ds_gen N. 6 – 2007 – Contributi

 

ComenaleLA LIMITAZIONE RISARCITORIA NEL PROGETTO DI CONVENZIONE UNCITRAL SUL TRASPORTO MARITTIMO DI MERCI(*)

 

Michele M. Comenale Pinto

Università di Sassari

 

 

 

1.– La previsione di limiti qualitativi e quantitativi alla risarcibilità dei danni che possano derivare dalla responsabilità vettoriale[1] assume particolare rilievo fra i parametri di cui tenere conto nella valutazione del bilanciamento degli interessi delle parti nella convenzione di diritto uniforme in materia di trasporto[2]. Questo schema è seguito anche dal Progetto di cui oggi ci occupiamo[3]. Sulla limitazione risarcitoria, nel Progetto, è stato redatto specificamente il capitolo 13, che contempla gli articoli da 62 a 64. Si tratta, in effetti, di una deroga non secondaria agli ordinari criteri di allocazione della responsabilità sul debitore, così come, del resto, lo è in generale il regime di responsabilità vettoriale, anche in questo Progetto, sia pure in maniera meno evidente di quanto lo fosse nelle Regole dell'Aja, od in quelle dell'Aja-Visby[4].

 

 

2.– Occorre peraltro osservare come il campo di applicazione della Convenzione di cui oggi ci occupiamo, non relegato alla sola modalità marittima[5], accompagnato dall’adozione di un sistema di responsabilità «a rete», sia pur con qualche correttivo[6], apre una serie di problematiche in ordine alla determinazione del limite risarcitorio da applicare in concreto, che non erano del resto sconosciute anche ad altre discipline unimodali che contengono previsioni relative alle tratte con modalità diversa da quella principale, per dare un'almeno parziale risposta ad alcune fra le più rilevanti problematiche giuridiche connesse alle odierne tecniche di trasporto, prendendo così in qualche modo atto dell'insuccesso registrato dai tentativi di adottare una disciplina generale dei trasporti multimodali[7]. Si è a suo tempo esattamente osservato come l’applicazione effettiva di tali schemi legali sia in concreto condizionata alla prova della collocazione dell’accadimento che ha determinato il danno in una specifica tratta del percorso[8]; incidentalmente è da aggiungere come le moderne tecniche di trasporto implichino, frequentemente, il ricorso all'unitizzazione dei carichi[9], che, a loro volta dà luogo ad una serie di problematiche fra cui anche alcune certamente non secondarie in materia di limiti risarcitori applicabili. La giurisprudenza, all'inizio, si è trovata a dover dare soluzione a tali questioni, in assenza di previsioni specifiche nell'ambito del codice della navigazione o del testo originario della Convenzione di Bruxelles del 1924, in un contesto in cui non era nemmeno pacifica la nozione di «colis ou unité» alla quale era parametrata la limitazione[10].

 

 

3.– Peraltro, allorché ci si misura con il trasporto marittimo, occorre tenere conto delle possibili conseguenze della concomitanza dei regimi di responsabilità vettoriale con quelli di limitazione dei crediti marittimi, ribadita espressamente dall'art. 85 del Progetto in esame. Per quanto concerne in particolare il nostro ordinamento, è pacifico che il vettore che sia anche armatore possa avvalersi della limitazione ex art. 275 c. nav.[11]. Non mi sembra sia contestabile la tendenziale convergenza degli effetti delle limitazioni quantitative e di quelle qualitative del risarcimento del danno: il creditore del risarcimento ottiene meno di quello che otterrebbe alla stregua dei criteri generali di risarcimento. Così, ad esempio, i criteri qualitativi posti dall'art. 22 del Progetto, salvo contenere comunque un rinvio alla disciplina del limite risarcitorio, fanno riferimento al valore della merce nel luogo nel tempo della consegna, secondo una linea seguita anche nei precedenti testi chiamati a disciplinare il trasporto marittimo di merci[12]. È vero che nulla è innovato sul punto specifico, ma è altresì vero che, alla stregua di una siffatta formulazione, risultano esclusi dall'ambito del danno risarcibile una serie di voci che potrebbero viceversa essere considerate alla stregua dei criteri generali di risarcimento del danno[13]. Va sottolineato come, diversamente dalle limitazioni risarcitorie di cui ci occupiamo, tali compressioni dell'area del danno risarcibile non siano eludibili attraverso la prova di una condotta del vettore o di chi il vettore sia chiamato a rispondere suscettibile di un giudizio di particolare disvalore, come quello previsto all'art. 64 del Progetto di cui ci stiamo occupando (e su cui occorrerà tornare più specificamente).

Questioni analoghe di compressione delle tutele altrimenti accordabili alla stregua del diritto interno sono connesse poi ad una lettura, a mio avviso non condivisibile, delle norme di chiusura dei sistemi di limitazione e di imputazione risarcitoria — finalizzati ad ostacolare la loro elusione attraverso il ricorso a meccanismi di responsabilità extracontrattuale, ma letti più ampiamente (di quello che a mio avviso dovrebbero) come previsione di una supposta esclusività dell'azione[14] — di contenuto analogo a quella che, nella convenzione in esame, è posta dall'art. 4 (corrispondente all'art. IV bis delle Regole dell'Aja-Visby e all'art. 7 delle Regole di Amburgo). Va osservato come l'estensione (operata dall'art. 19 del Progetto in esame) di limiti ed eccezioni in favore di ogni «maritime perfoming party» appaia formulata in maniera più ampia di quanto non lo fosse nei precedenti testi di diritto uniforme il richiamo a dipendenti e preposti: sembra in effetti tale da comprendere comunque anche i contraenti indipendenti, che erano invece espressamente esclusi della nozione dei «servant or agent» beneficiari degli esoneri e limiti contemplati dall'art. IV bis delle Regole dell'Aja-Visby[15]. D'altronde, anche nel Progetto in esame, la responsabilità, pur solidale, del vettore e di ogni «maritime perfoming party», comunque non può nel suo complesso dar luogo al superamento del limite risarcitorio attraverso la proposizione di azioni contro i diversi soggetti che possono essere chiamati a rispondere (art. 20 del Progetto).

