del duplice livello di responsabilità (two-tier system)[81],
adeguandosi alle indicazioni che provenivano dai lavori per la revisione del
sistema della Convenzione di Varsavia; poi, come si è visto, con la revisione
apportata dal regolamento 889 del 202, si è limitato a richiamare come
applicabile ad ogni trasporto aereo eseguito dai vettori aerei comunitari il
regime di responsabilità per il trasporto di persone e di bagagli previsto
dalla Convenzione di Montreal del 1999.
Sulla base del testo originario del regolamento
2027 del 1997, che è quello che si applica ancora oggi, in attesa dell’entrata
in vigore della Convenzione di Montreal del 1999, il vettore vede esclusa la
possibilità di avvalersi di prova liberatoria per le domande risarcitorie fino
ad un determinato importo (nel caso del regolamento, l'equivalente in ECU di
100.000 diritti speciali di prelievo, secondo quanto previsto dall'art. 3, § 2),
con possibilità di esonero dalla responsabilità solo a condizione che dimostri
che il danno è dovuto a negligenza del passeggero ferito o deceduto[82].
Per le domande risarcitorie che eccedano tale limite, può, viceversa, invocare
la ricorrenza delle cause di esonero contemplate dalla Convenzione di Varsavia
o dalla legge nazionale eventualmente applicabile, come l'adozione di tutte le
misure necessarie ad evitare il danno ovvero l'impossibilità di adottare tali
misure[83].
Inoltre, il regolamento 2027/97 ha introdotto
l'obbligo per il vettore di provvedere «senza indugio» in favore degli aventi
diritto al pagamento di anticipazioni, in proporzione del danno, finalizzate a
far fronte alle esigenze più immediate che derivino dal sinistro, dando così
soluzione positiva, anche se foriera di problemi applicativi di non scarso
rilievo, ad una questione che è stata al centro di notevoli controversie nel
corso delle trattative per la revisione del sistema della Convenzione di
Varsavia.
Occorre puntualizzare che, pur dopo l'entrata
in vigore del regolamento CE n. 2027/97 del Consiglio del 9 ottobre 1997, non
esiste nemmeno per i vettori comunitari una totale uniformità di regimi di
responsabilità. Da un lato, infatti, deve osservarsi che il regolamento
comunitario in questione si applica esclusivamente alla responsabilità per i
danni alla persona; restano fuori dal suo ambito di applicazione, oltre al
trasporto di merci, anche, per quanto riguarda il trasporto di persone, la
responsabilità per perdita od avaria del bagaglio (fino a quando non potrà
essere applicato il regolamento 889 del 2002), la responsabilità per danni da
ritardo e quella per danni da inadempimento. Per i danni che eccedano i
centomila diritti speciali di prelievo, restano salvi i criteri di imputazione
della responsabilità propri del regime legale applicabile al trasporto (
Si è visto come sulla scena del trasporto
internazionale è venuta a determinarsi una situazione di coesistenza di una
pluralità di diversi regimi di responsabilità del vettore aereo[86].
Del resto, di un'impossibilità di reductio
ad unitatem della disciplina uniforme del trasporto aereo si era dovuto
prendere atto all'epoca della Conferenza diplomatica di Montreal del
Di fronte a tale frammentazione, è prevalsa
l'opinione che, piuttosto che addivenire alla conclusione di un ulteriore
protocollo di emendamento della Convenzione di Varsavia, sarebbe stato
opportuno redigere ex novo una
convenzione che si sostituisse alla precedente ed al complesso dei protocolli
di emendamento, e che inglobasse in sé anche la disciplina della responsabilità
del vettore di fatto, attualmente dettata dalla Convenzione di Guadalajara del
1961[88].
Occorrerà verificare, sulla base delle vicende che seguiranno, se la nuova
Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, sarà in grado di soddisfare
l'aspettativa, certamente avvertita, di ristabilire un elevato grado di
uniformità del quadro normativo del trasporto aereo internazionale.
Come
Tale trasporto può essere sia oneroso che
gratuito, purché, in quest'ultimo caso, sia comunque eseguito da un'impresa di
trasporto aereo; non sono quindi, di per loro, destinati a ricadere nell'ambito
di applicazione della Convenzione di Montreal i trasporti nazionali[99],
ai quali, però, si applicherà la disciplina della responsabilità del vettore di
persone e di bagagli estrapolata dalla medesima Convenzione di Montreal, per
effetto del rinvio di cui al regolamento comunitario 2027 del 1997, nel testo
emendato dal regolamento 889 del 2002 , ove si tratti di trasporti eseguiti da
vettori comunitari. L'esclusione dal proprio ambito di applicazione dei
trasporti postali, già contemplata nell'art. 2 della Convenzione di Varsavia, è
integrata dall'affermazione della responsabilità del vettore aereo, sia pure
esclusivamente nei confronti delle amministrazioni postali competenti, sulla
base delle regole proprie dei rapporti fra queste ultime e vettori (art. 2.2).
Come già si è avuto modo di anticipare,
illustrando il sistema di della responsabilità vettoriale introdotto con il
regolamento comunitario 2027 del 1997, che si è ispirato ai lavori preparatori
della Convenzione di Montreal, il regime di responsabilità previsto da tale
testo di diritto uniforme per il trasporto di persone si base su un duplice
meccanismo di imputazione. Si tratta certamente dell’aspetto più significativo
della Convenzione di Montreal, il cui art. 17 (introduttivo del Chapter III) si discosta nella
formulazione sia dall'art. 17 della Convenzione di Varsavia, nel testo
originario (su cui non intervenne il Protocollo dell'Aja del 1955), sia,
seppure in maniera meno incisiva, dal testo emendato dal Protocollo di
Guatemala City del 1971.
La nuova convenzione ha abbandonato del
principio della limitazione vettoriale per i danni alla persona del passeggero,
ed introdotto un regime di responsabilità oggettiva per i danni quantificabili
entro il controvalore di centomila diritti speciali di prelievo[102];
oltre tale misura, il vettore risponde illimitatamente, ma con la possibilità,
espressamente prevista dall'art. 21, di dare la prova negativa che il fatto
dannoso non dipenda da «negligence or
other wrongful act or omission of the carrier or its servants or agents»,
ovvero sia stato «solely due to the
negligence or other wrongful act or omission of a third party»[103]:
contrariamente alla Convenzione di Varsavia, od al codice della
navigazione, la prova liberatoria per il vettore viene così formulata in
negativo, condizionando l'esonero alla esclusione della ricorrenza di fatti
dipendenti da una condotta illecita del vettore o dei soggetti del cui operato
il vettore è tenuto a rispondere, salvo il caso della dipendenza integrale del
danno da fatto di terzo estraneo[104].
La prova liberatoria di contenuto positivo è stata invece mantenuta, all'art.
19, per quanto concerne il ritardo: è esonerato da responsabilità il vettore
che provi di aver adottato tutte le misure idonee e possibili per evitare il
danno, ovvero che era impossibile adottarle[105].
Per il trasporto aereo di merci, la nuova
Convenzione di Montreal riprende la disciplina posta dal IV Protocollo di
Montreal del 1975, confermando per i danni da perdita [106]
od avaria un regime di responsabilità oggettiva, ma assoggettata ad una
limitazione risarcitoria [107]
e mantenendo, viceversa, per il bagaglio «enregistré»,
un regime di responsabilità fondato sulla colpa, quale risulta dal combinato
disposto dell'art. 18, § 1, e dell'art. 20 della Convenzione di Varsavia, come
emendati, rispettivamente, dagli artt. IV e V del detto Protocollo del 1975[108].
Nell'art. 22 della Convenzione di Montreal non
è stata ripresa l'affermazione espressa dell'invalicabilità del limite
risarcitorio a favore del vettore aereo di merci (quale che sia stata la genesi
del danno), contenuta nell'art. 24, § 2, della Convenzione di Varsavia, nel
testo introdotto dall'art. VIII del IV Protocollo di Montreal. Non sembra possa
dubitarsi circa la volontà del
legislatore di diritto uniforme di mantenere il principio dell'invalicabilità
del limite risarcitorio per il trasporto di merci[110];
tuttavia sembra di poter escludere il beneficio della limitazione quanto meno
rispetto al danno che sia riconducibile ad una condotta dolosa propria del
vettore[111]:
al di là di tali ipotesi che siano riferibili direttamente al vettore, non
sembra sussista alcun margine per escludere l'operatività del limite
risarcitorio[112],
salvo il caso della dichiarazione di interesse speciale alla riconsegna che sia
accompagnato dal relativo supplemento di tariffa, secondo quanto previsto
dall'art. 22, §
La volontà della Convenzione di Montreal del
1999 di uniformarsi per la disciplina del trasporto di merci al regime del IV
Protocollo di Montreal del 1975 sembra in effetti confortata dall'assenza di
previsioni specifiche circa le condotte che possano portare ad una siffatta
decadenza del vettore[115];
d'altra parte, nel successivo art. 30, § 3 (che corrisponde alla previsione
dell'art. 25A della Convenzione di Varsavia, introdotto dall'art. XIV del
Protocollo dell'Aja del 1955 [116])
con riferimento alla posizione dei dipendenti e preposti del vettore[117]
che provino di aver agito nell'esercizio delle loro funzioni nel trasporto di
merci, viene esclusa la rilevanza della condotta temeraria e consapevole[118].
L'altro profilo che sembra dover essere considerato è quello dell'assenza di
indicazioni nei lavori preparatori circa la volontà del legislatore di diritto
uniforme di seguire sul punto specifico per le merci una strada diversa
rispetto al modello tracciato dal IV Protocollo di Montreal del 1999[119].
Conseguentemente, viene meno nella Convenzione di Montreal, il rilievo che alla
nozione di colpa temeraria e consapevole
era assegnato nella Convenzione di Varsavia, come emendata dal Protocollo
dell'Aja [120],
salvo che per le ipotesi di cui all'art. 22, § 5 (superamento dei limiti
risarcitori in caso di danno al bagaglio o per ritardo) e all'art. 30
(decadenza di dipendenti e preposti da limitazioni monetarie ed eccezioni
invocabili dai vettori di merci). Va evidenziato come, a questo punto
dell’evoluzione del diritto aeronautico, la disciplina della responsabilità del
vettore aereo di merci di cui all’art. 951 c. nav., modellata sullo schema
originario della Convenzione di Varsavia del 1929, ed applicabile ai trasporti
aerei nazionali o che comunque non ricadano nell’ambito della Convenzione di
Varsavia (o, in futuro, in quello della Convenzione di Montreal) si presenta
addirittura come antitetica rispetto alla disciplina del trasporto
internazionale. Nel codice della navigazione, infatti, resta una disciplina
caratterizzata da un’imputazione soggettiva, per di più con la possibilità di
esonero anche per colpa di pilotaggio, condotta e navigazione, e con un limite
risarcitorio comunque superabile nei casi dolo o colpa grave del vettore o dei
suoi dipendenti e preposti; viceversa, come si è visto, per il trasporto
internazionale di merci è già in vigore un regime di responsabilità oggettiva,
con limite risarcitorio invalicabile. La contrapposizione fra i due regimi di responsabilità
per il trasporto aereo di merci risalta poi maggiormente, allorché si consideri
l’avvicinamento e la prossima sostanziale sovrapposizione della disciplina
della responsabilità vettoriale nel trasporto di persone e di bagaglio, per
effetto del descritto regolamento comunitario 2027 del 1997 e dell’emendamento
a quest’ultimo recato dal successivo regolamento 889 del 2002.
Uno dei problemi di maggior rilievo che si sono
riscontrati nella storia dell'applicazione della Convenzione di Varsavia è stato
indubbiamente quello della progressiva erosione del valore dei limiti
risarcitori da essa previsti, tanto che la più avvertita dottrina aveva avuto
modo a suo tempo di segnalare l'esigenza di prevedere un sistema di adeguamento
dei limiti, sufficientemente tempestivo, affidato ad un'organizzazione
internazionale[121]:
a tanto, nella nuova Convenzione di Montreal, si è provveduto con l'art. 24, §
1, che rimette all'Organizzazione dell'aviazione civile internazionale la
revisione dei limiti risarcitori mantenuti, con cadenza quinquennale, e con
riferimento al tasso di inflazione[122].
