N.
6 – 2007 – Memorie//Tribunato-plebe
Istituto di Teoria e Tecniche
dell’Informazione Giuridica (ITTIG)
Consiglio Nazionale delle Ricerche
DIFENSORE CIVICO E INNOVAZIONE
TECNOLOGICA NEL DIRITTO
Sommario: 1. Il quadro di riferimento generale. – 1.1. L’interdipendenza
mondiale e la mondializzazione dell’economia: dalla crisi della
governabilità alla crisi della cittadinanza. – 1.2. L’innovazione
tecnologica e l’emersione di nuovi problemi, rapporti e diritti.
– 2. Il contesto
internazionale e l’esperienza italiana. – 2.1. Il contesto internazionale.
– 2.2. L’esperienza
italiana. – 3. Le funzioni del difensore civico
in Italia. – 3.1. La
funzione di stimolo. – 3.2. La
funzione consultiva. – 3.3. La funzione di mediazione.
– 3.4. La funzione di
garanzia. – 3.5. La
funzione di controllo. – 3.6. La funzione di assistenza e
consulenza. – 3.7. La funzione di tutela. – 4. L’Istituto di Teoria e
Tecniche dell’Informazione Giuridica (ITTIG) del CNR e
l’innovazione tecnologica nel diritto; attualità,
specificità tematica e complessità interdisciplinare delle sue
aree di ricerca. – 4.1. I diritti umani: il Diritto
alla vita, il Diritto all’ambiente e all’informazione ambientale,
il Diritto alla qualità della vita, il Diritto all’informazione
(rinvio). – 4.2. Cittadini e fonti di
cognizione del diritto: informazione, conoscenza e partecipazione ai processi
decisionali. – 4.3. Cittadini e Pubbliche
Amministrazioni: la trasparenza della Pubblica Amministrazione, la
semplificazione dei procedimenti amministrativi e la comunicazione tra gli Enti
Locali. – 4.4. La “società
dell’informazione e della
comunicazione” e il Diritto dell’informatica. – 5.
Considerazioni conclusive. – 5.1. Il rapporto tra istituzioni
pubbliche e cittadini. – 5.2. Difesa civica e mutamenti
sociali.
Una intensa conflittualità e un
senso di crescente insicurezza connotano tristemente la nostra epoca, sotto
diversi profili e a tutti i livelli: dal ristretto ambiente familiare e locale
ai diversi contesti nazionali, dal vasto scenario europeo a quello –
molto più variegato e complesso - del mondo intero. Nell’era della
c.d. “interdipendenza mondiale complessa” e della crisi strutturale
della “governabilità” l’attualità dei diritti
umani si presenta in maniera sempre più pressante e drammatica.
Anche se le variabili
economiche appaiono come le più influenti, la causa ultima di questa
situazione risiede piuttosto nelle dinamiche d’interdipendenza che si
sono gradatamente instaurate e si sono poi rapidamente estese a tutti i Paesi
del mondo[1].
Si tratta di una interdipendenza che non caratterizza soltanto il comportamento
degli Stati nazionali e i loro reciproci rapporti, ma che penetra –
direttamente e profondamente – nella realtà umana e nella vita
sociale. La stessa capacità di governo delle istituzioni centrali, come
del resto anche di quelle regionali e locali, risulta influenzata da fattori
esterni, non controllabili con gli strumenti tradizionali della politica. In
conseguenza di ciò, venendo meno il diaframma dei governi, gli
individui, le famiglie, i gruppi associativi si sono trovati direttamente e
irrimediabilmente immersi in una nuova dimensione, quella mondiale, espressa
nella metafora del “villaggio globale”, quale spazio dilatato fino
a ricomprendere l’intero pianeta, territorio indistinto su cui sempre
più prepotentemente cerca di affermarsi ed esplicarsi un potere
direttivo unico ed omologante.
L’interdipendenza, dunque, coinvolge
soggetti eterogenei che includono, accanto ai governi, organismi
intergovernativi e multinazionali economiche, associazioni di volontariato e
istituzioni religiose, reti informative trans-nazionali e movimenti
ambientalistici; in particolare, si sviluppano iniziative pubbliche e private
per la internazionalizzazione dei diritti umani, per la promozione, il
riconoscimento e la tutela, a livello giuridico internazionale, dei diritti fondamentali
della persona.
Soprattutto, però, in questa fase
sempre più prepotentemente si afferma la “mondializzazione”
dell’economia, cui si ricollegano non solo l’apertura dei mercati
nella direzione della loro progressiva unificazione, ma anche l’integrazione
dei processi produttivi e di distribuzione in ordine al mero conseguimento del
profitto, nonché la “delocalizzazione” e la fusione delle
imprese, alla ricerca d’una sempre maggiore visibilità e
competitività internazionale. All’interno e al disopra di questa
“economia mondiale”, di cui il commercio elettronico rappresenta la
più recente e innovativa dimensione tecnologica, non si è
però ancora affermata una “politica mondiale
dell’economia”, una politica in grado d’esprimerne una totale
e coerente governabilità (la c.d. “global governance”).
Interdipendenza e mondializzazione
determinano e alimentano la crisi strutturale della governabilità, crisi
che viene a sua volta a configurarsi anche – e in primo luogo –
come crisi della statualità, dello Stato nazionale, nella sua concezione
e funzione tradizionale. Alla crisi dello Stato, nel senso chiarito, viene poi
inevitabilmente a corrispondere la crisi dello stesso istituto della
cittadinanza. Di fronte ai condizionamenti esterni che l’interdipendenza
pone ai poteri decisionali dei governi; di fronte ai ridimensionamenti indotti
nello sviluppo dello Stato sociale e, in generale, ai molteplici e profondi
mutamenti determinatisi nel tessuto stesso della vita individuale e di
relazione, occorre allora riesaminare e rivalutare i diritti dei cittadini,
riconsiderarne la portata e la fisionomia, l’effettività
dell’esercizio e l’efficacia della tutela, tenendo presente che nel concetto di cittadinanza
rientrano non solo i diritti relativi all’esercizio del potere politico,
ma anche quelli connessi alla libertà individuale e, non ultimo, il
diritto di accedere a certi beni sociali fondamentali, quali la salute,
l’istruzione e il lavoro.
Alla interdipendenza tra gli Stati e alla
mondializzazione o globalizzazione come cause fondamentali della trasformazione
in atto, deve essere aggiunto il rilievo del ruolo essenziale che,
nell’attuale scenario complessivamente considerato, assume il progresso
scientifico e tecnologico. Il ritmo rapidissimo dell’evoluzione
tecnologica e la pervasività senza precedenti dell’innovazione che
a essa si ricollega hanno profondamente inciso sulla situazione complessiva dei
diritti dei cittadini, da un lato alterandone o comunque modificandone la
configurazione e l’estensione, dall’altro facendo emergere
l’esigenza di riconoscere e difendere situazioni e posizioni nuove.
La stessa vita quotidiana, nella
varietà e complessità dei rapporti sociali, si è sensibilmente
modificata in conseguenza degli sviluppi della ricerca nel campo delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione. In questa sede
può essere sufficiente accennare alle vastissime possibilità che
sono state aperte dalla miniaturizzazione circuitale sempre più spinta e
dal corrispondente, incredibile, incremento nella potenza di calcolo e nella
capacità di memoria degli elaboratori elettronici personali (personal computers) e delle stazioni di
lavoro (work stations) di più
recente progettazione. In settori applicativi con ricadute di forte impatto
sull’organizzazione sociale, come le reti telematiche destinate alla
comunicazione di massa, le grandi banche di dati specialistici e
l’automazione integrata dei processi decisionali, sono così divenuti
concretamente utilizzabili e operativamente fruibili i risultati di ricerche
teoriche avanzate, svolte in campi, come l’Intelligenza Artificiale e le
Reti neuronali, che fino a non molto tempo fa sembravano inesorabilmente
relegati nella sfera delle mere elucubrazioni teoriche o, comunque, orientati
allo sviluppo di prodotti di alta tecnologia ma di scarsa rilevanza
applicativa.
In conseguenza dei radicali mutamenti
indotti dalla rapida evoluzione delle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione, a sua volta il diritto si è trovato nella
necessità di affrontare problemi di complessa definizione, per la
difficoltà – e sovente anche nell’impossibilità
– d’individuare validi punti di riferimento nella disciplina di
istituti e rapporti assolutamente nuovi (come il documento informatico, la
firma digitale, l’accesso alle banche di dati pubblici e il commercio
elettronico) o anche per le caratteristiche del tutto particolari del contesto
in cui attualmente – proprio per il sopravanzare della rivoluzione
tecnologica – vengono a inquadrarsi fondamentali questioni di
tradizionale rilevanza giuridica (come il diritto d’autore, il diritto
all’informazione e il corrispondente diritto alla riservatezza,
nonché la sempre più estesa categoria dei diritti di
partecipazione e comunicazione del cittadino di fronte alla Pubblica
Amministrazione).
Il diffondersi nei cittadini – a
livello non solo internazionale, ma anche nazionale, regionale e locale –
di atteggiamenti di sfiducia e di diffidenza nei confronti dell’azione
delle istituzioni pubbliche, in quanto a sua volta induce timori e insicurezza,
inevitabilmente tende a deprimere l’attitudine alla solidarietà e
la stessa cultura della pacifica coesistenza. Si tratta, dunque, di valori
fondamentali, che occorre ristabilire e tutelare, evitando che si radichi, nei
singoli come nelle comunità, la convinzione di poter salvaguardare il
proprio benessere personale e materiale e, insieme, di poter adeguatamente
affrontare i problemi connessi all’accelerato sviluppo tecnologico e alle
nuove dimensioni della competizione internazionale, solo perseguendo logiche
individualistiche, al di fuori degli schemi dello Stato sociale.
In questo senso se, da un lato, occorre
prendere coscienza del fatto che la diffusa percezione di un senso di ripulsa,
da parte dei cittadini, nei confronti di un cattivo funzionamento
dell’apparato politico-amministrativo va direttamente a incidere sul
senso d’attaccamento alla comunità nazionale, d’altra parte
si evidenziano la necessità e l’urgenza di provvedere a elaborare
politiche, progetti, comportamenti concreti, pubblici e privati, atti a
ricostruire il rispetto e la fiducia nei confronti delle istituzioni
democratiche.
