N° 1 - Maggio 2002 - Tradizione - Lavori in corso - Contributi

 

Il culto imperiale a Thibaris ed a Thugga tra Diocleziano e Costantino*

 

di Mustapha Khanoussi e Attilio Mastino

 

 

(*) Relazione presentata nel Convegno Borghesi, Genova settembre 2001; in corso di stampa negli Atti del Convegno Borghesi, a cura di A. Donati e M. G. Angeli Bertinelli, Genova 2002.

 

 

 

1. Diocleziano a Thibaris durante il proconsolato di L. Aelius Helvius Dionysius

 

Una recente scoperta epigrafica effettuata casualmente ad Henchir Thibar in Tunisia (antica Thibaris nell’Africa Proconsularis) testimonia la dedica di un templum della Gens Valeria Aete[r]na dei domini nostri (indicati collettivamente DD.NN., con due sole lettere) Diocleziano, Massimiano, Costanzo Cloro e Galerio nel corso del proconsolato di L. Aelius Helvius Dionysius e documenta la vitalità del culto imperiale nel municipio di Thibaris qualche anno prima della persecuzione dioclezianea.

Conservato attualmente negli uffici dell'Institut National du Patrimoine della Tunisia presso il teatro di Dougga, il documento può essere presentato in questa sede con un fac-simile realizzato nell’agosto 2001 da Salvatore Ganga, sotto la nostra direzione.

Si tratta di una grande lastra di calcare locale marnoso di colore giallastro, in parte frammentata in 16 frammenti ben restaurati, delle seguenti dimensioni residue: largh. 198 cm, alt. 72,5 cm, spess. 5 cm.

Il testo è inserito in una tabula ansata, incompleta, parzialmente perduta sulla sinistra per una ventina di centimetri (14-17 lettere). Le dimensioni del campo inscritto sono le seguenti: largh. residua 163 cm; alt. 54 cm; alt. delle lettere 5,5 cm, interlinea 1 cm. L’impaginazione della prima linea è studiata per evidenziare la dedica alla Gens Valeria dei due Augusti.

In molte lettere il fondo del solco, a sezione triangolare, ha un aspetto a spina di pesce, dovuto alla particolare tecnica di incisione utilizzata, con picchiettature del mazzuolo sulla ugnetta.

 

 

GENTI VALERIAE AETErNAE DDNN (vacat)

imp. caes. c. VAlerI DIOCLETIANI PII FELICIS INVICTI AVG ET IMP CAES
[[m. aureli valeri mAXIMIANI]] PII FELICIS INVICTI AVG ET FLAVI VALERI CONSTANTI

et galeri valeri maXIMINI FORTISSIMORVM FELICISSIMORVMQVE CAESARVM TEMPLVM

cum omni cultu plebS MVNICIPII MARIANI THIBARITANI DEVOTA NVMINI MAIESTATIQVE IPSORVM ET (vacat)
ordo ? pecunia statui ? S EORVM CVMVLATA PARTICIPANTIBVS SECVM CIVIBVS SVIS VOTIVE DEVOTIONIS 

magno exemplo ? inCOHATVM PERFECIT ET PERFECTVM AC DEDICATVM CONSECRA VIT !!!!!

!!!!!!!!

!!!!!!!!!

 

(vacat) Genti Valeriae aete[r]nae d(ominorum duorum) n(ostrorum duorum) (vacat)

[Imp(eratoris) Caes(aris) C(ai)] Va[ler]i Diocletiani Pii Felicis invicti Aug(usti) et Imp(eratoris) Caes(aris)

[[[M. Aureli Valeri M]aximiani]] Pii Felicis invicti Aug(usti) et Flavi Valeri Constanti

[et Galeri Valeri Ma]ximini fortissimorum  felicissimorumque Caesarum templum

[cum omni cultu ? pleb]s municipii Mariani Thibaritani devota numini maiestatique ipsorum et (vacat)

[ordo ? pecunia statui?]s eorum cumulata participantibus secum civibus suis votiv(a)e devotionis

[magno exemplo ? in]cohatum perfecit et perfectum ac dedicatum consecra vit [[[ex auctoritate ?]]]

[[[L. Aelii Helvii Dionysii c.v. proconsulis provinciae Africae?

et ... legatorum eius ?]]].

 

La dedica fu effettuata sicuramente dalla [pleb]s del Municipium Marianum Thibaritanum, che si dice devota numini maiestatique ipsorum:[1]: l’aggettivo devota al femminile porta ad escludere una integrazione tipo [populu]s, [senatu]s; una possibilità potrebbe costituita da [urb]s (che difficilmente potrebbe poi giustificarsi in opposizione ad un’eventuale [ordo]) oppure da [civitas]: ipotesi entrambe che appaiono non adeguate in relazione al successivo genitivo municipii Mariani Thibaritani.

La nostra iscrizione si colloca sicuramente in età municipale, tra il 296 ed il 300 sulla base del proconsolato di L. Aelius Helvius Dionysius, come vederemo; comunque tra il 293 ed il 305, in rapporto alla presenza di Diocleziano e Massimiano invicti e dei Cesari Galerio e Costanzo Cloro, fortissimi  felicissimique Caesares [2]: negli stessi anni ci è rimasta una base dedicata a Galerio Cesare, posta ancora dalla res publica municipii Thibaritani[3]. La prima attestazione dell’esistenza del municipio è documentata però nei primi anni di Diocleziano, quando è attestata per la prima volta la res p(ublica) munic[i]pi Mariani Thibaritanorum: la data è fissata grazie ad una dedica a Diocleziano nel suo terzo consolato, coperto a partire dal I gennaio 287, mentre il quarto fu assunto nel 290[4].

In realtà la trasformazione del pagus civium Romanorum originario, da Augusto aggregato alla colonia di Cartagine, e la nascita del municipio vanno anticipati all'età dei Severi[5], anche se un nuovo frammento recentemente pubblicato ricorda il pagus Thib(aritanus) (documentato già nell'età di Claudio)[6], ancora nel sesto anno tribunizio di Settimio Severo, cioè nel 198, dopo la nomina di Caracalla ad Augusto e di Geta a Cesare[7]  Negli anni immediatamente successivi, quando Cartagine ottenne da Settimio Severo il beneficio dello ius Italicum, si dovrebbe porre la fusione della civitas peregrina di Thibaris (se è mai esistita)[8] con il pagus civium Romanorum, comunque la nascita del municipio, nell'ambito della politica dei Severi che ha portato allo smantellamento della pertica di Cartagine (che in origine arrivava fino a Mustis, dunque ben al di là della Fossa Regia entro l'antica provincia dell'Africa Nova)[9]; la stessa sorte sembra abbiano avuto molti altri pagi vicini, come Thugga, Thubursicum Bure, Thignica, forse anche Numlulis, Agbia, Thigibba Bure, divenuti nuovi municipia Septimia Aurelia, tutti collocati in un'area a pochissimi chilometri di distanza da Thibaris, ma al di là (ad oriente) del Djebel Gorrah.

Il titolo Marianum, che il municipio ha senz'altro ereditato dal pagus civium Romanorum,  ricorda la fase finale della guerra giugurtina condotta da Gaio Mario[10], quando nella parte più orientale del regno di Numidia affidato a Gauda, dunque fuori dalla provincia dell'Africa Vetus, Mario effettuò una serie di assegnazioni viritane di terre a favore dei suoi soldati e dei Getuli favorevoli ai Romani[11], che ottennero anche la cittadinanza romana; in quell'occasione coloni furono installati nell'area di Thibaris[12], ma sicuramente anche di Uchi Maius[13], di Thuburnica[14] e di Mustis[15], come dimostra il ricordo del fondatore, nella titolatura ufficiale dei pagi, dei municipi e delle colonie; un ricordo che le comunità locali mantennero evidentemente per secoli. Mario aveva potuto operare in forza della lex Appuleia de colonis in Africam deducendis del 103 a.C., per la quale i veterani avrebbero potuto ottenere assegnazioni viritane di terra fino a 100 iugeri, pari a 25 ettari[16].

