ds_gen N. 6 – 2007 – Memorie//Scienza-giuridica

 

Goria-1Fausto Goria

Università di Torino

 

Le raccolte delle novelle giustinianee e la Collezione greca delle 168 Novelle

 

Sommario: 1. Le principali raccolte delle Novelle. – 2. La Collezione delle 168 Novelle. – 3. Edizioni delle Novelle. – 4. Problemi metodologici: a) diffusione delle singole novelle e tempi di essa. – 5. Segue: b) la considerazione delle Novelle come “corpus” unitario. – 6. Riferimenti bibliografici essenziali.

 

 

Il prodotto informatico della ricerca contiene in primo luogo il testo, ovviamente privo dell’importante apparato critico, della Collezione delle 168 Novelle così come edito da Rudolf Schöll e Wilhelm Kroll (Corpus iuris civilis, vol. III, ed. quinta, Berolini 1928 e successive ristampe); inoltre, quello dei cosiddetti XIII editti di Giustiniano (Appendice I) contenuti nello stesso manoscritto che riporta la Collezione indicata (Cod. Marcianus Graecus 179, scritto alla fine del sec. XII o all’inizio di quello successivo nell’Italia meridionale, verosimilmente in Calabria), nonché quello, eventualmente epitomato, delle nove costituzioni di Giustiniano provenienti da varie fonti, che nell’edizione citata costituiscono l’Appendice II. Non sono invece riportate né la traduzione latina delle novelle greche nota come “Authenticum”, che l’edizione citata affianca al testo greco, né la traduzione latina moderna curata dagli editori con l’apporto determinante di P. Krüger. Senza affatto pretendere di sostituire la prefazione di W. Kroll, alla cui lettura si rinvia per l’indicazione dei manoscritti, dei testimonia e delle edizioni precedenti, non sembra inutile richiamare qui alcune notizie ed esporre alcune osservazioni che possono essere di aiuto nell’utilizzazione del prodotto fornito.

 

1. – Le principali raccolte delle Novelle

 

Il 16.11.534 Giustiniano promulgò la repetita praelectio del suo Codice, destinata a valere dal 29.12 dello stesso anno, annunciando che le successive nuove costituzioni sarebbero state raccolte in un’alia congregatio (non quindi una terza edizione del Codice!) indicata come novellae constitutiones (const. Cordi § 4). L’opinione comune ritiene, diversamente da quanto ha invece ipotizzato il Noailles, che l’imperatore alludesse ad una futura raccolta ufficiale delle medesime.

Puntualmente, il 1° gennaio 535, tre giorni dopo l’entrata in vigore del 2° Codice, venne pubblicata quella che oggi è indicata come nov. 1; una raccolta ufficiale delle Novelle non fu invece mai effettuata (nonostante che, com’è noto, la pragmatica sanctio pro petitione Vigilii al § 11 prevedesse nel 554 l’invio in Italia, sub edictali programmate, di tutte le costituzioni emanate dopo il Codice, invio che peraltro non sembra aver lasciato tracce nella tradizione manoscritta).

Sia in attesa della congregatio ufficiale - che forse avrebbe potuto avere le caratteristiche di una sorta di “Codice delle novelle” contenente di ciascuna solo la parte normativa ancora vigente -, sia nella previsione che essa non sarebbe stata realizzata, furono redatte numerose collezioni private, nelle quali le novelle erano riportate nel testo integrale l’una dopo l’altra, iniziando dall’anno 535. Quattro di esse le conosciamo abbastanza bene; lasciando per ultima la Collezione delle 168 Novelle, consideriamo rapidamente le altre in ordine cronologico.

 

A) La più antica pare quella su cui si basò l’epitome latina di Giuliano: quest’ultima, nello stato pervenuto dai manoscritti, numera 124 novelle, di cui due doppie; la più recente è la 117 = nov. 159 della collezione greca, databile al 1°.6.555. Siccome Giuliano, proveniente da Berito ma professore a Costantinopoli, tenne sulle novelle dei corsi di lezione almeno a partire dal 548 (come risulta dalle recentissime ricerche di W. Kaiser), la collezione greca di cui si servì dev’essere anteriore a questa data, ma ogni tentativo di ricostruirla deve tener conto dell’eventualità di modifiche da lui stesso apportate: ad esempio, il fatto che Epit. Iul. const. 1-39, o quanto meno 4-30, sembrino raggruppate secondo criteri contenutistici piuttosto che puramente cronologici potrebbe essere dovuto sia ad un tentativo di elaborazione didattica del docente, in seguito abbandonato, sia ad un disegno sistematico, poi lasciato cadere, risalente all’autore della raccolta sottostante. Bisogna anche tenere presente l’eventualità, resa verosimile da D. Liebs e W. Kaiser, che l’Epitome abbia avuto diverse edizioni (delle quali la più antica ricostruibile sarebbe giunta solo fino a Epit. Iul. 115 = nov. 123, del 1°.5.546, ma al luglio o settembre 548 risalirebbe Epit. Iul. 114 = nov. 127) e che agli autori di esse (non necessariamente da identificare con lo stesso Giuliano) possano risalire alcune aggiunte, che non indicherebbero quindi una o più nuove edizioni della collezione greca sottostante.