Come è stato più volte
affermato, anche in occasione di Seminari di studio e Convegni nazionali e
internazionali, l’istituto del Difensore civico corrisponde a esigenze
reali ed estese, ma il grado della sua concreta utilità e
funzionalità dipende dalla “ricettività” che il
sistema politico-amministrativo si dimostra capace d’esprimere nei suoi
confronti. Infatti, è condizione essenziale, in questa prospettiva, che
il sistema si configuri non solo come “Stato di diritto”, ma anche
come “Stato sociale”, garante quindi della certezza del diritto, ma
anche della sicurezza delle persone e delle comunità.
In tutti i Paesi, di pari passo con lo
sviluppo sociale, si sono moltiplicate le funzioni pubbliche di erogazione e
prestazione, ma, come diretta conseguenza, sono sorti problemi politici,
sociali e giuridici del tutto nuovi, mentre si sono delineati scenari fino a
pochi anni or sono assolutamente imprevedibili, in cui riaffermare i valori di
giustizia e garantire i diritti dei cittadini. Nonostante il consolidamento e
l’estensione dello Stato sociale, sono emerse nuove
“criticità”, nuove “povertà”: dagli
anziani, sempre più numerosi e attivi, ai disoccupati, dai
tossicodipendenti, sovente ignorati ed emarginati, agli immigrati.
Nell’incalzare del progresso tecnologico (dall’informatica alle
biotecnologie, dalla telematica alla robotica), con riferimento a settori vasti
ed eterogenei dell’attività umana ma anche a momenti fondamentali
della vita stessa, assumono profili inediti anche i tradizionali diritti di
libertà, mentre si chiarisce e si diffonde una sempre più
accentuata richiesta d’efficienza, trasparenza e partecipazione nei
confronti delle Pubbliche Amministrazioni e dell’apparato statale nel suo
complesso: l’esigenza d’innovazione attiene al buon funzionamento
dello Stato non soltanto nelle sue istituzioni rappresentative (Parlamento,
Governo, Regioni, Province e Comuni), ma anche nelle sue strutture
burocratico-amministrative che, com’è stato osservato[2],
a ragione della loro complessità, incidenza e pervasività,
rivestono un’importanza crescente nella vita delle comunità
nazionali.
Qualunque persona risieda sul territorio
dell’Unione Europea o ne sia cittadino – oltre ad imprese,
associazioni e altri organismi con sede ufficiale nell’Unione – qualora ritenga siano
stati lesi i diritti riconosciuti dal diritto comunitario, può
rivolgersi al “Mediatore Europeo”[3]
o alla “Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo”.
L’istanza può essere presentata al Difensore Civico più
vicino, che è tenuto a intervenire direttamente o a trasmettere a sua
volta la denuncia al Difensore Civico competente (Mediatore Europeo, Difensore
Civico nazionale, regionale o locale) all’interno degli Stati membri
dell’Unione. In ogni caso, oltre che sulla base delle denunce o
segnalazioni dei cittadini, il Mediatore Europeo può avviare indagini
anche di propria iniziativa. Per un confronto sulle varie tematiche
d’interesse e per rendere più agevole la trasmissione delle
istanze tra i vari Difensori Civici, il Mediatore Europeo ha istituito, nel
1996, una rete di funzionari di collegamento, che intende promuovere il libero flusso di informazioni sul diritto
comunitario e la sua applicazione al fine di rendere possibile la trasmissione
delle denunce all’organo
più idoneo. Il Mediatore Europeo organizza,
inoltre, periodici incontri tra Difensori civici Regionali, Nazionali e
Istituti di tutela[4]
e conduce indagini su casi di cattiva
amministrazione nell’azione delle Istituzioni e Organi
comunitari, quali la Commissione Europea, il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento
Europeo; esulano, invece, dalle sue competenze le azioni svolte
dalla Corte di
Giustizia e dal Tribunale di primo grado nell’esercizio delle
loro funzioni giurisdizionali.
Nel 1997 il Consiglio d’Europa
ha istituito il Commissario per i Diritti dell’Uomo. Tale mandato
è stato definito nel 1999[5];
in virtù del suo incarico e delle competenze conferitegli, il Commissario
è abilitato d’ufficio a esaminare qualsiasi questione e, quindi,
pur non avendo la facoltà di ricevere dei ricorsi individuali in materia
di tutela dei diritti dell’uomo, può fornire informazioni sulla
situazione generale negli Stati membri del Consiglio d’Europa sulla base
di documenti dell’Organizzazione. Eventuali istanze possono essere
rivolte al Commissario dai Governi, dai Parlamenti nazionali, dai Mediatori
nazionali o da altre Istituzioni analoghe, nonché da singoli individui e
associazioni.
Per quanto attiene alla c.d.
“educazione alla cittadinanza” è opportuno rilevare che
Per il periodo 2006-2009 il Programma
comunitario delle attività previste in materia di Educazione alla
Cittadinanza Democratica tende a promuovere politiche sostenibili, a supportare
buone pratiche e a incoraggiare la cooperazione tra e con gli Stati membri[9];
in particolare, però, si propone di promuovere la partecipazione dei
cittadini alle attività della Pubblica Amministrazione e ai
corrispondenti processi decisionali attraverso l’utilizzo delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT).
In Italia, all’esigenza
d’instaurare un diverso rapporto tra cittadini e pubbliche istituzioni si
è cercato e si sta cercando di rispondere con alcune leggi di riforma,
avviate a partire dal 1990 secondo una precisa strategia, volta alla
“privatizzazione” di alcuni settori di servizi pubblici, alla
partecipazione dei cittadini al procedimento amministrativo pubblico, alla
responsabilizzazione dei dirigenti-funzionari. In ordine al conseguimento di
questi fini sono però necessarie, da una parte, un’adeguata
valorizzazione dell’etica della responsabilità professionale degli
operatori delle Pubbliche Amministrazioni, dall’altra, la promozione di
comportamenti di cittadinanza consapevole da parte dei cittadini: in questo
ambito si colloca l’istituzione – o il rinnovamento – di
strumenti di promozione, tutela e conciliazione quali, appunto, il Difensore
Civico[10].
In assenza del Difensore Civico nazionale,
il ruolo di funzionario è espletato da una figura interna
all’Ufficio del Difensore Civico regionale quale Segretario del
Coordinamento dei Difensori Civici regionali. Attualmente è in carica un funzionario presso
l’Ufficio del Difensore Civico della Valle d’Aosta. In passato hanno svolto tale incarico
gli uffici dei Difensori
Civici della Toscana e del Veneto.
L’azione del D.C. investe aspetti
fondamentali attinenti alla vita e agli interessi del singolo e della
collettività in ordine alla realizzazione d’una società
libera, giusta e democratica, ispirata a principî del diritto romano
immutabili e universali, quali quello espresso da Ulpiano nel Digesto con le
parole «Honeste vivere, alterum non
ledere, suum cuique tribuere». I principî e i valori cui in
questa sede può farsi riferimento sono quelli esplicitati in vari
articoli della nostra Carta Costituzionale, come l’art. 2 (diritti
inviolabili collegati al dovere della solidarietà politica, economica e
sociale), l’art. 3 (in materia di uguaglianza e sviluppo della persona umana),
l’art. 97 (relativamente alla legalità, al buon andamento e alla
imparzialità della P.A.) e l’art. 98 (a proposito dei pubblici
impiegati, considerati ad esclusivo servizio della Nazione).
Una visione complessiva del campo
d’intervento del Difensore civico è offerta dall’art. 11 del
D.Lgs. 267/2000 che allo stesso attribuisce compiti di vigilanza
sull’imparzialità e sul buon andamento dell’azione
amministrativa, nonché di tutela delle persone e dei cittadini da abusi,
disfunzioni, carenze e ritardi posti in essere dagli organi della P.A. Il campo
d’azione del D.C. comprende quindi, a livello generale, una
«attività di tutela delle posizioni giuridiche soggettive del
singolo e della collettività e un’attività di vigilanza
sulla legalità, regolarità ed efficienza dell’attività
della P.A.». Più analiticamente, nell’attività del
D.C. possono distinguersi: funzioni di stimolo e propositive, funzioni di tipo
consultivo, funzioni di mediazione, di garanzia, di controllo, di assistenza e
consulenza a soggetti privati e di tutela delle posizioni giuridiche
soggettive.
La funzione di stimolo e propositiva del
D.C. si esplica sulla base dell’esame attento dei documenti programmatici
e gestionali dell’Ente (quali la relazione previsionale e programmatica,
il bilancio di previsione e il piano esecutivo di gestione) e tende a
realizzare interventi, a suggerire rimedi e correttivi atti a evitare
disfunzioni, carenze e inadeguatezze nel conseguimento degli obiettivi
dell’attività pubblica. Questa attività di “pungolo”,
da un lato, mira a migliorare l’azione amministrativa in termini di
tempestività, efficacia e buon andamento, oltre che adeguato
contemperamento degli interessi coinvolti; dall’altro, tende a tutelare
le posizioni giuridiche di vantaggio delle persone interessate (singole o
associate).
Relativamente alla funzione consultiva
occorre rilevare che al D.C., proprio in virtù della sua posizione di
mediatore imparziale e indipendente, gli amministratori e i funzionari pubblici
possono (o devono, a seconda di quanto disposto nei relativi Statuti) chiedere
giudizi e pareri, sia pure non vincolanti, non solo di carattere scientifico o
tecnico, ma anche discrezionale o di merito, purché strettamente
collegati a precise richieste ed esigenze.
La funzione di mediazione attiene
direttamente alla natura del dialogo e dei rapporti tra cittadini e Pubblica
Amministrazione, rapporti tradizionalmente difficili per la complessità
intrinseca delle formalità legali e dei meccanismi burocratici connessi
alle procedure. La mediazione, in quanto può prevenire ed evitare
l’instaurazione di un contenzioso amministrativo o giudiziario (cui si
connettono tempi lunghi e costi ingenti) s’inquadra, a livello europeo,
tra gli strumenti e i metodi alternativi (stragiudiziali) di composizione e
risoluzione delle controversie (ADR – Alternative
Dispute Resolution), quali l’arbitrato, la conciliazione e
l’intervento dell’Ombudsman.
