Università di Sofia San Clemente d’Ocrida
LE DOMANDE DEI BULGARI IN TRE RISPOSTE DI PAPA NICOLò I (contributo sui generis alla storia del diritto
internazionale e testimonianza dello spirito del diritto romano)
Un documento particolarmente prezioso tra le fonti della storia dello Stato
e del diritto bulgaro sono le Risposte di Papa Nicolò I alle domande dei
bulgari, che si riferiscono alla Conversione al Cristianesimo dei bulgari ed
all’integrazione della Bulgaria nella comunità dei Paesi cristiani
tra l’864 e l’870. Le risposte sono scritte in latino. Esse sono
infatti una parte della intensa corrispondenza intercorsa in quell’epoca
tra il re bulgaro Boris I ed i pontefici Nicolò I, Adriano II, Giovanni
VIII, ed i patriarchi Fozio ed Ignazio.
Le domande dei bulgari riguardano la spiegazione della fede cristiana, la
richiesta sia di leggi canoniche е laiche, sia della possibilità
di una chiesa indipendente in Bulgaria. Allo stesso tempo esse sono fonti di
informazione sulle tradizioni, e sulle norme sociali e religiose che venivano
rispettate e praticate prima della Conversione dei bulgari al Cristianesimo. Per
questa ragione quasi tutte le risposte del pontefice si riferivano agli aspetti
della vita sociale, del regime giuridico e delle credenze religiose in
Bulgaria. Per la presenza della spiegazione della fede cristiana, le risposte
sono diventate anche una fonte per il diritto canonico.
La traduzione in lingua bulgara con commenti dei Responsa papae Nicolai[1]
appartiene ad un nostro professore, Dimitar Decev. Le domande dei bulgari al
pontefice non ci sono pervenute[2],
ma per fortuna esse erano riportate accuratamente all’inizio di ogni
risposta di papa Nicolò I. Questo pontefice, con la sua brillante
accortezza, è considerato come uno dei papi romani dai meriti più
grandi per l’estensione dell’autorità dei pontefici.
Soltanto tre delle circa cento domande rivolte a papa Nicolò I
trattano degli affari esteri dello Stato bulgaro, quindi dei rapporti con gli
altri Stati e popoli. Secondo me, queste sono eccezionali testimonianze del
modo in cui venivano concepiti i problemi del diritto internazionale da parte
dei bulgari, e soprattutto da parte del sovrano bulgaro, Boris I, e dei suoi
consiglieri. Per questa ragione esse meritano di essere messe in evidenza.
Veniamo ai testi delle domande formulate al Papa Nicolò I dal re dei
Bulgari.
Risposta N. 80
Cum generatione, quae pacem vobiscum habere quaerit,
quomodo ad alterutram pacem firmare et custodire debeatis, inquiritis.
[Voi chiedete in che
modo si deve sostenere ed osservare la pace reciproca con un popolo che vuole
fare la pace con voi].
La domanda dimostra palesemente la volontà del re Boris I di avere
pacifici rapporti con un altro popolo, e di rispettare tali rapporti.
L’espressione ad alterutram pacem,
tradotta dal prof. Decev come «pace reciproca», apporta
un’informazione particolare. L’uso di alterutram invece di inter
se, cum aliquo invicem,
ecc., forse non è casuale. La semantica del lemma alterutram rileva chiaramente la reciprocità, ed anche la
parità tra i due popoli nei
rapporti tra loro intercorrenti. Quindi, la domanda del re bulgaro a prima
vista può sembrare semplice, ma in effetti nasconde qualcosa di molto
importante: quale avrebbe dovuto essere il trattato tra due Stati che erano
pronti a vivere in pace per difendere gli interessi quanto dell’uno,
tanto dell’altro Stato.
Risposta N. 81
Percontati estis, si cum generatione, quae christiana
est, foedus interposito ex utraque parte iureiurando feceritis, et post haec
illi, pactum dirumpere et super vos insurgere voluerint, utrum et vos adire
contra eos audeatis an aliud quid agere debeatis.