Va sottolineato come il limite risarcitorio, se anche non diviene invalicabile in termini analoghi a quelli che si sono riscontrati in altre recenti discipline di diritto uniforme, appare comunque considerevolmente rafforzato rispetto a quanto era previsto sia nelle Regole dell'Aja-Visby che in quelle di Amburgo: in effetti, l'art. 64 del Progetto in esame (sia nel § 1, che contempla i danni che derivano dalle obbligazioni che ricadono sul vettore, sia nel § 2 che riguarda i danni da ritardo) precisa che nella decadenza dal beneficio della limitazione incorre chi abbia posto in essere personalmente le condotte da esso stigmatizzate: esso sembra così non chiamare a rispondere illimitatamente il vettore per tali condotte, che siano state poste in essere dai soggetti che abbiano operato per suo conto. La definizione della condotta oggetto del giudizio di disvalore tale da determinare la decadenza dal beneficio della limitazione si uniforma al concetto di colpa temeraria e consapevole, già rinvenibile nelle Regole dell'Aja-Visby ed in quelle di Amburgo[16].

 

 

4.– Per quanto concerne specificamente l'art. 22 del Progetto da cui siamo traendo spunto, si potrebbe essere indotti ad una sua lettura (ed a quella delle norme di diritto uniforme che ne costituiscono il precedente) tale da escludere risarcimento del danno per lucro cessante; incidentalmente deve dirsi che la formula sostanzialmente analoga per individuare i criteri di risarcibilità del danno nel trasporto recata nell'art. 1696 c. civ. non ha impedito il formarsi di un indirizzo giurisprudenziale che ammette il risarcimento a carico del vettore del danno per lucro cessante, nei limiti (ex art. 1223 c. civ.) in cui esso costituisca conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento[17].

D'altra parte, la determinazione dei parametri comuni della quantificazione del danno è uno degli elementi rispetto ai quali maggiormente si avverte l'esigenza di addivenire ad un corpo di regole uniformi; con la limitazione quantitativa del risarcimento, essa può potenzialmente contribuire a comprimere il contenzioso che possa derivare dal trasporto e, in definitiva, a ridurre i costi economici connessi a tale ordine di frangenti. È anche vero però che un limite particolarmente irragionevole, piuttosto che a ridurre il contenzioso, finisce per alimentarlo, nella ricerca di una via per la sua elusione.

 

 

5.– Occorre preliminarmente dire che, a prescindere da quelli che saranno gli sviluppi nella formulazione delle norme che qui ci interessano, l'incognita forse più considerevole nel tentativo di proporre un commento del Draft su questo specifico punto deriva dalla mancata quantificazione dei livelli risarcitori massimi previsti dalla futura Convenzione. Sul quantum nulla appare deciso, al di là della sua generale commisurazione in diritti speciali di prelievo come definiti dal Fondo monetario internazionale (art. 62, § 4), con soluzione conforme a quella seguita da tutti i testi di diritto uniforme che contemplano limitazioni risarcitorie, adottati dopo che è venuto meno il valore ufficiale dell'oro[18]. Mi sembra che, realisticamente, possa soltanto prendersi atto di tale specifica soluzione, che è comune a tutti gli strumenti di diritto uniforme dell'ultimo ventennio che contemplano limiti risarcitori, senza che abbia senso, a questo punto, ripercorrere il dibattito sull'opportunità di avvalersi di tale unità di conto, piuttosto che di quelle ancorate al valore dell'oro, in particolare dopo che ne è venuta meno la quotazione ufficiale. Il danno (da lucro cessante) conseguente al ritardo è invece destinato ad essere parametrato al livello del nolo (art. 63), sia pure entro il plafond del risarcimento previsto dall'art. 62, con soluzione analoga (per quanto concerne la soluzione della parametrazione al nolo) a quella a suo tempo adottata dall'art. 6, § 1, lett. b, delle Regole di Amburgo. Tuttavia, non è nemmeno certo quale debba essere il rapporto fra livello del nolo e livello del limite da ritardo. Secondo la tendenza che sembra essere emersa come prevalente nei lavori del Working Group, peraltro, sarebbe eccessivo il riferimento a due volte e mezzo il livello del nolo, ed il livello del risarcimento massimo per ritardo dovrebbe essere contenuto entro una volta il valore del nolo.

 

 