La funzione di garanzia è attribuita
al D.C. dall’art. 11 del D.Lgs. n. 267 del 2000, ma anche da numerose
altre norme all’interno di Statuti e Regolamenti. Il D.C. deve garantire
l’imparzialità e il buon andamento della Pubblica Amministrazione
nei confronti dell’utente, del cittadino, in ultima analisi, della
persona umana: si tratta di valori e principî costituzionali essenziali e
qualificanti per uno Stato democratico moderno e per una Pubblica
Amministrazione efficiente e funzionale. Il principio fissato nel 1° c.
dell’art. 97 della Cost. – secondo il quale: «I pubblici
uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano
assicurati il buon andamento e l’imparzialità
dell’Amministrazione» – dev’essere osservato, oltre che
dal legislatore in tutte le ipotesi in cui egli emani norme per la disciplina
di attività amministrative e per l’organizzazione degli uffici,
dalla P.A. nell’organizzazione della propria attività. Il D.C. non
è titolare di poteri coercitivi o sanzionatori, né può caducare
o riformare l’atto viziato, ma, segnalando ed evidenziando eventuali vizi
degli atti o del procedimento, può prevenire ed evitare il ricorso agli
ordinari rimedi amministrativi e giurisdizionali previsti
dall’ordinamento.
La norma fondamentale e generale
dell’art. 11 D.Lgs. n. 267 conferisce al D.C. compiti di garanzia e
tutela, ma tali funzioni possono essere assolte solo se il suo intervento si
svolge sugli atti amministrativi, sull’operato e sul comportamento degli
organi e degli uffici della P.A. al fine di verificarne la conformità
alle regole giuridiche positivamente fissate. La funzione di controllo, in
senso giuridico, si esplica in tutte le ipotesi in cui un organo esamini
l’attività svolta da un altro organo per accertarne la
corrispondenza a determinate norme; si tratta di verificare se un atto,
un’attività, un comportamento siano conformi alle norme positive e
alle regole d’azione prestabilite al fine d’esprimere un giudizio e
di adottare – o proporre che siano adottate – le misure giuridiche
previste dall’ordinamento. Il controllo, come istituto generale, è
quindi connaturato con l’organizzazione stessa degli ordinamenti
giuridici, ma è solo con lo Stato moderno che la generalizzazione del
controllo a tutta l’attività dei pubblici poteri è stata
elevata al rango di principio costituzionale. La funzione di controllo,
classicamente, si articola in tre fasi successive: la verificazione,
consistente in un “procedimento dichiarativo” volto
all’acquisizione di conoscenza, mediante la quale si stabilisce un
rapporto diretto tra il comportamento del controllato e la fattispecie astratta
prevista dalla normativa vigente; il giudizio, come attività conseguente
alla constatazione di determinati fatti che ne costituiscono il presupposto e
l’oggetto; la statuizione finale, come provvedimento (positivo, negativo
o interlocutorio) emesso dall’organo di controllo in relazione al
giudizio espresso sull’attività dell’organo controllato.
Le funzioni di controllo esercitate dal D.C.,
pur non essendo rigidamente riconducibili a quelle indicate, presentano con
esse evidenti analogie; si tratta di controlli non tipicamente giuridici, ma
“atecnici”, che attengono alla legalità, imparzialità
e buon andamento della P.A. (con particolare riferimento alle disposizioni di
legge sulla contabilità delle P.A. e degli Enti locali, sul procedimento
amministrativo e sui controlli interni della P.A. stessa) e che si concludono,
non con un’approvazione, un “annullamento” o un “rinvio
per riesame”, bensì con semplici richieste, raccomandazioni,
inviti, ecc.
L’art. 127 del D.Lgs. n. 267/2000, ai
commi 1 e 2, prevede, nei limiti delle illegittimità denunciate, il c.d.
controllo eventuale sugli atti, cioè sulle deliberazioni della Giunta e
del Consiglio, quando queste riguardino appalti e affidamento di servizi o
forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario, dotazioni
organiche e relative violazioni e assunzioni del personale. Era previsto che il
controllo fosse esercitato dal Comitato Regionale di Controllo (CORECO),
ovvero, se istituito, dal Difensore civico comunale o provinciale. La legge
costituzionale n. 3/2001, con l’art. 3, c. 2, ha abrogato l’art.
130 Cost., determinando così l’abolizione dell’organo
regionale di controllo sugli atti degli enti locali, ma questo non importa che
sia venuto meno anche il potere attribuito al D.C. dal citato art. 3 del D.Lgs.
n. 267/2000. Altre forme di controllo esercitato dal D.C. riguardano gli
aspetti di funzionalità aziendale della P.A. moderna, in termini di
economicità, efficienza ed efficacia. Infine, per il D.C. sono previste
dalla legge particolari facoltà che tendono ad assumere i caratteri di
un controllo vero e proprio, in relazione all’accesso agli atti e al controllo
sostitutivo del difensore civico regionale (v. art. 25, c. 4°, legge n. 241
del 1990 e art. 136 del D.Lgs. n. 267 del 2000).
Sostanzialmente affine al controllo
previsto dall’art. 127 del D.Lgs. n. 267/2000 è poi quello
attribuito al D.C. dall’art. 25 della l. n. 241/90, come modificato
dall’art. 15 l. n. 340/2000, in materia di esercizio del diritto
d’accesso agli atti della P.A. da parte di chi vi abbia interesse. In
relazione al potere d’intervento del D.C. nel procedimento per
l’accesso agli atti, in questa sede importa rilevare che esso –
come anche quello contemplato dall’art. 127 del D.Lgs. n. 267/2000
– tende a verificare la legittimità del diniego (totale o
parziale) o del differimento dell’accesso al fine di indurre la P.A. a
riesaminare ed eventualmente modificare la determinazione presa e viene
esercitato mediante apposita richiesta di riesame diretta al funzionario
competente.
Conclusivamente può osservarsi che
la legge n. 240/1990 è stata evidentemente emanata al fine
d’instaurare un controllo democratico sull’attività della
P.A., nel senso di connotarne le scelte e gli atti in termini di elevata
trasparenza e conoscibilità; la previsione di tali caratteri –
come è stato correttamente osservato[11]
– sostanzia il principio di pubblicità dell’azione
amministrativa e ha come obiettivo il miglioramento del rapporto tra la
società civile e i gestori della cosa pubblica. Sulla base di tali
rilievi deve convenirsi sul fatto che l’accesso agli atti rappresenti uno
dei capisaldi della normativa in questione, ponendosi a fondamento
dell’intera costruzione positiva tesa a garantire la trasparenza e la
democraticità della stessa attività amministrativa.
L’attività di assistenza e
consulenza svolta dal D.C. si rivela particolarmente significativa quando
è esercitata nei confronti di persone socialmente deboli, indifese,
sprovviste di mezzi economici o anche, semplicemente, della preparazione
culturale necessaria al disbrigo di pratiche amministrative complesse.
L’attività di assistenza si esplica mediante la
“vicinanza” – materiale e morale – ai cittadini,
l’offerta di aiuto e collaborazione, di consiglio e appoggio.
Si può affermare che tutta
l’attività del D.C., considerata nella sua varietà e
complessità, abbia come sintesi e punto d’arrivo la tutela delle
posizioni e situazioni giuridiche soggettive. L’art. 11 del D.Lgs. n.
267/2000, in linea con l’evoluzione normativa di altri Paesi, attribuisce
al D.C. anche compiti di tutela stragiudiziale del privato da abusi,
disfunzioni, carenze e ritardi della P.A. Questa forma di tutela – come
parte della dottrina ha ritenuto – potrebbe sembrare già
adeguatamente garantita dalla l. n. 241/1990, relativa alla trasparenza del
procedimento e all’accesso agli atti. Occorre, invece, in contrario
rilevare che l’intervento del D.C., esplicandosi principalmente mediante
un’attività informale di assistenza e consulenza prestata in
favore di soggetti deboli sotto il profilo sia economico che culturale,
consente di rendere concreta ed effettiva l’attribuzione ex lege di posizioni strumentali di
tutela. Così è, ugualmente, nelle ipotesi in cui l’azione
amministrativa pregiudichi interessi diffusi o “adespoti”,
cioè privi di organismi deputati alla loro tutela, ovvero anche interessi
semplici o di mero fatto, sprovvisti di tutela in sede sia amministrativa che
giurisdizionale. Particolare incidenza, poi, può avere
l’intervento del D.C. nei casi di “silenzio-inadempimento”,
che si verificano quando
In sintesi, l’attività di
tutela non giurisdizionale esercitata dal D.C. ha per oggetto diritti
soggettivi, interessi diffusi o “adespoti”, interessi semplici,
interessi collettivi e interessi generali; essa si attua mediante
l’espletamento del servizio di assistenza e consulenza nei confronti dei
privati, la vigilanza in senso lato sui comportamenti dei funzionari, la
segnalazione agli organi competenti di fatti di cattiva amministrazione,
l’uso di poteri sollecitatori, consultivi, propositivi e di controllo
“atecnico” sugli atti e sull’attività della P.A.
Nel contesto storico sopra delineato
– con particolare riferimento al contesto sociale, culturale, politico,
giuridico e, in senso lato, ideologico che vi corrisponde –
l’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica, organo
del Consiglio Nazionale delle Ricerche[12],
viene inevitabilmente ad assumere un’importanza centrale, non solo sotto
il profilo meramente scientifico, ma anche sotto i molteplici aspetti che al
ruolo dell’informazione – e, in specie, dell’informazione
giuridica – sono variamente riconducibili nella società
contemporanea[13].
Alla globalizzazione dei flussi comunicativi, che si pone come conseguenza
della separazione tra spazio e tempo resa possibile dalle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, corrisponde la forte
intensificazione delle relazioni sociali mondiali: Paesi tra loro anche molto
distanti risultano così di fatto strettamente collegati, al punto di
essere inconsapevolmente indotti a modificare mentalità e comportamenti,
talora progressivamente incidendo su quel patrimonio di valori, costumi e
tradizioni in cui si sostanziano le stesse identità nazionali.
