N. 4 – 2005 – In Memoriam – Da Passano

 

 

Ettore Dezza

Università di Pavia

 

MARIO DA PASSANO STORICO DEL DIRITTO PENALE MODERNO

 

 

Sommario: 1. Mario Da Passano e la dimensione storica del diritto moderno. – 2. La produzione scientifica. – 3. Il metodo. – 4. Appunti sul filo della memoria.

 

 

1. – Mario Da Passano e la dimensione storica del diritto moderno

 

Il presente scritto non ha altra ambizione se non quella di offrire un primo sintetico ragguaglio sull’opera e sulla figura scientifica di Mario Da Passano. Esso dunque non ha alcuna pretesa di completezza, né intende formulare giudizi definitivi o approfonditi, ma solo rammentare per sommi capi la complessità e la ricchezza di un edificio di studi e ricerche pazientemente costruito nel corso di oltre un trentennio, e trasmessoci come preziosa eredità da un amico che troppo presto ci ha lasciato.

Conviene iniziare queste poche pagine ricordando i dati essenziali dell’esperienza scientifica di Mario Da Passano. E a tale scopo non mi sembra fuor di luogo dare la parola proprio a Mario, attraverso la trascrizione del curriculum inserito nella domanda di finanziamento ministeriale che assieme ad altri colleghi abbiamo presentato, come ormai da qualche anno eravamo soliti fare, nella scorsa primavera. Scrive Mario in questo breve testo autobiografico:

 

«Il professor Mario Da Passano è stato direttore del Dipartimento di Storia dell'Università di Sassari. Dopo essersi occupato inizialmente del processo di costituzionalizzazione in Italia tra Sette ed Ottocento, ha rivolto i suoi interessi scientifici prevalentemente alla storia della codificazione, nei suoi aspetti reali e culturali. Da qualche tempo ha dedicato la sua attenzione soprattutto alla storia penale italiana tra Sette ed Ottocento, pubblicando numerosi saggi in proposito, relativi sia alle vicende della codificazione del diritto penale sostanziale sia alla storia della criminalità. Ha partecipato, presentando relazioni, a numerosi convegni nazionali ed internazionali».

 

Si tratta, come si può ben vedere, di un testo semplice, diretto, essenziale, senza appesantimenti retorici o esercizi di falsa modestia. Esso rispecchia pienamente il carattere franco e diretto della persona che l’ha scritto e sintetizza con pochi efficaci tratti la esemplare carriera scientifica di uno storico del diritto, e in particolare di uno storico del diritto moderno. Perché Mario Da Passano era non solo un cultore, ma un vero appassionato del diritto moderno nella sua dimensione storica. Questo era l’ambito di ricerca che sentiva come proprio, e quasi mai se ne è allontanato per toccare − come può accadere, talvolta per necessità accademiche − argomenti lontani dalle sue predilezioni. Al diritto moderno e alle sue vicende egli ha costantemente guardato, anche perché in quest’ambito poteva, in modo più diretto e immediato, trovare i riscontri alle sue idee ed elaborare gli strumenti di verifica del suo costante impegno civile[1].

 

2. – La produzione scientifica

 

Nell’ambito della storia del diritto moderno, peraltro, alcuni temi, alcuni snodi problematici hanno in particolare − fin dalle prime tappe del suo cammino scientifico − attirato la sua attenzione, costituendo l’oggetto di una ricerca che non solo si è dimostrata negli anni continua ed attenta, ma che altresì ha saputo essere originale e innovativa.

Come abbiamo visto dalla breve nota autobiografica testé riportata, Mario Da Passano ha avviato la sua attività di ricerca dedicandosi a studi di storia costituzionale[2], che del resto non ha mai abbandonato del tutto[3]. Queste prime prove sono state seguite da una serie di ricerche e di approfondimenti – frutto di prolungati soggiorni oltralpe – relativi al pensiero illuminista francese[4], che hanno consentito a Mario non solo di offrire un primo saggio del suo invidiabile talento come indagatore d’archivi ed editore di fonti, ma anche di prendere contatto con quello che sarebbe stato in seguito l’ambito prediletto dei suoi studi.

Ben presto, infatti, Mario Da Passano ha individuato nell’evoluzione storica del diritto penale moderno, dal XVIII al XX secolo, il fulcro dei suoi interessi scientifici, con una scelta che non è stata casuale, ma che appare dettata − illuministicamente, si potrebbe dire − dalla particolare sensibilità e dallo spiccato interesse di Mario verso le vicende di quel ramo della legislazione che potenzialmente è in grado di minacciare con maggiore immediatezza i diritti e le libertà. E a tale vasta, complessa e − fino a tempi non lontani − poco frequentata area di ricerca egli ha dedicato, nel tempo, la maggior parte dei suoi contributi. Questi contributi rappresentano dunque altrettanti momenti di un’articolata esperienza scientifica svoltasi lungo tre itinerari principali che riguardano, rispettivamente, l’evoluzione della moderna codificazione penale, la storia della criminalità, e lo sviluppo dei sistemi carcerari e, più in generale, dei sistemi di esecuzione penale. Non a caso i tre itinerari testé segnalati corrispondono alle tre diverse «direzioni» che − nell’Introduzione di un suo recente libro − lo stesso Mario individuava nell’attività di ricerca e di studio innescata negli ultimi anni dal rinnovato e sempre maggiore interesse per la storia penale, oggi rivolta appunto ad approfondire i tre campi del «processo di codificazione penale», della «storia criminale in senso stretto», e della «storia dei diversi sistemi espiativi»[5].