6.– Al di là di quelle che possono essere le (non incontrovertibili) considerazioni sulla funzione economica delle limitazione risarcitorie, e sulla loro giustificazione razionale, va osservato come la loro capacità di resistere, sia sotto il profilo della loro legittimità rispetto a norme di rango costituzionale, sia contro la loro elusione, attraverso l'affermazione giurisprudenziale della ricorrenza di ipotesi che comportino la decadenza del vettore dal relativo beneficio, sembra in gran parte collegata alla loro adeguatezza in termini monetari. Certamente, è meno tollerata una limitazione inadeguata che riguardi il risarcimento di un danno alla persona, rispetto a quella che concerna un danno alle merci. La riprova di questa affermazione è data in maniera ineluttabile dalla storica decisione della Corte costituzionale italiana n. 132 del 1985[19], che ha nettamente evidenziato il rilievo dell'«adeguatezza per il ristoro del danno»[20] e da tutta l'evoluzione che ne è seguita nella disciplina del trasporto aereo, in particolare rispetto ai danni alla persona del passeggero, non più assoggettati ad alcun limite monetario dalla  Convenzione di Montreal del 1999. Tuttavia, mano a mano che i limiti risarcitori sono stati avvertiti come inadeguati anche per il trasporto di merci, si è dovuta registrare anche rispetto ad essi una sempre maggiore insofferenza della giurisprudenza. Al di là dell'adesione alle tesi oggettive, o a quelle soggettive, per quanto riguardava la configurazione dell'ipotesi di superamento del limite risarcitorio anche nel trasporto di merci nell'ambito del sistema della Convenzione di Varsavia, il decorso del tempo, e la perdita di valore delle monete in cui il limite era in concreto parametrato, ha fatto sì che sempre più frequentemente in concreto la giurisprudenza ritenesse integrata la condotta che determinava la decadenza del vettore dal limite[21]. E restando al parallelo con il trasporto aereo, la soluzione escogitata a livello di diritto uniforme per impedire l'elusione attraverso questa strada del limite risarcitorio nel trasporto di merci, è stata quella di prevedere l'invalicabilità del limite (accompagnata ad un regime di imputazione della responsabilità che circoscrive le ipotesi di esonero per il vettore), prima nel IV Protocollo di Montreal del 1975, e poi nella convenzione di Montreal del 1999[22], seguendo così una strada che era stata prospettata anche con riferimento al risarcimento del danno per morte o lesioni personali subite dai passeggeri, con il mai entrato in vigore Protocollo di Guatemala City del 1971[23]. Considerazioni di carattere analogo possono essere proposte rispetto al trasporto marittimo di merci. Proprio rispetto alle limitazioni monetarie in materia di trasporto marittimo di merci (con linea ispirata alla giurisprudenza formatasi prima della seconda guerra mondiale sul testo originario delle Regole dell'Aja), si è a lungo sostenuta la loro legittimità facendo riferimento alla possibilità lasciata caricatore di non essere assoggettato ad esse, rendendo una dichiarazione di valore delle merci trasportate[24].  A questo riguardo, la vicenda più significativa mi sembra essere quella che ha riguardato l'applicazione dell'art. 423 del codice della navigazione italiano, la cui formulazione ricalcava quella della norma in materia di determinazione del limite recata dal testo originario delle Regole dell'Aja. Nella giurisprudenza di legittimità era consolidato l'indirizzo che escludeva la decadenza del vettore dal beneficio del limite, anche di fronte a colpa grave o dolo[25]. Anche la Corte costituzionale (che pure poco prima si era pronunziata per l'illegittimità della limitazione risarcitoria del vettore aereo di persone, con la ricordata decisione n. 132 del 1985), con la sentenza n. 401 del 1987[26] aveva affermato che si trattasse comunque di un regime che garantiva il sostanziale equilibrio delle prestazioni, implicito nel libero gioco della domanda e dell'offerta del servizio. Né migliore sorte avevano avuto altre questioni di legittimità costituzionale dello stesso art. 423, ritenute manifestamente inammissibili[27] o comunque rigettate[28]. Si è dovuta attendere la decisione n. 199 del 2005 per veder dichiarare da parte della Corte costituzionale l'illegittimità dell'art. 423 del codice della navigazione, nella parte in cui non prevedeva la decadenza del vettore dal beneficio della limitazione, neanche in caso di dolo o colpa grave, sull'assunto di una ingiustificata discriminazione rispetto alla disciplina posta dal legislatore nazionale per la responsabilità vettoriale nelle altre modalità di trasporto[29]. Al di là della miglior formulazione tecnica della questione di legittimità costituzionale[30] (che, sia detto incidentalmente, postulava la concezione unitaria del contratto di trasporto e del diritto dei trasporti[31]), non mi sembra del tutto infondato il dubbio che sull'accoglimento da parte della Corte costituzionale un qualche rilievo non secondario possa aver assunto anche il malessere sociale ingenerato da una limitazione invero piuttosto inconsistente, che per di più si vedeva applicare frequentemente proprio agli utenti non professionali che meno di altri erano di fatto in grado di prevenire le conseguenze negative di tale limitazione, in particolare attraverso lo strumento della dichiarazione di valore, di cui la precedente decisione n. 401 del 1987 aveva accentuato in maniera eccessiva il preteso ruolo equilibratore[32]. In effetti, molta della casistica giurisprudenziale che negava il superamento del limite risarcitorio si riferiva a vetture al seguito di passeggeri del trasporto marittimo, rispetto alle quali, secondo un consolidato indirizzo, non potrebbe applicarsi la disciplina del bagaglio, in quanto non si tratterebbe di cose al seguito per le esigenze del viaggio, e si dovrebbe viceversa ricorrersi alla disciplina del trasporto di cose, che sarebbe configurabile nella specie, sia pur collegato al contratto di passaggio marittimo[33].

 

 

7.– Le considerazioni circa la (non allo stato acclarata né acclarabile) adeguatezza del risarcimento si accompagna anche alla constatazione che la procedura di revisione (sia pure ispirata a quella prevista dalla corrispondente norma di cui all'art. 33 della convenzione di Amburgo e comunque semplificata rispetto a quella di carattere generale prevista dall'art. 98) dettata specificamente per i limiti dall'art. 99 appare comunque più complessa dei meccanismi di adeguamento semi-automatici dei livelli risarcitori previsti da altri testi di diritto uniforme in vigore in materia di navigazione e trasporti[34]. In effetti, l'art. 99 in questione prevede che, sulla base di una proposta formulata da un certo numero di Stati contraenti (che, secondo l'indirizzo che appare prevalente dovrebbe essere non inferiore ad un quarto), l'Organizzazione depositaria dovrebbe far circolare una proposta di emendamento e convocare le riunione di un comitato composto da un rappresentante per ciascuno degli Stati contraenti, nell'ambito del quale le decisioni verrebbero adottate con la maggioranza dei due terzi dei membri presenti e votanti[35]. Mi sembra particolarmente significativo il confronto con le meno complesse procedure di adeguamento dei limiti risarcitori previste nella recente Convenzione di Montreal nel 1999 sull'unificazione di alcune regole in materia di trasporto aereo: ai sensi dell'art. 24, § 1, di tale ultima Convenzione, il depositario è chiamato, ad aggiornare i limiti ad intervalli di cinque anni. Inoltre, il § 2 dello stesso art. 24 della Convenzione di Montreal prevede una procedura straordinaria di revisione dei limiti anche nel corso del quinquennio, con una procedura più complessa di quella ordinaria contemplata dal § 1, ma comunque più snella di quella prevista dall'art. 99 della bozza in esame.

