N. 7 – 2008 – Note & Rassegne

 

Responsabilità per danni nel trasporto aereo

internazionale di merci

 

Michele M. Comenale Pinto

Università di Sassari

 

 

 

 

 

A proposito di: Petit Lavall Maria Victoria, La responsabilidad por daños en el transporte aéreo internacional de mercancías, Editorial Comares, Granada, 2007 [ISBN 84-9836-253-9, p. 187, € 14]

 

 

 

1. – L'autrice, profesora titular de derecho mercantil dell'Università Jaume I di Castelló de la Plana, tratta in questo volume un tema, il trasporto aereo di merci, che, nell'ambito degli studi di diritto aeronautico, è stato a lungo trascurato a livello di studi monografici[1], fino alla recente stagione di nuovo interesse scientifico, che è stata inaugurata proprio in Italia[2]. Il volume oggi in rassegna si presenta certamente interessante anche per il lettore italiano, in quanto offre un punto di vista maturato in un sistema giuridico molto vicino al nostro, su testi normativi di diritto uniforme che sono stati o sono vigenti anche in Italia, nonché su normativa di diritto interno che da quei testi è stata comunque influenzata[3]. Il lavoro si articola in cinque capitoli, integrati da una bibliografia, prevalentemente riferita a letteratura in lingua spagnola, un sommario della giurisprudenza (distinta fra quella proveniente dalla Spagna e quella proveniente da altre giurisdizioni), nonché da un sommario delle pagine web consultate. Il primo capitolo tratta dell'evoluzione della disciplina del trasporto aereo, ed in particolare sulle fonti di origine internazionale, ritenute di maggior interesse rispetto alla normativa interna spagnola, che ha campo di applicazione più circoscritto ed è comunque più «arcaica», derivando da una normativa ormai risalente al 1960 (p. 3). L'autrice sintetizza gli sviluppi del sistema della Convenzione di Varsavia, dalle origini dei lavori del CITEJA, evidenziando come questa, nel suo testo originario, fosse incentrata sulla responsabilità del vettore[4], di cui non dettava comunque un regime esaustivo (p. 5), nell'ottica della protezione degli interessi delle compagnie aeree, di cui occorreva favorire lo sviluppo (ibidem), ponendo in evidenza il parallelismo con le ragioni dell'evoluzione della disciplina del trasporto marittimo (p. 6)[5]. Il vettore sarebbe stato gravato da una responsabilità per colpa presunta, con inversione dell'onere della prova (o «cuasi-objetiva», come espone a p. 76 ss.) accompagnata da una limitazione quantitativa del risarcimento: sotto entrambi i profili, ad avviso dell'autrice, si sarebbe trattato di un regime sfavorevole rispetto agli interessi degli utenti del trasporto (p. 7). L'inizio della «crisi» del sistema della Convenzione di Varsavia viene individuato nella mancata ratifica, da parte degli Stati Uniti, del Protocollo dell'Aja del 1955 (p. 8)[6]. Segue un esame della Convenzione di Guadalajara del 1961 e del Protocollo di Guatemala City del 1971, nonché dei quattro Protocolli di Montreal del 1975. L'autrice passa poi ad esaminare congiuntamente, l'accordo di Montreal del 1966, il cosiddetto «accordo di Malta» del 1974 e gli accordi intervettoriali IATA in materia di trasporto aereo di persone, nonché la nostra l. 274 del 1988. Segue (p. 15 ss.) una sintesi della Convenzione di Montreal del 1999, con (corretto) rilievo della coincidenza, per quanto concerne la disciplina del trasporto di merci, del regime già a suo tempo introdotto dal IV Protocollo di Montreal del 1975 (p. 18)[7], nonché della più recente evoluzione della disciplina comunitaria, ed in particolare di quella in tema di libertà di accesso al mercato del trasporto aereo (con un accostamento, forse non del tutto condivisibile, all'Airline Deregulating Act degli Stati Uniti d'America: p. 20)[8], nonché quella in materia di responsabilità del vettore aereo e di protezione del passeggero, con riferimento, in particolare, al reg. (CE) n. 2027/97, come modificato dal reg. (CE) n. 889/92, ed al reg. (CE) n. 261/2004, che ha sostituito il precedente reg. (CE) n. 295/91 (p. 24 ss.). L'autrice evidenzia la carenza di una disciplina comunitaria in materia di responsabilità nel trasporto aereo di merci e segnala, tuttavia, le disposizioni di derivazione comunitaria che sul trasporto di merci possono comunque incidere (p. 26). Il quarto paragrafo del I capitolo (p. 27 ss.) è dedicato all'esame della disciplina spagnola di diritto interno, posta dalla Ley 48/1960. Il paragrafo successivo (p. 31 ss.) dà conto del ruolo della IATA e delle sue condizioni generali (tema su cui l'autrice torna più dettagliatamente a p. 103 ss.). Le condizioni IATA vengono individuate come fenomeno di autoregolamentazione di un settore (p. 32), ma comunque assoggettate alla disciplina delle condizioni generali di contratto di cui alla Ley 7/1998[9], che ha recepito in Spagna la dir. 93/13/CEE (p. 32)[10]. Il primo capitolo è chiuso da alcune considerazioni circa i rapporti e le condizioni di applicazione di testi di diritto uniforme covigenti in tema di trasporto aereo, tema sul quale l'autrice trae una conseguenza che non mi sembra condivisibile dall'art. 55 della Convenzione di Montreal, da cui, se non ho mal inteso, fa discendere la prevalenza della Convenzione di Montreal in un trasporto fra due Stati, di cui uno soltanto sia parte di tale convenzione, essendo l'altro parte della Convenzione di Varsavia (p. 38)[11]. Né mi sembra condivisibile l'affermazione (ibidem) per cui in uno Stato si dovrebbe applicare la Convenzione di Montreal e nell'altro quella di Varsavia: la questione, dovrebbe essere risolta piuttosto tenendo conto del campo di applicazione di ciascuno dei due strumenti di diritto uniforme, che subordina l'applicazione alla ricorrenza di un trasporto che risponda alla nozione di «internazionale», così come dettata da tali convenzioni (tema, peraltro, correttamente sviluppato a p. 45 ss.). Nel caso prospettato dall'autrice, la prevalenza della Convenzione di Montreal, sarà da affermare rispetto ad un trasporto effettuato fra due Stati che abbiano entrambi ratificato la Convenzione di Montreal, senza denunziare quella di Varsavia (situazione in cui si trova, ad esempio, l'Italia).