I contributi di Mario Da Passano alla storia della codificazione penale hanno illuminato non pochi dei molteplici lati oscuri che la tradizione storiografica aveva lasciato in materia. Ricordo innanzitutto la cospicua serie di indagini che, nel loro complesso, ci restituiscono un quadro accurato e a più dimensioni della vicenda della codificazione penale toscana osservata nella sua totalità, dall’età della Leopoldina fino al periodo postunitario. Tra queste indagini spiccano i lavori consacrati alla preparazione della riforma del 1786[6], l’informatissimo volume del 1988 dedicato a Il diritto penale toscano dai Lorena ai Borbone[7], e gli esaustivi scritti che hanno come oggetto l’intera parabola storica del codice granducale del 1853[8]. Un codice che ha avuto una grandissima rilevanza nella storia della codificazione penale in Italia, ma che non è stato il solo ad aver attirato l’attenzione di Mario. Assai numerose sono infatti le sue ricerche sulla formazione e sui contenuti dei singoli codici penali moderni. Si tratta di scritti – spesso scaturiti, specie negli ultimi anni, dalla fruttuosa e fattiva partecipazione di Mario alle iniziative di ricerca promosse da Sergio Vinciguerra – che concernono il ‘codice’ feliciano del 1827 e l’estensione alla Sardegna dell’editto penale militare sabaudo e del codice penale albertino[9], il codice penale di Parma del 1820[10], la codificazione penale nell’Italia giacobina[11], le leggi penali napoletane del 1808 [12], il codice delle Due Sicilie del 1819 e il codice asburgico del 1803 in rapporto al problema dell’unificazione penale[13], il Regolamento Gregoriano del 1832[14]. Seguono i contributi sui codici di Lucca e Piombino (1807-1808), che costituiscono vere e proprie ‘riscoperte’ di Mario[15], sul codice penale napoleonico (e in particolare sul progetto Target)[16] e, in anni recenti, sui codici di Modena del 1855[17], di Malta del 1854[18], di San Marino del 1865[19], e sul progetto italico del 1806[20].

            A questo medesimo filone di indagine appartengono anche talune importanti ricerche dedicate a istituti che costituiscono altrettanti snodi cruciali del moderno diritto penale sostanziale e processuale, nelle quali possiamo di nuovo scorgere quella particolare sensibilità illuminista cui si faceva riferimento in precedenza. Mi riferisco in particolare agli scritti dedicati da una parte alla pena di morte (e ai relativi dibattiti) in Italia[21] e in Francia[22], e dall’altra alla giuria popolare nella seconda metà dell’Ottocento[23]. Da ultimo cito ancora, nell’ambito degli studi sulla codificazione penale, il recente volume Emendare o intimidire? La codificazione del diritto penale in Francia e in Italia durante la Rivoluzione e l’Impero, che affronta un periodo decisivo nella nascita dei sistemi penali moderni, sintetizzando in una visione complessiva una parte almeno delle ricerche testé segnalate[24]. Si tratta di un testo esemplare, sul quale sarà opportuno ritornare tra breve.

Muovendo da interessi più strettamente storico-penalistici, Mario Da Passano ha saputo allargare assai per tempo il proprio campo d’indagine a una serie di ambiti contigui, e in particolare a temi concernenti la storia della criminalità, del banditismo, della devianza e, più in generale, la storia sociale. Di questo secondo rilevante filone di studi fanno parte innanzitutto le non poche ricerche consacrate alla storia degli specifici caratteri assunti dalla delinquenza e dalla violenza sociale in Sardegna, avviate con l’importante volume del 1984 su Delitto e delinquenza nella Sardegna sabauda (1823-1844)[25], proseguite sia con studi dedicati ad argomenti specifici[26] sia attraverso sintesi di notevole efficacia[27], e contrappuntate dalla pubblicazione di saggi non legati direttamente al problema della criminalità, ma testimoni della grande e risalente attenzione di Mario nei confronti degli specifici caratteri delle strutture sociali, istituzionali ed economiche isolane[28].

Al medesimo filone appartengono poi una serie di lavori nei quali una rigorosa indagine storico-giuridica si coniuga, con esiti singolarmente felici, ad approfondimenti concernenti taluni aspetti della devianza, degli interventi di controllo sociale e dello stesso divenire delle mentalità e delle convenzioni sociali. Tra questi contributi, nei quali risulta particolarmente efficace l’utilizzo di fonti anche metagiuridiche, ricordo in special modo i saggi dedicati al vagabondaggio[29], all’alcolismo[30], e (in collaborazione con Daniela Fozzi) al duello[31]. E ricordo ancora come, negli ambiti testé accennati, Mario sia stato maestro e precursore nell’uso innovativo delle fonti e, parallelamente, sia stato maestro e precursore nell’uso di fonti nuove − laddove per nuove intendo fonti poco o per nulla sfruttate dalla tradizionale storiografia giuridica. Assai significativi, al riguardo, mi paiono i suoi lavori sulle statistiche giudiziarie e sui discorsi inaugurali dei rappresentanti del pubblico ministero[32].