In questa situazione il diritto,
considerato nella sua funzione precipua di “regola
dell’azione”, presenta problemi assolutamente nuovi, che attengono
non soltanto alle forme della sua conoscibilità, ma anche alla sua
stessa dimensione normativa (“nomotetica”, regolativa) ed
esperienziale (con riferimento alla pratica interpretativo-applicativa e
all’esperienza giudiziaria). La “novità” di questi
problemi, come può dedursi da quanto fin qui richiamato in merito alle
caratteristiche principali dell’evoluzione in atto nella società
contemporanea, si ricollega alla rapidità senza precedenti dello
sviluppo tecnologico, ma anche alla profondità e vastità
dell’impatto che esso determina: la pervasività progressiva e la
veloce obsolescenza (per certi versi predeterminata) di strumenti tecnici (hardware) e programmi (software) si sono rivelate
caratteristiche dominanti di uno scenario in continuo cambiamento.
Sul piano della ricerca scientifica, fare
fronte, in maniera articolata ma allo stesso tempo in funzione di una visione unitaria,
alle problematiche che – soprattutto a livello di organizzazione sociale
e regolazione giuridica – innovazione tecnologica e globalizzazione
congiuntamente determinano, comporta il superamento delle tradizionali
partizioni disciplinari accademiche e l’elaborazione di approcci e
metodologie d’indagine di tipo fortemente innovativo, comparatistico e
interdisciplinare.
Le aree scientifiche in cui
l’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica
è impegnato, spaziando dall’Informatica giuridica al Diritto
dell’informatica, dall’analisi dei diritti fondamentali
nell’era tecnologica allo studio dell’influenza del Diritto romano
sui sistemi giuridici continentali, dalla Linguistica alla Logica giuridica,
opportunamente (doverosamente) coniugano passato, presente e futuro,
affiancando alla consapevolezza dei valori universali immutabili lo studio
dell’applicabilità al diritto di strumenti tecnici in continua
evoluzione. L’analisi che segue avrà comunque ad oggetto i soli
temi d’interesse in relazione alla funzione e all’attività
del Difensore Civico.
Nell’ambito
dell’attività di ricerca dell’ITTIG i diritti umani occupano
da tempo una posizione centrale, costituendo obiettivo primario, sul piano lato sensu “politico”, delle
numerose indagini scientifiche svolte. Sulla base delle indicazioni fornite dal
Consiglio Scientifico dell’Istituto nelle riunioni del 14 giugno 1996[14]
e del 24 gennaio 1997[15],
nonché dei Suggerimenti per
l’elaborazione dei Progetti di ricerca 1998 formulati in data 3
giugno dello stesso anno, nell’intento d’aderire all’invito
di formulare “progetti innovativi” fu avviata la realizzazione
d’un Progetto in grado di raggruppare e coordinare le Banche dati
specialistiche interne aventi per oggetto le diverse tematiche afferenti al
diritto alla vita, alla salute e all’ambiente, considerate come aspetti
d’un sistema complessivo più ampio sui diritti fondamentali della
persona. A tale nuovo Progetto aderirono l’archivio BIG (Bibliografia sul
“Diritto alla vita e sull’Interruzione volontaria della
Gravidanza”), l’archivio VIPD (“Vita Indipendente delle
Persone con Disabilità”), l’archivio BIGA
(“Bibliografia Giuridica dell’Ambiente”), l’archivio
DAUE (relativo allo stato d’attuazione in Italia delle Direttive
Ambientali dell’Unione Europea) e l’Osservatorio telematico ELIOS
(“Environmental Legal Information
Observatory System”).
L’accorpamento tra le iniziative
documentarie su indicate, oltre a rispondere a ragioni
d’opportunità connesse con l’interdipendenza e la
complementarità delle tematiche che ne costituivano l’oggetto, fu
valutato anche come “funzionale” alle ricerche di tipo documentario
e informatico-giuridico condotte in Istituto sulla “costruzione, gestione
e diffusione delle banche dati”, ma soprattutto fu inteso come
espressione concreta della disponibilità a cooperare alla costruzione
d’una rete informativa sui diritti fondamentali della persona e, in
particolare, sul diritto alla vita.
Con
specifico riferimento alla tematica del diritto alla vita e al relativo
archivio elettronico BIG[16]
è opportuno rilevare che questa base di dati ha per oggetto il dibattito
socio-giuridico e politico-culturale sviluppatosi in Italia, soprattutto negli
ultimi due decenni, in relazione al diritto alla vita, considerato come
“diritto fondamentale della persona umana” nel contesto della c.d. “era
tecnologica”. L’entrata in vigore della legge 22 maggio 1978, n.
194 («Norme per la tutela sociale della maternità e
sull’interruzione volontaria della gravidanza») ha rappresentato
solo uno dei nodi principali intorno a cui si è venuta rapidamente
sviluppando una vastissima ed eterogenea letteratura. Nell’attuale
processo di globalizzazione, infatti, è crescente la complessità
dei rapporti che s’instaurano non solo tra “diritto alla
vita”, “diritto alla salute” e “diritto
all’ambiente”, ma anche tra questi diritti e altri diritti
fondamentali, come il “diritto all’informazione” e il
corrispondente “diritto alla riservatezza”.
Nell’individuare
le fonti di spoglio per l’implementazione dell’archivio si è
ritenuto opportuno, ancorché molto più oneroso in fase di
predisposizione del corpus
documentario da sottoporre ad analisi, svolgere una ricerca diretta a
considerare l’argomento in ogni suo aspetto e rapporto interdisciplinare:
di conseguenza, un’altra regola cui ci si è attenuti è
stata quella d’includere nella base di dati tutti quei contributi che
comunque trattassero il tema d’indagine, anche se in modo non esclusivo o
centrale. I documenti raccolti non si limitano a esaminare le problematiche
connesse col tema dell’aborto (prima e dopo la legge 194/78), ma spaziano
anche sullo studio del diritto alla vita nei suoi diversi aspetti (tecniche di
riproduzione umana, genetica, eutanasia, sterilizzazione, contraccezione,
ecc.).
Avendo riguardo a questo più ampio
contesto, l’archivio BIG, che si colloca all’interno di un
più articolato sistema informativo avente specificamente ad oggetto i
nuovi “diritti fondamentali dell’uomo nell’era
tecnologica”, sembra destinato a cambiare presto denominazione, dato che
con quella attuale solo una parte dei documenti in esso registrati risulta
appropriatamente richiamata. Il database
che viene ora reso disponibile in rete non contiene documenti tratti
dall’archivio generale di dottrina giuridica (DOGI) prodotto
dall’Istituto o da altri archivi elettronici, ma è costituito da
unità documentarie del tutto originali, per esso appositamente
predisposte. Va segnalato, inoltre, che nella redazione degli abstracts si è cercato
d’impiegare un linguaggio che potesse risultare nel contempo sia
tecnicamente rigoroso che agevolmente comprensibile, garantendo
un’assoluta omogeneità stilistico-lessicale.
Pur essendo destinato ad ampliare le sue
fonti di spoglio alle riviste di dottrina giuridica[17],
in questa sua prima configurazione l’archivio BIG risulta costituito da
materiale attinto prevalentemente da libri (monografie, opere collettanee, atti
di convegni, relazioni annuali dei Ministeri della Sanità e di Grazia e
Giustizia, relazioni dei vari Assessorati alla Sanità, rapporti
dell’Istituto Superiore di Sanità, dizionari enciclopedici, ecc.),
spogliati in modo da ricavare una scheda per ciascun contributo pubblicato.
In materia di diritto all’ambiente e
all’informazione ambientale l’attività di ricerca svolta
all’interno dell’Istituto in un arco di tempo ormai più che
decennale è stata particolarmente ampia e approfondita, coinvolgendo
numerosi ricercatori ed estendendosi a tematiche varie, affrontate, sotto
l’aspetto dell’indagine teorica, in articoli, relazioni a Convegni
e volumi monografici[18],
ma fatte anche oggetto di applicazioni informatiche eterogenee, comprendenti,
oltre al trattamento di dati indicizzati e organizzati per classi argomentali
in sistemi documentari[19],
la sperimentazione di forme di consulenza giuridica automatica rese disponibili
all’utente tramite il collegamento alla rete Internet[20].
Tra le realizzazioni più recenti
è qui opportuno citare, per la particolarità dell’approccio
metodologico adottato e per la rilevanza internazionale acquisita,
l’osservatorio telematico ELIOS (Environmental
Legal Information Observatory System), che si configura come guida
all’informazione giuridico-ambientale in Internet, comprendendo un
repertorio sistematico dei siti Web (guide, osservatori e portali) e degli
strumenti di rete (motori di ricerca, BBS, Mailing
Lists e News Groups) attinenti
alla materia. Pur articolandosi in una serie integrata di liste (alfabetiche,
tematiche e per aree geografiche) funzionali alla consultazione diretta,
l’Osservatorio, in quanto organizzato in forma di banca dati contenente
le schede descrittive delle risorse di rete selezionate, risulta consultabile
dall’utente anche in testo libero e per campi, singoli o variamente
combinati tra loro[21].
Evoluzione successiva del Progetto iniziale
è stata poi, a partire dal 2004, la “Commessa” denominata
“Diritti della persona e nuove tecnologie”, appositamente
costituita all’interno del Progetto “Lessico giuridico e patrimonio
giuridico italiano”, a sua volta afferente al Dipartimento
“Identità Culturale”. Obiettivo primario di questa fase
della ricerca in materia di diritto ambientale e diritto all’informazione
ambientale è stata la realizzazione di thesauri giuridici settoriali, intesi non solo come strumenti per
l’analisi linguistico-concettuale del lessico specialistico attinente
alla materia, ma anche come supporto al cittadino, in quanto utente generico,
non qualificato, nell’accesso all’informazione giuridico-ambientale
disponibile in rete. Nell’ambito di questo orientamento di ricerca si
collocano i tre thesauri avviati, col
Progetto CNR “Agenzia 2000”, in riferimento alla “Terminologia
del Diritto Ambientale” (Thes/TDA)
e alla “Terminologia del Diritto alla vita” (Thes/BIG) estratte dalla dottrina giuridica sulla materia,
nonché al lessico multilingue selezionato, oltre che dalla Costituzione
della Repubblica italiana del 1947, dalla Costituzione della V Repubblica
francese del 1958 e dalle Costituzioni del Regno di Spagna e della Repubblica
del Paraguay (rispettivamente del 1978 e del 1992)[22].
