N. 6 – 2007 –
Memorie//Scienza-giuridica
Università di Torino
Le raccolte delle novelle giustinianee
e
Sommario: 1. Le principali raccolte delle
Novelle. – 2. La
Collezione delle 168 Novelle. – 3. Edizioni delle Novelle. –
4. Problemi metodologici:
a) diffusione delle singole novelle e tempi di essa. – 5. Segue: b) la considerazione
delle Novelle come “corpus” unitario. – 6. Riferimenti bibliografici
essenziali.
Il prodotto informatico della ricerca
contiene in primo luogo il testo, ovviamente privo dell’importante
apparato critico, della Collezione delle 168 Novelle così come edito da
Rudolf Schöll e Wilhelm Kroll (Corpus iuris civilis, vol. III, ed. quinta,
Berolini 1928 e successive ristampe); inoltre, quello dei cosiddetti XIII
editti di Giustiniano (Appendice I) contenuti nello stesso manoscritto che
riporta
Il 16.11.534 Giustiniano promulgò la
repetita praelectio del suo Codice,
destinata a valere dal 29.12 dello stesso anno, annunciando che le successive
nuove costituzioni sarebbero state raccolte in un’alia congregatio (non quindi una terza edizione del Codice!)
indicata come novellae constitutiones
(const. Cordi § 4).
L’opinione comune ritiene, diversamente da quanto ha invece ipotizzato il
Noailles, che l’imperatore alludesse ad una futura raccolta ufficiale
delle medesime.
Puntualmente, il 1° gennaio 535, tre
giorni dopo l’entrata in vigore del 2° Codice, venne pubblicata
quella che oggi è indicata come nov. 1; una raccolta ufficiale delle
Novelle non fu invece mai effettuata (nonostante che, com’è noto,
la pragmatica sanctio pro petitione
Vigilii al § 11 prevedesse nel 554 l’invio in Italia, sub edictali programmate, di tutte le
costituzioni emanate dopo il Codice, invio che peraltro non sembra aver
lasciato tracce nella tradizione manoscritta).
Sia in attesa della congregatio ufficiale - che forse avrebbe potuto avere le
caratteristiche di una sorta di “Codice delle novelle” contenente
di ciascuna solo la parte normativa ancora vigente -, sia nella previsione che
essa non sarebbe stata realizzata, furono redatte numerose collezioni private,
nelle quali le novelle erano riportate nel testo integrale l’una dopo
l’altra, iniziando dall’anno 535. Quattro di esse le conosciamo
abbastanza bene; lasciando per ultima
A) La più antica pare quella su cui
si basò l’epitome latina di Giuliano: quest’ultima, nello
stato pervenuto dai manoscritti, numera 124 novelle, di cui due doppie; la
più recente è la 117 = nov. 159 della collezione greca, databile
al 1°.6.555. Siccome Giuliano, proveniente da Berito ma professore a
Costantinopoli, tenne sulle novelle dei corsi di lezione almeno a partire dal
548 (come risulta dalle recentissime ricerche di W. Kaiser), la collezione
greca di cui si servì dev’essere anteriore a questa data, ma ogni
tentativo di ricostruirla deve tener conto dell’eventualità di
modifiche da lui stesso apportate: ad esempio, il fatto che Epit. Iul. const.
1-39, o quanto meno 4-30, sembrino raggruppate secondo criteri contenutistici
piuttosto che puramente cronologici potrebbe essere dovuto sia ad un tentativo
di elaborazione didattica del docente, in seguito abbandonato, sia ad un
disegno sistematico, poi lasciato cadere, risalente all’autore della
raccolta sottostante. Bisogna anche tenere presente l’eventualità,
resa verosimile da D. Liebs e W. Kaiser, che l’Epitome abbia avuto
diverse edizioni (delle quali la più antica ricostruibile sarebbe giunta
solo fino a Epit. Iul. 115 = nov. 123, del 1°.5.546, ma al luglio o
settembre 548 risalirebbe Epit. Iul. 114 = nov. 127) e che agli autori di esse
(non necessariamente da identificare con lo stesso Giuliano) possano risalire
alcune aggiunte, che non indicherebbero quindi una o più nuove edizioni
della collezione greca sottostante.
Ad ogni modo, la raccolta di cui si
servì Giuliano non intendeva comprendere solo leggi vigenti, ma
riportava anche novelle abrogate da altre successive (cfr. ad es. Epit. Iul. 8
= nov. 9 e l’osservazione di Giuliano ad
locum); per altro verso, delle costituzioni contenute nella Collezione di
168 Novelle mancano le nov. 19; 21; 33; 36-37; 50; 114; 116; 121-122; 132-133;
138 (aggiunta poi in un’appendice); 139; 145-147; 151-158; 160 (ricordata
però nell’appendice); 162; 165, nonché i tre editti di
prefetti del pretorio d’Oriente inseriti come nov. 166-168 (oltre che,
naturalmente, le novelle posteriori al giugno 555: nov. 134; 135?; 137;
140-144; 148-150; 161; 163-164; occorre però ricordare che la data
precisa di numerose novelle è incerta). L’unica costituzione,
invece, nota a Giuliano, ma assente dalla Collezione delle 168 Novelle è
Epit. Iul. 29 (Ut iura, quae in
successionibus posita sunt ab intestato venientibus, etiam in Armeniis teneant),
che corrisponde ad Ed. III e che può spiegare la mancanza di nov. 21,
data la stretta analogia fra i due provvedimenti.