Accanto a quelli sulla codificazione penale e sulla storia della criminalità, il terzo tra i filoni di ricerca sviluppati da Mario Da Passano riguarda, come accennato in precedenza, la storia dei sistemi carcerari e, più in generale, dei sistemi di esecuzione penale in età moderna e contemporanea. Si tratta di argomenti il cui approfondimento da parte di Mario era in pieno divenire poiché, pur essendo stati toccati anche in opere precedenti, solo in epoca relativamente recente essi erano divenuti oggetto − quantomeno a livello di produzione a stampa − dei suoi specifici interessi. Ciò nonostante, l’impegno scientifico su questi temi aveva già portato a risultati di notevole spessore. Mi riferisco in primo luogo al volume che raccoglie gli atti del Convegno Internazionale dedicato a Le colonie penali nell'Europa dell'Ottocento, svoltosi nel 2001 e organizzato dallo stesso Mario e dai colleghi del Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari in collaborazione con il Parco Nazionale dell’Asinara[33]. Arricchiti da relazioni di insigni specialisti della materia provenienti da tutta Europa, il convegno e ancor più il volume degli atti hanno avuto un’ampia risonanza anche al di là del mondo più o meno vasto degli addetti ai lavori[34]. E in questo stesso volume − del quale è in corso la traduzione in lingua tedesca − figura un contributo dello stesso Mario Da Passano (scritto in collaborazione con Monica Calzolari) dedicato alla colonia penale delle Tre Fontane[35] che, accanto agli altri lavori su argomenti analoghi apparsi in questi ultimi anni[36], mostra i brillanti risultati cui anche in questo campo d’indagine ha saputo pervenire Mario Da Passano applicando il medesimo metodo di ricerca seguito nei lavori sulla codificazione penale e sulla storia della criminalità.

 

3. – Il metodo

 

Ed è proprio a tale metodo che mi pare doveroso accennare, dopo aver indicato summo digito e in via di sintesi generale gli argomenti che sono stati oggetto dei principali contributi di ricerca scientifica di Mario Da Passano.

Si tratta di un metodo che non esito a definire esemplare.

Esso affonda salde radici in un lungo e faticoso lavoro di scavo documentario, condotto di regola su materiali d’archivio e finalizzato all’esatta ricostruzione filologica delle fonti, dei testi, degli avvenimenti, delle vicende personali, dei contesti. L’archivio era per Mario un ambiente prediletto di lavoro, che per lui non aveva segreti e nel quale sapeva muoversi con maestria. Ben pochi possono vantare una conoscenza pari alla sua degli archivi italiani (e non solo), del loro contenuto per quanto concerne la storia della moderna giustizia penale, del loro funzionamento e, ahimè, delle loro magagne (ma anche delle opportunità di ricerca offerte da quelle che lo stesso Mario definisce «le oasi felici»)[37].

Il lavoro sulle fonti, frutto di un costante impegno di scavo, non è però mai stato, negli scritti richiamati in precedenza, fine a se stesso. Non siamo di fronte al mero gusto della pur importante e imprescindibile ricostruzione filologica, ma a una attività di ricerca concepita come necessaria alla comprensione e alla valutazione dei fatti e, nel caso specifico, della sostanza delle leggi e dei codici (così come della dottrina che li precede, li accompagna e li segue[38]), dell’amministrazione della giustizia colta nella sua quotidianità, dell’effettivo manifestarsi della delinquenza, dei modi concreti di espiazione della pena.

La ricostruzione filologica e dei contesti sociali, culturali, istituzionali (anche per lavori di poche pagine[39]) non rappresenta dunque, nell’opera di Mario, solo un necessario presupposto. Essa diviene, a ben vedere, parte integrante dell’interpretazione storiografica, che priva di tale corredo non è in grado di svilupparsi correttamente. Questa è, a mio sommesso avviso, una parte importante della lezione trasmessaci da Mario Da Passano. Il diritto che si manifesta nei testi normativi e in primo luogo nei codici è un elemento non isolato dagli individui che lo producono e dalla società che lo crea (o lo subisce). Il dritto è sempre un frammento di quadri complessi, e dunque deve essere letto in rapporto alle vicende politiche, sociali, istituzionali. Di conseguenza, è fondamentale conoscere il come (come, quando, per opera di chi si è formato un testo, e da chi e come è stato interpretato e messo in pratica) per comprendere il perché (perché vi è un dato contenuto, perché vi è stata una data interpretazione, una data esecuzione).