 

 

8.– L'art. 62 prevede un duplice limite risarcitorio in favore del vettore, per le responsabilità che possono derivare dalla violazione delle regole poste nella futura convenzione, parametrato, alternativamente ai colli od unità di carico, ovvero i chilogrammi di peso della merce rispetto alla quale viene proposta l'azione, seguendo la via introdotta dai precedenti testi di diritto uniforme in materia di trasporto marittimo di merci, fin dal Protocollo di Bruxelles del 1968, con la previsione dell'applicabilità del limite più favorevole per l'avente diritto a carico[36]. E come nei precedenti testi di diritto uniforme in materia di trasporto marittimo di merci, è fatta salva la possibilità che il caricatore renda una dichiarazione di valore, che tuttavia deve essere inserita nella documentazione del trasporto (diversamente da quanto previsto nell'art. 423 del codice della navigazione italiano, che si limita a prevedere il carattere unilaterale della dichiarazione di valore da parte del caricatore, da rendersi anteriormente all'imbarco, è pacificamente intesa come di carattere recettizio). Accanto a questa possibilità, il § 1 dell'art. 62 conserva (analogamente all'art. 4, § 5, della Convenzione di Bruxelles) una previsione in ordine alla determinazione convenzionale di un limite più elevato fra le parti del contratto di trasporto; com'è stato già rilevato da eminenti commentatori con riferimento alla bozza del 2001[37], non appare condivisibile la carenza di simmetria di quest'ultima previsione, rispetto a quella relativa alla dichiarazione di valore unilaterale da parte del caricatore, dato che per essa non è prevista la menzione nella documentazione del trasporto. A dire il vero, non sembra infondato il dubbio che tale disciplina, più che rispondere ad esigenze effettive e diffuse dei traffici marittimi, costituisca il residuo di un ossequio alla tradizione: in effetti, nel mondo dei traffici mercantili, a quanto consta, è più diffuso (in quanto economicamente più soddisfacente) il ricorso alle coperture assicurative[38] che, oltre tutto, possono offrire una garanzia anche rispetto alle ipotesi che corrispondono all'area di irresponsabilità del vettore: una dichiarazione unilaterale del valore della merce da parte del caricatore, come l'accordo speciale per l'elevazione del limite, comunque non copre i danni di cui il vettore non sia chiamato a rispondere[39].

 

 

9.– Il § 2 del medesimo art. 62 tocca uno degli aspetti più delicati, in considerazione del fatto che la futura convenzione è chiamata a disciplinare trasporti di merci che possano contemplare tratte non marittime, che possono in astratto essere assoggettati ad un regime di responsabilità che non contempli un limite risarcitorio, ovvero che contempli un limite risarcitorio diverso rispetto a quello previsto per il trasporto marittimo. Rispetto a tale possibilità, il § 2, in entrambe le formulazioni alternative, prevede che nell'ipotesi in cui il vettore non possa dare la prova della tratta in cui il danno si sia verificato, debba comunque applicarsi il regime di limitazione che comporti il risarcimento più elevato. Si tratta, evidentemente, di un parziale intervento correttivo rispetto al sistema di «responsabilità a rete» postulato dall'art. 26 della bozza di convenzione, che è stato peraltro oggetto delle (non condivisibili) resistenze di gruppi di pressione facenti capo ad una parte del mondo dello shipping, secondo i quali una siffatta previsione avrebbe potuto tradursi in un elemento di remora all'assunzione di trasporti multimodali da parte dei vettori marittimi. In realtà, appare del tutto coerente con i principi generali che l’«onere della prova circa l’individuazione, sotto il profilo spaziale, della causa del danno» debba gravare sul vettore, come colui che ha «interesse a tale individuazione per invocare esoneri o limitazioni di responsabilità»[40]. Su tali presupposti, sembra pienamente condivisibile la conclusione che il vettore debba sopportare le conseguenze del mancato assolvimento di tale onere probatorio[41]. D'altra parte, è da ricordare come in giurisprudenza si sia comunque formato un indirizzo di disfavore verso il vettore per quanto concerne il danno non localizzato, anche nei trasporti unimodali, ritenendo che l'incapacità da parte del vettore di individuare le modalità ed i tempi di produzione del danno integrasse la colpa grave come causa di decadenza dal beneficio del limite risarcitorio, in quanto elemento sintomatico di una non adeguata organizzazione[42].

Semmai, mi sembra che debba esprimersi qualche più fondata preoccupazione per l'ampliamento e la generalizzazione di regimi di limitazione risarcitoria, con livelli risarcitori estremamente poco soddisfacenti per gli interessati al carico: a questo riguardo pare sufficiente menzionare, a livello di disciplina italiana di diritto interno, la vicenda dell'introduzione di un regime di limitazione risarcitoria a favore del vettore nella disciplina del trasporto del codice civile (art. 1696, ult. co., c. civ.) in coincidenza con l'abbandono della disciplina delle tariffe a forcella, nell'ambito della quale era prevista una limitazione risarcitoria circoscritta all'ambito del solo trasporto stradale[43].  La preoccupazione è motivata anche dalla tendenza fin qui prevalentemente seguita dalla giurisprudenza italiana a ritenere assorbita nella disciplina del trasporto recata dal codice civile ogni ipotesi di trasporto non strettamente unimodale, con esclusione dell’applicazione, in particolare, dei regimi di diritto uniforme del trasporto marittimo ed aereo[44] e, in alcuni casi, anche disattendendo le previsioni espresse che, nella convenzioni in ipotesi applicabili, sono chiamate a disciplinare i trasporti combinati[45], o i c.d. trasporti accessori[46] (ovvero quelli con una tratta non omogenea rispetto alla modalità di trasporto prevalente)[47]. Certamente, nella misura in cui il Progetto in esame venisse a concretizzarsi in un regime di diritto uniforme vigente, che fosse correttamente interpretato, il margine per l'applicazione della limitazione ex art. 1696, ult. co., c. civ., sarebbe ridotto.

Il § 3 dell'art. 62 riguarda l'applicabilità del limite rispetto alle merci containerizzate, pallettizzate o similmente unitizzate: si tratta di una disposizione analoga a quella recata dall'art. 4, § 5, lett. c, delle Regole dell'Aja-Visby, ovvero dall'art. 5, § 2, lett. a, delle Regole di Amburgo: ove nella documentazione del trasporto manchi una menzione una numerazione specifica dei singoli colli così unitizzati, il container, pallet o simile si considera come un'unica unità di carico[48]. Non è invece riprodotta la previsione analoga a quella della lettera b dell'art. 6 delle Regole di Amburgo, circa la possibilità di considerare come unità di carico distinta (a prescindere dalle merci ivi contenute) il container, pallet o simile strumento di unitizzazione, ove non sia fornito dal vettore.