In un prossimo futuro, in considerazione
del particolare interesse scientifico e della notevole rilevanza funzionale di
questi strumenti linguistico-concettuali, soprattutto in un contesto di tutela
dell’identità culturale e di promozione dello sviluppo della
persona umana di fronte ai pericoli della globalizzazione, si prevede d’integrare
e organizzare i dati raccolti in ordine alla strutturazione e definizione di un
Thesaurus plurilingue, in materia di
diritti della persona, basato sulla costruzione di reti semantiche complesse
tra i termini selezionati e sulla valutazione di congruità nella generazione
automatica delle relazioni predefinite; gli archivi elettronici ipertestuali
saranno così resi gestibili da “metadati” organizzati in
reti semantiche. La ricerca, ovviamente, terrà conto della continua e
rapida evoluzione cui sono andati incontro i “nuovi diritti della
persona” con riferimento non solo all’attuale contesto nazionale e
internazionale, ma anche ai princìpi unificatori espressi nei sistemi
giuridici di origine romana, nella convinzione che l’uso adeguato delle
nuove tecnologie possa favorire una migliore informazione e comunicazione
giuridica, con ricadute benefiche rilevanti sul piano documentario, ma anche in
quello più generale dell’accessibilità e della fruizione
“intelligente” dell’informazione giuridica.
Sempre nel campo dei diritti fondamentali
e, quindi, dei valori universali, un’attenzione particolare è
stata poi rivolta al “Diritto alla qualità della vita”; ad
esso sono dedicati un Repertorio in linea dei siti Internet pertinenti e ben
quattro banche dati specialistiche consultabili in rete, contenenti dati
normativi e giurisprudenziali in materia di diritto e disabilità, a
livello europeo, statale e regionale[23].
Infine, per quanto attiene al Diritto
all’informazione e, in particolare, al c.d. Diritto di accesso alla rete,
in questa sede si rinvia a quanto di seguito esposto relativamente alle
ricerche che l’Istituto svolge in materia di “Società
dell’informazione” e “Diritto e politica
dell’informatica”.
L’impegno dell’Istituto nel
campo della documentazione giuridica risale alla sua stessa originaria
costituzione[24].
Oggetto di ricerca sono non soltanto metodi e tecniche per la realizzazione di
archivi elettronici normativi, giurisprudenziali e dottrinari, ma anche,
più specificamente: 1) l’individuazione di strumenti per la
descrizione, indicizzazione, organizzazione e classificazione delle risorse
giuridiche; 2) la definizione di standard specifici per la documentazione
giuridica, con riguardo alle caratteristiche proprie di ciascuna tipologia di
fonte giuridica (legislazione, giurisprudenza e dottrina); 3) la progettazione,
realizzazione e gestione di banche dati e sistemi informativi giuridici, di
carattere sia generale che specialistico; 4) la costruzione e modellazione di
“profili d’utente” atti ad agevolare l’interrogazione
delle basi di dati e il recupero selettivo delle informazioni; infine, 5) la
sperimentazione di tecniche per l’accesso unificato ai materiali
giuridici in rete, in base all’adeguamento agli standard documentari
internazionali (OAI, DC, SICI, DTD) e all’utilizzo delle più
recenti tecnologie informatiche (XML).
L’impresa
documentaria di maggiore rilevanza e dimensioni è costituita
dall’archivio DoGI (Dottrina Giuridica) che, ormai dal 1970 (anno
d’avvio), sicuramente rappresenta nel panorama nazionale uno degli
strumenti più validi e preziosi per la ricerca delle informazioni
giuridiche in linea. Per ogni contributo scientifico dottrinario (appartenente
a una delle seguenti tipologie: articoli, note a sentenza, rassegne, commenti a
legislazione, relazioni a convegni, recensioni critiche) la banca dati
fornisce, oltre ai riferimenti bibliografici essenziali, un breve riassunto (abstract) del contenuto. Le fonti di
spoglio sono costituite da un’ampia selezione delle più
significative riviste giuridiche italiane (oltre 250 titoli), mentre
l’archivio, aggiornato con periodicità bimestrale, contiene ormai
più di 265.000 documenti ed è consultabile all’interno del
sito Web dell’Istituto (all’indirizzo <http//www.ittig.cnr.it/dogi>).
Sempre con riferimento alla dottrina,
l’Istituto si è posto come obiettivo anche lo sviluppo di un
“Portale della dottrina giuridica”, fornito di un sistema di classificazione
multilingue per l’indicizzazione delle risorse italiane e straniere.
Relativamente alle
altre tipologie di fonti di cognizione del diritto ci si limita qui a segnalare
la partecipazione dell’Istituto al Progetto europeo CASELEX (CASE Law EXchange) per la realizzazione di un sistema informativo unificato avente
ad oggetto la giurisprudenza dei Paesi membri dell’Unione Europea e
dell’EFTA, nonché la collaborazione al Progetto “Norme in
Rete” (NIR).
A partire dal 1999 l’AIPA (Autorità per l’Informatica nella
Pubblica Amministrazione)[25],
su proposta del Ministero della Giustizia, nell’ambito delle
attività di sviluppo della Rete Unitaria ha finanziato e coordinato con
lo stesso Ministero un apposito Progetto interistituzionale, denominato appunto
“Norme in Rete”, che si propone di favorire e semplificare il
reperimento della documentazione normativa resa accessibile attraverso Internet
dagli organismi istituzionali. L’obiettivo consiste, da una parte, nel
disporre di un Portale (<www.normeinrete.it>) che consenta, attraverso
un’unica e semplice interfaccia, d’effettuare ricerche su tutta la
documentazione d’interesse normativo accessibile in rete,
dall’altra, nel realizzare strumenti software
che siano di ausilio all’attività degli estensori dei documenti
giuridici, col duplice risultato di supportarne l’attività,
favorendo il rispetto delle regole di tecnica legislativa conformemente alle
indicazioni fornite nei regolamenti, e quindi nel produrre, già alla
fonte, documenti nei formati idonei all’elaborazione informatica. Grazie
al concorso di competenze giuridiche e informatiche, all’interno del
Progetto è stato possibile realizzare strumenti di ricerca atti a
fornire funzionalità sofisticate, orientate alla navigazione (Browsing) attraverso i richiami esistenti
tra i provvedimenti e a rendere disponibile la “metainformazione”
necessaria a consentire un accesso semplificato alle norme.
Le iniziative promosse, se da un lato
costituiscono punto di riferimento per lo stato dell’arte nel campo della
documentazione giuridica automatica a livello nazionale, dall’altro si
confrontano con le corrispondenti iniziative internazionali nell’ottica
della condivisione di metodologie standard e in ordine al conseguimento di
avanzamenti significativi delle ricerche in questo settore d’importanza
centrale perché i cittadini, teorici destinatari delle norme poste dal
legislatore, pervengano a un’effettiva conoscenza del diritto.
In relazione a quest’ultimo punto,
d’importanza centrale nello sviluppo d’una cittadinanza attiva e
responsabile e quindi anche nella realizzazione di forme efficaci di democrazia
partecipativa, occorre richiamare l’attenzione su alcune ricerche
d’avanguardia condotte in Istituto con riferimento all’elaborazione
di metodologie per la valutazione della correttezza logico-formale delle norme
giuridiche e alla progettazione e implementazione di programmi informatici di
supporto all’attività d’interpretazione e applicazione delle
norme stesse, fino alla sperimentazione di prototipi di sistemi di tipo
consulente/decisionale in grado d’integrare, nell’interazione
dialogica con l’utente, la conoscenza del mero dato normativo con
l’acquisizione della giurisprudenza e della dottrina pertinenti. Al primo
tipo di ricerche appartiene l’elaborazione di metodologie di valutazione
della correttezza logico-formale delle disposizioni normative; al secondo la
costruzione di prototipi di sistemi orientati in senso consulente/decisionale,
integrati con banche dati e archivi in rete, a loro volta gestiti da “metadati”
semantici.
Lo sviluppo della dimensione comunitaria e
il suo lento affermarsi nonostante gli alti e bassi del processo
d’integrazione hanno posto gli Stati europei davanti a nuovi obiettivi,
non sempre direttamente connessi con le finalità dei Trattati
istitutivi; uno dei principali è proprio l’ammodernamento della
Pubblica Amministrazione.
Il Mercato Unico Europeo libera
possibilità d’espansione economica, di sviluppo e
d’innovazione tecnologica in misura tanto maggiore quanto più
adeguata ed efficiente è la macchina burocratica di un Paese. Secondo
quanto le analisi più attente hanno messo in evidenza ormai da molti
anni[26],
il sistema amministrativo statale è un fattore di sviluppo trainante
quando è ben organizzato e gestito; nell’ipotesi contraria,
invece, diviene causa di sprechi, configurandosi addirittura come ostacolo a
una ordinata crescita sociale. In sostanza, tra gli apparati amministrativi
degli Stati europei esiste una notevole concorrenzialità che finisce con
l’incidere fortemente sullo sviluppo economico e civile. Il Trattato di Maastricht[27]
aveva già evidenziato – semmai ve ne fosse stato bisogno – i
cronici ritardi della nostra Pubblica Amministrazione e la necessità
d’una sua profonda riforma.
Sebbene il legislatore abbia manifestato
chiaramente la sua volontà di snellire e semplificare
l’attività e le procedure amministrative, i tratti caratteristici
dell’organizzazione pubblica sono rimasti a lungo sostanzialmente
immutati; anzi, si è addirittura assistito a un’ulteriore tendenza
verso l’iperlegificazione, che ha prodotto procedure amministrative
lunghe, complesse, spesso contorte e, soprattutto, di scarsa qualità
finale. Come inevitabile conseguenza si è verificata una crescente
disaffezione da parte del cittadino nei confronti della macchina burocratica
pubblica.
Di fronte a questa complessa situazione il
percorso riformatore che è stato proposto ha trovato i suoi primi
strumenti significativi nella Legge n. 400 del 1988 (che, all’art. 17 c.
2, prevede l’impiego di Regolamenti ministeriali al fine di conseguire
un’ampia deregolamentazione), nelle Legge n. 142 del 1990 (in materia di
riforma delle Autonomie Locali) e nella Legge n. 241 dello stesso anno (sulla
riforma del procedimento amministrativo), ma anche nel Disegno Legislativo n.