 

2. – Nel secondo capitolo l'autrice esamina l'ambito di applicazione delle Convenzioni di Montreal e di Varsavia, assumendo a presupposto che (ancorché inespressa) per entrambe le convenzioni sia richiesta l'esistenza di un contratto di trasporto (p. 39); tuttavia, poi (p. 51), l'autrice mette esattamente in rilievo come l'identificazione del vettore quale soggetto responsabile del trasporto abbia diverse implicazioni negli ordinamenti di civil law ed in quelli di common law, per i quali non è richiesta l'assunzione di un'obbligazione su base contrattuale per essere individuato come tale)[12]. L'autrice deduce una nozione di contratto di trasporto aereo inteso come il trasporto eseguito attraverso un aeromobile (p. 40), la cui nozione giuridica, attraverso un'interpretazione interconvenzionale, ricava, a livello internazionale, dalla Convenzione di Chicago del 1944 e dal suo Annesso 7 (p. 54), nonché sulla base della disciplina di diritto interno spagnolo (p. 55). L'autrice assume che, in ambito comunitario il vettore debba possedere i requisiti di compagnia aerea comunitaria previsti dal reg. (CEE) n. 2407/92 (p. 40). Nella misura in cui l'obbligazione di trasportare possa essere assunta anche da chi non esegua materialmente il trasporto, mi sembra, però, che quest'ultima considerazione dell'autrice non sia necessariamente da condividere. Segue l'esame della natura giuridica del contratto di trasporto aereo di merci internazionali, visto come contratto «autónomo, típico, bilateral, oneroso, consensual y no formal» (p. 41). L'autrice osserva poi come il vettore assuma un'obbligazione di risultato, con assunzione altresì della custodia della merce trasportata (p. 42) e ricorda come in dottrina si sia affermata la sua natura di contratto a favore di terzo (p. 43)[13]. Per quanto concerne la documentazione, accanto alla lettera di trasporto aereo, l'autrice ricorda le nuove possibilità di documentazione su supporto non cartaceo, rese possibili dal IV Protocollo di Montreal del 1975 e dalla Convenzione di Montreal del 1999, e le iniziative allo studio della IATA su tale specifico aspetto (p. 60 ss.). Segue un esame della posizione dei soggetti che cooperano con il vettore all'esecuzione del trasporto, con distinzione fra quelli che operano come suoi dipendenti ed i collaboratori indipendenti (p. 65), fra i quali ultimi assumono particolare rilievo cargo agents e freight forwarders, la cui attività andrebbe ricondotta all'intermediazione nel trasporto (p. 66), oltre che le imprese di handling (p. 71).

