N. 5 – 2006 – Memorie

 

Anton D. Rudokvas

Università Statale di San Pietroburgo

 

Il depositum irregulare nel diritto civile russo

 

 

Il deposito irregolare, secondo Wislav Litevski, autore di un articolo ad esso appositamente dedicato, «rappresenta uno dei più contraddittori istituti della scienza del diritto romano»[1]. Anche di più, nella romanistica giuridica si mette in dubbio perfino l’applicabilità della concezione “istituto” al depositum irregulare, siccome la stessa qualifica giuridica data dai giuristi romani ai rapporti sorgenti dal detto contratto in tutti i periodi di sviluppo del diritto romano rimaneva assai contraddittoria[2]. L’essenza di questi rapporti viene esposta in modo laconico nel manuale classico del diritto romano del romanista Pasquale Voci:«Il deposito irregolare é quello avente per oggetto cose fungibili, che il depositario può consumare, restituendone altrettante della medesima qualità. Il depositario sopporta intero il rischio della cosa. La figura del deposito irregolare è postclassica»[3].

E’ evidente che tale tipo di contratto assomiglia più al mutuo che al contratto di deposito. Infatti, nel mondo ellenistico per regolarizzare i rapporti di questo carattere si usava il contratto παρακαταφηκη. Dal contenuto dei papiri dell’Egitto ellenistico si vede che questo contratto rappresentava un tipico mutuo, sebbene ad esso venisse applicata oramai (tramite introduzione della finzione) la norma che il depositario in malafede dovesse restituire quanto perduto in misura doppia[4]. La denominazione stessa del deposito venne applicata al contratto di questo tipo anche dai greci[5]. I greci costituivano una considerevole parte tra i banchieri romani, quindi oltre al termine latino argentarii a Roma per nominare i banchieri si usava anche la parola greca trapeziti. Questa è la ragione per cui la concezione di un tipo speciale di deposito, quando vanno restituite non quelle stesse cose che furono lasciate per deposito, ma le altre cose del medesimo genere e della medesima qualità, si diffuse nella comune coscienza civile. Essa influenzò anche i giuristi romani. Però all’inizio, come risulta dai Digesti, i giuristi ammettevano l’esistenza di un tipo speciale di deposito delle cose, determinate nel genere, solo se applicato ai soldi. In tal modo si limitava il settore di applicazione della nuova concezione al solo settore dei rapporti tra banchieri e  loro clienti, dove proprio nacque questa concezione.

Per di più la giurisprudenza classica si opponeva all’uso della detta concezione perfino in questo settore. Così Ulpiano insisteva nel sostenere con fermezza il principio per cui ogni passaggio di cose, determinate nel genere, ivi compresi i soldi, dovesse essere considerato un mutuo[6]. Però, dall’altra parte nei Digesti si incontrano alcuni frammenti, in cui si discute la possibilità di far deposito delle cose, determinate nel genere, proposito di operazioni che non erano bancarie. Com’è noto lo sviluppo dell’istituto in argomento terminò con introduzione nel diritto di Giustiniano di una singola sottospecie del contratto di deposito – depositum irregulare – che rappresenta una specie di ibrido tra il mutuo e il deposito.

Al mutuo lo ravvicina il fatto che il depositario diventa proprietario delle cose prese in deposito, quindi a lui si addossa il rischio della perdita casuale delle cose. Egli deve restituire solo la stessa quantità delle cose di medesimo genere e di medesima qualità. Dall’altra parte, siccome il depositum irregulare viene riconosciuto come una delle specie di deposito, su di esso non si estendono né i divieti sorgenti dallo senatoconsulto Macedoniano, (divieto di prestito ai figli che si trovano sotto patria potestas’), né la possibilità di contestarlo tramite una querela non numeratae pecuniae. Per la stessa causa non risulta possibile la compensazione dei crediti contrapposti derivanti da mutuo e depositum irregulare, né ugualmente può essere applicato lo jus retentionis. Oltre a questo, la condanna per l’actio depositi directa (azione del depositante), intentata in base a depositum irregulare, conduceva all’infamia del convenuto (infamia legata alla riduzione della capacità giuridica). Altrettanto gli interessi per causa della mora, definiti da un accordo informale (pactum), potevano essere riscossi solo nel caso del depositum irregulare, e mai nel caso del mutuum. Una particolarità importante del contratto in argomento consisteva in ciò che le richieste del depositante acquisivano carattere privilegiato nel caso di bancarotta del depositario.

