N. 8 – 2009 –
Memorie//XXIX-Roma-Terza-Roma
Università
di Venezia
La nobiltà armena e
l’Impero da Roma alla Terza Roma
Questa comunicazione intende
evidenziare i rapporti storici tra la nobiltà armena e i sistemi
imperiali romano, bizantino e russo. Si tratta evidentemente di un obbiettivo
molto complesso, che abbraccia non solo millenni, ma anche sistemi politici e
sociali molto differenti tra loro. Ritengo tuttavia che per chi si occupa di
questi sistemi imperiali tali rapporti siano interessanti e relativamente poco
noti.
Quello della nobiltà armeno è
un tema di cui mi sto occupando da anni e che talvolta desta una certa sorpresa
tanto diffusa è, soprattutto per l’epoca moderna, l’immagine
degli Armeni come un popolo prevalentemente diasporico e commerciale, che non
ne esaurisce certo le dinamiche sociali, politiche ed economiche e sembra
inoltre corrispondere in qualche modo agli stereotipi negativi (in primo luogo
avidità e viltà) frequentemente attribuiti agli Armeni.
Stereotipi singolarmente in contrasto con la fama di grande valore di cui
godeva questo popolo nell’Antichità e nel Medioevo[1].
In realtà la società armena è stata contraddistinta per
secoli da una struttura dominata dalla nobiltà[2].
Una caratteristica peraltro condivisa dalla Georgia e dall’Albània
caucasica, vale a dire gli altri due paesi che componeva la regione che viene
solitamente definita Subcaucasia o, dopo la cristianizzazione “Caucasia
cristiana”.
Senza dubbio - e lo hanno efficacemente
dimostrato i già ricordati studi di Adonc, Manandyan e Toumanoff,
nonché quelli di Benveniste, Widengren, Lang e Garsoïan[3],
- proprio per il suo carattere accentuatamente nobiliare la struttura sociale
della Caucasia antica ed in particolare dell’Armenia era strettamente
collegata a quella iranica, più partica che sasanide[4],
mentre si distingueva nettamente da quella greco-romana prima e da quelle
bizantina e islamica dopo. Sicuramente, invece, questa società aveva
molti punti in comune con quella dell’Europa medievale anche se, come
è stato affermato da più parti, appare necessario evitare una
“illusion de la feodalité” che porta spesso ad accostare in
maniera acritica la nobiltà caucasica a quella europea di tipo feudale[5].
Sin dall’XI secolo, infatti, le
conquiste di bizantini e selgiuchidi posero fine ai regni armeni della madrepatria.
Le casate della nobiltà armena – che già avevano subito un
duro colpo all’epoca della dominazione araba – vennero in larga
misura annientate, oppure emigrarono verso l’Impero bizantino dove, del
resto, già nei secoli VI-XI gran parte degli imperatori e dei capi
militari aveva origine in famiglie della nobiltà armena[6].
Il luogo privilegiato di questo insediamento fu il principato e poi regno di
Cilicia (1099-1375), che conservava ancora ampiamente la tradizionale struttura
della società armena, anche se il potere dei re vi era più forte
di quanto avvenisse nei regni della madrepatria[7].
Dopo la caduta del regno di Cilicia ed il
consolidamento della dominazione straniera nella madrepatria la nobiltà
armena perse definitivamente l’antico ruolo dominante e in larga misura
cessò di esistere in quanto tale. Solo in singole regioni, periferiche e
di montagna, le antiche casate riuscirono a sopravvivere, conservando parte
della loro autorità[8].
Alcune di esse rimasero sul suolo della madrepatria, soggette a varie
dominazioni musulmane, altre nel regno cristiano di Georgia, dove si
integrarono con la nobiltà locale ed ebbero un ruolo politico notevole,
soprattutto nei secoli XI-XIV. Merita di essere segnalata soprattutto la
famiglia degli Zak´arean che, a cavallo tra il XII ed il XIII secolo,
liberò dal dominio mussulmano gran parte dell’Armenia
settentrionale, governandola nell’ambito del regno di Georgia[9].
L’egualitarismo dell’islam rese
tuttavia estremamente difficile la sopravvivenza delle antiche casate armene,
in particolare nell’Impero ottomano, al cui interno nessuna
nobiltà ereditaria era riconosciuta al di fuori della famiglia
imperiale. L’élite dei
cosiddetti amira, particolarmente
ricca ed influente nei secoli XVIII e XIX, aveva un carattere sostanzialmente
borghese, nonostante le rivendicazioni di un’origine nobile da parte di
qualche famiglia di questa classe. E lo stesso può dirsi per i ricchi
mercanti della fiorente comunità armena di Nuova Giulfa, in Persia.
