ds_gen N. 8 – 2009 – Memorie//Africa Romana

 

Copia di Bentivogli Valerio

Valerio Bentivogli

Università di Bologna

 

Ai confini dell’impero: mausolei e romanizzazione del Nord Africa

 

 

 

(pubblicato in L’Africa romana. Ai confini dell’Impero: contatti, scambi conflitti. Atti del XV convegno di studio. Tozeur, 11-15 dicembre 2002, a cura di M. Khanoussi, P. Ruggeri, C. Vismara, Roma, Carocci editore, 2004, I, pp. 421-437)

 

Con la distruzione di Cartagine, avvenuta nel 146 a.C., ebbe inizio il lungo processo di romanizzazione[1] del Nord Africa, i cui riflessi sono visibili nel moltiplicarsi di numerosi centri urbani e nell’adozione dei tria nomina da parte delle popolazioni locali.

A tale fenomeno diede forte impulso l’organizzazione delle nuove colonie e lo sfruttamento dei relativi suoli attraverso la redazione, avvenuta nel 111 a.C., di una lex agraria[2], il cui obiettivo fu quello di [p. 422] «fissare lo statuto delle terre d’Italia, di Corinto e d’Africa dopo il fallimento della politica dei Gracchi e dare così nuovo impulso alla loro vendita»[3]. Il Nord Africa fu così interessato, fin da subito, da un largo afflusso di popolazioni, principalmente italiche, le quali, attratte dalla generosa fertilità del suolo, occuparono la nuova provincia come appaltatori dell’ager publicus, o come veterani stanziati su porzioni di ager adsignatus[4]. A questi due gruppi, si aggiunsero quelli dei  numerosi negotiatores, i quali dopo aver ottenuto dall’imperatore Claudio la gestione privata del servizio dell’Annona, potenziarono le esportazioni di prodotti agricoli verso Roma, consolidando un monopolio già noto in età repubblicana[5]. L’Africa divenne così il maggior fornitore di grano dell’Impero, garantendo all’Urbe la copertura per i due terzi dell’anno[6]. Fu soprattutto attraverso la promulgazione di nuovi strumenti legislativi, quali la lex Manciana[7] e la lex Hadriana[8], che si ebbe un [p. 423] incremento sostanziale nello sviluppo della produzione agricola[9], in particolar modo quella dell’olivicoltura [10].

[p. 424] A questo nuovo ceto sociale – composto principalmente da due classi: quella della ricca borghesia municipale e provinciale, e quella dei ricchi proprietari fondiari – va attribuita la quasi totalità dei mausolei della romanità africana. Questi s’innalzano spesso in luoghi isolati, lontani dal disordinato affollamento delle “vie delle tombe”[11] che caratterizza le altre province dell’Impero, in zone extra-muros[12] o più frequentemente nelle borgate rurali, dove il legame con il territorio e con le numerose attività produttive è confermato dalla presenza di villae rusticae.

[p. 425] La visione di un’Africa “romana” opulenta[13] si riscontra soprattutto tra i numerosi “servitori” dello Stato, i quali più di altri ambirono affermare in modo duraturo il ricordo del proprio rango sociale e con esso quello del gruppo familiare cui si apparteneva. Fra questi individui ve ne sono alcuni degni di nota, i cui monumenti funerari attestano, ancor prima dei loro epitaffi, l’ascesa e le ambizioni di una nuova classe sociale che ottenne la civitas Romana dopo aver trascorso lunghi anni nei corpi ausiliari dell’esercito. Questi uomini parteciparono attivamente al processo di romanizzazione delle regioni interne semiaride, ricoprendo in taluni casi cariche pubbliche di primo livello, come quelle municipali.

Famosa a tal proposito risulta essere la vicenda dei Flavii, celebre famiglia di Cillium, vissuta tra la prima metà del I sec. d.C. e la fine del II sec. d.C., la cui ricchezza è da ricondursi alla gestione dei sacerdozi e delle magistrature presso la colonia traianea di Thelepte[14].

Le iscrizioni funerarie che ricoprono la facciata e parte del lato destro del mausoleo dei Flavii[15], informano delle importanti cariche raggiunte da alcuni membri di questa ricca familia e dei profondi legami che li unirono alle città di Cillium e di Thelepte. In particolare in CIL VIII, 211 (27-29) si fa cenno dell’importante ufficio assegnato, a titolo onorifico, alla giovane Flavia Pacata, [p. 426] ultima discendente dei Flavii, come flaminicae perpetuae presso Thelepte. Sempre all’interno del CIL VIII, 211 (23-25), si registra un altro flaminato, quello di T. Flavius Secundus II, padre di Flavia Pacata, di cui tuttavia non è specificato il luogo ove questi lo esercitò. Molto probabilmente Secundus II, così come i suoi antenati, «gère ses prêtrises à Cillium, comme on peut le déduire précisément de l’absence de mention géographique»[16] all’interno del testo.

Sul lato destro del monumento, sopra un secondo vano funerario, compare l’iscrizione di T. Flavius Receptus (CIL VIII, 216: 1-5). Questi risulta iscritto nella tribù Papiria; inoltre, dalla stessa iscrizione [p. 427] apprendiamo che fu magistrato édile presso l’aerarium di Thelepte.