L'art. 24, § 2, prevede la possibilità di disapprovazione dell'adeguamento da
parte della maggioranza degli Stati membri, nel caso il tasso di inflazione
abbia ecceduto il dieci per cento. Si tratta di una disposizione analoga a
quella introdotta in altri strumenti di diritto internazionale uniforme in
materia di navigazione [123],
che comporta l'applicabilità diretta nei singoli ordinamenti nazionali di norme
adottate nell'ambito di un'organizzazione internazionale.
A monte del problema dei limiti risarcitori, si
pone quello del fatto costitutivo dell'obbligazione risarcitoria e del danno
risarcibile sulla base della Convenzione di Varsavia e dei suoi protocolli di
emendamento, nonché quello dell'ammissibilità, per i danni subiti nel corso
dell'esecuzione di un trasporto aereo internazionale cui sia applicabile il
regime di diritto uniforme, di un'azione basata su una diversa normativa. Su
entrambi i problemi ricordati non è riscontrabile un'uniformità di vedute. In
particolare, per quanto concerne l'esperibilità di azioni diverse da quelle
previste dalla Convenzione di Varsavia, sulla tesi affermativa, sostenuta forse
troppo largamente da alcune corti inferiori degli Stati Uniti[124],
è venuta ad incidere la soluzione, invero eccessivamente restrittiva, data alla
medesima questione dalla Corte Suprema degli stati Uniti nel caso El Al Israel Airlines, Ltd., c. Tsui Yuan
Tseng, sulla base di una lettura dell'art. 24 della stessa Convenzione, che
non appare condivisibile, perché, come si è detto, tale ultima disposizione si
limita a prevedere l'inderogabilità dei limiti e dei criteri di imputazione,
quale che sia il titolo in base al quale l'azione sia stata esperita, anche
negli ordinamenti che ammettono il cumulo di responsabilità aquiliana e
responsabilità contrattuale[125].
Sembra opportuno ricordare gli orientamenti
formatisi circa i presupposti per l'affermazione della responsabilità
vettoriale nel trasporto di persone. Essi sono
determinati dall'art. 17 della Convenzione di Varsavia, secondo il cui testo
originario, che non ha subito emendamenti sulla base del Protocollo dell'Aja
del 1955 (e quindi è il testo attualmente vigente): «Le transporteur est responsable du dommage survenu en cas de mort, de
blessure ou de toute autre lésion corporelle subie par un voyageur lorsque
l'accident qui a causé le dommage s'est produit à bord de l'aéronef ou au cours
de toutes opérations d'embarquement et de débarquement». Il successivo art. 19
afferma la responsabilità del vettore per ritardo, con disposizione unica,
riferita tanto al trasporto di passeggeri e bagagli, che al trasporto di merci.
A tale disciplina corrisponde, nel codice della navigazione italiano, l'art.
942, che considera insieme al danno per i sinistri alla persona del passeggero «dall'inizio delle operazioni d'imbarco al
compimento di quelle di sbarco», il danno da ritardo e quello «dell'inadempimento nell'esecuzione del
trasporto» (ipotesi, quest'ultima, come si è visto, non contemplata affatto
nella Convenzione di Varsavia)[126].
L'art. IV del Protocollo di Guatemala City del
1971, emendando l'art. 17 della Convenzione, aveva introdotto una più
articolata disciplina, di cui soltanto il § 1 riguarda le responsabilità per
danni alla persona del passeggero (mentre gli ulteriori due paragrafi
concernono il trasporto di bagagli). Sulla base
dell'art. 17, § 1, della Convenzione, nel testo emendato dal Protocollo di
Guatemala City, «Le transporteur est
responsable du préjudice survenu en cas de mort ou de toute lésion corporelle
subie par un passager, par cela seul que le fait qui a causé la mort ou la
lésion corporelle s'est produit à bord de l'aéronef ou au cours de toutes
opérations d'embarquement ou de débarquement. Toutefois, le transporteur n'est
pas responsable si la mort ou la lésion corporelle résulte uniquement de l'état
de santé du passager»[127].
Sulla base del testo originario della
Convenzione di Varsavia, si è fatta questione dell'ambito del danno effettivamente
risarcibile, sotto un duplice profilo: l'estensione della nozione di «lésion corporelle» e di quella di «accident». Si è posta, in particolare,
la questione se il danno meramente psichico o psico-somatico, rientrasse nella
prima delle due nozioni evocate; le varie giurisdizioni di fronte alle quali si
è posta tale questione, sono addivenute a soluzioni non uniformi ed anche in
dottrina non sembra essersi pervenuti ad una soluzione consolidata[128];
dopo alterne vicende, è prevalso nella giurisprudenza della Corte Suprema degli
Stati Uniti un orientamento restrittivo[129].
Per quanto concerne la nozione di «accident», secondo l'opinione
prevalente, si tratta di un concetto più restrittivo di «fait» (termine, invece, adoperato dal Protocollo di Guatemala City), che richiama un evento inusuale od
inatteso, ovvero di intensità inusuale od inattesa rispetto al volo[130].
Si è posta la questione se la nozione di «accident»
contenuta nella Convenzione di Varsavia sia da porsi in relazione con la
nozione di «accident» cui si
riferisce l'Annesso XIII della Convenzione di Chicago, con riferimento, quindi,
ad una «occurrence associated with the
operation of an Aircraft»[131]. Si è pure dubitato della portata della
preclusione di azioni al di fuori del sistema della Convenzione di Varsavia di
fronte a vicende ritenute non coincidenti con l'«accident» dell'art. 17 della Convenzione di Varsavia[132].
Nell'ambito del lavori preparatori, due sono
stati i punti discussi circa la determinazione dell'area dei danni risarcibili.
Da un lato si è ipotizzato di riconsiderare la questione dei danni di natura
meramente psicologica, che viceversa nel testo degli articoli 17, 21 e 33 della
convenzione approvato dalla conferenza diplomatica non sono stati oggetto di specifica
considerazione accanto alle lesioni corporali, disattendendo così la diversa
impostazione che si era affacciata nel corso dei lavori [133].
L'altra questione era quella dell'inserimento nell'articolo 16, § 1, del
Progetto di Convenzione delle previsione espressa dell'esonero del vettore dalla
responsabilità, allorché la morte o la lesione subita dal passeggero fosse
risultata come conseguenza dello stato di salute del passeggero; anche rispetto
a tale ipotesi, non si è ritenuto di adottare una specifica previsione, che del
resto non ha una sua ragion d'essere lì dove prevalga una lettura restrittiva
della nozione di «accident»[134]. Una previsione di tal segno è
contenuta invece nella seconda parte dell'art. 17, § 1, della Convenzione di
Varsavia, nel testo emendato dall'art. IV del Protocollo di Guatemala City del
1971; in quest'ultima disciplina, tuttavia, l'imputazione della responsabilità,
come si è visto, è riferita non già alla nozione di «accident ... produit à bord de l'aéronef», ma a quella (dai
contorni apparentemente meno definiti) di «fait
... produit à bord de l'aéronef»[135].
Anche per
Per quanto concerne la documentazione del
trasporto, rispetto alla disciplina oggi vigente,
Diversamente da quanto previsto per le merci,
nel caso di utilizzazione di documentazione su supporto non cartaceo, nel
trasporto di persone, il vettore non può limitarsi a rilasciare una ricevuta
della registrazione («written statement
of the information so preserved») soltanto a richiesta dell'utente (come
previsto dall'art. 4.2), ma deve provvedere ad offrire espressamente al
passeggero di operare in tal senso: si tratta, tuttavia, di un obbligo non
sanzionato. Diversamente che per il trasporto di merci, nessuna disposizione
specifica è dettata circa l'efficacia probatoria di tale ricevuta.
Si è avuto modo di segnalare come uno dei punti
di maggior conflittualità rispetto alla definizione del testo della nuova
Convenzione sul trasporto aereo era quella dell'individuazione della
giurisdizione di fronte alla quale gli utenti od i loro aventi diritto
potessero far valere le proprie ragioni. L'art. 28 (non
modificato dal Protocollo dell'Aja del 1955) prevede al § 1 che «L'action en responsabilité devra être
portée, au choix du demandeur, dans le territoire d'une des Hautes Parties
Contractantes, soit devant le tribunal du domicile du transporteur, du siège
principal de son exploitation ou du lieu où il possède un établissement par le
soin duquel le contrat a été conclu, soit devant le tribunal du lieu de
destination». Già questa formulazione offre una pluralità di possibili fori
rispetto ai quali incardinare l'azione; tuttavia, da parte statunitense, si
affermava l'esigenza di prevedere, per i danni alle persone trasportate, un
ulteriore foro, coincidente con il luogo di residenza del passeggero,
soluzione, questa, che al di là di ragioni di perplessità di altra natura,
avrebbe lasciato una maggior chance di
forum shopping verso quelle
giurisdizioni con la tendenza a riconoscere risarcimenti più elevati. Il luogo
di residenza del passeggero danneggiato, senza la necessità della ricorrenza di
ulteriori presupposti, come criterio di collegamento giurisdizionale sembrava,
in effetti, non confacente agli interessi né dei vettori, né dei passeggeri
degli Stati caratterizzati da un livello non elevato dei risarcimenti (c.d. low compensation countries). In base ad un siffatto regime, infatti,
gli uni si sarebbero trovati «esposti al rischio di essere convenuti davanti a
giudici di Stati lontani dalle loro sedi operative e privi di collegamento con
i servizi da loro resi con la conseguenza di poter essere costretti a risarcire
danni ben più elevati rispetto a quelli previsti negli ordinamenti degli Stati
in cui operano»; sugli altri sarebbero ricaduti, attraverso l'aumento dei corrispettivi
dei servizi di trasporto, i conseguenti maggiori costi assicurativi[144].
Come soluzione di compromesso, il principio della c.d. quinta giurisdizione è stato accolto, nell'art. 33, § 2, ma
condizionato alla ricorrenza del presupposto, al momento dell'incidente, della
residenza principale e permanente del passeggero [145]
(di cui, invece, non rileva la cittadinanza) nello Stato del foro invocato, in
cui operi il vettore aereo, sia direttamente che indirettamente, attraverso un «commercial agreement», di guisa che
nessun vettore potesse trovarsi a subire un'azione di fronte all'autorità
giudiziaria di uno Stato nel quale non avesse comunque scelto di operare quanto
meno indirettamente. Qualche problema può derivare dalla valutazione della
natura dell'accordo che sembra essere richiesto ai fini della constatazione dei
presupposti della giurisdizione[146];sembra
comunque sia sufficiente la ricorrenza di un accordo di code-sharing[147].
Non è stata invece colta l'occasione di
chiarire i dubbi interpretativi che pur erano stati registrati
nell'applicazione dell'art. 28 della Convenzione di Varsavia. Al riguardo, era
stata fatta questione di quale dovesse essere considerato il luogo di
destinazione, nel caso di viaggi andata e
ritorno[148].
Altro aspetto dubbio è quello della sorte delle azioni civili proposte in sede
penale[149].
Infine, non si è chiarito se l'art. 28 della Convenzione di Varsavia abbia
rilievo per quanto concerne la determinazione della competenza per territorio,
nell'ambito dello Stato di cui venga ad essere affermata la giurisdizione[150].