Una applicazione e nel contempo un modello particolarmente significativi e maturi del modo di lavorare e scrivere di Mario Da Passano sono rappresentati dal già citato Emendare o intimidire?, pubblicato pochi anni fa, e precisamente nel 2000. Il volume attesta in effetti come le metodologie prima accennate possano essere messe a frutto con esiti particolarmente felici non solo in indagini di approfondimento settoriale ma anche in opere di sintesi o concepite con finalità didattiche[40]. Testi come Emendare o intimidire? finiscono per costituire, grazie al loro taglio particolare, non solo strumenti di conoscenza ma soprattutto − a cominciare in questo caso dal suggestivo titolo – veicoli di interpretazione e dunque di discussione, grazie anche al più che cospicuo corredo documentario messo a disposizione del lettore, che rende largamente accessibili (e trasforma dunque in diffusi strumenti di lavoro e di confronto) fonti e testimonianze altrimenti destinate a essere noti in cerchie tutto sommato ristrette. Da siffatte caratteristiche scaturisce un volume che, come è stato opportunamente scritto, «costituisce un essenziale, chiaro e completo strumento per approfondire il tema della storia della codificazione penale − tra Francia e Italia − nel cruciale passaggio dai vecchi ordinamenti prerivoluzionari all’età della codificazione, tra le aspirazioni e i fermenti dell’Illuminismo e le dure esigenze del crescente statualismo napoleonico e della Restaurazione»[41].

 

4. Appunti sul filo della memoria

 

Molto altro avrei voluto e dovuto aggiungere, ma le presenti note sono state concepite, come avvertito in esordio, con un solo scopo, che doveva essere e rimane quello di delineare una prima sintesi del cospicuo contributo offerto di Mario Da Passano alla storia del diritto moderno. E da tale traccia originaria non intendo discostarmi. Mi permetto solamente di svolgere in sede conclusiva, e senza seguire un preciso ordine logico, alcuni sparse riflessioni che mi sono state suggerite dal ricordo dell’opera e dell’impegno di chi ha costituito e costituirà per me come per molti altri, attraverso i suoi scritti, un preciso e sicuro punto di riferimento.

Innanzitutto, mi sembra doveroso sottolineare come Mario Da Passano sia stato un instancabile organizzatore di cultura. Numerose sono stati i programmi di ricerca da lui promossi anche attraverso il difficile reperimento di adeguati finanziamenti. Numerosi sono stati i congressi, i seminari, i corsi integrativi e, per usare una parola oggi di moda, gli eventi − ad alcuni dei quali ho avuto l’onore di partecipare − da lui efficacemente organizzati, spesso in collaborazione con i colleghi del Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari[42]. Altrettanto numerosi sono stati i volumi di cui Mario ha curato la pubblicazione, con una sapiente azione di raccolta e di coordinamento[43]. E ben sappiamo come questa somma di attività, pur benemerite, possa essere dispendiosa, e costi tempo e fatiche spesso sottratte al più gratificante lavoro di ricerca.

Le osservazioni testé formulate ci fanno ben comprendere come Mario non fosse uno studioso isolato, intento a coltivare solamente i suoi personali interessi. Egli partecipava attivamente alla vita della comunità scientifica italiana e internazionale, ed era assai facile incontrarlo a congressi anche non strettamente attinenti ai suoi principali ambiti di ricerca. All’estero poi, ove si recava di frequente, Mario aveva stretto forti legami accademici, specie con colleghi francesi, belgi, spagnoli, tedeschi, sloveni. E all’estero alcuni tra i suoi scritti sono stati pubblicati o sono tuttora in via di pubblicazione in traduzioni francesi, tedesche o castigliane.

A questa visione cosmopolita dell’impegno di ricerca e dell’attività accademica facevano da contrappunto gli stretti vincoli che egli tenacemente serbava tanto con la sua patria d’origine, Genova, quanto − e ancor più − con la sua patria d’elezione, la Sardegna. Vincoli che non hanno mancato di manifestarsi, nel tempo, anche nella sua produzione scientifica, segnatamente attraverso le ricerche dedicate alla storia costituzionale ligure e gli scritti − numerosissimi e approfonditi, come abbiamo visto − consacrati alla terra sarda.

Un ultimo punto vorrei ancora accennare, che concerne la generosità scientifica di Mario, specchio e diretta conseguenza della sua ben nota generosità umana. Sempre aperto a nuove proposte e a nuove iniziative, disponibile alla stesura di lavori in collaborazione, egli non era affatto geloso delle sue ricerche e dei suoi scritti, che con grande liberalità faceva conoscere anche quando erano ancora in fase di elaborazione. Altrettanto si può dire delle sue frequenti ‘scoperte’ d’archivio, che volentieri comunicava ad amici e colleghi integrandole con preziosi suggerimenti su fondi, filze, cartelle cui ‘dare un’occhiata’. Superfluo aggiungere, a questo punto, che l’enorme quantità di fonti da lui accumulate negli anni attraverso gli strumenti più vari (fotocopie, microfilm, supporti informatici, appunti e trascrizioni) era a disposizione di chiunque avesse necessità di consultarle.

