LA LIMITAZIONE RISARCITORIA NEL PROGETTO DI
CONVENZIONE UNCITRAL SUL TRASPORTO MARITTIMO DI MERCI(*)
Università
di Sassari
1.– La previsione di limiti qualitativi e quantitativi
alla risarcibilità dei danni che possano derivare dalla
responsabilità vettoriale[1]
assume particolare rilievo fra i parametri di cui tenere conto nella
valutazione del bilanciamento degli interessi delle parti nella convenzione di
diritto uniforme in materia di trasporto[2].
Questo schema è seguito anche dal Progetto di cui oggi ci occupiamo[3].
Sulla limitazione risarcitoria, nel Progetto, è stato redatto
specificamente il capitolo 13, che contempla gli articoli da
2.– Occorre peraltro osservare come il campo di
applicazione della Convenzione di cui oggi ci occupiamo, non relegato alla sola
modalità marittima[5],
accompagnato dall’adozione di un sistema di responsabilità
«a rete», sia pur con qualche correttivo[6],
apre una serie di problematiche in ordine alla determinazione del limite
risarcitorio da applicare in concreto, che non erano del resto sconosciute anche
ad altre discipline unimodali che contengono previsioni relative alle tratte
con modalità diversa da quella principale, per dare un'almeno parziale
risposta ad alcune fra le più rilevanti problematiche giuridiche
connesse alle odierne tecniche di trasporto, prendendo così in qualche
modo atto dell'insuccesso registrato dai tentativi di adottare una disciplina
generale dei trasporti multimodali[7].
Si è a suo tempo esattamente osservato come l’applicazione
effettiva di tali schemi legali sia in concreto condizionata alla prova della
collocazione dell’accadimento che ha determinato il danno in una
specifica tratta del percorso[8];
incidentalmente è da aggiungere come le moderne tecniche di trasporto
implichino, frequentemente, il ricorso all'unitizzazione dei carichi[9],
che, a loro volta dà luogo ad una serie di problematiche fra cui anche
alcune certamente non secondarie in materia di limiti risarcitori applicabili.
La giurisprudenza, all'inizio, si è trovata a dover dare soluzione a
tali questioni, in assenza di previsioni specifiche nell'ambito del codice
della navigazione o del testo originario della Convenzione di Bruxelles del
3.– Peraltro, allorché ci si misura con il
trasporto marittimo, occorre tenere conto delle possibili conseguenze della
concomitanza dei regimi di responsabilità vettoriale con quelli di
limitazione dei crediti marittimi, ribadita espressamente dall'art. 85 del
Progetto in esame. Per quanto concerne in particolare il nostro ordinamento,
è pacifico che il vettore che sia anche armatore possa avvalersi della
limitazione ex art. 275 c. nav.[11].
Non mi sembra sia contestabile la tendenziale convergenza degli effetti delle
limitazioni quantitative e di quelle qualitative del risarcimento del danno: il
creditore del risarcimento ottiene meno di quello che otterrebbe alla stregua
dei criteri generali di risarcimento. Così, ad esempio, i criteri
qualitativi posti dall'art. 22 del Progetto, salvo contenere comunque un rinvio
alla disciplina del limite risarcitorio, fanno riferimento al valore della
merce nel luogo nel tempo della consegna, secondo una linea seguita anche nei
precedenti testi chiamati a disciplinare il trasporto marittimo di merci[12].
È vero che nulla è innovato sul punto specifico, ma è
altresì vero che, alla stregua di una siffatta formulazione, risultano
esclusi dall'ambito del danno risarcibile una serie di voci che potrebbero
viceversa essere considerate alla stregua dei criteri generali di risarcimento
del danno[13].
Va sottolineato come, diversamente dalle limitazioni risarcitorie di cui ci
occupiamo, tali compressioni dell'area del danno risarcibile non siano eludibili
attraverso la prova di una condotta del vettore o di chi il vettore sia
chiamato a rispondere suscettibile di un giudizio di particolare disvalore,
come quello previsto all'art. 64 del Progetto di cui ci stiamo occupando (e su
cui occorrerà tornare più specificamente).
Questioni analoghe di compressione delle tutele altrimenti
accordabili alla stregua del diritto interno sono connesse poi ad una lettura,
a mio avviso non condivisibile, delle norme di chiusura dei sistemi di
limitazione e di imputazione risarcitoria — finalizzati ad ostacolare la
loro elusione attraverso il ricorso a meccanismi di responsabilità
extracontrattuale, ma letti più ampiamente (di quello che a mio avviso
dovrebbero) come previsione di una supposta esclusività dell'azione[14]
— di contenuto analogo a quella che, nella convenzione in esame, è
posta dall'art. 4 (corrispondente all'art. IV bis delle Regole dell'Aja-Visby e
all'art. 7 delle Regole di Amburgo). Va osservato come l'estensione (operata
dall'art. 19 del Progetto in esame) di limiti ed eccezioni in favore di ogni «maritime
perfoming party» appaia formulata in maniera più ampia di
quanto non lo fosse nei precedenti testi di diritto uniforme il richiamo a
dipendenti e preposti: sembra in effetti tale da comprendere comunque anche i
contraenti indipendenti, che erano invece espressamente esclusi della nozione
dei «servant or agent» beneficiari degli esoneri e limiti
contemplati dall'art. IV bis delle Regole dell'Aja-Visby[15].
