N. 8 – 2009 – Memorie//XXIX-Roma-Terza-Roma
Andrea Forti
Associazione per
lo Studio in Italia
dell’Asia
centrale e del Caucaso (ASIAC)
La Lupa
capitolina del Tagikistan e la questione indoeuropea tra archeologia e politica
Sommario: 1. Introduzione. – 2. L’“arianismo” tagico.
– 3. La Lupa Capitolina di Bundzikat come
elemento dell’ideologia nazionale tagica. – 4. Conclusione.
Come è
noto, il Tagikistan, repubblica post-sovietica a maggioranza islamica,
appartiene culturalmente e linguisticamente allo spazio iranico e persofono.
L’elemento che, nel discorso
nazionale ufficiale, ricollega la storia e l’identità tagica alla
romanità è la nota Lupa di Bundzikat, un affresco raffigurante
una lupa nel momento di allattare due gemelli, che riproduce la classica
iconografia della Lupa Capitolina di Roma e che venne ritrovato sul finire
degli anni ’60 del secolo scorso da una missione archeologica sovietica
operante nell’omonima località del Tagikistan settentrionale.
Scopo di questo
contributo non è quello di entrare nel dibattito circa la provenienza
della Lupa, se essa sia giunta a Roma dall’Oriente o viceversa, né
quello di approfondire il significato dell’affresco in sé, se esso
rappresenti effettivamente Romolo e Remo o se raffiguri il mitico Re
Kir-Kayumarth capostipite delle genti iraniche[1],
bensì quello di contestualizzare la rinnovata attenzione
dell’establishment politico e accademico tagico nei confronti della Lupa
di Bundzikat nel quadro di un più ampio discorso nazionale e identitario
ufficiale.
L’indipendenza
delle repubbliche dell’ex Unione Sovietica, avvenuta in concomitanza con
il dissolvimento dell’URSS, ha rilanciato all’interno degli
ambienti politici ed intellettuali delle neo-indipendenti repubbliche un
dibattito sull’identità nazionale che, già avviatosi almeno
dagli anni ’20 durante la formazione delle Repubbliche Socialiste
Sovietiche (ССР),
assumeva ora un ruolo di primaria importanza dovendo giustificare non
più, come in periodo sovietico, quella che era quasi una mera divisione
amministrativa interna di una compagine statale plurinazionale, ma bensì
la piena indipendenza politica di stati privi (se eccettuiamo la Russia,
l’Armenia e la Georgia) di una statualità consolidata e
continuativa nella storia.
Contrariamente a
quanto si è spesso sostenuto, specie in ambito giornalistico e
divulgativo, il crollo dell’URSS e la conseguente nascita di nuovi stati
indipendenti non fece partire “da zero” il dibattito storico e
identitario degli intellettuali delle varie nazionalità, né
l’identitarismo si pose come semplice ersatz
ideologico di un marxismo-leninismo oramai sepolto.
I nuovi stati
indipendenti infatti ereditarono dalle precedenti repubbliche sovietiche
federate non solo i confini, ma anche tutto quell’apparato di istituzioni
culturali ed accademiche, come le Accademie delle Scienze, che nei decenni
sovietici aveva prodotto e consolidato un vero e proprio discorso nazionale
che, teoricamente subordinato al dogma leninista della cultura “nazionale
nella forma e socialista nel contenuto”, si era autonomizzato sempre
più dal “contenuto socialista” per rafforzare quella
“forma nazionale” che, nei fatti, di tale cultura divenne sempre di
più anche contenuto.
La questione
centrale nelle nuove ideologie nazionali degli stati post-sovietici rimane,
come nel periodo comunista, l’affermazione e la difesa della tesi
dell’autoctonia della nazionalità “titolare” dello
Stato come fondamento di legittimità politica.
L’autoctonia,
se è facilmente dimostrabile per popolazioni di antico stanziamento e
dotate di una storia statuale millenaria come gli Armeni ed i Georgiani, non lo
è altrettanto per nazionalità alle quali è stata
attribuita una statualità solo durante il periodo sovietico, quando fra
il 1924 e il 1929, in ossequio alla politica leninista (in verità
staliniana) delle nazionalità, furono create delle Repubbliche
Socialiste Sovietiche delimitate territorialmente su base etno-linguistica ma
nella maggior parte dei casi prive di un’immediata giustificazione
storica.
Il caso del
Tagikistan, repubblica persofona dell’Asia Centrale, è quasi
paradigmatico.
La Repubblica
Socialista Sovietica Tagica (ТССР)
nacque infatti nei presenti confini solo nel 1929, a seguito
dell’elevazione al rango di SSR della ASSR Tagica, costituita nel 1924 in
seno alla SSR dell’Uzbekistan (УзССР).
