Seconda
Università di Napoli
Un “altro” caso di normativa antincendio
in diritto romano postclassico
1. – Prima di entrare nel vivo di
questa relazione mi sia consentito sottolineare che il presente contributo
costituisce un’ideale prosecuzione della comunicazione tenuta a Yaroslav
in occasione del precedente Convegno cui ho partecipato per gradito invito del Prof.
Leonid Kofanov, e alla presenza del mio compianto Maestro, il Prof.
Gennaro Franciosi, che presiedeva
quella sessione e che per me e, sono certo, anche per molti di voi, è
ancora qui presente.
Quella relazione era dedicata
all’esame di alcune testimonianze antiche, sia giuridiche sia letterarie,
che a mio giudizio costituivano, pur in assenza di un complessivo assetto
normativo in materia di prevenzione incendi, la prova di uno spiccato interesse
dell’impero romano per le normative antincendio, attuate attraverso la
previsione dell’utilizzo di materiale da costruzione ignifugo, di una
precisa regolamentazione delle distanze tra gli edifici con il relativo obbligo
di abbattimento di ingombranti superfetazioni successivamente costruite e la
precostituzione di attrezzature per lo spegnimento del fuoco[1].
Anche la fonte che si tenterà qui di
esaminare si ricollega, come si vedrà, al suddetto tema, ed anche in
questo caso v’è un chiaro rapporto tra il propagarsi degli incendi
e l’intervento normativo imperiale.
In questo senso l’aggettivo
“altro” utilizzato nel titolo della relazione odierna ha solo il
significato di “ulteriore” e non certo di “diverso”,
nel senso di una difforme modalità di regolamentazione della materia.
2. – La fonte che intendo oggi porre
alla vostra attenzione è CI. 8.10.12[2],
una costituzione in lingua greca dell’imperatore Zenone diretta ad
Adamanzio praefectus urbis di
Costantinopoli[3],
che riporta anche la notizia di un precedente provvedimento di Leone, non
altrimenti pervenuto.
Trattandosi di un testo greco, non era
inserito nei manoscritti occidentali del Codice di Giustiniano che,
com’è noto, contenevano solo testi in lingua latina, mentre i soli
due manoscritti che presentano costituzioni greche non sono, per le loro
condizioni (lacunosi, vetusti e in un caso oggi perduti), utili in questo
frangente[4].
La diataxis di
Zenone è, invece, pervenuta attraverso un codice, il Marcianus 179, nel
quale vi sono, oltre a questa disposizione, le Novelle di Giustiniano e le
Leggi di Leone il Saggio[5].
Solo a partire dall’edizione curata
dal Contius (1559-1562)[6],
essa sarà inserita nel Codice al titolo “de aedificiis privatis” (8.10) prima della costituzione riportata
in CI. 8.10.13, perché quest’ultima, scritta in latino e emanata
da Giustiniano, rimanda espressamente alla legge zenoniana[7].
La dottrina sembra orientata a ritenere che
si tratti della redazione originale della disposizione di Zenone, sia per la inscriptio, in cui compaiono tutti i
titoli onorifici attribuiti all’imperatore (Autokratwr Kaisar Zhnwn eusebhz nikhths
tropaioucos aei megistos aei sebastos
Auyoustos)[8],
sia per la presenza di un linguaggio molto poco tecnico, con digressioni
storiche e minuti dettagli, soprattutto di natura geografica[9].
Per alcuni autori, inoltre, la redazione della costituzione a noi pervenuta
sarebbe diversa da quella posta nel Codex
che, invece, sarebbe stata abbreviata[10],
mentre per altri la disposizione originale, al momento dell’inserimento
nel Codex, sarebbe stata divisa in
due tronconi[11].
Tutto ciò, unito alla mancanza di
una subscriptio, cosa che non
permette di datare la costituzione con precisione, credo che abbia prodotto una
difficoltà di valutazione nei confronti di questo testo.