Come si evince dalle iscrizioni del mausoleo dei Flavii, s’intuisce l’importanza di una famiglia indigena profondamente romanizzata, la cui civitas Romana è da ricondursi a T. Flavius Secundus I[17], ex-veterano dei corpi ausiliari dell’esercito, arricchitosi grazie al nuovo programma di sviluppo economico e alle nuove tecnologie applicate in campo agricolo[18].

Non lontano dal monumento funerario dei Flavii, nella stessa città di Cillium, si trova un secondo mausoleo, meno grandioso se paragonato al precedente, ma allo stesso tempo rappresentativo della politica di romanizzazione condotta da Roma nel Nord Africa. Si tratta del mausoleo dei Petronii[19], altra famiglia di notabili, la cui fortuna è da mettersi in relazione con la lunga carriera militare dell’anziano M. Petronius Fortunatus[20], fondatore della stessa. Arruolato nel 172 d.C., come semplice recluta nella Legio I Italica di stanza in Mesia, Petronius Fortunatus è stato in seguito librarius, tesserarius, optio e signifer, per poi essere promosso al grado di centurione[21] e prestare servizio in ben tredici legioni diverse, compresa quella d’Africa.

La sua carriera dovette terminare con molta probabilità intorno [p. 428] al 218-220[22] d.C., senza però accedere al primipilato. Il mancato avanzamento non gli vietò tuttavia di occupare una posizione di rilievo all’interno della società cillitana e di riscattare il premio di congedo, con il quale, molto probabilmente, riuscì a edificare il proprio monumento funerario.

Un’altra brillante carriera fu certamente quella di C. Iulius Dexter[23], il cui mausoleo, una torre quadrata di due piani, si trova a metà strada tra Theveste e Thelepte, nei pressi dello Uadi Sidi Abid, non lontano da Bir Oum Ali[24]. [p. 429] Non sappiamo se il cursus di Iulius Dexter fu rapido come quello d’altri notabili delle magistrature, di certo abbiamo notizia che egli trascorse ventisei anni nell’esercito come cavaliere di un’ala, curatore di squadrone, custode d’armi e porta insegna[25]. Congedatosi dopo honesta missione con il grado di sottoufficiale di cavalleria[26], si guadagnò la massima onorificenza nelle magistrature con la carica [p. 430] di duumvir presso la colonia di Thelepte. Il raggiungimento di tali onori municipali permise a Iulius Dexter di partecipare in prima persona alla formazione di quell’aristocrazia locale, assegnataria dei poteri di controllo e vigilanza sulla ricchezza fondiaria. Non a caso la posizione del suo monumento funerario rispecchia un andamento ideologico comune a molti notabili e commercianti locali, i quali scelsero come ultima dimora il luogo ove ebbe origine la loro fortuna economica.

L’edificio, chiamato dai locali con l’appellativo di Souma el Kheneg, sorge in prossimità di una villa rustica[27] e domina un vasto altipiano che si estende fino alle porte di Theveste. L’intera regione doveva presentarsi come una delle più fertili di tutto il Nord Africa. Prova, ne sono le preziose testimonianze di una coltura redditizia su larga scala, caratterizzata da un’alta concentrazione di torchi e impianti per la produzione dell’olio[28].

Più a nord, nel sito di Ksar el Ahmar, non lontano dalla colonia di Madauros, si trova il mausoleo eretto per commemorare la figura di M. Anniolenus Faustus[29]. L’edificio si presenta come una torre a pianta quadrata di due piani, il secondo dei quali occupato da un’edicola funeraria priva di copertura. Sopra la falsa porta si nota una grande iscrizione funeraria mutila[30], in cui sono incisi i nomi di alcuni personaggi legati alla famiglia di Anniolenus, senza tuttavia porre alcun accenno sulla natura della loro ricchezza, né tanto meno sugli incarichi pubblici da loro esercitati. Tale lacuna è colmata da una seconda iscrizione funeraria rinvenuta presso la città di Thagura, circa 30 km a sud-est di Thagaste, in cui M. Anniolenus Faustus è presentato come veteranus e, cosa ancor più importante, insignito del titolo onorifico di cornicularius tribuni legionis III Augustae[31]. Quest’ultima carica faceva di Anniolenus un ufficiale scelto, distaccato dall’esercito, al quale erano affidati incarichi speciali.

I cornicularii, durante l’epoca imperiale, erano assegnati al servizio [p. 431] di legati, tribuni e prefetti. In parole povere essi erano assistenti fidati e come tali svolgevano compiti di tipo funzionario presso i tribunali o gli uffici amministrativi come i tabularia.

A un altro veterano sembra debba appartenere il mausoleo a torre di Thuburnica[32], al confine tra Tunisia e Algeria. L’attribuzione a Q. Anneus Balbus[33] é già da qualche tempo del [p. 432] tutto ipotetica[34] poiché l’iscrizione funeraria, nota fin dal secolo scorso, non fu ritrovata in prossimità della sepoltura, ma a circa due chilometri di distanza, nei pressi dello Uadi Endja[35]. Per di più nulla ci vieta di pensare che essa possa appartenere a uno dei quattro monumenti funerari, le cui rovine fiancheggiano la strada che da Thuburnica conduce a Ad Acquas[36].

