SULL’ACQUISIZIONE DELLA CAPACITÀ DI AGIRE
NEL DIRITTO MEDIEVALE SERBO
Università di Novi Sad
Nella carta del re serbo Stefan Uroš Milutin
(1282-1321), promulgata a favore del monastero di Santo Stefano in Banjska[1]
fra il 1313 e il 1318, tra altro leggiamo:
A sirota koja ima mala sina, da si drži
vse selo, dogde jej sin podraste (La povera vedova che ha un figlio piccolo
detiene tutto il villaggio, finché il suo figlio non sia cresciuto)[2].
Il senso della disposizione è chiaro: è
proibito a un minorenne di usare e di disporre del suo patrimonio finché
egli non sia cresciuto (podraste),
oppure, secondo la terminologia del diritto moderno, finché egli, non
avendo raggiunto la maggiore età, non abbia la capacità
d’agire. Quando accadeva ciò il diritto medievale serbo prescriveva
il raggiungimento di tale età affinché una persona fisica, agendo
per proprio conto, potesse stipulare atti giuridici. Attraverso le fonti giuridiche
serbe, sfortunatamente, non siamo in grado di sapere quando esattamente un
minorenne raggiungesse la capacità d’agire. Neanche le fonti
agiografiche dicono di più, ma da una lettura più attenta di esse
qualcosa si può ricavare. Così, ad esempio, Stefan “Primo
Incoronato” (Stefan Prvovenčani) nella Vita di San Simeone[3],
scrive che quando Nemanja divenne ragazzo ricevette in eredità la parte
della sua patria che si chiama Toplica, Ibar e Rasina e le cosiddette Reke (vazrastšu že jemu do otročini
i prijemšu čest otečestvija svojego rekomuju Toplicu, Ibar
že i Rasinui glagolemie Reki)[4].
Una notizia simile si trova in un’altra biografia di Nemanja, scritta dal
monaco Domentian: Quando [Nemanja] raggiunse l’età di un ragazzo,
fu unito in matrimonio e ricevette in eredità una parte della sua patria, la zona orientale (dospevši že jemu do reda junoškoga, i k zakonomu braku
sčetati, i dana bist jemu čest otečestva jego vstočna
strana...)[5]. Nella Vita di Santo Sabba[6], redatta dal monaco Teodosio, leggiamo:
Quando [Sabba] giunse all’età
di diciassette anni, i suoi genitori pensarono di ammogliarlo secondo la legge (Letou že zi-tnou prišedšou vzrasta ego, roditelia
že ego poučasta se braku zakonomu pričetati)[7].
Sulla base dei dati citati delle agiografie, T.
Taranovski[8]
ha concluso che l’età maggiore in Serbia medievale si acquistasse
nell’intervallo compreso tra i quindici e i diciassette anni di
età. Tale regola, secondo lo studioso, non era applicabile solo al
principe e alla sua famiglia, ma a tutta la popolazione, perché essa si
accordava alle disposizioni del diritto consuetudinario serbo[9].
Comunque è difficile ritenere che le regole sulla maggiore età
che si applicavano alla famiglia reale fossero le stesse in vigore per la
rimanente popolazione, in considerazione della influenza che il diritto
greco-romano aveva nella Serbia medievale. Secondo le disposizioni del diritto
romano, l’imperatore era escluso da tutte le restrizioni personali
imposte dal diritto privato, anche dalle norme che esigevano
un’età determinata in modo che egli potesse avere la
dignità imperiale dalla più tenera infanzia[10].
Il raggiungimento della maggiore età, in alcuni Stati medievali,
avveniva in momenti diversi a seconda che si trattasse del ceto privilegiato
(la nobiltà) o delle altre classi sociali[11].
Dobbiamo notare che, nel frammento sopra citato,
Domentian dice che Nemanja ricevette in eredità la sua parte di Stato
quando era maturo per la vita coniugale. Ciò significa che la maggiore
età poteva coincidere con la età richiesta per la stipulazione
del matrimonio che, secondo le regole del diritto romano e bizantino, era di
dodici anni per il genere femminile e di quattordici per il genere maschile?[12]
Dal momento che le fonti giuridiche serbe non permettono
di sapere quando esattamente si acquistasse la capacità d’agire,
tenteremo di trovare la soluzione con l’analisi di disposizioni del
diritto romano e bizantino.