3. – Il terzo capitolo è dedicato alla responsabilità del vettore aereo di merci nella Convenzione di Montreal. L’autrice rileva come il vettore risponda per la perdita, la distruzione e le avarie (nozioni approfondite a p. 74 ss.), su basi oggettive, con responsabilità limitata quantitativamente nel risarcimento ed inderogabile. Viceversa, per il ritardo, la responsabilità è ancorata ai medesimi principi dettati dal testo originario della Convenzione di Varsavia (p. 73). Esattamente l'autrice rileva come, dall'inesaustività del regime di diritto uniforme debba derivare l'applicazione, per gli aspetti non regolati, del diritto sostanziale individuato alla stregua delle norme di diritto internazionale privato (p. 74), con conclusione non sempre pacifica, per una non condivisibile lettura operata dalla giurisprudenza anglo-americana circa un preteso principio di «esclusività dell’azione» che sarebbe ricavabile dall’art. 24 della Convenzione di Varsavia o dall’art. 29 della Convenzione di Montreal[14]. Dal regime di responsabilità «cuasi-objetiva» che l'autrice ha individuato rispetto al testo originario della Convenzione di Varsavia, sulla base già del IV Protocollo di Montreal del 1975, la responsabilità sarebbe diventata «objetiva» (p. 79). Tuttavia, poi, a p. 83, le cause di esonero comunque riconosciute dal IV Protocollo e dalla Convenzione di Montreal del 1975 per il vettore aereo di merci (di cui richiama la coincidenza con quelle approntate in altri regimi di responsabilità vettoriale nel diritto dei trasporti) sarebbero da ricondurre a forza maggiore o fortuito o comunque ad elementi estranei alla sfera di controllo del vettore (p. 83 s.). Segue un'analisi dei danni da ritardo, che presuppone l'individuazione del concetto stesso di «ritardo», in assenza di una definizione nell'ambito della disciplina esaminata (p. 86). Salvo che non sia stato pattuito uno specifico momento di consegna (non rispettando il quale sarebbe da riconoscere l'inadempimento del vettore), il ritardo andrebbe valutato alla stregua della durata che avrebbe garantito un vettore diligente in ragione della normale durata del trasporto su una rotta determinata (p. 88). Viene comunque contestata la tesi che vorrebbe circoscrivere il ritardo rilevante ai fini della responsabilità alle sole ipotesi in cui sia eccezionale, eccessivo, anormalmente ampio o non ragionevole, tenuto conto che l'impiego del mezzo aereo presuppone la celerità del trasporto (p. 89). L'autrice evidenzia, peraltro, come per il danno da ritardo non sia delimitato l'ambito spazio-temporale in cui debba prodursi per essere rilevante (p. 90) diversamente che per il danno da perdita o avaria (tema affrontato a p. 93 ss.). Sotto quest'ultimo profilo, l'autrice richiama i dubbi interpretativi circa la necessità che tale periodo coincida con la custodia in senso stretto delle merci da parte del vettore, ovvero se comprenda in genere il periodo in cui la merce non sia più nella disponibilità del mittente, e non ancora in quella del destinatario, soluzione che l'autrice sembra ritenere conforme alla disciplina nazionale spagnola (p. 97); giunge peraltro alla conclusione che il medesimo ambito spazio-temporale sia rilevante anche ai fini della produzione del ritardo (p. 101 s.).

