ds_gen N. 7 – 2008 – Memorie//MMD-Giuramento-plebe-Monte-Sacro

 

foto AM5Attilio Mastrocinque

Università di Verona

 

Il Giuramento sul Monte Sacro.

Nel “Bicentenario del Giuramento

di Simón Bolívar a Montesacro”[*]

 

 

Sommario: 1. Crudeltà degli usurai e secessione della plebe (Monte Sacro 494 a.C.). – 2. Il giuramento plebeo (Monte Sacro 493 a.C.). – 3. Il nuovo sistema repubblicano. – 4. Antichi e moderni. Ringraziamento alla Repubblica Bolivariana del Venezuela.

 

 

1. – Crudeltà degli usurai e secessione della plebe (Monte Sacro 494 a.C.)

 

Correva l’anno 494 a.C. e di recente Roma aveva sconfitto i Latini nella battaglia del lago Regillo. L’anno prima era giunta da Cuma, la città greca in Campania, la notizia che Tarquinio il Superbo era morto in esilio. Le tribù territoriali erano state portate a 21, dopo avere annesso e organizzato il territorio portato via ai Latini con la guerra. La giovane repubblica romana sembrava avviata al successo, ma Tito Livio e gli altri storici ci informano che allora i ricchi e la classe dei patrizi cominciarono a prevaricare nei confronti della plebe.

La repubblica era stata fondata nel 509 da Lucio Giunio Bruto, il quale aveva fatto giurare ai Romani di non tollerare mai più la presenza di un re. La costituzione repubblicana implicava che i poteri, le funzioni, i culti, i luoghi che riguardavano tutti i cittadini venissero affidati al popolo. La regola generale era chiara, ma restava ancora da definire come ciò sarebbe avvenuto.

Nel 494 emerse il problema gravissimo della disuguaglianza economica. Gli autori antichi descrivono la crudeltà degli usurai (foeneratores), che facevano capo al patriziato, e la misera condizione dei plebei, indebitati, imprigionati e in ogni modo vessati dai loro ricchi creditori. Una monarchia assoluta, una tirannide o un ferreo regime oligarchico possono funzionare molto bene anche in presenza di forti divari economici tra i sudditi, ma una repubblica fatalmente ne soffre, perché essi minano il principio di uguaglianza, che sta sempre alla base, in una forma o in un’altra, della repubblica. Se una persona è troppo povera e la sua povertà le impedisce di fruire di ciò che è pubblico, allora l’idea di “pubblico” comincia a perdere il suo senso. I plebei si lamentavano per il fatto di essere continuamente costretti a militare nelle legioni, trascurando il loro lavoro, per poi trovarsi, alla fine della guerra, più poveri e più vessati dai creditori di prima. I plebei sostenevano, a detta di Livio, che “bisognava restituire a ciascuno la libertà prima di mettergli in mano le armi, in modo che combattesse per la patria e i propri concittadini e non per dei padroni” (Livio II.28.7).

La tensione fra patrizi e plebei era altissima e fu creato dittatore il moderato Marco Valerio, un patrizio benevolo nei confronti della plebe, ma egli si scontrò con la resistenza dei ricchi, che in Senato erano rappresentati dai patrizi più giovani e intransigenti.

Fu allora che un plebeo chiamato Sicinio guidò la plebe alla secessione sul Monte Sacro. Solo un autore antico, Calpurnio Pisone, affermava che la secessione ebbe luogo sull’Aventino. Roma allora rischiò, per la prima volta, di dividersi in due diverse città. La plebe sarebbe ricorsa anche in altre occasioni a questo mezzo estremo di lotta.

 

 

2. – Il giuramento plebeo (Monte Sacro 493 a.C.)

 

Il risultato della prima secessione non fu affatto quello che ci si sarebbe attesi, cioè un miglioramento economico per la plebe, ma la creazione di un sistema politico plebeo, destinato a coesistere con quello della repubblica fondata poco tempo prima. O meglio, si ebbe una repubblica che si esprimeva in due forme diverse coesistenti.

Ma vediamo cosa avvenne allora, pur tenendo presente che la storiografia romana circa le epoche più antiche rispecchia, oltre che qualche elemento storico, molta riflessione politica da parte delle élites culturali di Roma nelle fasi successive della storia repubblicana.

I plebei rimasero sul Monte Sacro fino all’anno seguente, privando Roma del nerbo del suo esercito e di notevoli forze lavoro, rischiando di aprire una pericolosissima falla nel sistema difensivo romano di fronte alle città latine. In realtà, il 493 non fu soltanto l’anno della riconciliazione fra patrizi e plebei, ma anche l’anno della pace con i Latini, sottoscritta con il foedus Cassianum, il trattato voluto dal leader plebeo Spurio Cassio.

I racconti di Tito Livio e di Dionisio di Alicarnasso sono un vero encomio del ritrovato spirito di concordia, grazie al famoso discorso di Menenio Agrippa, che sarà bene rievocare qui: «quando le membra del corpo umano non costituivano ancora un tutt’uno armonico, ma ciascuna di esse aveva un suo linguaggio e un suo modo di pensare autonomi, tutte le altre parti erano indignate di dover sgobbare a destra e a sinistra per provvedere a ogni necessità dello stomaco, mentre questo se ne stava zitto zitto lì nel mezzo a godersi il bendidio che gli veniva dato. Allora, decisero di accordarsi così: le mani non avrebbero più portato il cibo alla bocca, la bocca non si sarebbe più aperta per prenderlo, né i denti lo avrebbero più masticato. Mentre, arrabbiate, credevano di far morire di fame lo stomaco, le membra stesse e il corpo tutto eran ridotti pelle e ossa. In quel momento capirono che anche lo stomaco aveva una sua funzione e non se ne stava inoperoso: nutriva tanto quanto era nutrito e a tutte le parti del corpo restituiva, distribuito equamente per le vene e arricchito dal cibo digerito, il sangue che ci dà vita e forza» (Livio II.32.9-12). Fu con questa immagine che Menenio riuscì a far rientrare i plebei.