Il diritto romano distingue i vari gradi della
capacità d’agire, prima di tutto con riguardo
all’età. I bambini (infantes),
che ancora non sono in grado di parlare (qui
fari non possunt), e i bambini che possono parlare ma che sono ancora
troppo piccoli (infanti proximi),
sono privi della capacità d’agire. Con riferimento ad essi, il
giureconsulto romano Gaio dice: Nam
infans et qui infanti proximus est non multum a furioso differt, quia huius
aetatis pupili nullum intellectum habent[13]. Un limite preciso di età massima
per rientrare in questa categoria non era fissato, ma secondo alcuni dati delle
fonti si può concludere che esso fosse di sette anni[14].
A una seconda categoria – impuberes infantia maiores – appartengono i bambini dal
settimo fino al quattordicesimo (per le ragazze fino al dodicesimo) anno di
età. Essi possono stipulare i negozi giuridici con un incremento del
proprio patrimonio (per esempio, ricevere in donazione), mentre per altri
negozi giuridici sono obbligati solo se il tutore con il suo assenso formale (auctoritatis interpositio) abbia
partecipato alla stipulazione del negozio.
La capacità d’agire completa si acquista con
l’inizio della maturità della quale Gaio dice: Puberem autem Sabinus quidem et Cassius ceterique
nostri praeceptores eum esse putant, qui habitu corporis pubertatem ostendit,
id est eum qui generare potest; sed in his qui pubescere non possunt, quales
sunt spadones, eam aetatem esse spectandam, cuius aetatis puberes fiunt; sed
divarsae scholae auctores annis putant pubertatem aestimandam, id est eum
puberem esse existimant qui XIIII annos explevit[15]. Per le donne era previsto che
acquistassero la maturità completa con il dodicesimo anno, ciò
che all’epoca di Giustiniano viene confermato[16].
Però, già nel II secolo avanti Cristo, fu emanata la cosiddetta Legge Laetoria (lex Laetoria, secondo alcuni autori Lex Plaetoria), che aveva previsto l’azione contro le persone
che avessero frodato qualcuno di età compresa fra i quattordici e i venticinque
anni (cosiddetti puberes minores
vigintiquinque annis). In pratica, in questo modo, si introduceva una
regola secondo cui le persone fisiche acquistavano la completa capacità
d’agire (perfecta aetas) con i
venticinque anni; con il conseguimento dei venticinque anni di età, le
persone erano esonerate, in relazione alla stipulazione di negozi giuridici, da
tutte le limitazioni che erano imposte per le persone sottoposte a tutela (tutela) o a curatela (cura)]. Nel diritto postclassico la
posizione giuridica degli impuberi (impuberes)
e dei minori (minores) fu via via
livellata e con il termine minor furono
considerate non solo le persone tra quattordici e venticinque anni, ma anche
tutte le persone più giovani di venticinque anni. Al tempo di Costantino,
alcune persone, su loro richiesta, ottenevano al compimento dei venti anni la
cosiddetta venia aetatis, cioè
la piena capacità d’agire. Si trattava, spesse volte, delle
persone, elette alle cariche magistratuali, le quali erano sottratte alla cura
al semplice complimento dei venticinque anni][17].
Il diritto bizantino, con poche trascurabili differenze
rispetto al diritto romano[18],
recepisce il sistema romano di prevedere diversi stadi di età in
funzione della acquisizione della capacità d’agire, e questo
sistema si trova anche nelle traduzioni serbe delle compilazioni giuridiche
bizantine. Così, per esempio, nell’articolo 1 della cosiddetta
“Legge di Giustiniano”[19],
si prevede semplicemente l’età di venticinque anni per
l’acquisto della capacità d’agire piena, senza dare alcuna
altra spiegazione (ašte budet
človek vrstom 25 let)[20].
Però, nel Syntagma di Matteo
Blastares, una compilazione giuridica bizantina dell’anno 1335, che fu
tradotta nella Serbia medievale probabilmente su ordine dello stesso imperatore
Stefan Dušan (verso il 1348), troviamo una previsione dettagliata dei
diversi stadi di età, come stabilito nel diritto romano. Il testo si
trova nel capitolo E - 33, con il
titolo O mladih i nedorastših (Degli infanti e degli impuberi). Il frammento,
nella antica lingua serba, è il seguente: Mladim bo ubo pristavnici dajut se, nedorastšim že pečalovnici.
I mladii ubo sut mužesk pol iže 14-tih let menši, mlade že
ženski pol, eže menjše 12-ih let; nedorastši že
iže, mladenčnii vazrast prevezšdše, menšii že dvanadesete
i pet let, ljubo mužesk pol sut, ljubo žensk[21]. Il frammento citato mostra che il
diritto bizantino distingue tre periodi nella vita delle persone fisiche.