Quando ci ha lasciato, Mario era in procinto di intraprendere il suo ennesimo viaggio di studio. Questa volta doveva recarsi a Corfù, ove da tempo aveva programmato un soggiorno destinato a una nuova ricerca che avrebbe dovuto partire, secondo un metodo ormai ben collaudato, dalla individuazione delle testimonianze d’archivio. Oggetto della progettata indagine doveva essere la sua ultima ‘scoperta’, il codice penale delle Isole Ionie, la cui fotocopia aveva già fatto pervenire, con la generosità testé rammentata, a colleghi e collaboratori.

Credo che il modo migliore per ricordare e onorare l’opera di Mario Da Passano consista, per quelli che hanno avuto la fortuna di lavorare al suo fianco, nel portare avanti e nel concludere la ricerca alla quale egli ancora una volta si accingeva con il consueto entusiasmo e l’immutata passione per la conoscenza.

 

 



 

[1] Mi permetto di inserire, al proposito, un ricordo personale, rappresentato dall’immagine di Mario che, nelle occasioni congressuali, compariva di buon mattino stringendo sottobraccio un consistente fascio di giornali e di riviste, con la cui lettura apriva la propria giornata.

[2] Che hanno portato alla redazione del corposo saggio dedicato a Il processo di costituzionalizzazione nella Repubblica Ligure (1797-1799), in Materiali per una storia della cultura giuridica, III (1973), 79-260. Il contributo − giova sottolinearlo − segna l’avvio di una collaborazione più che trentennale con la rivista fondata da Giovanni Tarello, nei cui fascicoli Mario ha pubblicato una parte cospicua dei suoi scritti.

[3] Mario Da Passano, La questione costituzionale nella Repubblica Ligure (1800-1802), in La formazione storica del diritto moderno in Europa, Atti del III Congresso internazionale della Società Italiana di Storia del Diritto, Firenze 1977, III, 1373-1407; Id., Dalla democrazia direttoriale all’oligarchia senatoria: le vicende costituzionali della Repubblica Ligure (1797-1805), in Studi settecenteschi, 17 (1997), 287-334.

[4] Mario Da Passano, La giustizia penale e la Riforma leopoldina in alcuni inediti di Condorcet, in Materiali per una storia della cultura giuridica, V (1975), 253-450; Id., Un autografo inedito di Honoré-Gabriel Riqueti comte de Mirabeau: l’Analyse raisonnée du projet d’un nouveau code prussien (1788), in Materiali per una storia della cultura giuridica, VI (1976), 93-186; Id., Ingegneria giuridica tra Ancien Règime e Restaurazione: Gabriel-Jean de Dieu-François d’Olivier (1753-1823), in Materiali per una storia della cultura giuridica, VIII (1978), 181-214; Id., Un inedito di Condorcet: la Lettre de Vienne, in Studi settecenteschi, 1 (1981), 273-286.

[5] Mario Da Passano, Emendare o intimidire? La codificazione del diritto penale in Francia e in Italia durante la Rivoluzione e l’Impero, Torino 2000, 11-12.

[6] Mario Da Passano, I lavori preparatori della Leopoldina: fonti e ipotesi di ricerca, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XIV (1984), 41-44; Id., I lavori preparatori della Leopoldina: il progetto del Granduca, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XV (1985), 301-316.

[7] Mario Da Passano, Dalla “mitigazione delle pene” alla “protezione che esige l’ordine pubblico”. Il diritto penale toscano dai Lorena ai Borbone (1786-1807), Milano 1988 [La “Leopoldina”. Criminalità e giustizia nelle riforme del ‘700 europeo, Ricerche coordinate da Luigi Berlinguer, 3]. La pubblicazione del volume è preceduta, oltre che dalla relazione di sintesi Nel bicentenario della Leopoldina: l’Incontro internazionale di studio di Siena, in Il pensiero politico, XX (1987), 107-113, da una breve ma importante discussione, nella quale si confutano talune recenti interpretazioni relative alla natura del testo leopoldino: La “Leopoldina” è un codice moderno?, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XVII (1987), 469-478.

[8] Mario Da Passano, Il primo progetto di codice penale toscano (1824), in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXII (1992), 41-64; Id., La storia esterna del codice penale toscano (1814-1860), in Istituzioni e società in Toscana nell’età moderna, Atti delle giornate di studio dedicate a Giuseppe Pansini (Firenze, 4-5 dicembre 1992), Roma 1994, II, 564-589; Id., La codificazione penale nel Granducato di Toscana (1814-1860), in Codice Penale pel Granducato di Toscana (1853), Ristampa anastatica, Presentazione di S. Vinciguerra e M. Da Passano, Padova 1993, XXIX-CLVIII; Id., La formazione del codice penale toscano, in Codice Penale pel Granducato di Toscana (1853), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1995, VII-CXXVI; Id., I tentativi di codificazione penale nel Granducato di Toscana. Il progetto di Giuseppe Puccioni (1838), in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXVI (1996), 319-357.