D'altronde, anche nel Progetto in esame, la responsabilità, pur
solidale, del vettore e di ogni «maritime perfoming party», comunque
non può nel suo complesso dar luogo al superamento del limite
risarcitorio attraverso la proposizione di azioni contro i diversi soggetti che
possono essere chiamati a rispondere (art. 20 del Progetto).
Va sottolineato come il limite risarcitorio, se anche non diviene
invalicabile in termini analoghi a quelli che si sono riscontrati in altre
recenti discipline di diritto uniforme, appare comunque considerevolmente
rafforzato rispetto a quanto era previsto sia nelle Regole dell'Aja-Visby che
in quelle di Amburgo: in effetti, l'art. 64 del Progetto in esame (sia nel
§ 1, che contempla i danni che derivano dalle obbligazioni che ricadono
sul vettore, sia nel § 2 che riguarda i danni da ritardo) precisa che
nella decadenza dal beneficio della limitazione incorre chi abbia posto in
essere personalmente le condotte da esso stigmatizzate: esso sembra così
non chiamare a rispondere illimitatamente il vettore per tali condotte, che siano
state poste in essere dai soggetti che abbiano operato per suo conto. La
definizione della condotta oggetto del giudizio di disvalore tale da
determinare la decadenza dal beneficio della limitazione si uniforma al
concetto di colpa temeraria e consapevole, già rinvenibile nelle Regole
dell'Aja-Visby ed in quelle di Amburgo[16].
4.– Per quanto concerne specificamente l'art. 22 del
Progetto da cui siamo traendo spunto, si potrebbe essere indotti ad una sua
lettura (ed a quella delle norme di diritto uniforme che ne costituiscono il
precedente) tale da escludere risarcimento del danno per lucro cessante;
incidentalmente deve dirsi che la formula sostanzialmente analoga per
individuare i criteri di risarcibilità del danno nel trasporto recata nell'art.
1696 c. civ. non ha impedito il formarsi di un indirizzo giurisprudenziale che
ammette il risarcimento a carico del vettore del danno per lucro cessante, nei
limiti (ex art. 1223 c. civ.) in cui esso costituisca conseguenza immediata e
diretta dell'inadempimento[17].
D'altra parte, la determinazione dei parametri comuni della
quantificazione del danno è uno degli elementi rispetto ai quali
maggiormente si avverte l'esigenza di addivenire ad un corpo di regole
uniformi; con la limitazione quantitativa del risarcimento, essa può
potenzialmente contribuire a comprimere il contenzioso che possa derivare dal
trasporto e, in definitiva, a ridurre i costi economici connessi a tale ordine
di frangenti. È anche vero però che un limite particolarmente
irragionevole, piuttosto che a ridurre il contenzioso, finisce per alimentarlo,
nella ricerca di una via per la sua elusione.
5.– Occorre preliminarmente dire che, a prescindere da
quelli che saranno gli sviluppi nella formulazione delle norme che qui ci interessano,
l'incognita forse più considerevole nel tentativo di proporre un
commento del Draft su questo specifico punto deriva dalla mancata
quantificazione dei livelli risarcitori massimi previsti dalla futura
Convenzione. Sul quantum nulla appare deciso, al di là della sua
generale commisurazione in diritti speciali di prelievo come definiti dal Fondo
monetario internazionale (art. 62, § 4), con soluzione conforme a quella
seguita da tutti i testi di diritto uniforme che contemplano limitazioni risarcitorie,
adottati dopo che è venuto meno il valore ufficiale dell'oro[18].
Mi sembra che, realisticamente, possa soltanto prendersi atto di tale specifica
soluzione, che è comune a tutti gli strumenti di diritto uniforme
dell'ultimo ventennio che contemplano limiti risarcitori, senza che abbia
senso, a questo punto, ripercorrere il dibattito sull'opportunità di
avvalersi di tale unità di conto, piuttosto che di quelle ancorate al
valore dell'oro, in particolare dopo che ne è venuta meno la quotazione
ufficiale. Il danno (da lucro cessante) conseguente al ritardo è invece
destinato ad essere parametrato al livello del nolo (art. 63), sia pure entro
il plafond del risarcimento previsto dall'art. 62, con soluzione analoga (per
quanto concerne la soluzione della parametrazione al nolo) a quella a suo tempo
adottata dall'art. 6, § 1, lett. b, delle Regole di Amburgo.
Tuttavia, non è nemmeno certo quale debba essere il rapporto fra livello
del nolo e livello del limite da ritardo. Secondo la tendenza che sembra essere
emersa come prevalente nei lavori del Working Group, peraltro, sarebbe
eccessivo il riferimento a due volte e mezzo il livello del nolo, ed il livello
del risarcimento massimo per ritardo dovrebbe essere contenuto entro una volta
il valore del nolo.