L’uomo fino al raggiungimento dei quattordici anni di età e la
donna fino al raggiungimento dei dodici anni di età sono considerati
minorenni (mladii, άνηβοι)
e privi della capacità d’agire. Per loro, sono previsti dei tutori
(pristavnici, έπίτροποι),
i quali in loro nome compiono attività giuridica. Le persone dopo i
dodici anni di età, precisamente fra il quattordicesimo e il
venticinquesimo anno di età, si chiamano impuberi (nedorastši, άφήλικες).
Queste persone dispongono di una capacità di agire limitata, nel senso
che possono compiere attività giuridica solo con l’adesione del
curatore (pečalovnici, κουράτορες).
La capacità d’agire piena, allora, si acquista con il compimento
del venticinquesimo anno, sia per le persone di genere maschile, sia per le
persone di genere femminile.
Però, sulla base di un altro frammento del Syntagma di Matteo Blastares (capitolo B - 8) sappiamo che l’acquisto
della maggiore età non avveniva immediatamente dopo il compito del
venticinquesimo anno. Nel frammento con il titolo O pristavnice (Del tutore)[22],
tra altro, si può leggere: Razdrešejet
že se pristavlienije 30-tnoe leto; 20 bo i 5 let sut vazvraštenija,
četiri ustamenienija, i načelo 30-tnago leta abije vlast pristavnika
razdrešajet se... (Una persona
è sottratta all’autorità del curatore al raggiungimento dei
trenta anni di età. Venticinque anni sono necessari per crescere e
quattro per l’acquisto [di tutti diritti] e agli inizi dei trenta anni è completamente libera)[23].
Come vediamo, venticinque anni di vita erano assolutamente necessari per il
raggiungimento della maggiore età (vazvraštenija,
ένηλικιώσεως),
mentre ancora quattro anni erano richiesti per l’acquisto (ustamenienija, άποκαταστάσεως)
di tutti diritti, cioè per la piena capacità d’agire; in
tal modo, una persona fisica, appena agli inizi dei trenta anni era completamente
libera dall’autorità del curatore.
È possibile che un sistema così complicato
e particolareggiato, in merito all’acquisto della capacità
d’agire, fosse applicato nella Serbia medioevale[24],
oppure il sistema era preso dalle compilazioni giuridiche bizantine allo scopo
di accrescere la fama dell’Impero di Stefan Dušan? Visto il silenzio
delle fonti e senza volerci avventurare in congetture, indichiamo solo un
fatto: le disposizioni sui minori, sugli impuberi e sulla maggiore età
non sono riportate nel Syntagma Abbreviata,
il quale, con il Codice di Stefan Dušan e con la cosiddetta
“Legge di Giustiniano” faceva un Codex tripartitus. Ciò significa che i redattori del Syntagma Abbreviata consideravano che le
disposizioni citate non avessero un valore pratico nella vita quotidiana serba,
perché la maggiore età si determinava in accordo con il conseguimento
della maturità necessaria alla vita coniugale. Rimarrà, quindi,
probabilmente ignoto per sempre se la capacità d’agire e la
maturità necessaria alla vita coniugale avvenivano nello stesso periodo
della vita umana.
[2] S. Novaković,
Zakonski spomenici srpskih država
srednjega veka, Beograd 1912,
627; A. Solovjev, Odabrani spomenici srpskog prava (od XII do
XV veka), Beograd 1926, 95.
[3] Si tratta del principe serbo Stefan Nemanjić
(1196-1228), secondo figlio e successore di Stefan Nemanja (1164-1196),
fondatore della dinastia medievale serba. Fino all’anno 1217, Stefan
Nemanjić, come il suo padre, aveva il titolo di Grande Župan (Veliki
Župan, Μέγας
ζουπανος, Megaiupanus, Magnus iupanus,
Magnus comes), quando ricevette la corona reale di papa Honorio III e divenne
il primo re serbo. Nella tradizione serba Stefan è conosciuto come Prvovenčani (Primo Incoronato). Il
re Stefan è famoso anche come scrittore; scrisse la biografia di suo
padre sotto il titolo La Vita di San
Simeone (Simeone era il nome monastico di Nemanja, assunto quando cedette
il e si ritirò nel monastero di Hilandar (nella Montagna Santa in
Grecia).