Una particolarità dell’Epitome
Iuliani (rinvenibile anche in una più tarda summa, di cui si servì agli inizi del sec. VII
l’Anonimo/Enantiofane, la quale potrebbe avere utilizzato una edizione
più aggiornata della collezione di novelle adottata da Giuliano stesso)
è la suddivisione in capitoli, che potrebbe risalire alla raccolta
sottostante, anche se, in tal caso, occorrerebbe ammettere che Giuliano non
l’ha sempre seguita esattamente (cfr., ad es., Epit. Iul. cap. 163).
Nulla ad ogni modo fa pensare che già la cancelleria imperiale
articolasse le novelle in capitoli, anche perché la const. Cordi, § 2, per le costituzioni
anteriori alla fine del 534 attribuisce ai compilatori del secondo Codice
quest’attività, necessariamente preliminare all’inserimento
di ciascuno di essi nei competenti titoli.
B) Quasi altrettanto antica potrebbe essere
la collezione greca su cui si basò l’Authenticum. Esso contiene -
si presume - il testo originale delle novelle latine (si tratterebbe, a quanto pare,
delle nov. 9; 11; 23; 33; 35-37; 41, che però non compare
nell’Authenticum; 62; 65; 75=104; 111; 112, che però potrebbe
essere stata bilingue; 114; 138, che però non compare
nell’Authenticum; 143=150 della Collezione delle 168 Novelle), ma non
necessariamente anche di quelle bilingui (sì per la nov. 34, no per le
nov. 17-18) ed una traduzione katà
poda di quelle greche: si tratta in tutto di 134 novelle; l’ultima in
ordine di tempo è la 128 = 134 della collezione greca, del 1°.5.556,
a meno che non si dati al 563 la nov. 132 (= 143 delle 168 Novelle; così
lo Schöll, che ricorda in apparato le altre possibilità: anno 543 o
553).
L’ordine di Auth. 1-31 coincide
esattamente con quello di Nov. 1-31 della Collezione di 168 Novelle; anche le
nov. 33-120 di quest’ultima trovano puntuale corrispondenza, pur se
talvolta in sequenza differente, nella traduzione latina (la nov. 32 manca
perché è semplicemente l’esemplare greco della nov. 34; la
nov. 41 è assente forse perché abrogata da nov. 50; la nov. 104
non c’è perché semplice ripetizione di nov. 75). Delle
costituzioni comprese fra le 168 novelle ed anteriori al 1°.5.556 (ma le
lacune ovviamente aumenterebbero di due se si datasse l’Authenticum al
L’Authenticum si presenta quindi come
una collezione composita, in cui testi pubblicati in latino dalla cancelleria
(l’elenco indicato sopra potrebbe non essere completo, perché in
realtà non si sa di quante e quali novelle essa abbia predisposto un
originale nella doppia lingua) si affiancano ad altri tradotti da uno o
più autori; la raccolta greca su cui si è basato (che, nel caso
di più traduttori potrebbe anche non essere unitaria) mostra a volte una
tradizione più antica di quella pervenutaci attraverso la Collezione
delle 168 Novelle e la lezione che essa presentava doveva spesso coincidere con
quella attestata da una piccola raccolta di novelle rinvenuta nel Cod. Ambros. L 49 sup. e denominata
pertanto Collectio Ambrosiana.
Tuttavia, numerose incertezze sussistono tuttora sulla origine (orientale od
occidentale, ed in questo caso: Italia o Illirico?), sulla composizione
(unitaria o dovuta a differenti autori?) e sulla funzione (didattica o pratica?)
dell’Authenticum; a maggior ragione, è difficile dire se
l’ordine che esso presenta nell’ultima parte e gli scostamenti
rispetto ad altre raccolte siano dovuti già alla collezione greca
sottostante o se siano totalmente o in parte da attribuire al traduttore (o
all’eventuale pluralità dei medesimi).
C) Più recente è la raccolta
su cui si basò l’epitome greca di Atanasio: erano 152 leggi, di
cui 3 di Giustino II, tutte presenti anche fra le 168 Novelle, tranne Athan. 20.5
(costituzione di Giustiniano non altrimenti attestata e non databile, relativa
all’uso dei militari nella riscossione di debiti pubblici o privati e
riportata da Schöll e Kroll come nr. IV della seconda appendice);
l’ultima in ordine cronologico è Athan. III.3 = nov. 144 delle 168
Novelle, datata al maggio 572. Rispetto alla Collezione delle 168 Novelle
mancano dunque in Atanasio le nov. 138-139; 141; 147; 149 (di Giustino II, ma anteriore
al 172); 150 (identica però con la 143, qui recepita, fatta salva
l’eventuale differenza di destinatario), 151-152; 160; 165, oltre
naturalmente a quelle di Tiberio II (nov. 161; 163-164) e ai tre editti dei
prefetti del pretorio numerati come nov. 166-168.
La collezione usata da Atanasio conteneva
quindi anche le novelle emanate solo in latino; anzi, la nov. 32=34 era
riportata sia nel testo latino sia in quello greco come nella raccolta delle
168 Novelle; vi era presente anche la duplicazione nov. 75 = 104 (ma non quella
143 = 150). Questi ed altri motivi hanno portato alcuni studiosi a ritenere che
essa costituisse semplicemente uno stadio più antico delle 168 Novelle.