 

 

10.– In conclusione, sembra che il nuovo regime di diritto uniforme, per quanto concerne la limitazione risarcitoria, a prescindere dalle considerazioni legate alla mancata quantificazione del suo valore effettivo, presenti comunque più di un aspetto in cui sembra tenere gli interessi degli aventi diritto al carico in minor conto non soltanto delle Regole di Amburgo, ma anche delle Regole dell'Aja-Visby.

 

 



 

(*) Relazione svolta al Convegno di Ravenna del 29-30 giugno 2007 presso la presso la Sala Cavalcoli della Camera di Commercio nell'ambito del Master Trasporti e Logistica della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bologna.

 

[1] Si vedano, in generale le considerazioni di M. Riguzzi, La responsabilità limitata del vettore marittimo di merci, Milano, 1993, 2 ss. e (sebbene non riferite al contesto del trasporto per acqua) quelle di G. Silingardi, L’istituto del limite risarcitorio nella disciplina uniforme sul trasporto di cose aereo, su strada e per ferrovia, in Dir. trasp. I/1989, 45. Sulle ragioni del ricorso alle limitazioni nel diritto della navigazione, v. E. Spasiano, Il fondamento logico del principio limitativo della responsabilità armatoriale, in Riv. dir. nav. 1943-1948, I, 125.

 

[2] Di particolare interesse sul punto è l'avvertita analisi (che pure trae spunto specifico dalla disciplina del trasporto aereo di merci) di E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose – Riflessioni sul nuovo regime legale, Milano, 2007, 64 ss.

 

[3] Va evidenziato come lo schema in questione sia costantemente seguito dai testi di diritto uniforme in materia di trasporto, con la parziale eccezione della recente Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, che non contempla limiti per i danni alla persona dei passeggeri (rectius, contempla un limite applicabile rispetto al meccanismo di imputazione più rigorosa, ma non esclude che il vettore possa essere chiamato a rispondere del danno ulteriore sulla base di un regime di imputazione che gli consente un più ampio margine di prova liberatoria: su tale doppio binario di imputazione, v. M. M. Comenale Pinto, La responsabilità del vettore aereo dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla Convenzione di Montreal del 1999, in Riv. dir. comm. 2002, 67, 102. Tuttavia, la medesima Convenzione, come si avrà modo di ricordare nel prosieguo, segue ben altra via proprio per la responsabilità del vettore aereo di merci.

 

[4] La funzione di soluzione di compromesso dell'introduzione di un limite monetario per ciascun collo rispetto alla prassi delle clausole di esonero generalizzate nei traffici marittimi è sottolineata (con riferimento alla genesi della Convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizza di carico) da F. Bonelli, Il limite del debito del vettore marittimo, in Dir. maritt., 1996, 541, 543. Sul processo di formazione della prima disciplina uniforme del trasporto marittimo di merci, v. anche M. J. Sturley, The history of the Hague Rules and the United States Carriage of goods by sea Act, in ivi, 1991, 3. Per un raffronto fra Convenzione di Bruxelles del 1924 e Convenzione di Amburgo del 1978, v. P. Bonassies, La responsabilité du transporteur maritime dans les Regles de La Haye et dans les Règles de Hambourg, in Dir. maritt., 1989, 949. Sui riflessi negativi per la posizione del creditore delle previsioni di limitazione che impediscono un suo completo ristoro, pur in un regime di imputazione più rigorosi che non nel trasporto marittimo, v. da ultimo E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose, cit., 128.

 

[5] Cfr. M. Brignardello, Il trasporto multimodale, in Dir. maritt., 2006, 1064, 1074.

 

[6] Circa la distinzione fra sistemi di responsabilità «unificati» e sistemi di responsabilità «a rete», nonché sulle possibili soluzioni intermedie, v. G. Silingardi - A. Lana, Il trasporto multimodale, Roma, 1994, 28 ss.; da ultimo: A. Borruso, Il contratto di trasporto intermodale e la responsabilità dell'OTM, in N.L.C.C. 2006, 284; A. La Mattina, La responsabilità del vettore multimodale: profili ricostruttivi e de iure condendo, in Dir. maritt. 2005, 3, 24 ss.

 

[7] In effetti la Convenzione di Ginevra del 24 maggio 1980 non ha raggiunto le condizioni previste per la sua entrata in vigore, ed è così restata aperta, in particolare, la questione della disciplina della responsabilità dell'operatore del trasporto multimodale (OTM). La prassi del commercio internazionale ha adottato regole e documenti dedicati al trasporto multimodale (UNCTAD/ICC Rules for Multimodal transport documents; FIATA Combined Transport Bill of Lading; BIMCO Multimodal Transport Bill of Lading – Multidoc 95): cfr. M. Orione, Appunti per uno studio sul trasporto multimodale, in Dir. maritt., 1996, 648.

 

[8] G. Righetti, Trattato di diritto marittimo, II, Milano, 1990, 185 s.

 

[9] Tale unitizzazione viene operata mediante i cosiddetti «container» ed i «pallet». V. in generale G. Righetti Giorgio, Containers, in Digesto disc. privatistiche, sez comm., III, Torino, 1988, 464; A. Antonini, Vecchi e nuovi spunti solutivi dei problemi giuridici del trasporto a mezzo container, in Dir. maritt., 1997, 3.

 

[10] Cfr. M. Riguzzi, La responsabilità limitata del vettore marittimo di merci, cit., 87 ss.

 

[11] V. per tutti F. Berlingieri, Armatore ed esercente, in Dig. comm., I, Torino, 1987, 225, 236; E. Spasiano, Rapporto fra la limitazione del debito del vettore e la limitazione globale della responsabilità, in Dir. maritt., 1986, 593, 596. Il medesimo problema si pone, del resto, anche nel trasporto di persone. A seguito dell’incidente del Moby Prince, del 10 aprile 1991, che cagionò la morte di centoquaranta persone, fra equipaggio e passeggeri, l’armatore (e vettore) rinunziò ad avvalersi della limitazione, che avrebbe in astratto potuto invocare, verosimilmente per non compromettere la propria immagine commerciale: per riferimenti alla vicenda E. Vincenzini, Due esperienze professionali in tema di limitazione di responsabilità dell’armatore e del terminal operator, ne Il limite risarcitorio nell’ordinamento dei trasporti. Profili sistematici e problematiche attuali (atti del Convegno di Modena del 2 - 3 aprile 1993), Milano, 1994, Milano, 1994, 337, 338.