L'aspetto più significativo del nostro documento è dato dalla dedica e dalla consacrazione di un tempio Genti Valeriae aete[r]nae dei domini nostri, testimonianza eloquente della vitalità del culto imperiale ancora alla fine del III secolo e della devozione di Thibaris per la domus divina[17]: si noti il titolo di aeterna portato dalla Gens Valeria, con riferimento alla durata nel tempo del potere imperiale, secondo un modello propagandistrico assolutamente comune nell’ambito della titolatura imperiale[18]. I quattro principi portano tutti il gentilizio Valerius (integrato per Massimiano e Galerio, quest’ultimo Maximinus anzichè Maximianus)[19]., che poi sarà ereditato anche da Costantino. Proprio per Costantino conosciamo un templum Flaviae Gentis nell’urbs Flavia Constans Hispellum: edificio realizzato magnifico opere, dotato di un sacerdos, dove negli ultimi anni di Costantino si doveva sviluppare un culto sottoposto ad una particolare vigilanza da parte dell’imperatore cristiano: ne aedis nostro nomini dedicata cuiusquam contagiose superstitionis fraudibus polluatur[20]. Proprio a Spello conosciamo del resto un perfectissimus, C. Matrinius Aurelius C.f. Lem. Antoninus, ricordato come pont(ifex) gentis Flaviae[21]. Siamo ovviamente in una linea di continuità con la tradizione relativa al culto imperiale presso l’ara Iuliae gentis a Roma, testimoniato ad esempio negli atti dei Fratres arvales[22]; oppure a Cartagine, attorno all’ara marmorea della Gens Iulia Augusta conservata al Museo del Bardo, a partire dall’immagine di Enea che trasporta Anchise ed i penati[23]. Le testimonianze più rilevanti sono però quelle relative alla Gens Septimia, di cui ci rimane il tempio di Lepcis Magna[24] ed il tempio di Cuicul, in realtà dedicato alla Gens Septimia Aurelia, recentemente studiato da Patrizio Pensabene[25]: quest'ultima dedica è posta pro sal[ute e]t aeternitate et victoriis di Severo Alessandro e di Giulia Avita Mamea: c[ell]am respublica C[uic]ulitanorum devota numini m[aiestat]ique eo[rum][26].

Arrivando più avanti nel tempo, fino al periodo grigio a cavallo tra cristianesimo e paganesimo, conosciamo in Africa testimonianze ancora più tarde, come il restauro di un edificio del culto imperiale, effettuato nella vicina Uchi Maius dal flam(en) p(er)p(etuus) Furius Victor[i]nus, avito honore suffultus, dunque sostenuto e incoraggiato dalle tradizioni dei padri; e ciò nell'età di Valentiniano II, Teodosio e Magno Massimo (a. 383), quando ancora sopravviveva l'organizzazione del culto imperiale e quel consenso sociale che solo giustifica un atto di evergetismo così significativo[27].  

Particolarmente singolari sono le formule che indicano la costruzione del nostro tempio: [in]cohatum perfecit et perfectum ac dedicatum consecravit, una formula che ci indica come l'opera era già iniziata al momento della nomina del proconsole; essa fu completata, dedicata e consacrata dalla comunità cittadina, entro i quattro anni del proconsolato, dunque ci pare indipendentemente dalla presenza in Africa di Massimiano[28].

Sono note le informazioni raccolte dal Lepelley sull'insieme degli imponenti lavori di costruzione in Africa nel Basso Impero: se ci limitiamo agli anni della prima tetrarchia (293-305) si possono identificare da 29 a 30 cantieri, di cui ben 18 in Proconsolare, per 7 di essi si tratta di edifici di nuova costruzione e non di restauri[29].

La singolarità è rappresentata dal fatto che sembra che sia stata la [pleb]s  (d’intesa con l’ordo ?) ad aver effettuato la consecratio, secondo una formula che appare abbastanza isolata in ambiente africano: e viceversa ci saremmo attesi in materia di consecratio un ruolo dei sacerdoti addetti al culto imperiale[30].

L'oggetto della dedica è un templum, cui difficilmente va associato un altro elemento, forse l'aream, come potrebbe suggerire la congiunzione et, per quanto gli aggettivi [in]cohatum,  perfectum ac dedicatum dimostrino che l'oggetto principale è il templum  della Gens Valeriae aete[r]nae d(ominorum) n(ostrorum), forse [cum omni cultu ?].  L’ipotetico riferimento all’area si potrebbe sostenere sulla base di alcuni confronti possibili proprio in ambito africano, come per il tempio del dio Frug(ifer) Aug(ustus) a Sertei in Mauretania orientale, restaurato nel 247 d.C. dal prin(inceps) g(entis) N(umidarum) Sex. Victor: monitus sacra religione templum simul cum area et aras summa cum diligentia restituit[31].  Ma si tratta evidentemente di un’area connessa ad un edificio di culto di tradizione punica, che certamente potrebbe essere fuori luogo in un tempio del culto imperiale, di tradizione romana: si pensi al tempio della Vittoria Germanica di Caracalla a Thugga[32]. Del resto conosciamo anche espressioni tipo [tem]plum cum arcu et porticibus et osteis et opere albari (età di Marco Aurelio e Lucio Vero)[33]; templum cum omnibus ornamentis et pictura, per il tempio di Bellona a Rusicade[34]; templum cum porticibus, per il tempio della domus Aug(usta) a Volubilis nell’età di Adriano[35]; templum cum sanctuari[o Io]vis nella Civitas Urusitana in Bizacena, per il tempio di Giunone nell’età di Commodo[36]; infine templum de[lapsum] ... cum columnis ornatis per il tempio di Caelestis nel Fundus Turris Rotundae, restaurato sotto Massimino il trace[37],  ecc. 

Più probabile sembra invece l’ipotesi che la congiunzione et preceda un secondo soggetto che si è associato alla [pleb]s cittadina nella dedica, dunque l’ordo, per quanto il verbo perfecit alla terza persona singolare dovrebbe presupporre un soggetto unico. Del resto molte altre integrazioni non sono sicure, ma il participio cumulata richiederebbe pecunia, nel senso di augere, amplificare, addere, multiplicare o colligere[38], mentre il genitivo eorum fa pensare ad un'aggiunta tipo [statui?]s eorum. Naturalmente potremmo citare  moltissimi confronti: si veda per tutti la dedica del Campidoglio di Saia Maior in Proconsolare, datata ai primi anni di Settimio Severo: aedem Capitoli cum porticibus et arcu et statuis n. XII.[39]

Dunque la plebs e l’ordo hanno inizialmente finanziato la costruzione del tempio e l’acquisto dell’arredo; successivamente, a seguito di una pubblica sottoscrizione, si è raccolto del denaro per la realizzazione delle statue dei quattro imperatori: nel testo viene esplicitata la partecipazione popolare alla raccolta del denaro: participantibus secum civibus suis votiv(a)e devotionis / [magno exemplo ?]: si noti la duplicazione votiva devotio, che sembrerebbe alludere ad una promessa che la plebs aveva formulato e che viene onorata forse anche prima dello scioglimento del voto, con la partecipazione di tutti i cives (la precisazione participantibus secum civibus suis sembra istituire un’opposizione tra plebs (con l’ordo ?) ed i cives, al posto di quella più comune tra plebs ed ordo) [40]. A meno che devotio non sia semplicemente un sinonimo di pietas, fides, cultus, religio, votum..

La dedica fu effettuata forse [[[ex auctoritate ?]]]  di un proconsole il cui nome è stato eraso: lo stato della lastra non ci consente di leggere il nome, ma sono evidentissime le tracce dell'erasione, che ci porta senza alcun dubbio al clarissimo L. Aelius Helvius Dionysius, un personaggio molto noto che ha rivestito il proconsolato africano tra il luglio 296 ed il luglio 300[41].

Il confronto più vicino ci viene dalla vicina Dougga, dove ci è conservato un blocco spezzato in più frammenti  con un'iscrizione posta [p]ro salute di Diocleziano, di Massimiano e dei due Cesari, in occasione del completamento e della dedica (perfecit et dedicavit) della porticus templi Deum Matri[s], realizzata a spese della [r]es p(ublica) col(oniae) Thugg(ensium), con l'indicazione [[pro[co]nsulatu Ael[i Helvi Dionysi(i)]]], evidentemente scalpellata a seguito di una damnatio memoriae che cercheremo di collocare nel tempo[42]. La carriera del personaggio è molto nota ed è stata ampiamente studiata[43]; definito da alcuni homo novus, in realtà probabilmente figlio del perfettissimo P. Aelius Dionysius (signo) Palladius[44] sviluppa la sua carriera di clarissimo a partire dal consolato per il quale è stato fissato un limite ante quem del 286 o al massimo del 291; forse in precedenza (comunque dopo la morte di Aureliano) era stato Pontifex Solis; come curat(or) [aedium sacrarum et] operum publicoru[m] provvide a ricostruire e dedicare tra l'aprile ed il settembre 286  le porticus del teatro di Pompeo Magno,  dopo l'incendio dei ludi Romani del settembre 284, quando furono dedicate al Genio Iovii Aug(usti) ed al Genio Herculei Aug(usti) le porticus Iovia ed Herculea, a fundamentis absolutae excultaeque[45]. Più tardi, come curator aquarum et Miniciae  tra il 287 ed il 292, Dionysius si occupò del restauro delle fontane e degli acquedotti di Roma, forse intervenendo nei quartieri e nelle aree danneggiate dall'incendio; furono i due imperatori, Diocleziano e Massimiano (prima della nomina dei due Cesari) a effettuare la dedica dell'opera: perpurgatis fontium rivis et itineribus eorum ad perennem usum refectis Tiberino patri aquarum omnium et repertoribus admirabilium fabricarum priscis viris dederunt[46]. Più tardi, probabilmente nel 292, fu corrector utriusque Italiae, un titolo che non ha altri confronti e che forse allude alla competenza generale sull'intera Italia e non su una sola delle due diocesi (affidate più tardi al  vicarius Italiae ed al vicarius urbis); il Poinssot ha pensato però più propriamente alla responsabilità giudiziaria su Traspadana e Cispadana, un distretto unico alla vigilia della riforma amministrativa dioclezianea[47]. Segue il governo della Siria, praeses Syriae Coeles, tra il 293 ed il 295 (anzichè legatus pro praetore)[48], incaricato contemporaneamente del giudizio di appello su tutte le province orientali:  iudex sacrarum cognitionum totius orientis, il che lo aveva messo forse nelle condizioni di esercitare un'alta sorveglianza su tutti i governatori suoi colleghi, facendone quasi una sorta di vicario ante litteram[49].