Che vi sia una base comune è innegabile, dato che le lacune di Atanasio
rispetto alla collezione più completa si collocano tutte dopo la nov.
137 (del 565; quindi, in ordine cronologico, l’ultima attribuibile a
Giustiniano); tuttavia, non siamo sicuri che l’ordine della sua raccolta
coincidesse con quello della versione più ampia e recente; inoltre, per
alcune novelle (ad es., le nov. 42, 80; 127; 133; 153; 159) egli indica un
destinatario della costituzione diverso da quello che compare nei nostri
manoscritti delle 168 Novelle (e questo può comportare sensibili
differenze nel testo, come mostra il caso della nov. 133). Per questi motivi,
ed in attesa di ricerche più aggiornate e complete sulla formazione
delle varie raccolte, pare più prudente considerare quella di Atanasio
separatamente da quella delle 168 Novelle.
La Collezione greca delle 168 Novelle (in
realtà 165, se nov. 32=34; 75=104; 143=150, o meglio 162, se escludiamo
le tre formae dei prefetti del
pretorio d’Oriente, cioè i nn. 166-168; il numero diminuisce
ancora, come vedremo, se adottiamo una definizione rigida del termine
“novella”) è la più completa e la più
aggiornata fra quelle a noi in qualche modo pervenute; essa comprende anche 4
novelle di Giustino II (nov. 140; 144; 148-149) e 3 di Tiberio II (nov. 161; 163-164);
la novella più recente appartiene a quest’ultimo imperatore ed
è la 163, dell’anno 575. Si noti che non tutte le novelle di
Giustino II né tutte quelle di Tiberio II sono presenti nella
collezione; la data della sua redazione finale potrebbe quindi anche essere di qualche
anno posteriore al 575.
Questa delle 168 Novelle è
l’unica raccolta (a parte alcune minori e particolari, come i XXV
Capitoli, gli LXXXVII capitoli o
Le leggi erano numerate ed erano connotate
da rubriche, a volte identiche o molto simili a quelle che troviamo in altre
raccolte, a volte diverse; esse quindi non traevano origine dalla cancelleria
imperiale, ma per avanzare ipotesi sul loro autore occorrerebbero ricerche
più ampie ed accurate.
Dagli studi del Noailles risulta che la
collezione di cui parliamo, come del resto quella usata da Giuliano e quella
poi denominata Authenticum, si sarebbe formata attraverso stratificazioni
successive; si riscontra una base di fondo, relativamente ordinata in senso
cronologico (non del tutto rigoroso: in parte ciò si spiegherebbe col
fatto che le novelle venivano aggregate in blocchi), ed uno o più gruppi
di novelle inseriti a guisa di appendice. La nostra collezione avrebbe avuto
una formazione regolare (cioè appunto per aggiunta di blocchi, con
qualche integrazione per supplire a lacune) fino alla nov. 120, del maggio 544.
Lo proverebbero alcuni dati: da un lato le nov. 1-31 e 33-44 si trovano nello
stesso ordine dell’Authenticum, mentre le nov. 44-120 sono (fatta salva
qualche eccezione o lacuna) nello stesso ordine dell’Epitome Iuliani
40-111; inoltre, tutte le nov. 1-120 (salvo la controversa nov. 41) sono anche
in Authenticum, mentre poche di esse (sostanzialmente 7) mancano in Giuliano.
Per questo gruppo vi è dunque una sostanziale uniformità di fondo
fra le varie raccolte, solo che Giuliano sembra avere utilizzato una collezione
che non comprendeva (ancora? come si è accennato, un completamento della
raccolta usata da Giuliano potrebbe essere quella conosciuta
dall’Anonimo/Enantiofane agli inizi del sec. VII) tutte le costituzioni.
A parte la base solida costituita dalle
prime 120 novelle, anche quelle dalla 123 alla 134 trovano riscontro
nell’Authenticum e/o
nell’edizione a noi giunta dell’Epitome di Giuliano; inoltre,
quelle dalla 140 alla 147 (più la 149) sono ancora leggi generali, sia
pure collocate senza un preciso ordine cronologico (e difatti 4 di esse si
ritrovano anche nell’Authenticum e le altre 5 non potevano entrarvi
perché appartengono alla fine del regno di Giustiniano o a quello di Giustino
II), mentre quelle a partire dalla 150 sono, se si tolgono 3 costituzioni di
Tiberio, ricuperi di materiale vario, fra cui una sola legge generale di
Giustiniano (la 159, presente anche in Giuliano e nell’Authenticum, e,
come si è detto, databile al 1°.6. 555).