 

4. – Il quarto capitolo affronta il tema delle limitazioni monetarie, ripercorrendo le soluzioni adottate dalla Convenzione di Varsavia nel testo originario, fino alla Convenzione di Montreal. L'autrice lamenta la scarsa chiarezza della soluzione adottata dal Protocollo dell'Aja circa la merce rispetto alla quale quantificare il limite (p. 110). Rilevata la persistenza dei valori del 1929 nella limitazione, l'autrice sottolinea il rilievo del. meccanismo di aggiornamento dell'art. 24 della Convenzione di Montreal (p. 112). Viene riconosciuta l'insuperabilità del limite per i danni alla merce (pur con i rilievi che l'autrice svolge a p. 127 circa dolo e colpa grave del vettore), anche in caso di mancata emissione del documento di trasporto ex art. 9 della convenzione di Montreal, rilevando però l'inapplicabilità del limite ai danni che derivano dalla violazione delle regole in materia di indicazioni da inserire nei documenti, ai sensi dell'art. 10 della stessa Convenzione (p. 121). Fra i soggetti da ascrivere alla categoria dei dipendenti e preposti del vettore, ai fini dell'estensione del regime di limitazione, si escludono i controllori del traffico, sull'assunto della loro posizione di «superioridad respecto al transportista», e, per esso, al comandante (p. 133)[15].

 

5. – L'ultimo capitolo è dedicato alle condizioni per l'esercizio dell'azione e all'individuazione della giurisdizione competente. Interessante (anche se non necessariamente condivisibile) appare la posizione dell'autrice circa la natura del termine biennale dell'art. 29 della Convenzione di Varsavia, che sarebbe di decadenza (p. 152), contrariamente al corrispondente termine dell'art. 35 della Convenzione di Montreal, che sarebbe, viceversa, da intendersi come introduttivo di una prescrizione, in assenza di una espressa previsione sulla sua natura (p. 153)[16].

 

6. – Anche non condividendo tutte le soluzioni proposte dall'autrice, mi sembra comunque che il volume in rassegna rappresenti un interessante contributo all'approfondimento di un tema del cui effettivo rilievo soltanto ora si sta acquisendo un'adeguata coscienza.

 

 



 

[1] L'argomento è stato trattato incidentalmente nell'ambito di lavori di più vasto respiro, ovvero è stato oggetto di interventi puntuali su profili specifici. Nella letteratura italiana recente, v. ad esempio F. Berlingieri, Il trasporto di merci nella Convenzione di Montreal del 1989 sul trasporto aereo internazionale – Ambito territoriale di applicazione della normativa uniforme e disciplina della responsabilità del vettore, ne Il nuovo diritto aeronautico. In ricordo di Gabriele Silingardi, Milano, 2002, 617; L. Tullio, La responsabilità del vettore aereo nel trasporto di merci, in Dir. prat. av. civ., 2/1999, 26. Si vedano anche i rilievi di C.M. Bianca, La responsabilità del vettore per perdita od avaria della merce, ne La nuova disciplina del trasporto aereo, Commento della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, a cura di L. Tullio, Napoli, 2006, 103. Con riferimento agli emendamenti della Convenzione di Varsavia del 1929, v. V. R. Cervelli – F. Giustizieri, C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria, anzi d’antico: l’entrata in vigore del Protocollo n. 4 di Montreal 1975, in Dir. trasp., 1999, 35. Va anche ricordato lo studio collettaneo promosso a suo tempo da G. Romanelli, nell’ambito dei seminari di ricerca nell’Istituto di diritto della navigazione dell’Università di Roma «La Sapienza», Aspetti del trasporto aereo di merci, in Arch. giur. «Filippo Serafini», 1988, 41.

 

[2] Si allude al volume di dal volume di E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose. Riflessioni sul nuovo regime legale, Milano, 2007, oggetto, fra l'altro, dell'ampia recensione di G. Camarda, in Dir. trasp. 2007, 957. Per contributi monografici precedenti, occorre risalire all'agile volumetto di C.A. Espinosa Perez, Transporte aéreo internacional de mercancías,  Bogotá, 1990, nonché a J.-L. Magdelénat, Le frêt aérien: réglementation, responsabilités, Paris, 1979.