3. – Significativa è
l’identità del destinatario. Zenone indirizza il suo provvedimento
al prefetto della città di Costantinopoli, Adamanzio, che compare anche
in altre due costituzioni[12],
tutte senza data ma che, come sostiene il Martindale[13],
possono essere collocate tra il 474 e 479, epoca in cui il burocrate
ricoprì la carica di praefectus
urbis Constantinopolis, mentre il termine post quem è comunque certo perché in quell’anno
egli fu inviato da Zenone quale
ambasciatore presso Teoderico, come si ricava da un frammento di Malchus[14].
E’, poi, forse possibile precisare
meglio la datazione, se si guarda al
principium[15] nel quale Zenone fa riferimento ad
un’epoca di pacificazione successiva alla fine della guerra, e nella
quale ci si poteva dedicare alla confezione delle leggi e al rapporto con i
funzionari.
Le parole utilizzate dall’imperatore
isaurico, che certo non sono un esempio di tecnica legislativa e che molto
probabilmente sarebbero state cancellate dai commissari giustinianei al
momento dell’inserimento
nel Codex, mi fanno riferire
la costituzione, pur con tutte le cautele del caso, ad un periodo
successivo alla fine dell’agosto 479, dopo cioè la rioccupazione
di Costantinopoli da parte di
Zenone e la sconfitta dell’usurpatore Basilisco[16].
Questa collocazione temporale mi sembra
più probabile che non quella precedente, che va dalla fine del novembre
474, data della morte di Leone II, ai
primi di gennaio 475, quando Zenone fuggì verso l’Isauria,
scacciato dalle truppe di Basilisco[17],
perché certo si tratta di un periodo molto breve e di una situazione per
nulla pacificata.
Se l’ipotesi prospettata è
corretta, ci si troverebbe all’indomani dello scoppio di un furioso
incendio, che nel 475 distrusse buona parte di Costantinopoli e tra gli altri
edifici il mercato, il palazzo di Lauso
e l’intera Biblioteca con ben centoventimila volumi[18].
La legge di Zenone, che pure
costituì anche una più ampia riorganizzazione urbanistica della
città, potrebbe essere stata originata dalla volontà di rimediare
ai gravi guasti prodotti appunto dall’incendio, ed anche i chiarimenti
che, sempre stando al principium,
Adamanzio avrebbe richiesto all’imperatore sull’interpretazione da
dare alla legge del suo predecessore[19],
si comprendono meglio se li si ascrive alla drammatica concitazione del
momento.
4. – Come ho accennato, da CI.
8.10.12 sembra ricavarsi che primo intento di Zenone fosse quello di eliminare
le difficoltà e i dubbi interpretativi che si erano verificati
nell’applicazione di un precedente provvedimento legislativo di Leone, e
che erano stati segnalati da Adamanzio.
Di detto intervento non ci è
pervenuta altra traccia, ma a giudicare dalle parole di Zenone la legge doveva
riguardare la costruzione, o meglio la ricostruzione di edifici colpiti da un
incendio o da altra calamità naturale. Ciò rende molto probabile
che, come è stato ipotizzato[20],
essa dovette essere stata emanata all’indomani dell’incendio del
settembre 465 che, durante il regno di Leone, aveva distrutto ampiamente
Costantinopoli[21].
Con questa costituzione Leone avrebbe
stabilito che le case distrutte dall’incendio dovessero essere
ricostruite rispettando le dimensioni originarie, e senza modificare luci e
prospetti affinché non fossero lesi i diritti dei vicini[22].
Inoltre, inserendosi nella scia di altri provvedimenti di precedenti
imperatori, la disposizione regolava le altezze degli edifici[23],
consentendo di elevare le abitazioni fino al massimo di cento piedi (m. 29,50).