Ad ogni modo, la raccolta di cui si servì Giuliano non intendeva comprendere solo leggi vigenti, ma riportava anche novelle abrogate da altre successive (cfr. ad es. Epit. Iul. 8 = nov. 9 e l’osservazione di Giuliano ad locum); per altro verso, delle costituzioni contenute nella Collezione di 168 Novelle mancano le nov. 19; 21; 33; 36-37; 50; 114; 116; 121-122; 132-133; 138 (aggiunta poi in un’appendice); 139; 145-147; 151-158; 160 (ricordata però nell’appendice); 162; 165, nonché i tre editti di prefetti del pretorio d’Oriente inseriti come nov. 166-168 (oltre che, naturalmente, le novelle posteriori al giugno 555: nov. 134; 135?; 137; 140-144; 148-150; 161; 163-164; occorre però ricordare che la data precisa di numerose novelle è incerta). L’unica costituzione, invece, nota a Giuliano, ma assente dalla Collezione delle 168 Novelle è Epit. Iul. 29 (Ut iura, quae in successionibus posita sunt ab intestato venientibus, etiam in Armeniis teneant), che corrisponde ad Ed. III e che può spiegare la mancanza di nov. 21, data la stretta analogia fra i due provvedimenti.

Una particolarità dell’Epitome Iuliani (rinvenibile anche in una più tarda summa, di cui si servì agli inizi del sec. VII l’Anonimo/Enantiofane, la quale potrebbe avere utilizzato una edizione più aggiornata della collezione di novelle adottata da Giuliano stesso) è la suddivisione in capitoli, che potrebbe risalire alla raccolta sottostante, anche se, in tal caso, occorrerebbe ammettere che Giuliano non l’ha sempre seguita esattamente (cfr., ad es., Epit. Iul. cap. 163). Nulla ad ogni modo fa pensare che già la cancelleria imperiale articolasse le novelle in capitoli, anche perché la const. Cordi, § 2, per le costituzioni anteriori alla fine del 534 attribuisce ai compilatori del secondo Codice quest’attività, necessariamente preliminare all’inserimento di ciascuno di essi nei competenti titoli.

 

B) Quasi altrettanto antica potrebbe essere la collezione greca su cui si basò l’Authenticum. Esso contiene - si presume - il testo originale delle novelle latine (si tratterebbe, a quanto pare, delle nov. 9; 11; 23; 33; 35-37; 41, che però non compare nell’Authenticum; 62; 65; 75=104; 111; 112, che però potrebbe essere stata bilingue; 114; 138, che però non compare nell’Authenticum; 143=150 della Collezione delle 168 Novelle), ma non necessariamente anche di quelle bilingui (sì per la nov. 34, no per le nov. 17-18) ed una traduzione katà poda di quelle greche: si tratta in tutto di 134 novelle; l’ultima in ordine di tempo è la 128 = 134 della collezione greca, del 1°.5.556, a meno che non si dati al 563 la nov. 132 (= 143 delle 168 Novelle; così lo Schöll, che ricorda in apparato le altre possibilità: anno 543 o 553).

L’ordine di Auth. 1-31 coincide esattamente con quello di Nov. 1-31 della Collezione di 168 Novelle; anche le nov. 33-120 di quest’ultima trovano puntuale corrispondenza, pur se talvolta in sequenza differente, nella traduzione latina (la nov. 32 manca perché è semplicemente l’esemplare greco della nov. 34; la nov. 41 è assente forse perché abrogata da nov. 50; la nov. 104 non c’è perché semplice ripetizione di nov. 75). Delle costituzioni comprese fra le 168 novelle ed anteriori al 1°.5.556 (ma le lacune ovviamente aumenterebbero di due se si datasse l’Authenticum al 563 a causa di Auth. 132 = nov. 143) mancherebbero solamente, oltre a quelle già indicate, le nov. 121-122; 126; 136; 138-139; 150 (sostituita dalla 143); 151-158; 160; 162; 165, nonché le tre formae dei prefetti del pretorio coincidenti con i nr. 166-168 della Collezione greca. Per altro verso, l’unica costituzione riportata dall’Authenticum e assente fra le 168 Novelle è Auth. 121 (De revocatione vicarii Ponticae), corrispondente all’Ed. VIII.

L’Authenticum si presenta quindi come una collezione composita, in cui testi pubblicati in latino dalla cancelleria (l’elenco indicato sopra potrebbe non essere completo, perché in realtà non si sa di quante e quali novelle essa abbia predisposto un originale nella doppia lingua) si affiancano ad altri tradotti da uno o più autori; la raccolta greca su cui si è basato (che, nel caso di più traduttori potrebbe anche non essere unitaria) mostra a volte una tradizione più antica di quella pervenutaci attraverso la Collezione delle 168 Novelle e la lezione che essa presentava doveva spesso coincidere con quella attestata da una piccola raccolta di novelle rinvenuta nel Cod. Ambros. L 49 sup. e denominata pertanto Collectio Ambrosiana. Tuttavia, numerose incertezze sussistono tuttora sulla origine (orientale od occidentale, ed in questo caso: Italia o Illirico?), sulla composizione (unitaria o dovuta a differenti autori?) e sulla funzione (didattica o pratica?) dell’Authenticum; a maggior ragione, è difficile dire se l’ordine che esso presenta nell’ultima parte e gli scostamenti rispetto ad altre raccolte siano dovuti già alla collezione greca sottostante o se siano totalmente o in parte da attribuire al traduttore (o all’eventuale pluralità dei medesimi).

 

C) Più recente è la raccolta su cui si basò l’epitome greca di Atanasio: erano 152 leggi, di cui 3 di Giustino II, tutte presenti anche fra le 168 Novelle, tranne Athan. 20.5 (costituzione di Giustiniano non altrimenti attestata e non databile, relativa all’uso dei militari nella riscossione di debiti pubblici o privati e riportata da Schöll e Kroll come nr. IV della seconda appendice); l’ultima in ordine cronologico è Athan. III.3 = nov. 144 delle 168 Novelle, datata al maggio 572. Rispetto alla Collezione delle 168 Novelle mancano dunque in Atanasio le nov. 138-139; 141; 147; 149 (di Giustino II, ma anteriore al 172); 150 (identica però con la 143, qui recepita, fatta salva l’eventuale differenza di destinatario), 151-152; 160; 165, oltre naturalmente a quelle di Tiberio II (nov. 161; 163-164) e ai tre editti dei prefetti del pretorio numerati come nov. 166-168.