29 del 1993 (in cui si fa ricorso ai Regolamenti d’organizzazione), nella
Legge n. 537 del 1993 (che, all’art. 2, dispone la semplificazione e
l’accelerazione dei procedimenti amministrativi) e nel D.P.R. n. 1340 del
1994 (relativo all’attuazione della Legge sull’autocertificazione).
In considerazione di questa consistente e qualificata produzione normativa
può affermarsi che il legislatore italiano, a partire dalla fine degli
anni Ottanta, recependo una forte tensione riformatrice, abbia seriamente
avviato un processo di profonda ristrutturazione della Pubblica Amministrazione
nel senso della trasparenza della sua azione e della semplificazione dei suoi
procedimenti.
Soprattutto
nell’ultimo decennio della sua storia l’Istituto ha rivolto una
particolare attenzione alle questioni connesse allo sviluppo della
società dell’informazione e al suo impatto sui cittadini, le
imprese e le Pubbliche Amministrazioni, attraverso l’analisi del
Programma e-Europe e dei Piani e-Government per l’Italia. Questo
ha portato, come diretta conseguenza, all’approfondimento del tema
dell’innovazione dei processi amministrativi, settore in cui sono stati
condotti studi teorici e realizzate specifiche applicazioni. In tale contesto
sono stati approfonditi argomenti di grande interesse e attualità come
quello della firma digitale, del protocollo informatico, della carta nazionale
dei servizi e della carta d’identità elettronica. In stretta
collaborazione con l’Amministrazione locale si è seguito il
processo applicativo della normativa sulla comunicazione pubblica, impegnandosi
nella sperimentazione di nuovi strumenti per la comunicazione con i cittadini e
nella realizzazione di sistemi informativi evoluti per il cittadino e le
imprese, secondo le indicazioni del Ministero per l’Innovazione e le
Tecnologie, in accordo col Piano e-Government
e in collaborazione con gli Enti locali e le Amministrazioni periferiche dello
Stato.
Le conoscenze acquisite con questa vasta
esperienza di studi e di ricerche nell’ambito di un’attività
tanto complessa ed eterogenea hanno consentito di svolgere consulenza
scientifica a favore di Enti e Istituzioni in ordine all’avanzamento
della cultura dell’innovazione amministrativa e della semplificazione dei
rapporti, non solo tra Stato e cittadini, ma anche tra Stato e imprese,
proponendo modelli di organizzazione funzionale degli enti che tengano conto
dell’evoluzione normativa del Paese, soprattutto sotto il profilo
dell’interazione tra Amministrazioni locali (front office) e centrali (back
office) e del processo di trasformazione in atto ad entrambi livelli.
Relativamente alle Pubbliche
Amministrazioni del territorio fiorentino si è seguita la realizzazione
degli sportelli unici per i cittadini, favorendo lo scambio di flussi
documentali, si sono sviluppati sistemi di e-Learning
attraverso un’analisi dei gruppi di utenza e si è curata la
sperimentazione di formazione diffusa per le varie categorie sociali.
All’interno della Rete Civica Unitaria fiorentina, di cui
l’Istituto è stato promotore, si è partecipato
all’organizzazione di corsi di formazione e iniziative di supporto
all’educazione all’uso della rete attraverso l’analisi dei
profili d’utente e la predisposizione di sistemi informativi consultabili
in rete relativamente ai vari settori d’intervento
dell’Amministrazione locale (dall’urbanistica ai trasporti, dal
sistema metropolitano dei rifiuti ai lavori stradali); si è, inoltre,
promossa la realizzazione di una serie di Portali per i servizi ai cittadini
(autenticazione e servizi amministrativi di base, integrazione applicativa e
primi servizi di e-Democracy).
Dalla fine del 2005, all’interno del
Progetto “Lessico giuridico e patrimonio giuridico italiano”
(afferente al Dipartimento “Identità Culturale” del CNR)
un’apposita Commessa, denominata “Sistemi di supporto
all’attività delle Pubbliche Amministrazioni” si è
posta come obiettivo: 1) la realizzazione di sistemi informativi evoluti per i
cittadini, le imprese e le Pubbliche Amministrazioni, secondo le indicazioni
dei Piani e-Government nazionali e
regionali, in collaborazione con gli Enti locali e le Amministrazioni
periferiche dello Stato; 2) l’individuazione delle strategie e degli
interventi finalizzati alla promozione della cittadinanza digitale; infine, 3)
l’attività di formazione e consulenza scientifica ad Enti e
Istituzioni per l’avanzamento della cultura dell’innovazione e
della semplificazione amministrativa. La ricerca, partendo dall’analisi
delle strategie dei Governi e degli organismi internazionali in materia di
innovazione dei processi amministrativi, si inquadra all’interno delle
linee di azione relative allo sviluppo della società
dell’informazione e dell’e-Government,
secondo le strategie indicate dai Piani di indirizzo dell’Unione Europea
fino al 2010.
Tra le attività svolte più di
recente dall’Istituto in materia d’innovazione tecnologica della
Pubblica Amministrazione e di radicale trasformazione dei suoi rapporti coi
cittadini, un particolare rilievo meritano – soprattutto
all’interno d’un dibattito complessivamente orientato nel senso
della valorizzazione dell’individuo contro le tendenze globalizzatrici
dell’economia mondiale –
la consulenza scientifica al Progetto P.A.eS.I. (Pubblica
Amministrazione e Stranieri Immigrati) e il coordinamento della Rete Telematica
della Regione Toscana (RTRT).
Il fenomeno della globalizzazione, per la
molteplicità delle cause che lo hanno prodotto e la
contraddittorietà dei suoi possibili esiti, inevitabilmente tende a
realizzare forme di società nuove, sostanzialmente diverse da quelle
tradizionali, basate sulla logica dello Stato-Nazione e caratterizzate da sfere
di sovranità e ambiti di potere, definiti in maniera stabile e chiara.
Lo sviluppo tecnologico e, in primo luogo, la diffusione massiccia e indiscriminata
dei nuovi strumenti per l’informazione e la comunicazione hanno
irreversibilmente abbattuto gli ostacoli dello spazio e del tempo. Alla
mobilità senza limiti dei nuovi “cittadini del mondo” si
contrappone, però, l’oscura minaccia di un potere mediatico apparentemente
monolitico e incontrollabile.
I nuovi problemi che si manifestano in questo
scenario – da quelli ambientali a quelli collegati alla pace e alla
sicurezza, dalle emergenze sanitarie alle crisi ricorrenti del cosmopolitismo
multirazziale – non appartengono più a contesti geopolitici
definiti, non conoscono frontiere nel loro imprevisto manifestarsi e nel loro
rapido dilagare, né –tanto meno – possono essere risolti a
livello puramente locale, senza il raggiungimento di appositi accordi tra Stati
o, sovente, l’intervento mirato degli organismi sovranazionali
competenti.
All’interno di queste nuove forme di
regolamentazione dell’agire – a livello sia privato che pubblico,
sia locale che regionale, statale e sovranazionale – e, quindi,
all’interno di questo nuovo Diritto, il Diritto dell’informatica,
in quanto disciplina giuridica dei problemi derivanti dall’applicazione
delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, se da una
parte può apparire, almeno sotto l’aspetto metodologico, comunque
assimilabile al progressivo enuclearsi e consolidarsi delle numerose altre
branche specialistiche del diritto positivo, sotto il profilo della sua
novità, specificità e trans-nazionalità viene invece
sicuramente a configurarsi come una delle dimensioni principali, uno dei tratti
essenziali della società contemporanea. Il suo oggetto precipuo è
costituito dallo studio delle molteplici e complesse problematiche giuridiche
connesse con l’impatto, sempre più esteso ed incisivo, delle
tecnologie informatiche e telematiche sulla società nel suo complesso,
sulle attività che in essa si svolgono, sui rapporti che al suo interno
s’instaurano.
Ormai da anni, sempre più di frequente si
assiste al sorgere – talora improvviso – di problemi nuovi,
caratterizzati da dimensioni trans-nazionali e internazionali, come la tutela
della riservatezza dei dati personali all’interno delle grandi banche di
dati, lo scambio di dati pubblici, la protezione giuridica dei programmi per
elaboratore, il commercio elettronico, la criminalità informatica, il
diritto d’autore e le nuove forme di “pubblicazione
elettronica” nella rete Internet. In conseguenza si delineano esigenze
che, in quanto non riconducibili agli schemi tradizionali del diritto, mal si
adattano ai collaudati modelli normativi degli ordinamenti nazionali, quasi
sempre richiedendo soluzioni concordate a livello internazionale o
sovranazionale, comunque al di fuori dei confini territoriali dei singoli Stati
coinvolti.
Nell’ambito delle complesse problematiche
giuridiche – ma anche politiche, economiche e sociali – connesse
con l’impatto delle nuove tecnologie sulla “cultura
giuridica” e, quindi, col sorgere della nuova “società
dell’informazione e della comunicazione”, all’interno
dell’ITTIG un apposito gruppo di ricerca si occupa del diritto e della
politica dell’informazione pubblica e dell’informatica,
nell’intento di individuare e analizzare le politiche e le strategie di
governo necessarie per l’instaurazione e lo sviluppo della nuova forma di
società che sempre più chiaramente si delinea, nel contesto
storico attuale, come società basata non solo sulla trasparenza e
l’automazione della Pubblica Amministrazione, ma soprattutto su quel
nuovo tipo di rapporti tra cittadini e pubbliche istituzioni che si va
gradualmente configurando all’interno del quadro normativo di riferimento
europeo, nazionale e regionale.
