N. 8 – 2009
– Cronache
“Ius hominum
causa constitutum”
Un diritto a
misura d’uomo
di Sebastiano Tafaro
Ed.
ESI, Napoli 2009, pp. 1-249.
A chiusura di un percorso
personale di riflessione sulla considerazione dell’uomo nel diritto
romano l’a. affida a questo volume alcune sue parziali conclusioni,
frutto di indagini su temi esaminati in varie occasioni.
La discussione, che egli
intende stimolare, verte intorno alla seguente domanda: il diritto romano
conobbe nozioni confrontabili con quelle che oggi riconduciamo ai diritti
dell’uomo?
L’interrogativo, con le
dovute remore per l’uso di concetti contemporanei riguardo
all’antichità, è stimolato soprattutto
dall’affermazione del giurista Ermogeniano: Cum igitur hominum causa omne
ius constitutum sit (poiché tutto il diritto romano è stato
creato in funzione degli uomini).
L’enunciato sembrerebbe
presupporre la consapevolezza della centralità dell’uomo. La
quale, tuttavia, appare difficile da immaginare in un diritto ritenuto
estremamente ‘formale’ e caratterizzato dalla preminenza assoluta
dei padri di famiglia, dalla schiavitù, dall’enorme peso dei
debiti; di modo che è apparso del tutto inadatto a riconoscere i diritti
dell’uomo.
Se cosí è, che
senso aveva l’asserzione di Ermogeniano? Era stata una mera affermazione
retorica o al piú il frutto dell’illusione di un ingenuo
interprete del diritto? La risposta può scaturire soltanto da una
rilettura delle fonti, che ponga al centro la verifica della presenza o meno di
situazioni che, eventualmente, potrebbero avere motivato la conclusione di
Ermogeniano, il quale, peraltro, racchiudeva nella sua dichiarazione il succo
di quello che a lui (ultimo epigono della giurisprudenza
‘classica’) doveva sembrare la caratteristica principale del diritto
romano.
Convinto di ciò,
l’a. riesamina le nozioni di persona e le condizioni delle personae, con particolare attenzione ai
fanciulli ed agli schiavi, e si sofferma a considerare il bilanciamento dei
rispettivi obblighi nel rapporto tra creditori e debitori, raggiungendo la
convinzione che in realtà Ermogeniano poneva in luce la caratteristica
saliente del diritto romano, costruito intorno agli uomini.
In via preliminare l’a.
ritiene che occorra fare i conti con il grande peso della tradizione derivante
dallo schema adoperato nel 2° sec. d.C. nei commentarii di Gaio e
seguíto quasi pedissequamente dalle institutiones di Giustiniano,
il quale spesso non ha fatto emergere il ruolo centrale dell’uomo-persona. Invero, il diritto romano
è stato esaminato per settori (le persone, le cose ed i rimedi
processuali), con il rischio di non far percepire la sua finalizzazione alla
condizione degli uomini, senza della quale appariva vano e comunque di scarso
rilievo ed interesse tutto lo ‘ius’.
Ai nostri giorni la
percezione del rapporto diretto e centrale tra diritto e uomo-persona è
mediata dalle categorie della personalità giuridica e dalle sue
articolazioni della capacità giuridica e della capacità
di agire. Esse, specialmente nell’analisi storica, possono essere
fuorvianti, nella misura in cui paiono presupporre l’esistenza di
un’autorità (che oggi sono gli Stati nazionali o gli ordinamenti
sovranazionali) abilitata a dire, attraverso il riconoscimento o meno della personalità,
quali uomini hanno la personalità giuridica. Con l’evidente
conseguenza di potere escludere dal riconoscimento, cioè da tutto o da
parte del diritto, alcuni uomini; per i quali, usando una significativa
metafora, qualcuno ha parlato di non persone.
La perdita della
centralità dell’uomo è anche riflessa dalla terminologia
che, in consonanza con la teoria della capacità, usa parlare di soggetti
del diritto, quasi che, per il diritto, vi sia una contrapposizione tra
‘soggetti’ ed ‘oggetti’.
Le implicazioni concettuali e
ricostruttive che ne sono conseguite ed ancòra oggi sono ampiamente
circolanti mi pare che distorcano la conoscenza di quello che è stato in
realtà il diritto romano e finiscano per fornire una visione deformata
del rapporto uomo-società, uomo-diritto.
L’a. si dichiara,
invece, convinto che una piú articolata riflessione su come il diritto
romano seppe porre in concreto l’uomo al centro dei suoi interessi e
della normazione, possa servire sia alla conoscenza del diritto romano sia alla
revisione o, quanto meno, alla rivisitazione di concetti che troppo spesso si
ritengono pacifici e che, all’opposto, sono frutto di specifici interessi
volti a porre i poteri forti e le astrazioni (in primis lo Stato) in una
posizione gerarchica di vertice, che può giungere anche ad ignorare gli
uomini e la loro dignità.
Ne consegue una profonda
riprospettazione di quello che è stato il diritto romano, con
l’evidenziazione delle forme attraverso le quali seppe prestare costante
attenzione all’uomo.
La chiave di rilettura delle fonti
è condotta in materie ritenute centrali, quali la persona, la condizione
degli uomini, il bilanciamento dei debiti.
Riguardo alla persona
l’analisi verifica gli equivoci derivanti dal ricorso alla categoria
della personalità giuridica
(con le sue articolazioni sulla capacità
giuridica e la capacità di
agire) e ripropone la centralità della persona-uomo, intorno al
quale il diritto era articolato.
Riguardo alle condizioni
degli uomini, l’analisi si sofferma su aspetti significativi
dell’infanzia, che era inserita in una visione cosmogonica, e propone una
impostazione innovativa rispetto alla considerazione corrente della
schiavitù, attraverso la quale è sottolineata la
specificità dello schiavo, sí oggetto di sfruttamento, ma pur
sempre persona.
L’obbligazione viene
rivisitata in relazione alla condizione dei contraenti e della concezione
collaborativa del rapporto obbligatorio, con riguardo ai limiti imposti ai
debiti ed alla cogitatio, vale a dire
alla plausibilità del peso debitorio pur nella variazione delle vicende
che lo accompagnano.
Nello specifico la
trattazione si sviluppa in tre capitoli.
Il primo è dedicato
alla ‘persona’ ed
è articolato nei punti seguenti: Centralità dell’uomo: la
categoria classificatrice di persona. Significati di persona.
Nozioni collettive ed individuali legate alla vita dell’uomo. Nascituri. Persona
e familia. Implicazioni del diritto di esilio.
Il capitolo secondo esamina
alcuni aspetti critici della ‘condizione
delle personae’, con i seguenti sottoparagrafi: Inapplicabilità
della categoria della personalità giuridica. Età dell’uomo.
I fanciulli. Protezione dell’infanzia? Servi.
Il terzo capitolo è
incentrato sul tema del debito. Il capitolo, denominato ‘Obbligazioni: bilanciamento delle
prestazioni’, propone una rilettura dei concetti concernenti i
rapporti tra debitore e creditore, chiedendosi se non si debba rivedere
profondamente la costruzione corrente dell’obbligazione. Il capitolo
è articolato nei seguenti paragrafi: Revisione dell’obbligazione? Contractus. Conventio e fides. Cogitatio. Limite del duplum. Imprevisione.
Il volume è chiuso
dal’indice delle fonti e dall’indice degli autori.