6.– Al di là di quelle che possono essere le
(non incontrovertibili) considerazioni sulla funzione economica delle
limitazione risarcitorie, e sulla loro giustificazione razionale, va osservato
come la loro capacità di resistere, sia sotto il profilo della loro
legittimità rispetto a norme di rango costituzionale, sia contro la loro
elusione, attraverso l'affermazione giurisprudenziale della ricorrenza di
ipotesi che comportino la decadenza del vettore dal relativo beneficio, sembra
in gran parte collegata alla loro adeguatezza in termini monetari. Certamente,
è meno tollerata una limitazione inadeguata che riguardi il risarcimento
di un danno alla persona, rispetto a quella che concerna un danno alle merci.
La riprova di questa affermazione è data in maniera ineluttabile dalla
storica decisione della Corte costituzionale italiana n. 132 del 1985[19],
che ha nettamente evidenziato il rilievo dell'«adeguatezza per il ristoro
del danno»[20]
e da tutta l'evoluzione che ne è seguita nella disciplina del trasporto
aereo, in particolare rispetto ai danni alla persona del passeggero, non
più assoggettati ad alcun limite monetario dalla Convenzione di Montreal del 1999.
Tuttavia, mano a mano che i limiti risarcitori sono stati avvertiti come
inadeguati anche per il trasporto di merci, si è dovuta registrare anche
rispetto ad essi una sempre maggiore insofferenza della giurisprudenza. Al di
là dell'adesione alle tesi oggettive, o a quelle soggettive, per quanto
riguardava la configurazione dell'ipotesi di superamento del limite
risarcitorio anche nel trasporto di merci nell'ambito del sistema della
Convenzione di Varsavia, il decorso del tempo, e la perdita di valore delle
monete in cui il limite era in concreto parametrato, ha fatto sì che
sempre più frequentemente in concreto la giurisprudenza ritenesse
integrata la condotta che determinava la decadenza del vettore dal limite[21].
E restando al parallelo con il trasporto aereo, la soluzione escogitata a
livello di diritto uniforme per impedire l'elusione attraverso questa strada
del limite risarcitorio nel trasporto di merci, è stata quella di
prevedere l'invalicabilità del limite (accompagnata ad un regime di
imputazione della responsabilità che circoscrive le ipotesi di esonero
per il vettore), prima nel IV Protocollo di Montreal del 1975, e poi nella
convenzione di Montreal del 1999[22],
seguendo così una strada che era stata prospettata anche con riferimento
al risarcimento del danno per morte o lesioni personali subite dai passeggeri, con
il mai entrato in vigore Protocollo di Guatemala City del 1971[23].
Considerazioni di carattere analogo possono essere proposte rispetto al
trasporto marittimo di merci. Proprio rispetto alle limitazioni monetarie in
materia di trasporto marittimo di merci (con linea ispirata alla giurisprudenza
formatasi prima della seconda guerra mondiale sul testo originario delle Regole
dell'Aja), si è a lungo sostenuta la loro legittimità facendo
riferimento alla possibilità lasciata caricatore di non essere assoggettato
ad esse, rendendo una dichiarazione di valore delle merci trasportate[24]. A questo riguardo, la vicenda più
significativa mi sembra essere quella che ha riguardato l'applicazione
dell'art. 423 del codice della navigazione italiano, la cui formulazione ricalcava
quella della norma in materia di determinazione del limite recata dal testo
originario delle Regole dell'Aja. Nella giurisprudenza di legittimità
era consolidato l'indirizzo che escludeva la decadenza del vettore dal
beneficio del limite, anche di fronte a colpa grave o dolo[25].
Anche la Corte costituzionale (che pure poco prima si era pronunziata per
l'illegittimità della limitazione risarcitoria del vettore aereo di
persone, con la ricordata decisione n. 132 del 1985), con la sentenza n. 401
del 1987[26]
aveva affermato che si trattasse comunque di un regime che garantiva il
sostanziale equilibrio delle prestazioni, implicito nel libero gioco della
domanda e dell'offerta del servizio. Né migliore sorte avevano avuto
altre questioni di legittimità costituzionale dello stesso art. 423,
ritenute manifestamente inammissibili[27]
o comunque rigettate[28].
Si è dovuta attendere la decisione n. 199 del 2005 per veder dichiarare
da parte della Corte costituzionale l'illegittimità dell'art. 423 del
codice della navigazione, nella parte in cui non prevedeva la decadenza del
vettore dal beneficio della limitazione, neanche in caso di dolo o colpa grave,
sull'assunto di una ingiustificata discriminazione rispetto alla disciplina
posta dal legislatore nazionale per la responsabilità vettoriale nelle
altre modalità di trasporto[29].
Al di là della miglior formulazione tecnica della questione di
legittimità costituzionale[30]
(che, sia detto incidentalmente, postulava la concezione unitaria del contratto
di trasporto e del diritto dei trasporti[31]),
non mi sembra del tutto infondato il dubbio che sull'accoglimento da parte
della Corte costituzionale un qualche rilievo non secondario possa aver assunto
anche il malessere sociale ingenerato da una limitazione invero piuttosto
inconsistente, che per di più si vedeva applicare frequentemente proprio
agli utenti non professionali che meno di altri erano di fatto in grado di
prevenire le conseguenze negative di tale limitazione, in particolare
attraverso lo strumento della dichiarazione di valore, di cui la precedente
decisione n. 401 del 1987 aveva accentuato in maniera eccessiva il preteso
ruolo equilibratore[32].