[9] Mario Da Passano, La repressione penale nel cosiddetto «codice» feliciano, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XI (1981), 87-155; Id., L’estensione alla Sardegna dell’Editto penale militare sabaudo del 1822, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XIII (1983), 47-56; Id., L’estensione del codice penale albertino alla Sardegna, in Codice Penale per gli Stati di S. M. il Re di Sardegna (1839), Ristampa anastatica, Presentazione di S. Vinciguerra e M. Da Passano, Padova 1993, XXIX-L; Id., Il diritto penale sardo dalla Restaurazione alla fusione, in Ombre e luci della Restaurazione, Roma 1998, 403-431; Id., La Carta de Logu e le Leggi feliciane, in La Carta de Logu d’Arborea nella storia del diritto medievale e moderno, a cura di I. Birocchi e A. Mattone, Roma-Bari 2004, 479-497. Il periodo anteriore, e in particolare il momento settecentesco, è opportunamente indagato in Id., Il diritto penale sardo nel XVIII secolo, in Etudes Corses, XVI (1988), 47-55, e in Id., Riformismo senza riforme: i Savoia e il diritto penale sardo nel Settecento, in Studi in memoria di Giovanni Tarello, I, Saggi storici, Milano 1990, 209-235. Agili contributi di sintesi sulla legislazione sarda sono invece rappresentati da Id., La legislazione, in La Sardegna, a cura di M. Brigaglia, Cagliari 1982, I, 147-151, e da Id., La legislazione, in I Catalani in Sardegna, a cura di J. Carbonell e F. Manconi, Milano 1984, 75-82.

[10] Mario Da Passano, Alle origini della codificazione penale parmense: la riforma del 1819, in Rivista di Storia del Diritto Italiano, LXV (1992), 255-317.

[11] Mario Da Passano, La codificazione penale nell’Italia “giacobina”, in Il codice penale veronese (1797), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1995, XCV-CVI; Id., La codification du droit pénal dans l’Italie “jacobine” et napoléonienne, in Révolutions et justice pénale en Europe. Modèles français et traditions nationales (1780-1830), a cura di X. Rousseaux, M.-S. Dupont-Bouchat, C. Vael, Paris-Montrèal 1999, 85-99.

[12] Mario Da Passano, La codificazione del diritto penale a Napoli nel periodo francese, in Le leggi penali di Giuseppe Bonaparte per il Regno di Napoli (1808), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1996, CLV-CLXXIV.

[13] Mario Da Passano, Il problema dell’unificazione legislativa e l’abrogazione del codice napoletano, in Codice per lo Regno delle Due Sicilie (1819). Parte Seconda. Leggi Penali, Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1994, XXVII-CXXI; Id., Due codici a confronto: le resistenze lombarde all’estensione del codice penale sabaudo, in Codice penale universale austriaco (1803), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1997, CXCV-CCXVII.

[14] Mario Da Passano, I tentativi di codificazione penale nello Stato Pontificio (1800-1832), in I regolamenti penali di Papa Gregorio XVI per lo Stato Pontificio (1832), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1998, CXLIII-CLXXXIII, e in A Ennio Cortese, scritti promossi da D. Maffei e raccolti a cura di I. Birocchi, M. Caravale, E. Conte, U. Petronio, Roma 2001, I, 390-417.

[15] Mario Da Passano, La formazione del codice penale lucchese, in Codice penale per il Principato di Lucca (1807), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1999, IX-XXXIV; Id., Una fonte d’ispirazione per il codice penale piombinese: il progetto di Bexon per il Re di Baviera, in Codice penale per il Principato di Piombino (1808), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 2000, LXIX-CXIV. A Scipion Bexon e a un particolare aspetto del suo pensiero è dedicato il successivo contributo Mario Da Passano, Un’«istituzione morale approvata dalla virtù». Bexon e il tribunale di correzione paterna, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXXII (2002), 427-451.

[16] Mario Da Passano, I Tribunali francesi e il progetto Target. La parte generale, in Codice dei Delitti e delle Pene pel Regno d’Italia (1811), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 2001, XXXIII-LXV.

[17] Mario Da Passano, I lavori preparatori del codice criminale estense, in Codice criminale per gli Stati Estensi (1855), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 2002, LXVII-LXXXIX; Id., Un sovrano e il suo codice. I lavori preparatori del codice criminale estense, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXXIII (2003), 77-125.

[18] Mario Da Passano, Le Leggi penali napoletane e il primo progetto di codice penale maltese (1836), In Leggi criminali per l'isola di Malta e sue Dipendenze (1854), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 2003, LIX-LXXXI.

([19]) Mario Da Passano, Tre giuristi per un codice. Mancini, Zuppetta, Giuliani e la codificazione del diritto penale sostanziale di S. Marino, in Codice penale della Repubblica di San Marino (1865), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 2004, LI-LXXXV.

[20] Mario Da Passano, “Un’opera filantropica, e ben combinata”. Il progetto di codice penale italico del 1806 nel parere inedito di un genero di Pietro Verri, in Amicitiae Pignus. Studi in ricordo di Adriano Cavanna, a cura di A. Padoa Schioppa, G. di Renzo Villata, G.P. Massetto, Milano 2003, I, 713-766.