La nascita di una
SSR Tagica venne subito osteggiata dagli ambienti politici, culturali e
accademici del Partito Comunista della SSR Uzbeca, i quali tendevano a negare
l’esistenza stessa di una nazionalità tagica (tojik), preferendo piuttosto parlare di uzbechi
“persianizzati” in seguito all’islamizzazione dell’Asia
Centrale, sottintendendo quindi l’autoctonia degli Uzbechi turcofoni e la
conseguente maggiore pretesa di legittimità storica statualità
uzbeca.
Alle pretese
uzbeche gli ambienti accademici tagichi, sostenuti dal Partito della SSR Tagica,
risposero con argomenti storici, linguistici ed antropologici che sostenevano
ed esaltavano l’“arianità” dei tagichi, legittimi
successori degli antichi popoli iranici dell’antica Battriana e della
Soghdiana, e la continuità storica della SSR Tagica con il regno
medievale islamico dei Samanidi (875-999), la dinastia iranica sotto la quale
rifiorì, dopo un oblio di quasi quattro secoli dall’invasione
islamica dell’Iran, la letteratura persiana, con i panegirici dei poeti
di corte Daqiqi e Rudaki[2].
Chi in periodo
sovietico si adoperò per difendere, e diffondere, a livello ufficiale la
tesi “arianista” dell’origine dei tagichi fu Bobojon
Ghafurov, rinomato accademico nonché Segretario del Partito Comunista
della RSS Tagica dal 1946 al 1956.
Ghafurov nelle sue
opere accredita l’idea che i Tagichi siano gli unici discendenti nella
regione delle originarie popolazioni “arie” dell’Asia
Centrale e che, al contrario, i popoli turcofoni siano di più tardo
stanziamento[3];
le tesi di Ghafurov, alla base anche dell’attuale ideologia nazionale del
Tagikistan, trovarono un’eco favorevole anche presso ambienti accademici
sovietici russi, sensibili alle tesi “arianiste” che già
dalla seconda metà del XIX secolo si erano diffuse nell’Impero
Zarista e che sostenevano la superiorità dei popoli “arii”,
agricoltori stanziali e fondatori di civiltà, nei confronti dei popoli
“turanici”, nomadi e, quasi di conseguenza, feroci e distruttori[4].
L’arianismo
autoctonista che si diffuse in Tagikistan, e che oggi è diventato
l’ideologia ufficiale di Stato, mirava quindi a rimarcare la
legittimità statuale di fronte alle pretese uzbeche ma anche
implicitamente a tenere distinta l’identità tagica da quella
iraniana, resistendo a quelle tendenze pan-iranistiche che già dagli
anni ’30, sulla scia dei nazionalismi radicali europei, cominciavano a
prendere piede nell’Iran di Reza Shah e che tendevano a considerare il
piccolo Tagikistan come una semplice periferia orientale del “Grande
Iran” (Iran-e Bozorg)[5].
Il Tagikistan
secondo Bobojon Ghafurov, è parte integrante del più ampio mondo
iranico, assieme all’Iran e all’Afghanistan, ma costituisce una
nazione distinta, erede diretta degli antichi ariani e per questo con una
dignità pari, se non addirittura superiore, a quella dell’Iran,
poiché le prime entità politiche iraniche videro la luce nelle
terre di Sogdiana, Battriana e Khwarezm precedentemente alla formazione degli
stati iranici occidentali[6].
L’arcaismo
dei nazionalisti iraniani, che rivendicano la continuità con Elamiti,
Medi e Achemenidi, viene così superato dalla storiografia ufficiale
tagica sovietica e post-sovietica, che si riconnette direttamente alla sede
primordiale delle popolazioni ario-iraniche.
Gli sforzi
dell’attuale dirigenza tagica di valorizzare l’eredità
ariana, culminati con la proclamazione del 2006 “Anno della
Civiltà Ariana”, non fanno altro che portare a compimento un
processo di elaborazione culturale nato almeno ottant’anni fa, anche se
oggi l’importanza data alla questione ario-indoeuropea è dovuta
anche alla necessità di trovare un’alternativa identitaria al
fondamentalismo islamico.
L’arianismo ufficiale promosso dalle
autorità tagiche ha alcuni punti in comune con il pan-iranismo iraniano,
diffusosi dagli anni’30 e che sta ora vivendo un certo revival, ma si
distanzia da esso per non pochi elementi.
Come il pan-iranismo anche
l’arianismo tagico è arcaizzante, facendo propria la comune
tradizione religiosa pre-islamica iranica e una gran parte della tradizione
letteraria neo-persiana, e si pensa soprattutto in contrapposizione a forme di
islamismo politico, ma differisce dal primo per un differente approccio nei
confronti del concetto di “Grande Iran” (Irān-e Bozorg).