Indubbio appare invece il trasferimento di Q. Anneus Balbus, [p. 433] ex veterano della V Legio, nella nuova provincia d’Africa durante le operazioni condotte da Cesare e la successiva colonizzazione giulio-claudia. Tale considerazione è stata ampiamente dimostrata dallo studio che il Lassère ha condotto sull’iscrizione funeraria CIL, VIII 14697: «la graphie meiles et l’absence de cognomen pour la Ve légion permettent de placer à l’époque julio-claudienne»[37]. Di lui sappiamo per certo che era originario di Faventia in Cisalpina[38] e che militò nella V Legio Alaudae[39], prima di partecipare al Bellum Africum[40].

Fra gli uomini che beneficiarono di elevati privilegi, vi fu certamente C. Verrius Rogatus, triumvir quinquennalis[41] di Mactaris ancor prima della promozione della città al rango di colonia, avvenuta  alla fine del regno di Marco Aurelio, tra il 176 e il 180 d.C.[42] La stessa menzione di un triumvirato quinquennale come magistratura suprema della civitas, reca con sé memoria della precedente istituzione punica dei sufeti. Tale indicazione è dimostrata da un’iscrizione neopunica proveniente dal tempio di Hathor Miskar, datata agli inizi del II sec. d.C., in cui al posto di due sufeti ne compaiono tre[43], secondo una tradizione attribuita ai Numidi[44]. Questa mescolanza interessò soprattutto gli istituti coloniali e municipali, favorendo l’inquadramento di elementi locali nei ranghi più alti della società mediante la latinizzazione dei nomi.

Il monumento funerario di Rogatus[45], uno dei più importanti [p. 434] della colonia[46], risalente all’epoca Antonina[47], conferma l’influenza esercitata da questi notabili locali, i quali detenevano una cospicua parte dell’importante ricchezza fondiaria[48]. Il potere di controllo era quindi esercitato da una ristretta cerchia di individui, i quali facevano parte di una élite locale rappresentata, soprattutto nelle province, da una o due famiglie dominanti.

Il cognomen Rogatus, assai frequente in Nord Africa, compare sui mausolei di Gemellae (Sidi Aïch), a poca distanza dal municipium di Capsa, subito dietro al fossatum che divideva le zone desertiche dai numerosi centri abitati. Entrambi i monumenti rimandano alla forma più semplice della tipologia a torre, caratterizzata da un forte sviluppo verticale e dalla copertura a piramide, presente soprattutto nel sud della Tunisia e nella vicina Libia.

Sia quello di Iunius Rogatus[49], che quello Iulius Rogatus [50], presentano un corredo epigrafico poco “generoso”, incapace di restituirci il curriculum di questi due individui e delle loro famiglie. Di sicuro sappiamo che si tratta di due cittadini africani che ricevettero la cittadinanza romana. Prova n’è la latinizzazione del cognomen[51], il quale risulta fortemente caratterizzato dal persistere di elementi linguistici punici. Per tanto è ipotizzabile che i due mausolei risalgano al II sec. d.C., quando, sotto Traiano molti cittadini ottennero, a seguito di una lunga carriera trascorsa nelle fila dell’esercito, o tramite la conversione di una parte della loro ricchezza in beni “onorevoli”, la cittadinanza romana[52].

In questo periodo, nella regione di Capsa erano attive numerose [p. 435] fabbriche di ceramica[53], che producevano sigillata e contenitori per l’olio. É molto probabile dunque, che i proprietari di questi mausolei fossero degli imprenditori strettamente collegati a tali attività produttive[54]. Inoltre la stessa città era attraversata da un nodo stradale di fondamentale importanza per lo sviluppo economico della regione predesertica, che collegava le città interne di Theveste, Ammaedara o Thala al porto di Tacapes nella piccola Sirte[55].

I monumenti funerari di questi ricchi individui sono perciò da considerarsi come vistose testimonianze di quell’omogeneità culturale che [p. 436] caratterizzò profondamente, a partire dall’epoca dei Flavii[56] e per tutta la durata del principato degli Antonimi e dei Severi, la vita delle numerose borgate e dei territori interni del Nord Africa. Le loro sagome disegnano un paesaggio fortemente antropizzato; dove i fattori economici e insieme culturali segnarono, ancor prima di quelli strategico-militari, il lungo processo di romanizzazione che vide affermarsi una nuova élite locale nella gestione delle magistrature e nel controllo delle grosse proprietà fondiarie. Numerosi sono a tal proposito gli esempi di assimilazione del sistema onomastico del popolo conquistatore in quello conquistato, come testimoniano i vari cognomina d’origine africana latinizzati come nel caso di Verrius, Iunius e Iulius Rogatus. Altri [p. 437] invece, esprimono idee di successo, fortuna, buona sorte[57] come quelli di Fortunatus, Faustus.

Ho pertanto voluto porre l’accento su questi Neo-Romani[58] e sul prezioso ruolo che ciascuno di loro ha esercitato all’interno del vasto programma di colonizzazione condotto da Roma nel Nord Africa.



