Università Statale
di San Pietroburgo
Il depositum irregulare nel diritto civile russo
Il deposito
irregolare, secondo Wislav Litevski, autore di un articolo ad esso
appositamente dedicato, «rappresenta uno dei più contraddittori
istituti della scienza del diritto romano»[1].
Anche di più, nella romanistica giuridica si mette in dubbio perfino
l’applicabilità della concezione “istituto” al depositum
irregulare, siccome la stessa qualifica giuridica data dai giuristi
romani ai rapporti sorgenti dal detto contratto in tutti i periodi di sviluppo
del diritto romano rimaneva assai contraddittoria[2].
L’essenza di questi rapporti viene esposta in modo laconico nel manuale
classico del diritto romano del romanista Pasquale Voci:«Il deposito
irregolare é quello avente per oggetto cose fungibili, che il
depositario può consumare, restituendone altrettante della medesima
qualità. Il depositario sopporta intero il rischio della cosa. La figura
del deposito irregolare è postclassica»[3].
E’ evidente che
tale tipo di contratto assomiglia più al mutuo che al contratto di
deposito. Infatti, nel mondo ellenistico per regolarizzare i rapporti di questo
carattere si usava il contratto
παρακαταφηκη. Dal
contenuto dei papiri dell’Egitto ellenistico si vede che questo contratto
rappresentava un tipico mutuo, sebbene ad esso venisse applicata oramai
(tramite introduzione della finzione) la norma che il depositario in malafede
dovesse restituire quanto perduto in misura doppia[4].
La denominazione stessa del deposito venne applicata al contratto di questo
tipo anche dai greci[5].
I greci costituivano una considerevole parte tra i banchieri romani, quindi
oltre al termine latino argentarii a Roma per nominare i banchieri si
usava anche la parola greca trapeziti. Questa è la ragione per
cui la concezione di un tipo speciale di deposito, quando vanno restituite non
quelle stesse cose che furono lasciate per deposito, ma le altre cose del
medesimo genere e della medesima qualità, si diffuse nella comune
coscienza civile. Essa influenzò anche i giuristi romani. Però
all’inizio, come risulta dai Digesti, i giuristi ammettevano
l’esistenza di un tipo speciale di deposito delle cose, determinate nel
genere, solo se applicato ai soldi. In tal modo si limitava il settore di
applicazione della nuova concezione al solo settore dei rapporti tra banchieri
e loro clienti, dove proprio nacque
questa concezione.
Per di più la
giurisprudenza classica si opponeva all’uso della detta concezione
perfino in questo settore. Così Ulpiano insisteva nel sostenere con
fermezza il principio per cui ogni passaggio di cose, determinate nel genere,
ivi compresi i soldi, dovesse essere considerato un mutuo[6].
Però, dall’altra parte nei Digesti si incontrano alcuni frammenti,
in cui si discute la possibilità di far deposito delle cose, determinate
nel genere, proposito di operazioni che non erano bancarie. Com’è
noto lo sviluppo dell’istituto in argomento terminò con
introduzione nel diritto di Giustiniano di una singola sottospecie del
contratto di deposito – depositum irregulare – che
rappresenta una specie di ibrido tra il mutuo e il deposito.
Al mutuo lo ravvicina
il fatto che il depositario diventa proprietario delle cose prese in deposito,
quindi a lui si addossa il rischio della perdita casuale delle cose. Egli deve
restituire solo la stessa quantità delle cose di medesimo genere e di
medesima qualità. Dall’altra parte, siccome il depositum
irregulare viene riconosciuto come una delle specie di deposito, su di esso
non si estendono né i divieti sorgenti dallo senatoconsulto Macedoniano,
(divieto di prestito ai figli che si trovano sotto patria potestas’),
né la possibilità di contestarlo tramite una querela non
numeratae pecuniae. Per la stessa causa non risulta possibile la
compensazione dei crediti contrapposti derivanti da mutuo e depositum
irregulare, né ugualmente può essere applicato lo jus
retentionis. Oltre a questo, la condanna per l’actio depositi
directa (azione del depositante), intentata in base a depositum
irregulare, conduceva all’infamia del convenuto
(infamia legata alla riduzione della capacità giuridica). Altrettanto
gli interessi per causa della mora, definiti da un accordo informale (pactum),
potevano essere riscossi solo nel caso del depositum irregulare,
e mai nel caso del mutuum. Una particolarità importante
del contratto in argomento consisteva in ciò che le richieste del
depositante acquisivano carattere privilegiato nel caso di bancarotta del
depositario.