[1] Su cui già esiste una letteratura abbastanza ampia: Caplan, Novelty in The Convention, in T.A.Q.,
1999, 193; Fearon, La nouvelle Convention de Montreal de 1999 -
Une vision americaine, in Rev. fr.
dr. aér., 1999, 401; Folliot, La modernisation du système varsovien de responsabilité du
transporteur -
[2] Al 30 novembre 2002, risultano depositati presso l’ICAO gli
strumenti di ratifica, accettazione od adesione della Convenzione degli Stati
di seguito elencati (fra parentesi è indicata la data del deposito del relativo
strumento): Belize (24 agosto 1999); Ex Repubblica jugoslava di Macedonia (15
maggio 2000); Giapone (26 giugno 2000; Emirati Arabi Uniti (7 luglio 2000);
Slovacchia (11 ottobre 2000); Repubblica Ceca (16 novembre 2000); Messic (20
novembre 2000); Bahrain (2 febbraio 2001); Romania (20 marzo 2001); Botswana
(28 marzo 2001); Paraguay (29 marzo 2001); Namibia (27 setetmbre 2001);
Barbados (2 gennaio 2002); Kenya (7 gennaio 2002); Slovenia (27 marzo 2002);
Perù (11 aprile 2002); Giordania (12 aprile 2002); Nigeria (10 maggio 2002);
Kuwait (11 giugno 2002); Siria (18 luglio 2002); Grecia (22 luglio 2002);
Panama (13 settembre 2002); Nuova Zelanda (18 novembre 2002); Canada (19
novembre 2002); Cipro (20 novembre 2002). Come si vede, sono state raggiunte 25
ratifiche. Ai sensi del suo art. , § 6,
[3] Sul quale v. ampiamente Romanelli,
Il regime di responsabilità del vettore
aereo per infortunio al passeggero, in Studi
in memoria di Maria Luisa Corbino, Milano, 1999, 749; Silingardi, Reg. CE 2027/97 e nuovo regime di responsabilità del vettore aereo di
persone, in Dir. trasp., 1998,
621; Capotosti, Criteri di «ragionevolezza» e obbligo di
assicurazione della responsabilità civile del vettore aereo comunitario per i
danni ai passeggeri, in Assic.,
1997, II, 244; Franchi, Il nuovo regime di responsabilità dei
vettori aerei comunitari, in Resp.
civ. prev., 1998, 124; Grigoli,
La tutela delle vittime degli incidenti
aerei nella più recente evoluzione di diritto comunitario e uniforme, in Giust. civ., 2000, II, 363; Tofani, Il regolamento CE 2027 del '97: verso un nuovo regime di responsabilità
del vettore aereo di persone, in Dir.
ec. assic., 1999, 923. Nella letteratura estera, v. Balfour,
Council Regulation (EC) 2027/97 on air
carrier liability - a tale of suspense, T.A.Q.,
1999, p. 175; Buehrlen, Air Carrier liability for passenger injury
within the E.C.: disposing with limits on compensation and other issues, in
T.A.Q., 1998, 188.
[4] Va segnalato che
[5] Pubblicazione avvenuta in G.U.C.E. n.. L 140 del 30 maggio
2002
[6] Convention pour l'unification de certain règles relative au
transport aèrien international, adottata nella Seconda Conferenza di diritto
privato aeronautico svolta a Varsavia dal 4 al 12 ottobre 1929. Ai sensi del
suo art. 36, il solo testo autentico è quello in lingua francese. Traduzioni in
lingua inglese furono sia per l'introduzione nel Regno Unito (in base allo
United Kingdom Carriage by Air Act del 1932), che per l'introduzione negli
Stati Uniti d'America (49 U.S.C. 1502); le differenze fra le due traduzioni
sono peraltro marginali, circoscritte a poche differenze lessicali (Mankiewicz, The liability regime of the international air carrier - A Commentary on
the present Warsaw System, Deventer, 1981, 197). I successivi protocolli di
emendamento dell'Aja del 1955, e di Guatemala del 1971, come
[7] È appena il caso di
precisare che, in quanto ne ricorrano i presupposti, l'applicazione della
Convenzione non è condizionata da un rinvio ad essa di norme di diritto
internazionale privato: Pret. Roma, 25 settembre
[8] Sulla discendenza del r.d.l. 28 settembre 1933, n. 1733 dalla
Convenzione di Varsavia, v. per tutti Lefebvre
d'Ovidio, Sulla disciplina dei
contratti di utilizzazione dell'aeromobile con particolare riguardo alla
responsabilità del vettore aereo, in Studii
per la codificazione del diritto della navigazione, IV, Roma, 1941, 977; Guinchard, L'influence de la convention de Varsovie sur les règles de droit
interne relatives à la responsabilité du transporteur aérien, in Rev. fr. dr. aér., 1957, 189, 203 - 204.
[9] Aspetto, questo, messo in evidenza dalla stessa Relazione
ministeriale al codice della navigazione, § 591. V. comunque amplius Romanelli, Il trasporto
aereo di persone - Nozione e disciplina, cit., 194 e 220 ss.; analoga
soluzione è stata adottata anche in altri ordinamenti: v. al riguardo Guinchard, L'influence de la convention de Varsovie sur les règles de droit
interne relatives à la responsabilité du transporteur aérien, cit., ss.; Sarmiento Garcia, Influencia del sistema de Varsovia en el derecho aeronautico
latino-americano, in Dir. trasp., 1992,
473.
[10] Relativamente al trasporto di merci e di bagagli, ai sensi
dell'art. L.321-3 del Code de
l'aviation civile, come modificato da un decreto del 30 marzo 1967 (su cui v. de Juglart, Traité de Droit aérien, a
cura di du Pontavice, Dutheil de
[11] L’art. 3 del regolamento 2027 del 1997, come modificato dal
regolamento 889 del 2002, richiama come, per i casi in questione, il regime di responsabilità
previsto dalla Convenzione di Montreal del 1999. Per quanto concerne la nozione
di «bagaglio» e le distinzione che vanno fatte al suo interno, v. per tutti Rosafio, Riflessioni sulla responsabilità del vettore aereo di bagaglio nella
disciplina legale, ne Il nuovo
diritto aeronautico- In ricordo di Gabriele Silingardi, cit., 649.
[12] V. in tema Rosafio, In tema di ammissibilità di azioni risarcitore da parte del passeggero
al di fuori della Convenzione di Varsavia, in Dir. trasp., 2000, 222, 224, sub
nota 4. È stato esattamente precisato da acuta dottrina (Busti, Contratto di trasporto aereo, Milano, 2001, 37) che «l'adesione ad
un certo strumento modificativo non comporta
l'accettazione anche delle precedenti
versioni della Conv. Varsavia, senza cioè quelle modifiche che con esso si
intende specificamente apportare»; di conseguenza «...per gli USA la
partecipazione, a far tempo dal 4 marzo 1999, al Prot. n. 4 di Montreal, non
comporta, di per sé, l'accettazione del testo della Conv. Varsavia soltanto
come modificato a L'Aia, dal momento che la volontà di tale Paese colla
ratifica del Protocollo del 1975 è proprio quella di non accettare la versione
della Convenzione colle sole modifiche apportate dall'emendamento del 1955»
(ivi, sub nota 63).
[13] Come è stato posto in luce da autorevole dottrina come «in
sostanza le norme in materia di biglietto e bollettino si rivelano
essenzialmente dettate in funzione della responsabilità del vettore» (Romanelli, Il trasporto aereo di persone, cit., 184), e la stessa cosa
potrebbe dirsi delle norme relative alla documentazione del trasporto di merci;
ed «invero il nucleo essenziale della Convenzione è costituito dalla disciplina
della responsabilità del vettore» (Romanelli,
op. cit., 185).
[14] Nel testo originario della Convenzione, i limiti risarcitori erano
determinati in franchi oro-Poincaré; a seguito della decisione degli Stati
Uniti (annunziata dall'allora Presidente Nixon il 15 agosto 1971) di sospendere
la convertibilità del dollaro in oro, che pure costituiva uno dei fondamenti su
cui si era retto fino a quel momento il Fondo monetario internazionale,
istituito sulla base degli accordi di Bretton Woods del 1944 (v. in generale Treves, La crisi monetaria del 1971 ed il diritto internazionale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1972, 1366, 1368
ss.). Si pose così, come per altre convenzioni di diritto uniforme, il problema
dell'individuazione di un criterio per la conversione in moneta nazionale dei
limiti in questione; in assenza di interventi dei legislatori nazionale (come è
avvenuto in Italia con la l. 26 marzo 1983, n. 84), andava considerato il
valore di mercato dell'oro: Supreme Court of New South Wales, 15-18 agosto e 22
settembre 1988, S.S. Pharmaceutical Co.
Ltd. ed altro c. Qantas Airways Ltd., in Dir. mar., 1989, 1171. Nelle revisioni di tali convenzioni di
diritto uniforme (su cui v. Silingardi,
L'istituto del limite risarcitorio nella
disciplina uniforme del trasporto di cose aereo, su strada e per ferrovia,
in Dir. trasp., I/1989, 45, 50,
nonché, da ultimo, Id., L'istituto del limite risarcitorio:
controllo di costituzionalità ed autonomia delle parti, in Dir. trasp., 1992, 345, 392), in luogo
dei riferimenti aurei, si è fatto ricorso alla nuova unità di conto adottata
dal Sistema monetario internazionale, il diritto speciale di prelievo (sulla
quale, v. in generale Solimon, The International Montary System, 1945 -
1981, Napoli, 1984, 195 ss; Gold, Currencies, and Gold-Seventh Survey of New
Legal Developments, Washington, 1987, 1/4; Barattieri, Crescente
uso dei dsp (diritti speciali prelievo) quale unità di conto, in Bancaria, 1975, 828); a ciò si provvide,
per quanto concerne la disciplina del trasporto aereo, con i Protocolli di
Montreal del 1975. Si è peraltro fatta in dottrina questione in generale,
nell'ambito di sistemi in cui sia comunque prevista una limitazione
risarcitoria, su quale soluzione, fra limiti espressi con riferimento al valore
dell'oro, e limiti espressi in diritti speciali di prelievo, fosse comunque
preferibile per i danneggiati: du
Pontavice, À la recherche d'une
unité de compte universelle pour les Conventions de droit privé sur la
responsabilité, in Ann. dr. mar. aér,
1982, 33; Tranquilli-Leali, Vantaggi ed eventuali correttivi dei limiti
espressi in diritti speciali di prelievo, ne Il limite risarcitorio nell'ordinamento dei trasporti, atti del
convegno di Modena, 2-3 aprile 1993, Giuffré, Milano, 1994, 321. Per il
problema della conversione in valuta nazionale dei limiti riferiti all'oro
previsti nelle convenzioni di diritto uniforme, dopo la crisi monetaria del
1971, v. Treves, Sulla conversione in moneta nazionale dei
limiti di responsabilità in franchi oro della Convenzione di Varsavia, nota
a Trib. Milano, 25 ottobre
[15] Problemi interpretativi sono sorti con riferimento
all’individuazione dell’ambito cronologico di applicazione del regime della
responsabilità del vettore di persone, che l’art. 17 della Convenzione di Varsavia,
riferisce ai danni che si siano prodotti a bordo dell’aeromobile, ovvero dal
momento dell’inizio delle operazioni di imbarco (tendenzialmente fatto
coincidere con l’accettazione del passeggero) al termine delle operazioni di
sbarco. È da segnalare, peraltro, come una recente giurisprudenza, per
sottrarre il gestore dei servizi aeroportuali (nella specie si trattava del
trasferimento, tramite interpista, dall’aerostazione all’aeromobile dei
passeggeri) dal regime di responsabilità vettoriale (ed escludere che potesse
così avvalersi del termine biennale di decadenza di cui all’art. 29 della
Convenzione di Varsavia) abbia posto una seria (ed ingiustificata) riserva
sull’ambito di estensione temporale della responsabilità del vettore: Cass., 25
settembre 2001, n.
[16] Ovvero «la responsabilità del vettore è considerata e regolata
dalla Convenzione come una forma di responsabilità soggettiva e contrattuale,
fondata sulla colpa» (Romanelli, Il trasporto aereo di persone, cit.