Possiamo finalmente passare in Africa[50]: una base dedicata dall'universus obsequens gratus ordo Maxul(itanus) a Maxula, l'attuale Radès nella parte più interna del Golfo di Tunisi, esalta il proconsolato di Dionysius (con il nome eraso), ricordandolo come amator ordinis aeque Maxulae ob multa erga se merita; la data è fissata sulla base del ricordo del IV anno di proconsolato, il che ci costringe a fissare il governo africano tra il 296 ed il 300[51], comunque prima della prefettura della città di Roma degli anni 301-302[52]. Conosciamo gli importanti lavori effettuati a Vaga (Béja), per l'arco onorario dedicato [felicissimo saeculo] dominorum nostrorum Diocleziano e Massimiano[53]; si sono già citati gli interventi edilizi effettuati a Thugga per la costruzione della porticus templi Deum Matri[s] da parte della [r]esp(ublica) col(oniae) Thugg(ensium)[54]. Infine la nostra iscrizione ci porta a Thibaris per il completamento e la dedica del tempio della Gens Valeria Augusta: dunque tutti interventi importanti, anche sul piano della vita religiosa e dell'immagine stessa del potere imperiale. 

Solo qualche mese prima si era conclusa la campagna di Massimiano in Africa contro i Quinquegentanei e contro le tribù ribelli delle Sirti, in occasione del celebre viaggio che aveva portato Massimiano a Cartagine il 10 marzo 298[55]; tale periodo di insicurezza potrebbe spiegare l'insolita durata del governo di Dionysius, durante il quale sembra possa collocarsi la costruzione delle terme di Massimiano a Cartagine inaugurate con tutta probabilità nel 300[56]. Nel suo insieme la carriera appare caratterizzarsi per l'eccezionalità dei riconoscimenti imperiali e viene conclusa con la  prefettura della città di Roma, dove Dionysius era stabilmente installato fino al 19 febbraio 301, all'arrivo del suo successore Nummius Tuscus.[57] Dopo tale data esistono fondate ragioni per immaginare che Dionysius sia stato coinvolto nella repressione di una congiura: secondo il Poinssot già nel 302, quando Massimiano riuscì a confiscare il patrimonio di alcuni «locupletissimi senatores»[58]. Solo in questo quadro possiamo giustificare quella che il Poinssot chiamava la "disgrâce" di Dionysius, l'erasione del suo nome, probabilmente dopo la condanna a morte e la conseguente damnatio memoriae, puntigliosamente eseguita nelle iscrizioni africane, come a Dougga[59], a Radès[60], a Béja[61] ed ora anche a Thibar; ignorata viceversa in ambito urbano. Sembra escluso che l'erasione sia avvenuta nell'età di Costantino, effettuata per compiacere la comunità cristiana: già L. Poinssot precisava: «on ne peut songer à un martelage fait postérieurement par les chretiens pour abolir la mémoire d'un persécuteur, la persécution n'ayant eu lieu qu'en 303 sous le proconsul Anullinus».[62] A nostro avviso comunque non andrebbe escluso che la damnatio memoriae possa esser stata disposta più tardi, dopo il ritiro di Diocleziano e Massimiano, che avevano attribuito a Dionysius, durante il suo proconsolato, l'8 marzo 298, in un rescritto indirizzato a Tannonia Iulia il titolo di amicus noster.[63] Affettuosamente legato ai due seniores Augusti, Dionysius potrebbe esser caduto in disgrazia più tardi, magari con Massenzio oppure con l’usurpatore L. Domizio Alessandro[64]. Tutto ciò ovviamente non spiega la ragione per la quale le iscrizioni romane di Dionysus non furono sottoposte all'erasione: penso alla base di San Lorenzo in Lucina con tutta la carriera fino al governo della Celesiria, dedicata dal collegium Tignar(iorum) per i multis in se patrociniis[65]; alla targa di Diocleziano e Massimiano per il restauro di fontane e acquedotti curante aquas L. Aelio D[i]on[ysio] c(larissimo) v(iro)[66];  infine alle due basi sul retro del teatro di Pompeo per il restauro dei portici, con il nome di Aelius Dionysius v.c. operi faciundo non eraso[67].  Distinto è sicuramente, come osservato già dal Poinssot, il P. Helvius Aelius  Dionysius consularis vir, corrector Campaniae di un'iscrizione di Formia dedicata a sua moglie Fulvia Auguriniana c.f. dai Formiani publice[68]; si noti il prenome Publius e non Lucius ed i gentilizi Aelius Helvius invertiti; il titolo di corrector totiusque Italiae sarebbe inconciliabile con il titolo di corrector Campaniae e quest'ultimo dovrebbe essere collocato in data successiva al 291, cioè dopo l'abolizione dei correctores Italiae e l'istituzione dei correctores regionali; in data così avanzata non sarebbe possibile immaginare un incarico per il nostro Dionysius. La dimostrazione sembra abbastanza sicura e da ultimo questo personaggio è stato considerato figlio o cugino del nostro[69]; se si trattasse del figlio, potremmo immaginare che si tratti dello stesso Dionysius che nel 314 vediamo vice praefectorum agens nella parte ocidentale dell'impero[70].

 

 

2. Costantino a Thugga durante la legazione di C(aius) Annius Ceionius Anullinas

 

Nell’inverno 2000, a sud-ovest del tempio della Vittoria Germanica di Caracalla a Dougga, nel corso degli scavi guidati da Mustapha Khanoussi, è venuto alla luce un grande blocco calcareo di forma circolare, attualmente conservato nel magazzino epigrafico, presso le grandi cisterne.

Si tratta di una grossa lastra di calcare originariamente rettangolare, che nel riutilizzo è stata arrotondata ai margini (con sacrificio di una parte del testo scritto), con un diametro di circa 133 cm; lo spessore è di 20 cm. Alt. lettere 9 cm (2a linea), 9, 5 cm (3a linea), 9 cm (4a linea), 8 cm nelle linee 5a, 6a, 7a. Interlinea tra 2,5 e 4,5 cm.

Il blocco è spezzato in tre frammenti.

Il testo può essere restituito solo parzialmente.

 

diviNAE VIRTVTIS principi ?

domitori ? extinctori ? tyRANNICAE FACTIONIS ET Victori ? defensori ?

provINCIARVM SVARVM ATQVE VRBIum restitutori

D.N. FLAVIO VALERIO CONSTANTINO P.F.SEMper augusto

C. ANNIVS CEIONIVS ANULLINAS V.C. LEGATVs numidiae ?

NVMINI MAIESTATIQVE EIVS SEMPER DEvotus

 

------

[--- divi]nae virtutis [principi ?]

domitori oppure più probabilmente extintori ty]rannicae factionis et v[ictori ?

defensori? prov]inciarum suarum atque urbi[um restitutori ?]  oppure Urbi[s defensori ?]

d(omino) n(ostro) Flavio Valerio Constantino P(io) F(elici) semp[er Augusto]

C(aius) Annius Ceionius Anullinas v(ir) c(larissimus) legatu[s Numidiae ?]

numini maiestatique eius semper de[votus].