Nell’ambito dell’Impero
persiano, tuttavia, la nobiltà armena poté almeno in parte
sopravvivere. Nell’Armenia orientale, soprattutto nel Karabakh alcune
famiglie nobili – i cosiddetti melik´[10] – mantennero il loro tradizionale
potere, mentre alcune casate armene, anche di origine principesca, si
integrarono nell’aristocrazia del regno di Georgia. Nel corso del XVIII
secolo queste famiglie della nobiltà armena della Transcaucasia ebbero
un ruolo di rilievo nel richiamare la Russia nella regione, sperando
inizialmente che il governo di Pietroburgo volesse contribuire alla rinascita
di un regno d’Armenia[11].
Nonostante il fallimento di queste speranze, anche dopo la conquista russa
queste famiglie nobili armene continuarono a recitare un ruolo importante, sia
nella sfera politica che in quella culturale. Alcune casate, il cui status
principesco era stato riconosciuto già dal regno di Georgia, entrarono
presto a far parte dell’alta aristocrazia russa. Al contrario, invece, il
governo imperiale riconobbe ai melik’
solo la nobiltà ordinaria. Secondo i dati ufficiali, ancora nel corso
del XIX secolo queste famiglie erano relativamente numerose. Secondo il
censimento del 1897, apparteneva alla nobiltà ereditaria lo 0, 83% degli
Armeni ed a quella personale lo 0,55%. Una percentuale bassa rispetto a quelle
di Polacchi (4,41% e 0,78%) e Georgiani (5,29% e 1,04%), ma sostanzialmente in
linea con la media dell’Impero (0,97% e 0,50) e quella dei Russi (0,87% e
0,84%)[12].
Numerosi loro esponenti si distinsero nel
servizio militare e civile dell’Impero russo. Ricorderò soltanto
alcuni esempi di rilievo: il principe Valerian Madatov (1782-1829), eroe delle
guerre napoleoniche e caucasiche, i generali Moisej Argutinskij-Dolgorukij[13]
(1797-1855) e Vasilij Bebutov (1791-1854)[14].
Un altro di questi generali di origine armena, Michail Loris-Melikov
(1825-1888), ebbe una carriera particolarmente luminosa. Nel febbraio 1880
venne chiamato a ricoprire la carica di presidente della Suprema Commissione
Amministrativa. Da allora e sino all’assassinio di Alessandro II nell’aprile
1881, Loris-Melikov fu il principale ministro dell’Impero. Giudicato da
alcuni un “patriota russo”, da altri un “armenaccio
astuto” (chitryj armjaška)[15]
Loris-Melikov è in ogni caso una figura particolarmente importante per
quel che riguarda le dinamiche di integrazione e assimilazione della
nobiltà armena nell’Impero russo. La sua carriera esemplifica in
effetti le opportunità di cui gli armeni, soprattutto i nobili, godevano
nell’Impero russo. Tanto più che Loris-Melikov non si era affatto
russificato. Benché avesse ricevuto un’educazione russa e europea,
egli rimase infatti membro della Chiesa Apostolica Armena[16].
***
L’antica
società armena, strutturata sul modello iranico, era fortemente
incentrata sull’elemento nobiliare. Una caratteristica che la distingueva
nettamente dalle società del Mediterraneo, in particolare da quella
greco-romana. La nobiltà armena ebbe peraltro un rapporto intenso, anche
se contrastato e difficile, con l’Impero romano d’Oriente, al quale
fornì un forte contributo militare ed anche politico. Dopo il crollo dei
regni nazionali il ruolo di questa nobiltà si ridusse fortemente, sino a
scomparire, se non nelle regioni nord-orientali dell’Armenia. Qui e nel
vicino regno di Georgia, la nobiltà armena ha invece costituito un
elemento di rilievo sino alla conquista russa. Un aspetto particolarmente
interessante della storia della nobiltà armena è rappresentato
infatti dal suo efficace inserimento nella vita politica, militare e sociale dell’Impero
russo.
[1] «…
sorta di lanzichenecchi o di highlanders
del Vicino Oriente». Così li definisce lo studioso del
cristianesimo antico Peter Brown, che continua: «... gli Armeni si
distinguevano negli eserciti di entrambi gli imperi [bizantino e persiano].
Provenivano da una cultura che mirava a formare eroi ...» (P. BROWN, La formazione dell'Europa cristiana. Universalismo e diversità, tr.
it. Roma-Bari 1995, 205). Un altro studioso osserva invece che
«… stereotypes regarding Armenian commercial abilities have
overshadowed their past accomplishments as warriors in the service of not only
their own princely families, but in the service of the Roman, Sasanian, and
Byzantine Empires» (R.G. KRIKORIAN, From
swords to plowshares … back to swords: the Reconstruction of Armenian
Martial Identity, in The Annual of the Society for the Study of Caucasia,
1994-1996, 6-7, 29).