Il pan-iranismo pensa all’odierno
Iran come centro dell’ideale Grande Iran, uno spazio che coincide non
solo con le aree di stanziamento delle popolazioni persofone e iraniche (gli Aqvām-e Irāni, i “popoli
Iranici”: Baluci, Kurdi, Pashtun e Hazara), ma che include tutti quei
territori che in passato furono parte di una qualche entità politica
iraniano-persiana, come il Caucaso, comprese Armenia e Georgia, l’Asia
Centrale, la Mesopotamia iraqena e le sponde meridionali del Golfo Persico,
abitate da popolazioni arabofone considerate, in quanto sciite,
“iranizzate”.
Lo slogan pan-iranista “Falāt-e Irān, be zir-e yek
Parčam!”[7]
(“L’Altipiano Iranico sotto un’unica bandiera”)
contiene come messaggio implicito il fatto che l’auspicabile Grande Iran,
pur riconoscendo le singole popolazioni iraniche come parti del Mellat-e Irān (“Nazione
Iraniana”), sarà concepito come un’estensione
dell’attuale nucleo persiano-sciita.
L’arianismo tagico, pur riconoscendo
come necessario un riavvicinamento politico e culturale fra i paesi iranici,
mantiene un orizzonte di riferimento contemporaneamente
“tagichista”, rifiutando l’idea di un Tagikistan mera
periferia orientale del Grande Iran, e autenticamente
“pan-arianista”, concependo la nazione tagica come parte a pieno
titolo di una grande famiglia di popoli indoeuropei che si estende dall’Europa
settentrionale ai confini della Cina e che ha dato vita alle maggiori
civiltà della Storia, come i Greci, i Persiani-Tagichi, i Romani, i
Germani e i Russi-Slavi.
Il Tagikistan, erede della Sogdiana, patria
di Zoroastro e dei primi poeti neo-persiani, lungi dall’essere periferia
iraniana è un centro di civiltà aria e un vero e proprio
antemurale del mondo indoeuropeo di fronte alla pressione turanica.
Questo più ampio riferimento
indoeuropeo rende l’arianismo tagico assai più incline a ricercare
e valorizzare quegli elementi dell’identità e della storia
nazionale che possono rafforzare il legame fra la piccola Repubblica
centroasiatica e altri paesi o civiltà di discendenza indoeuropea.
La presenza nel territorio della Repubblica
del Tagikistan di un antico affresco raffigurante una lupa nell’atto di
allattare due gemelli, chiaramente identica alla Lupa Capitolina di Roma, ha
dato il via ad un’operazione politico-culturale, pienamente supportata a
livello ufficiale, di valorizzazione delle relazioni esistenti fra la
civiltà Tagico-Iranica e la Romanità.
L’attenzione prestata dalle
autorità politiche ed accademiche della Repubblica del Tagikistan per
questo particolare ritrovamento archeologico e per l’ipotetico legame
esistente fra i Tagiki e Roma è culminata nell’ottobre del 2005
nell’organizzazione, nella capitale Dushanbe, del X Colloquio dei Romanisti dell’Europa Orientale e dell’Asia,
immediatamente seguito dallo svolgimento dei lavori, sempre a Dushanbe, del XXV Seminario internazionale di studi
storici “Da Roma alla Terza Roma”.
L’organizzazione di questi due
prestigiosi convegni in Tagikistan, ai quali parteciparono rappresentanti di
università e istituzioni accademiche europee, russe e di vari paesi
ex-sovietici, è stata un’occasione per rimarcare, anche di fronte
ad un pubblico europeo, l’appartenenza di questa nazione persofona ad una
“sfera indoeuropea” che la accomuna non solo ai vicini Iraniani e
Afgani, ma soprattutto ai discendenti nordici e occidentali degli antichi
ariani.
La Lupa di Bundzikat, che non a caso è
stata scelta come logo del X Colloquio
dei Romanisti di Dushanbe (e alla quale è stato eretto un monumento
bronzeo), è diventato così il “pretesto” per una
più ampia riflessione sull’arianità tagica e sul ruolo
particolare che l’espansione del diritto romano in Oriente ha avuto nella
formazione della cultura nazionale.
Nel contributo finale presente negli atti
del X Colloquio dei Romanisti,
intitolato significativamente Prarodina
ariev-indoevropejcev (“La Patria ancestrale degli
arii-indoeuropei”), l’accademico tagico Numon Negmatov, lo stesso
scopritore dell’affresco di Bundzikat, coglie l’occasione fornita
dalla presenza in Tagikistan della Lupa, per ribadire la tesi della
“patria ancestrale” centroasiatica di tutti i popoli indoeuropei e
per proporre la costituzione in futuro di un Congresso di Studi di Indoeuropeistica che raggruppi tutti gli
studiosi di questioni concernenti questioni indoeuropee.