Fra tali recuperi colpisce il fatto di
trovare anche costituzioni di Giustiniano che a rigore non si possono chiamare
“novelle” se a tale termine si attribuisce il significato, corrente
già nel secolo VI, di “costituzioni emanate dopo l’entrata
in vigore della seconda edizione del Codice”, cioè dopo il
29.12.534. Nel gruppo sono da collocare la nov. 151 (forse del 16.12.533 e
certo anteriore all’entrata in vigore del secondo Codice, se ad essa si
riferisce lo scolio erroneamente apposto alla nov. 150 nell’indice del Cod. Marc.); la nov. 152 (forse del
1°.6.534) e la nov. 155 (1°.2.533), mentre per qualche altra la
questione è più incerta perché potrebbe anche essere
datata al 535. Benché, com’è noto, non sia stato possibile
ricostruire il Codex Iustinianus in
modo completo, soprattutto per quanto riguarda i testi delle costituzioni
greche, e quindi non si possa escludere con assoluta certezza che le leggi
indicate fossero assenti dal Codex,
non si vede bene perché sarebbero state comprese in una raccolta di
novelle se fossero già state contenute in esso. Al di là delle
ragioni del loro mancato inserimento nel Codice, è motivo
d’interesse il fatto che sotto il regno di Giustino II (la nov. 155 era
infatti già nota ad Atanasio) e di Tiberio II tali testi fossero ancora
reperibili e che si potesse impunemente violare la disposizione della const. Cordi § 5 (del 16.11.534), che
vietava l’ulteriore uso di materiali normativi non compresi nel Codice.
Sui tempi e i modi nei quali tali recuperi
avvennero, e più in generale sulle fasi e sui criteri attraverso i quali
la collezione si è accresciuta dopo la nov. 120 è per ora
possibile formulare solo delle ipotesi, sulle quali non è qui il caso di
intrattenersi.
Purtroppo, questa raccolta non ci è
pervenuta integralmente: il più antico e meno manipolato dei due
manoscritti che ce l’hanno trasmessa (il già citato Cod. Marcian. Gr. 179) segnala, ma non
riproduce, le costituzioni originariamente in latino ed ha spostato inoltre il
testo delle novelle di Giustino II ad un piccolo elenco di 5 leggi di questo
imperatore (che si è conservato e che era seguito da elenchi simili per
altri successori di Giustiniano); analogamente è avvenuto per quelle di
Tiberio II, solo che la mutilazione del manoscritto ne ha fatto perdere il
testo (giuntoci fortunatamente attraverso il Cod. Laurent. LXXX.4), ed altresì per le formae dei praefecti praetorio numerate come nov. 166-168 (anch’esse
restituite: le prime due tramite il Cod.
Laurent., la terza solo parzialmente attraverso i Basilici). Inoltre, a
parte i due casi già indicati di novelle doppie, il Cod. Marcian. riporta due volte la nov. 50, la prima al posto della
nov. 41; per giunta, non riproduce alcuni testi: l’editto di nov. 8
indirizzato ad arcivescovi e patriarchi (che però è il primo
nella raccolta dei XIII Editti); la nov. 122 (= Ed. VI); la nov. 139 (al posto
della quale compare nov. 134.3.1); la nov. 165. Poiché è
improbabile che tutti questi testi fossero stati emanati soltanto in un
originale latino (e per la nov. 122 Atanasio conosceva un testo greco), il Cod. Marcian. si rivela quindi come un
testimone non del tutto affidabile della consistenza della collezione.
L’altro manoscritto che ci ha
trasmesso gran parte della raccolta di 168 novelle è, come si è
accennato, il Cod. Laurentianus plut.
LXXX.4 (sec. XIV). Se da un lato esso permette di restituire, come si è
detto, alcuni dei testi assenti nel Codex
Marcianus, dall’altro ne condivide alcune caratteristiche, quali
l’assenza delle novelle latine e la trasposizione della nov. 50 al posto
della nov. 41. Ma nel manoscritto della biblioteca medicea le omissioni sono
molto più numerose che in quello veneto: almeno 23 novelle greche sono
totalmente assenti ed altre hanno subìto omissioni di parti, trasposizioni
di capitoli da una legge all’altra, o modifiche del testo; tutti questi
fenomeni si ritrovano anche nei Basilici in modo molto simile a quello
attestato dal Codex Laurentianus,
senza che si possa affermare che quest’ultimo riproduce le novelle
così come contenute nei primi. Esso mostra ad ogni modo troppe tracce di
rielaborazione (di per sé interessanti, ma non sempre facili da
spiegare) per fornire un contributo decisivo alla ricostruzione della
Collezione.
Ne consegue che una delle testimonianze
più affidabili per il contenuto e l’ordine della Collezione (anche
se non, ovviamente, per il testo) è costituita dall’Epitome di
Teodoro, che ci è pervenuta mutila, ma per fortuna quasi completa, dato
che si interrompe con l’inizio della nov. 166 (in realtà, una forma di un prefetto del pretorio).
Inoltre, secondo recenti ricerche del Simon (in Fontes minores VII, 117 ss.) una testimonianza ancora più
affidabile, perché relativa ad uno stadio più antico, sarebbe
data dall’indice delle novelle contenute nei diversi titoli del Syntagma di Atanasio, che troviamo nel Cod. Athon. Meghistes Lauras 65 e che
mostra qualche divergenza rispetto alla coppia Codex Marcianus/Teodoro. Tutto ciò pone in evidenza le
difficoltà che hanno incontrato gli editori per ricostruire la Collezione
delle 168 Novelle.