[Voi ci avete
chiesto qualora stipulaste un trattato con un popolo cristiano in modo che le
due parti prestino reciprocamente un giuramento, e dopo gli altri decidano di
rompere il patto e di ribellarsi contro di voi, se anche voi dovrete con
coraggio lanciarvi contro di loro, o dovrete avere un comportamento diverso nei
loro confronti].
Questo testo contiene la questione intorno a come si doveva agire, quando
l’altra parte avesse rotto il giuramento ed avesse assunto un
atteggiamento ostile. Nella domanda si accentuava il caso in cui il popolo, che
aveva prestato giuramento, era cristiano. La domanda mirava a chiarire se fosse
legittimo reagire nella stessa maniera, oppure in un altro modo. Quindi,
è evidente il desiderio di non intraprendere, in nessun caso, azioni
illegittime perfino quando il trattato fosse già violato
dall’altra parte.
E’ indicativo che quando ammetteva la possibilità di rottura del patto, il sovrano bulgaro ammetteva questa possibilità solo per la parte opposta. Un fatto
ancora più interessante è che, in caso di rottura del trattato
dall’altra parte, Boris I cercava di trovare il comportamento più
adeguato, invece di intraprendere reazioni affrettate ed ostili.
Risposta N. 82
Cum paganis autem quod sit christiano pactum faciendum.
[Quale tipo di
trattato un cristiano deve stipulare con i pagani].
La domanda si riferiva ad un trattato stipulato con un popolo non cristiano
essendo i bulgari cristiani. Si sottintende la voglia di sapere in che modo si
dovevano eseguire e rispettare i patti con non cristiani. Ciò è
un fatto degno di essere rilevato, perché significa che il re bulgaro
non aveva l’intenzione di rifiutare pacifici rapporti con i pagani,
quando le regole erano ben definite. La volontà di Boris I di
considerare e di rispettare le norme
di comportamento già stabilite tra gli altri Paesi cristiani era
più che evidente. Grande era il suo desiderio di instaurare rapporti di
pace durevole con tali Paesi. La situazione storica di quel periodo è
molto ben esplorata, descritta ed analizzata nei lavori scientifici di storici
e giuristi bulgari, e non soltanto bulgari[3].
*****
I tre testi delle domande dimostrano la cultura e l’erudizione del re
Boris I, qualità che lo avevano portato alla convinzione che il rispetto
della pace tra Bulgaria ed uno Stato od un popolo straniero garantiva allo
stesso tempo il rispetto degli interessi dello Stato bulgaro[4].
La voglia, nettamente espressa da Boris I, di risolvere in modo pacifico le controversie tra lo Stato bulgaro ed un altro Stato o popolo, era un elemento
presente nella sua politica estera anche più tardi. Il pacifismo
è uno degli elementi importanti che sta anche alla base del diritto
internazionale.
Il contenuto dei tre testi viene a confermare un fatto già ben noto,
che durante l’epoca medievale, la chiesa e soprattutto la chiesa romana ed
il papa partecipavano alla creazione di un protomodello di diritto
internazionale con la costituzione di regole di carattere internazionale.
Appunto questo ruolo della chiesa fu inteso molto bene dal re bulgaro; egli si
rendeva conto che l’integrazione della Bulgaria nei Paesi cristiani
l’avrebbe attestata come un soggetto che vantava tutte le
opportunità a livello internazionale di quell’epoca. Affermerei
che il culmine particolare del modo con cui Boris I considerava l’importanza
delle relazioni internazionali è la
sua decisione di convertire i bulgari al Cristianesimo.
F. Laurent, studioso di Diritto internazionale, sostiene che se nella
storia dell’umanità il Medioevo è una notte, nella storia
del Diritto internazionale quell’epoca è una “notte stellata”[5].
Ma il tempo e la diplomazia del re Boris I sono un “giorno
luminoso” del Medioevo bulgaro. La creazione di un arcivescovato
autonomo, i.e. una chiesa autonoma, senza dubbio, era una vittoria molto grande
della diplomazia bulgara, senza precedenti nella storia della chiesa ortodossa[6].