[2] Tra gli studi generali segnalo N. ADONC, Armenija v epochu Justiniana.
Političeskoe sostojanie na osnove nachararskago stroja,
Sankt-Peterburg 1908 (Armenia in the
Period of Justinian, translated with partial revisions, a bibliographical
note and appendices by N. GARSOÏAN, Lisboa 1970); H. MANANDYAN, Feudalizmǝ hin Hayastanum:
Aršakunineri ev marzapetut´yan
šrjan, Erevan 1934; E. KHERUMIAN, Esquisse d’une féodalité
oubliée, in “Vostan. Cahiers d’histoire et de
civilizations arménienne”, 1948-1949, n. 1, 7-56; A.G. SUKASJAN, Obščestvenno-političeskoj
stroj i pravo Armenii v epochu rannego feodalizma, Erevan 1963; C. TOUMANOFF,
Studies in Christian Caucasian History,
Georgetown 1963; IDEM, Manuel de
génealogie et de chronologie pour l’histoire de la Caucasie
chrétienne, Roma 1976; C. TOUMANOFF, Les dinasties de la Caucasie chrétienne de
l’Antiquité jusqu’au XIX siècle. Tables généalogiques et
chronologiques, Roma 1990.
[3] Cfr. E.
BENVENISTE, Titres iraniens en
arménien, in Revue des Etudes Arméniennes, IX/1
(1929), 5-10; G. WIDENGREN, Recherches
sur le féodalisme iranien, in “Orientalia Suecana”, V
(1956), 79-182; D.M. LANG, Iran, Armenia
and Georgia, in E. YARSHATER (ed.), The
Cambridge History of Iran, 3 (1). The Seleucid, Parthian and Sasanian Periods,
Cambridge 1983, 505-536; N. GARSOÏAN, Prolegomena
to a Study of the Iranian Elements in Arsacid Armenia, in EADEM, Armenia between Byzantium and the Sasanians,
London 1985, soprattutto 19-27; L’art
iranien comme témoin de l’armement arménien sous les
Arsacides, in Atti del V Simposio
Internazionale di arte armena, Venezia 1988, 385-395.
[5] Cfr. G.
CHARACHIDZE’, Introduction à
l’étude de la féodalité géorgienne (Le Code
de George le Brillant), Paris 1971, 9-25 e N. GARSOÏAN, B.
MARTIN-HISARD, Unité et
diversité de la Caucasie médiévale (IV-XI s.), in Il Caucaso: cerniera fra culture dal
Mediterraneo alla Persia (secoli IV-XI). Atti della Quarantatreesima
Settimana di studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto medioevo (aprile
1995), v. I, Spoleto 1996,
277, n. 5.
[6] Cfr. P. CHARANIS, The Armenians in the Byzantine Empire, Lisboa, Fundacão
Calouste Gulbenkian, 1963; N. ADONTZ, Etudes
arméno-byzantines, Lisbonne, Livraria Bertrand, 1965; A.
KAŽDAN, Armjane v sostave
gospodstvujuščego klassa vizantijskoj imperii v XI-XII vv.,
Erevan, Izdatel’stvo Akademii Nauk Armjanskoj SSR, 1975; I. BROUSSELLE, L’intégrations des
Arméniens dans l’aristocratie byzantine au IX siècle,
in L'Arménie et Byzance. Histoire
et culture, Paris, Publications de la Sorbonne, 1996, 43-54; G.
DÉDÉYAN, Gli armeni
nell'Impero bizantino, in Roma -
Armenia, a cura di Cl. MOUTAFIAN, Roma, De Luca, 1999, 102-106.
[7] Cfr. C. TOUMANOFF, Studies, cit., 30 e
B.L. ZEKIYAN, La Cilicia armena tra
“Realpolitik” e utopia, in Atti
del II Simposio Internazionale “Armenia-Assiria”, a cura di M.
NORDIO e B.L. ZEKIYAN, Venezia, Editoriale Programma, 1984, 110. Sulla
nobiltà armena in Cilicia si veda anche W.A. RÜDT-COLLEMBERG, The Rupenides, Hethumides and Lusignans: The
Structures of the Armeno-Cilician Dynasties, Paris, Klincksieck, 1963; G.
DÉDÉYAN, Les listes
féodales du Pseudo-Smbat, in Cahiers de Civilisation
médiévale, XXXII (1989), 1, 25-42; IDEM, Le cavalier arménien, in From
Byzantium to Iran. Studies in Honour of Nina G. Garsoïan, ed. by J.-P.