185). La formula circa la prova liberatoria per il vettore dettata dalla
Convenzione di Varsavia sembra in qualche misura riecheggiata da quella di
carattere generale dell'art. 5 della Convenzione di Amburgo del 1978 (cui si
affiancano le due ipotesi specifiche dei danni da incendio e dei danni
conseguenti ad attività di soccorso): per un confronto, v. Bonassies, La responsabilité du transporteur maritime dans les Règles de
[17] Cfr. Relazione al Re
Imperatore sul libro «Delle obbligazioni», n. 176. Per considerazioni circa
la formulazione adottata dall'art. 1681 c. civ., in relazione alla formulazione
adottata dall'art. 942 c. nav., v. Iannuzzi,
Del trasporto, Bologna-Roma,
1970, 100 ss.
[18] È da osservare, peraltro, che quest'ultima previsione, come quella
dell'art. 20 della Convenzione di Varsavia, e contrariamente a quella dettata
in tema di trasporto aereo, non contiene un richiamo espresso alla diligenza
vettoriale (come nell'art. 942 c. nav.). Ciò ha portato a discutere circa
quello che sarebbe (in assenza di un siffatto richiamo alla diligenza richiesta
nell'adozione delle misure per evitare il danno) il maggior rigore della
responsabilità ex art. 1681 c. civ., rispetto alla responsabilità per
inadempimento: cfr. Cottino, L'impossibilità sopravvenuta della
prestazione e la responsabilità del debitore, Milano, 1955, 332; Caturani - Sensale, Il trasporto, Napoli, 1960, 44 ss.; si
tratterebbe di «formula ... meno rigorosa di quella del receptum prevista nel trasporto di cose ... ma ... sensibilmente
più rigorosa di quella dell'art. 1218; ... il vettore, per essere liberato,
deve provare di aver adottato tutte le misure atte in concreto ad evitare il
danno, cioè, non soltanto le misure idonee in relazione alle norme
regolamentari di sicurezza del tipo di servizio prestato, ma anche le misure
idonee, in relazione alle circostanze specifiche di ogni singolo caso» (Paolucci, Il trasporto di persone, Torino,
1999, 158). V. comunque, nel senso che la norma in questione dovrebbe essere
letta in relazione al principio generale della «portata del dovere di diligenza
del debitore», di cui all'art. 1176 c. civ., e che «il riferimento alla totalità delle misure idonee ad evitare il danno» non possa essere
inteso «... indipendentemente dalla considerazione dei limiti della diligenza
che, secondo la valutazione sociale corrente, può essere richiesta ad
un'impresa di trasporto» (Iannuzzi, Del trasporto, cit., 97 e 95; in termini
analoghi v. da ultimo Riguzzi, Il contratto di trasporto stradale, Torino,
2000, 72). V. in generale, secondo analoga impostazione: Mengoni, Responsabilità contrattuale (diritto vigente), in Enc. dir. XXXIX, Milano, 1988, 1072,
1098; Natoli, L'attuazione del rapporto obbligatorio, II,
Il comportamento del debitore, Milano,
1984, 98. Contra, ritenendo che per
soddisfare l'onere probatorio in questione, non sia sufficiente per il vettore
la prova della «adozione di quelle misure che, in quanto padre di famiglia, dedito
ad una particolare attività e date le circostanze, da lui si potessero
pretendere»; viceversa, sarebbe necessaria comunque la prova della « adozione
di tutte le precauzioni in sé e per sé idonee e necessarie, in relazione
ovviamente colla natura e pericolosità dell'attività, ad evitare il danno»: Cottino, L'impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del
debitore, cit., 333. Con riferimento al trasporto di cose, nel senso della
perfetta coincidenza fra previsione dell'art. 951 c. nav. e previsione
dell'art. 1218 c. civ., v. Giorgianni, L'inadempimento, Milano, 1975, 256 (ma
lo stesso A. precisa altresì che la prova liberatoria dell'adozione di tutte le
misure idonee ad evitare il danno, di cui all'art. 1681 c. civ., peraltro, riferita
al solo trasporto di bagagli, costituirebbe «una prova più rigorosa rispetto
all'articolo 1218»). Nel senso che nell'art. 942 c. nav. sarebbe riscontrabile
un «alleggerimento dell'onere probatorio che tien conto dei maggiori rischi
della navigazione aerea», v. Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, III,
Milano, 1964, 365.
[19] Cfr. A. Giannini, Il contratto di trasporto internazionale
secondo
[20] Fra i rari casi in cui si è fatta applicazione della previsione in
questione, può ricordarsi New York Supreme Court, American Smelting and Refining Co. v. Philippine Airlines, in US Av. Rev., 1954, 221, che escluse la
responsabilità del vettore per essersi il danno verificato a seguito della
caduta dell'aeromobile, cagionata da una «combination
of factors, including negligent piloting, faulty and erronueus instructions
from the ... Airport Control Tower, possible ... of the
pilot to obey instructions from the control tower and/or to follow defendant's
established landing procedures, poor weather conditions and a dangerous landing
field and surronding terrain». La decisione venne poi confermata da American Smelting & Refining
Co. v. Philippine Air Lines, Inc. [Court of Appeals of
[21] Nell'ambito dei quali, secondo la prevalente giurisprudenza,
rientra anche il nostro: per un applicazione relativa al trasporto aereo di
merci, v. Cass., 19 gennaio 1996, n.
[22] In tema, v. Romanelli, I contratti di utilizzazione della nave e
dell’aeromobile, ne Il cinquantenario
del codice della navigazione, a cura di Tullio e Deiana, Cagliari, 1993,
221, 233; Spasiano, Concorso fra azione contrattuale ed
extracontrattuale (relazione al Convegno sull'Associazione Italiana di
Diritto Marittimo sull'entrata in vigore per l'Italia dei Protocolli del 1968 e
del 1979 alla Convenzione di Bruxelles 25 agosto 1924, cit.), in Dir. mar., 1986, 598, 604.
[23] Ne deriva
l'applicabilità, ai trasporti internazionali assoggettati alla legge italiana,
dell'art. 942, c. nav.: v. Romanelli, Il trasporto aereo di persone, cit.,
230, nota 44; Rovelli, Il trasporto di persone, Torino, s.d.
(ma 1970), 182.
[24] Ovvero dalla deliberata promessa da parte del vettore di
effettuare la propria prestazione in un momento determinato ad un numero di utenti
maggiore di quello che i suoi mezzi gli consentono di soddisfare, secondo una
prassi che i vettori stessi vorrebbero giustificare come rimedio alla tendenza
dei passeggeri a non acquistare i biglietti, pur dopo aver effettuato la
prenotazione per un certo volo. Per quanto concerne il nostro ordinamento, una
specifica disciplina è data dal Regolamento (CEE) n. 295/91 del Consiglio del 4
febbraio 1991. Sul punto, si rinvia a Comenale
Pinto, Considerazioni in tema di
sovraprenotazione nei servizi di trasporto aereo, in Studi in memoria di Maria Luisa Corbino, Milano, 1999,
[25] V. fra gli altri: Ballarino
- Busti, Diritto aeronautico e
spaziale, Milano, 1988, 607; de
Juglart, Traité de Droit aérien,
I, Paris, 1989, 1160; Diederiks-Versschoor,
An Introduction to Air Law, Deventer,
1983, 48; Mateesco Matte, Treatise on Air-Aeronautical Law, cit.,
421; Romanelli, Il trasporto aereo di persone, cit.,
230; Id., Uniform Rules of Air Carriage (relazione all'International Conference on Current Issues in Maritime Transportation, Genova,
22 giugno 1992), in Dir. mar., 1992, 1036; Rovelli, Il trasporto di persone, cit., 38; Tosi, Responsabilité
aérienne, Paris, 1978, 54; Wilkinson,
Recovery of punitive damages under
Warsaw Convention. A hotly contested issue in the
[26] de Juglart, Traité de droit aérien, II, cit., 302 ss.; Lureau, La responsabilité du transporteur aérien -
Lois nationales et Convention de Varsovie, Paris, 1961, 102; Romanelli, Il trasporto aereo di persone, cit., 230; Tosi, Responsabilité
aérienne Paris, 1978, 54.
[27] È stato così escluso che, ove risulti inutilmente decorso il
termine di due anni dalla data dell’arrivo a destinazione, o dalla data in cui
l’aeromobile avrebbe dovuto arrivare a destinazione, ovvero dalla data in cui è
terminato il trasporto, il passeggero potesse comunque esperire un’azione sulla
base del diritto interno, per i danni subito durante il trasporto (lesioni
subite a seguito della caduta di un elicottero in un volo internazionale): Gal
v. Northern Mountain Helicopters Inc. [British Columbia Court of Appeals, 13
agosto 1999], 1999 B.C.D. Civ. LEXIS 2261. Diversa questione è quella della risarcibilità dei danni non
contemplati dalla Convenzione di Varsavia, o derivanti da cause diverse da
quelle previste dalla stessa Convenzione, oggetto della recente decisione della
Corte Suprema degli Stati Uniti El Al Israel Airlines, Ltd. v. Tsui Yuan Tseng [U.S. Supreme Court, 12
gennaio 1999], 525 U.S. 155 (anche in
Dir. trasp., 2000, 205) che è
pervenuta ad una soluzione eccessivamente restrittiva, per le ragioni che si esporranno,
allorché si affronterà il tema del danno risarcibile. V. comunque i rilievi di Rosafio, In tema di ammissibilità di azioni risarcitore, cit.
[28] Per un'applicazione in materia, v. App. Roma, 17 dicembre
[29] Giannini, Protocollo dell'Aja 1955 per la revisione
della convenzione di Varsavia 1929 sul trasporto aereo, in Riv. dir. nav., 1955, 1, 1798. Sui
lavori preparatori che hanno portato alla redazione del testo approvato in sede
di conferenza diplomatica, v. Dagna,
La revisione della Convenzione di
Varsavia alla IX sessione del comitato giuridico dell'I.C.A.O. (Rio de Janeiro,
agosto - settembre 1953), in Riv.
dir. nav., 1954, I, 41
[30] Tale dottrina aveva trovato espressione anche nell'accordo di
Montreal del 13 maggio 1966 fra il CAB e le compagnie che operavano servizi di
trasporto aereo che interessavano gli USA (e sul quale si avrà modo di tornare
nel prosieguo): in esso era contemplata infatti la previsione di un avviso sul
biglietto relativo alla limitazione risarcitoria applicabile per il trasporto
di persone, e di una nota sui limiti applicabili per il trasporto di bagaglio,
di cui stabiliva le caratteristiche tipografiche (« ... the notice ... shall be printed in type at least as large as 10
point modern type and in ink contrasting with the stock ... »).
[31] Occorre evidenziare che il menzionato accordo di Montreal del 13
maggio 1966, che, come si è visto, pur prevedeva l'obbligo di avviso e ne
stabiliva i requisiti tipografici, non contemplava alcuna previsione di
decadenza dal beneficio del limite, nel caso di inottemperanza del vettore su
tale specifico aspetto.
[32] Si tratta del noto caso Lisi
v. Alitalia, [U.S. Court of Appeals, 2nd Cir., 16 dicembre 1966]
[33] V. ad esempio Supreme Court of Canada, 20 dicembre 1976, Montreal Trustt Co. and R.J. & A. H.
Stampleman (con una decisione presa a maggioranza di quattro voti contro
tre, in cui doveva farsi applicazione della Convenzione di Varsavia, come
emendata dal Protocollo dell'Aja), in Lloyd's
Rep. 2/1977, 80; una sintesi ed un commento di Magdalénat è in A.A.S.L., 1977, 469. Tuttavia, pur con riferimento al medesimo
incidente, Supreme Court of Canada, 20 marzo 1979, Ludecke v. Canadian Pacific Airlines, in Lloyd's Rep. 2/1979, 260, sul presupposto che dovesse farsi
applicazione della Convenzione nel testo originario (trattandosi di viaggio
cominciato a Londra, con biglietto emesso da una compagnia inglese, ed in cui
la compagnia canadese convenuta era il vettore successivo, che aveva operato la
tratta finale in cui l'incidente si era verificato) e ritenendosi comunque che
in ogni caso fossero stati rispettati i requisiti di contenuto del biglietto
richiesti dalla normativa applicabile, e comunque tali contenuti fossero stati
stampati in un carattere agevolmente leggibile da una persona media.