[21] Mario Da Passano, La pena di morte nel Regno d’Italia (1859-1889), in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXII (1992), 341-397 (pubblicato, in una versione precedente, anche in Diritto penale dell’Ottocento. I codici preunitari e il codice Zanardelli, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1993, 579-651); Id., Le facoltà di giurisprudenza italiane e il problema dell’abolizione della pena di morte (1876), in Università in Europa. Le istituzioni universitarie dal Medio Evo ai nostri giorni. Strutture, organizzazione, funzionamento, Atti del Convegno internazionale di studi (Milazzo, 28 settembre-2 ottobre 1993), a cura di A. Romano, Roma 1995, 471-490; Id., La pena di morte nel Granducato di Toscana (1786-1860), in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXVI (1996), 39-66.

[22] Mario Da Passano, La pena di morte nella Francia rivoluzionaria e imperiale, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXVII (1997), 379-426.

[23] Mario Da Passano, Il giurì “compagno indispensabile, necessario, fatale della libertà”, in Movimento operaio e socialista, 3 (1989), I due volti della giustizia. Il processo penale tra Otto e Novecento, 257-273.

[24] Mario Da Passano, Emendare o intimidire? La codificazione del diritto penale in Francia e in Italia durante la Rivoluzione e l’Impero, Torino 2000.

[25] Mario Da Passano, Delitto e delinquenza nella Sardegna sabauda (1823-1844), Milano 1984.

[26] Mario Da Passano, Armi da fuoco, spari e omicidi nella Sardegna di Carlo Alberto, in Quaderni sardi di storia, 3 (1981-1983), 115-132; Id., La Marmora rapinato, in Studi e ricerche in onore di Girolamo Sotgiu, Cagliari 1992-1994, I, 223-255; Id., Insorgenze e fazioni in Gallura nel primo Ottocento, in Etudes Corses, XXI (1993), Actes du Colloque Banditisme et violence sociale dans les societés de l’Europe méditerranéenne, 215-235; Id., Un crimine feroce ed arcaico nella Sardegna dell’Ottocento: la bardana, in Acta Histriae, 10 (2002), Contributi dal Convegno Internazionale Il linguaggio della violenza (Capodistria, 11-13 ottobre 2001), 331-366.

[27] Oltre a Mario Da Passano, I Savoia in Sardegna e i problemi della repressione penale, in All’ombra dell’Aquila imperiale. Trasformazioni e continuità istituzionali nei territori sabaudi in età napoleonica (1802-1804), Atti del Convegno (Torino, 15-18 ottobre 1990), Roma 1994, I, 210-234, si veda specialmente, al riguardo, Id., La criminalità e il banditismo dal Settecento alla prima guerra mondiale, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. La Sardegna, a cura di L. Berlinguer e A. Mattone, Torino 1998, 421-497.

[28] Mario Da Passano, Le discussioni sul problema della chiusura dei campi nella Sardegna sabauda, in Materiali per una storia della cultura giuridica, X (1980), 417-435; Id., I matrimoni clandestini e sconvenienti nella Sardegna del primo Ottocento, in Scritti di storia del diritto offerti dagli allievi a Domenico Maffei, Padova 1991, 481-508; Id., L’agricoltura sarda nella legislazione sabauda, in Le opere e i giorni. Contadini e pastori nella Sardegna tradizionale, a cura di F. Manconi e G. Angioni, Milano 1982, 76-81; Id., Legislazione e proprietà fondiaria. Il problema delle recinzioni nella Sardegna sabauda, in Diritto e potere nella storia europea, Atti del IV Congresso internazionale della Società Italiana di Storia del Diritto, Firenze 1982, II, 923-950.

[29] Mario Da Passano, Il vagabondaggio nell’Italia dell’Ottocento, in Acta Histriae, 12 (2004), Contributi dal Convegno Internazionale Crimini senza vittime. La vittima nello scenario del processo penale (Capodistria, 23-25 ottobre 2003), 51-92.

[30] Mario Da Passano, L’ubriachezza nei codici penali italiani preunitari, in La vite e il vino. Storia e diritto (secoli XI-XIX), Atti del Convegno Internazionale di Studi (Alghero, 28-31 ottobre 1998), a cura di M. Da Passano, A. Mattone, F. Mele, P.F. Simbula, 2 voll., Roma 2000, II, 1143-1165; Id., Una legge liberticida? I «Provvedimenti per combattere l’alcoolismo» (1913), in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXXIV (2004), 93-126 (si tratta della relazione presentata al III Simposio de la Asociación internacional de historia y civilización de la vid y del vino, Madeira, 4-8 ottobre 2003, destinata ad apparire in castigliano anche negli atti di quel convegno).