Tralasciando le edizioni di età
rinascimentale, determinanti per la conoscenza delle novelle greche fino alla
seconda metà dell’Ottocento, quelle oggi a disposizione degli
studiosi sono soltanto due. La prima, curata da K.E. Zachariä von
Lingenthal, fu pubblicata dapprima in due volumi nella Collezione Teubneriana
(Lipsiae 1881) ed accresciuta tre anni dopo da un’appendice di
osservazioni critiche; una seconda appendice, uscita presso lo stesso editore nel
1891, conteneva invece la nuova edizione dell’Ed. XIII, con
l’aggiunta di una versione latina e di alcune note. Lo Zachariä,
informato della preparazione di un’edizione delle novelle a cura di R.
Schöll e non volendo rischiare di produrre un doppione, decise di
pubblicare tutte le costituzioni di Giustiniano di cui si aveva conoscenza e
che non fossero contenute nel Codice (con esclusione, quindi, di quelle di
Giustino II e di Tiberio II, così come degli editti dei prefetti del
pretorio), disponendole in ordine cronologico e riportando una sola volta
quelle geminate; inoltre, senza affiancare a quelle greche una traduzione
latina. Non si propose quindi di ricostruire la Collezione delle 168 Novelle
né separò queste ultime dai XIII Editti; per il testo greco si
basò essenzialmente sulla lezione del Codex Marcianus, per quello latino si servì delle edizioni
correnti: quella di G.E. Heimbach per l’Authenticum (1846-1851) e quella
di G. Hänel per l’Epitome Iuliani (1873). Delle sue annotazioni,
soprattutto in ordine alla data di ogni legge, tenne conto R. Schöll nella
propria edizione.
Quest’ultima è quella
più recente (fu pubblicata per la prima volta nel 1895; la quarta
edizione, curata ancora da W. Kroll, è del 1912, ma le modifiche
introdotte nel frattempo riguardano pressoché esclusivamente
l’introduzione) e quella ancora oggi correntemente usata; essa fu curata
quasi integralmente (fino alla nov. 163, p. 750,18) da R. Schöll e
completata dopo la sua morte da W. Kroll. È frutto di un lavoro immenso
di collazione dei manoscritti (non solo per il testo greco, ma anche per
l’Authenticum) e delle testimonianze, nonché di valutazione
critica di esse. Chi abbia la pazienza di percorrere le sue note troverà
una miniera di preziose informazioni, ma per la sua corretta utilizzazione
è necessario essere consapevoli di alcuni limiti.
A differenza di quella dello Zachariä,
essa infatti ha perseguito contemporaneamente quattro scopi: a) ricostruire la
Collezione delle 168 Novelle, inserendo per quelle latine il testo originale e
riportando all’interno della Collezione le novelle di Giustino II e di
Tiberio II, nonché gli editti dei praefecti
praetorio che ne facevano parte; b) affiancare al testo greco
l’antica traduzione dell’Authenticum, ove disponibile, o in
mancanza un’eventuale altra versione dell’epoca (ma ciò non
significa che l’edizione comprenda tutte le antiche traduzioni
latine conosciute, e tanto meno tutte le epitomi sparse); c) raccogliere, per
ciascuna novella, tutte le informazioni disponibili: ad es., in calce alla nov.
7 è riportata un’aggiunta ricavata non dal Codex Marcianus o da quello Laurentianus, ma dalla Collectio Ambrosiana (la già
citata raccolta contenuta nel Cod.
Ambros. L 49 sup., mutila, risalente forse al 545-546 e ricollegabile
più all’archetipo dell’Authenticum
che alla Collezione delle 168 Nov.); d) integrare la Collezione con
l’edizione dei XIII Editti e con un’appendice comprendente
costituzioni giustinianee pervenute da altre fonti (soprattutto le appendici
dell’Epitome Iuliani) e non riconducibili alla prima; in
quest’ottica sarebbe stato però utile inserire anche le poche
novelle di Giustino II e di Tiberio II pervenute fuori della Collezione, come
faceva già del resto l’edizione di Osenbrüggen.
Se tale complessa operazione è utile
allo studioso odierno perché gli permette di consultare in un unico
volume pressoché tutto (mancano infatti i due provvedimenti sul diritto
di asilo in Santa Sofia e nelle altre chiese, attribuiti a Giustiniano ma
giudicati spuri, pubblicati a p. XI e XIII della edizione delle Novelle curata
dallo Zachariä von Lingenthal) il materiale conosciuto alla fine
dell’Ottocento, essa impone cautela a colui che voglia avere
un’idea precisa di che cosa trovasse nella Collezione un suo lettore del
secolo VI.
Le novelle latine, ad esempio, sono di
solito quelle tramandate dall’Authenticum, e ad ogni modo non dalla tradizione
delle 168 Novelle (ovviamente, non era possibile scelta diversa, ma di questa
particolarità è necessario essere consci, tanto più che
l’Authenticum a volte riproduce un testo indirizzato ad un destinatario
diverso da quello dell’esemplare accolto fra le 168 Novelle); la nov.
Chi poi consulti questa edizione
perché è interessato all’Authenticum, lo trova ordinato secondo
i numeri delle 168 Novelle e non secondo quelli propri di tale raccolta
(inseriti peraltro a fianco); per farsi un’idea più precisa di
tale collezione dovrà quindi consultare la tabella di confronto collocata
nell’Index II in fondo al
volume. In definitiva, per un’indagine accurata su singole novelle e
sulla loro trasmissione è necessario rifarsi con attenzione ai sussidi
dell’edizione a stampa.