L’autore dell’intervento
propone come prima sede di questo congresso il sito archeologico russo di
Arkaim, situato nella provincia uralica di Čeljabinsk, dove nel 1987
furono scoperti i resti di un antico abitato circolare ritenuto, da molti
ambienti accademici russi di orientamento arianista, come il centro della
più antica civiltà indoeuropea della storia[8].
Il riferimento di Negmatov al sito di
Arkaim, definito “grande monumento ariano”[9],
è indicativo di un persistente legame fra le tesi arianiste russe, che
individuano nello spazio centrasiatico-siberiano la “patria
ancestrale” degli arii e le simili tesi diffuse negli ambienti accademici
e culturali ufficiali del Tagikistan.
Uno degli altri aspetti relativi ai
rapporti fra antichità romana e storia nazionale che, come accennato in
precedenza, sembrano interessare molto gli studiosi tagichi è la
questione dell’espansione in Oriente del diritto romano (il X Colloquio dei Romanisti di Dushanbe
è stato organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università Statale Nazionale Tagica).
Il fatto di sottolineare
l’appartenenza del Tagikistan alla civiltà giuridica romana
significa, per accademici tagichi quali Machkam Machmudov, già Preside
dell’Università Statale del Tagikistan, sottolineare le comuni
radici “ariane” del moderno diritto romano, giunto in Asia Centrale
grazie all’espansione russa zarista, e dell’antico diritto
ario-iranico degli antenati dei Tagiki[10].
L’introduzione russa e sovietica del
diritto romano nelle terre tagico-iraniche dell’Asia Centrale assume
quindi la valenza non già di un’imposizione
“coloniale” di un diritto estraneo, ma bensì della restaurazione
di una forma di diritto “ariano” dopo una parentesi quasi
millenaria di šari’a
islamica e di dominio turanico.
Il caso della Lupa Capitolina di Bundzikat
rappresenta un interessante e stimolante esempio di integrazione di una
scoperta archeologica all’interno di un più vasto discorso
identitario e nazionale.
L’integrazione di ritrovamenti
archeologici nell’elaborazione di un’ideologia e di un immaginario
nazionale non costituisce certo una novità, se pensiamo ad esempio al culto
per le rovine di Persepoli inaugurato dagli Šāh della dinastia
Pahlavi in Iran, ai vistosi restauri delle rovine assiro-babilonesi fatti
eseguire dall’ex presidente iraqeno Saddam Huseyn o all’utilizzo
delle rovine di Arkaim per accreditare l’idea della presenza in Russia
della patria ancestrale degli ariani[11].
Ciò che è interessante nel
caso della Lupa tagica è il fatto che un’icona così
chiaramente collegabile alla romanità sia stata utilizzata da una
nazione persofona per rimarcare un’appartenenza storica, culturale ed
etno-antropologica ad una comunità sovranazionale, il mondo indoeuropeo
eurasiatico, che trascende i confini stessi del mondo iranico e persofono.
L’adozione da parte del Tagikistan di
una visione strettamente pan-iranistica lo legherebbe strettamente ad un
contesto tendenzialmente “persianocentrico” e lo esporrebbe alla
pressione del fondamentalismo islamico sunnita dei vicini persofoni afgani,
mentre la scelta arianista consente alle élites
politiche e culturali tagiche di valorizzare la propria identità iranica
e persofona senza perdere il contatto con il mondo russo e post-sovietico e con
l’Europa.
[1] Al riguardo si veda: N.N. NEGMATOV, V.M.
SOKOLOVSKIJ, La Lupa Capitolina in Tagikistan e le leggende
dell’Eurasia, in Помятники
культуры.
Новые
открытия [Monumenti
della Cultura. Nuove Scoperte], Mosca, 1975, 438-458.
[2] Sul processo di formazione della RSS del
Tagikistan si veda: P. BERGNE, The Birth
of Tajikistan, National Identity and the origins of the Republic, Tauris,
2007.
[3] M. Laruelle, The Return of the Aryan
Myth: Tajikistan in Search of a Secularized National Ideology, in Nationalities Papers, 35, 1, 51-70.
[4]
Sull’arianismo russo si veda: M. LARUELLE, Mythe aryen et rêve impérial dans la Russie du XIX
siècle, CNRS editions, 2005.
[6] M.
LARUELLE, The Return of the Aryan Myth: Tajikistan in Search of a
Secularized National Ideology, cit., 56.
[8] Atti del X Colloquio dei romanisti dell’Europa Centro-Orientale e
dell’Asia (Dushanbe, 19 ottobre 2005), Dushanbe, 2007, 138-141.
[10] M. MACHMUDOV, La “Lupa capitolina” in Tagikistan. A proposito della
diffusione del Diritto Romano in Asia Centrale. Relazione presentata al
XXVI Seminario Da Roma alla Terza Roma “Pace e Impero da Roma a
Costantinopoli a Mosca. Diritto e Religione”. (Campidoglio, 21 aprile
2006).