 

[1] Per una rassegna sulle tematiche della romanizzazione : J. mesnage, Romanisation de l’Afrique, Tunisie, Algérie, Maroc, Paris, 1913; T.R.S. broughton, The Romanization of Africa Proconsularis, Baltimore, 1929; R. syme, Tacfarinas, the Musulamii and Thubursicu, in Studies in Roman Economic and Social History in Honor of A.-C. Johnson, Princeton, 1951, pp. 113-130 (= Roman Papers, I, Oxford, 1979, pp. 218-30);  g.-ch. picard, Les religions de l’Afrique antique, Paris, 1954; ID., La civilisation de l’Afrique romaine, Paris, 1959; p. romanelli, Storia delle province romane dell’Africa, Roma, 1959; m. le glay, Saturne Africain, Paris, 1966; ID., Les Flaviens et l’Afrique,  «MEFR» 80, 1968, pp. 201-46; A. deman, Die Ausbeutung Nordafrikas durch Rom und ihre Folgen, «Jahrbuch für Wirtschaftgeschichte» 3, 1968, pp. 341-53; f. millar, Local Cultures in the Roman Empire: Libyan, Punic and Latin in Roman Africa, «JRS» 58, 1968, pp. 126-34 ; h.-g. pflaum, La romansation de l’ancien territoire de la Carthage punique à la lumière des découvertes épigraphiques récentes, «AntAfr» 4, 1970, pp. 75-117; ID., La romanisation de l'Afrique, in Akten des VI Internationalen Kongrresses für Griechische und Lateinische Epigraphik, München 1972 (= Vestigia XVII), München, 1973, pp. 55-72; j. gascou, La politique municipale de l’Empire romain en Afrique Proconsulaire de Trajan à Septime-Sévère, Coll. E.F.R. 8, Rome, EFR, 1972; m. benabou, La résistance africaine à la romanisation, Paris, Maspero, 1976; ID., Les romains ont-ils conquis l’Afrique ?, «AnnEconSocCiv» 1, 1978, pp. 83-8; j.-m. lassère, Vbique populus. Peuplement et mouvements de population dans l’Afrique romaine de la chute de Carthage à la fin de la dynastie des Sévères (146 a.C. – 235 p.C.), Ed. d’Antiquités africaines, Paris, CNRS, 1977; y. thébert, Romanisation et déromanisation en Afrique : histoire décolonisée ou histoire inversée ?, «AnnEconSocCiv» 1, 1978, pp. 64-82; M.-G. angeli bertinelli, Romana-Punica Minima, in p. bartoloni et alii, Atti del I Congresso Internazionale di Studi fenici e punici, Roma 5-10 Novembre 1979 (= CollStFen 16), Roma, CNR, 1983, 1, pp. 253-9. 

 

[2] CIL I, 200 = 12, 585 = FIRA 12, 8, lin. 77 et 81; t. mommsen, Gesammelte Schriften, I, Berlin, 1905, pp. 96-145; ch. saumagne, Sur la loi agrarie de 111, essai de restitution des lignes 19 et 20, «RevPhil» 1, 1927, pp. 50-80; j. carcopino, Autour des Gracches: études critiques, Paris, 1928; p. romanelli, Storia delle province, cit.,  pp. 56-71; k. Johannesen, Die Lex agraria des Jahres 111, München, 1971; j.-m. Lassère, Vbique populus, cit., pp. 103-14.

 

[3] s. bullo, Provincia Africa. Le città e il territorio dalla caduta di Cartagine a Nerone, Roma, 2002, p. 20.

 

[4] g.-i. luzzatto – g.-a. mansuelli, Roma e le Province, in Storia di Roma, 17, I/II, Istituto di Studi Romani, Bologna, 1985, p. 238.

 

[5] sallustio, Bell. Iug., XXVI, I; j.-m. lassère, Vbique populus, cit., pp. 69-72, ivi precedente bibliografia.

 

[6] s. bullo, Provincia Africa, cit., p. 39; flavio giuseppe, Bell. Iud, II, 16, 4.

 

[7] CIL, VIII 25902 = FIRA 100; j. carcopino, Sur quelques passages controversés du règlement d’Henchir Mettich (CIL VIII, 25902), in Memorial R. Basset, Paris, 1923, pp. 129-40; ID., Remarques sur la communication de M. Charles Saumagne à propos de l’inscription de Jenan ez Zaytoûna et de la Lex Manciana, «CRAI», 1937, pp. 300-1; CH. SAUMAGNE, Le droit, in c. courtis – l. leschio. Perrat – ch. Saumagne (a cura di), Tablettes Alberini, Actes privés de l’époque vandale (fin du Ve siècle), Paris, 1952, pp. 81-187 (= Essai sur une législation agraire, la lex manciana et le jus mancianum, in ch. saumagne, Études d’histoire sociale et politique relatives à la province romaine d’Afrique, «CahTun» 10, 1962, pp. 11-114; j. kolendo, Sur la législation relative aux grands domaines de l’Afrique romaine, «REA», 1963, pp. 80-103; j. gascou, La politique municipale, cit., p. 42; w. held, Die Lex Manciana. Ein Zeugnis für die Kolonatsverhältnisse im römischen reich zum Beginn des 2, «Altertun» 11, 1965, pp. 223-33. 