Il depositum irregulare  ottenne il suo compimento logico nel diritto delle pandette, essendovi riconosciuto come una sottospecie autonoma del contratto di deposito, nel quale il depositario diventa proprietario delle cose prese in deposito con l’incarico di restituire la stessa quantità delle cose di medesimo genere e di medesima qualità. Naturalmente a questo, in veste di proprietario, si addossa il rischio della perdita casuale delle cose consegnategli in deposito. Proprio la stessa impostazione veniva applicata dal Tribunale Imperiale della Germania nel periodo del usus modernus Pandectarum[7]. Il Codice Civile Germanico (BGB) nel § 700 in generale subordina il depositum irregulare alle norme riguardanti il contratto di mutuo. Però le questioni controverse che si riferivano al tempo e al luogo della restituzione del consegnato al deposito il legislatore tedesco prescrisse di risolvere partendo dalle norme riguardanti il contratto di deposito[8].

Ancora in precedenza questo problema fu risolto in modo analogo nel Landrecht prussiano, mentre il Code Civil passa questo argomento sotto silenzio, ma soltanto perché la dottrina francese aderì all’opinione del Pothier, che riteneva che nel mondo moderno non esistesse nessuna differenza tra il considerare questo rapporto come un mutuo e la sua considerazione come un tipo speciale del contratto di deposito al quale sono applicabili le norme del mutuo[9].

In seguito, è proprio in questa forma che il depositum irregulare trova la sua fissazione normativa in molti altri codici. Così il Codice Civile Italiano contiene l’art. 1782 che dice: «Deposito irregolare – Se il deposito ha per oggetto una quantità di denaro o di altre cose fungibili, con facoltà per il depositario di servirsene, questi ne acquista la proprietà ed è tenuto a restituirne altrettante della stessa specie e qualità». L’art. 702 del Codice della Repubblica di Corea dice: «In quel caso se il depositario su condizioni del contratto ha facoltà di consumare i beni depositati, mutatis mutandis devono essere applicate le norme relative al mutuo. Se però nel contratto non è fissato il termine di restituzione, il depositante può chiedere la restituzione in qualsiasi momento». Anche i Codici Civili delle ex-repubbliche dell’URSS (art. 430 del Codice della Repubblica Sovietica Socialista di Kazakhstan, art. 411 del Codice della Repubblica Sovietica Socialista di Moldavia, art. 427 del Codice della Repubblica Sovietica Socialista di Uzbekistan, art. 423 del Codice della Repubblica Sovietica Socialista di Ucraina) riconoscevano il depositario come proprietario nel caso del deposito irregolare[10]. Anche nella dottrina civilistica del periodo sovietico, il diritto civile russo di quegli anni si atteneva a questo punto di vista[11].

Il Codice Civile della Federazione Russa prevede il depositum irregulare  nell’art. 890, intitolato “Il deposito con la spersonalizzazione”. L’articolo dice: «Nei casi direttamente previsti dal contratto di deposito, le cose di un depositante accettate per il deposito possono essere mescolate con le cose di medesimo genere e di medesima qualità degli altri depositanti (deposito con spersonalizzazione). Al depositante va restituita la quantità, uguale o contrattata dalle parti, di cose di medesimo genere e di medesima qualità». Nonostante che il detto articolo dichiari la necessità di dare una diretta indicazione nel contratto sul possibile mescolamento delle cose consegnate per deposito con cose uguali appartenenti ad un altro; bisogna consentire senza dubbio con Julius Baron, il quale nelle sue Pandette notava che un simile accordo si faceva tacitamente nel caso in cui una cosa fungibile si consegnasse per deposito senza la sua individuazione[12]. In tal modo la stessa formulazione dell’oggetto del contratto come trasferimento delle cose determinate nel genere, deve essere considerata indizio del deposito con spersonalizzazione.