[34]Ci si riferisce, qui, alla pronunzia della
Corte Suprema degli Stati Uniti sul caso Chan
v. KAL [U.S. Supreme Court, 8 aprile 1989], 490 U.S. 122; 109 S.
Ct. 1676;
[35] V. al riguardo Silingardi, L'istituto del limite risarcitorio:
controllo di costituzionalità ed autonomia delle parti, cit., 399 ss.). Si
tratta di un orientamento espresso, per il trasporto marittimo di merci, da C.
cost., 19 novembre 1987, n.
[36] Può incidentalmente ricordarsi che in un recente caso giurisprudenziale
italiano non sembra essere stata colta la differenza fra la formulazione
dell'Aja e quella originaria di Varsavia: Trib. Busto Arsizio, 10 gennaio
[37] Cheng, Wilful misconduct: from Warsaw to Hague and
from Brussels to Paris, in A.A.S.L.,
55, 66; du Pontavice, L'interpretation des Conventions
internationales portant loi uniforme dans les rapports internationaux (A propos
de
[38] Sembra comunque prevalere l'interpretazione oggettiva o in abstracto.
Si tratta di posizione sviluppata in particolare dalla Cassazione francese:
Cass. fr., 5 dicembre
[39] Romanelli, Uniform Rules of Air Carriage (relazione
all'International Conference on Current
Issues in Maritime Transportation, Genova, 22 giugno 1992), in Dir. mar., 1992, 1036, 1038; Id.,
Principi comuni nelle convenzioni
internazionali in materia di trasporto, relazione al Convegno di Genova (22
- 23 gennaio 1999) per il centenario della rivista «Il diritto marittimo», in Dir. mar., 1999, 197, 208; Righetti, Trasporto e deposito, in Dir.
mar., 1991, 66, 81.
[40] In assenza delle quali, dipendenti e preposti del vettore marittimo
di merci non potevano avvalersi di eccezioni e limitazioni di cui poteva
avvalersi il vettore: disposizione con fini analoghi a quelli dell'art.
[41] Sulla portata di tale previsione, v. da ultimo Rosafio, Brevi riflessioni
sull’applicabilità dell’art. 29 della Convenzione di Varsavia ai preposti del
vettore aereo e sulla nozione di «preposto», cit.
[42] Peraltro, nel caso Reed v. Wiser [U.S. Court of Appeals, 2nd Cir., 26 aprile 1977]
[43] Nonostante le proposte in tal senso formulate durante i lavori di
redazione della Convenzione: Zunarelli, La nozione di vettore, Milano,
1987, 142; Magdelènat, Le fret
aérien - Réglementation - Responsabilités, Toronto - Parigi, 1979, 39. V. anche Golstein
- Outers, Le Projet de Convention
pour l'unification de certaines règles relatives au transport aérien
international effectué par une personne autre que le transporteur contractuel, in
Rev. fr. dr. aér., 1961, 15.
[44] V. da ultimo Mastrandrea, L’obbligo di protezione nel trasporto aereo
di passeggeri, cit., 144.
[45] Sulla base dell'art. 1678 c. civ., v. in tal senso Cass., 11
ottobre 1990 n.
[46] V. da ultimo, al riguardo, Mastrandrea,
L’obbligo di protezione nel
trasporto aereo di passeggeri, cit., 53 s. (che, rispetto alla tesi
prevalente, risalente ad Asquini, La
responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, in Riv. dir.
comm., 1919, II, 357, contesta la qualificazione come accessoria
dell’obbligazione dell’«obbligazione di
vigilare sull’incolumità del passeggero», ritenuta, invece «un elemento che
caratterizza intimamente il trasporto di persone, assumendo i connotati di
un’obbligazione fondamentale, connessa all’esecuzione dell’obbligazione
principale, ma ad un tempo autonoma e principale anch’essa»).
[47] Per una stigmatizzazione delle due diverse
concezioni, v. Le Goff,
[48] Cfr. Miller,
Liability in International Air
Transport, cit., 257.
[49] In tale ottica, v. Wilkinson, Recovery of punitive damages under
[50] È peraltro da avvertire che la medesima affermazione circa i presupposti
del regime adottato non sarebbe esatta rispetto ad altri testi di diritto
uniforme. Così, ad esempio, in materia di trasporto marittimo di merci,
[51] Ed in effetti, già in tale ottica v., nella giurisprudenza
statunitense, Block v. Compagnie
Nationale Air France [U.S District Court, Northern District of Georgia,
Atlanta Division, 6 maggio 1964], 8 Avi
18,335, confermato in appello da Block v. Compagnie Nationale Air
France [U.S. Court of Appeals, 5th Cir.,
8 novembre 1967] 10 Avi. 17,518. Ma nel caso Mertens v.
Flying Tiger Line [U.S. District Court, Southern District of New York, 3
giugno 1963], 9 Avi. 17,187,
confermato da Mertens v. Flying Tiger
Line [U.S. Court of Appeals, 2nd Cir., 16 febbraio 1965], cit., venne
viceversa dato rilievo al fatto che il vettore di fatto, in un trasporto
charter a disposizione del Governo statunitense, fosse proprietario ed esercente
dell'aeromobile impiegato. E, più recentemente, si è affermato che il vettore
che emetta il biglietto opera come agent del
vettore che opera effettivamente il volo: Kaspar
v. Kuwait Airlines
[52] Da ultimo, in tema v.
Girardi, Vettore contrattuale e vettore di fatto: chi risponde dei danni nel
trasporto aereo?, cit., 537 ss.
[53] Cfr. Bonassies, La responsabilité du transporteur maritime
dans les Règles de
[54] Riferendosi in particolare alla disciplina dettata dalle Regole di
Amburgo (ma il rilievo è estensibile anche alle altre previsioni in materia di
vettore di fatto), Romanelli, Principi comuni nelle convenzioni
internazionali in materia di trasporto, cit.,
[55] In generale sulla Convenzione di Atene, v. Dani, La convenzione di
Atene 1974, sul trasporto marittimo di passeggeri e bagaglio, in Trasp., 8/1976, 101; Markianos, Commento alla Convenzione di Atene del 13 dicembre
[56] Singolare fu la vicenda del mancato recepimento delle Regole di
Amburgo: l’adesione era stata autorizzata con l. 25 gennaio 1983, n. 80, ma
l’Italia era l’unico dei Paesi industrializzati che aveva dato impulso
all’adesione; in seguito, non soltanto non è stato (almeno fino a questo
momento) depositato lo strumento di ratifica, ma anzi è stata autorizzata e
formalizzata la ratifica dei Protocolli di Bruxelles del 23 febbraio 1968 e del
21 dicembre 1979 alla Convenzione internazionale di Bruxelles del 1924 sulla
polizza di carico, evidenziando così l’intenzione dell’Italia di mantenersi nel
sistema di tale ultima Convenzione, congelando viceversa l’adesione a quella di
Amburgo del 1978.
[57] Tuttavia, nel trasporto di merci, in cui il vettore contrattuale
abbia affidato ad altri l'esecuzione del trasporto, il destinatario può agire
nei confronti del subvettore, ai sensi dell'art. 1689 c. civ., dopo aver
chiesto la riconsegna: Cass., 26 aprile 1995, n.
[58] Cfr. Mankiewicz, From Warsaw to Montreal with certain
intermediate stops; marginal notes on Warsaw system, cit., 252, che,
tuttavia riferisce tale conclusione ai
soli ordinamenti di civil law, con
soluzione che, in sostanza, distinguendo l'ambito dei préposés a seconda della lex
fori, induce a perplessità, tenuto conto del rilievo che tale nozione ha
sulla definizione dei meccanismi di imputazione della responsabilità, che
costituiscono un aspetto centrale del regime di diritto uniforme esaminato. Ma, a perplessità indice anche la tesi
(che vorrebbe definire l'ambito di applicazione della Convenzione di Varsavia
sulla base di una disciplina successiva) espressa da Busti, Contratto, cit.,
523, che esclude l'identificabilità del vettore di fatto come préposé del vettore contrattuale, in
quanto la «circostanza che si sia ravvisata la necessità di una Convenzione
complementare ... per disciplinare la responsabilità del vettore aereo —
diverso da quello contraente con passeggero o mittente — impegnato
materialmente nell'esecuzione del trasporto convenuto con altri soggetti, vuol
dire che la figura di performing carrier o
actual carrier è “nuova”, e non
identificabile con quella generale di preposto ... di cui alla precedente
normativa».
[59] «"transporteur contractuel" signifie une personne partie à un
contrat de transport régi par
[60] Soggetti la cui responsabilità non è disciplinata dalla
Convenzione di Varsavia del 1929: Busti,
Contratto di trasporto aereo, Milano,
2001, 515 ss.; Godfroid, La notion de préposé dans
[61]Bentivoglio, La crisi del sistema di Varsavia e il problema della
responsabilità del vettore aereo, in Annali dell'Istituto di diritto aeronautico,
1969,1, ivi 15.
[62] L'iniziativa statunitense diede luogo ad un dibattito sulle sue
ragioni e sulle sue conseguenze: v. al riguarda Kreindler, The
denunciation of the Warsaw Convention, in J.A.L.C., 7, 1965, 291 (ivi, in appendice, 303, il testo della
denunzia trasmessa al Governo polacco). La denunzia in questione venne decisa
dall'Esecutivo, senza che il Senato od il Congresso si fossero precedentemente
pronunziati sul punto (ma faceva seguito all'opposizione in Senato alla
ratifica del Protocollo dell'Aja: v. Kreindler,
The denunciation, 298); sulla
questione specifica, v. Riggs, Termination of Treaties by the Executive
without Congressional Approval. the Case of the Warsaw Convention, in J.A.L.C., 1966, 526. Per una
ricostruzione a posteriori della
vicenda e delle sue conseguenze, v. Bentivoglio
- Varlaro Sinisi, Modifiche al
regime giuridico del trasporto aereo internazionale di passeggeri, in Dir. internaz., 1967, 62; Jacchia, Vicende della disciplina giuridica del trasporto aereo internazionale
di passeggeri in rapporto alla revisione della Convenzione di Varsavia del 12
ottobre
[63] V. in proposito Varlaro
Sinisi, Considerazioni sulla
legittimità dell'accordo di Montreal del 4 maggio
[64] L'accordo in questione non era un trattato
internazionale, ma soltanto «a private agreement on a particular interpretation
of the Warsaw Convention»: Milde, ICAO Work on the modernizatian of the
[65] Cfr. Jacchia, Brevi note sul Protocollo di Guatemala
dell'8 marzo 1971 e nuova disciplina giuridica del trasporto internazionali di
passeggeri per aeromobile, in Annali
dell'Istituto di diritto aeronautico, 1970-71, 214; Mankiewicz, The 1971
Protocol of Guatemala City to further amend the 1929 Warsaw Convention, in Journ. Air Law Comm., 1972, 512; Mapelli Lopez, El contrate de trasporte aereo international segun el Convenio de
Varsovia de 1929 y su Protocolo de Guatemala de
[66] In Giur. it., 1986, I,
1, 340, nonché in Dir.mar., 1985,
751, con nota di Fogliani, La limitazione della responsabilità del
vettore aereo internazionale di persone nel giudizio della Corte costituzionale
e in Foro it., 1985, I, 1586, con
nota di Pardolesi.