 

Si tratta della dedica di un monumento (forse per un basamento di una statua di Costantino)[71] che venne effettuata nel 313 da un legato del proconsole africano (apparentemente per la diocesi di Numidia Proconsolare) all'interno della città di Thugga: il centro compare come colonia Licinia Septimia Aurelia Alexandriana a partire dall'età di Gallieno[72], quando il vecchio municipio severiano (esito della fusione della civitas peregrina di origine numida arrivata forse al diritto latino sotto Marco Aurelio[73] e del pagus di cittadini romani di età augustea[74]) ottenne una ulteriore promozione onoraria la cui cronologia è ormai definitivamente accertata grazie alla riedizione della dedica epigrafica relativa ad un portico per la salvezza di Gallieno e Salonina[75]: [i]mperatore Aug(usto) (Gallieno) col(oniam) deducent(e) ex forma, un'espressione che forse nasconde la registrazione archivistica dei privilegi fiscali concessi alla colonia[76]. Una formula analoga è quella impiegata nell'arco di Severo Alessandro ad Uchi Maius, [colonia Alexandri]ana Aug(usta) ... eius nomine auspicioque deducta, dove però sembra possibile una deduzione effettiva[77]. Va dunque sicuramente rettificata l'attribuzione della promozione alla condizione di colonia all'età di Valeriano e Gallieno suggerita dal Beschaouch ed accolta dal Gascou sulla base del titolo di Licinia (e non Gallieniana) portato dalla colonia[78]. 

La popolarità di Costantino in Africa è legata all'alleanza con Lucio Domizio Alessandro[79], alla sconfitta di Massenzio[80] ed alla rifondazione di Cirta[81]: in un'iscrizione di Uchi Maius il principe è esaltato dalla colonia in aeternum come [do]minus triumfi libertatis et noster, restitutor invictis laboribus suis privatorum et publicae salutis[82].

Eppure la nostra iscrizione è l'unica dedica a Costantino ritrovata a Dougga, dove pure abbiamo una miriade di iscrizioni riguardanti i suoi immediati predecessori. La titolatura presenta diversi aspetti originali e non conosciamo un confronto realmente completo: la prima linea dell'iscrizione è quasi interamente perduta, mentre a l. 2 rimane una dedica in dativo [divi]nae virtuti  o più probabilmente un genitivo [divi]nae virtutis, preceduto evidentemente da un dativo tipo principi. Immaginerei di conseguenza una serie di blocchi di genitivi di specificazione preceduti o seguiti dall’attributo singolo o associato:

a) [--- divi]nae virtutis [principi]

b)  [domitori oppure meno probabilmente extintori ty]rannicae factionis et v[ictori ?]

c) [defensori? prov]inciarum suarum atque urbi[um restitutori] oppure Urbi[s defensori ?].

Nessuno dei titoli trova un confronto realmente soddisfacente: la virtus imperiale, divina, ad esempio, è più volte richiamata nelle iscrizioni, ma mai legata ad un attributo tipo principi. A Cirta-Constantina Costantino è citato come fun[dato]r [pacis ? v]irtute, felici[t]at[e pie]tate praestans (...) victorio[sissimus semp]er Au[gust]us.[83] Oppure si ricordi la dedica dell’arco di Cillium con riferimento alla clementia temporum ed alla virtus divina di  Costantino e Licinio, dove l’attributo divina è evidentemente un sinonimo di caelestis[84], ma la formula è già attribuita a Diocleziano ed ai suoi colleghi a Mididi: quorum virtute ac provindentia omnia in melius reformantur[85].  Se si potesse intervenire sul testo tradito di un'altra iscrizione cirtense, sarebbe forse possibile rettificare l'edizione del Pflaum, che attribuisce a Costantino i titoli di invictus, triumphator omnium gentium, q[u]i libertatem tenebris servitutis oppressam sua felici vi[ctoria nova] luce inluminavit et revocavit, dove teoricamente si potrebbe restituire anche sua felici vi[rtute].[86] A Thamugadi ci è conservata una dedica a Costantino Virtute magnus, pietate praecipuus, [se]mper et ubiqu[e] victor.[87]

Più sicura appare l'integrazione della lacuna all’inizio della linea 3, [domitori ty]rannicae factionis  oppure forse più probabilmente [extinctori], che può essere confrontato ad esempio con domitor universarum factionum di alcune iscrizioni cirtensi sempre per Costantino[88] e con domitor hostium, quest’ultimo attribuito a Giuliano in una base di Thamugadi[89]; si veda anche il caso di Galerio, definito dopo il 305 domitor gentium barbararum[90], oppure Teodosio dopo il 379[91]; ma anche Giuliano è barbarorum extinctor[92]  Naturalmente può proporsi anche debellator, dato che Costantino è ricordato sulle monete come debellator gentium barbararum[93], oppure exuperator o victor.  Più probabile è però l’integrazione extinctor, sulla base di un confronto con la celebre iscrizione del foro romano con dedica a Costanzo II, effettuata dal praefectus urbi Neratius Cerealis, restitutori urbis Romae adque orb[is] et extinctori pestiferae tyrannidis, questa volta con riferimento alla vittoria su Magnenzio del 353[94]. Ancora più tardi sempre a Roma tra il 389 ed il 391, dunque dopo la rivolta di Magno Massimo ma prima di Eugenio, Teodosio, e separatamente anche Arcadio ed Onorio, saranno extinctores tyrannorum ac publicae securitatis auctores. [95]

Il titolo di tyrannus compare per la prima volta proprio per Massenzio, credo a partire dalla dedica dell'arco di Costantino nel 315, all'indomani della probabile celebrazione del trionfo sui Germani[96]: Costantino è esaltato quod instinctu divinitatis mentis magnitudine cum exercitu suo tam de tyranno quam de omni eius factione uno tempore iustis rem publicam ultus est armis. Il 29 ottobre 312, il giorno della battaglia del ponte Milvio, diventa il giorno della publica laetitia per la morte dell'usurpatore e del tiranno, così come la propaganda costantiniana tende a rappresentare Massenzio, nei Panegirici e nella Vita Constantini e nell'Historia Ecclesiastica di Eusebio[97]; la sua testa fu recisa dal tronco e trasferita significativamente a Cartagine, tra manifestazioni di tripudio, se Naziario prò precisare: pari studio missum eiusdem tyranni ad permulcendam Africam caput, ut quam maxime vivus afflixerat laceratus expleret; ... quonam modo te, potens Africa, quanto laetitiae fremitu, quam insolenti voluptate iactasti ! nil quippe est immoderatius quam post longam tristitiam repens gaudium[98]

Del resto il titolo di tyrannus è utilizzato ampiamente per indicare gli usurpatori dall'Historia Augusta, come quei triginta tyranni che ex diversis orbis partibus ad imperium convolabant nell’età di Gallieno[99]. Fu però Costantino a restituire la libertà dopo la fine del tiranno, se a Lambaesis egli è detto providentissimus et cum orbe suo reddita libertate triumphans [100]; e se a Tubernuc è acclamato come restitutor public(a)e libe[r]tatis;[101] un po' come ad Ostia dove il principe è esaltato come restitutor publicae libertatis, defensor urbis Romae, communis omnium salutis auctor[102]. Per Uchi Maius si è già ricordata la base dedicata [do]mino triumfi, libertatis et nostro, restitutori invictis laboribus suis privatorum et publicae salutis[103].  Il modello è però più antico, se già Costanzo Cloro Cesare è fundator pacis ac publicae libertatis auctor[104].

La titolatura della nostra dedica accenna a benefici effettuati dal principe a provinciae ed ad urbes o, meno probabilmente all'Urbs, sia che si intenda Roma sia che si intenda più direttamente Thygga: i confronti sono numerosi, vd. i titoli attribuiti a Costantino da una base di Utica datata al 324, dove il principe è definito conditor adque amplificator totius orbis Romani sui ac singularum quarumque civitatum statum atque ornatum liberalitate clementiae suae augens[105]; vd. anche triumphator omnium gentium e victor omium gentium[106]. Per la città di Roma si possono presentare diversi confronti: amplificator urbis Romae[107], defensor urbis Romae[108], liberator urbis[109] Escluderemmo una formula sul tipo urbis terrarum liberator, per orbis[110].

La dedica è effettuata al Numen ed alla Maiestas  imperiale[111], nell’ambito delle tradizionali cerimonie del culto imperiale, anche in relazione al luogo di ritrovamento dell’iscrizione, presso il tempio della Vittoria Germanica di Caracalla, dove potrebbe esser stato dedicato un monumento per celebrare Costantino all’indomani della vittoria su Massenzio.