Riguardo a questo tipo di deposito, nella dottrina civilistica russa esiste l’opinione che in una situazione simile tra le persone, le cui cose fossero mescolate, sorgono rapporti di condominio[13]. Per confermare questa interpretazione si fa il riferimento all’art. 432 del Codice Civile della RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica della Russia) del 1964 che dice: «Se da diverse persone sono consegnate per deposito le cose determinate nel genere nel contratto e se queste cose vengono spersonalizzate dal depositario, in questo caso si stabilisce il condominio dei depositanti delle cose conformemente alla quantità delle cose consegnate. Se in presenza del rispettivo accordo tali cose passano in proprietà del depositario, egli deve restituire al depositante delle cose la quantità uguale oppure contrattata dalle parti di cose di medesimo genere e qualità». Pensando alle possibili ragioni di tale costruzione, sarà interessante notare che anch’essa proviene dal diritto romano, in cui il mescolamento (commixtio) delle cose appartenenti ai diversi proprietari portava al nascere tra di loro dei rapporti di condominio.

Però è stata elaborata una diversa concezione, che consiste nella finzione di conservare il diritto di proprietà del depositante sulle cose sostituibili consegnate, e nel riconoscere il suo diritto alla vindicatio quantitatis, ossia alla rivendicazione tramite azione reale della stessa quantità di cose determinate nello stesso genere. Al momento, relativamente al diritto civile russo questo modo di pensare è stato sostenuto anche con l’ausilio del diritto anglo-americano, il quale ammette simile costruzione expressis verbis[14].

Pensando alle eventuali ragioni di questa costruzione, si dovrà notare che anche essa trova la sua origine nel diritto romano, nel quale il mescolamento (commixtio) delle cose omogenee di proprietari diversi portava al nascere tra di loro dei rapporti di condominio solo nel caso la commixtio sia stato fatto secondo loro volontà. Ma se ciò era avvenuto contro la loro volontà, ogni proprietario conservava il diritto alla vindicatio quantitatis, cioe a rivendicare tramite actio in rem la stessa quantita e lo stesso genere delle cose che era mescolate. Però l'intentare la vindicatio quantitatis era possibile solo in quanto si potesse provare che le cose della persona indicata si trovano nella massa comune. (Cf. D.6.1.5. – Ulpianus libro sexto decimo ad edictum. Idem Pomponius scribit: si frumentum duorum non voluntate eorum confusum sit, competit singulis in rem actio in id, in quantum paret in illo acervo suum cuisque esse: quod si voluntate eorum commixta sunt, tunc communicata videbuntur et erit communi dividundo actio).

Diventa evidente che il riconoscimento del fatto che col deposito con spersonalizzazione sorge una proprietà comune, oppure che ogni depositante ritiene il suo diritto di proprietà sulle cose consegnate da lui, è possibile soltanto nel caso che le cose consegnate fossero in un certo qual modo individualizzate. In tal caso la conditio sine qua non per intentare sia la vindicatio quantitatis, sia l’actio communi dividundo, consiste nell’individualizzare la massa creata come risultato del commixtio. Nel caso contrario abbiamo a che fare con una finzione giuridica che permette al depositante di conservare un carattere privilegiato della rivendicazione nel caso di bancarotta del depositario e, dall’altra parte, di addossargli il rischio della perdita casuale di quanto gli fu consegnato per deposito.

