ds_gen N. 6 – 2007 – Note & Rassegne

 

Frosini-ravenna1 aprile05Chavez, il presidente nel suo labirinto

 

Tommaso Edoardo Frosini

Università di Napoli Suor Orsola Benincasa

 

 

Piaccia oppure no, se c’è un Paese che oggi si presenta come un vero e proprio “laboratorio costituzionale” questo è il Venezuela. Dal 6 dicembre 1998, giorno in cui Hugo Chavez viene eletto dal popolo presidente della Repubblica, è stato un susseguirsi di atti e fatti costituzionali. A cominciare dall’elezione di un’Assemblea costituente, voluta per il tramite di un referendum dall’esito plebiscitario, la cui prima iniziativa fu quella di proclamare lo “stato di emergenza nazionale”, e quindi sciogliere il Parlamento e la Corte Suprema. In sei mesi venne redatta la nuova Costituzione venezuelana (la ventiseiesima nella storia del Paese), poi approvata con un referendum popolare, anche questo dall’esito largamente favorevole. Nacque così, un anno dopo l’elezione di Chavez, la Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela: un testo di ben 350 articoli, che “fonda il suo patrimonio morale e i suoi valori di libertà, eguaglianza, giustizia e pace internazionale nella dottrina di Simòn Bolìvar, il Liberatore” (così testualmente l’art. 1).

Va ricordato, che la dottrina politica di Bolìvar pone al centro del suo progetto di cambiamento l’impegno sociale in favore del popolo latinoamericano, con l’intenzione di attuare una vera e propria rivoluzione sociale attraverso la costruzione di un percorso di crescita economica che realizzi una distribuzione più equa delle risorse. Il costituzionalismo bolivariano, tra l’altro, propone il superamento della teoria tradizionale della tripartizione del potere aggiungendo ai poteri classici il potere morale e il potere elettorale: così la nuova Costituzione venezuelana introduce – oltre al potere legislativo, esecutivo e giudiziario – il potere cittadino (poder ciudadano) e quello elettorale (poder electoral). L’obiettivo è quello di volere innescare un meccanismo di partecipazione costituzionale, che metta in condizione il popolo di venire coinvolto nelle scelte e nelle decisioni politiche e istituzionali. “Una democrazia decentrata e partecipata. Un popolo padrone del proprio destino”, per dirla con lo slogan di Hugo Chavez.

Uno dei provvedimenti che vengono subito varati, che incidono se non altro a livello di costituzione materiale per così dire, è quello che dispone la nazionalizzazione del petrolio e della maggiore compagnia petrolifera, la PDVSA: questo intervento comporta subito rilevanti conseguenze nell’assetto economico venezuelano e nei rapporti con le potenze straniere, specialmente gli Stati Uniti d’America.

Tutto si tiene: la nuova Costituzione nasce “rumbo al socialismo”, cioè verso il socialismo del XXI secolo, secondo un progetto di rivoluzione bolivariana socialista fortemente perseguito da Chavez: fin da quando tentò, fallendolo, un colpo di stato nel 1992, che gli costò la prigione, da cui uscì nel 1994 grazie all’indulto.

Corsi e ricorsi storici: nel 2002, Chavez è vittima di un colpo di stato da parte dei militari, che dura però l’espace du matin. Intanto, il malumore cresce e si gonfia: seguono numerosi scioperi generali contro la politica economica di Chavez, che lo mettono in difficoltà. Non appena però la situazione si stabilizza, il governo provvede al licenziamento di molti degli impiegati della maggiore azienda petrolifera, che avevano aderito allo sciopero, ed emette decreti che dispongono il controllo legislativo del valore di cambio della moneta, e conferiscono al Banco Central de Venezuela il potere di attuare un controllo diretto sui tassi di interesse tramite la fissazione di tasso massimo che le banche devono obbligatoriamente applicare.

Continuano, intanto, a susseguirsi atti e fatti costituzionali. Alla fine del 2003 viene presentata una richiesta di recall presidenziale. L’art. 233 della Costituzione dispone che, nel caso in cui il Presidente venga revocato prima della scadenza dei primi quattro anni di mandato, si debba provvedere alla convocazione di nuove elezioni presidenziali nell’arco di 30 giorni. Perché il referendum abbia esito positivo è necessario che 3,8 milioni di persone votino a favore della revoca presidenziale, sempre che venga raggiunto il quorum di partecipazione del 25% dei votanti iscritti ai registri elettorali. Dopo numerose difficoltà burocratiche e non solo, dovute soprattutto all’incerto computo delle firme per la richiesta del recall, il 15 agosto 2004 si svolge il referendum revocativo.

Il quorum del 25% è abbondantemente superato, e a favore della riconferma di Chavez vengono espressi circa cinque milioni di suffragi, pari al 58% dei votanti. Una grande vittoria per Chavez, che lo rafforza notevolmente.