Le precedenti, pur sommarie indicazioni,
comportano differenti riflessi, sul piano metodologico, a seconda del tipo di
ricerca che coinvolga le novelle di Giustiniano e dei suoi immediati
successori. Chi sia interessato ad esse come punto di arrivo di un lungo
sviluppo storico o come espressione, sopra un determinato argomento, della
volontà del sovrano o della cultura giuridica della sua cancelleria
potrà probabilmente occuparsi delle raccolte che le contenevano solo dal
punto di vista della maggiore o minore affidabilità del testo, oppure
dell’individuazione del destinatario o di un’eventuale
pluralità di essi; chi invece, ad esempio, si ponga la domanda se la
nostra tradizione della normativa giustinianea sia ragionevolmente completa,
oppure chi desideri ricostruire la diffusione della conoscenza del diritto, o
di singole disposizioni, nel secolo VI non può sottrarsi al compito, per
ora piuttosto ingrato vista la scarsità di studi, di un’analisi
delle varie collezioni che ci hanno tramandato ciascuna legge.
Quanto alla prima questione, basteranno
pochi cenni: se è vero che la Collezione delle 168 Novelle è la
più completa fra quelle di cui abbiamo una relativamente buona
conoscenza, è anche vero che lo stesso manoscritto che ce l’ha
conservata nella forma meno parziale e manipolata (il Cod. Marcian. Gr. 179) riporta in calce ad essa una raccolta
integrativa comunemente nota come “i XIII Editti di Giustiniano”;
ora, di essi tre (Ed. I; V-VI) corrispondono a testi già presenti nella
Collezione, uno (Ed. III) era nelle raccolte utilizzate rispettivamente da
Giuliano e da Atanasio, ed uno (Ed. VIII) era conosciuto dall’Authenticum. Se anche dagli altri 8 ne
togliamo uno, e forse due (Ed. II e X) che potrebbero essere anteriori al 535,
e quindi non considerarsi “novelle” in senso stretto, restano
almeno sei leggi che non erano contenute in altre raccolte (a meno di non
accettare l’ipotesi, a cui si è già in precedenza
accennato, secondo la quale i cosiddetti “editti” potrebbero in
origine aver fatto parte della Collezione; essa incontra però numerose
difficoltà): fra essi due erano pragmaticae
concernenti i banchieri (Ed. VII e IX), due costituzioni relative
all’Egitto (Ed. XI e il famoso Ed. XIII, il cui cap. 24 è ora
anche attestato da P.Oxy. LXIII.4400),
uno (Ed. IV) disponeva la riforma amministrativa della Phoenicia Libanica, ed uno era una pragmatica, contenente
un’istruzione relativa all’Ellesponto ma estesa esplicitamente a
tutte le province. Ciò fa supporre che possa essere incompleta quanto
meno la nostra conoscenza delle leggi di riforma provinciale, così come
quella dei provvedimenti presi per gruppi particolari, o in relazione ad
espisodi singoli, anche se la loro portata fosse estesa ad altre situazioni o
addirittura in termini generali (si vedano del resto le testimonianze raccolte
nel primo volume dei Subsidia al Legum Iustiniani imperatoris vocabularium).
Ciò porta altresì a riflettere sul fatto che, se disposizioni
generali potessero essere contenute in provvedimenti che, per la forma e per
l’origine, si presentavano come particolari, può considerarsi
probabile che alcuni di questi ultimi ci siano sfuggiti.
Il secondo problema è, ovviamente,
ancora più complesso: se infatti possiamo essere ragionevolmente
fiduciosi che la normativa contenuta tanto in Giuliano, quanto nell’Authenticum e fra le “168
Novelle” avesse avuto generale diffusione, qualche dubbio può
nascere sui tempi di essa, posto che le ultime 6 novelle dell’Authenticum sembrano costituire
un’appendice aggiunta non prima del 556, e lo stesso vale per le ultime 7
di Giuliano, solo che qui l’incorporazione dovrebbe essere avvenuta entro
il 555 (naturalmente, però, il mancato inserimento in una collezione non
sempre è segno di mancata conoscenza, ma può essere dovuto a
carenza di interesse da parte dell’autore della medesima, o ad un certo
ritardo nell’aggiornamento dei testi didattici). Inoltre, il fatto che
alcuni provvedimenti non collocabili negli ultimi anni di Giustiniano (ad es.
le nov. 139; 151-152; 160; 165, e il numero aumenta ancora se consideriamo
anche l’Epitome di Atanasio come appartenente alla tradizione delle 168
novelle) siano attestati solo dalla Collezione delle 168 Novelle fa sorgere
giustificate perplessità sul fatto che essi avessero avuto diffusione generale
nell’impero prima che la Collezione citata diventasse la testimone
più conosciuta della legislazione novellare giustinianea.