Ma prima di ritornare a Roma i plebei pronunciarono un solenne giuramento.

A) Secondo due storici antichi, Dionisio e Plutarco, a capo della plebe c’era allora Lucio Giunio Bruto, evidentemente il fondatore stesso della repubblica, il quale portava un nome tipicamente plebeo. Ecco quanto afferma Dionisio: «Il giorno seguente erano presenti i seguaci di Bruto che avevano siglato i patti col Senato attraverso quelli che i Romani chiamano Feziali. Egli divise il popolo in base alle curie, e furono eletti i seguenti magistrati annuali: Lucio Giunio Bruto e Gaio Sicinnio Velluto, che fino allora erano stati i loro capi, e inoltre, accanto a questi, Gaio e Publio Licinio, e Gaio Viscellio Ruga. Questi cinque uomini per primi assunsero il potere tribunizio, il quarto giorno prima delle Idi di dicembre (9 dic.), come avviene ancora ai nostri giorni... Bruto riunì un’assemblea e consigliò ai plebei di dichiarare sacra e inviolabile per legge la magistratura e ne garantì la sicurezza attraverso un giuramento» (Dionisio di Alicarnasso VI.68.1-2).

Quella che era nata come una questione economica si era trasformata dunque in una questione istituzionale, attraverso la creazione dei tribuni della plebe, la cui inviolabilità era garantita dal giuramento della plebe.

B) Vediamo ora che cosa riferiva lo studioso di antichità romane Verrio Flacco, contemporaneo di Tito Livio: «Si chiama Monte Sacro il monte oltre l’Aniene, poco dopo il III migliario, perché la plebe lo aveva consacrato a Giove al momento della partenza, quando aveva fatto la secessione dai senatori patrizi, dopo avere creato i tribuni della plebe che le fossero d’aiuto. L’uomo sacro è quello che sia stato giudicato tale dal popolo o perché aveva fatto un maleficio… colui che lo uccide non è condannato per omicidio. Infatti era previsto dalla prima legge tribunizia: “Se qualcuno uccide colui che in base a plebiscito sia sacro, non sia considerato omicida”» (Verrio Flacco, in Festo, de significatu verborum, sotto la voce Sacer Mons, 318 ed. Lindsay).

 

 

3. – Il nuovo sistema repubblicano

 

Il fondamento del nuovo sistema politico della plebe era dunque un giuramento collettivo, simile a quello che aveva fondato la repubblica. Ma quello stesso atto diventava anche la prima norma votata da un’assemblea di Romani convocata da un tribuno, secondo le regole ugualitarie volute dalla plebe. Da allora le assemblee convocate dai tribuni legiferarono a fianco di quelle convocate dai consoli, i comizi centuriati, che si basavano su una differenza di censo. Roma, dopo la storica giornata del giuramento sul Monte Sacro, vide coesistere due diversi “Fori” politici: in entrambi si scrissero grandi capitoli della costituzione romana.

Non era dunque soltanto un problema economico che moveva la plebe alla secessione. Il pensiero politico plebeo era ispirato a un profondo spirito di uguaglianza, perché le assemblee legislative presiedute dai tribuni della plebe davano a tutti i cittadini lo stesso peso politico, indipendentemente dal loro censo e dalla loro classe sociale. I nuovi magistrati creati con il giuramento sul Monte Sacro, i tribuni, prendevano il loro nome dalle tribù, cioè dalle ripartizioni anagrafiche del territorio romano, che servivano per la convocazione delle assemblee popolari.

 

 

4. – Antichi e moderni. Ringraziamento alla Repubblica Bolivariana del Venezuela

 

Gli antichi princìpi democratici che avevano ispirato la plebe furono ripresi con entusiasmo dai padri delle moderne democrazie europee, da Jean Jacques Rousseau a Gracchus Babeuf.

Ormai ci siamo abituati a considerare repubblica e democrazia come vecchie e scontate idee, laddove invece esse sono una conquista, che non è avvenuta una volta per sempre, ma che dev’essere sempre riaffermata e attualizzata.

Al giorno d’oggi, quando il pensiero politico che viene proposto al popolo si riduce a questioni economiche spicciole, a battute di spirito e a poco d’altro, il pensiero politico dei classici e degli antichi plebei rischiano di farci sentire piccoli… piccoli bambini di fronte ad uomini liberi e maturi di un passato lontano, i quali conoscevano i loro doveri e i loro diritti, i quali sapevano come affermarli in modo civile tanto quanto inflessibile.

Dobbiamo dire grazie alla Repubblica Bolivariana del Venezuela per averci ricordato Sicinio e Bruto, attraverso Simón Bolívar, il Libertador che dalla storia romana ha saputo trarre profonda ispirazione politica e sociale.

 



 

[*] Pubblicato a cura della Presidenza del Municipio IV Roma Montesacro in occasione del “Bicentenario del Giuramento di Simón Bolívar a Montesacro”. Roma, 15 agosto 2005.