2 – Marzo 2003 – In Memoriam – De Martino

 

Antonio Guarino  

Professore Emerito dell’Università

di Napoli “Federico II”

 

 

 

Francesco De Martino

 

 

(*) Questa testimonianza è destinata anche ai Seminarios Complutenses de Derecho Romano.

 

Francesco De Martino si è spento serenamente, vittima di un male che lo aveva colto da un circa un anno, nelle prime ore del 18 novembre 2002. Nato il 31 maggio 1907, era di poco ultranovantacinquenne ed aveva intensamente percorso, sin quasi agli ultimi giorni, una vita di lavoro scientifico e di attività politica. Era professore emerito dell'Università di Napoli “Federico II”, ove aveva insegnato dal 1950 la disciplina di Storia del diritto romano dopo aver coperto nei primi anni della sua carriera, a partire dal 1937, una cattedra giusromanistica nell'Università di Bari. Come studioso e maestro era socio dell'Accademia Pontaniana e della Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti, nonché membro dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Ma sin dal 1945, dopo la caduta del regime fascista, era anche entrato impetuosamente nella politica, inizialmente per il Partito di Azione e poco dopo per il Partito Socialista, del quale ultimo era stato per vari decenni esponente di alto rilevo in Parlamento e, come Vice-presidente del Consiglio dei Ministri, al Governo, sino a quando gli fu conferita dal Capo dello Stato, nel 1991, l'altissima dignità di Senatore a vita. I suoi resti mortali, composti nell'Atrio d'onore della sua Università, hanno ricevuto l'estremo saluto del Presidente della Repubblica e dei rappresentanti del Governo, delle due Assemblee parlamentari, della Corte Costituzionale ed anche (forse è da dire soprattutto) di una folla commossa e silente di colleghi di ogni parte d'Italia, di compagni di partito, di amici, di allievi in gran parte dai capelli grigi, di napoletani di ogni ceto e credenza, di gente che vedeva andarsene per sempre, con lui, una figura intemerata di Uomo limpido e onesto in un mondo e in un tempo che porta purtroppo tutti, non soltanto in Italia, a dubitare di tutto.

 

È difficile per me, se non addirittura impossibile, parlare di lui senza sfiorare i limiti di quella retorica lacrimosa in cui può riversarsi l'autentica commozione quando si è meno capaci, a pochissima distanza dall'evento, di controllarsi. Di De Martino sono stato, infatti, senza mai una par che minima incrinatura, compagno di studi e rivale di carriera accademica sin dagli inizi, e cioè sin da quando siamo entrambi nati alla scienza nel fascino esercitato su noi dall'alto exemplum dell'austero Siro Solazzi, di cui abbiamo cercato, ognuno di noi, a suo modo, di proseguire il cammino. Mi si conceda, per questo riguardo, di rinviare il lettore al non poco che ho già scritto di lui come uomo, come studioso e come politico, in vari articoli che ho poi raccolto nelle mie Pagine di diritto romano (vol. II, 1993, p. 69 ss.), nonchè, ancora più di recente, proprio in questi Seminarios Complutenses (vol. IX-X, 1997-1998, p. 33 ss.), più precisamente nel saggio dal titolo Il secolo breve della giusromanistica contemporanea. Andare oltre e più a fondo non mi riesce. La ferita è ancora aperta, e sanguina.

 

Napoli, 21 novembre 2002