In effetti, molta della casistica giurisprudenziale che negava il superamento
del limite risarcitorio si riferiva a vetture al seguito di passeggeri del
trasporto marittimo, rispetto alle quali, secondo un consolidato indirizzo, non
potrebbe applicarsi la disciplina del bagaglio, in quanto non si tratterebbe di
cose al seguito per le esigenze del viaggio, e si dovrebbe viceversa ricorrersi
alla disciplina del trasporto di cose, che sarebbe configurabile nella specie,
sia pur collegato al contratto di passaggio marittimo[33].
7.– Le considerazioni circa la (non allo stato
acclarata né acclarabile) adeguatezza del risarcimento si accompagna
anche alla constatazione che la procedura di revisione (sia pure ispirata a
quella prevista dalla corrispondente norma di cui all'art. 33 della convenzione
di Amburgo e comunque semplificata rispetto a quella di carattere generale prevista
dall'art. 98) dettata specificamente per i limiti dall'art. 99 appare comunque
più complessa dei meccanismi di adeguamento semi-automatici dei livelli
risarcitori previsti da altri testi di diritto uniforme in vigore in materia di
navigazione e trasporti[34].
In effetti, l'art.
8.– L'art. 62 prevede un duplice limite risarcitorio
in favore del vettore, per le responsabilità che possono derivare dalla
violazione delle regole poste nella futura convenzione, parametrato,
alternativamente ai colli od unità di carico, ovvero i chilogrammi di
peso della merce rispetto alla quale viene proposta l'azione, seguendo la via
introdotta dai precedenti testi di diritto uniforme in materia di trasporto
marittimo di merci, fin dal Protocollo di Bruxelles del 1968, con la previsione
dell'applicabilità del limite più favorevole per l'avente diritto
a carico[36].
E come nei precedenti testi di diritto uniforme in materia di trasporto
marittimo di merci, è fatta salva la possibilità che il
caricatore renda una dichiarazione di valore, che tuttavia deve essere inserita
nella documentazione del trasporto (diversamente da quanto previsto nell'art.
423 del codice della navigazione italiano, che si limita a prevedere il
carattere unilaterale della dichiarazione di valore da parte del caricatore, da
rendersi anteriormente all'imbarco, è pacificamente intesa come di
carattere recettizio). Accanto a questa possibilità, il § 1
dell'art. 62 conserva (analogamente all'art. 4, § 5, della Convenzione di
Bruxelles) una previsione in ordine alla determinazione convenzionale di un
limite più elevato fra le parti del contratto di trasporto; com'è
stato già rilevato da eminenti commentatori con riferimento alla bozza
del 2001[37],
non appare condivisibile la carenza di simmetria di quest'ultima previsione,
rispetto a quella relativa alla dichiarazione di valore unilaterale da parte
del caricatore, dato che per essa non è prevista la menzione nella
documentazione del trasporto. A dire il vero, non sembra infondato il dubbio
che tale disciplina, più che rispondere ad esigenze effettive e diffuse
dei traffici marittimi, costituisca il residuo di un ossequio alla tradizione:
in effetti, nel mondo dei traffici mercantili, a quanto consta, è
più diffuso (in quanto economicamente più soddisfacente) il
ricorso alle coperture assicurative[38]
che, oltre tutto, possono offrire una garanzia anche rispetto alle ipotesi che
corrispondono all'area di irresponsabilità del vettore: una
dichiarazione unilaterale del valore della merce da parte del caricatore, come
l'accordo speciale per l'elevazione del limite, comunque non copre i danni di
cui il vettore non sia chiamato a rispondere[39].
9.– Il § 2 del medesimo art. 62 tocca uno degli
aspetti più delicati, in considerazione del fatto che la futura
convenzione è chiamata a disciplinare trasporti di merci che possano
contemplare tratte non marittime, che possono in astratto essere assoggettati
ad un regime di responsabilità che non contempli un limite risarcitorio,
ovvero che contempli un limite risarcitorio diverso rispetto a quello previsto
per il trasporto marittimo. Rispetto a tale possibilità, il §
Semmai, mi sembra che debba esprimersi qualche più fondata
preoccupazione per l'ampliamento e la generalizzazione di regimi di limitazione
risarcitoria, con livelli risarcitori estremamente poco soddisfacenti per gli
interessati al carico: a questo riguardo pare sufficiente menzionare, a livello
di disciplina italiana di diritto interno, la vicenda dell'introduzione di un
regime di limitazione risarcitoria a favore del vettore nella disciplina del
trasporto del codice civile (art. 1696, ult. co., c. civ.) in coincidenza con
l'abbandono della disciplina delle tariffe a forcella, nell'ambito della quale
era prevista una limitazione risarcitoria circoscritta all'ambito del solo
trasporto stradale[43]. La preoccupazione è motivata
anche dalla tendenza fin qui prevalentemente seguita dalla giurisprudenza
italiana a ritenere assorbita nella disciplina del trasporto recata dal codice
civile ogni ipotesi di trasporto non strettamente unimodale, con esclusione
dell’applicazione, in particolare, dei regimi di diritto uniforme del
trasporto marittimo ed aereo[44]
e, in alcuni casi, anche disattendendo le previsioni espresse che, nella
convenzioni in ipotesi applicabili, sono chiamate a disciplinare i trasporti
combinati[45],
o i c.d. trasporti accessori[46] (ovvero quelli con una tratta non omogenea rispetto alla
modalità di trasporto prevalente)[47].