La costituzione, almeno nei termini in cui
ci è pervenuta, mi sembra possa inquadrarsi in un preciso filone della
politica legislativa di Leone, volto a favorire interventi di ripristino
edilizio, tendenza che è testimoniata da altre costituzioni, come quella
del 471 sull’obbligo dei governatori provinciali di risiedere nel palatium o nel praetorium dopo averli restaurati[24],
o quella del 472 che vietava agli stessi funzionari di intraprendere nuove
opere prima di aver terminato quelle lasciate eventualmente incomplete dai loro
predecessori[25],
o ancora quella sulla costruzione
delle mura della città[26].
In questo senso credo possa senza dubbio sostenersi che la costituzione di
Leone, come riportata dalla norma zenoniana, sia il prodotto della
volontà dell’imperatore di offrire il massimo dei vantaggi ai proprietari
di abitazioni danneggiate, per favorire la ricostruzione di Costantinopoli.
5. – La costituzione di Zenone, pur
partendo dalle stesse motivazioni ed avendo gli stessi scopi di quella di
Leone, raggiunge ben altri obiettivi e regola una maggiore quantità di
situazioni. Infatti, da un lato pone problemi di natura tecnico-giuridica
perché fa ritenere superato il “principio tradizionale
individualistico che ammetteva la piena libertà di fabbricare, di aprire
e chiudere luci e prospettive”[27],
considerando le limitazioni legali al diritto di costruire come delle servitutes
[28].
Dall’altro prospetta un amplissimo ventaglio di disposizioni di sicurezza
contro incendi o terremoti, e norme di buona amministrazione urbanistica, in
qualche modo tutte riconducibili alla costruzione di edifici ma assai diverse
tra loro.
Tra di esse è innanzitutto regolata
la possibilità per coloro che vogliono ricostruire la propria casa
distrutta dagli incendi (o per coloro che vogliono edificare ex novo) di essere esentati
dall’obbligo sancito dalla legge di Leone di rispettare le dimensioni
originarie, e le limitazioni per luci e prospetti mediante patto tra privati,
anche se questo poteva danneggiare i vicini[29].
Altra disposizione prevista era il divieto
di costruire a distanza inferiore a dodici piedi (m. 3,54) dagli altri edifici,
da rilevare lungo tutta l’altezza, dalle fondamenta al tetto. Il rispetto
di queste disposizioni permetteva di innalzare l’altezza
dell’edificio finché si volesse, in deroga anche a quanto disposto
pochi anni prima da Leone, e disponendo ex
novo luci e finestre di vario tipo. Ciò tanto nel caso della
ricostruzione di una casa diroccata dal tempo, distrutta da un incendio ma
anche della edificazione di una casa nuova[30].
Al limite di dodici piedi facevano eccezione quelle abitazioni che fruivano del
cd. prospectus maris[31],
cioè della veduta del mare[32]
.
Ancora, la legge di Zenone proibiva a tutti
di costruire nelle vicinanze dei crocevia, nelle strade e nelle piazze larghe
al massimo dodici piedi per non diminuire lo spazio pubblico. Se la
distanza originaria tra edifici
vetusti o bruciati era inferiore a dodici piedi, doveva invece essere
rispettata la precedente normativa di Leone e non sarebbe stato possibile
aprire nuove finestre e modificare i prospetti[33].
Zenone dispose ancora che in svariati
luoghi di Costantinopoli (
Inoltre la costituzione colpiva i
calunniatori che con frodi e raggiri impedissero ai vicini di portare a termine
le loro abitazioni, bloccandone la ricostruzione per la lunghezza del tempo del
processo (a cui andavano aggiunti i termini per l’appello) e per
l’inutile dispendiosità della causa. Contro questi comportamenti
era previsto un insieme di norme processuali e di sanzioni varie volte a far
divenire più veloci le decisioni sulle controversie in materia edilizia[36].