Il dedicante è un legatus finora ignoto, C(aius) Annius Ceionius Anullinas v(ir) c(larissimus) legatu[s Numidiae ?] : dunque un clarissimo che non è il legato della legione III Augusta e governatore della Numidia (in questo periodo il titolo è quello di praeses), ma è uno dei  due legati del proconsole dell'Africa, probabilmente il legato della Numidia Proconsolare che aveva come residenza Ippona, l'attuale Bone in Algeria oppure, meno probabilmente, il legato di Cartagine: come si vedrà meglio più oltre, la regione di Dougga sembrerebbe inserita nell'area sottoposta alla giurisdizione del legato di Ippona, che doveva forse arrivare sino alla Fossa Regia, dunque ai monti ad oriente di Theboursouk.

E' molto probabile che il legato C(aius) Annius Ceionius Anullinas  abbia una qualche parentela con il celeberrimo proconsole dell'Africa C. Annius An[ullinus]  ricordato ad esempio nella vicina Ain Tounga, l'antica Thignica[112], con una dedica forse ai [Geniis diis immortalibus] di Diocleziano, Massimiano, Costanzo Cloro e Galerio[113]. Il suo proconsolato è fissato negli anni 303-305, nel corso della grande persecuzione dioclezianea, come testimoniano numerosi Atti dei martiri[114]; è ormai sicura la sua identificazione con l'omonimo console ordinario del 295[115] e con il praef(ectus) urbi del 306-307, schierato con Massenzio; ancora prefetto della città di Roma nel 312, al momento della battaglia del Ponte Milvio il 29 ottobre, fu lasciato al suo posto da Costantino almeno fino a novembre[116]. Quest'ultimo potrebbe essere discendente di C. Annius Anullinus Geminus Percennianus curator aedium sacrarum et operum publicorum nel 230[117]; e soprattutto il padre dell'Anullinus proconsole dell'Africa nel 312-313, al momento dello scontro tra Donatisti e il vescovo di Cartagine Ceciliano, che avrebbe portato al concilio di Arelate[118].

Proprio con quest'ultimo personaggio sembrerebbe imparentato il nostro legato: l'incarico del legato sembra vada collocato dopo l'ottobre 312 e nel 313 proprio durante il proconsolato dell'Anullinus citato in una lettera di Costantino a Milziade vescovo di Roma e di una lettera di Costantino al proconsole per il ripristino della proprietà della chiesa cristiana indirizzata con l'augurio ca‹'re , 'Anul‹ne, timiótate ¹m‹n[119]; tutti documenti che si datano in epoca successiva alla battaglia del ponte Milvio fino ad una lettera di Costantino ad Anullino sui privilegi del clero, riportata ancora nell'Historia Ecclesiastica di Eusebio e datata esattamente all'ottobre 313[120].

Nel basso impero esisteva la possibilità che il proconsole d'Africa portasse con sè i propri figli pretorii come legati, ottenendo il consenso imperiale che per Dione Cassio era essenziale[121]: tale è il caso ad esempio di L. Naevius Aquilinus, proconsole del 260-8, che viene ricordato a Thubursicu Bure assieme a due patroni, di cui uno è sicuramente suo figlio e legato di Cartagine Naevius Balbinus Aquilinus; e l'altro è forse il secondo figlio del proconsole L. Naevius Tertullus Aquilinus, che con tutta probabilità era il legato di Ippona[122]  Una parentela analoga può essere immaginata ad esempio tra il proconsole del 319 Proculus ed il suo legato L. Aradius Valerius Proculus[123]

Teoricamente sarebbe dunque molto probabile che il nostro legato C(aius) Annius Ceionius Anullinas v(ir) c(larissimus)  fosse il figlio del proconsole del 313 Anullinus, evidentemente nominato da Costantino all'indomani della sconfitta di Massenzio, caro al principe se da lui viene chiamato timièvtatoj ¹m‹n; e se quest’ultimo era il figlio del proconsole del 303-5 persecutore di cristiani C. Annius An[ullinus]; si dovrebbe ammettere che in Africa troviamo nel giro di una decina di anni il nonno, il padre e rispettivamente il nipote ed il figlio; possiamo solo immaginare una lontana parentela con i Ceionii.

Va osservata la grafia un poco arcaizzante Anullinas per il cognome, che però non è di origine etrusca ma latina[124]

Di grande interesse è il ricordo nella nostra dedica del nome del solo legato (di Ippona o piuttosto di Cartagine ?) con l'omissione del proconsole d'Africa[125]; il che pone il problema delle competenze reciproche e dell'ampiezza della circoscrizione territoriale attribuita ai legati del Proconsole africano, che erano due e non tre secondo la notissima tesi di André Chastagnol[126]: uno aveva sede a Cartagine e l'altro ad Hippo Regius, prendendo il nome quest'ultimo di legatus Numidiae, un titolo che non poteva più creare confusioni perché l'antico legato di Numidia, comandante della legione III Augusta, aveva ormai assunto nel corso del III secolo, a partire dal 268, il titolo di praeses. Si conoscono le competenze del legato di Numidia in materia giudiziaria, in particolare nei processi civili e criminali e soprattutto in tema di controllo delle attività municipali; il suo intervento è del tutto normale quando si tratta di innalzare un monumento pubblico all'interno della città. Per Chastagnol il titulus onorario che ricorda la dedica di un'opera pubblica porta generalmente il nome del legato da cui dipende la località; ma di norma viene menzionato anche il proconsole, «car le légat n'a pas d'auctoritas propre et agit toujours au nom de son supérieur, dont il n'est que le délegué dans le ressort considéré»[127]. Nel nostro caso l'omissione del nome del proconsole può forse spiegarsi con il rapporto strettissimo di parentela con il legato. Poco sappiamo sull'origine della famiglia, che sembra di estrazione urbana e non africana; di conseguenza non trova al momento riscontro la regola che tutti i legati del proconsole  dopo Costantino siano di origine africana.

La nostra iscrizione infine potrebbe informarci sulla circoscrizione della diocesi che dipendeva dall’autorità del  legato di Numidia confinante con la diocesi di Cartagine: per Chastagnol la linea di demarcazione passava tra Bulla Regia e Vaga e tra Mustis (in Numidia)  e Thugga (in Zeugitana). Tale tesi è stato sottoposta ad un'acuta critica da Ginette Di Vita Evrard  e la nostra iscrizione, se fosse stata integra, avrebbe potuto confermare l'appartenenza di Thugga (così come certamente Thubursicu Bure) alla diocesi della Numidia Proconsolare piuttosto che alla diocesi di Cartagine: del resto il confine sembra passare più ad oriente, lungo il percorso dell'antica Fossa Regia, che aveva separato il regno di Numidia già con Massinissa dal territorio dell'ultima Cartagine punica[128].



* Pur concepito unitariamente, il presente lavoro è diviso in due paragrafi, il § 1 è di Mustapha Khanoussi, il § 2 è di Attilio Mastino. Gli autori ringraziano cordialmente tutti coloro che sono intervenuti in occasione della presentazione orale con consigli e suggerimenti: tra tutti vogliamo ricordare Marc Mayer e Silvio Panciera.

[1] Conosciamo numerosi confronti, che menzionano l'attività della plebs: vd. ad esempio la dedica uchitana al patrono C. Marius C.f. Arn. Extricatus, cui cum pagus ob merita eius statuam decrevisset, p[le]ps memor abstinentiae quam rei p(ublicae) suae praestitit [--- dedic?]avit, dove però ci sembra si sia voluta sottolineare la distanza tra la decisione del pagus romano e la dedica deliberata dalla plebs  locale (AE 1908, 267 = CIL VIII 26276, vd. Ughi, L'evergetismo cittadino, in AA.VV., Uchi Maius, I, Scavi e ricerche epigrafiche in Tunisia, a cura di M. Khanoussi, A. Mastino, Sassari 1997, p. 237 nr. 2). Vd. anche F. Jacques, Le privilège de liberté. Politique impériale et autonomie municipale dans les cités de l’Occident romain (161-244) (Collection de l’Ecole Française de Rome, 76), Roma 1984, p. 411.

[2]  Vd. A. Chastagnol, Le formulaire de l’épigraphie latine officielle dans l’antiquité tardive, I, Les inscriptions impériales, in La terza età dell’epigrafia, Colloquio AIEGL Borghesi 1986 (Epigrafia e antichità, 9), Faenza 1988, p. 27.

[3] CIL VIII 26181a; vd. Cl. Lepelley, Les cités de l'Afrique romaine au bas-empire, II, Notices d'histoire municipale, Paris 1981, pp. 189 s.

[4] CIL VIII 26181 = ILS 6790.

[5] Vd. J. Gascou, La politique municipale de Rome en Afrique du Nord, II, Après la mort de Septime-Sévère, in ANRW, II, 10,2, Berlin-New York 1982,  p. 272.