Il depositum
irregulare ottenne il
suo compimento logico nel diritto delle pandette, essendovi riconosciuto come
una sottospecie autonoma del contratto di deposito, nel quale il depositario
diventa proprietario delle cose prese in deposito con l’incarico di
restituire la stessa quantità delle cose di medesimo genere e di
medesima qualità. Naturalmente a questo, in veste di proprietario, si
addossa il rischio della perdita casuale delle cose consegnategli in deposito.
Proprio la stessa impostazione veniva applicata dal Tribunale Imperiale della
Germania nel periodo del usus modernus Pandectarum[7].
Il Codice Civile Germanico (BGB) nel §
Ancora in precedenza
questo problema fu risolto in modo analogo nel Landrecht prussiano, mentre il
Code Civil passa questo argomento sotto silenzio, ma soltanto perché la
dottrina francese aderì all’opinione del Pothier, che riteneva che
nel mondo moderno non esistesse nessuna differenza tra il considerare questo rapporto
come un mutuo e la sua considerazione come un tipo speciale del contratto di
deposito al quale sono applicabili le norme del mutuo[9].
In seguito, è
proprio in questa forma che il depositum irregulare trova la sua
fissazione normativa in molti altri codici. Così il Codice Civile
Italiano contiene l’art. 1782 che dice: «Deposito irregolare
– Se il deposito ha per oggetto una quantità di denaro o di altre
cose fungibili, con facoltà per il depositario di servirsene, questi ne
acquista la proprietà ed è tenuto a restituirne altrettante della
stessa specie e qualità». L’art. 702 del Codice della
Repubblica di Corea dice: «In quel caso se il depositario su condizioni
del contratto ha facoltà di consumare i beni depositati, mutatis mutandis devono essere applicate le norme relative al mutuo. Se
però nel contratto non è fissato il termine di restituzione, il
depositante può chiedere la restituzione in qualsiasi momento».
Anche i Codici Civili delle ex-repubbliche dell’URSS (art. 430 del Codice
della Repubblica Sovietica Socialista di Kazakhstan, art. 411 del Codice della
Repubblica Sovietica Socialista di Moldavia, art. 427 del Codice della
Repubblica Sovietica Socialista di Uzbekistan, art. 423 del Codice della
Repubblica Sovietica Socialista di Ucraina) riconoscevano il depositario come
proprietario nel caso del deposito irregolare[10].
Anche nella dottrina civilistica del periodo sovietico, il diritto civile russo
di quegli anni si atteneva a questo punto di vista[11].
Il Codice Civile della
Federazione Russa prevede il depositum irregulare nell’art. 890, intitolato “Il
deposito con la spersonalizzazione”. L’articolo dice: «Nei
casi direttamente previsti dal contratto di deposito, le cose di un depositante
accettate per il deposito possono essere mescolate con le cose di medesimo
genere e di medesima qualità degli altri depositanti (deposito con
spersonalizzazione). Al depositante va restituita la quantità, uguale o
contrattata dalle parti, di cose di medesimo genere e di medesima qualità».
Nonostante che il detto articolo dichiari la necessità di dare una
diretta indicazione nel contratto sul possibile mescolamento delle cose
consegnate per deposito con cose uguali appartenenti ad un altro; bisogna
consentire senza dubbio con Julius Baron, il quale nelle sue Pandette notava
che un simile accordo si faceva tacitamente nel caso in cui una cosa fungibile
si consegnasse per deposito senza la sua individuazione[12].
In tal modo la stessa formulazione dell’oggetto del contratto come
trasferimento delle cose determinate nel genere, deve essere considerata
indizio del deposito con spersonalizzazione.
Riguardo a questo tipo
di deposito, nella dottrina civilistica russa esiste l’opinione che in
una situazione simile tra le persone, le cui cose fossero mescolate, sorgono
rapporti di condominio[13].
Per confermare questa interpretazione si fa il riferimento all’art. 432
del Codice Civile della RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica della
Russia) del 1964 che dice: «Se da diverse persone sono consegnate per deposito
le cose determinate nel genere nel contratto e se queste cose vengono
spersonalizzate dal depositario, in questo caso si stabilisce il condominio dei
depositanti delle cose conformemente alla quantità delle cose
consegnate. Se in presenza del rispettivo accordo tali cose passano in
proprietà del depositario, egli deve restituire al depositante delle
cose la quantità uguale oppure contrattata dalle parti di cose di
medesimo genere e qualità». Pensando alle possibili ragioni di
tale costruzione, sarà interessante notare che anch’essa proviene
dal diritto romano, in cui il mescolamento (commixtio) delle cose
appartenenti ai diversi proprietari portava al nascere tra di loro dei rapporti
di condominio.