Provvedimenti similari vennero presi anche a carico degli appaltatori, dei
muratori e degli artifices che, pur
essendo stati compensati per il loro lavoro, non lo portavano a compimento o
impedivano ad altri di farlo; veniva loro imposto il risarcimento dei danni e
delle spese e, se ciò era impossibile per indigenza, dovevano essere
fustigati e poi espulsi dalla città[37].
Come si può vedere si tratta di un
impressionante e complesso insieme di norme urbanistiche che riguarda tutta la
città di Costantinopoli e che, come si è prima accennato,
sarà esteso da Giustiniano a tutte le città dell’impero.
6. – Ma tra tutte le disposizioni
presenti nella costituzione di Zenone di notevole interesse è quella
relativa ai solaria[38],
termine con il quale si indicano i terrazzi, i solari, i balconi, ogni luogo
esposto al sole, ma nel significato tecnico soprattutto tutti i corpi
aggettanti che fuoriescono dalle facciate[39].
Zenone dispose che non dovessero essere
costruiti soltanto con travi e tavole di legno ma che dovessero essere fatti a
modello e a forma di quelli che venivano detti romanensia. Nel caso di solaria
che si fronteggiassero da una parte all’altra della strada vi doveva
essere un intervallo di almeno dieci piedi. In caso contrario dovevano essere
costruiti in modo alternato sui due lati della strada.
Inoltre gli stessi solaria dovevano essere posti almeno a quindici piedi al di sopra
del livello del suolo, mentre le colonne di sostegno – di pietra o di
legno – dovevano essere posizionate in modo da non restringere con le
loro ingombranti presenze gli angiporti e le vie pubbliche. Nella costituzione
zenoniana è anche vietato porre scale che dai solaria scendessero verso la strada se non ben costruite, in modo
che non fossero troppo vicine tra loro aumentando così il pericolo degli
incendi o, nel caso che le fiamme si sprigionassero egualmente, impedendo
l’accesso per lo spegnimento[40],
o ancora, si può forse supporlo, non facilitando le vie di fuga.
Seguono poi le pene per tutti i soggetti
che hanno partecipato alla costruzione dei solaria
in deroga alla legge: il proprietario dell’edificio, l’architetto
che doveva aver fatto il disegno e chi aveva diretto i lavori. Tutti erano
condannati a pagare dieci libbre d’oro, e nel caso che il direttore dei
lavori non fosse solvibile doveva essere battuto con le verghe ed espulso dalla
città.
Il passo, anche se nel complesso breve
rispetto all’intera entità della costituzione zenoniana, è
molto significativo ai fini dell’indagine qui condotta sulla
regolamentazione dell’uso di materiale ligneo per la costruzione dei solaria. Se non vi è dubbio sulla
proibizione dell’uso esclusivo del legno – nel testo sono riportati
i due termini xulon e sanis che stanno
(rispettivamente) a indicare il primo: tronco, stipite e più
genericamente legno da costruzione, mentre il secondo: tavola, asse, stecca, ma
entrambi si riferiscono a elementi in legno[41]
– non altrettanto chiaro è il significato di romanensia, parola che rappresenta un hapax, essendo adoperato nel Codex solo in questo caso[42],
ma che con ogni probabilità voleva riferirsi alle tecniche per
così dire “alla romana" e, forse, al laterizio, alle
costruzione cementizia, in pietra.
Se questa interpretazione, come è
stato sostenuto[43]
è esatta, allora deve vedersi in questa disposizione una norma di
prevenzione incendi che prescrive l’uso di materiali duraturi ed
ignifughi, come già si è visto in altre occasioni. Ritornano
anche in questa costituzione, pur nell’ambito di un più ampio
quadro di prescrizioni urbanistiche, le norme antincendio che già da
Nerone, da Arcadio e Onorio e da altri imperatori, erano state utilizzate per
prevenire gli incendi.