Diventa evidente che si tratti proprio di una finzione, se si tiene conto del fatto che la rivendicazione di quanto consegnato per deposito non è possibile nei confronti di terzi. Su questo richiamava attenzione F.K. von Savigny, parlando dei soldi come di un esempio tipico di cose determinate nel genere. Egli scriveva che la possibilità di una rivendicazione della cosa da parte del proprietario è legata alla necessità di provare l’identità alla cosa posseduta dal convenuto, e questa possibilità di provare, a sua volta, «è limitata dalla condizione si extant – espressione indicante che in presenza di unità quantitive di denaro che non sono determinate in modo individuale, le malversazioni nonché il mescolamento con altre unità si considerano in senso giuridico come loro annientamento. Per conservarle e determinarle in modo individuale sarebbe necessario che il proprietario le mettesse in stretto legame con cose aventi diversa natura, cioè le mettesse in un magazzino, sigillato, chiuso e definito, per esempio, in cassa, in portamonete, in portafogli ecc.»[15]. Tutte queste considerazioni possono essere attribuite, ragionevolmente, qualsiasi altra cosa fungibile. E’ chiaro che se una simile cosa al momento di stipulare il contratto non è stata individualizzata, si potrà trattare solo della restituzione di una cosa analoga, poiché nel dato caso non sarà possibile provare l’identità della cosa. Questo significa che la rivendicazione di tale cosa da terzi risulta impossibile. Dopo la consegna delle cose determinate nel genere, la persona consegnante ha a sua disposizione soltanto l’azione contro la persona che ha ricevuto le cose. Quindi il depositante insieme al diritto di rivendicazione perde anche il diritto di proprietà sulle cose da lui consegnate.

In questo senso è molto caratteristico il cosiddetto “casus di Saufeo” che fu oggetto di esame dell’eminente giurista romano del I sec.a.C. Alfeno Varo (D. 19.2.31). Alcuni commercianti caricarono il grano sulla nave dell’armatore Saufeo. A uno di loro Saufeo riuscì a restituire il grano dal carico comune, ma dopo la nave naufragò. Al giurista fu chiesto se gli altri proprietari del carico potessero intentare l’azione contro l’armatore per avere le loro parti del grano, motivando che egli avesse nascosto il carico. Alfeno rispose: «se qualcuno avesse consegnato per deposito il denaro contante e non lo avesse consegnato imballato, né sigillato, ma solo l’avesse contato, allora chi avesse accettato il denaro non avrebbe dovuto fare nient’altro oltre che pagargli la stessa somma. Conformemente a questo si vede che il grano fosse diventato appartenente a Saufeo e fosse consegnato da lui in modo regolare. Se il grano di ogni commerciante fosse diviso con paratie, oppure fosse consegnato a lui in canestre e in botti così che l’armatore potesse discernere a chi apparteneva ogni carico di grano e non potesse confondere il grano appartenente a diverse persone, allora quello a cui appartenesse il grano dato dall’armatore all’altra persona, avrebbe potuto intentare la rivendicazione. In questo modo Alfeno non approvò l’intento di intentare l’azione per aver nascosto il carico (actio oneris aversi), siccome le merci consegnate all’armatore furono di tale genere da diventare immediatamente di proprietà dell’armatore e per il commerciante era come se le avesse dato (all’armatore) in mutuo. Non si vede come il carico potesse essere nascosto, dato che apparteneva all’armatore»[16].

Alfeno afferma, inoltre, che l’armatore non è responsabile della mancata consegna del carico visto che si era determinato un caso di forza maggiore senza sua colpa. Così, motivando l’impossibilità della rivendicazione col fatto che le cose consegnate avessero perso i segni della loro individuazione, Alfeno rende tutto il rapporto più somigliante in generale al mutuo. Senz’altro, la sua posizione rimane alquanto contraddittoria, poiché in virtù della famosa regola genus non perit non poteva riconoscere cessate le obbligazioni di Saufeo nei riguardi dei rimanenti consegnatari, neppure per causa di forza maggiore. Fu Alfeno stesso ad assimilare la posizione di Saufeo a quella del beneficiario di un mutuo.

Però per noi è importante, in questo caso, capire il perché Alfeno non riconobbe il sorgere del condominio tra tutti coloro che avevano spedito grano con la nave di Saufeo. Certo la sua motivazione si basava sul fatto che la nave di Saufeo durante la navigazione aveva sostato più volte, caricando e scaricando le merci omogenee che in tal modo si mescolavano al carico già imbarcato. In questo caso non appare possibile riconoscere che si conservassero i singoli diritti di proprietà sul grano caricato, visto che viene persa la determinatezza individuale dell’oggetto del detto diritto, quindi non c’è possibilità di una sua rivendicazione nei confronti di terzi. Il riconoscere il condominio avrebbe richiesto di estendere il relativo regime giuridico su tutto il grano caricato sulla nave, il che avrebbe reso impossibile sia il caricamento sia la consegna ai destinatari di singole parti del carico, determinando una situazione veramente assurda.