[67] Per superare i problemi che avevano determinato la pronunzia di
illegittimità costituzionale, nel reintrodurre i limiti, si rendeva necessario,
da un lato far sì che essi potessero rispondere ai requisiti di «adeguatezza»
indicati da C. cost., 6 maggio 1985, n. 132, cit., e, dall'altro, di prevedere
gli strumenti per garantirne la certezza (sul punto, v. Silingardi, Limite di
risarcimento nei trasporti aerei internazionali di persone (l. 7 luglio 1988,
n. 274), in Nuove leggi civ. comm.,
1989, 772, 775). Sulla l. 7 luglio 1988, n. 274, v. anche Romanelli, Problémes de légitimité constitutionelle dans la législation italienne
sur les limites des dommages-intérets dans le systéme de Varsovie, in Liber Amicorum Honouring Nicolas Mateesco
Matte, a cura Rinaldi Baccelli, Parigi, 1989, 269, 275-277; Guerreri, Law no. 274 of 7 July 1988: a Remarkable Piece of Italian Patchwork,
in Air Law 1989, 176, nonché le
considerazioni di Ballarino - Busti,
La responsabilità del vettore aereo
internazionale dal punto di vista italiano, in Dir. Trasp., I/1989, 7.
[68] Ricorrendo a tal scopo allo strumento dell'accordo speciale per
l'elevazione del limite di cui all'art. 22, § 1, della Convenzione di Varsavia:
cfr. Silingardi, Limite di risarcimento nei trasporti aerei
internazionali di persone, cit., 775.
[69] Cfr. Mankiewicz,
From
[70] In particolare, le compagnie aeree giapponesi hanno
volontariamente adottato uno schema di responsabilità per i danni alle persone,
con un plafond rispetto al quale rinunziavano ad avvalersi delle possibili
clausole di esonero, rinunziando peraltro ad avvalersi dei limiti risarcitori
per i danni che eccedessero tale importo (rispetto ai quali, tuttavia,
avrebbero continuato a rispondere secondo l'ordinario regime di responsabilità
fondato sulla colpa): su tale regime, v. Asselta-Kreindler,
The Japanese Initiative: Absolute
Unlimited Liability in International Air Travel, in J.A.L.C., 60/1995, 819; Baden,
The Japanese Initiative On the Warsaw
Convention, in J.A.L.C., 61/1996,
437; Mercer, The Montreal Protocols and the Japanese Initiative: Can the Warsaw
System Survive?, in A.A.S.L., 1994,
[71] International Air Transport Association. Su tale organizzazione,
v. in generale Brancker, IATA
and What It Does, Leyden,
1977; Clarke, IATA: the First 50 Years - What's Past Is
Prologue, in A.A.S.L., 1995, I,
29; sui più recenti sviluppi nella sua attività, v. Haanappel, Développements
Récents à l'Association du Transport Aérien International (IATA), in A.A.S.L., II/1996, 396. Sui rapporti fra
I.A.T.A. ed I.C.A.O., v. Clark, IATA and ICAO: the First Fifty Years, in
A.A.S.L., 1994, II, 125. Nella
dottrina italiana, sia pure non recente, v. Martini,
Il servizio di trasporto aereo di
linea, Milano, 1976, 75 ss.; per contributi dedicati al tema specifico
dell'elaborazione delle condizioni di trasporto, v. Vago, Le condizioni
IATA, in Mon. Trib., 1966, 787; Desiderio - Comenale Pinto, Condizioni generali di contratto e
condizioni di trasporto, in Arch.
giur., 1988, 51.
[72] Cfr. Böckstiegel,
A Historic Turn in International
Air Law: the New IATA Intercarrier Agreement on Passengers Liability Waives
Liability Limits, in Z.L.W., 1996,
18; Hedrick, The New Intercarrier Agreement on Passenger Liability: Is It a Wrong
Step in the Right Direction? in A.A.S.L.,
1996, II, 135; Martin, The 1995 IATA Intercarrier Agreement: Proposed Special Contract
Amendments to the Warsaw Convention - Will They Work?, in Air Law, 1996, 17; Saba.,
The IATA Intercarrier Agreement: a Constructive Step Toward an Improved
Liability Regime from a Policy Perspective, in A.A.S.L., 1997, 289; Sekiguchi,
Why Japan was Compelled to opt for
Unlimited Liability,
[73]Conférence européenne de l'Aviation civile. Tale organizzazione intergovernativa, fondata nel 1955, è nota
anche con la sigla inglese E.C.A.C. (European Conference on Civil Aviation).
[74]Raccomandazione 16/1 adottata dalla XVI Sessione plenaria del 24/26
giugno 1994 (consultabile in Dir. trasp.,
1995, 709), su cui v. amplius Bertucci, A European perspective on carrier liability, in Dir. trasp., 1995, 57; Mastrandrea – Quaranta, Il problema dell’adeguatezza del limite
risarcitorio, cit., 711; Weber –
Jakob, Reforming the Warsaw Sistem,
in Air Law, 1996, 176.
[75] Su cui, v. Busti, Nuovi documenti del contratto di trasporto
di cose, Padova, 1983, 139; C'è
qualcosa di nuovo oggi nell'aria, anzi d'antico: l'entrata in vigore del
Protocollo n. 4 di Montreal
[76] Al riguardo, aveva osservato Silingardi,
L'istituto del limite risarcitorio
nella disciplina uniforme, cit., 58, sub
nota 22: «È peraltro curioso rilevare come il principio dell'invalicabilità del
limite risarcitorio introdotto nel trasporto passeggeri dal Protocollo di
Guatemala sia stato soppresso ... dal Protocollo di Montreal n. 4 che pure lo
aveva esteso al trasporto di cose».
[77] Sul punto, v. da ultimo D'Amico,
La responsabilità ex recepto e la
distinzione tra obbligazioni «di mezzi» e «di risultato» - Contributo alla
teoria della responsabilità contrattuale, Napoli, 1999, 18.
[78] Sul punto, si rinvia agli autori menzionati più sopra, cui adde
Gortom, The Concept of Common Carrier in Anglo-American Law, Göteborg,
1971; Persico, I trasporti marittimi nel diritto inglese, Torino,
1918, 35 ss.
[79] Sul dibattito sul punto, v. in generale Baby, Le projet de modernisation de
[80] Sui problemi che tale ambito di applicazione può determinare, in
particolare rispetto ai c.d. blocchi di
spazio, v. Silingardi, Reg. CE 2027/97 e nuovo regime di responsabilità
del vettore aereo di persone, cit., 632
[81] Secondo Tullio, Spunti
sulla responsabilità del vettore aereo di persone, ne Il nuovo diritto
aeronautico – In ricordo di Gabriele Silingardi, cit., 599, 600, non
sarebbe condivisibile la configurazione come «duplice» del regime di
responsabilità vettoriale nel regolamento 20027 del 1997: «Quando unico è il
fatto dannoso e unico il soggetto cui si riferisce il meccanismo di
imputazione, unica è anche la responsabilità che ne deriva». E l’illustre Autore
aggiunge al riguardo che «.. sembra .. più corretto continuare a considerare
unitariamente la responsabilità in esame e a valutarla come responsabilità
fondamentalmente soggettiva (e illimitata), a cui si aggiunge l’imposizione sul
vettore in ogni caso di un’indennità a favore del passeggro fino al limite
fissato dal regolamento». Si tratta certamente di una prospettiva stimolante;
tuttavia essa sembra non del tutto coerente con la sua stessa premessa, perché,
se la si è ben intesa, finisce per escludere la natura risarcitoria
dell’indennizzo corrisposto al passeggero «in ogni caso» e, conseguentemente,
sembrerebbe escludere la responsabilità vettoriale (che pur intende considerare
unitariamente) per i danni che siano indennizzabili nell’ambito dell’importo
corrispondente a 100.000 diritti speciali di prelievo.
[82] L'ipotesi della colpa del danneggiato era già prevista dall'art.
21 della Convenzione di Varsavia, come possibile causa di esonero o di
riduzione del risarcimento dovuto dal vettore. Rispetto all'imputazione della
responsabilità del vettore aereo di persone nel codice della navigazione, è da
ritenersi comunque operante l'esimente di cui all'art. 1227 c. civ.: v. in tal
senso Rovelli, Il trasporto di persone, cit., 212. Per
analoga conclusione rispetto alla disciplina di cui all'art. 1681 c. civ., v. Riguzzi, Il contratto di trasporto stradale, cit., 73: Rovelli, Il trasporto di persone, cit., 27 ss.
[83] Il regime di responsabilità introdotto dal regolamento 2027/97 ha
così per la prima volta infranto la linea di tendenza «a collegare
responsabilità oggettiva e limiti del risarcimento», sul presupposto che
compagnie aeree non fossero «disposte ad accettare un sistema di responsabilità
oggettiva che al tempo stesso non conceda al responsabile il beneficio di un
tetto massimo del risarcimento, che cioè non gli consenta di contabilizzare in
termini di costi gli obblighi di risarcimento di cui può essere gravato
nell'esercizio dell'impresa» (v. in tal senso C.
M. Bianca, La responsabilità
aeronautica: convergenze e divergenze rispetto ai principi civilistici, in Dir. trasp., 1992, 1, 2-3).
[84] Romanelli, Il regime di responsabilità del vettore
aereo per infortunio al passeggero, cit., 768.
[85] Q.B. Division, 21 aprile 1999, R
v. Secretary of State for the Environment and the Regions Ex Parte
International Air Transportation Association, in Dir. trasp., 2001, 189, con nota di Maffeo - Papale, Quale
responsabilità per i vettori aerei?, ivi,
194
[86] Cfr. Kilbride, Six decades of insuring liability under
Warsaw, in Air Law, 1989, 183,
ivi 185; la situazione è efficacemente riassunta nel rilievo che, ormai, «
[87] V. sul punto: Tofani,
Il regolamento CE 2027 del '97, cit.,
935.
[88] Cfr. Romanelli, Diritto
uniforme dei trasporti e Convenzione di Montreal, ne Il nuovo diritto
aeronautico – In ricordo di Gabriele Silingardi, cit., 581.
[89] Un qualche disappunto (peraltro non motivato) è espresso in Caplan, Novelty in The Convention, cit.,
197.
[90] Sui problemi del plurilinguismo dei trattati, v. in generale Bariatti, L'interpretazione delle convenzioni internazionali di diritto uniforme,
cit., 257 ss. (per la puntualizzazione che, in taluni casi, il
plurilinguismo possa «portare un contributo notevole alla soluzione dei dubbi
dell'interprete», ivi, 258). Si tratta di questione che ha già avuto modo di
essere esaminata rispetto ad altre convenzioni di diritto uniforme dei
trasporti: è nota, in particolare, la problematica della definizione della
condotta idonea a determinare la decadenza del vettore dal beneficio della
limitazione, espressa con formule non equivalenti nei testi in lingua inglese
ed in lingua francese. Con riferimento alla responsabilità del vettore aereo
internazionale, a seguito degli emendamenti della Convenzione di Varsavia
introdotti dal Protocollo dell'Aja del 1955, v. Busti, Recenti
orientamenti in tema di interpretazione giurisprudenziale dell'art. XIII del
Protocollo dell'Aja, in Trasp. 8/1976,
113; Riguzzi, In tema di condotta temeraria e consapevole
prevista dall'art. XIII del Protocollo dell'Aja del
[91] Soluzioni che non hanno avuto interpretazione univoca in settanta
anni di applicazione. A titolo di esempio, può menzionarsi la questione della
portata dell'espressione «préposé», cui
fanno riferimento gli artt. 16, 20, 25 e 25A, o di quella di « lésion corporelle», di cui all'art.
17. Su quest'ultima si avrà modo di
tornare nel prosieguo; rispetto alla prima, si è discusso intorno ai suoi
confini, ed in particolare se essa comprenda o meno i c.d. contraenti indipendenti. Non sembrano, in particolare,
condivisibili quelle tesi che vorrebbero dare diversa soluzione alla questione,
a seconda del contesto nazionale in cui essa si presenti. In tal senso
sembrerebbe orientato Mankiewicz,
The liability regime of the international
air carrier - A Commentary on the present Warsaw System, cit., 45, che
rileva che, secondo giurisprudenza e dottrina dei Paesi di civil law, «“préposé” may be
an employee of the carrier or an independent carrier. Under common law, only the former is a servant or agent of the carrier;
an independent carrier performing the carriage for the contracting carrier is
an independent contractor to whom the rules of agency do not apply»; per
l’esclusione della responsabilità del principal
in relazione ai torts dell’índipendent contractor negli ordinamenti
di common law, v. anche Goldhirsch, The Warsaw Convention Annotated: A Legal Handbook, The Hague - London
- Boston, 2000, 71(e, nella letteratura italiana recente, Mastrandrea, L’obbligo di protezione nel trasporto aereo di passeggeri, cit.,
145).