Certamente, nella misura in cui il Progetto in esame venisse a concretizzarsi
in un regime di diritto uniforme vigente, che fosse correttamente interpretato,
il margine per l'applicazione della limitazione ex art. 1696, ult. co., c.
civ., sarebbe ridotto.
Il § 3 dell'art. 62 riguarda l'applicabilità del limite
rispetto alle merci containerizzate, pallettizzate o similmente unitizzate: si
tratta di una disposizione analoga a quella recata dall'art. 4, § 5, lett.
c, delle Regole dell'Aja-Visby, ovvero dall'art. 5, § 2, lett. a,
delle Regole di Amburgo: ove nella documentazione del trasporto manchi una
menzione una numerazione specifica dei singoli colli così unitizzati, il
container, pallet o simile si considera come un'unica unità di
carico[48].
Non è invece riprodotta la previsione analoga a quella della lettera b
dell'art. 6 delle Regole di Amburgo, circa la possibilità di
considerare come unità di carico distinta (a prescindere dalle merci ivi
contenute) il container, pallet o simile strumento di unitizzazione, ove
non sia fornito dal vettore.
10.– In conclusione, sembra che il nuovo regime di
diritto uniforme, per quanto concerne la limitazione risarcitoria, a
prescindere dalle considerazioni legate alla mancata quantificazione del suo
valore effettivo, presenti comunque più di un aspetto in cui sembra
tenere gli interessi degli aventi diritto al carico in minor conto non soltanto
delle Regole di Amburgo, ma anche delle Regole dell'Aja-Visby.
(*) Relazione svolta al Convegno di Ravenna del 29-30 giugno
2007 presso la presso
[1] Si vedano, in generale le considerazioni di M. Riguzzi, La responsabilità
limitata del vettore marittimo di merci, Milano, 1993, 2 ss. e (sebbene non
riferite al contesto del trasporto per acqua) quelle di G. Silingardi, L’istituto del
limite risarcitorio nella disciplina uniforme sul trasporto di cose aereo, su
strada e per ferrovia, in Dir. trasp. I/1989, 45. Sulle ragioni del
ricorso alle limitazioni nel diritto della navigazione, v. E. Spasiano, Il fondamento logico del
principio limitativo della responsabilità armatoriale, in Riv.
dir. nav. 1943-1948, I, 125.
[2] Di particolare interesse sul punto è l'avvertita
analisi (che pure trae spunto specifico dalla disciplina del trasporto aereo di
merci) di E. G. Rosafio, Il
trasporto aereo di cose – Riflessioni sul nuovo regime legale, Milano,
2007, 64 ss.
[3] Va evidenziato come lo schema in questione sia
costantemente seguito dai testi di diritto uniforme in materia di trasporto,
con la parziale eccezione della recente Convenzione di Montreal del 28 maggio
1999, che non contempla limiti per i danni alla persona dei passeggeri (rectius,
contempla un limite applicabile rispetto al meccanismo di imputazione
più rigorosa, ma non esclude che il vettore possa essere chiamato a
rispondere del danno ulteriore sulla base di un regime di imputazione che gli
consente un più ampio margine di prova liberatoria: su tale doppio
binario di imputazione, v. M. M. Comenale
Pinto, La responsabilità del vettore aereo dalla Convenzione
di Varsavia del 1929 alla Convenzione di Montreal del
[4] La funzione di soluzione di compromesso dell'introduzione
di un limite monetario per ciascun collo rispetto alla prassi delle clausole di
esonero generalizzate nei traffici marittimi è sottolineata (con
riferimento alla genesi della Convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizza
di carico) da F. Bonelli, Il
limite del debito del vettore marittimo, in Dir. maritt., 1996, 541,
543. Sul processo di formazione della prima disciplina uniforme del trasporto
marittimo di merci, v. anche M. J. Sturley,
The history of the Hague Rules and the United States Carriage of
goods by sea Act, in ivi, 1991, 3. Per un raffronto fra Convenzione
di Bruxelles del 1924 e Convenzione di Amburgo del 1978, v. P. Bonassies, La
responsabilité du transporteur maritime dans les Regles de
[6] Circa la distinzione fra sistemi di responsabilità
«unificati» e sistemi di responsabilità «a
rete», nonché sulle possibili soluzioni intermedie, v. G. Silingardi - A. Lana, Il trasporto
multimodale, Roma, 1994, 28 ss.; da ultimo: A. Borruso, Il contratto
di trasporto intermodale e la responsabilità dell'OTM, in N.L.C.C.
2006, 284; A.
[7] In effetti
[9] Tale unitizzazione viene operata mediante i cosiddetti
«container» ed i «pallet». V. in generale
G. Righetti Giorgio, Containers,
in Digesto disc. privatistiche, sez comm., III, Torino, 1988, 464; A. Antonini, Vecchi e nuovi spunti
solutivi dei problemi giuridici del trasporto a mezzo container, in Dir.
maritt., 1997, 3.
[11] V. per tutti F.