7. – Per concludere può dirsi
che la legislazione zenoniana, qui esaminata sotto una determinata prospettiva
ma che meriterebbe ben altra indagine ora impossibile dati i tempi limitati
oggi concessimi, rappresenta un regolamento urbanistico in piena regola che,
con una terminologia moderna, potrebbe essere definita una “legge quadro”. Presenta,
come si è visto, stretti, strettissimi rapporti con il problema degli
incendi, sotto il profilo dell’occasio
legis, per i continui riferimenti ad abitazioni distrutte dal fuoco e da
ricostruire, e soprattutto per gli specifici interventi antincendio ivi
presenti.
[1] L.
Minieri, Normative antincendio in
diritto romano tardo classico e postclassico, in Ius Antiquum 1 (13) (2004) 83 ss. , ivi fonti e bibliogr.
[3] Il passo, pur essendo di grande rilevanza
e pur costituendo un vero e proprio regolamento edilizio e una innovativa
regolamentazione dei rapporti di vicinato in età tardoantica, non
è stato finora molto studiato e mai soprattutto dal mio punto di vista. Si v., con
diverso grado di approfondimento, H.E.
Dirksen, Das Polizei- Gesetz des
Kaiser Zeno, über die bauliche Aulage der Privaterhäuser in
Constantinopel, in Hinterlassene
Schriften zur Kritik und Auslegung
der Quellen römischer Rechtsgeschichte und Altertumskunde 2 (Leipzig
1871, Frankfurt 1973) 225 ss.; P.
Bonfante, Corso di diritto romano. 2. La proprietà 1 (Roma 1926, rist. Milano 1966) 314 ss.; B. Biondi,
[4] B. Biondi,
[5] Sulla tradizione della costituzione v. gli
a.a. riportati alla nt. precedente. Tracce della disposizione di Zenone anche
in altri manoscritti: il Laurentianus
plut. IX, 8 di Firenze, il Roc. 18 della biblioteca Bodleiana di Oxford e
il Parisinus graecus
[7] CI. 8.10.13: Cum dubitabatur, utrum constitutio zenonis divae memoriae ad adamantium
praefectum urbis scripta, quae de servitutibus loquitur, localis est et huic
florentissimae urbi dedicata et debent illius quidem iura in hac observari,
antiqua vero, quae contraria sunt, locum habere in provinciis: indignum esse
nostro tempore putantes aliud ius in hac regia civitate de huiusmodi observari,
aliud apud nostros esse provinciales, sancimus eandem constitutionem in omnibus
urbibus romani imperii obtinere et secundum eius definitionem omnia procedere
et, si quid ius ex ea lege innovatum est a vetere dispositione, et hoc in
provinciis a praesidibus earum observari: ceteris videlicet omnibus, quae non
per zenonianam legem innovata sunt, sed veteribus legibus comprehensa, in sua
firmitate in omni loco manentibus. * iust. a. iohanni pp. * <a 531 d. k. sept. constantinopoli post
consulatum lampadii et orestis vv. cc.>
[8] In tutte le altre costituzioni di Zenone
riportate nel Codex, sia latine che
greche, compare solo il titolo di imperatore (Imp. Zeno Autokratwr Zhnwn ).
Per l’elenco delle costituzioni emanate da Zenone v. l’Index constitutionum ad temporis ordinem
redactus pubblicato in appendice a P.
Krüger, Corpus iuris civilis. 2. Codex Iustinianus Hildscheim
1989, rist. dell’undicesima ed. Berlin 1954 s.) 507 s.
[9] B.
Biondi,
[10] H.E. Dirksen, Das Polizei - Gesetz des Kaiser Zeno, cit., 229 ss., ma cfr. B.
Biondi,
[11] N.
van der Wal, La constitution de
Zénon, cit., 728 ss., il
quale ritiene che i paragrafi 6, 6a e 6b dovrebbero essere inseriti in CI.
8.11.23, ma v. la corrispondente nota di P.
Krüger, Corpus iuris civilis. 2. Codex Iustinianus,
cit., 339 nt. 29.
[13] J.R.