La collezione usata da Atanasio conteneva quindi anche le novelle emanate solo in latino; anzi, la nov. 32=34 era riportata sia nel testo latino sia in quello greco come nella raccolta delle 168 Novelle; vi era presente anche la duplicazione nov. 75 = 104 (ma non quella 143 = 150). Questi ed altri motivi hanno portato alcuni studiosi a ritenere che essa costituisse semplicemente uno stadio più antico delle 168 Novelle. Che vi sia una base comune è innegabile, dato che le lacune di Atanasio rispetto alla collezione più completa si collocano tutte dopo la nov. 137 (del 565; quindi, in ordine cronologico, l’ultima attribuibile a Giustiniano); tuttavia, non siamo sicuri che l’ordine della sua raccolta coincidesse con quello della versione più ampia e recente; inoltre, per alcune novelle (ad es., le nov. 42, 80; 127; 133; 153; 159) egli indica un destinatario della costituzione diverso da quello che compare nei nostri manoscritti delle 168 Novelle (e questo può comportare sensibili differenze nel testo, come mostra il caso della nov. 133). Per questi motivi, ed in attesa di ricerche più aggiornate e complete sulla formazione delle varie raccolte, pare più prudente considerare quella di Atanasio separatamente da quella delle 168 Novelle.

 

2. – La Collezione delle 168 Novelle

 

La Collezione greca delle 168 Novelle (in realtà 165, se nov. 32=34; 75=104; 143=150, o meglio 162, se escludiamo le tre formae dei prefetti del pretorio d’Oriente, cioè i nn. 166-168; il numero diminuisce ancora, come vedremo, se adottiamo una definizione rigida del termine “novella”) è la più completa e la più aggiornata fra quelle a noi in qualche modo pervenute; essa comprende anche 4 novelle di Giustino II (nov. 140; 144; 148-149) e 3 di Tiberio II (nov. 161; 163-164); la novella più recente appartiene a quest’ultimo imperatore ed è la 163, dell’anno 575. Si noti che non tutte le novelle di Giustino II né tutte quelle di Tiberio II sono presenti nella collezione; la data della sua redazione finale potrebbe quindi anche essere di qualche anno posteriore al 575.

Questa delle 168 Novelle è l’unica raccolta (a parte alcune minori e particolari, come i XXV Capitoli, gli LXXXVII capitoli o la Collectio Ambrosiana, già ricordata) attraverso cui ci sia pervenuto il testo greco originale delle novelle di Giustiniano e dei suoi immediati successori. Essa conteneva anche alcune costituzioni emanate solo in latino e comprendeva pure leggi successivamente abrogate (ad es. la nov. 9, rispetto alla nov. 111, o la nov. 41 rispetto alla nov. 50) da altre comprese nella collezione stessa. Non pare che le novelle fossero articolate in capitoli, benché per alcune di esse qualche traccia di una simile divisione si sia conservata nei manoscritti e, almeno per quanto riguarda la nov. 22, se ne trovino accenni anche nell’Authenticum ed in Atanasio; ad ogni modo, anche qui (come già riferito a proposito di Giuliano) nulla induce a credere che essa sia da ricondurre alla cancelleria imperiale. Certo, i capitoli e paragrafi in cui le novelle sono ripartite nelle moderne edizioni non trovano riscontro nei manoscritti e risalgono alle pubblicazioni cinquecentesche, in particolare, a quella del Contius (Leconte) del 1571.

Le leggi erano numerate ed erano connotate da rubriche, a volte identiche o molto simili a quelle che troviamo in altre raccolte, a volte diverse; esse quindi non traevano origine dalla cancelleria imperiale, ma per avanzare ipotesi sul loro autore occorrerebbero ricerche più ampie ed accurate.

Dagli studi del Noailles risulta che la collezione di cui parliamo, come del resto quella usata da Giuliano e quella poi denominata Authenticum, si sarebbe formata attraverso stratificazioni successive; si riscontra una base di fondo, relativamente ordinata in senso cronologico (non del tutto rigoroso: in parte ciò si spiegherebbe col fatto che le novelle venivano aggregate in blocchi), ed uno o più gruppi di novelle inseriti a guisa di appendice. La nostra collezione avrebbe avuto una formazione regolare (cioè appunto per aggiunta di blocchi, con qualche integrazione per supplire a lacune) fino alla nov. 120, del maggio 544. Lo proverebbero alcuni dati: da un lato le nov. 1-31 e 33-44 si trovano nello stesso ordine dell’Authenticum, mentre le nov. 44-120 sono (fatta salva qualche eccezione o lacuna) nello stesso ordine dell’Epitome Iuliani 40-111; inoltre, tutte le nov. 1-120 (salvo la controversa nov. 41) sono anche in Authenticum, mentre poche di esse (sostanzialmente 7) mancano in Giuliano. Per questo gruppo vi è dunque una sostanziale uniformità di fondo fra le varie raccolte, solo che Giuliano sembra avere utilizzato una collezione che non comprendeva (ancora? come si è accennato, un completamento della raccolta usata da Giuliano potrebbe essere quella conosciuta dall’Anonimo/Enantiofane agli inizi del sec. VII) tutte le costituzioni.

A parte la base solida costituita dalle prime 120 novelle, anche quelle dalla 123 alla 134 trovano riscontro nell’Authenticum e/o nell’edizione a noi giunta dell’Epitome di Giuliano; inoltre, quelle dalla 140 alla 147 (più la 149) sono ancora leggi generali, sia pure collocate senza un preciso ordine cronologico (e difatti 4 di esse si ritrovano anche nell’Authenticum e le altre 5 non potevano entrarvi perché appartengono alla fine del regno di Giustiniano o a quello di Giustino II), mentre quelle a partire dalla 150 sono, se si tolgono 3 costituzioni di Tiberio, ricuperi di materiale vario, fra cui una sola legge generale di Giustiniano (la 159, presente anche in Giuliano e nell’Authenticum, e, come si è detto, databile al 1°.6. 555).