Del resto, anche la comunicazione di una
stessa novella a differenti destinatari non pare essere sempre stata
contemporanea: il caso più clamoroso è quello della nov. 143, che
risulterebbe inviata ad un Areobindo (prefetto del pretorio d’Oriente nel
553, ma forse titolare di un’altra prefettura nel 563, se quella
orientale era attribuita a Leone) in gennaio e ad un Leone, (nov. 150: potrebbe
essere stato prefetto del pretorio d’Africa, d’Italia o
dell’Illirico nel 553, oppure d’Africa o dell’Illirico nel
563, ma nel dicembre di quell’anno un Leone è attestato come
prefetto del pretorio d’Oriente) in maggio o giugno, posto che si tratti
dello stesso anno (qui infatti l’anno stesso è controverso e
può oscillare fra il 543 o il 553 della prima e il 563 della seconda);
un altro esempio è quello della nov. 125, che sarebbe stata inviata a
Pietro, prefetto del pretorio d’Oriente, il 15 ottobre del 543 (secondo
le “168 Novelle”) ed a Gabriele, praefectus urbi, il 18 dicembre dello stesso anno (così
Authent. 116). Altri casi di comunicazione a diversi destinatari con sensibili
differenze di data sono quelli delle nov. 42; 127; 159. Pur ammettendo che gli
errori di data siano nella tradizione manoscritta particolarmente facili, resta
il fatto che un’importante attestazione dei ritardi nella comunicazione e
nella pubblicazione delle costituzioni è contenuta proprio in una
novella: la 66, del 1°.5.538. Essa (c. 1, §§ 2-3) espone la
vicenda della nov. 18, che fu redatta dapprima in greco, con la data del 1°
marzo 536, e indirizzata al prefetto del pretorio d’Oriente (Giovanni di
Cappadocia; questa data e il destinatario sono quelli univocamente attestati
per tutte le raccolte a noi note, ciò che dovrebbe fra l’altro
significare che in questo caso l’Authenticum riporta una traduzione dal
greco), poi anche in latino, con data 1° aprile e destinatario il prefetto
d’Africa Salomone. Ora, come attesta lo stesso imperatore, al testo greco
non fu data pubblicità finché non fosse pronto quello latino, ma
in realtà esso fu pubblicato nella capitale e spedito nelle province
solo in maggio. Tutto ciò mostra come l’ampiezza nella diffusione
della conoscenza di ciascuna novella, ed i tempi di essa, vadano vagliati caso
per caso con una certa cautela.
Si può ancora prospettare un
ulteriore problema metodologico: posta l’esistenza delle varie collezioni
private, ma l’assenza di una compilazione ufficiale, è lecito
considerare ogni novella (anche) come parte di un unico corpus legislativo, o ciascuna di esse va preferibilmente trattata
solo come un’individualità singola, il cui rapporto con le altre
costituzioni va accertato volta per volta? E, nel primo caso, fino a che punto
è lecito spingersi nell’argomentare con criteri sistematici?
Il problema è molto delicato e,
anche solo per impostarlo correttamente, richiederebbe uno studio preliminare
che non è possibile compiere in questa sede, nella quale si può
semplicemente richiamare qualche elemento utile. Anzitutto, non va dimenticato
il fatto che nelle varie raccolte ogni novella compariva con la propria data e
che v’era piena consapevolezza, almeno da parte degli interpreti dei
secoli VI-VII, che il contenuto di essa poteva essere stato in tutto o in parte
abrogato da una costituzione successiva. Con il passare del tempo, però,
alcuni degli elementi della data potevano deteriorarsi o andare perduti (come risulta
chiaramente dalla tradizione manoscritta pervenuta fino a noi) e quindi non
stupirebbe che l’aspetto sistematico potesse venire privilegiato rispetto
a quello cronologico: ad esempio, il fatto che verso la fine del sec. IX
l’Eisagoge (21.3-5) in tema di cause di scioglimento dei matrimoni
riporti disposizioni novellari giustinianee abrogate da altre successive
può essere dovuto a scelta consapevole degli autori, ma anche ad
informazioni imprecise sulla successione nel tempo di norme contenute in una
stessa raccolta.
Tornando al sec. VI, il fatto che delle
Novelle si operassero delle raccolte autonome (e non, ad esempio, nella forma
di appendici al Codice), con successive edizioni ampliate, sembra fornire un
indizio per la soluzione in senso positivo del problema posto, indizio che
acquista maggior peso se si considera che ad un certo punto il corpus novellarum divenne oggetto
d’insegnamento, come mostrano quanto meno l’epitome di Giuliano e
le annotazioni con questa collegate; tuttavia, in mancanza di studi più
approfonditi, si ha l’impressione che l’antecessor si sia limitato a sottolineare, nel testo (cfr., ad es.,
Iulian. Epit. 36.134; 36.161 e 163) o nelle note (soprattutto nei cosiddetti paratitla) i principali punti nei quali
novelle successive avevano innovato su quelle precedenti, senza spingere troppo
oltre lo sguardo d’insieme. Qualche maggiore spunto in questo senso si
può forse rinvenire nella summa
di Teodoro (cfr., ad es., Theod. 1.5; 2.6; 2.8), la quale, per ciascuna
novella, contiene rinvii sia al Codice, sia ad altre novelle precedenti o
successive; tuttavia anche il suo autore, mentre talvolta esplicita il senso
dei collegamenti, tentando di fornire per singole disposizioni un quadro
sistematicamente coerente, altre volte si limita a richiamare i testi invitando
semplicemente a leggerli. Né più esauriente al proposito risulta
il Syntagma di Atanasio, che è
bensì organizzato sistematicamente, ma senza spezzare le singole
costituzioni e senza tentare di comporne un testo aggiornato; tuttavia, proprio
da tale opera si può trarre un esempio abbastanza significativo per il
nostro discorso: in Athan. 9.2.2, infatti, il giurista appoggia la propria
interpretazione di nov. 18.3 (nel senso che essa abbia accresciuto la quota di
legittima anche a favore dei genitori) fra l’altro sopra
un’espressione usata nel testo della nov. 89.12.3 (p. 442, 4-5
Schöll-Kroll), in cui Giustiniano afferma di aver fissato in una legge la
quota di legittima per gli ascendenti; la norma indicata non potrebbe essere
che quella della nov. 18, perché il sovrano non avrebbe toccato tale
tema in nessun’altra sua costituzione. Vengono in rilievo due aspetti: da
un lato Atanasio fa credito alla cancelleria di assoluto rigore e coerenza,
dall’altro mostra di ritenere completa la raccolta delle Novelle di cui
si serve (dato che la precedente legislazione giustinianea era ormai
ufficialmente compresa nel Codice), al punto da poter argomentare e silentio.