[92] Dovrà, in definitiva, tenersi conto, in conformità dei criteri
dettati dalla Convenzione di Vienna del 1969, del contesto in cui la specifica
soluzione è stata adottata e della ratio e
degli obiettivi del sistema normativo in cui viene ad inserirsi (cfr. Ivaldi, Wilful misconduct e colpa grave, cit., 330).
[93] Secondo la linea indicata da C. giust. CE 24 giugno
[94] La nuova Convenzione, all'art. 18, § 4, con disposizione che non
trova corrispondenza né nel testo originario della Convenzione di Varsavia, né
in quello emendato dai suoi Protocolli, precisa, per quanto concerne il
trasporto di merci, che resta assoggettata alla sua disciplina la
responsabilità per i danni che si siano verificati in una tratta che, pur
contrattualmente prevista come aerea, sia stata eseguita, senza il consenso del
mittente, con altra modalità di trasporto.
[95] Resta fuori dall'ambito di applicazione della Convenzione di
Montreal (analogamente a quanto previsto dalla Convenzione di Varsavia) il caso
del trasporto tra due Stati di cui uno soltanto sia contraente della
Convenzione: sulla nozione di trasporto aereo «internazionale» nell'ambito
della Convenzione di Varsavia, v. Ivaldi,
Diritto uniforme dei trasporti e
diritto internazionale privato, Milano, 1990, 110 s.; nei lavori per
[96] V., con riferimento alla Convenzione di Varsavia, Giannini, Il contratto di trasporto internazionale secondo
[97] V., con riferimento alla Convenzione di Varsavia, Romanelli, Il trasporto aereo di persone, cit., 175; conf. Rovelli, Il trasporto di persone, cit., 201
[98] V., con riferimento alla Convenzione di Varsavia, Romanelli, Il trasporto aereo di persone, cit., 175; Ballarino - Busti, Diritto
aeronautico e spaziale, Milano, 1988, 618. Viceversa, si considera
internazionale, ai fini della stessa Convenzione, il trasporto in cui il
vettore abbia eliminato lo scalo all'estero originariamente previsto: cfr. Mateesco Matte, Treatise on Air-Aeronautical Law, Montreal - Toronto, 1981, 387.
[99]
[100] In base all'art. 19 della nuova Convenzione, nel trasporto tanto
di passegegri e di bagagli, che di merci, il vettore può esonerarsi provando di
aver adottato tutte le misure idonee e possibili per evitare il danno, ovvero
che era impossibile adottarle.
[101] Non sembra comunque condivisibile la tesi (formulata con
riferimento alla Convenzione di Varsavia e, parrebbe, non giustificata nemmeno
rispetto ad essa) che limiterebbe la rilevanza del ritardo ai soli casi in cui
vi sia stata esplicita assunzione degli orari nell'ambito delle obbligazioni
vettoriali (per tale, non condivisa, lettura: Mapelli
Lopez, Air Carriers Liability in
Cases of Delay, in A.A.S.L., 1976, 115 ss.; in tema di ritardo, v. in generale,
nella letteratura italiana, Busti, Il ritardo nei trasporti aerei, in Annali dell'Istituto di diritto aeronautico,
II, 1970-71, 68. Va, infine ricordato il recente (e, non convincente, per
le ragioni precisate da Masala, Ritardo: rimborso al di là del
risarcimento?, in Dir. trasp., 1999,
297, ivi 303 ss.) indirizzo, di cui è espressione Giud. pace Sassari, 4
novembre 1998, ivi 293, che consentirebbe al passeggero di pretendere, a
seguito del ritardo, il rimborso di una parte del corrispettivo per l'acquisto
del biglietto di passaggio (la decisione in questione è anche pubblicata con nota
di Caredda, Adempimento ritardato e riduzione della controprestazione, in Giur. It., 2000, 316) le decisioni si
riferiscono a trasporti nazionali che ricadono nell'ambito di applicazione del
codice della navigazione; la tesi non sembra però condivisibile nemmeno con
riferimento alla Convenzione di Varsavia, od a quella di Montreal.
[102] È ipotizzabile che il diverso regime legale adottato non
comporterà comunque alcuna compressione degli indici di litigiosità nei
confronti dei vettori (Margo, Insurance Aspects of the New International
Passenger Liability Regime, in Air
Law, 1999, 134, ivi 136) e, in relazione al regime di responsabilità
oggettiva, si è previsto che il livello del contenzioso possa persino
innalzarsi; tuttavia, almeno allo stato, non sembra prevedibile una variazione
significativa dei costi delle coperture sui mercati assicurativi in
considerazione che superamento del limite (Margo,
Insurance Aspects, cit., 138).
[103] Alla norma approvata corrispondeva, nell'art. 20 del progetto approvato dal Legal
Committeee dell'ICAO nella XXX Sessione (Draft
Convention for the Unification of Certain Rules for International Carriage by
Air), allegato D al Report of the
Third Meeting of the Secretariat Study Group on the Modernization of the «
[104]
[105] D'altra parte,
[106] Nella nozione di perdita devono farsi rientrare anche le anomalie
nella riconsegna, secondo quanto (condivisibilmente) ritenuto con riferimento
all'art. 18 della Convenzione di Varsavia (cfr. Cass., 18 luglio 1991, n.
[107] Conseguentemente, per il trasporto di merci nelle sue varie
modalità resta valido il rilievo della tendenziale sottoposizione all'istituto della
limitazione risarcitoria (Riguzzi, La responsabilità limitata del vettore
marittimo di merci, Milano, 1993, 49 ss.), rilievo che non è tuttavia
estensibile al trasporto di persone, tenuto conto dei più recenti sviluppi
della disciplina del trasporto aereo, e comunque della scarsa fortuna che
questo istituto ha ottenuto con riferimento alla disciplina del contratto di
passaggio marittimo (l'Italia non ha ratificato
[108] Cfr. Antonini, La responsabilità del vettore aereo per il
trasporto di persone e cose nella più recente normativa: Protocolli di Montreal,
Varsavia Montreal, Regolamento comunitario, ne La nuova disciplina del trasporto aereo, atti del Convegno di
Ispica - Ragusa del 29 agosto - 4 settembre 1999, Messina, 2000, 131, 150; Folliot, La modernisation du système varsovien de responsabilité du
transporteur, cit., 424; Gardiner, The Warsaw Convention at Three Score Years
and Ten, in Air Law, 1999, 114, 157; Leffers, Conséquences jurisprudentielles probables de l'évolution du regime de
responsabilité du transporteur aérien en Allemagne, in Rev. fr. dr. aér., 1999, 457, 462; Schiller, De
[109] Il bagaglio non consegnato, viceversa, nell'art. 22, § 3, della
Convenzione di Varsavia, è assoggettato ad una limitazione globale per
passeggero. Il limite globale unico (per bagagli consegnati e non consegnati)
era viceversa previsto nell'art. 22, § 1, lett. c della Convenzione di Varsavia, come emendata dall'art. VIII del
Protocollo di Guatemala City del 1971.
[110] In tal senso, Antonini, La responsabilità del vettore aereo, cit., 167.
[111] Sul punto, può farsi utilmente riferimento all'evoluzione di
dottrina e giurisprudenza sui limiti risarcitori contenuti in altri strumenti
di diritto uniforme in materia di trasporto, tenuto conto della «reciproca
influenza» fra i testi di diritto uniforme in materia di trasporto (aspetto per
il quale, v. per tutti: Romanelli, Principi comuni nelle convenzioni
internazionali in materia di trasporto, cit., 204 ss. con riferimento specifico
ai limiti risarcitori). Va in particolare richiamato il dibattito
sull'interpretazione dell'art. 4, § 5, della Convenzione di Bruxelles del 25
agosto 1924 sull'unificazione di alcune regole in tema di polizza di carico
che, nel testo originale, non conteneva una previsione espressa di decadenza
dal limite (diversamente dal testo emendato dal Protocollo di Visby del 1968)
ed anzi escludeva che, con l'eccezione della dichiarazione di valore, vettore e
nave potessero «en aucun cas» essere
chiamati a rispondere oltre i limiti risarcitori che la norma stessa prevedeva.
Tuttavia, si è ritenuto che, anche nel vigore di quest'ultima disciplina, il
beneficio della limitazione non fosse operante rispetto al dolo del vettore,
che si manifestasse «nell'intento di non adempiere o di non adempiere
correttamente» all'obbligazione assunta (Riguzzi,
La responsabilità limitata del
vettore marittimo di merci, cit., 110, al quale, op. loc. cit., si rinvia
per ulteriori riferimenti. V. anche Carbone,
Contratto di trasporto marittimo
di cose, cit., 328 ss.; Zunarelli, La decadenza del vettore dal beneficio della
limitazione della responsabilità, ne Il
limite risarcitorio nell’ordinamento dei trasporti, atti del convegno,
cit., 133, 136), superando l'impostazione che avrebbe voluto circoscrivere
l'inoperatività dei limiti alle sole ipotesi di fatti del vettore volti ad
intenzionalmente cagionare il danno. E
(nei limiti in cui possa essere utile, rispetto all'esegesi di un testo di
diritto uniforme, far riferimento ad una norma di diritto interno), può
menzionarsi altresì la giurisprudenza sull'art. 423 c. nav. (che comunque è
ispirata all'art. 4, § 5, della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di
carico, ancorché non contenga un'espressione equivalente ad «en aucun cas» in corrispondenza
dell'esclusione del risarcimento al di là della somma-limite). Sulla linea
orientata ad ammettere che il limite fosse superabile in caso di colpa grave
(v. ad esempio: Trib. Napoli, 18 novembre
[112] Romanelli, Diritto
uniforme dei trasporti e Convenzione di Montreal, cit., 588; F. Berlingieri Jr., Il trasporto di
merci nella Convenzione di Montreal del 1999 sul trasporto aereo internazionale
– Ambito temporale di applicazione della disciplina uniforme e disciplina della
responsabilità del vettore, ne Il nuovo diritto aeronautico – In ricordo
di Gabriele Silingardi, cit., 616, 627.
[113]Sotto tale aspetto specifico, il regime di limitazione in questione
sembra così non contraddire i princìpi enunciati da C. cost., 19 novembre 1987,
n. 401, cit.
[114]A proposito dell’art. 25, § 2, della Convenzione di Varsavia (e
dell'esclusione dell'invocabilità del limite per il vettore), si è fatta
questione se nella nozione di «préposés
agissant dans l'exercise de ses fonctions» potesse rientrare il dipendente
dell'impresa di handling aeroportuale
che avesse rubato la merce trasportata (in senso positivo, v. Cass. fr., 21
luglio
[115] Diversamente che per la responsabilità da ritardo nel trasporto
aereo di passeggeri e della responsabilità per i danni al bagaglio o per
ritardo nel trasporto di bagagli, secondo l'ipotesi contemplata espressamente nell'art.
22, § 3 della stessa Convenzione di Montreal del 1999.
[116] L'art. 25A, § 3, della Convenzione di Varsavia, introdotto dal
Protocollo dell'Aja del 1955 si riferisce alla responsabilità tanto nel
trasporto di passeggeri che in quello di merci e bagagli; successivamente, il
Protocollo di Guatemala del
[117] Rispetto al testo dell'art. 25A della Convenzione di Varsavia, si
è esclusa da alcuni l'estendibilità dei limiti anche ai c.d. contraenti
indipendenti (precisando, peraltro, che tale esclusione ). È da chiedersi se la
soluzione non debba essere diversa alla stregua dell'art. 30 della Convenzione
di Montreal che, se ha mantenuto per il testo in lingua inglese il riferimento
a «servant or agent», nel testo in
lingua francese, in luogo del riferimento a «préposé»,
ha adottato la formula (apparentemente più ampia) di «préposé ou ... mandataire».