[6] CIL VIII 26177; vd. anche 26185 (un cittadino di Cartagine magister del pagus e praefectus iure dicundo).

[7] CIL VIII 26179 + AE 1991, 1680, cfr. Z. Ben Abdallah, Révision de lecture de trois inscriptions africaines provenant de Chidibbia, Thibaris et Thignica (aujourd'hui en Tunisie), II, Complément à une dedicace faite par le Pagus Thibaritanus à Septime Sévère (C.I.L. VIII 26179), in "L'Africa Romana", VIII, 1990 (1991), pp. 268 ss. Allo stesso anno 198 andrebbe riferita anche la dedica effettuata dal pagus Thibaritanus a Giulia Domna, CIL VIII 26180.

[8] Di fatto la civitas non è mai documentata; vd. però ILAfr. 512, dove è citata la r(es) p(ublica) Thibaritana; vd. anche 511.

[9] Vd. A. Mastino (con la collaborazione di N. Benseddik, A. Beschaouch, G. Di Vita-Evrard, M. Khanoussi, R. Rebuffat), I Severi nel Nord Africa, in Atti XI Congresso Internazionale di Epigrafia Greca e Latina, Roma, 18-24 settembre 1997, Roma 1999, pp. 368 ss. 

[10] Vd. A. Mastino, S. Frau, Studia Numidarum in Iugurtham adcensa: Giugurta, i Numidi, i Romani, in Dall'Indo a Thule: i Greci, i Romani, gli altri, a cura di A. Aloni e L. De Finis (Labirinti, 24), Trento 1996, pp. 213 ss.

[11] Per i Getuli vd. B. Afr. XXXV, 4, cfr. E. Fentress, Tribe and Faction, The Case of the Gaetuli, "MEFRA", 94 (1982),  pp. 325 ss.

[12]  Vd. Jacques, Le privilège de liberté cit., p. 797 n. 30.

[13] Per il titolo di Mariana portato dalla colonia dedotta da Severo Alessandro, vd. D. Sanna, Contributo alla storia di Uchi Maius: la promozione istituzionale ed i rapporti con la civitas Bencennensis nell'età di Severo Alessandro, in AA.VV., Uchi Maius, I, cit., pp. 188 ss.; il ricordo di Mario è documentato anche dall'amplissima attestazione della gens Maria, vd. Z. Ben Abdallah, R. Sanna, Le gentes di Uchi Maius alla luce delle nuove scoperte epigrafiche, in AA.VV., Uchi Maius , I, cit., pp. 306 s. 

[14] Mario è conditor coloniae in AE 1951, 81, cfr. P. Quoniam, A propos d'une inscription de Thuburnica (Tunisie). Marius et la romanisation de l'Afrique, "CRAI", 1950, pp. 332 ss.

[15] L'attestazione della tribù Cornelia a Mustis ha fatto pensare anche a quest'ultima località per l'insediamento dei veterani di Mario, vd. A. Beschaouch, Mustitana. recueil des nouvelles inscriptions de Mustis,cité romaine de Tunisie, I, "Karthago", 14, 1965-66 (1968), pp. 117 ss.; J.M. Lassere, Ubique populus. Peuplement et mouvements de population dans l'Afrique romaine de la chute de Carthage à la fin de la dynastie des Sévères (146 a.C.-235 p.C.), Paris 1977, pp. 118 ss.

[16]  De viris ill. 73, cfr. L. Teutsch, Das Städtewesen in NordAfrika in der Zeit von C. Gracchus bis zum Tode des Kaisers Augustus, Berlin 1962, pp. 23 ss.; T.R.S. Broughton, The Romanization of Africa Proconsularis, New York 1968, pp. 32 ss.; A. Mahjoubi, Recherches d'histoire et d'archéologie à Henchir el-Faouar (Tunisie). La cité des Belalitani Maiores, Tunis 1978, pp. 89 ss.; P. Romanelli, Le condizioni giuridiche del suolo in Africa, in Atti del convegno internazionale sul tema "I diritti locali nelle province romane con particolare riguardo alle condizioni giuridiche del suolo" (Roma, 26-28 ottobre 1971), (Accademia Nazionale dei Lincei, Quaderno 194, Problemi attuali  di scienza e cultura), Roma 1974, pp. 171-215; ora anche in In Africa e a Roma, Scripta minora selecta, Roma 1981, pp. 329 ss.; J.M. Lassere, L'organisation des contacts de population dans l'Afrique romaine sous la République et au Haut-Empire, in ANRW, II, 10,2, 1982, pp. 405 ss.

[17]  Vd. R. Turcan, Le culte impérial au IIIe siècle, in ANRW, II, 16, 2, Berlin-New York 1978, pp. 3 ss.

[18]  Vd. A. Mastino, Orbis,  kovsmo", oijkoumevnh: aspetti spaziali dell'idea di impero universale da Augusto a Teodosio, in Popoli e spazio romano tra diritto e profezia (Da Roma alla terza Roma, Studi, 3), Roma 1984, pp. 102 ss.; vd. Chastagnol, Le formulaire cit., pp. 52 s. 

[19] La forma non è mai attestata in Africa, vd. però ad es. CIL VIII 22286: Maximus.

[20]  CIL XI 5265 = ILS 705.  Per una oscura Gens Severi, vd. CIL VIII 883 = 12386, Thimida Regia, cfr. E. De Ruggiero, in Diz. ep., III, 1922, pp. 482 ss., s.v. Gens.

[21]  CIL XI 5284 = ILS 6623.

[22]  CIL VI 2035 = 32349.

[23] Vd. L. Poinssot, L’autel de la Gens Augusta à Carthage, “Notes et documents”, 10, 1929.

[24] Vd. P. Pensabene, Riflessi sull'architettura dei cambiamenti socio-economici del tardo II e III secolo in Tripolitania e nella Proconsolare, in "L'Africa Romana", VIII, 1990 (1991), pp. 456 ss.

[25] Vd. P. Pensabene, Il tempio della Gens Septimia a Cuicul (Gemila), in "L'Africa Romana", 1991 (1992), pp. 771 ss.

[26] CIL VIII 8322 = AE 1913, 120.

[27] CIL VIII 15453 = 26267, cfr. Lepelley, Les cités, cit., II, pp. 234 s.;  vd. anche Ruggeri, La casa imperiale cit.,  p. 162 nr. 36 ed Ughi, L'evergetismo cittadino, cit., p. 236 nr. 17.

[28]  Sulla quale vd. P. Romanelli, Storia delle province romane dell'Africa, Roma 1959, p. 498 ss.

[29]  Vd. Lepelley, Les cités cit., I, pp. 78 ss.

[30]  Vd. E. De Ruggiero, in Diz. ep. I, 1895, pp. 139 ss. e p. 200 ss., s.v. aedes ; ThLL, IV,; 1906-9, cc. 378 s. s.v. consecratio.  Vd. a Theveste: [---] consecrationem fecerunt, in CIL VIII 16534.  Per Roma, vd. la dedica del tempio di Hercules Victor da parte del console P. Plotius Romanus forse in età severiana, aedem cum omni cultu consecravit, in CIL VI 332. 

[31]  CIL VIII 8826 = ILS 4452.

[32] Per la dedica (CIL VIII 26546, 26650, 26639, ILAfr. 527), vd. ora N. Kallala, Nouveaux témoignages épigraphiques sur la vie religieuse à Thugga à l’époque romaine, in Dougga (Thugga), Études épigraphiques, textes réunis par M. Khanoussi e L. Maurin (Ausonius-Publications, Études, 1), Paris 1997,  pp. 141 ss. ed A. Mastino, ibid., p. 174.

[33] CIL VIII 14810, Schauwâsch.

[34]  CIL VIII 7957.

[35]  CIL VIII 21825 = IAMar., lat. 377 (anno 158).

[36]  CIL VIII 12014 = ILS 5412.

[37]  CIL VIII 16411 cfr. p. 2719 = ILTun. 1568.

[38] Vd. ThLL, IV, 1906-09, cc. 1380 ss.

[39] CIL VIII 25500.

[40]  Vd. L. Cesano, in E. De Ruggiero, Diz. Epigr., II, 1910, pp. 1713 ss. s.v. devotio; Th.L.L. V, 1909-34, cc. 878 ss., s.v. devotio.

[41] Vd. L. Poinssot, La carrière de trois proconsuls d'Afrique contemporains de Dioclétien, II, L. Aelius Helvius Dionysius, "Mémoires de la Société Nationale des Antiquaires de France", 76, 1919-23, pp. 299 ss.