[4] Stefan Prvovenčani, Sabrani spisi, prevod Lj. Juhas-Georgijevska, izdanje na
srpsko-slovenskom T. Jovanović, Srpska
književna zadruga, kolo XCII, knjiga 608, Beograd 1999, 20-21. Per designare la “età di un
ragazzo”, il nostro autore usa il termine do otročini. La parola otrok, oppure detišt, designava,
secondo quanto riportato in un vecchio manoscritto serbo, l’età
tra i quindici e i ventidue anni. Questa era la terza delle sette epoche in
cui, secondo lo stesso testo, si divide la vita umana. V. Đ. Sp. Radojičić,
“Sedam činova” drame ljudskog života prema
Šekspiru i starim srpskim rukopisima, Tvorci i dela stare srpske
književnosti, Titograd 1963,
349-352.
[5] Domentijan, Život
Svetoga Save i život Svetoga Simeona, prevod L. Mirković, Stara
srpska književnost, knjiga četvrta, Beograd 1988, p. 239. Il testo è in lingua serba antica,
secondo l’edizione di Đ.
Daničić, Život
Svetoga Simeuna i Svetoga Save, Beograd
1865, 4. Le parole del testo originale do
reda junošska, sono state
tradotte in lingua moderna serba da L. Mirković do mladićkog reda (età di un giovanotto), sebbene
l’espressione junoša, secondo il manoscritto già
citato nel trattato di Đ. Radojičić (v. nota 4), designi
l’età tra ventitré e quarantaquattro anni, cioè la
quarta della sette parti in cui si articola la vita umana. L’espressione junoša è stata usata anche
da Stefan Prvovenčani (Stefan Primo Incoronato), Sabrani spisi, pp. 20-21,
per suo padre, parlando dell’incontro di Stefan Nemanja con
l’imperatore bizantino Manuele Comnino. Se accettassimo la cronologia
proposta da V. Ćorović,
Pitanje o hronologiji u delima Sv. Save,
Godišnjica Nikole Čupića
49 (1940), 50, 54, questo incontro accadde nel 1162, quando Nemanja aveva
47 o 48 anni. Cfr. J. Kalić,
Srpski veliki župan u borbi s
Vizantijom, in Istorija srpskog
naroda, knjiga prva, 197-211, specialmente 208-209.
[6] Sabba era il nome monastico di Rastko Nemanjić,
terzo figlio di Stefan Nemanja e primo arcivescovo della chiesa autocefala serba.
[7] Teodosije, Žitije
Svetog Save, preveo L. Mirković, prevod redigovao D. Bogdanović, Srpska književna zadruga, kolo LXXVII,
knjiga 510, Beograd 1984, 8. Il
testo è in lingua serba antica secondo l’edizione Teodosije
Hilandarac, Život Svetoga Save,
izdanje Đure Daničića priredio i predgovor napisao
Đorđe Trifunović, Beograd 1973, 6.
[8] Teodor Taranovski (1875-1936), storico del diritto, di
padre russo e madre polacca. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre si
trasferì a Belgrado, dove fu professore presso la Facoltà di
Giurisprudenza (1920-1936). Scrisse, fino a oggi, la migliore storia del diritto
medievale serbo.
[9] T. Taranovski,
Istorija srpskog prava u nemanjićkoj
državi, III deo, Istorija građanskog prava, Beograd 1934, 6 = Klasici
jugoslovenskog prava, knjiga 12, Beograd
1996, 529.
[11] Per esempio, nella Inghilterra medievale i figli di un
nobile acquistavano la maggiore età per la appartenenza alla cavalleria
al ventunesimo anno, e i figli di un contadino al quattordicesimo anno di
età.
[12] Procheiron IV.3,
ed. J. et P. Zepos, Ius graecoromanum, vol. II, Athenis 1931 (reprint Aalen 1962), 125;
Zakonopravilo ili Nomokanon Svetoga Save,
Ilovički prepis 1262. godina Fototipija, priredio M. Petrović, Gornji Milanovac 1991, 270 b.
[14] Le indicazioni si possono trovare in una costituzione
del 17 marzo 407, promulgata in nome degli imperatori Arcadio, Onorio e
Teodosio II, e inviata al prefetto del pretorio Antemio (C.Th. VIII.18.8).
[16] C.I. V.60.3: Indecoram
observationem in examinanda marum pubertate resecantes iubemus: quemadmodum
feminae post impletos duodecim annos omnimodo pubescere iudicantur, ita et
mares post excessum quattuordecim annorum puberes existimentur, indagatione
corporis inhonesta cessante. La costituzione è emanata l’8
aprile 529.