Allora, la logica suggerisce che il riconoscimento di Saufeo come proprietario di tutto il carico e l’atto di equiparare questi rapporti ai rapporti di mutuo rimangono le uniche varianti possibili.

A suo tempo Leon Petrazycki aveva argomentato la presunzione dell’idoneità della soluzione del problema giuridico che viene proposta dal diritto romano, nel caso si verificasse una lacuna nella legislazione vigente; mentre sono assenti seri argomenti contro la detta soluzione. Riteneva lo studioso che la detta presunzione potesse basarsi sul fatto che il diritto romano riflette l’esperienza di sviluppo di un sistema giuridico che durante più di 1000 anni si era dovuto adattare ai mutevoli bisogni della vita pratica, limando nel corso di questo svilupparsi il proprio strumentario analitico[17]. Questa presunzione, nonché la tradizione civilistica basata sul diritto romano e riflessa nei codici civili dei paesi del continente europeo, ci fa dichiarare a favore dell’equiparazione del deposito con spersonalizzazione, previsto dall’articolo 890 del Codice Civile della Federazione Russa, al depositum irregulare romano, quando il depositario viene riconosciuto proprietario delle cose fungibili consegnategli in deposito, addossandogli anche il rischio della loro perdita casuale. Certamente, di regola, in questo caso si tratta del depositario professionale, responsabile senza colpa dell’inadempimento dell’obbligazione. Però questo non risolve il problema dato che rimane l’eventualità delle eccezioni, oltre a ciò la forza maggiore rappresenta tuttavia una circostanza attenuante anche per il depositario professionale. In più non c’è nessun motivo di dare al depositante nel caso di deposito con spersonalizzazione qualsiasi vantaggio rispetto agli altri creditori dello stesso depositario, nel caso di bancarotta di quest’ultimo. Si rinunciò a riconoscergli una posizione privilegiata già nel diritto delle pandette[18]. E’ evidente che nel diritto civile russo sarebbe difficile trovare argomenti a favore della posizione contraria.

Si presenta, senza dubbio giusta e ben argomentata, l’indicazione che le norme del Codice Civile della Federazione Russa non permettono di realizzare un regime del condominio nel caso del deposito con spersonalizzazione[19]. Però sembra che il legislatore russo non condivida neanche l’idea della finzione di conservazione dell’identità della cosa, quindi del diritto di proprietà del depositante su di essa nel caso del deposito con spersonalizzazione.

Dal contenuto dell’art. 900 del Codice Civile della Federazione Russa risulta expressis verbis che nel caso del deposito con spersonalizzazione, a differenza degli altri tipi di contratto di deposito, il depositario restituisce non la stessa cosa consegnatagli in deposito, ma un’altra. Contemporaneamente la presenza dell’art. 918 del Codice Civile non tanto confuta la tesi che nel caso del deposito con spersonalizzazione il depositario diventa proprietario, quanto la sostiene, in quanto in questo articolo viene indicato che «il depositario acquista il diritto di disporre delle merci consegnategli in deposito, se questa possibilità sorge per lui dalla legge, dagli altri atti giuridici oppure dal contratto». È chiaro che proprio nel caso del deposito con spersonalizzazione, quando dopo la consegna in deposito di cose determinate nel genere, il depositario ha diritto di restituirne altrettante dello stesso genere e qualità, l’acquisto da parte del depositario del diritto di proprietà sulle cose consegnategli in deposito deriva dalla legge. Questa tesi viene ben illustrata da una sentenza del Tribunale Supremo di Cassazione dell’Italia: «In caso di deposito irregolare di beni fungibili, come il denaro, quando non siano stati individuati al momento della consegna, entrano nella disponibilità del depositario che acquista il diritto di servirsene e, pertanto, ne diventa proprietario, pur essendo tenuto a restituirne altrettanti della stessa specie e qualità, salvo che sia stata apposta un’apposita clausola derogatoria»[20].