Fra tali recuperi colpisce il fatto di trovare anche costituzioni di Giustiniano che a rigore non si possono chiamare “novelle” se a tale termine si attribuisce il significato, corrente già nel secolo VI, di “costituzioni emanate dopo l’entrata in vigore della seconda edizione del Codice”, cioè dopo il 29.12.534. Nel gruppo sono da collocare la nov. 151 (forse del 16.12.533 e certo anteriore all’entrata in vigore del secondo Codice, se ad essa si riferisce lo scolio erroneamente apposto alla nov. 150 nell’indice del Cod. Marc.); la nov. 152 (forse del 1°.6.534) e la nov. 155 (1°.2.533), mentre per qualche altra la questione è più incerta perché potrebbe anche essere datata al 535. Benché, com’è noto, non sia stato possibile ricostruire il Codex Iustinianus in modo completo, soprattutto per quanto riguarda i testi delle costituzioni greche, e quindi non si possa escludere con assoluta certezza che le leggi indicate fossero assenti dal Codex, non si vede bene perché sarebbero state comprese in una raccolta di novelle se fossero già state contenute in esso. Al di là delle ragioni del loro mancato inserimento nel Codice, è motivo d’interesse il fatto che sotto il regno di Giustino II (la nov. 155 era infatti già nota ad Atanasio) e di Tiberio II tali testi fossero ancora reperibili e che si potesse impunemente violare la disposizione della const. Cordi § 5 (del 16.11.534), che vietava l’ulteriore uso di materiali normativi non compresi nel Codice.

Sui tempi e i modi nei quali tali recuperi avvennero, e più in generale sulle fasi e sui criteri attraverso i quali la collezione si è accresciuta dopo la nov. 120 è per ora possibile formulare solo delle ipotesi, sulle quali non è qui il caso di intrattenersi.

Purtroppo, questa raccolta non ci è pervenuta integralmente: il più antico e meno manipolato dei due manoscritti che ce l’hanno trasmessa (il già citato Cod. Marcian. Gr. 179) segnala, ma non riproduce, le costituzioni originariamente in latino ed ha spostato inoltre il testo delle novelle di Giustino II ad un piccolo elenco di 5 leggi di questo imperatore (che si è conservato e che era seguito da elenchi simili per altri successori di Giustiniano); analogamente è avvenuto per quelle di Tiberio II, solo che la mutilazione del manoscritto ne ha fatto perdere il testo (giuntoci fortunatamente attraverso il Cod. Laurent. LXXX.4), ed altresì per le formae dei praefecti praetorio numerate come nov. 166-168 (anch’esse restituite: le prime due tramite il Cod. Laurent., la terza solo parzialmente attraverso i Basilici). Inoltre, a parte i due casi già indicati di novelle doppie, il Cod. Marcian. riporta due volte la nov. 50, la prima al posto della nov. 41; per giunta, non riproduce alcuni testi: l’editto di nov. 8 indirizzato ad arcivescovi e patriarchi (che però è il primo nella raccolta dei XIII Editti); la nov. 122 (= Ed. VI); la nov. 139 (al posto della quale compare nov. 134.3.1); la nov. 165. Poiché è improbabile che tutti questi testi fossero stati emanati soltanto in un originale latino (e per la nov. 122 Atanasio conosceva un testo greco), il Cod. Marcian. si rivela quindi come un testimone non del tutto affidabile della consistenza della collezione.

L’altro manoscritto che ci ha trasmesso gran parte della raccolta di 168 novelle è, come si è accennato, il Cod. Laurentianus plut. LXXX.4 (sec. XIV). Se da un lato esso permette di restituire, come si è detto, alcuni dei testi assenti nel Codex Marcianus, dall’altro ne condivide alcune caratteristiche, quali l’assenza delle novelle latine e la trasposizione della nov. 50 al posto della nov. 41. Ma nel manoscritto della biblioteca medicea le omissioni sono molto più numerose che in quello veneto: almeno 23 novelle greche sono totalmente assenti ed altre hanno subìto omissioni di parti, trasposizioni di capitoli da una legge all’altra, o modifiche del testo; tutti questi fenomeni si ritrovano anche nei Basilici in modo molto simile a quello attestato dal Codex Laurentianus, senza che si possa affermare che quest’ultimo riproduce le novelle così come contenute nei primi. Esso mostra ad ogni modo troppe tracce di rielaborazione (di per sé interessanti, ma non sempre facili da spiegare) per fornire un contributo decisivo alla ricostruzione della Collezione.

Ne consegue che una delle testimonianze più affidabili per il contenuto e l’ordine della Collezione (anche se non, ovviamente, per il testo) è costituita dall’Epitome di Teodoro, che ci è pervenuta mutila, ma per fortuna quasi completa, dato che si interrompe con l’inizio della nov. 166 (in realtà, una forma di un prefetto del pretorio). Inoltre, secondo recenti ricerche del Simon (in Fontes minores VII, 117 ss.) una testimonianza ancora più affidabile, perché relativa ad uno stadio più antico, sarebbe data dall’indice delle novelle contenute nei diversi titoli del Syntagma di Atanasio, che troviamo nel Cod. Athon. Meghistes Lauras 65 e che mostra qualche divergenza rispetto alla coppia Codex Marcianus/Teodoro. Tutto ciò pone in evidenza le difficoltà che hanno incontrato gli editori per ricostruire la Collezione delle 168 Novelle.