Mahé, R.W. Thompson, Atlanta (Ge.), Scholars Press, 1996, soprattutto
208-221; IDEM, Le rôle politique et
militaire des Arméniens dans les Etats croisés pendant la
première partie du XII siècle, in Die Kreuzfarherstaaten als Multikulturelle Gesellschaft, hersg. von
H.E. Mayer, E. Müller-Luckner, München 1997, 153-163.
[8] Sulla
sorte della nobiltà armena in questo periodo si veda R. BEDROSIAN, The Turco-Mongol Invasions and the Lords of
Armenia in the 14-14th Centuries, Ph.D. Dissertation, Columbia University,
1979, unpublished (consultabile in rete: http://rbedrosian.com/dissert.html )
[9] Cfr. G. DÉDÉYAN e N.
THIERRY, Il tempo della crociata (Fine XI
– fine XIV secolo), in Storia
degli armeni, a cura di G. DÉDÉYAN, tr. it. Milano, Guerini e
Associati, 2002, 237-238.
[10] Sui melik´
sono sempre preziosi - nonostante le imprecisioni - i testi di Raffi (Xamsayi melik´ut´iwnnerə. 1600- 1827. Niwt´er hayoc´ nor patmut´ean hamar, T´iflis., tp. Kŕvrkn.,1882; anche in IDEM, Erkeri žoŀovacu, IX, Erevan, Sovetakan groł, 1987,
417-625; di questo testo esiste anche una recente traduzione italiana: I melik’ del Łarabał
(600-1827). Materiali per la storia moderna degli Armeni, tr., intr. e note
a cura di A. Ferrari, Milano 2008) e A. BEKNAZAREANC´ (Gałtnik´ Łarabałi, Sankt Peterburg. Tparan I.N. Skoroxodovi,
1886). Tra i non molti scritti dedicati ai melik´ in epoca sovietica segnalo gli articoli
di S. BARXUDARYAN, Gełark´unik´i melik´nern u tanuterə
əst Tat´evi vank´i mi p´astat´ułti,
“Banber Matenadarani”, 8 (1967), 191-227 e M. SARGSYAN, Melik´akan bnakeli hamkaŕuyc´ Toł avanum, “Patma-banasirakan handes”, 118
(1987), 3, 132-140. In Occidente questo tema è stato approfondito
in una serie di articoli di R.H. Hewsen (The
Meliks of Eastern Armenia: A Preliminar Study, “Revue des Etudes
Arméniens”, IX (1972), 285-329; The Meliks of Eastern Armenia II, “Revue des Etudes
Arméniens”, X (1973-74), 282-300; The Meliks of Eastern Armenia III, “Revue des Etudes
Arméniens”, XII (1975-76), 219-243; The Meliks of Eastern Armenia IV, “Revue des Etudes
Arméniens”, XIV (1980), 459-470; Three Armenian Noble Families of the Russian Empires [The Meliks of
Eastern Armenia V], “Hask”, 3 (1981-1982), 389-400; The Meliks of Eastern Armenia VI: the House of Aghamaleanc´,
“Bazmavep”, CXLII (1984), 319-333). In Armenia sono da segnalare
soprattutto i recenti volumi di A. ŁULYAN, Arc’axi ev Syunik’i melik’akan aparank’nerə,
Erevan, HH GAA “Gitut’yun” hratarakč’ut’yun,
2001 e A. MAŁALYAN, Arc’axi
melik’utiunnerə ev melik’akan tnerə XVII-XIX dd., HH
GAA “Gitut’yun” hratakč’ut’yun, Erevan 2007.
[11] Su questi temi rimando ai miei articoli Nobility and Monarchy in Eighteenth Century
Armenia. Introduction to a
New Study, in “Iran & the Caucasus: Research Papers
from the Caucasia Centre for the Iranian Studies, Yerevan”, Leiden,
Brill, 2004, 8.1, 53-63 e “Menk’
mec Hayastaneac’s išxankners ew melik’ners”. Introduzione
allo studio della nobiltà armena in Transcaucasia nel XVIII secolo, in V. Calzolari, A. Sirinian, B.L.
Zekiyan (a cura di), Dall’Italia e
dall’Armenia. Studi in onore di Gabriella Uluhogian, Dipartimento di
Paleografia e Medievistica – Università di Bologna, Bologna 2004,
181-205.
[12] Cfr. A. KAPPELER, La Russia. Storia di un Impero multietnico, tr. it. Roma, Edizioni Lavoro,
2006, 414.
[13] Cfr. S. MINASJAN, Boevoj put’ general-ad’’jutanta M.Z.
Argutinskogo-Dolgorukogo, in Patma-banasirakan handes, 2001, 2,
110-132.