[118] Sul rilievo di tale previsione rispetto alla questione in esame,
v. Antonini, La responsabilità del vettore aereo,
cit., 167.
[119] Lavori preparatori ai quali occorre, ai fini dell'interpretazione,
ricorrere allorché non siano sufficienti i canoni ermeneutici indicati
dall'art. 31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, alla stregua
dell'art. 32 della stessa Convenzione. Sul carattere di «trattati» delle
convenzioni di diritto uniforme, v. Bariatti,
L'interpretazione delle
convenzioni internazionali di diritto uniforme, cit., 40 ss.
[120] In tema, v. per tutti Zampone,
La condotta temeraria e
consapevole nel diritto uniforme dei trasporti, Padova, 1999.
[121] V. Romanelli, Uniform Rules of Air Carriage, cit., 1045; sui problemi che
comporta la mancata previsione in sede legislativa, nei sistemi di limitazione
risarcitoria, di un soddisfacente meccanismo di adeguamento dei valori
monetari, v. Silingardi, L’istituto del limite risarcitorio:
controllo di costituzionalità ed autonomia delle parti, cit.,
[122] Un meccanismo di adeguamento dei limiti monetari di portata più
limitata era previsto dall'art. 42 della Convenzione di Varsavia, nel testo
inserito dall'art. XV del Protocollo di Guatemala City del 1971, con
riferimento esclusivo alla responsabilità del vettore aereo di persone: su tale
previsione, v. Mapelli y Lopez, El contrato de transporte aereo
internacional segun el Convenio de Varsovia de 1929 y su Protocolo de Guatemala
[123] Cfr., ad esempio, in tema di responsabilità extracontrattuale per
inquinamento da idrocarburi trasportati alla rinfusa, CLC Prot. 1984, art. 15;
e dal Fund. Prot. 1984, art. 33 . Le disposizioni in questioni sono state poi
confermate dai successivi CLC Prot. 1992 e Fund Prot. 1992. V. anche, nel
medesimo segno, l'art. 48 della Convenzione HNS del 1996.
[124] Alvarez v. Aerovias
Nacionales de Colombia, S.A., Avianca Inc.[U.S. District Court, Southern
District of Florida, 25 gennaio 1991]
[125] Come esattamente rileva in commento alla decisione in questione Rosafio, In tema di ammissibilità di azioni risarcitorie da parte del passeggero
al di fuori della Convenzione di Varsavia, cit., 222.
[126] Peraltro, alla parzialmente diversa formulazione della disciplina,
corrispondeva l'intenzione del legislatore del codice di adeguarsi nella
sostanza alla Convenzione di Varsavia: l'inserimento della previsione
sull'inesecuzione era finalizzata «a rendere più completo ed organico il
sistema. La disciplina è infatti identica, per tutti i danni, sia nell'aspetto
sostanziale sia nel regime probatorio» (Relazione ministeriale al codice della
navigazione, § 593).
[127] Nel testo (autentico) in
lingua inglese: «The carrier is liable
for damage sustained in case of death or personal injury of a passenger upon
condition only that the event which caused the death or injury took place on
board the aircraft or in the course of any of the operations of embarking or disembarking.
However, the carrier is not liable if the death or injury resulted solely from
the state of health of the passenger».
[128] Per le ragioni della tesi estensiva, v. Mastrandrea, L'obbligo
di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., 176.
[129] Mateesco Matte, Treatise on Air-Aeronautical Law,
[130] Mateesco Matte, Treatise on Air-Aeronautical Law, cit., 404.
[131]Gardiner, The
[132] E così
[133] È stato sostenuto che la soluzione adottata dalla Conferenza
diplomatica non impedisse che il risarcimento di tali categorie di danni fosse
comunque accordabile alla stregua dell'ordinamento del foro adito: per
riferimenti, cfr. Gates,
[134] Alla norma approvata corrisponde l'art. 16, § 1, del progetto
approvato dal Legal Committeee dell'ICAO (doc. ICAO SGMW/21-WP/4), secondo il quale «The
carrier is liable for damage sustained in case of death or bodily or mental
injury of a passenger upon condition only that the accident which caused the
death or the injury took place on board the aircraft or in the course of any of
operations of embarking or disembarking. However, the carrier is non liable if
the death or injury resulted solely from the state of health of the passenger».
[135] Sulla formula adottata dal Protocollo di Guatemala City v. (nel
senso della sua preferibilità), v. Mastrandrea,
L'obbligo di protezione, cit.,
183 ss.
[136] Nel senso dell'esclusione, nel testo della convenzione di
Montreal, della risarcibilità del danno da pure
emotional distress, v. Margo,
Insurance Aspects of the New
International Passenger Liability Regime, cit., 136; v. anche Mauritz, Current Legal Developments: the ICAO International Conference on Air
Law, Montreal, May 1999, , in Air
Law, 1999, 153, 154, nel
medesimo senso (ma critico rispetto a
tale soluzione, ritenendo che, in campo aeronautico, si dovrebbero risarcire i
casi di «severe emotional distress», escludendo,
viceversa, la risarcibilità «for any form
of minor claim based on fear of flying related
phenomena such as turbulence»). Nel senso che la nuova convenzione abbia
preso atto dell'inesistenza di una posizione consolidata al riguardo (e dunque
nel senso che essa non sia preclusiva), v. Weber
- Jakob, The Modernization of the
Warsaw System: The Montreal Convention of
[137] Margo, Insurance Aspects, cit., 136. Sulla
riconoscibilità dei punitive damages sulla
base della Convenzione di Varsavia, v. Barlow,
Punitive Damages Under the Warsaw
Convention: Mixing Apples with Oranges, in A.A.S.L., 1992, 71
[138] È però da rilevare che la riconoscibilità di tali categorie di
danni sembra da escludere anche sulla base della Convenzione di Varsavia: v. da
ultimo Fearon, La nouvelle Convention de Montréal de 1999.
Une vision américaine, in Rev. fr.
dr. aér., 1999, 401, 406. La casistica giurisprudenziale statunitense
sembrerebbe pacifica, nonostante la non chiara posizione adottata dalla Corte
Suprema nel caso Zicherman v. Korean
Airlines Co. Ltd., cit. (che ha escluso la risarcibilità dei punitive
damages sulla base di una legge statunitense relativa al risarcimento della
morte prodottasi in alto mare, il DOHSA, 46 U.S.C.S. app. §
761, sull’assunto che “Articles 17 and 24(2) of the Warsaw Convention
permit compensation only for legally cognizable harm, but leave the
specification of what harm is legally cognizable to the domestic law applicable
under the forum's choice-of-law rules”): v., da ultimo In re Air Crash
at Taipei, Taiwan, on October 31, 2000 [U.S. District Court, Central
District Of California, 26 agosto 2002],
[139] Aspetto per il quale v. Jacchia,
Brevi note sul Protocollo di Guatemala
dell'8 marzo 1971, cit., 218
[140] Sui problemi connessi all'adozione di tale forma di documentazione
del trasporto aereo di passeggeri, v. Lick
- Dornic, Elettronic Ticketing
under the Warsaw Convention: the Risk of "Going Ticktless" on
International Flights, in Air Law, 1997,
13; Dubuc, Air Travel, Elettronic Tickets and the Warsaw Convention in Cyberspace,
ivi, 291; in lingua italiana (con riferimenti anche alla prassi I.A.T.A.), v. Busti, Profili
innovativi nella documentazione del contratto di trasporto aereo di persona, in
Trasporti, 81/2000, 197, 198 ss.
[141] Sugli aspetti relativi a tale specifico punto, v. Busti, Profili innovativi nella documentazione del contratto di trasporto
aereo di persona, cit., 229.
[142] L'art. 6, § 2, del regolamento CE n. 2027/97 del Consiglio del 9
ottobre 1997 prevede un obbligo per il vettore di inserire nelle proprie
condizioni di trasporto clausole corrispondenti alla disciplina comunitaria
della responsabilità vettoriale dettata dal regolamento stesso e di rilasciare
un biglietto, o un documento equivalente che contenga una sintesi di tali
disposizioni «in linguaggio chiaro e comprensibile». Tale disciplina è stata
peralaltro sensibilmente modificata dal regolamento 889 del 2002, che ha
precisato che gli obblighi di informazione previsti per i vettori aerei comunitari
ai §§ 1 e 2 dell’art. 6, si applicano anche ai vettori aerei extracomunitari,
limitatamente ai trasporti «verso o dalla Comunità o all'interno di essa».
[143] Il principio dell'utilizzazione di una lingua comprensibile per
l'utente (sia pure a sua richiesta) è contemplato in generale nella disciplina
di derivazione comunitaria di tutela del consumatore: v., ad esempio, l'art. 3,
comma 4, del d. lgs. 22 maggio 1999, n. 185, recante «Attuazione della
direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di
contratti a distanza»: «Nel caso di utilizzazione di tecniche che consentono
una comunicazione individuale, le informazioni di cui al comma 1 sono fornite,
ove il consumatore lo richieda, in lingua italiana. In tal caso, sono fornite
nella stessa lingua anche la conferma e le ulteriori informazioni di cui
all'articolo 4» (il considerando n. 8 della direttiva così attuata precisa che
«l'uso delle lingue in materia di contratti a distanza rientra nelle competenze
degli Stati membri»). Va ricordata anche la direttiva del Consiglio 18 dicembre
1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari
destinati al consumatore finale, il cui art. 14 prevede la possibilità per gli
Stati membri di vietare il commercio di quei prodotti in cui le indicazioni
essenziali dell'etichetta «non sono fornite in una lingua facilmente compresa
dagli acquirenti, a meno che l'informazione dell'acquirente non venga altrimenti
garantita». Trib. d'instance de Paris, 8 febbraio
[144] Carbone, Criteri di collegamento giurisdizionale e clausole
arbitrali nel trasporto aereo: le soluzioni della Convenzione di Montreal del
1999, relazione al Convegno di studi di Roma del 27 ottobre 1999, La nuova disciplina del trasporto aereo
internazionale: l'impronta multidisciplinare e la dimensione pubblicistica del
diritto della navigazione -In onore di F. M. Dominedò, in Riv. dir.
int. priv. proc., 2000, 5.
[145] Si tratta, peraltro, di nozione dai contorni non definiti
nettamente, suscettibile di determinare a sua volta contenzioso: cfr. Gates,
[146] Mauritz, Current Legal Developments: the ICAO International Conference on Air
Law,
[147] Sui problemi per l'individuazione del regime di responsabilità nel
caso di trasporto aereo in code-sharing, rispetto
alla Convenzione di Varsavia, v. Franklin,
Code-sharing and Passenger
Liability, in Air Law, 1999, 128.
[148] In un non recente caso statunitense, si è ritenuto che il
biglietto San Paolo/Miami/San Paolo evidenziasse come luogo di destinazione San
Paolo (Galli v. Re-Al Brazilian
International Aviation, 7 Avi.
17,614 (1961). Secondo Miller, Liability in International Air Transport, cit.,
308, il luogo di destinazione cui si riferisce l'art. 28 sarebbe il medesimo
cui si riferisce l'art. 1, § 2, al fine di definire il campo di applicazione
della Convenzione e, conseguentemente, il luogo di destinazione in questione
sarebbe da intendere come quello dell'intero viaggio, quale appare dal
contratto e non quello di una sola frazione del viaggio (v. anche in tal senso Mankiewicz, The Liability Regime of International Air Carrier, cit., 135).
[149] Secondo Cass. pen. francese, 3 dicembre
[150] Tale questione è stata prospettata davanti a Cass., SS. UU., 15
giugno 1993, n.