Berlingieri, Armatore ed esercente, in Dig. comm., I,
Torino, 1987, 225, 236; E. Spasiano,
Rapporto fra la limitazione del debito del vettore e la limitazione globale
della responsabilità, in Dir. maritt., 1986, 593, 596. Il
medesimo problema si pone, del resto, anche nel trasporto di persone. A seguito
dell’incidente del Moby Prince, del 10 aprile 1991, che
cagionò la morte di centoquaranta persone, fra equipaggio e passeggeri,
l’armatore (e vettore) rinunziò ad avvalersi della limitazione,
che avrebbe in astratto potuto invocare, verosimilmente per non compromettere
la propria immagine commerciale: per riferimenti alla vicenda E. Vincenzini, Due esperienze
professionali in tema di limitazione di responsabilità
dell’armatore e del terminal operator, ne Il limite risarcitorio
nell’ordinamento dei trasporti. Profili sistematici e problematiche
attuali (atti del Convegno di Modena del 2 - 3 aprile 1993), Milano, 1994,
Milano, 1994, 337, 338.
[13] Particolarmente dibattute sono le questioni connesse
all'esclusione di alcune voci di danno, pur riconoscibili alla stregua del
diritto interno che fosse chiamato a disciplinare la medesima fattispecie, che
sono espressamente formulate o rilevate in via di interpretazione, nell'ambito
della disciplina uniforme del trasporto aereo. Così, ad esempio, la
recente convenzione di Montreal del 1999 esclude espressamente la
possibilità di riconoscere «non compensatory damages»,
mentre in via interpretativa, tanto nella Convenzione di Varsavia del 1929 che
nella Convenzione di Montreal del 1999, si è ritenuto non vi fosse
spazio per la risarcibilità del «pure emotional
distress»: cfr. J. Hermida,
The New Montreal Convention: The International Passenger’s Perspective
- One airline’s merit is another passenger’s shortcoming, in Air
& Sp. Law 2001, 150,
153; P. Mendes De Leon – W.
Eyskens, The Montreal Convention: Analysis of Some Aspects of the
Attempted Modernization and Consolidation of the Warsaw System, in J.
Air L. & Com. 66 (2001), 1155, 1167.
[14] La questione è stata oggetto di esame
particolarmente approfondito con riferimento alle previsioni di analogo
contenuto delle convenzioni di diritto uniforme in materia di trasporto aereo
(in particolare l'art. 29 della Convenzione di Montreal del 1999 e l'art. 24
della Convenzione di Montreal del 1929), v. (anche per ulteriori riferimenti) E. G. Rosafio, In tema di
ammissibilità di azioni risarcitorie da parte del passeggero al di fuori
della Convenzione di Varsavia (nota a El Al Israel Airlines, Ltd. v.
Tsui Yuan Tseng), in Dir. trasp. 2000, 222.
[15] La previsione dell'estensione dell'esonero a dipendenti e
preposti deriva dalla prassi commerciale marittima che vedeva l'inserimento nei
formulari di trasporto marittimo di clausole che sono conosciute come «Hymalaia»,
dal caso che aveva evidenziato l'esigenza della loro introduzione: v. amplius
G. Romanelli, Principi comuni
nelle convenzioni internazionali in materia di trasporto, relazione al Convegno
di Genova (22 - 23 gennaio 1999) per il centenario della rivista «Il
diritto marittimo», in Dir. mar., 1999, 197, 208; G. Righetti, Trasporto e deposito, in
Dir. maritt. 1991, 66, 81. Circa l'esclusione dei contraenti
indipendenti dall'estensione dei limiti invocabili anche da dipendenti e
preposti nell'ambito del trasporto marittimo, v. J. Donaldson, Servants and Agents, relazione al
Seminario di Buenos Aires ottobre
[16] Sull'impiego della nozione nei testi di diritto uniforme
sul trasporto marittimo oggi vigenti, cfr. A.
Seriaux, La faute du transporteur, Paris, 1998, 256 ss.; A. Zampone, La condotta temeraria e
consapevole nel diritto uniforme dei trasporti, Padova, 1999, 32 ss.
[17] Cass. 27 ottobre 1998, n. 10692 (che si riferiva ad un
trasporto marittimo di merci), in Dir. maritt., 2000, 505, con nota di M. Lopez de Gonzalo, Parametri
oggettivi e soggettivi per la determinazione del danno risarcibile nel
trasporto marittimo di cose ; Cass. 28 ottobre 1980, n. 5793.
[18] Cfr. (con riferimento specifico al Protocollo del 1979 di
emendamento della Convenzione di Bruxelles del 1924), F. Berlingieri, Limite del debito del vettore:
modalità di calcolo, in Dir. maritt. 1986, 556, 564. Nei
primi strumenti di dritto uniforme che contemplavano limiti risarcitori, la
commisurazione di questi ultimi era riferita al valore dell'oro. A seguito
della decisione degli Stati Uniti (annunziata dall'allora Presidente Nixon il
15 agosto 1971) di sospendere la convertibilità del dollaro in oro (v.
in generale T. Treves, La
crisi monetaria del 1971 ed il diritto internazionale, in Riv. trim.
dir. pubbl., 1972, 1366, 1368 ss.) si pose il problema dell'individuazione
di un criterio per la conversione in moneta nazionale dei limiti in questione.