Martindale, The Prosopography of
the Later Roman Empire 2 (Cambridge 1980) 6 s. Su Adamanzio v., anche, Hartmann, sv. Adamantius , in PW 1
(1893) 343 n. 2.
[16] Sulle vicende del regno di Zenone e sulla
guerra con l’usurpatore Basilisco v., oltre ai più generali J.B. Bury, A history of the Later Roman Empire from Arcadius to Irene (
[17] In questo senso già V. Capocci, Nota, cit., 155 s. e nt.
2 , anche se sotto una diversa prospettiva.
[18] Sull’incendio sviluppatosi nel 475
d.C. a Costantinopoli e più in generale sul problema degli incendi nella
capitale bizantina A.M. Schneider, Brände in Konstantinopel, in ByzZ 41 (1941) 382 ss., part. 384; R. Janin, Constantinople byzantyne. Développement urbain et
répertoire topographique2 (Paris 1964) 35 s., a cui adde il mio Evergetismo imperiale e indennità a
causa di incendi, in Ius Antiquum
1 (15) (2005) 44 ss., in part. 54.
[20] Così L. Homo, Roma imperiale e l’urbanesimo, cit.,
475 ; e G. Dagron, Costantinopoli, cit., 538.
[21] Sull’incendio del settembre 465 v.
A. M. Schneider, Brände in Konstantinopel, cit.,
383 s.; R. Janin, Constantinople byzantyne, cit., 35
[22] CI. 8.10.12.1. Cfr. E. Levy, West Roman
Vulgar Law, cit., 116, il quale, a ragione, ritiene che anche la
costituzione di Leone doveva riguardare la sola città di Costantinopoli.
[23] CI. 8.10.12.4. Sulle costituzioni in
materia emanate da precedenti imperatori v. il mio Normative antincendio, cit., 83 ss.
[26] CI. 10.49.3 del 472-473. Su queste
costituzioni di Leone e sulla politica urbanistica di questo imperatore si v. A.S. Scarcella, La legislazione di Leone I (Milano 1997) 446 ss., che stranamente
però non cita il nostro testo.
[28] In questo senso v. anche CI. 8.10.13 che
parla espressamente di servitutes (la
nostra costituzione utilizza il termine douleia). Sulla definizione delle limitazioni legali alla proprietà
come servitutes in diritto
postclassico e bizantino vi è stata, soprattutto in passato,
un’ampia discussione in dottrina: v. C.
Ferrini, Delle servitù prediali2, 1 (Milano 1920) 72; P. Bonfante , Corso di diritto romano.
2. La proprietà 1. , cit., 321 ss., part. 325 nt. 1, 336 s.; B. Biondi, le servitù prediali nel diritto romano2,
cit., 67 ss.; P. Ciapessoni, Spunti
critici, cit., 25 ss.; E. Levy, West Roman Vulgar Law, cit., 55
s., 76 s.; Cfr., anche A. Guarino, Diritto privato romano12
(Napoli, 2001) 692 s. e nt.
[29] CI. 8.10.12.1. P. Bonfante, Corso di diritto romano. 2. La
proprietà 1, cit., 336 s.,
sottolinea che i patti riportati nella costituzione (cfr. 1a, 1b, 3b, 4b) hanno
efficacia reale con un chiaro riferimento alle pactiones et stipulationes con cui si costituivano le
servitù; nello stesso
senso E. Levy, West Roman Vulgar Law 116. Cfr. anche L. Homo, Roma imperiale e
l’urbanesimo, cit., 478.
[30] CI. 8.10.12. 2. Per una sommaria
esposizione si v. P. Bonfante, ouc., cit., 336 ss. e L. Homo,
Roma imperiale e l’urbanesimo, cit., 478.