La ricerca e gli studi condotti
all’interno dell’ITTIG relativamente a questo specifico settore
d’indagine prendono le mosse dall’evidente e generale constatazione
che gli attuali strumenti tecnologici per l’informazione e la
comunicazione si sono trasformati, da mere risorse volte a ottenere vantaggi in
termini di operatività, in veri e propri fattori di sviluppo, in grado
di modificare profondamente la realtà giuridica, incidendo in maniera
diretta sui suoi meccanismi di funzionamento, fino a divenire elemento
strategico per la realizzazione della moderna società
dell’informazione. Si tratta di attività di ricerca di carattere
giuridico e politico-sociologico, riguardanti tematiche di grande interesse e
attualità per il settore pubblico e per gli organismi nazionali e
internazionali, quali lo sviluppo dell’amministrazione elettronica e
della società dell’informazione, considerate soprattutto sotto il
profilo del loro impatto sulle pubbliche amministrazioni, i cittadini e le
imprese. Oggetti specifici della ricerca – svolta in collaborazione con
organi centrali (quali il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie
e il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) e
regionali (la Regione Toscana e il Sistema della Pubblica Amministrazione
locale regionale) – sono le applicazioni in
materia di amministrazione e democrazia elettroniche (e-Government ed e-Demoracy),
con particolare riguardo alle nuove forme di “Governance cooperativa” tra Stato, Regioni, Enti locali e
soggetti sociali; la realizzazione di un servizio Web in materia di
società dell’informazione e diritto (“ISLaw –
“Information Society and Law on the Web”); infine, la progettazione
di un “Osservatorio tecnologico sui nuovi modelli di Governance tra identità nazionali e integrazione
europea”.
Mirando ad ampliare e approfondire la
riflessione scientifica in questo settore interdisciplinare, ancora poco
esplorato in ambito universitario e in cui invece il CNR è in grado di
meglio svolgere funzioni di ricerca sia di base che applicata, l’Istituto
si è proposto, oltre che di diffondere i risultati della sua
attività, di sostenere le pubbliche amministrazioni centrali e locali
nel processo di sviluppo dell’amministrazione elettronica e della
società dell’informazione, ma anche di formare relativamente a
queste tematiche nuove competenze scientifiche e professionali.
Nel contesto della cultura
giuridica italiana fin qui complessivamente delineato le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione sono chiamate a svolgere un ruolo
fondamentale, in primo luogo al fine d’avvicinare e integrare
“cultura giuridica esterna” e “cultura giuridica
interna”, rendendo effettivo il dialogo (la “comunicazione”)
tra istituzioni pubbliche e cittadini, in conformità con le riforme legislative
recentemente attuate nell’ordinamento giuridico italiano. A livello
normativo in questa sede sarà sufficiente fare riferimento, oltre che al
decentramento introdotto con la riforma del Titolo V della Costituzione
italiana, a quel grande sforzo d’innovazione nella trasparenza delle
procedure amministrative e nella comunicazione col cittadino che ha trovato
espressione soprattutto nella Legge n. 241/90 e, molto più di recente,
nell’istituzione degli uffici per le relazioni con il pubblico (URP) con
Trasparenza e trasferimento di contenuti certi
sono indispensabili per qualunque processo amministrativo, ma trasferire
contenuti – e, quindi, conoscenza – non è trasferire solo
dati o semplici meta-informazioni. Il significato e l’efficacia della
comunicazione si rapportano alla “recezione” effettiva del
messaggio e si esprimono nella “reazione” del suo destinatario.
Dal sistema normativo sopra
complessivamente – anche se sinteticamente – illustrato si evince
la opportunità/necessità di stimolare e sostenere
l’evoluzione della “cultura giuridica esterna”, del cittadino
comune, nel senso d’una sempre più consapevole
integrazione/interazione con la cultura degli stessi tecnici del diritto.
Sembra essenziale, però, che, nella visione più ampia sopra
delineata – di un confronto e di un progressivo avvicinamento tra culture
giuridiche attualmente diverse e lontane – non ci si limiti a concepire
strumenti operativi, soprattutto informatici e telematici, atti a rendere
più agevole al cittadino l’accesso alle norme, ovvero a migliorare
i servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione all’utente, ma molto
più ambiziosamente – nel contesto dell’attuale
società tecnologica, dell’informazione e della comunicazione
– si aspiri a restituire al diritto quella dimensione
“sapienziale”, quella origine privata e policentrica, che le
codificazioni di ispirazione illuministica, prima, e il proliferare di
legislazioni sempre più sovrabbondanti e specialistiche, poi, hanno
finito col prevaricare e cancellare.
A livello informatico e telematico, pertanto, in
generale dovrebbero privilegiarsi quelle ricerche che si pongano esplicitamente
l’obiettivo di sviluppare sistemi basati sulla “conoscenza” (Knowledge Based Systems), che siano
forniti, quindi, degli strumenti e delle tecniche necessari alla gestione della
conoscenza stessa (Knowledge Management),
essendo orientati all’acquisizione, rappresentazione e gestione di
conoscenza estratta dalle norme, dalla giurisprudenza, dalla dottrina, ma anche
dalle prassi vigenti in definiti ambiti sociali.
Analizzando, più specificamente, le
peculiarità configurate nella normativa più recente in merito al
rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini, i sistemi sopra indicati
dovrebbero concretizzarsi sia in sistemi informativi integrati con tecniche e
piattaforme di e-Learning, funzionali
all’insegnamento e alla formazione dei funzionari pubblici addetti ai
compiti d’informazione e comunicazione legislativamente prefissati, sia
in sistemi atti all’assunzione di dati fattuali dai cittadini stessi,
considerati non solo come utenti di servizi e come destinatari
d’informazioni e comunicazioni, ma soprattutto come protagonisti e, per
certi versi, creatori di un diritto “vivente”. Il c.d. “Law in action” dei Paesi
anglosassoni può passare attraverso una ricostruzione conversazionale
dei “casi” e, quindi, delle fattispecie concrete, volta a volta da
sussumere sotto la previsione normativa.
A questa ultima tipologia
di sistemi informatici si devono collegare anche le tecniche per la c.d.
“profilazione” degli utenti (User
Profiling) e la corrispondente personalizzazione dell’offerta
informativa, ma anche moduli programmativi idonei a fornire precise
indicazioni, per esempio di tipo sociologico e statistico-valutativo, sul tipo
di reazione dell’utenza corrispondentemente alle informazioni ricevute e
ai servizi fruiti (User Feed-Back: osservazioni, suggerimenti,
evidenziazione della facilità o difficoltà d’accesso e di
comprensione delle informazioni, rilevazione d’eventuali problemi
d’interazione o comprensione, considerazioni complessive sul grado di
soddisfazione e gradimento, ecc.).
Nella prospettiva in cui il presente
contributo si pone sembra allora opportuno riconsiderare la figura e
l’attività del Difensore civico collocandole all’interno
d’una struttura politico-istituzionale in grado di rapportarsi alle
profonde trasformazioni che attraversano la scena mondiale e, ancor prima e
più in generale, sulla base di una cultura giuridica consapevole e
attenta ai rapidi e profondi mutamenti che stanno coinvolgendo non soltanto
l’assetto degli Stati nazionali, ma anche la stessa configurazione dei
diritti e degli interessi dei cittadini. Infatti, lo sforzo di adattamento ai
nuovi sviluppi della realtà – da quelli più strettamente
connessi al progresso scientifico e tecnico a quelli indotti dai fenomeni
d’integrazione internazionale, dalla globalizzazione del mercato
all’accentuazione della conflittualità politica, etnica e
religiosa – presuppone e, insieme, richiede la capacità e la
volontà di rinnovare la stessa «intelaiatura del consorzio
umano».
Nel contesto così sinteticamente
richiamato, lo sviluppo, in Italia, di forme non giurisdizionali di tutela e
garanzia per i cittadini – da quelle riconducibili ai Difensori civici
(regionali, provinciali e comunali) a quelle espresse con la costituzione delle
Autorità di garanzia e dei Comitati etici, fino alle varie forme
stragiudiziali di conciliazione e di arbitrato che si vanno affermando anche nell’ambito
del diritto privato – risponde al bisogno di rendere effettivi diritti e
interessi fin qui solo formalmente affermati e riconosciuti, attribuendo nuovi
contenuti e compiti allo Stato sociale, ma soprattutto procedendo a
un’organica riforma della Pubblica Amministrazione e della Giustizia
civile. La riflessione sul Difensore civico può, allora, essere assunta
come paradigmatica di una cultura del cambiamento che si caratterizza per la
presenza d’una nuova sensibilità, orientata a dare
effettività a diritti da tempo riconosciuti e consolidati, ma anche a
prendere tempestivamente coscienza dell’emersione di quei nuovi diritti
che si vanno rapidamente configurando in concomitanza con la rivoluzione
tecnologica in atto e con l’affermarsi di quelle nuove istanze di
legislazione e regolamentazione alla base delle quali si ritrova
l’esigenza di partecipazione sempre più diffusamente espressa dai
cittadini.
Complessivamente considerata, dunque,
l’innovazione tecnologica, per riuscire effettivamente utile nel contesto
giuridico, deve essere teleologicamente orientata nei limiti e in funzione
della sua capacità di fare evolvere la “cultura giuridica
esterna” nel senso di restituire al cittadino la consapevolezza del suo
ruolo primario nel divenire del diritto, riportandolo a una dignità ben
superiore rispetto a quella del mero “destinatario di un comando
autoritario”, solitamente espresso nella forma della legge. Tutto questo
rappresenta un compito sicuramente arduo, ma si ricollega a un patrimonio
culturale che ha radici profonde nella nostra storia giuridica: occorre
veramente ripensare il futuro guardando al passato!
L’istituto del Difensore Civico
è ancora insufficientemente conosciuto e utilizzato; è
necessario, invece, valorizzarlo in maniera adeguata proprio in quanto
“servizio” per i cittadini, aiuto e opportunità predisposti
per rendere più agevole, efficace e amichevole il rapporto con la
Pubblica Amministrazione. A fondamento di tale istituto sta, infatti, una nuova
concezione del rapporto tra città e Stato, da una parte, e tra cittadini
e Pubblica Amministrazione, dall’altra; al centro di tale concezione si
pongono quei principi di giustizia, equità e dignità che si
configurano come valori universali della persona umana. Nel contesto descritto
un posto e un ruolo importante competono all’istituzione del Difensore
Civico, con funzioni non soltanto di tutela non giurisdizionale, ma anche di
promozione dei diritti umani.
L’introduzione, nel nostro
ordinamento legislativo e nel sistema amministrativo, di una “forma non
giurisdizionale” di risoluzione dei contenziosi con
[1] Vedi A.
Papisca, Infrastruttura diritti
umani per il sistema democratico, in L.