 

3. – Edizioni delle Novelle

 

Tralasciando le edizioni di età rinascimentale, determinanti per la conoscenza delle novelle greche fino alla seconda metà dell’Ottocento, quelle oggi a disposizione degli studiosi sono soltanto due. La prima, curata da K.E. Zachariä von Lingenthal, fu pubblicata dapprima in due volumi nella Collezione Teubneriana (Lipsiae 1881) ed accresciuta tre anni dopo da un’appendice di osservazioni critiche; una seconda appendice, uscita presso lo stesso editore nel 1891, conteneva invece la nuova edizione dell’Ed. XIII, con l’aggiunta di una versione latina e di alcune note. Lo Zachariä, informato della preparazione di un’edizione delle novelle a cura di R. Schöll e non volendo rischiare di produrre un doppione, decise di pubblicare tutte le costituzioni di Giustiniano di cui si aveva conoscenza e che non fossero contenute nel Codice (con esclusione, quindi, di quelle di Giustino II e di Tiberio II, così come degli editti dei prefetti del pretorio), disponendole in ordine cronologico e riportando una sola volta quelle geminate; inoltre, senza affiancare a quelle greche una traduzione latina. Non si propose quindi di ricostruire la Collezione delle 168 Novelle né separò queste ultime dai XIII Editti; per il testo greco si basò essenzialmente sulla lezione del Codex Marcianus, per quello latino si servì delle edizioni correnti: quella di G.E. Heimbach per l’Authenticum (1846-1851) e quella di G. Hänel per l’Epitome Iuliani (1873). Delle sue annotazioni, soprattutto in ordine alla data di ogni legge, tenne conto R. Schöll nella propria edizione.

Quest’ultima è quella più recente (fu pubblicata per la prima volta nel 1895; la quarta edizione, curata ancora da W. Kroll, è del 1912, ma le modifiche introdotte nel frattempo riguardano pressoché esclusivamente l’introduzione) e quella ancora oggi correntemente usata; essa fu curata quasi integralmente (fino alla nov. 163, p. 750,18) da R. Schöll e completata dopo la sua morte da W. Kroll. È frutto di un lavoro immenso di collazione dei manoscritti (non solo per il testo greco, ma anche per l’Authenticum) e delle testimonianze, nonché di valutazione critica di esse. Chi abbia la pazienza di percorrere le sue note troverà una miniera di preziose informazioni, ma per la sua corretta utilizzazione è necessario essere consapevoli di alcuni limiti.

A differenza di quella dello Zachariä, essa infatti ha perseguito contemporaneamente quattro scopi: a) ricostruire la Collezione delle 168 Novelle, inserendo per quelle latine il testo originale e riportando all’interno della Collezione le novelle di Giustino II e di Tiberio II, nonché gli editti dei praefecti praetorio che ne facevano parte; b) affiancare al testo greco l’antica traduzione dell’Authenticum, ove disponibile, o in mancanza un’eventuale altra versione dell’epoca (ma ciò non significa che l’edizione comprenda tutte le antiche traduzioni latine conosciute, e tanto meno tutte le epitomi sparse); c) raccogliere, per ciascuna novella, tutte le informazioni disponibili: ad es., in calce alla nov. 7 è riportata un’aggiunta ricavata non dal Codex Marcianus o da quello Laurentianus, ma dalla Collectio Ambrosiana (la già citata raccolta contenuta nel Cod. Ambros. L 49 sup., mutila, risalente forse al 545-546 e ricollegabile più all’archetipo dell’Authenticum che alla Collezione delle 168 Nov.); d) integrare la Collezione con l’edizione dei XIII Editti e con un’appendice comprendente costituzioni giustinianee pervenute da altre fonti (soprattutto le appendici dell’Epitome Iuliani) e non riconducibili alla prima; in quest’ottica sarebbe stato però utile inserire anche le poche novelle di Giustino II e di Tiberio II pervenute fuori della Collezione, come faceva già del resto l’edizione di Osenbrüggen.

Se tale complessa operazione è utile allo studioso odierno perché gli permette di consultare in un unico volume pressoché tutto (mancano infatti i due provvedimenti sul diritto di asilo in Santa Sofia e nelle altre chiese, attribuiti a Giustiniano ma giudicati spuri, pubblicati a p. XI e XIII della edizione delle Novelle curata dallo Zachariä von Lingenthal) il materiale conosciuto alla fine dell’Ottocento, essa impone cautela a colui che voglia avere un’idea precisa di che cosa trovasse nella Collezione un suo lettore del secolo VI.

Le novelle latine, ad esempio, sono di solito quelle tramandate dall’Authenticum, e ad ogni modo non dalla tradizione delle 168 Novelle (ovviamente, non era possibile scelta diversa, ma di questa particolarità è necessario essere consci, tanto più che l’Authenticum a volte riproduce un testo indirizzato ad un destinatario diverso da quello dell’esemplare accolto fra le 168 Novelle); la nov. 41, in mancanza di meglio, è data nel testo di Epit. Iul. 38 (che, al di là del fatto di essere un riassunto, si riporta ad una diversa tradizione) e la nov. 138 riproduce quello contenuto in un’appendice (della quale non è dato individuare la fonte) della medesima Epitome. Anche fra gli stessi testi greci s’incontra qualche sconnessione: ad esempio, quello della nov. 111 non appartiene alla tradizione delle 168 Novelle, in cui (come conferma Athanas. 2.5) pare che si conservasse solo il testo latino (ciò che rende verosimile che il testo greco pubblicato fosse in realtà una traduzione di quello latino); esso deriva invece da quella dei XIII Editti, nella quale rappresenta l’Ed. V (peraltro, vi è anche chi ha supposto che i XIII Editti facessero parte, fino ad una certa epoca, proprio della tradizione delle 168 Novelle). Allo stesso modo, il testo greco della nov. 122, assente dai codici Marciano e Laurenziano, è stato sostituito, nell’edizione considerata, da quello di Ed. VI (ma qui è probabile che ci troviamo di fronte al testo originale).