 

[3] Con tendenza che è stata seguita in maniera più o meno articolata tendenzialmente in tutte le legislazioni aeronautiche: M. Guinchard, L'influence de la convention de Varsovie sur les règles de droit interne relatives à la responsabilité du transporteur aérien, in Rev. fr. dr. aér., 1957, 189; G. Romanelli, Il trasporto aereo di persone - Nozione e disciplina, Padova, 1959,  194;  M. de Juglart, Traité  de Droit aérien, edited by Du Pontavice, Dutheil de la Rochère and Miller, t. II, Paris, 1992, at 306; M. Sarmiento Garcia, Influencia del sistema de Varsovia en el derecho aeronautico latino-americano, in Dir. trasp., 1992, 473. Da ultimo, cfr. E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose, cit., 4 ss.

 

[4] Profilo, questo, su cui sono incentrati tutti i testi di diritto uniforme in materia di trasporto: G. Romanelli, Principi comuni del diritto uniforme dei trasporti, in Scintillae juris, Studi in memoria di Gino Gorla, II, Milano, 1994, 1315, ivi 1316.

 

[5] Tale approccio metodologico, è in qualche modo scontato per il giurista italiano odierno che si confronta con un quadro normativo che contempla un codice chiamato a disciplinare sia la navigazione per acqua che quella per aria, secondo le linee dettate dalla c.d. «Scuola napoletana di diritto della navigazione», il cui manifesto fu dettato nel volume di A. Scialoja, Sistema del diritto della navigazione, Roma, 1933 (terza edizione), che va evolvendosi verso l’affermazione dell’unitarietà del diritto dei trasporti, secondo la teorizzazione di G. Romanelli, Diritto aereo, diritto della navigazione e diritto dei trasporti, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1975, I, 1331. Si tratta, tuttavia, di un’impostazione che è tutt’altro che pacifica nella letteratura estera: in senso contrario, limitandosi agli autori di lingua spagnola recenti, v. J. L. García Pita y Lastre, Arrendamientos de buques y derecho maritímo (con especial referencia al «derecho de formularios»), Valencia, 2006, 56 et seq.; A. Sequera Duarte, Derecho aeronáutico, Bogotá, 2004, 14.

 

[6] In termini analoghi, v. L.M. Bentivoglio, La crisi del sistema di Varsavia ed il problema della responsabilità del vettore aereo, in Annali dell’Istituto di diritto aeronautico, I, 1969, 11.

 

[7] V. per tutti E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose, cit., 132.

 

[8] Il legislatore comunitario, rispetto a quello statunitense, in materia di trasporto aereo ha in effetti puntato «su una liberalizzazione forse meno marcata, meno rapida, e forse meno completa, ma tale da realizzare l’assorbimento dei vari mercati nazionali in un unico mercato europeo e da consentire l’effettivo e concreto operare della concorrenza nell’ambito dei trasporti intracomunitari» (così, con efficace sintesi G. Romanelli – L. Tullio, Presentazione, in Spunti di studio su: Aspetti della normativa comunitaria sui servizi aerei, c.d. terzo pacchetto, Cagliari, 1999, 7).

 

[9] La letteratura italiana è prevalentemente riferita alle Condizioni di trasporto passeggeri elaborate dalla medesima organizzazione (G. Romanelli, Il trasporto aereo di passeggeri, Padova, 1959,  146 ss.; G. Vago, Le condizioni I.A.T.A., in Mon. Trib., 1966, 787; S. Busti, Il trattamento del passeggero nelle condizioni generali di contratto aereo, in Dir. prat. av. civ., 1993, 41; v. anche il volume collettaneo, a cura di G. Romanelli e L. Tullio, Spunti di studio su: le condizioni generali del trasporto, Cagliari, 1997). Prevalentemente al trasporto di persone si riferisce E. Fogliani, Le condizioni generali di contratto di trasporto aereo, ne Il nuovo diritto aeronautico – In ricordo di Gabriele Silingardi, Milano, 2002, 677.  Sulle condizioni di trasporto merci, specificamente v. M. M. Comenale Pinto – G. Desiderio, Condizioni generali di contratto e condizioni di trasporto», Arch. giur. «Filippo Serafini», 1988, 51.