Strumendo (a cura di), Costituzioni,
diritti umani, garanzie, Padova, CEDAM, 1998, 29 ss.
[2] Si veda L.
Strumendo, nella sua Prefazione
al libro di S. Piazza, Note in margine a un sistema di difesa
civica locale e nazionale, CLEUP Editrice, Padova, 1998, 10-11.
[3] Il primo Mèdiateur, lo svedese Jacob Soderman, si è insediato
nel settembre del 1995 ed è rimasto in carica fino al 31 marzo 2003. Il
nuovo Mèdiateur è il
greco Nikiforos Diamandouros, che ha assunto le funzioni il 1° aprile 2003.
[4] La seconda Conferenza dei Difensori civici Regionali
ed Uffici di Difesa civica si è tenuta nel
[5] Nel settembre dello stesso anno è
stato nominato Commissario per i diritti dell’uomo Alvaro Gil-Robles,
già Defensor del Pueblo (Difensore Civico nazionale) della
Spagna.
[6] Notizie dettagliate e
copioso materiale documentario sull’anno europeo della cittadinanza si
trovano in Internet, all’indirizzo
<http://www.coe.int/T/E/Com/Files/Themes/ECD/rel>.
[7] Come si legge nel sito Web del Consiglio d’Europa
(<http://www.coe.int/t/dg4/education/edc/>), «the Education for
Democratic Citizenship (EDC) is a set of
practices and activities designed to help young people and adults to play an
active part in democratic life and exercise their rights and responsibilities
in society. EDC encompasses other related concepts, such as peace and
intercultural education. Human Rights Education (HRE) is the core and an
indivisible part of EDC».
[8] I risultati di questo lungo e complesso
lavoro sono stati discussi e analizzati nella “Evaluation
Conference”, svoltasi nei giorni 27 e 28 aprile
[9] Il portale <Professionecittadino.it>
ha colto l’occasione per delineare un quadro della situazione in materia,
con particolare riferimento alle iniziative avviate e alle sperimentazioni
realizzate, a livello locale, nell’area del territorio metropolitano
bolognese (si veda, per una rassegna generale, il sito <http://www.professionecittadino.it/2004-2005/annoeuropeocittadinanza.htm>;
altre notizie sono in
<http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Notizie/2005/02/04/cittadinanza.htm>).
[10] Le principali leggi nazionali rilevanti
sulla materia sono, in ordine cronologico: la L. 5
febbraio 1992, n. 104, art. 36 “Legge-quadro
per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate”; la L. 15 maggio 1997, n. 127, art. 16 “Misure
urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei
procedimenti di decisione e di controllo”; il Dl. 18
agosto 2000, n. 267, art. 136 “Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali” e la L. 24
novembre 2000, n. 340, art. 15 “Disposizioni
per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti
amministrativi”. Per una trattazione sintetica ma organica
dell’istituto del Difensore civico si veda anche la relazione di A. Cammelli, E. Fameli, P. Mariani, L. Parenti,
Il Difensore Civico: aspetti
storico-comparati e linee evolutive nell’esperienza italiana, in P. Catalano, G. Lobrano, S. Schipani (a
cura di), Atti del Seminario di Studi sul
tema “Da Roma a Roma. Dal Tribuno della plebe al Difensore del popolo,
dallo Ius Gentium al Tribunale penale internazionale” (Roma, 21-22
febbraio 2002), Roma, Istituto Italo-Latino Americano (IILA), 2002.
[11] Vedi G. Mastropasqua, Il difensore civico. Profili sistematici e operativi, Bari,
Cacucci, 2004, 81 ss.
[12] L’Istituto di Teoria e Tecniche
dell’Informazione Giuridica (ITTIG) è stato costituito, in
attuazione del riordino del Consiglio Nazionale delle Ricerche, con Decreto del
Presidente del CNR del 12 ottobre 2001; esso deriva dalla fusione
dell’Istituto per
[13] Una presentazione generale
dell’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica
è consultabile in Rete, nel sito Web corrispondente, all’indirizzo
<http://www.ittig.cnr.it>.
[14] Si veda il Verbale della seconda riunione ordinaria del Consiglio Scientifico
dell’Istituto, al punto 4, Linee
generali dell’attività dell’Istituto. Relazione introduttiva
del Direttore, 1-2.
[15] Si veda il Verbale della prima riunione ordinaria del Consiglio Scientifico
dell’Istituto, al punto 9, Rapporti
internazionali, 5 e All. 15.
[16] L’archivio BIG, curato da M. Fameli,
è consultabile in rete all’interno del sito Internet
dell’Istituto (alla URL:< http://www.ittig.cnr.it/BancheDatiGuide/big/Index.htm>).
Attualmente l’archivio comprende oltre 16.000 documenti bibliografici
– completi di abstract (o di
altre indicazioni di sintesi) e di codice di classificazione.
[17] Un primo nucleo di
circa 600 documenti appartenenti a questa tipologia è stato già
pubblicato a stampa nel volume di M.
Fameli, Diritto alla vita e
interruzione volontaria della gravidanza. Una bibliografia specialistica analitica e ragionata, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane, 1996, XVI+504.
[18] Tra le opere monografiche si vedano E. Fameli, A. Cammelli, Diritto
all’informazione ambientale e sistemi informativi orientati al cittadino, in “Quaderni dell’Istituto di studi
politico-giuridici dell’Università di Pavia. Collana Diritto e
Ambiente diretta da Giovanni Cordini”, Padova, CEDAM, 1996, XLV+435 pp.;
E. Fameli, A. Cammelli, Informatica, Diritto, Ambiente. Tecnologie
dell’informazione e diritto all’ambiente. Collana IDG, Serie
«Studi e Documenti», n. 1, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane
(ESI), 1997, XVI+256 pp.; Y. Amoroso, A. Cammelli, E. Fameli, M.
Fameli, B. Inghirami, P. Mariani, E. Marinai, L. Parenti, M. Sassi, Diritto alla vita e Diritto all’ambiente
nel lessico costituzionale e nella dottrina giuridica. Strumenti e metodi per
l’analisi linguistico-concettuale, Firenze, ITTIG (stampa:
Pisa, S.T.A.R. - Servizio Tecnografico dell’Area della Ricerca del CNR),
2003, Collana «Indici lessicali del diritto», n. 6, 160 pp., con
CD-Rom allegato.
[19] Sul diritto all’ambiente nella
dottrina giuridica l’Istituto ha realizzato una notevole opera
bibliografica: l’Archivio BIGA (Bibliografia Giuridica
sull’Ambiente). Il materiale raccolto è di due tipi, comprendendo,
da un lato, i “Volumi” (monografie, opere collettive, atti di
convegni, repertori e voci di enciclopedia), dall’altro, gli
“Articoli” (contributi scientifici pubblicati sulle riviste
giuridiche o, comunque, d’interesse giuridico). Ogni segnalazione, oltre
ai riferimenti, è arricchita da un riassunto (o da un indice o da un
sommario) del volume o dell’articolo, dall’indicazione delle
principali fonti legislative e/o giurisprudenziali e da una classificazione
appositamente predisposta, in base alla quale la materia complessiva “Ambiente”
viene suddivisa in 13 grandi voci, a loro volta articolate in sottovoci
più specifiche. I settori giuridico-ambientali documentati sono:
ambiente (in genere), acqua, alimenti e bevande, aria, beni culturali e
ambientali, disastri, energia, natura e risorse naturali, rifiuti, rumore e
vibrazioni, salute, sostanze pericolose tossiche e nocive, territorio. Per una
descrizione dell’archivio BIGA, con particolare riferimento al contesto
storico in cui l’impresa fu avviata e alle sue diverse modalità di
diffusione, si veda B. Inghirami, L.
Parenti, A. Raffaele Trassari, M. Ragona, L. Serrotti, P. Spinosa, L’archivio BIGA sulla letteratura
giuridico-ambientale, in E. Fameli,
A. Cammelli, Diritto
all’informazione ambientale e sistemi informativi orientati al cittadino,
cit., 115-149. La versione a stampa del materiale documentario contenuto
nell’archivio – relativamente ai volumi e agli articoli pubblicati
in Italia dal 1975 al 1990 e dal 1991 al 1993 – è in B. Inghirami, L. Parenti, A. Raffaele
Trassari, M. Ragona, L. Serrotti, P. Spinosa, Bibliografia giuridica dell’ambiente, Roma, CNR, 1991 e 1993
(Appendice di aggiornamento), 1.068+453.
[20] Strumenti informatici di supporto alla
consulenza e alla decisione giuridica, progettati e sperimentati
all’interno dell’Istituto, sono
soprattutto i c.d. sistemi “intelligenti integrati”. Tra questi ci
si limita qui a citare “ELP (Environment
Legal Protection) Advisor”
che esplica la sua competenza con riferimento alle problematiche connesse alla
tutela delle bellezze naturali”, SEDAM
(Sistema Esperto in Diritto AMbientale), che fornisce una forma di consulenza
assistita in materia d’emissioni degli impianti di combustione, e SIAM (Sistema Intelligente Integrato per
l’Acquisizione e
[21] Una sintetica presentazione
dell’Osservatorio telematico ELIOS è consultabile
all’interno del sito Web dell’Istituto, alla URL <
http://www.ittig.cnr.it/BancheDatiGuide/elios/Present.html>.
[22] I tre thesauri
citati nel testo sono analiticamente descritti nel volume di Y. Amoroso et al., op. cit.
e sono
consultabili nel CD-Rom ad esso allegato.
[23] Si tratta degli archivi VIPD (Vita
Indipendente delle Persone con Disabilità), curati da R. Belli e resi disponibili in rete
all’interno del sito Internet dell’Istituto.
[24] Come già precisato alla nota 4,
fino alla fine del 2001 la denominazione dell’Istituto era
“Istituto per
[25] Con l’avvento del Governo Berlusconi
l’AIPA è stata poi trasformata in CNIPA (Centro Nazionale per
l’Informatica nella Pubblica Amministrazione).
[26] Cfr. M.P. Chiti, Riforma della
Pubblica Amministrazione e sistema produttivo, in “Atti del Convegno promosso dalla Associazione Industriali”,
Firenze, ottobre 1994, 21 ss.