Chi poi consulti questa edizione perché è interessato all’Authenticum, lo trova ordinato secondo i numeri delle 168 Novelle e non secondo quelli propri di tale raccolta (inseriti peraltro a fianco); per farsi un’idea più precisa di tale collezione dovrà quindi consultare la tabella di confronto collocata nell’Index II in fondo al volume. In definitiva, per un’indagine accurata su singole novelle e sulla loro trasmissione è necessario rifarsi con attenzione ai sussidi dell’edizione a stampa.

 

4. – Problemi metodologici: a) diffusione delle singole novelle e tempi di essa

 

Le precedenti, pur sommarie indicazioni, comportano differenti riflessi, sul piano metodologico, a seconda del tipo di ricerca che coinvolga le novelle di Giustiniano e dei suoi immediati successori. Chi sia interessato ad esse come punto di arrivo di un lungo sviluppo storico o come espressione, sopra un determinato argomento, della volontà del sovrano o della cultura giuridica della sua cancelleria potrà probabilmente occuparsi delle raccolte che le contenevano solo dal punto di vista della maggiore o minore affidabilità del testo, oppure dell’individuazione del destinatario o di un’eventuale pluralità di essi; chi invece, ad esempio, si ponga la domanda se la nostra tradizione della normativa giustinianea sia ragionevolmente completa, oppure chi desideri ricostruire la diffusione della conoscenza del diritto, o di singole disposizioni, nel secolo VI non può sottrarsi al compito, per ora piuttosto ingrato vista la scarsità di studi, di un’analisi delle varie collezioni che ci hanno tramandato ciascuna legge.

Quanto alla prima questione, basteranno pochi cenni: se è vero che la Collezione delle 168 Novelle è la più completa fra quelle di cui abbiamo una relativamente buona conoscenza, è anche vero che lo stesso manoscritto che ce l’ha conservata nella forma meno parziale e manipolata (il Cod. Marcian. Gr. 179) riporta in calce ad essa una raccolta integrativa comunemente nota come “i XIII Editti di Giustiniano”; ora, di essi tre (Ed. I; V-VI) corrispondono a testi già presenti nella Collezione, uno (Ed. III) era nelle raccolte utilizzate rispettivamente da Giuliano e da Atanasio, ed uno (Ed. VIII) era conosciuto dall’Authenticum. Se anche dagli altri 8 ne togliamo uno, e forse due (Ed. II e X) che potrebbero essere anteriori al 535, e quindi non considerarsi “novelle” in senso stretto, restano almeno sei leggi che non erano contenute in altre raccolte (a meno di non accettare l’ipotesi, a cui si è già in precedenza accennato, secondo la quale i cosiddetti “editti” potrebbero in origine aver fatto parte della Collezione; essa incontra però numerose difficoltà): fra essi due erano pragmaticae concernenti i banchieri (Ed. VII e IX), due costituzioni relative all’Egitto (Ed. XI e il famoso Ed. XIII, il cui cap. 24 è ora anche attestato da P.Oxy. LXIII.4400), uno (Ed. IV) disponeva la riforma amministrativa della Phoenicia Libanica, ed uno era una pragmatica, contenente un’istruzione relativa all’Ellesponto ma estesa esplicitamente a tutte le province. Ciò fa supporre che possa essere incompleta quanto meno la nostra conoscenza delle leggi di riforma provinciale, così come quella dei provvedimenti presi per gruppi particolari, o in relazione ad espisodi singoli, anche se la loro portata fosse estesa ad altre situazioni o addirittura in termini generali (si vedano del resto le testimonianze raccolte nel primo volume dei Subsidia al Legum Iustiniani imperatoris vocabularium). Ciò porta altresì a riflettere sul fatto che, se disposizioni generali potessero essere contenute in provvedimenti che, per la forma e per l’origine, si presentavano come particolari, può considerarsi probabile che alcuni di questi ultimi ci siano sfuggiti.

Il secondo problema è, ovviamente, ancora più complesso: se infatti possiamo essere ragionevolmente fiduciosi che la normativa contenuta tanto in Giuliano, quanto nell’Authenticum e fra le “168 Novelle” avesse avuto generale diffusione, qualche dubbio può nascere sui tempi di essa, posto che le ultime 6 novelle dell’Authenticum sembrano costituire un’appendice aggiunta non prima del 556, e lo stesso vale per le ultime 7 di Giuliano, solo che qui l’incorporazione dovrebbe essere avvenuta entro il 555 (naturalmente, però, il mancato inserimento in una collezione non sempre è segno di mancata conoscenza, ma può essere dovuto a carenza di interesse da parte dell’autore della medesima, o ad un certo ritardo nell’aggiornamento dei testi didattici). Inoltre, il fatto che alcuni provvedimenti non collocabili negli ultimi anni di Giustiniano (ad es. le nov. 139; 151-152; 160; 165, e il numero aumenta ancora se consideriamo anche l’Epitome di Atanasio come appartenente alla tradizione delle 168 novelle) siano attestati solo dalla Collezione delle 168 Novelle fa sorgere giustificate perplessità sul fatto che essi avessero avuto diffusione generale nell’impero prima che la Collezione citata diventasse la testimone più conosciuta della legislazione novellare giustinianea.