 

[8] CIL VIII, 26416 = FIRA 102; j. carcopino, La législation sociale d’Hadrien interprétée à la lumière des tablettes latines de l’époque vandale dites Tablettes Albertini, Wiss. Zeitschr. der Univ. Leipzig, V, 1955-1956, pp. 403-5; a. piganiol, La politique agraire d’Hadrien, Les Empereurs romains d’Espagne, Coll. C.N.R.S., Madrid-Italica, 31 mars – 6 avril 1964, Paris, 1965, pp. 135-46.

 

[9] Quanto al razionale sfruttamento delle risorse agricole, contrariamente ad altre regioni dell’impero, le province africane hanno restituito una documentazione epigrafica di prim’ordine e non trascurabile quantitativamente: penso alle tavolette Alberini, o alle cosiddette «grandes inscriptions» (CIL VIII, 10570 = ILS 6870 = FIRA 103; CIL VIII, 25902 = FIRA 100; CIL VIII, 25943 = FIRA 101; CIL VIII, 26416 = FIRA 102), che ci fanno intravedere l’interesse dell’autorità politica nel settore della messa a coltura di vaste aree, cfr. c. vismara, L’organizzazione dello spazio rurale nel Nord Africa, in L’Africa romana 12, Sassari, 1998, p. 53.

 

Altrettanto numerose sono le iscrizioni funerarie nelle quali il defunto si gloria di aver ottenuto la sua ricchezza con l’accurata amministrazione del latifondo. Indicativa in tal senso è l’iscrizione proveniente dalla bassa valle della Medjerda (AE 1975, 883), nella quale si loda l’operosità di un conductor che ripristinò la sua proprietà, il Fundus Aufidianus, nel modo migliore impiantando molti olivi. Allo stesso modo celebre appare quella del mietitore di Mactar (CIL VIII, 11824 = ILS 7457), il quale proprio grazie al lavoro agricolo acquistò un vistoso patrimonio tanto da essere onorato con un seggio nel Senato locale. E ancora quella del bonus agricola Q. Vetidio Giovenale di Thubursicum Numidarum (ILS 7742c).

 

Sull’iscrizione di Fundus Aufidianus: j. peyras, Le Fundus Aufidianus: étude d’un grand domaine romani de la ragion de Mateur (Tunisine du Nord), «AntAfr» 9, 1975, pp. 181-222; ph. leveau, L’agricola de Biha Bilta. A propos d’une inscription récemment découverte dans la région de Mateur, «CahTun» 26, 1978, n. 101-102, pp. 7-13; d.-p. kehoe, The Economics of Agricolture on Roman Imperial Estates in North Africa, Hypomnemata 89, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1988, pp. 230-4; f. ghedini, L’Africa Proconsolare, in S. settis (a cura di), Storia di Roma, 3, II, Torino, 1992, p. 318; j. kolendo, La continuità delle strutture agrarie in Africa romana?, in e. lo cascio (a cura di), Terre, proprietari e contadini dell’impero romano, Roma, 1997, p. 152. Sull’iscrizione del mietitore di Mactar: p. desideri, L’iscrizione del mietitore (CIL VIII, 11824): un aspetto della cultura mactaritana del III secolo, in L’Africa romana 4, Sassari, 1987, pp. 137-49, ivi precedente bibliografia.

 