Come è stato giustamente notato nella letteratura sull’argomento in esame «l’art. 890 del Codice Civile prevede la restituzione delle cose analoghe (delle cose di stesso genere e qualità), il che presume che il depositario deve avere il diritto di disporre del bene depositato (ivi compreso l’alienazione)»[21].

 

 



 

[1] Litewski W., Le dépôt irrégulier, in RIDA 1974, 215 (citazione da: Zimmermann R., The Law of Obligations. Roman Foundations of the Civilian Tradition, 1990, 217.).

 

[2] Zimmermann R., The Law of Obligations. Roman Foundations of the Civilian Tradition. P. 217.

 

[3] Voci P., Istituzioni di diritto Romano, Milano 1954, 378.

 

[4] Arangio-Ruiz V., Istituzioni di Diritto Romano, XIV edizione riveduta. Ristampa anastatica. Napoli. 1981, 312 nt. 1.

 

[5] Ibidem.

 

[6] D.12.1.9.10: Ulpianus libro vicensimo sexto ad edictum. Deposui  apud te decem, postea permisi tibi uti: Nerva, Proculus etiam antequam moveantur, condicere quasi mutua tibi haec posse aiunt, et est verum, ut et Marcello videtur: animo enim coepit possidere. Ergo transit periculum ad eum, qui mutuam rogavit et poterit ei condici.

 

[7] Dernburg H., Pandette. II. Diritto delle obbligazioni. Traduzione russa a cura di P. Sokolowskij, Мosca 1911, 240 nt. 2.

 

[8] § 700 BGB Unregelmäßiger Verwahrungsvertrag (1) Werden vertretbare Sachen in der Art hinterlegt, dass das Eigentum auf den Verwahrer übergehen und dieser verpflichtet sein soll, Sachen von gleicher Art, Güte und Menge zurückzugewähren, so finden bei Geld die Vorschriften über den Darlehensvertrag, bei anderen Sachen die Vorschriften über den Sachdarlehensvertrag Anwendung. Gestattet der Hinterleger dem Verwahrer, hinterlegte vertretbare Sachen zu verbrauchen, so finden bei Geld die Vorschriften über den Darlehensvertrag, bei anderen Sachen die Vorschriften über den Sachdarlehensvertrag von dem Zeitpunkt an Anwendung, in welchem der Verwahrer sich die Sachen aneignet. In beiden Fällen bestimmen sich jedoch Zeit und Ort der Rückgabe im Zweifel nach den Vorschriften über den Verwahrungsvertrag. (2) Bei der Hinterlegung von Wertpapieren ist eine Vereinbarung der im Absatz 1 bezeichneten Art nur gültig, wenn sie ausdrücklich getroffen wird.

 

[9] Zimmermann R.,  The Law of Obligations. Roman Foundations of the Civilian Tradition, cit., 219 nt. 23.

 

[10] Khaskelberg B.L., Rovnij V.V., L’individuale e il generico in diritto civile <in russo>, Мosca 2004, 129.

 

[11] Ioffe O.S., Diritto delle obbligazioni  <in russo>, Мosca 1975, 498-499.

 

[12] Baron J., Pandekten, 5 Aufl., Leipzig, Duncker & Humblot, 1885, 465.

 

[13] Commentario al Codice Civile della Federazione Russa, parte seconda, a cura di О.N. Sadikov. <in russo>, Мosca 1997, 472 ; Diritto Civile: Manuale, a cura di А.P. Sergheev, J.К. Тоlstoj, Parte 2 <in russo>, Мosca 1997, 610, 622.

 

[14] Basiliev G.S., Il passaggio del diritto di proprietà sulle cose mobili secondo contratto <in russo>, San Pietroburgo 2006, 10-11; Коtelevskaja А.А., Alcuni problemi di regolamento giuridico dei certificati di magazzino di deposito doppi e semplici, in Problemi attuali di diritto civile, Quaderno 10, a cura di  О.J. Scilokvost. <in russo>, Мosca, “Normа”, 2006, 235 ss.

 

[15] Savigny F.K. von, Diritto delle obbligazioni, Traduzione russa di V. Fuks e N. Mandro, Мosca 1876, 452-453.