[17] C.Th. II.17.1: Omnes
adulescentes, qui honestate morum praediti paternam frugem vel maiorum
patrimonia urbana vel rustica conversatione rectius gubernare cupiunt et
imperiali auxilio indigere coeperint, ita demum aetatis veniam impetrare
audeant, cum vicessimi anni clause aetas adulescentiae patefacere sibi ianuam
coeperit... in alienatione praediorum ius tantum legitimae aetatis optinebunt,
quantum per annorum dimensiones ac temporum leges et natura singulis quibusque
deferre consuevit.
[18] La divergenza si trova in Ecloga II, 1, nella disposizione che stabilisce l’età
di stipulazione del matrimonio, cioè quindici anni per gli uomini e
tredici anni per le ragazze:
Συνίσταται
γάμος
χριστιανω̃ν,
είτε έγγράφως
είτε άγραφως,
μεταξὺ
άνδρὸς καὶ
γυναικὸς του̃
είναι τὴν
ήλικίαν πρὸς
συνάφειαν
ήρμοσμένην,
του̃ μὲν
άνδρὸς άπὸ
πεντεκαιδεκαετου̃ς
χρόνου, τη̃ς
δὲ γυναικὸς
άπὸ
τρισκαιδεκαετου̃ς
χρόνου... Ed. L. Burgmann, Ecloga, das Gesetzbuch Leons III und Konstantinos’ V, Forschungen
zur byzantinischen Rechtsgeschichte, Band 10, Frankfurt am Main 1983, 170.
[19] Si tratta di una compilazione del diritto bizantino di
soli 33 articoli, che fu tradotta in Serbia durante il trecento. Come fonte, la
legge ha preso in massima parte dalle disposizioni della Legge agraria (Νόμος
γεωργικός) dell’VIII secolo.
Non è chiaro perché si chiami “La legge di
Giustiniano”, dal momento che non è collegata con il famoso imperatore.
[20] Ed. A. Solovjev,
Zakonodavstvo Stefana Dušana cara
Srba i Grka, Beograd 1928, 236 = Klasici jugoslovenskog prava, knjiga 16, Beograd 1998, 540.
[21] Ed. S.
Novaković, Matije Vlastara
Sintagmat, Beograd 1907, 308.
Nell’edizione greca non esiste l’iscrizione precedente, però
il testo con il titolo Περὶ
έπιτρόπων καὶ
κουρατόρων (O pristavniceh i pečalovniceh, Dei
tutori e curatori) semplicemente continua con il seguente:
τοι̃ς μὲν
γὰρ άνήβοις
έπίτροποι
δίδονται,
τοι̃ς δέ
άφήλιξι
κουράτορες.
Καὶ άνηβοι
μέν έισιν
άρρενες, οί
τω̃ν ιδ’
ήττους έτω̃ν˙
άνηβοι δὲ θήλειαι,
αί ήττους τω̃ν
ιβ’ έτω̃ν˙
άφήλικες δὲ,
οί τὴν ήβην
ύπεραναβάντες,
ήττους δὲ
τω̃ν κε’ έτω̃ν, κάν
άρρενες, ω̃σι,
κάν θήλειαι. Edizione G. A. Ralles – M. Potles,
Μαθαίου του̃
Βλαστάρεως
Σύνταγμα κατὰ
Στοιχει̃ον, Athenai 1859,
293-294.
[22] Nell’edizione greca si trova il titolo
Περὶ
έπιτρόπου καὶ
ὰφηλίκων (Del tutore e dell’impubere) Ed. Ralles – Potles, 139.
[23] Edizione Novaković,
144-145. Il testo greco è il seguente:
Λύεται δὲ ή
έπιτροπὴ τόν
τριακοστὸν χρόνον˙
πέντε γὰρ
καὶ είκοσι
χρόνοι είσι
τη̃ς
ένηλικιώσεως,
καὶ τέσσαρες
τη̃ς άποκαταστάσεως,
καὶ τη̃ άρχη̃
του̃
τριακοστου̃
χρόνου αύτίκα
ή ένοχή του̃
έπιτρόπου
λύεται. Ed. Ralles
- Potles, 139. Matteo Blastares e il suo traduttore serbo confondono
tutela e curatela. Nel frammento precedentemente citato si dice che a un
minorenne si assegna il tutore
(έπίτροπος, pristavnik), mentre le persone sopra i dodici anni, cioè dai
quattordici anni, si affidano al curatore
(κουράτορες, pečalovnici). In questo frammento
si usano i termini έπίτροπος e pristavnik per l’individuo che si
affianca alle persone di età compresa tra i venticinque e i trenta anni.
Si tratta qui, senza dubbio, dei curatori e non dei tutori.