 

[12] V. per tutti S. M. Carbone, Contratto di trasporto marittimo di cose, Milano, 1998, 281 ss.

 

[13] Particolarmente dibattute sono le questioni connesse all'esclusione di alcune voci di danno, pur riconoscibili alla stregua del diritto interno che fosse chiamato a disciplinare la medesima fattispecie, che sono espressamente formulate o rilevate in via di interpretazione, nell'ambito della disciplina uniforme del trasporto aereo. Così, ad esempio, la recente convenzione di Montreal del 1999 esclude espressamente la possibilità di riconoscere «non compensatory damages», mentre in via interpretativa, tanto nella Convenzione di Varsavia del 1929 che nella Convenzione di Montreal del 1999, si è ritenuto non vi fosse spazio per la risarcibilità del «pure emotional distress»: cfr. J. Hermida, The New Montreal Convention: The International Passenger’s Perspective - One airline’s merit is another passenger’s shortcoming, in Air & Sp. Law 2001, 150, 153; P. Mendes De Leon – W. Eyskens, The Montreal Convention: Analysis of Some Aspects of the Attempted Modernization and Consolidation of the Warsaw System, in J. Air L. & Com. 66 (2001), 1155, 1167.

 

[14] La questione è stata oggetto di esame particolarmente approfondito con riferimento alle previsioni di analogo contenuto delle convenzioni di diritto uniforme in materia di trasporto aereo (in particolare l'art. 29 della Convenzione di Montreal del 1999 e l'art. 24 della Convenzione di Montreal del 1929), v. (anche per ulteriori riferimenti) E. G. Rosafio, In tema di ammissibilità di azioni risarcitorie da parte del passeggero al di fuori della Convenzione di Varsavia (nota a El Al Israel Airlines, Ltd. v. Tsui Yuan Tseng), in Dir. trasp. 2000, 222.

 

[15] La previsione dell'estensione dell'esonero a dipendenti e preposti deriva dalla prassi commerciale marittima che vedeva l'inserimento nei formulari di trasporto marittimo di clausole che sono conosciute come «Hymalaia», dal caso che aveva evidenziato l'esigenza della loro introduzione: v. amplius G. Romanelli, Principi comuni nelle convenzioni internazionali in materia di trasporto, relazione al Convegno di Genova (22 - 23 gennaio 1999) per il centenario della rivista «Il diritto marittimo», in Dir. mar., 1999, 197, 208; G. Righetti, Trasporto e deposito, in Dir. maritt. 1991, 66, 81. Circa l'esclusione dei contraenti indipendenti dall'estensione dei limiti invocabili anche da dipendenti e preposti nell'ambito del trasporto marittimo, v. J. Donaldson, Servants and Agents, relazione al Seminario di Buenos Aires ottobre 1980, in Dir. maritt., 1983, 209, 211, nonché F. Bonelli, Il limite del debito del vettore marittimo, in Dir. maritt., 1986, 541, 554.

 

[16] Sull'impiego della nozione nei testi di diritto uniforme sul trasporto marittimo oggi vigenti, cfr. A. Seriaux, La faute du transporteur, Paris, 1998, 256 ss.; A. Zampone, La condotta temeraria e consapevole nel diritto uniforme dei trasporti, Padova, 1999, 32 ss.

 

[17] Cass. 27 ottobre 1998, n. 10692 (che si riferiva ad un trasporto marittimo di merci), in Dir. maritt., 2000, 505, con nota di M. Lopez de Gonzalo, Parametri oggettivi e soggettivi per la determinazione del danno risarcibile nel trasporto marittimo di cose ; Cass. 28 ottobre 1980, n. 5793.

 

[18] Cfr. (con riferimento specifico al Protocollo del 1979 di emendamento della Convenzione di Bruxelles del 1924), F. Berlingieri, Limite del debito del vettore: modalità di calcolo, in Dir. maritt. 1986, 556, 564. Nei primi strumenti di dritto uniforme che contemplavano limiti risarcitori, la commisurazione di questi ultimi era riferita al valore dell'oro. A seguito della decisione degli Stati Uniti (annunziata dall'allora Presidente Nixon il 15 agosto 1971) di sospendere la convertibilità del dollaro in oro (v. in generale T. Treves, La crisi monetaria del 1971 ed il diritto internazionale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1972, 1366, 1368 ss.) si pose il problema dell'individuazione di un criterio per la conversione in moneta nazionale dei limiti in questione. Nelle revisioni di tali convenzioni di diritto uniforme (su cui v. G. Silingardi, L'istituto del limite risarcitorio nella disciplina uniforme del trasporto di cose aereo, su strada e per ferrovia, cit., 50; Id., L'istituto del limite risarcitorio: controllo di costituzionalità ed autonomia delle parti, in Dir. trasp., 1992, 345, 392), in luogo dei riferimenti aurei, si è fatto ricorso alla nuova unità di conto adottata dal Sistema monetario internazionale, il diritto speciale di prelievo.

Questione particolarmente dibattuta nella letteratura giuridica appare quella dell'idoneità del nuovo criterio di commisurazione a garantire un adeguato valore del risarcimento: v. per tutti, nel senso che sia preferibile il riferimento all'oro, piuttosto che al D.S.P., E. du Pontavice, À la recherche d'une unité de compte universelle pour les Conventions de droit privé sur la responsabilité, in Ann. dr. mar. aér., 1982, 33. V. anche, in diversa prospettiva, le considerazioni di considerazioni di R. Tranquilli Leali, Vantaggi ed eventuali correttivi dei limiti espressi in diritti speciali di prelievo, in Aa. Vv., Il limite risarcitorio nell’ordinamento dei trasporti, cit., 321.

 

[19] C. cost., 6 maggio 1985, n. 132, in Giust. civ. 1985, I, 2456, con nota di M. Grigoli, Luci ed ombre della sentenza della Corte Costituzionale sulla parziale illegittimità delle leggi di esecuzione della Convenzione di Varsavia e del protocollo dell' Aja, relativi al trasporto aereo internazionale, oppure in Giur. it., 1986, I, 1, 340, nonché in Dir.maritt., 1985, 751 e in Foro it., 1985, I, 1586. Per una sintesi ragionata della questione, v. G. Silingardi, L'istituto del limite risarcitorio: controllo di costituzionalità ed autonomia delle parti, cit., 345

 

[20] Cfr. § 6 della motivazione.