 

[16] D. 19.2.31: In navem Saufeii cum complures frumentum confuderant, Saufeius uni ex his frumentum reddiderat de communi et navis perierat: quaesitum est, an ceteri pro sua parte frumenti cum nauta agere possunt oneris aversi actione. Respondit rerum locatarum duo genera esse, ut aut idem redderetur ( sicuti cum vestimenta fulloni curanda locarentur) aut eiusdem generis redderetur ( veluti cum argentum pusulatum fabro daretur, ut vasa fierent, aut aurum, ut anuli): ex superiore causa rem domini manere, ex posteriore in creditum iri. idem iuris esse in deposito: nam si quis pecuniam numeratam ita deposuisset, ut neque clusam neque obsignatam traderet, sed adnumeraret, nihil alius eum debere apud quem deposita esset, nisi tantundem pecuniae solveret. Secundum quae videri triticum factum saufeii et recte datum. quod si separatim tabulis aut heronibus aut in alia cupa clusum uniuscuiusque triticum fuisset, ita ut internosci posset quid cuiusque esset, non potuisse nos permutationem facere, sed tum posse eum cuius fuisset triticum quod nauta solvisset vindicare. Et ideo se improbare actiones oneris aversi: quia sive eius generis essent merces, quae nautae traderentur, ut continuo eius fierent et mercator in creditum iret, non videretur onus esse aversum, quippe quod nautae fuisset: sive eadem res, quae tradita esset, reddi deberet, furti esse actionem locatori et ideo supervacuum esse iudicium oneris aversi. Sed si ita datum esset, ut in simili re solvi possit, conductorem culpam dumtaxat debere ( nam in re, quae utriusque causa contraheretur, culpam deberi) neque omnimodo culpam esse, quod uni reddidisset ex frumento, quoniam alicui primum reddere eum necesse fuisset, tametsi meliorem eius condicionem faceret quam ceterorum.

 

[17] Giaro T., La Civilpolitik di Petrazycki o dell’amore nel sistema decentralizzato, in Index. Quaderni camerti di studi romanistici, 23, 1995, 97-157.

 

[18] Baron J., Pandekten, cit., 466.

 

[19] Basiliev G.S., Il passaggio del diritto di proprietà sulle cose mobili secondo contratto <in russo>, cit., 10-11; Коtelevskaja А.А., Alcuni problemi di regolamento giuridico dei certificati di magazzino di deposito doppi e semplici, cit., 234. A questo si può aggiungere ad esempio, che il Codice Civile della Georgia , de lege lata fissante nel c. 3 art.786 il diritto di proprietà in comune sulle merci omogenee, appartenenti a diversi depositanti, mescolate nel magazzino di merci, indica direttamente che «il depositario deve restituire la merce a ciascuno depositante conformemente alla sua propria quota senza chiedere il consenso degli altri depositanti». E’ curioso che l’art. 777 del Codice Civile della Georgia, intitolato “Particolarità della consegna in deposito di cose, determinate in genere”, indica che «se le cose, determinate in genere, sono consegnate in deposito in modo che la proprietà deve passare al depositario e il depositario deve restituire le cose di stesso genere, qualità e quantità, vengono applicate le norme relative al comodato». Si tratta di un evidente errore del traduttore in russo, siccome in Georgia il contratto di comodato sottintende lo stesso che è commodatum nel diritto romano, cioè la restituzione della stessa cosa che era stata consegnata, ecco perchè si tratta evidentemente di un mutuo e non di un comodato (Vedi: Codice Civile della Georgia, Traduzione russa di I. Merigianascivili, I. Scikovani, a cura di Z.K. Bigiava, San Pietroburgo, Juridiceskij Centr Press, 2002, 448).

 

[20] Il Codice Civile. Spiegato con esempi pratici, dottrina, giurisprudenza, schemi, tabelle e appendice normativa, III edizione a cura di Luigi Tramontano. Piacenza, “Casa Editrice La Tribuna”, 2004, 1384-1385.

 

[21] Khaskelberg B.L., Rovnij V.V., L’ individuale e il generico in diritto civile., 129.