Del resto, anche la comunicazione di una stessa novella a differenti destinatari non pare essere sempre stata contemporanea: il caso più clamoroso è quello della nov. 143, che risulterebbe inviata ad un Areobindo (prefetto del pretorio d’Oriente nel 553, ma forse titolare di un’altra prefettura nel 563, se quella orientale era attribuita a Leone) in gennaio e ad un Leone, (nov. 150: potrebbe essere stato prefetto del pretorio d’Africa, d’Italia o dell’Illirico nel 553, oppure d’Africa o dell’Illirico nel 563, ma nel dicembre di quell’anno un Leone è attestato come prefetto del pretorio d’Oriente) in maggio o giugno, posto che si tratti dello stesso anno (qui infatti l’anno stesso è controverso e può oscillare fra il 543 o il 553 della prima e il 563 della seconda); un altro esempio è quello della nov. 125, che sarebbe stata inviata a Pietro, prefetto del pretorio d’Oriente, il 15 ottobre del 543 (secondo le “168 Novelle”) ed a Gabriele, praefectus urbi, il 18 dicembre dello stesso anno (così Authent. 116). Altri casi di comunicazione a diversi destinatari con sensibili differenze di data sono quelli delle nov. 42; 127; 159. Pur ammettendo che gli errori di data siano nella tradizione manoscritta particolarmente facili, resta il fatto che un’importante attestazione dei ritardi nella comunicazione e nella pubblicazione delle costituzioni è contenuta proprio in una novella: la 66, del 1°.5.538. Essa (c. 1, §§ 2-3) espone la vicenda della nov. 18, che fu redatta dapprima in greco, con la data del 1° marzo 536, e indirizzata al prefetto del pretorio d’Oriente (Giovanni di Cappadocia; questa data e il destinatario sono quelli univocamente attestati per tutte le raccolte a noi note, ciò che dovrebbe fra l’altro significare che in questo caso l’Authenticum riporta una traduzione dal greco), poi anche in latino, con data 1° aprile e destinatario il prefetto d’Africa Salomone. Ora, come attesta lo stesso imperatore, al testo greco non fu data pubblicità finché non fosse pronto quello latino, ma in realtà esso fu pubblicato nella capitale e spedito nelle province solo in maggio. Tutto ciò mostra come l’ampiezza nella diffusione della conoscenza di ciascuna novella, ed i tempi di essa, vadano vagliati caso per caso con una certa cautela.

 

5. – Segue: b) la considerazione delle Novelle come “corpus” unitario

 

Si può ancora prospettare un ulteriore problema metodologico: posta l’esistenza delle varie collezioni private, ma l’assenza di una compilazione ufficiale, è lecito considerare ogni novella (anche) come parte di un unico corpus legislativo, o ciascuna di esse va preferibilmente trattata solo come un’individualità singola, il cui rapporto con le altre costituzioni va accertato volta per volta? E, nel primo caso, fino a che punto è lecito spingersi nell’argomentare con criteri sistematici?

Il problema è molto delicato e, anche solo per impostarlo correttamente, richiederebbe uno studio preliminare che non è possibile compiere in questa sede, nella quale si può semplicemente richiamare qualche elemento utile. Anzitutto, non va dimenticato il fatto che nelle varie raccolte ogni novella compariva con la propria data e che v’era piena consapevolezza, almeno da parte degli interpreti dei secoli VI-VII, che il contenuto di essa poteva essere stato in tutto o in parte abrogato da una costituzione successiva. Con il passare del tempo, però, alcuni degli elementi della data potevano deteriorarsi o andare perduti (come risulta chiaramente dalla tradizione manoscritta pervenuta fino a noi) e quindi non stupirebbe che l’aspetto sistematico potesse venire privilegiato rispetto a quello cronologico: ad esempio, il fatto che verso la fine del sec. IX l’Eisagoge (21.3-5) in tema di cause di scioglimento dei matrimoni riporti disposizioni novellari giustinianee abrogate da altre successive può essere dovuto a scelta consapevole degli autori, ma anche ad informazioni imprecise sulla successione nel tempo di norme contenute in una stessa raccolta.

Tornando al sec. VI, il fatto che delle Novelle si operassero delle raccolte autonome (e non, ad esempio, nella forma di appendici al Codice), con successive edizioni ampliate, sembra fornire un indizio per la soluzione in senso positivo del problema posto, indizio che acquista maggior peso se si considera che ad un certo punto il corpus novellarum divenne oggetto d’insegnamento, come mostrano quanto meno l’epitome di Giuliano e le annotazioni con questa collegate; tuttavia, in mancanza di studi più approfonditi, si ha l’impressione che l’antecessor si sia limitato a sottolineare, nel testo (cfr., ad es., Iulian. Epit. 36.134; 36.161 e 163) o nelle note (soprattutto nei cosiddetti paratitla) i principali punti nei quali novelle successive avevano innovato su quelle precedenti, senza spingere troppo oltre lo sguardo d’insieme. Qualche maggiore spunto in questo senso si può forse rinvenire nella summa di Teodoro (cfr., ad es., Theod. 1.5; 2.6; 2.8), la quale, per ciascuna novella, contiene rinvii sia al Codice, sia ad altre novelle precedenti o successive; tuttavia anche il suo autore, mentre talvolta esplicita il senso dei collegamenti, tentando di fornire per singole disposizioni un quadro sistematicamente coerente, altre volte si limita a richiamare i testi invitando semplicemente a leggerli. Né più esauriente al proposito risulta il Syntagma di Atanasio, che è bensì organizzato sistematicamente, ma senza spezzare le singole costituzioni e senza tentare di comporne un testo aggiornato; tuttavia, proprio da tale opera si può trarre un esempio abbastanza significativo per il nostro discorso: in Athan. 9.2.2, infatti, il giurista appoggia la propria interpretazione di nov. 18.3 (nel senso che essa abbia accresciuto la quota di legittima anche a favore dei genitori) fra l’altro sopra un’espressione usata nel testo della nov. 89.12.3 (p. 442, 4-5 Schöll-Kroll), in cui Giustiniano afferma di aver fissato in una legge la quota di legittima per gli ascendenti; la norma indicata non potrebbe essere che quella della nov. 18, perché il sovrano non avrebbe toccato tale tema in nessun’altra sua costituzione. Vengono in rilievo due aspetti: da un lato Atanasio fa credito alla cancelleria di assoluto rigore e coerenza, dall’altro mostra di ritenere completa la raccolta delle Novelle di cui si serve (dato che la precedente legislazione giustinianea era ormai ufficialmente compresa nel Codice), al punto da poter argomentare e silentio.