 

[21] Al riguardo, come è noto, si sono contrapposte, infatti, due diverse interpretazioni: di queste, una, c.d. «oggettiva», che, facendo riferimento in astratto a quelle che dovrebbero essere le conoscenze e la condotta richiesta ad un vettore (e ad un preposto) diligente, qualifica come condotta temeraria e consapevole quella che diverge da un tale standard; l'altra c.d. «soggettiva» postula un riferimento a quella che in concreto sia stata la rappresentazione della realtà e la volizione del soggetto agente. Da un punto di vista teorico, la seconda impostazione (minoritaria) comporta un onere probatorio più gravoso a carico del danneggiato. V. per tutti E. du Pontavice, L'interpretation des Conventions internationales portant loi uniforme dans les rapports internationaux (A propos de la Convention relative au transport aérien international signée à Varsovie en 1929), in A.A.S.L., 1982, 3, 8

 

[22] Cfr. G Romanelli, Diritto uniforme dei trasporti e Convenzione di Montreal, ne Il nuovo diritto aeronautico - In ricordo di Gabriele Silingardi, Milano, 2002, 581, 588; F. Berlingieri, Il trasporto di merci nella Convenzione di Montreal del 1999 sul trasporto aereo internazionale – Ambito temporale di applicazione della disciplina uniforme e disciplina della responsabilità del vettore, ivi, 616, 627.

 

[23] Sul quale, v. in generale G. Rinaldi Baccelli, Analisi critica del Protocollo di Guatemala 1971, in Dir. aereo, 1971, 181.

 

[24] Contro tale impostazione erano state espresse autorevoli perplessità, in considerazione, fra l'altro del diverso potere negoziale degli utenti (e degli utenti non professionali in particolare) rispetto a quello dei vettori: G. Romanelli, La limitazione nella giurisprudenza costituzionale, in Aa.Vv., Il limite risarcitorio nell'ordinamento dei trasporti, cit., 27, ivi 39

 

[25] Cass. 23 aprile 1969, n. 1278, in Riv. dir. nav., 1970, II, 202, con nota di L. Tullio, Confini dell’applicabilità della limitazione del vettore; Cass. 27 aprile 1984 n. 2643, n. 2643, in Dir. maritt., 1984, 864 e in Assic., 1985, II, 2, 10, con nota di Ferrarini, Alcune considerazioni sulla limitazione del debito del vettore marittimo).

 

[26] C. cost. 19 novembre 1987 n. 401, in Giust. civ., 1988, I, 327, nonché in Dir. maritt., 1988, 59, con nota di F. Berlingieri, Legittimità costituzionale dell’art. 423 cod. nav.; in Dir. trasp., II/1988, 196, con nota critica di M. M. Comenale Pinto, Brevi considerazioni sul limite del debito del vettore marittimo e sulla sua legittimità costituzionale.

 

[27] C. cost., ord., 10 gennaio 1991, n. 8, in Dir. maritt., 1991, 334, con nota di F. Berlingieri, Il limite del debito del vettore secondo il codice della navigazione e la Convenzione di Bruxelles a raffronto, nonché in Dir. trasp., 1992 , 485, con nota di L. Tullio, L'agevole esplicazione della dichiarazione di valore come presupposto della valutazione di costituzionalità dell'art. 423 cod. nav.

 

[28] C. cost. 14 marzo 2003 n. 71, in Dir. maritt., 2004, 88, con nota di C. Medina, Ancora sulla costituzionalità del limite del debito risarcitorio del vettore marittimo, ivi, 89.

 

[29] In Giust. civ., 2005, I, 1721, nonché in Dir. maritt., 2005, 481; in Foro it., 2005, 2263, con nota di F. Palmieri, In tema di trasporto marittimo, e in Dir. tur. 2005, 364, con nota di M. M. Comenale Pinto, L’epilogo della querelle sulla rilevanza di dolo e colpa grave nella limitazione del vettore marittimo di cose. V. anche i commenti di G. Pescatore, Spunti sulla disciplina del limite di responsabilità del vettore marittimo, in Foro it., 2005, 2264, e di M. Grigoli, Sulla parziale illegittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 423 c. nav., in Giust. civ., 2006, I, 271.

 

[30] Cass., ord. 8 aprile 2003, n. 5514, in Dir. maritt., 2005, 522.

 

[31] Mi sembra un'evidente applicazione della tesi dell'unitarietà, secondo la lezione di Gustavo Romanelli (sviluppata a suo tempo nel fondamentale saggio Diritto aereo, diritto della navigazione e diritto dei trasporti, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1975, 1331). Si tratta di un punto di vista che ho già avuto modo di esprimere (M. M. Comenale Pinto, L'epilogo della querelle sulla rilevanza di dolo e colpa grave nella limitazione del vettore marittimo di cose, cit., 372) non condiviso da S. Busti, Contratto di trasporto terrestre, Milano, 2007, 1021, sub nota 400.

 

[32] E comunque deve incidentalmente esprimersi la condivisione dei seri dubbi espressi circa la rispondenza ai criteri indicati dalla Corte costituzionale, con la ricordata decisione 199 del 2005, di interventi del legislatore nazionale volti ad introdurre limiti invalicabili a favore del vettore nel nostro ordinamento interno, come quelli che risultano dalla nuova disciplina del trasporto aereo, a seguito della riforma della parte aeronautica del codice della navigazione, con il richiamo, nell’art. 951 n.s., alla disciplina di diritto uniforme: cfr. E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose, cit., 159.

 

[33] v. Cass. 19 ottobre 1982, n. 5409, in Giust. civ., 1983, I, 131, con nota conforme di M. Grigoli, Sulla determinazione del limite del debito del vettore marittimo di cose; Trib. Napoli 12 luglio 1988, in Giur. mer., 1989, 1141; Trib. Genova 22 marzo 1986, in Dir. maritt., 1987, 97; App. Palermo 14 aprile 1984, in Riv. giur. circ. trasp., 1985, 359.