Però è
stata elaborata una diversa concezione, che consiste nella finzione di
conservare il diritto di proprietà del depositante sulle cose
sostituibili consegnate, e nel riconoscere il suo diritto alla vindicatio
quantitatis, ossia alla rivendicazione tramite azione reale della
stessa quantità di cose determinate nello stesso genere. Al momento,
relativamente al diritto civile russo questo modo di pensare è stato
sostenuto anche con l’ausilio del diritto anglo-americano, il quale
ammette simile costruzione expressis verbis[14].
Pensando alle
eventuali ragioni di questa costruzione, si dovrà notare che anche essa
trova la sua origine nel diritto romano, nel quale il mescolamento (commixtio)
delle cose omogenee di proprietari diversi portava al nascere tra di loro dei
rapporti di condominio solo nel caso la commixtio sia stato fatto
secondo loro volontà. Ma se ciò era avvenuto contro la loro
volontà, ogni proprietario conservava il diritto alla vindicatio
quantitatis, cioe a rivendicare tramite actio in rem la
stessa quantita e lo stesso genere delle cose che era mescolate. Però
l'intentare la vindicatio quantitatis era possibile solo in quanto si
potesse provare che le cose della persona indicata si trovano nella massa
comune. (Cf. D.6.1.5. – Ulpianus libro sexto decimo ad edictum. Idem
Pomponius scribit: si frumentum duorum non voluntate eorum confusum sit,
competit singulis in rem actio in id, in quantum paret in illo acervo suum
cuisque esse: quod si voluntate eorum commixta sunt, tunc communicata
videbuntur et erit communi dividundo actio).
Diventa evidente che
il riconoscimento del fatto che col deposito con spersonalizzazione sorge una
proprietà comune, oppure che ogni depositante ritiene il suo diritto di
proprietà sulle cose consegnate da lui, è possibile soltanto nel
caso che le cose consegnate fossero in un certo qual modo individualizzate. In
tal caso la conditio sine qua non per intentare sia la vindicatio
quantitatis, sia l’actio communi dividundo, consiste
nell’individualizzare la massa creata come risultato del commixtio.
Nel caso contrario abbiamo a che fare con una finzione giuridica che permette
al depositante di conservare un carattere privilegiato della rivendicazione nel
caso di bancarotta del depositario e, dall’altra parte, di addossargli il
rischio della perdita casuale di quanto gli fu consegnato per deposito.
Diventa evidente che
si tratti proprio di una finzione, se si tiene conto del fatto che la
rivendicazione di quanto consegnato per deposito non è possibile nei
confronti di terzi. Su questo richiamava attenzione F.K. von Savigny, parlando
dei soldi come di un esempio tipico di cose determinate nel genere. Egli
scriveva che la possibilità di una rivendicazione della cosa da parte
del proprietario è legata alla necessità di provare
l’identità alla cosa posseduta dal convenuto, e questa possibilità
di provare, a sua volta, «è limitata dalla condizione si extant
– espressione indicante che in presenza di unità
quantitive di denaro che non sono determinate in modo individuale, le
malversazioni nonché il mescolamento con altre unità si considerano
in senso giuridico come loro annientamento. Per conservarle e determinarle in
modo individuale sarebbe necessario che il proprietario le mettesse in stretto
legame con cose aventi diversa natura, cioè le mettesse in un magazzino,
sigillato, chiuso e definito, per esempio, in cassa, in portamonete, in
portafogli ecc.»[15].
Tutte queste considerazioni possono essere attribuite, ragionevolmente,
qualsiasi altra cosa fungibile. E’ chiaro che se una simile cosa al
momento di stipulare il contratto non è stata individualizzata, si
potrà trattare solo della restituzione di una cosa analoga,
poiché nel dato caso non sarà possibile provare
l’identità della cosa. Questo significa che la rivendicazione di
tale cosa da terzi risulta impossibile. Dopo la consegna delle cose determinate
nel genere, la persona consegnante ha a sua disposizione soltanto
l’azione contro la persona che ha ricevuto le cose. Quindi il depositante
insieme al diritto di rivendicazione perde anche il diritto di proprietà
sulle cose da lui consegnate.