Nelle revisioni di tali convenzioni di diritto uniforme (su cui v. G. Silingardi, L'istituto del limite
risarcitorio nella disciplina uniforme del trasporto di cose aereo, su strada e
per ferrovia, cit., 50; Id., L'istituto
del limite risarcitorio: controllo di costituzionalità ed autonomia
delle parti, in Dir. trasp., 1992, 345, 392), in luogo dei
riferimenti aurei, si è fatto ricorso alla nuova unità di conto
adottata dal Sistema monetario internazionale, il diritto speciale di prelievo.
Questione particolarmente dibattuta nella letteratura
giuridica appare quella dell'idoneità del nuovo criterio di
commisurazione a garantire un adeguato valore del risarcimento: v. per tutti,
nel senso che sia preferibile il riferimento all'oro, piuttosto che al D.S.P.,
E. du Pontavice, À la
recherche d'une unité de compte universelle pour les Conventions de
droit privé sur la responsabilité, in Ann. dr. mar.
aér., 1982, 33. V. anche, in diversa prospettiva, le considerazioni
di considerazioni di R. Tranquilli
Leali, Vantaggi ed eventuali correttivi dei limiti espressi in
diritti speciali di prelievo, in Aa.
Vv., Il limite risarcitorio nell’ordinamento dei trasporti, cit.,
321.
[19] C. cost., 6 maggio 1985, n.
[21] Al riguardo, come è noto, si sono contrapposte,
infatti, due diverse interpretazioni: di queste, una, c.d. «oggettiva»,
che, facendo riferimento in astratto a quelle che dovrebbero essere le
conoscenze e la condotta richiesta ad un vettore (e ad un preposto) diligente,
qualifica come condotta temeraria e consapevole quella che diverge da un tale
standard; l'altra c.d. «soggettiva» postula un
riferimento a quella che in concreto sia stata la rappresentazione della
realtà e la volizione del soggetto agente. Da un punto di vista teorico,
la seconda impostazione (minoritaria) comporta un onere probatorio più
gravoso a carico del danneggiato. V. per tutti E. du
Pontavice, L'interpretation des Conventions internationales portant
loi uniforme dans les rapports internationaux (A propos de
[22] Cfr. G Romanelli, Diritto
uniforme dei trasporti e Convenzione di Montreal, ne Il nuovo diritto
aeronautico - In ricordo di Gabriele Silingardi, Milano, 2002, 581, 588; F.
Berlingieri, Il trasporto di
merci nella Convenzione di Montreal del 1999 sul trasporto aereo internazionale
– Ambito temporale di applicazione della disciplina uniforme e disciplina
della responsabilità del vettore, ivi, 616, 627.
[23] Sul quale, v. in generale G. Rinaldi Baccelli, Analisi critica del Protocollo di
Guatemala
[24] Contro tale impostazione erano state espresse autorevoli
perplessità, in considerazione, fra l'altro del diverso potere negoziale
degli utenti (e degli utenti non professionali in particolare) rispetto a
quello dei vettori: G. Romanelli,
La limitazione nella giurisprudenza costituzionale, in Aa.Vv., Il limite risarcitorio
nell'ordinamento dei trasporti, cit., 27, ivi 39
[25] Cass. 23 aprile 1969, n.
[26] C. cost. 19 novembre 1987 n.
[27] C. cost., ord., 10
gennaio 1991, n.
[28] C. cost. 14 marzo 2003 n.
[29] In Giust. civ., 2005, I, 1721, nonché in Dir. maritt., 2005, 481; in Foro it., 2005, 2263, con nota di F. Palmieri, In tema di
trasporto marittimo, e in Dir. tur. 2005, 364, con nota di M. M. Comenale Pinto, L’epilogo
della querelle sulla rilevanza di dolo e colpa grave nella limitazione
del vettore marittimo di cose. V. anche i commenti di G. Pescatore, Spunti sulla disciplina
del limite di responsabilità del vettore marittimo, in Foro it., 2005,
2264, e di M. Grigoli, Sulla parziale
illegittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 423 c. nav., in
Giust. civ., 2006, I, 271.
[31] Mi sembra un'evidente applicazione della tesi
dell'unitarietà, secondo la lezione di Gustavo Romanelli (sviluppata a
suo tempo nel fondamentale saggio Diritto aereo, diritto della navigazione e
diritto dei trasporti, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1975, 1331). Si
tratta di un punto di vista che ho già avuto modo di esprimere (M. M. Comenale Pinto, L'epilogo della
querelle sulla rilevanza di dolo e colpa grave nella limitazione del vettore
marittimo di cose, cit., 372) non condiviso da S. Busti, Contratto di trasporto terrestre, Milano,
2007, 1021, sub nota 400.
[32] E comunque deve incidentalmente esprimersi la
condivisione dei seri dubbi espressi circa la rispondenza ai criteri indicati
dalla Corte costituzionale, con la ricordata decisione 199 del 2005, di
interventi del legislatore nazionale volti ad introdurre limiti invalicabili a
favore del vettore nel nostro ordinamento interno, come quelli che risultano
dalla nuova disciplina del trasporto aereo, a seguito della riforma della parte
aeronautica del codice della navigazione, con il richiamo, nell’art. 951
n.s., alla disciplina di diritto uniforme: cfr. E. G. Rosafio, Il trasporto aereo di cose, cit., 159.