Nondimeno, gli indizi ora esposti sono tutti tratti da opere che, esponendo il dettato novellare in forma epitomata, si prestavano più facilmente ad offrire di esso una visione organica. Come si comportasse un giurista che di fronte a sé avesse semplicemente la Collezione delle 168 Novelle non è dato sapere, almeno allo stato attuale delle ricerche. Qualche spunto potrebbe essere ricavato da un’analisi della Collezione quale trasmessa dal Codice Laurenziano: si è infatti supposto che possiamo trovarci di fronte a un tentativo, effettuato forse nel sec. VII, di eliminare il materiale inutile e di integrare almeno parte di quello restante in un’esposizione più organica, pur senza rinunciare a mantenere per ogni novella la sua individualità. La questione indicata resta quindi aperta; del resto, più che risolverla, era qui necessario proporla.

 

6. – Riferimenti bibliografici essenziali

 

Oltre ai manuali di storia delle fonti giuridiche romane e bizantine (P. Krüger; L. Wenger; H. Hunger/P. Pieler; N. van der Wal - J. Lokin; Sp. Troianos), opera fondamentale (anche se in qualche punto superata) per le varie raccolte di novelle, la loro probabile formazione, e in particolare la Collezione delle 168 Novelle, i manoscritti pervenuti e la ricezione nei Basilici, è: P. Noailles, Les collections de novelles de l’empereur Justinien. I. Origine et formation sous Justinien, Paris 1912; II. La collection grecque des 168 novelles, Paris 1914 (si tengano però presenti le osservazioni di E. Stein, Deux questeurs de Justinien et l’emploi des langues dans ses novelles, ora in Opera minora selecta, Amsterdam 1968, 367 ss.; 377 ss.).

 

Fra la letteratura più recente si vedano inoltre:

- per il Codice Laurenziano delle 168 Novelle:

N. van der Wal, La version florentine de la collection des 168 Novelles, in TR 49 (1981) 149 ss.;

- per l’Epitome Iuliani:

D. Liebs, Die Jurisprudenz im spätantiken Italien (260-640 n. Chr.), Berlin 1987, 220 ss.;

W. Kaiser, Die Epitome Iuliani. Beiträge zum römischen Recht im frühen Mittelalter und zum byzantinischen Rechtsunterricht, Frankfurt am Main 2004;

- per l’Authenticum:

G. Lanata, Le novelle giustinianee e la traduzione dell’Authenticum, in Byzantion 49 (1979) 239 ss.;

F. Briguglio, Sull’origine dell’“Authenticum”, in AG 219 (1999) 501 ss.;

- per la collezione delle novelle su cui si basò Atanasio:

D. Simon, Das Novellenexemplar des Athanasios, in Fontes minores VII, Frankfurt/M. 1986, 117 ss.

 

Fonti

Per il ritrovamento degli ultimi fogli del Codice Laurenziano, strappati nel 1542-1544:

D. Simon, Handschriftenstudien zur byzantinischen Rechtsgeschichte, in Byzantinische Zeitschrift 71 (1978) 337 s.;

D. Holwerda, Zum neuentdeckten Schlussteil der Florentiner Novellenhandschrift, in Novella Constitutio. Studies in Honour of Nicolaas van der Wal (Subseciva Groningana IV), Groningae 1990, 99 ss.

Per accenni, o testi, di costituzioni giustinianee riferiti in papiri o iscrizioni:

Le costituzioni giustinianee nei papiri e nelle epigrafi, 2ª ediz. a cura di M. Amelotti - L. Migliardi Zingale (Legum Iustiniani Imperatoris Vocabularium – Subsidia I), Milano 1985;

Nuovi testi epigrafici e altri Addenda et Corrigenda ai Subsidia I-III, a cura di L. Migliardi Zingale, in Scritti apocrifi di Giustiniano, a cura di A.M. Demicheli (Legum Iustin. Imp. Vocab. – Subsidia IV), Torino 1994, 181 ss.;

D. Feissel, Un rescrit de Justinien découvert à Didymes (1er avril 533), in Chiron 34 (2004) 285 ss.

Per la pubblicazione di nuove fonti, o di nuove edizioni, relative alle novelle giustinianee o a loro epitomi negli ultimi trent’anni, cfr.:

D. Simon – Sp. Troianos – G. Weiss, Zum griechischen Novellenindex des Iulian, in Fontes minores II, Frankfurt/M. 1977, 1 ss.;

D. Simon – Sp. Troianos, Die Epitome zum Novellensyntagma des Athanasios, in Fontes minores III, Frankfurt/M. 1979, 280 ss.;

A. Schminck – D. Simon, Eine Synopsis der Novellen Justinians, in Fontes minores IV, Frankfurt/M. 1981, 218 ss.;

J. Konidaris, Die Epitome einer justinianischer Novelle aus dem Patmiacus 205, in Fontes minores V, Frankfurt/M., 27 ss. (si tratta di un riassunto in greco della nov. 143 = 150, il cui originale era latino);

L. Migliardi Zingale, Il manoscritto greco τς παναγίας Καμαριωτίσσης 175 e Nov. Iust. 77, in Studi in onore di Cesare Sanfilippo, III, Milano 1983, 461 ss.;

W. Kaiser, Authentizität und Geltung spätantiker Kaisergesetze. Studien zu den “Sacra privilegia concilii Vizaceni”, München 2007, 37 s. (nuova edizione di Nov. App. II-III); 371 ss. (nuova ediz. di nov. 6, secondo il testo greco della Collectio Ambrosiana); 393 ss. e 401 ss. (prima edizione critica di un’antica traduzione latina della stessa novella e, rispettivamente, di una versione accorciata e rielaborata di essa).