In questo senso
è molto caratteristico il cosiddetto “casus di Saufeo” che fu oggetto di esame dell’eminente
giurista romano del I sec.a.C. Alfeno Varo (D. 19.2.31). Alcuni commercianti
caricarono il grano sulla nave dell’armatore Saufeo. A uno di loro Saufeo
riuscì a restituire il grano dal carico comune, ma dopo la nave
naufragò. Al giurista fu chiesto se gli altri proprietari del carico
potessero intentare l’azione contro l’armatore per avere le loro
parti del grano, motivando che egli avesse nascosto il carico. Alfeno rispose:
«se qualcuno avesse consegnato per deposito il denaro contante e non lo
avesse consegnato imballato, né sigillato, ma solo l’avesse
contato, allora chi avesse accettato il denaro non avrebbe dovuto fare nient’altro
oltre che pagargli la stessa somma. Conformemente a questo si vede che il grano
fosse diventato appartenente a Saufeo e fosse consegnato da lui in modo
regolare. Se il grano di ogni commerciante fosse diviso con paratie, oppure
fosse consegnato a lui in canestre e in botti così che l’armatore
potesse discernere a chi apparteneva ogni carico di grano e non potesse
confondere il grano appartenente a diverse persone, allora quello a cui
appartenesse il grano dato dall’armatore all’altra persona, avrebbe
potuto intentare la rivendicazione. In questo modo Alfeno non approvò
l’intento di intentare l’azione per aver nascosto il carico (actio
oneris aversi), siccome le merci consegnate all’armatore furono di
tale genere da diventare immediatamente di proprietà dell’armatore
e per il commerciante era come se le avesse dato (all’armatore) in mutuo.
Non si vede come il carico potesse essere nascosto, dato che apparteneva
all’armatore»[16].
Alfeno afferma,
inoltre, che l’armatore non è responsabile della mancata consegna del
carico visto che si era determinato un caso di forza maggiore senza sua colpa.
Così, motivando l’impossibilità della rivendicazione col
fatto che le cose consegnate avessero perso i segni della loro individuazione,
Alfeno rende tutto il rapporto più somigliante in generale al mutuo.
Senz’altro, la sua posizione rimane alquanto contraddittoria,
poiché in virtù della famosa regola genus non perit non
poteva riconoscere cessate le obbligazioni di Saufeo nei riguardi dei rimanenti
consegnatari, neppure per causa di forza maggiore. Fu Alfeno stesso ad
assimilare la posizione di Saufeo a quella del beneficiario di un mutuo.
Però per noi
è importante, in questo caso, capire il perché Alfeno non
riconobbe il sorgere del condominio tra tutti coloro che avevano spedito grano
con la nave di Saufeo. Certo la sua motivazione si basava sul fatto che la nave
di Saufeo durante la navigazione aveva sostato più volte, caricando e
scaricando le merci omogenee che in tal modo si mescolavano al carico
già imbarcato. In questo caso non appare possibile riconoscere che si
conservassero i singoli diritti di proprietà sul grano caricato, visto
che viene persa la determinatezza individuale dell’oggetto del detto
diritto, quindi non c’è possibilità di una sua
rivendicazione nei confronti di terzi. Il riconoscere il condominio avrebbe
richiesto di estendere il relativo regime giuridico su tutto il grano caricato
sulla nave, il che avrebbe reso impossibile sia il caricamento sia la consegna
ai destinatari di singole parti del carico, determinando una situazione
veramente assurda.
Allora, la logica
suggerisce che il riconoscimento di Saufeo come proprietario di tutto il carico
e l’atto di equiparare questi rapporti ai rapporti di mutuo rimangono le
uniche varianti possibili.
A suo tempo Leon
Petrazycki aveva argomentato la presunzione dell’idoneità della
soluzione del problema giuridico che viene proposta dal diritto romano, nel
caso si verificasse una lacuna nella legislazione vigente; mentre sono assenti
seri argomenti contro la detta soluzione. Riteneva lo studioso che la detta
presunzione potesse basarsi sul fatto che il diritto romano riflette
l’esperienza di sviluppo di un sistema giuridico che durante più
di 1000 anni si era dovuto adattare ai mutevoli bisogni della vita pratica, limando
nel corso di questo svilupparsi il proprio strumentario analitico[17].