[10] Le regioni maggiormente interessate da tale produzione furono quelle della Proconsularis settentrionale, in altre parole quelle dell’alta e media valle della Medjerda fino a Madauros, la regione compresa fra Capo Bon e Gabès e quella delle steppe, che da Thelepte si estendono fino a Theveste. Per la Numidia invece si segnalano Cirta e il suo comprensorio, la valle degli Aurès, gli altipiani di Sitifis e la regione di Cuicul. Sull’olivicoltura : l. joleaud, L’ancienneté de la fabrication de l’huile en Afrique du nord, «Revue africaine», 1929, pp. 19-36; m. christofle, Essai de restitution d’un moulin à huile de l’époque romaine à Madaure, Alger, 1930; b. bonacelli, Olivicoltura e civiltà del Nord Africa, «Rivista delle colonie italiane», 1932, pp. 675-88; h. camps-fabrer, L’olivier et l’huile dans l’Afrique romaine, Alger, Impr. Off., 1953; ID. L’olivier et son importance économique dans l’Afrique romaine, in L’huile d’olive en Méditerranée, Actes de la table-ronde du GIS “Sciences humaines sur l’aire méditerranéenne et de la Chambre de commerce de Marseille (Aix-Marseille, 1983), Mémoire et Document, Aix-en-Provence, Inst. de Réch. Méd., Univ. de Provence, 2, 1986, pp. 53-78; a. carandini, Produzione agricola e produzione ceramica nell’Africa di età imperiale. Appunti sull’economia della Zeugitana e della Byzacena, «Studi Miscellani» 15, 1969-70, pp. 97-119; r. duncan-jones, The Economy of the Roman Empire. Quantitative Studies, Cambridge, Univ. Press, 1974; j.-m. lassère, Ubique populus, cit., pp. 295-305; g.w.w. barker, Early Agricolture and Economic Ch’ange in North Africa, in j.-a. allan ed., The Sahara: Ecological Change and Early Economic History, Wisbech, Menas Press, 1981, pp. 131-45; d.-j. mattingly, Olive Oil Production in Roman Tripolitania, in d.-j. buck – d.-j. mattingly edd., Town and Country in Ancient Tripolitania. Papers in Honour of Holwen Hacket, Society for Libyan Studies, BAR Int. Series 274, 1985, pp. 27-46; ID., Olive Cultivation and the Albertini Tablets, in L’Africa romana 6, 1989, pp. 403-18; ID., Olive Presses in Roman Africa: Technical Evolution or Stagnation?, in L’Africa romana 11, 1996, pp. 577-95; ph. leveau, L’organisation de l’espace agricole en Afrique à l’époque romaine, in L’Afrique dans l’Occident romain, Ier siècle av. J.-C. – IVe siècle ap. J.-C., Actes du colloque organisé par l’École Française de Rome sous le patronage de l’Institut National d’Archéologie et d’Art de Tunis (Rome, 3-5 XII 1987), Coll. E.F.R 134, Rome, EFR, 1990, pp. 129-41; s. ben baaziz, Les huileries de la Tunisie antique, «CahTun» 43, n. 155-156, 1991, pp. 39-64; r. bruce hitchner – d.-j. mattingly, Ancient agriculture. Fruits of empire – The production of olive oil in Roman Africa, «National Geographic Research and Exploration» 7/1, 1991, pp. 36-55; p. morizot, L’Aurès et l’olivier, «AntAfr» 29, 1993, pp. 177-240.

 

[11] Per il Nord Africa sono da ricordare quelle di Ammaedara e Thaenae nella Proconsolare, di Lambaesis e Timgad in Numidia, di Cesarea e Tipasa in Mauretania: r. cagnat, Guide de Lambèse, Paris, 1893, pp. 23-4, 46-7 et 61; Lt. barrier – lt. benson, Fouilles à Thina, «BAParis», 1908, pp. 22-58, figg. 1-10; j. baradez, Tipasa. Ville de Maurétanie, Alger, 1952, pp. 67-8; s. lancel, Tipasitana IV. La nécropole romaine occidentale de la Porte de Césarée, «BAAlger» 4, 1970, pp. 149-226; f. baratte – n. duval, Le ruines d’Ammaedara, Tunis, 1974, pp. 19-25, figg. 5-7; m. bouchenaki, Fouilles de la nécropole de Tipasa, Alger, 1975; n. duval, Topographie et urbaniste d’Ammaedara (actuellement Haïdra), in ANRW, 2, 10/2, Berlin-New York, 1982, pp. 643-9, fig. 3, pls. 1 et 6; ph. leveau, Nécropoles et monuments funéraires à Caesarea de Maurétanie, in von hesberg – p. zanker ed., Römische Gräberstraßen. Selbstdarstellung, Status, Standard, Kolloquium in München vom 28. bis 30. Oktober 1985, (= Bayerische Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-Historische Klasse, Abhandlungen, n.F., Heft 96), München, 1987, pp. 281-90; n. ferchiou, Architecture funéraire de Tunisie à l’époque romaine, in p. trousset ed., L’Afrique du Nord antique et médiévale, Actes du VIe colloque Internationale sur l’Histoire et l’archéologie de l’Afrique du Nord (Pau, Octobre 1993 – 118e congrès), Monuments funéraires. Institutions autochtones, CTHS, Paris, 1995, pp. 128-9; z. ben abdallah, Ammaedara (Haïdra) sous le Haut Empire. Aspects historique et topographiques, «Africa» 14, 1996, pp. 65-101, figg. 18-21.

 

[12] n. ferchiou, Architecture funéraire, cit., pp. 128-9. 

 

[13] Cfr. j.-m. lassère et alii, Les Flavii de Cillium. Étude architecturale, épigraphique, historique et littéraire du mausolée de Kasserine (CIL VIII, 211-216), Groupe de Recherche sur l’Afrique Antique, Coll. E.F.R. 169, Rome, EFR, 1993, p. XII.

 

[14] CIL VIII, 211-216; j. toutain, Les cités romaines de la Tunisie – Essai sur l’histoire de la colonisation romaine dans l’Afrique du Nord, BEFAR 72, Paris, 1896, p. 318; t.r.s. broughton, The Romanization, cit., p. 101; t. kotula, A propos d’une inscription reconstituée de Bulla Regia (Hammam-Darradji). Queques municipes «mystérieux» de l’Afrique Proconsulaire, «MEFR» 79, 1967, p. 214 ; j. gascou, La politique municipale, cit., pp. 83-9; m.-s. bassignano, Il flaminato nelle province romane dell’Africa, Roma, 1974, p. 72; J.-M. LASSÈRE, Le recrutement romain et les Musulames, in Actes du IVe colloque international sur l’histoire et l’archéologie de l’Afrique du nord (Strasbourg 5-9 Avril 1988), L’armée et les affaires militaires, CTHS, Paris, 1991, pp. 299-331; ID., Les Flavii de Cillium, cit., pp. 219-28; r. bruce hitchner, The culture of death and the invention of culture in Roman Africa, «AJA» 8, 1995, pp. 494-5.