Il suo successo trova conferma nelle elezioni presidenziali del dicembre del 2006, che vedono la conferma di Chavez, per altri sei anni, con uno scarto di ventitré punti di percentuale sul suo avversario. Nel discorso di insediamento Chavez dedica la vittoria a Fidel Castro e al popolo cubano, attacca “el diablo” Gorge W. Bush, e annuncia che il Venezuela non sarà mai “una colonia nordamericana”, e che “ora comincia la costruzione di una società nuova, socialista, cristiana e bolivariana”. Per dare forma e sostanza a questo programma, come prima cosa viene negato il rinnovo della concessione di trasmissione al network televisivo privato Radio Caracas Television (Rctv) – la seconda rete radiotelevisiva venezuelana – accusata di essere palesemente schierata contro il governo, di avere appoggiato attivamente il golpe del 2001 e di trasmettere programmi “immorali”. Le frequenze di RCTV vengono sostituite da una tv filo-governativa. Si tratta di un duro colpo alla libertà di manifestazione del pensiero.

Da qui in avanti è un crescendo di iniziative, che non mancano certo di fantasia e creatività, tutte nel segno della rivoluzione socialista. Primo obiettivo, il tempo: ed ecco che viene deciso che, a partire dal 2008, le lancette dell’orologio del Venezuela verranno spostate di mezz’ora, e il suo fuso diventerà così di tre ore e mezza antecedente a quello di Greenwhich. Motivo? La giornata dei venezuelani così sarà più lunga, e in tal modo il popolo avrà più tempo per contribuire al progresso del Paese. Ancora: viene ordinato di non esporre babbi natali né addobbi natalizi, perché sono contrari alla tradizione venezuelana. E poi: viene presentato un progetto di legge, ispirato da Chavez, in cui si proibisce la registrazione “di nomi che espongano al ridicolo, stravaganti o di difficile pronuncia”, e pertanto viene previsto un elenco di 100 nomi consigliati da dare ai bambini. Inoltre, cambia la bandiera del Venezuela spostando il cavallo da destra a sinistra, perché così non è più “un cavallo infiltrato dalla destra, dall’oligarchia”. Infine, vengono esportate scatolette di tonno in Perù con impresso il faccione sorridente di Chavez insieme a quello del leader dell’opposizione peruviana, con la scritta “contro saccheggio, disperazione e caos, solidarietà coi nostri compagni”.

Non è finita. E qui viene il bello, si fa per dire. Viene annunciata la presentazione di una nuova modifica costituzionale che abolisce il limite ai mandati presidenziali (oggi sono ammessi solo due mandati). Si potrebbe così venire a delineare la figura del “Presidente continuo”, pericolosa bizzarria per una democrazia. Si propone, poi, una riforma della Costituzione volta a favorire la “proprietà collettiva o sociale gestita”, ponendo anche fine al ruolo dello Stato per la promozione dell’iniziativa privata. Ovvero la fine del capitalismo e dell’economia di mercato. Si vorrebbe poi cambiare il nome di Caracas in quello, certamente suadente, di «Culla di Bolìvar»; e si lavora, con convinzione e pervicacia, alla nascita di un partito unico socialista.

Va anche detto che, durante la presidenza Chavez, si registra una significativa diminuzione del tasso di povertà, che è passato dal 42,8% del 1999 al 33,9% del 2006; e così pure una sensibile decrescita della disoccupazione. Certo, l’economia venezuelana è nel pieno di una fase espansiva, alimentata dall’aumento dei prezzi internazionali del petrolio, che nell’ultimo quinquennio sono quintuplicati. Nonostante ciò il Venezuela ha accumulato un deficit fiscale che ha raggiunto il 2,3% nel 2006: perciò un calo dei prezzi del greggio, potrebbe far emergere difficili problemi.

Torniamo alle questioni costituzionali. Sarebbe quantomeno ingeneroso dare un giudizio tranchant su Chavez e il suo laboratorio costituzionale, come si sarebbe tentati di fare, stando seduti comodamente davanti al nostro computer; certe realtà – in particolare quelle latinoamericane - vanno conosciute direttamente e, soprattutto, vissute per potere esprimere su di esse valutazioni e svolgere delle comparazioni. A meno di non volere fare del giornalismo, sia pure raffinato, come quello dell’editorialista del Corriere della sera che a metà agosto poteva scrivere di Chavez e del chavismo come di «un dispotismo solare, caldo, esotico. Un nuovo castrismo che incatena il Venezuela ma che elettrizza i cuori dei sempre inappagati turisti della rivoluzione mondiale». L’immagine che a noi piace utilizzare, e che può descrivere al meglio la situazione di Chavez, riteniamo possa essere quella ispirata proprio al suo eroe prediletto, Simon Bolìvar, quale reso immortale nelle pagine del romanzo di “Gabo” Màrquez: il presidente nel suo labirinto.