[33] v. Cass. 19 ottobre 1982, n.
[34] Sui problemi che comporta la mancata previsione in sede
legislativa, nei sistemi di limitazione risarcitoria, di un soddisfacente
meccanismo di adeguamento dei valori monetari, v. G. Silingardi, L’istituto del limite risarcitorio:
controllo di costituzionalità ed autonomia delle parti, cit.,
[35] L'esigenza di garantire un meccanismo efficiente di
adeguamento dei limiti risarcitori nelle convenzioni di diritto uniforme era
stata a suo tempo autorevolmente evidenziata in dottrina da G. Romanelli, (relazione all'International
Conference on Current Issues in Maritime Transportation, Genova, 22 giugno
1992), in Dir. maritt., 1992, 1036,
1045; sui problemi che comporta la mancata previsione in sede legislativa, nei
sistemi di limitazione risarcitoria, di un soddisfacente meccanismo di
adeguamento dei valori monetari, v. Silingardi,
L’istituto del limite risarcitorio: controllo di
costituzionalità ed autonomia delle parti, cit., 393
[36] Sulla portata innovativa di tale previsione e sul rilievo
che questa è venuta ad assumere, v. M.
Riguzzi, La responsabilità limitata del vettore marittimo di
merci, cit., 78 ss.; F. Berlingieri,
La disciplina della responsabilità del vettore di cose, Milano,
s.d. (ma 1978) 157 s.
[37] F. Berlingieri -
S. Zunarelli, Il draft instrument on transport law del CMI, in Dir.
maritt., 2001, 3, 42.
[38] Cfr. G. Romanelli,
Autonomia privata e norme inderogabili in materia di trasporti, in Dir.
trasp., 1998, 1, 15; M.M. Comenale
Pinto, In tema di agevole esplicazione della dichiarazione di valore,
in atti del Convegno Il limite risarcitorio nell’ordinamento dei
trasporti, cit., 209, ivi 209 - 210 e ulteriori riferimenti in nota 1.
[39] Deve tuttavia darsi atto della posizione critica assunta
da attenta dottrina rispetto all'omessa previsione della dichiarazione di
valore nell'ambito delle Regole di Amburgo: cfr. M. Riguzzi, La responsabilità limitata del vettore
marittimo di merci, cit., 180.
[40] In questi termini, espressamente, G. Righetti, Trattato di diritto marittimo, II, cit.,
186, riferendosi in generale ai trasporti caratterizzati da
plurimodalità.
[41] Nel senso che si tratti di uno dei (pochi) miglioramenti della
tutela dell'utente rispetti alle stesure precedenti, v. S. Zunarelli, Elementi di novità e di
continuità della regolamentazione della responsabilità del
vettore marittimo di cose nell’attività del gruppo di lavoro
dell’UNCITRAL, in Dir. maritt. 2006, 1022, ivi, 1025.
[42]Con riferimento specifico al trasporto marittimo, v.
già App. Genova 13 dicembre
[43] Relativamente a tale ultima previsione, per dubbi circa
la legittimità costituzionale in relazione all'eccessiva esiguità
del limite: C. Perrella, Prime
riflessioni sul nuovo limite al risarcimento dovuto dal vettore per perdita o
avaria delle cose trasportate e sulla novella dell'articolo 1696 cod. civ., in
Dir. maritt., 2006, 21. È stata altresì sottolineata
l'inopportunità della soluzione adottata dal legislatore nazionale di
prevedere un limite difforme e notevolmente inferiore rispetto a quello
previsto nell'ambito dei trasporti internazionali di merci su strada dalla Convenzione
CMR di Ginevra del 19 maggio 1986 (G. Riguzzi,
Il contratto di trasporto, Torino, 2006, 242).
[44] Si tratta di una tendenza stigmatizzata da G. Righetti, Trattato di diritto
marittimo, II, cit., 184.
[45] Per restare ai testi di diritto uniforme in materia marittima
ed aeronautica, possono menzionarsi, al riguardo, l'art. 31 della Convenzione
di Varsavia del 1929 (con previsione che corrisponde a quella dell'art. 38
della Convenzione di Montreal del 1999), nonché (per quanto non vigente
in Italia) l'art. 1, § 6, della Convenzione di Amburgo del 1978.
[47] V., ad esempio, Cass. 14 febbraio 1986, n.
[48] È stato a suo tempo rilevato come la previsione
sul punto delle Regole dell'Aja-Visby avrebbe lasciato aperta la porta ad un
qualche margine di dubbio interpretativo, rispetto alla (ritenuta maggiormente
precisa) formulazione della corrispondente previsione delle Regole di Amburgo
circa la possibilità di applicare ai container anche il limite a peso:
v. G. M. Boi, Containers e
limite del debito tra diritto interno e diritto uniforme, in Aa. Vv., Il limite risarcitorio
nell’ordinamento dei trasporti. Profili sistematici e problematiche
attuali, cit., 153, ivi 154 (ma la stessa A. escludeva poi la correttezza
dell'interpretazione restrittiva circa l'applicabilità anche del limite
a peso: ibidem).