 

[34] Sui problemi che comporta la mancata previsione in sede legislativa, nei sistemi di limitazione risarcitoria, di un soddisfacente meccanismo di adeguamento dei valori monetari, v. G. Silingardi, L’istituto del limite risarcitorio: controllo di costituzionalità ed autonomia delle parti, cit., 393 In generale sulla possibilità che agli organi di un'organizzazione internazionale possa essere conferito il «potere di emettere atti direttamente vincolanti per gli Stati partecipanti all'organizzazione», v. .S. Bariatti, L'interpretazione delle convenzioni internazionali di diritto uniforme, cit., 9 ss.

 

[35] L'esigenza di garantire un meccanismo efficiente di adeguamento dei limiti risarcitori nelle convenzioni di diritto uniforme era stata a suo tempo autorevolmente evidenziata in dottrina da G. Romanelli, (relazione all'International Conference on Current Issues in Maritime Transportation, Genova, 22 giugno 1992), in Dir. maritt., 1992, 1036, 1045; sui problemi che comporta la mancata previsione in sede legislativa, nei sistemi di limitazione risarcitoria, di un soddisfacente meccanismo di adeguamento dei valori monetari, v. Silingardi, L’istituto del limite risarcitorio: controllo di costituzionalità ed autonomia delle parti, cit., 393

 

[36] Sulla portata innovativa di tale previsione e sul rilievo che questa è venuta ad assumere, v. M. Riguzzi, La responsabilità limitata del vettore marittimo di merci, cit., 78 ss.; F. Berlingieri, La disciplina della responsabilità del vettore di cose, Milano, s.d. (ma 1978) 157 s.

 

[37] F. Berlingieri - S. Zunarelli, Il draft instrument on transport law del CMI, in Dir. maritt., 2001, 3, 42.

 

[38] Cfr. G. Romanelli, Autonomia privata e norme inderogabili in materia di trasporti, in Dir. trasp., 1998, 1, 15; M.M. Comenale Pinto, In tema di agevole esplicazione della dichiarazione di valore, in atti del Convegno Il limite risarcitorio nell’ordinamento dei trasporti, cit., 209, ivi 209 - 210 e ulteriori riferimenti in nota 1.

 

[39] Deve tuttavia darsi atto della posizione critica assunta da attenta dottrina rispetto all'omessa previsione della dichiarazione di valore nell'ambito delle Regole di Amburgo: cfr. M. Riguzzi, La responsabilità limitata del vettore marittimo di merci, cit., 180.

 

[40] In questi termini, espressamente, G. Righetti, Trattato di diritto marittimo, II, cit., 186, riferendosi in generale ai trasporti caratterizzati da plurimodalità.

 

[41] Nel senso che si tratti di uno dei (pochi) miglioramenti della tutela dell'utente rispetti alle stesure precedenti, v. S. Zunarelli, Elementi di novità e di continuità della regolamentazione della responsabilità del vettore marittimo di cose nell’attività del gruppo di lavoro dell’UNCITRAL, in Dir. maritt. 2006, 1022, ivi, 1025.

 

[42]Con riferimento specifico al trasporto marittimo, v. già App. Genova 13 dicembre 1940, in Dir. maritt. 1942-43, 214; App. Genova 17 gennaio 1941, in Temi mgen. 1941, 25; Trib. Genova 27 giugno 1952, in Dir. maritt. 1953, 461. Rispetto ai trasporti aerei: App. Roma 27 ottobre 1982, in Dir. maritt. 1984, 293. con riferimento al trasporto stradale: App. Torino 15 giugno 2004, in Foro pad. 2005, 113.

 

[43] Relativamente a tale ultima previsione, per dubbi circa la legittimità costituzionale in relazione all'eccessiva esiguità del limite: C. Perrella, Prime riflessioni sul nuovo limite al risarcimento dovuto dal vettore per perdita o avaria delle cose trasportate e sulla novella dell'articolo 1696 cod. civ., in Dir. maritt., 2006, 21. È stata altresì sottolineata l'inopportunità della soluzione adottata dal legislatore nazionale di prevedere un limite difforme e notevolmente inferiore rispetto a quello previsto nell'ambito dei trasporti internazionali di merci su strada dalla Convenzione CMR di Ginevra del 19 maggio 1986 (G. Riguzzi, Il contratto di trasporto, Torino, 2006, 242).

 

[44] Si tratta di una tendenza stigmatizzata da G. Righetti, Trattato di diritto marittimo, II, cit., 184.

 

[45] Per restare ai testi di diritto uniforme in materia marittima ed aeronautica, possono menzionarsi, al riguardo, l'art. 31 della Convenzione di Varsavia del 1929 (con previsione che corrisponde a quella dell'art. 38 della Convenzione di Montreal del 1999), nonché (per quanto non vigente in Italia) l'art. 1, § 6, della Convenzione di Amburgo del 1978.

 

[46] Cfr. G. Romanelli, Il trasporto aereo di persone, Padova, 1959, 77.

 

[47] V., ad esempio, Cass. 14 febbraio 1986, n. 887, in Dir. trasp. I/1988, 120, con nota contraria di A. Adragna, Qualificazione del trasporto ed individuazione del termine di prescrizione applicabile. In precedenza, v. Cass. 17 novembre 1978 n. 5363 e Cass. 6 marzo 1956, n. 197, in Foro it., 1956, I, 499. In dottrina, contra G. Romanelli, Il trasporto aereo, cit., 84, sub nt. 36; G. Caturani – A. Sensale, Il trasporto, Napoli, 1960, 101.

 

[48] È stato a suo tempo rilevato come la previsione sul punto delle Regole dell'Aja-Visby avrebbe lasciato aperta la porta ad un qualche margine di dubbio interpretativo, rispetto alla (ritenuta maggiormente precisa) formulazione della corrispondente previsione delle Regole di Amburgo circa la possibilità di applicare ai container anche il limite a peso: v. G. M. Boi, Containers e limite del debito tra diritto interno e diritto uniforme, in Aa. Vv., Il limite risarcitorio nell’ordinamento dei trasporti. Profili sistematici e problematiche attuali, cit., 153, ivi 154 (ma la stessa A. escludeva poi la correttezza dell'interpretazione restrittiva circa l'applicabilità anche del limite a peso: ibidem).