Ecco perché potrei affermare che il contenuto delle tre domande del
re Boris I, con la sua disposizione interamente pacifica, rappresenta un
originale (sui generis) contributo alla storia del diritto
internazionale.
Il contenuto dei Responsa Papae Nicolai I ad consulta Bulgarorum
suggerisce che nella capitale della Bulgaria, Pliska, erano state introdotte da
Costantinopoli leggi canoniche e laiche. Dal modo in cui erano state formulate le
domande al pontefice, i nostri studiosi concludono che nella corte di Boris I
era conosciuta
Dunque, dopo la creazione dello Stato bulgaro nel sec. VII sul territorio
della penisola balcanica, dove prima vi erano i romani, per ragione dei
numerosissimi contatti che i bulgari avevano con i Romei, si può parlare di una adozione del diritto
romano-orientale in Bulgaria. Secondo i nostri storici, la corte del re Boris
I, i suoi consiglieri e lo stesso Boris I, erano uomini ben eruditi. Senza
dubbio loro conoscevano la vita letteraria di Costantinopoli. La lingua della
cancelleria del sovrano bulgaro fu la lingua greca. Il figlio di Boris I,
Simeon, il successivo re della Bulgaria, aveva studiato nella più
rinomata scuola di Costantinopoli, al tempo dell’illustre studioso e
patriarca Fozio. Occorre aggiungere anche il fatto che sono state conservate
delle iscrizioni (per esempio dall’inizio del sec. IX, del regno di khan
Omurtag) nelle quali si può vedere che insieme alla maniera bulgara di
indicare la data in cicli[8],
era stata adottata la maniera romano-orientale. Ciò viene a mostrare
chiaramente la disposizione dei bulgari a custodire o ad accettare non solamente
le scienze, ma anche alcune pratiche di Costantinopoli, ancora prima della
conversione al Cristianesimo.
Sebbene il
diritto romano-orientale cambiasse col tempo, esso aveva conservato lo spirito
del diritto romano classico quale diritto universale. Proprio questo spirito si
può intravedere nel contenuto delle tre domande del re bulgaro al papa
Nicolò I. E quello che fa esprimere lo spirito è uno dei principi
fondamentali del diritto romano che possiamo intravedere in quasi tutta
l’istituzione del diritto romano: il principio del compenso,
dell’equilibrio, il principio che garantisce l’accordo tra le
parti.
[2] Le domande sono scritte in lingua greca, poiché nella cancelleria del
Primo stato bulgaro la lingua ufficiale era il greco.
[3] Iv. Duichev, Die
Responsa Nicolai I papae ad consulta Bulgarorum als Quelle für die
bulgarische Geschichte, in Festschrift des Haus-Hof- und Staatsarchivs,
I, Wien 1949; Id.,
Ещë
о
славяно-болгарских
древностях IX-го
века, in Byzantinoslavica XII (1950); D. Obolenski, Comunità bizantina. Europa orientale dal 500 al 1453, Sofia 2001 (trad. in bg.); V. Gyuzelev, Il re Boris I,
Sofia 1969, (in bg.) 529 pp.; V.
Zlatarski; M. Andreev; D. Angelov; P. Petrov; P. Angelov; G. Bakalov; V.
Beshevliev.
[4] A proposito della cultura giuridica del principe Boris I: P. Angelov, La diplomazia bulgara nel Medioevo,
Sofia 1988 (in bg.).
[5] F. Laurent, Histoire du droit des gens et des relations internationales, 1850-1870.
[6] Così la descrivono gli autori bulgari G. Bacalov e T. Koev, Introduzione al cristianesimo, Sofia 1992, 157 (in
bg.).
[7] S. Bobchev, Storia
del diritto veterobulgaro, (nuova
edizione), Sofia 1998, 92-95, (in bg.);
V. Bogišić, Pravni običaji u Slovena,
Zagreb 1867.
[8] V. Beshevliev, Le iscrizioni protobulgare, Sofia 1979, N. 43 (177), N. 57 (215) (in bg.).