Nondimeno, gli indizi ora esposti sono
tutti tratti da opere che, esponendo il dettato novellare in forma epitomata,
si prestavano più facilmente ad offrire di esso una visione organica.
Come si comportasse un giurista che di fronte a sé avesse semplicemente
Oltre ai manuali di storia delle fonti
giuridiche romane e bizantine (P. Krüger; L. Wenger; H. Hunger/P. Pieler;
N. van der Wal - J. Lokin; Sp. Troianos), opera fondamentale (anche se in
qualche punto superata) per le varie raccolte di novelle, la loro probabile
formazione, e in particolare
Fra la letteratura più recente si
vedano inoltre:
- per il Codice Laurenziano delle 168
Novelle:
N. van der Wal, La version florentine de la collection des 168 Novelles, in TR 49 (1981) 149 ss.;
- per l’Epitome
Iuliani:
D. Liebs, Die Jurisprudenz im spätantiken Italien (260-640 n. Chr.),
Berlin 1987, 220 ss.;
W. Kaiser, Die Epitome Iuliani. Beiträge zum römischen Recht im
frühen Mittelalter und zum byzantinischen Rechtsunterricht, Frankfurt
am Main 2004;
- per l’Authenticum:
G. Lanata, Le
novelle giustinianee e la traduzione dell’Authenticum, in Byzantion 49 (1979) 239 ss.;
F. Briguglio, Sull’origine
dell’“Authenticum”, in AG 219 (1999) 501 ss.;
- per la collezione delle novelle su cui si
basò Atanasio:
D.
Simon, Das Novellenexemplar des
Athanasios, in Fontes minores VII,
Frankfurt/M. 1986, 117 ss.
Fonti
Per il ritrovamento degli ultimi fogli del
Codice Laurenziano, strappati nel 1542-1544:
D. Simon, Handschriftenstudien
zur byzantinischen Rechtsgeschichte, in Byzantinische
Zeitschrift 71 (1978) 337 s.;
D. Holwerda, Zum neuentdeckten
Schlussteil der Florentiner Novellenhandschrift, in Novella Constitutio. Studies
in Honour of Nicolaas van der Wal (Subseciva Groningana IV),
Groningae 1990, 99 ss.
Per accenni, o testi, di costituzioni
giustinianee riferiti in papiri o iscrizioni:
Le
costituzioni giustinianee nei papiri e nelle epigrafi, 2ª ediz. a cura di M. Amelotti - L. Migliardi Zingale
(Legum Iustiniani Imperatoris Vocabularium – Subsidia I), Milano 1985;
Nuovi
testi epigrafici e altri Addenda et Corrigenda ai Subsidia I-III, a cura di L. Migliardi Zingale, in Scritti
apocrifi di Giustiniano, a cura di A.M. Demicheli
(Legum Iustin. Imp. Vocab. – Subsidia IV), Torino 1994, 181 ss.;
D. Feissel, Un rescrit de
Justinien découvert à Didymes (1er avril 533), in Chiron 34 (2004) 285 ss.
Per la pubblicazione di nuove fonti, o di
nuove edizioni, relative alle novelle giustinianee o a loro epitomi negli ultimi
trent’anni, cfr.:
D. Simon – Sp. Troianos – G. Weiss, Zum griechischen Novellenindex des Iulian, in Fontes minores II, Frankfurt/M. 1977, 1 ss.;
D. Simon – Sp. Troianos, Die
Epitome zum Novellensyntagma des Athanasios, in Fontes minores III, Frankfurt/M. 1979, 280 ss.;
A. Schminck – D. Simon, Eine Synopsis der Novellen Justinians,
in Fontes minores IV, Frankfurt/M.
1981, 218 ss.;
J. Konidaris, Die Epitome einer justinianischer Novelle aus dem Patmiacus
L. Migliardi
Zingale, Il manoscritto greco τῆς
παναγίας
Καμαριωτίσσης
175 e Nov. Iust.
W. Kaiser, Authentizität
und Geltung spätantiker Kaisergesetze. Studien zu den “Sacra
privilegia concilii Vizaceni”, München 2007, 37 s. (nuova edizione di Nov. App. II-III);
371 ss. (nuova ediz. di nov. 6, secondo il testo greco della Collectio Ambrosiana); 393 ss. e 401 ss.
(prima edizione critica di un’antica traduzione latina della stessa
novella e, rispettivamente, di una versione accorciata e rielaborata di essa).