[42] CIL VIII 1489 = 26562 = ILAfr. 531, vd.  AA.VV., Dougga, fragments d'histoire. Choix d'inscriptions latines éditées, traduite et commentées (Ier-IVe siècles), sous la direction de M. Khanoussi et L. Maurin (Ausonius-Publications, Mémoires, 3), Bordeaux-Tunis 2000, pp. 261 ss. nr. 134. Per la prima edizione, vd. L. Poinssot, Inscriptions de Thugga découverts en 1910-1913, "NAM", XXI, 8, 1913, pp. 16 ss.

[43] E. Groag, in Prosopographia imperii Romani saec. I, II, III, I, Berlino-Lipsia 1933, pp. 31 ss. nr. A188; A.H.M. Jones, J.R. Martindale, J. Morris, The Prosopography of the Later Roman Empire, I, A.D. 260-395, Cambridge 1971 (PLRE), pp. 260 ss.; J.-F. Gilliam, The Governors of Syria Coele from Severus to Diocletian, “American Journal of Philol.”, 79, 1958, p. 238 n. 22; A. Chastagnol, Fastes de la préfecture de Rome au Bas-Empire, Roma 1962, pp. 34 ss.; M. Christol, Essai sur l’évolution des carrières sénatoriales dans la 2e moitié du IIIe s. ap. J.C. (Etudes prosopographiques, VI), Paris 1986, p. 139 nr. 2.

[44]Stein, in PIR I, 1933, p. 27 A 170; PLRE I, p. 259 s.v. P. Aelius Dionysius signo Palladius 9.

[45] CIL VI 255 = ILS  621;  256 = ILS 622. Per la data vd. Poinssot, La carrière cit., pp. 301 ss., che pensa al titolo di curat(or) [aedium sacrarum et] operum publicoru[m] integrando la titolatura di CIL VI 1673 = 31901 a = ILS 1211.

[46] CIL VI 773 = ILS 626.

[47]  Vd. ora W. Kuhoff, Die bedeutung der ämter in clarissimat und spektabilität für die zivile senatorische laufbahn im 4. Jahrundert n.Chr., in Epigrafia e ordine senatorio, I, Tituli, 4, 1982, p. 275 n. 14.

[48] Sul titolo vd. A. Chastagnol, La carrière senatoriale du Bas-Empire (depuis Diocletien), in Epigrafia e ordine senatorio cit., p. 169 nt. 5 (per CIL VI 1673 = 31901 a = ILS 1211).

[49]CIL VI 1673 =  31901a = ILS 1211, vd. Chastagnol, La carrière senatoriale cit., p. 171 nr. 1 e n. 14.

[50] Vd. A. Pallu de Lessert, Fastes des provinces africaines (Proconsulaire, Numidie, Maurétanies) sous la domination romaine, II, Bas-Empire, Paris 1901, pp. 8 ss.

[51] CIL VIII 12459, vd. Kuhoff, Die bedeutung der ämter in clarissimat und spektabilität cit., p. 274 n. 5.

[52]  CIL VI 1673 = 31901 a = ILS 1211, vd. M. Christol, Les reformes de Gallien et la< carrière senatoriale, in Epigrafia e ordine senatorio (Tituli 5), Roma 1982, I, p. 158.

[53] CIL VIII 14401 = ILAfr. 441.

[54] CIL VIII 1489 = 26562 = ILAfr. 531, vd.  AA.VV., Dougga. Choix d'inscriptions latines cit.,  pp. 261 ss. nr. 134

[55] Vd. Romanelli, Storia, p. 504 ss.; M. Benabou, La résistance africaine à la romanisation,  Paris 1976, pp. 234 ss.; W. Kuhoff, L'importanza politica dele province africane nell'epoca della Tetrarchia, in "L'Africa Romana", XII, 1996 (1998), pp. 1506 ss.

[56]  Vd. Poinssot, La carrière cit., p. 315.

[57] Chastagnol, Fastes de la préfecture de Rome cit., pp. 34 ss.

[58]  LACT., De morte persec. 8; AUR. VICT., Caes. 39.

[59] CIL VIII 1489 = 26562 = ILAfr. 531, vd. ora AA.VV., Dougga. Choix d'inscriptions latines cit., pp. 261 ss. nr. 134.

[60] CIL VIII 12459

[61] CIL VIII 14401 = ILAfr. 441.

[62] POINSSOT, Inscriptions de Thugga cit., p. 18 n. 3.

[63] Fragm. Vat. 41, de usuf.

[64] Bibliografia in V. Aiello, Costantino, Lucio Domizio Alessandro e Cirta: un caso di rielaborazione storiografica, in “L’Africa Romana”, VI, 1988 (1989), pp. 179 ss.; P. Ruggeri, Costantino conditor urbis: la distruzione di Cirta da parte di Massenzio e la nuova Constantina, in Africa ipsa parens illa Sardiniae, Studi di stortia antica e di epigrafia, Sassari 1999, p. 62 n. 1.

[65] CIL VI 1673 = 31901 a = ILS 1211.

[66] CIL VI 773 = ILS 626.

[67] CIL VI 255 = ILS 621;  256 = ILS  622.

[68] CIL X 6084 =  ILS 1212.

[69] PLRE, I, p. 259, s.v. P. Helvius Aelius Dionysius 8; E. Groag, in PIR2 1933, p. 32 A 188.

[70] Cod. Iust. VII, 22,3, vd. III, 1,8; Cod. Theod. VII, 34,4.

[71]  Sul modello dei basamenti delle statue del foro di Uchi Maius, vd. P. Ruggeri, La casa imperiale, in AA.VV., Uchi Maius, I, cit., pp. 141 ss. nrr. 12, 13, 16, con le nuove testimonianze in M. Khanoussi, A. Mastino Nouvelles découvertes archéologiques et épigraphiques à Uchi Maius (Henchir Ed-Douamis, Tunisie), CRAI, 2000, p. 1267 ss.

[72] CIL VIII 15246 = 26559,  vd. ora AA.VV., Dougga. Choix d'inscriptions latines, cit., pp. 163 ss.; vd. anche CIL VIII 1487 = 15506 = ILTun. 1376 = ILS 541, cfr. Lepelley, Les cités cit., II, pp. 218 ss. Per lo stato giuridico di Thugga dopo Gallieno, vd. ora Cl. Lepelley, Thugga au IIIe siècle: la défense de la "liberté", in Dougga (Thugga), Études épigraphiques, cit., pp. 105 ss.; ora in Aspects de l'Afrique romaine. Les cités, la vie rurale, le christianisme, Bari 2001, pp. 69 ss.; vd. anche J. Gascou, Conservator pagi (d'après l'inscription de Thugga CIL VIII 27374), ibid., pp. 97 ss.; Mastino, I Severi nel Nord Africa cit., pp. 372 s. 

[73] Vd. A. Beschaouch, Thugga, une cité de droit latin sous Marc-Aurèle: Civitas Aurelia Thugga, in Dougga (Thugga). Etudes épigraphiques, cit., pp. 61 ss.

[74] Vd. J. Gascou, La politique municipale de Rome en Afrique du Nord, I, De la mort d'Auguste au début du IIIe siècle, in ANRW, II, 10, 2, Berlin-New York 1982, pp. 210 ss., a proposito del titolo di conditores municipii attribuito a Settimio Severo e Giulia Domna nel 205, CIL VIII 26539 = ILAfr. 525  (in realtà il titolo è attribuito anche a Caracalla, vd. A. Mastino, Le titolature di Caracalla e Geta attraverso le iscrizioni (Indici) (Studi di Storia antica, 5), Bologna 1981, p. 73 n. 354 e p. 135).

[75] CIL VIII 15246 = 26559,  vd. ora AA.VV., Dougga. Choix d'inscriptions latines cit., pp. 163 ss.

[76] Vd. A. Beschauch, in Dougga (Thugga). Etudes épigraphiques cit., p. 116.

[77] CIL VIII 26262, vd. ora G.P. Pianu, P. Ruggeri, Vectigalia civitatibus ad proprias fabricas deputavit: Severo Alessandro e il primo arco della colonia di Uchi Maius alla luce di un nuovo frammento della dedica (CIL VIII 26262), in Varia epigraphica. Atti del Colloquio Internazionale di Epigrafia, Bertinoro, 8-10 giugno 2000, a cura di M.G.Angeli Bertinelli e A. Donati (Epigrafia e antichità, 17), Faenza 2001, pp. 345 ss.; per una rettifica del testo, vd. M. Khanoussi, P. Ruggeri, Ad aeternum testimonium reciperatae libertatis. La dédicace de l’arc de Sévère Alexandre à Uchi Maius  (Henchir Ed-Douamis, Tunisie) à la lumière des fouilles d’octobre 2001, in “L’Africa Romana”, XIV, Sassari 2000 (2002), in c.d.s.