 

[15] AATun 2, feuille 48, Kasserine, n. 92; j.-m. lassère, Vbique populus, cit., p. 316, n. 30; g. hallier, Étude architecturale, in j.-m. lassère et alii, Les Flavii de Cillium, cit., pp. 37-58, figg. 3, 7-44, ivi precedente bibliografia; n. ferchiou, Histoire antique et architecture dans la Haute Steppe en Afrique Proconsulaire, in f. bejaoui ed., Histoire des Haute Steppe. Antiquité-Moyen Age, Actes du Colloque de Sbeitla, Session 1998 et 1999, INP, Tunis, 2001, pp. 9-13, fig. 23.

 

[16] m.-s. bassignano, Il flaminato nelle province, cit., p. 72; j.-m. lassère et alii, Les Flavii de Cillium, cit., p. 225.

 

[17] CIL VIII, 211, 4 - 7.

 

[18] h. camps-fabrer, L’olivier et l’huile, cit., p. 27; r. bruce hitchner, The organization of rural settlement in the Cillium-Thelepte region (Kasserine, central Tunisia), in L’Africa romana 6, 1989, pp. 387-402; r. bruce hitchner et alii, The Kasserine archaeological survey 1987, «AntAfr» 26, 1990, pp. 231-60; R. bruce hitchner – d.-j. mattingly, Ancient agriculture, cit., pp. 36-55; r. bruce hitchner, Image and reality. Pastoralism in the Tunisian High Steppe, in j. carlsen ed., Landuse in the Roman empire, «AnalRom» 22, 1994, pp. 27-43.

 

[19] t. shaw, Voyages de Monseigneur Shaw dans plusieurs provinces de la Barberie et du Levant, La Haye, 1743, p. 263-4; g.-t. temple, Excursion in the Mediterranean, Algiers and Tunis, London, 1835, p. 227; v. guérin, Voyage archéologique dans la Régence de Tunis, 1, Paris, 1862, p. 322; ch. tissot, Géographie comparée de la province romaine d’Afrique, 2, Paris, 1888, p. 642; j.-m. lassère, Vbique populus, cit., p. 316, n. 30; ID., Biographie d’un centurion (CIL VIII, 217-218), «AntAfr» 27, 1991, pp. 53-4 et 66-7, fig. 1; n. ferchiou, Histoire antique, cit.,  pp. 10-3, fig. 24.

 

[20] CIL VIII, 217 (= ILS 2658) – 218; ILT 332.

 

[21] Sul centurionato di M. Petronius: ch. saumagne, «BAParis», 1928-1929, p. 395; e. birley, Promotions and Transfer in the Roman Army. II, The centurionate, «CarnuntumJb», 1963-1964 (= Römische Forschungen in Niederösterreich, Beiheft 8, 1965), p. 23; v.-a. maxfield, The military Decorations of the Roman Army, Univ. of California Press, 1981, pp. 198-9; j.-m. lassère, Biographie d’un centurion, cit, pp. 53-68.

 

[22] j.-m. lassère, Biographie d’un centurion, cit, p. 65.

 

[23] CIL VIII, 2094 ( = ILA¹ 3834).

 

[24] AAAlg: feuille 40, Fériana, p. 4, n. 99; l. de bosredon, Notice sur quelques monuments de l’occupation romaine dans le cercle de Tébessa, «RecConstantine» 16, 1873-74, pp. 54-5, pl. II, fig. 2; a. héron de villefosse, Rapport sur une mission archéologique en Algérie, «Archives des Missions Scientifiques et Littéraires», 3ª série, 2, 1895, p. 494, n. 227; S. gsell, Les monuments antiques de l’Algérie, 2, Monuments romains, Paris, 1901, pp. 90-1, n. 56; p. Castel,  Tébessa. Histoire et description d’un territoire algérien, Paris, 1905, fig. p. 66; a. berthier, L’Algérie et son passé, Paris, 1951, pp. 90-1, fig. 51.

 

[25] A. Berthier, L’Algérie, cit., p. 91.

 

[26] S. Gsell, Les monuments antiques, cit., p. 91.

 

[27] L. De Bosredon, Notice sur quelques monuments, cit., p. 55.

 

[28] Sulla distribuzione di queste strutture agricole, cfr. supra, nota 10.

 

[29] AAAlger, feuille 19, El Kef, p. 5, n. 142; J. Lewal, Les Romains dans le sud de l’Algérie, «Revue Africaine» 2, 1857-58, pp. 288-94 ; S. Gsell, Les monuments antiques, cit., p. 70, fig. 96;  J.M.C. Toynbee, Death and Burial in the Roman World, Baltimore-London, 1971, pp. 138-9; J.-M. Lassère, Vbique populus, cit., p. 322, n. 109.  

 

[30] CIL VIII, 4656 = ILA I 1095; J. Lewal, Les Romains dans le sud, cit., p. 291.