 

[10] Per analoga conclusione, riferita alla disciplina italiana di recepimento della direttiva, in quanto l’utente possa essere considerato consumatore, v. E. Fogliani, Le condizioni generali di contratto, cit., 684 ss. (che tendenzialmente esclude tale possibilità nel caso di trasporto di merci: ivi, 686).

 

[11] In realtà, la previsione dell’art. 55, § 1, della Convenzione di Montreal trova la sua ragione nella necessità di «stabilire sul piano internazionale quale strumento debba essere applicato in caso di disomogeneità tra fonti contemporaneamente in vigore» (così, esattamente, E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose, cit., 14), posto che, a differenza di quanto era accaduto per il sovrapporsi delle fonti di diritto uniforme in materia di trasporto marittimo di merci, la sovrapposizione delle fonti del Sistema di Varsavia non è stata accompagnata dalla denunzia di quelle più risalenti (cfr. E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose, cit., 15).

 

[12] Su tali aspetti, nella letteratura italiana, v. S. Zunarelli, La nozione di vettore, Milano, 1987, 140 ss.

 

[13] Conclusione, questa, sostanzialmente coincidente con quella assunta dalla giurisprudenza (pacifica sul punto) e dalla prevalente dottrina italiana (A. Asquini, Del contratto di trasporto, Torino, 1935, 105; M. Stolfi, Appalto - Trasporto, Milano, 1966, 131; M. Iannuzzi, Bologna – Roma, 1970, 103).

 

[14] V., ad esempio, Corte Suprema degli Stati Uniti, El Al Airlines, Ltd. V. Tsui Yuan Tseng, 525 U.S. 155 (1999); la decisione è pubblicata in Dir. trasp., 2000, 205, con nota di E. G. Rosafio, In tema di ammissibilità di azioni risarcitore da parte del passeggero al di fuori della Convenzione di Varsavia, ivi, 222. Per un’analoga affermazione nella giurisprudenza della Camera dei Lords, v. Sidhu v. British Airways plc, [1997] 1 All E. R. 193. In realtà, l’art. 24 della Convenzione di Varsavia, come l’art. 29 della Convenzione di Montreal. In realtà, le previsioni in questioni si limitano a prevedere (rispetto alle iptesi che rientrano nel campo di applicazione del diritto uniforme) l'inderogabilità dei limiti e dei criteri di imputazione, quale che sia il titolo in base al quale l'azione sia stata esperita, anche negli ordinamenti che ammettono il cumulo di responsabilità aquiliana e responsabilità contrattuale: cfr. E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose, cit., 164 ss. D'altronde, la Corte di giustizia CE ha escluso che, sulla base di tale presunto principio della «esclusività dell'azione» la disciplina comunitaria in materia di assistenza ai passeggeri in caso di ritardo contenuta nel reg. n. 261/2004/CE dell'11 febbraio 2004 potesse essere ritenuta incompatibile con gli obblighi assunti dalla Comunità europea attraverso la ratifica della stessa Convenzione di Montreal del 1999: C. giust. CE, 10 gennaio 2006, in causa C-344/04, in Dir. trasp. 2006, 851.

 

[15] Allo stato attuale, deve darsi atto che la giurisprudenza, sull’assunto della natura pubblicistica dell’attività, tende a circoscrivere la responsabilità per il controllo del traffico aereo in ambito extracontrattuale. Sembra fare eccezione, a livello italiano, una decisione in tema di bird strike, che pare riferirsi (con non evidente consapevolezza del dibattito sul punto) ad una responsabilità contrattuale del fornitore dei servizi di assistenza al volo: Trib. Genova 19 febbraio 2007, in Resp. civ. prev., 2007, 1402, con nota di S. Vernizzi, In tema di collisione tra aeromobile e volatili (bird strike): profili di responsabilità.

 

[16] Su tale aspetto, con la recente riforma della parte aeronautica del codice della navigazione, sembra aver preso posizione il legislatore italiano, che, nell’ambito del meccanismo di rinvio dinamico adottato, ha richiamato negli artt. 949-ter e 954 cod. nav., anche per i trasporti aerei come novellati ex art. 14 del d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151, i termini di «decadenza» previsti dalla disciplina richiamata negli artt. 941 e 951 cod. nav.