Questa presunzione, nonché la tradizione civilistica basata sul diritto
romano e riflessa nei codici civili dei paesi del continente europeo, ci fa
dichiarare a favore dell’equiparazione del deposito con
spersonalizzazione, previsto dall’articolo 890 del Codice Civile della
Federazione Russa, al depositum irregulare romano, quando il depositario
viene riconosciuto proprietario delle cose fungibili consegnategli in deposito,
addossandogli anche il rischio della loro perdita casuale. Certamente, di
regola, in questo caso si tratta del depositario professionale, responsabile
senza colpa dell’inadempimento dell’obbligazione. Però
questo non risolve il problema dato che rimane l’eventualità delle
eccezioni, oltre a ciò la forza maggiore rappresenta tuttavia una
circostanza attenuante anche per il depositario professionale. In più
non c’è nessun motivo di dare al depositante nel caso di deposito
con spersonalizzazione qualsiasi vantaggio rispetto agli altri creditori dello
stesso depositario, nel caso di bancarotta di quest’ultimo. Si
rinunciò a riconoscergli una posizione privilegiata già nel
diritto delle pandette[18].
E’ evidente che nel diritto civile russo sarebbe difficile trovare
argomenti a favore della posizione contraria.
Si presenta, senza
dubbio giusta e ben argomentata, l’indicazione che le norme del Codice
Civile della Federazione Russa non permettono di realizzare un regime del
condominio nel caso del deposito con spersonalizzazione[19].
Però sembra che il legislatore russo non condivida neanche l’idea
della finzione di conservazione dell’identità della cosa, quindi
del diritto di proprietà del depositante su di essa nel caso del
deposito con spersonalizzazione.
Dal contenuto
dell’art. 900 del Codice Civile della Federazione Russa risulta expressis
verbis che nel caso del deposito con spersonalizzazione, a differenza degli
altri tipi di contratto di deposito, il depositario restituisce non la stessa
cosa consegnatagli in deposito, ma un’altra. Contemporaneamente la
presenza dell’art. 918 del Codice Civile non tanto confuta la tesi che
nel caso del deposito con spersonalizzazione il depositario diventa
proprietario, quanto la sostiene, in quanto in questo articolo viene indicato
che «il depositario acquista il diritto di disporre delle merci
consegnategli in deposito, se questa possibilità sorge per lui dalla
legge, dagli altri atti giuridici oppure dal contratto». È chiaro
che proprio nel caso del deposito con spersonalizzazione, quando dopo la
consegna in deposito di cose determinate nel genere, il depositario ha diritto
di restituirne altrettante dello stesso genere e qualità,
l’acquisto da parte del depositario del diritto di proprietà sulle
cose consegnategli in deposito deriva dalla legge. Questa tesi viene ben
illustrata da una sentenza del Tribunale Supremo di Cassazione
dell’Italia: «In caso di deposito irregolare di beni fungibili,
come il denaro, quando non siano stati individuati al momento della consegna,
entrano nella disponibilità del depositario che acquista il diritto di
servirsene e, pertanto, ne diventa proprietario, pur essendo tenuto a
restituirne altrettanti della stessa specie e qualità, salvo che sia
stata apposta un’apposita clausola derogatoria»[20].
Come è stato
giustamente notato nella letteratura sull’argomento in esame
«l’art. 890 del Codice Civile prevede la restituzione delle cose
analoghe (delle cose di stesso genere e qualità), il che presume che il
depositario deve avere il diritto di disporre del bene depositato (ivi compreso
l’alienazione)»[21].
[1] Litewski W., Le
dépôt irrégulier, in RIDA 1974, 215 (citazione da: Zimmermann R., The Law of Obligations. Roman Foundations of the Civilian Tradition,
1990, 217.).
[4] Arangio-Ruiz V., Istituzioni di Diritto Romano,
XIV edizione riveduta. Ristampa anastatica. Napoli. 1981, 312 nt. 1.
[6] D.12.1.9.10: Ulpianus libro vicensimo sexto ad edictum. Deposui
apud te decem, postea permisi tibi uti: Nerva, Proculus etiam antequam
moveantur, condicere quasi mutua tibi haec posse aiunt, et est verum, ut et
Marcello videtur: animo enim coepit possidere. Ergo transit periculum ad eum,
qui mutuam rogavit et poterit ei condici.
[7] Dernburg H., Pandette. II. Diritto delle
obbligazioni. Traduzione russa a
cura di P. Sokolowskij, Мosca 1911, 240 nt. 2.