 

[31] CIL VIII, 4642 = ILA I 1027; J.-M. Lassère, Vbique populus, cit., p. 286.

[32] AATun, feuille 33, Ghardimaou, p. 1, n. 7; Ch. Tissot, Géographie comparée, cit., p. 284; L. Carton – Chenel, Thuburnica, «BAParis», 1891, pp. 170-2, fig. 6; L. Carton, Fouilles à Thuburnica en 1907, in Comptes rendus de l’Association pour l’avancement des sciences, 37e Session, Congrès de 1908, Clermont-ferrand, extrait, p. 3, fig. 2; J.-M. Lassère, Vbique populus, cit., fig. 10; N. Ferchiou, Le mausolée anonyme de Thuburnica, «MEFRA» 98, 1986, pp. 665-705, figg. 1-31; ID., Architecture funéraire, cit., pp. 112, 122, 135-6; S. Bullo, Provincia Africa, cit., pp. 147-9, 253-4, fig. 38.

 

[33] CIL VIII, 14697.

 

[34] N. Ferchiou, Le mausolée anonyme, cit., pp. 676-7; ID., Architecture funéraire, cit., p. 112; S. Bullo, Provincia Africa, cit., p. 148.

 

[35] R. Cagnat, Rapport sur une mission en Tunisie (1881-1882), «Archives des Missions Scientifiques et Littéraires» 11, 1885, p. 95, n. 169.

 

[36] L. Carton, Suite a l’épigraphie funéraire de la colonia Thuburnica, «BAParis», 1915, pp. 209-21.

 

[37] J.-M. Lassère, Vbique populus, cit., p. 121 et 217.

 

[38] Ivi, p. 156.

 

[39] RE, s.v. Legio [ E. RITTERLING ], XII, 2, 1925, col. 1566.

 

[40] L. Teutsch, Das römischen Städtewesen in Nordafrika in der Zeit von C. Gracchius bis zum des Kaisers Augustus, Berlin, 1962, p. 17, n. 79.

 

[41] CIL VIII, 630 = 11827; G.-T. Temple, Excursion in the Mediterranean, cit., p. 344, n. 140; E. Pellissier, Lettre à M. Hase, «RA» 4, 1849, p. 285; V. Guérin, Voyage archéologique, cit., p. 414, n. 184.

 

[42] G.-Ch. Picard, Civitas Mactaritana, «Karthago» 8, 1957, pp. 25-76; J. Gascou, La politique municipale, cit., pp. 147-51.

 

[43] Ph. Berger, «Mémoires de l’Académie des Inscription et Belles-Lettres» 36, 1896, p. 170.

 

[44] G.-Ch. Picard, Civitas Mactaritana, cit., p. 61.

 

[45] R. Cagnat, Rapport sur une mission en Tunisie (1885), «Archives des Missions Scientifiques et Littéraires», 2e série, 14, 1888, p. 58; G.-Ch. Picard, Civitas Mactaritana, cit., pp. 54-5, pl. XXI, b; ID., La chronologie et l’évolution stylistique des monuments funéraires de Mactar (Tunisie), «BAParis», 1965-66, n.s. 1-2, p. 159; N. FERCHIOU, Architecture funéraire, cit., p. 114.

 

[46] J. Gascou, La politique municipale, cit., p. 151, nota 5.

 

[47] G.-Ch. Picard, La chronologie et l’évolution, cit., p. 159.

 

[48] La ricchezza agricola della regione è confermata dall’iscrizione del “mietitore” di Mactar, cfr. supra, nota 9.

 

[49] H. Saladin, Rapport sur la mission faite en Tunisie de novembre 1882 à avril 1883, «Archives des Missions Scientifiques et Littéraires» 13, 1887, pp. 131-4; S. Stucchi, L’architettura funeraria suburbana cirenaica in rapporto a quella della chora viciniore ed a quella Libya ulteriore, con speciale riguardo all’età ellenistica, «QuadAlibya» 12, 1987, pp. 278-9, fig. 62; N. Ferchiou, Architecture funéraire, cit., p. 115; ID., Histoire antique, cit.,  p. 8, fig. 17.

 

[50] H. Saladin, Rapport sur la mission, cit., pp. 111-2; S. Stucchi, L’architettura funeraria, cit., pp. 278-9, fig. 62; N. Ferchiou, Architecture funéraire, cit., p. 115; ID., Histoire antique, cit.,  p. 9, fig. 21.

 

[51] N. Ferchiou, Histoire antique, cit.,  p. 14.

 

[52] CIL VIII, 127; 143; 11232; J. Gascou, La politique municipale, cit., p. 90.

 

 

[53] R. Cagnat, Rapport sur une mission, cit., p. 176.

 

[54] Ferchiou, Architecture funéraire, cit., p. 115.

 

[55] P. Salama, Les voies romaines d’Afrique, Alger, 1951, p. 26; J. Gascou, La politique municipale, cit., pp. 90-1.

 

[56] M. Le Glay, Les Flaviens et l’Afrique, cit., p. 246.

 

[57] J.-M. Lassère, Vbique populus, cit., pp. 439-66.

 

[58] Ivi, p. 280.