[78]A. Beschaouch, Uzappa et le proconsul d'Afrique Sex. Cocceius Anicius Faustus Paulinus, "MEFR", 81, 1969, pp. 206 ss., vd. J. J. Gascou, La politique municipale  cit., II, p. 274 ss.

[79] Vd. bibliografia in Ruggeri, Costantino conditor urbis cit., p. 61 n. 1.

[80] Vd. ora A. Mastino, A. Teatini, Ancora sul discusso “trionfo” di Costantino dopo la battaglia del Ponte Milvio. Nota a proposito di CIL, VIII, 9356 = 20941 (Caesarea), in Varia Epigraphica cit., pp. 273 ss.

[81] AUR. VICT. Caes. 40, 28 (57 Dufraigne), vd. Aiello, Costantino, Lucio Domizio Alessandro e Cirta cit., pp. 179 ss.

[82] CIL VIII 15451 cfr. p. 2595 = ILS 690, vd. Lepelley, Les cités cit., II, p. 234 nr. 12; Ruggeri, La casa imperiale cit.,  p. 158 nr. 32.

[83] CIL VIII 7008 = ILAlg. II 585, Cirta.

[84] CIL VIII 210 = ILS 5570, vd. Chastagnol, Le formulaire cit., p. 27 (erroneamente nr. 290).

[85]  CIL VIII 608 = 11772.

[86] CIL VIII 7007 = ILAlg. II 583.

[87]  CIL VIII 2386 = 17885.

[88]  CIL VIII 7006 cfr. p. 1847 = ILS 688 = ILAlg. II 582 e CIL VIII 7007 = ILAlg. II 583; vd. anche CIL VIII  7010 cfr. p. 1847 = ILS 688 = ILAlg. II 582, Cirta, vd. E. De Ruggiero, in Diz. ep. II, 3 (a. 1922), p. 2046, s.v. domitor.

[89]  CIL VIII 2387.

[90]  AE 1967, 494, vd. Chastagnol, Le formulaire cit., p. 24.

[91]  AE 1968, 602.

[92]  AE 1969-70, 631.

[93]  F. Gnecchi, I medaglioni romani, I, Milano 1912, p. 15 n. 6, tav. 6, n. 10; RIC VII, p. 195 nn. 356-357; pp. 215-216 nn. 531 e 534, quest’ultimo sul dritto di Costanzo II Cesare.

[94]  CIL VI 1158 cfr. pp. 3071 e 3778 = ILS 731, vd. Mastino, Orbis cit., tav. I.

[95]  CIL VI 31413, 31414, 36959.

[96]  CIL VI 1139 cfr. 31245 e p. 3778 = ILChr. 2b, vd. Mastino, Teatini, Ancora sul discusso “trionfo” di Costantino cit., pp. 273 ss.

[97] Pan. 9 (12), 18,3; 10 (4), 31,5; ZOS. II, 17,1. Per Massenzio rappresentato come tiranno dalla propaganda di Costantino e nell'epigrafe incisa sull'arco del 315, vd. EUS., H.E. IX,9; V.C. I,27; RUFIN. IX, 9,1, cfr. P. Barcelo', Una nuova interpretazione dell'arco di Costantino, in "Costantino il Grande dall'antichità all'umanesimo", I, a cura di G. Bonamente, F. Fusco, Macerata 1992, pp. 113 ss.

[98] Pan. 10 (4), 32, 6 ss., vd. Romanelli, Storia cit., pp. 540 ss.

[99]  Hist. Aug., Tyranni triginta, I, 1.

[100] CIL VIII 2721 cfr. p. 1739 = ILS 689.

[101]  ILTun. 813.

[102] CIL XIV 131.

[103] CIL VIII 15451 cfr. p. 2595 = ILS 690, vd.  Ruggeri, La casa imperiale, cit.,  p. 158 s. nr. 32.

[104]  CIL VI 1132 = ILS 648.

[105] CIL VIII 1179 cfr. 14309, vd. Chastagnol, Le formulaire cit., p. 22. 

[106] P.es. CIL VIII 2386 = 17885, Thamugadi.

[107] P.es. CIL VI 1142, Roma.

[108] CIL XIV 131 = ILS 687, Ostia.

[109] CIL VI 1139 cfr. 31245 e p. 3778 = ILChr. 2 b, Roma, arco di Costantino, cfr. G. Barbieri, in Diz. Ep. IV (a. 1958), p. 887 s.v. liberator.

[110] CIL X 6932, Neapolis, nel 313, vd. A. Mastino, Orbis cit.,  pp. 109 ss.

[111]  Vd. H.G. Gundel, Devotus numini maiestatique eius: zur Devotionsformel in Weihinschriften der römischen Kaiserzeit, “Epigraphica”, XV, 1953, pp. 128 ss.

[112] ILTun. 1308 = AE 1942-43, 82 = CIL VIII 1411 = 14910, vd. PLRE, I, cit., p. 79.

[113]  CIL VIII 1411 = 14910 = ILTun. 1308.

[114]  Fonti in PLRE, I, p. 79; Romanelli, Storia cit., pp. 522 ss.

[115] CIL VI 505  = ILS 4143; P. Oxy. 23, 43, P. Lips. I 29, vd. Christol, Essai sur l’évolution des carrières sénatoriales, cit., p. 122.

[116] Vd. Chastagnol, Fastes de la préfecture de Rome cit., pp. 45 ss.

[117] AE 1973, 72, cfr. G. Molisani, Due note senatorie, in Epigrafia e ordine senatorio cit., pp. 496 s.

[118] Vd. le fonti in PLRE, I, pp. 78 s.v. Anullinus 2.  Vd. anche Pallu de Lessert, Fastes des provinces africaines, II, cit., pp. 12 ss.;

[119] EUS., HE  X,5, 18 e X,5, 15-17. Vd. anche 6,4; 7, 1-2 (quest'ultima dell'ottobre 313).

[120] EUS., HE  X,5, 7, 1-2.

[121]  DIO CASS. LIII,  14,7.

[122]ILAfr. 506, vd. L. Poinssot, "MSAF", 72, 1912, pp. 124 s.

[123] PLRE, I, p. 1075.

[124] J. KAJANTO, The Latin cognomina, Helsinki 1965, p. 301; vd. p. 161 (da Anus e Anullus).

[125] M. Dondin Payre, L'intervention du Proconsul d'Afrique dans la vie des cités, in L'Afrique dans l'Occident romain, Ier siècle av. J.-C. - IVe siècle ap. J.-C.,  (Collection de l'Ecole Française de Rome, 134), Roma 1990, p. 339 e n. 21 e 22.

[126] A. Chastagnol, Les légats du proconsul d'Afrique au Bas-Empire, "Libyca", 6, 1958, pp. 7 ss. ora in L'Italie et l'Afrique au Basé-Empire, Scripta varia, Lille 1987, pp. 67 ss.; vd. anche A. Beschaouch, Une hypothèse sur les légats du proconsul d'Afrique sous le Haut Empire, "Africa", 7-8, 1982, pp. 117 ss.; B.E. Thomasson, Die Statthalter der römischen Provinzen Nordafrikas von Augustus bis Diocletianus, Lund 1960 (che pensa a tre legati); Id., Zur Problem der Diözesen in Africa Proconsularis, "Eranos", 62, 1964, pp. 176 ss.;  Id., Zur Verwaltungsgeschichte der römischen Provinzen Nordafrikas (Proconsularis, Numidia, Mauretaniae), in ANRW II, 10,2 (1982), pp. 13 ss. e 17 ss.; G. Di Vita Evrard, L. Volusius Bassus Cerealis, légat du proconsul d'Afrique T. Claudius Aurelius Aristobulus et la création de la province de Tripolitaine, in "L'Africa Romana", II, 1984 (1985), pp. 155 ss.; Ead., La Fossa Regia et les diocèses d'Afrique proconsulaire, in "L'Africa Romana", III, 1985 (1986), p. 31 n. 2; Cl. Lepelley, Les sièges des conventus judiciaires de l'Afrique proconsulaire, ora in Aspects de l'Afrique romaine. Les cités, la vie rurale, le christianisme, Bari 2001, pp. 55 ss.

[127] Chastagnol, Les légats du proconsul d'Afrique cit., p. 12 = p. 72.

[128] Vd. Di Vita Evrard, La Fossa Regia cit., pp. 44 s.  Del resto vd. il ripensamento di Chastagnol, Addendum, in Les légats du proconsul d'Afrique cit.,  p. 82, per il quale è sufficiente aver dimostrato che Thugga era vicinissima al limite che separava la diocesi di Numidia proconsolare da quella di Cartagine.