[8] § 700 BGB
Unregelmäßiger Verwahrungsvertrag (1) Werden vertretbare Sachen in
der Art hinterlegt, dass das Eigentum auf den Verwahrer übergehen und
dieser verpflichtet sein soll, Sachen von gleicher Art, Güte und Menge
zurückzugewähren, so finden bei Geld die Vorschriften über den Darlehensvertrag,
bei anderen Sachen die Vorschriften über den Sachdarlehensvertrag
Anwendung. Gestattet der Hinterleger dem Verwahrer, hinterlegte vertretbare
Sachen zu verbrauchen, so finden bei Geld die Vorschriften über den
Darlehensvertrag, bei anderen Sachen die Vorschriften über den
Sachdarlehensvertrag von dem Zeitpunkt an Anwendung, in welchem der Verwahrer
sich die Sachen aneignet. In beiden Fällen bestimmen sich jedoch Zeit und
Ort der Rückgabe im Zweifel nach den Vorschriften über den
Verwahrungsvertrag. (2) Bei der Hinterlegung von Wertpapieren ist eine
Vereinbarung der im Absatz 1 bezeichneten Art nur gültig, wenn sie
ausdrücklich getroffen wird.
[9] Zimmermann R., The Law of Obligations. Roman Foundations of
the Civilian Tradition, cit., 219 nt. 23.
[10] Khaskelberg
B.L., Rovnij V.V., L’individuale
e il generico in diritto civile <in russo>, Мosca 2004, 129.
[13] Commentario
al Codice Civile della Federazione Russa, parte seconda, a cura di О.N. Sadikov. <in russo>, Мosca 1997, 472 ; Diritto Civile: Manuale, a cura di А.P. Sergheev, J.К.
Тоlstoj, Parte 2 <in russo>, Мosca 1997, 610, 622.
[14] Basiliev G.S., Il passaggio del diritto
di proprietà sulle cose mobili secondo contratto <in russo>, San Pietroburgo
2006, 10-11; Коtelevskaja А.А., Alcuni problemi di
regolamento giuridico dei certificati di magazzino di deposito doppi e semplici, in Problemi attuali di diritto civile, Quaderno
[15] Savigny F.K.
von, Diritto delle obbligazioni, Traduzione
russa di V. Fuks e N. Mandro, Мosca 1876, 452-453.
[16] D. 19.2.31: In navem Saufeii cum complures frumentum confuderant,
Saufeius uni ex his frumentum reddiderat de communi et navis perierat:
quaesitum est, an ceteri pro sua parte frumenti cum nauta agere possunt oneris
aversi actione. Respondit rerum locatarum duo genera esse, ut aut idem
redderetur ( sicuti cum vestimenta fulloni curanda locarentur) aut eiusdem
generis redderetur ( veluti cum argentum pusulatum fabro daretur, ut vasa
fierent, aut aurum, ut anuli): ex superiore causa rem domini manere, ex
posteriore in creditum iri. idem iuris esse in deposito: nam si quis pecuniam
numeratam ita deposuisset, ut neque clusam neque obsignatam traderet, sed
adnumeraret, nihil alius eum debere apud quem deposita esset, nisi tantundem
pecuniae solveret. Secundum quae videri triticum factum saufeii et recte datum.
quod si separatim tabulis aut heronibus aut in alia cupa clusum uniuscuiusque
triticum fuisset, ita ut internosci posset quid cuiusque esset, non potuisse
nos permutationem facere, sed tum posse eum cuius fuisset triticum quod nauta
solvisset vindicare. Et ideo se improbare actiones oneris aversi: quia sive
eius generis essent merces, quae nautae traderentur, ut continuo eius fierent
et mercator in creditum iret, non videretur onus esse aversum, quippe quod
nautae fuisset: sive eadem res, quae tradita esset, reddi deberet, furti esse
actionem locatori et ideo supervacuum esse iudicium oneris aversi. Sed si ita
datum esset, ut in simili re solvi possit, conductorem culpam dumtaxat debere (
nam in re, quae utriusque causa contraheretur, culpam deberi) neque omnimodo
culpam esse, quod uni reddidisset ex frumento, quoniam alicui primum reddere
eum necesse fuisset, tametsi meliorem eius condicionem faceret quam ceterorum.
[17] Giaro T.,
[19] Basiliev G.S., Il passaggio del
diritto di proprietà sulle cose mobili secondo contratto <in russo>, cit., 10-11; Коtelevskaja А.А., Alcuni problemi di regolamento
giuridico dei certificati di magazzino di deposito doppi e semplici, cit.,
[20] Il
Codice Civile. Spiegato con esempi pratici, dottrina, giurisprudenza, schemi, tabelle e
appendice normativa, III edizione a cura di Luigi Tramontano. Piacenza, “Casa Editrice