[31] CI. 8.10.12.2, in fine. Sul cd. prospectus maris v. quanto disposto da
Giustiniano in Nov. 63 e 165 su cui P. Bonfante
, Corso di diritto romano .2. La proprietà 1, cit., 350 s. e C. Scofone, Abusi
edilizi nella Costantinopoli di Giustiniano, cit., 150 ss., il quale sottolinea
che la tutela del prospectus maris
nel diritto delle Novelle sia sottratto, diversamente da quanto disposto da
Zenone, “alla legittimità di stipulationes
private contrarie ed anzi oggetto di sorveglianza da parte del praefectus urbis e del suo officium” (167).
[32] J.
Plescia, The Development of the
Exercise of the Ownership Right, cit.,
[33] CI. 8.10.12.3. Cfr. P. Bonfante , Corso di diritto romano.
2. La proprietà 1, cit., 338 e nt. 1.
[34] CI. 8.10.12.6. Questa parte della
costituzione, più di altre, dà l’idea del limitato ambito
territoriale del provvedimento: in questo senso V. Capocci, Nota,
cit., 179 s. e nt. 68; Sui luoghi
nominati nella costituzione v. R. Janin, Constantinople byzantyn, cit., 103 s. (to Mílion), 174 s. ( Kapetwlion).
[35] Non si può non vedere in queste disposizioni
l’eco di quelle costituzioni di precedenti imperatori da me esaminate nel
già citato contributo (Normative
antincendio, cit., 83 ss., ivi fonti e bibl.), che prescrivevano il divieto
dell’uso del legno e l’abbattimento delle superfetazioni
successive: CTh. 15.1.39 a. 358 di Arcadio ed Onorio e CTh. 15.1.45 a. 406
sempre di Arcadio e Onorio.
[36] CI. 8.10.12.7. Su questo aspetto v. P. Bonfante , Corso di diritto
romano.2. La proprietà 1, cit., 460 ss., che ricollega il
provvedimento all’istituto dell’operis
novi nuntiatio, e che ritiene estremamente ridondante lo stile della
costituzione. Nello stesso senso J.
Paricio, La denuncia de obra nueva
en el derecho justinianeo, in Sodalitas.
Scritti A. Guarino 5 (1984) 2087 ss., part. 2094.
[37] CI. 8.10.12.8. Cfr., ancora una volta, P. Bonfante, Corso di diritto romano.
2. La proprietà 1, cit., 337 s., nt. 2, anche se non comprendo la
sottolineatura che sia «curioso che in questo riguardo l’imperatore
si preoccupa non dei proprietarii ma degli impresari o architetti» perché
credo che anche in questo caso obiettivo di Zenone sia sempre stato quello di
spingere i cittadini di Costantinopoli a costruire (o a ricostruire) e semmai
quello di migliorare l’assetto urbanistico della città.
[38] CI. 8.10.12.5. Sul passo P. Bonfante , Corso di diritto romano.
2. La proprietà 1, cit., 315,
337 s.; L. Homo, Roma
imperiale e l’urbanesimo, cit., 471 ss. e G. Dagron, Costantinopoli,
cit., 538.
[39] Sul termine solarium e sulla sua differenza con il maenianum v. H.E. Dirksen, Das Polizei - Gesetz des Kaiser Zeno,
cit., 239 ss.; E. Saglio - Ch. Lecrivain,
sv. Solarium, in DS 4.2 (Paris 1918) 1386 s.; G. Lafaye , sv. Maenianum, in DS 3.2
(Paris s.d.) 1493 ss. W. Simshäuser, Sozialbindungen des Eigentums, cit., 1804 ss. Cfr. anche G. Beseler, Maenianum und superficies, in ZSS
52 (1932) 287 ss.
[40] In questa costituzione vi può,
forse, essere un’eco di una già citata disposizione di Arcadio ed
Onorio del 406 (CTh. 15.1.45), su cui L.Minieri,
Normative antincendio, cit., 84.
[41] Sui due
termini v. P. Chantraine, Dictionnaire etymologique de la langue
grecque. Histoire de mots (Paris 1968) 767, 987.