[31] Mario Da Passano, Daniela Fozzi, Uno “scabroso argomento”: il duello nella codificazione penale italiana (1786-1889), in Acta Histriae, 8 (2001), Contributi dal Convegno Internazionale Onore: identità e ambiguità di un codice informale (area mediterranea - secc. XII-XX), 243-304. Il saggio è stato tradotto e pubblicato anche in lingua tedesca a cura di Thomas Vormbaum: Mario Da Passano, Daniela Fozzi, "Ein heikles Problem". Der Zweikampf in der italienischen Strafgesetzgebung (1786-1889), in Jahrbuch der Juristischen Zeitgeschichte, 5 (2004), 162-215.

[32] Mario Da Passano, Linee di politica criminale nei discorsi inaugurali dei rappresentanti del pubblico ministero. 1877-1888, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXI (1991), 93-129; Id., Le statistiche giudiziarie come strumento di politica penale: il Granducato di Toscana, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXV (1995), 43-58, e in Quaderni di ricerca ISTAT. Ordinamento e amministrazione, 4 (1994), 1-13.

[33] Le colonie penali nell'Europa dell'Ottocento, Atti del Convegno Internazionale (Porto Torres, 25 maggio 2001), a cura di M. Da Passano, Introduzione di G. Neppi Modona, Roma 2004.

[34] Come dimostra, ad esempio, l’articolo di Giorgio Boatti, Spostare palle di cannone. «Le colonie penali nell’Europa dell’Ottocento»: come i governi fronteggiavano l’ozio tra le sbarre, apparso su tuttoLibri, supplemento al quotidiano «La Stampa» del 3 aprile 2004, 6.

[35] Mario Da Passano, Monica Calzolari, Il lavoro dei condannati all'aperto. L’esperimento della colonia delle Tre Fontane (1880-1895), in Le colonie penali nell'Europa dell'Ottocento, cit., 129-187.

[36] Mario Da Passano, “Il male contro il male”. L'impiego dei condannati nei lavori di bonifica e dissodamento, in Dal mondo antico all'età contemporanea. Studi in onore di Manlio Brigaglia, Roma 2001, 599-633; Id. (in collaborazione con F. Frau), Una rivista “tecnica”: l’“Effemeride carceraria”, in Storia della comunicazione in Italia: dalle Gazzette a Internet, a cura di A. Varni, Bologna 2002, 49-79.

[37] Si vedano, sul punto, le pungenti osservazioni e le amare riflessioni svolte da Mario nell’Introduzione a Emendare o intimidire?, cit., 17-18. Si tratta dei medesimi temi affrontati anche in Mario Da Passano, Archivi e biblioteche: una modesta proposta, in Le carte e la storia, VI (2000), 2, 4-17.

[38] Tra i contributi legati agli snodi dottrinali ricordo: Mario Da Passano, Le definizioni nella storia del diritto penale italiano contemporaneo, in Omnis definitio in iure periculosa? Il problema delle definizioni legali nel diritto penale, a cura di A. Cadoppi, Padova 1996, 95-108, Id., Roberto Ardigò e la penalistica italiana, in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XXXIV (2001), 159-171; Id., Echi parlamentari di una polemica scientifica (e accademica), in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXXII (2002), 59-81.[pubbl. anche in Diritto @ Storia. Rivista di Scienze Giuridiche e Tradizione Romana 1, 2002 = http://www.dirittoestoria.it/memorie/Testi%20delle%20Comunicazioni/Mario%20Da%20Passano.htm ]

[39] Quale ad esempio Mario Da Passano, Cercasi carnefice, in Storia e dossier», IX (1994), n. 89, 51-53.

[40] Conviene rammentare, al riguardo, come il volume in oggetto sia apparso in una collana − Il Diritto nella Storia, diretta da Umberto Santarelli − che accoglie, come recita la presentazione della stessa collana, «corsi di lezioni di storia del diritto medievale e moderno. Corsi universitari, anzitutto, destinati cioè ad una scuola esigente e severa, che insegna solamente ciò che ha saputo “produrre” dopo e perché lo ha prodotto, e che esigente e severa sa rimanere».

[41] Il passo riportato tra virgolette è tratto dalla recensione a Emendare o intimidire? pubblicata da Enrico Genta nella Rivista di Storia del Diritto Italiano, LXXIV-LXXV (2001-2002), 463-465.

[42] Mi limito a enumerare, in questo caso, le iniziative di cui ho un ricordo personale: il seminario del 1990 su Politica criminale e magistratura nell’Italia dell’Ottocento (Sassari); il convegno del 1992 su L’Università di Sassari e l’esperienza delle piccole Università italiane (Sassari); il convegno internazionale del 1996 su Le Università minori in Europa (Alghero); il convegno del 1996 su Patriottismo e costituzionalismo nella «sarda rivoluzione» (Sassari); il corso, sempre del 1996, su Il costituzionalismo spagnolo fra Sette e Ottocento (Sassari); il convegno internazionale del 1998 su La vite e il vino nella storia e nel diritto (Alghero), seguito nel 2000 dall’incontro di presentazione degli Atti; il corso del 1998 su Accentramento, modernità e resistenze dai Paesi Bassi austriaci al Belgio indipendente (Sassari); il convegno internazionale del 2001 su Le colonie penali nell’Europa dell’Ottocento (Porto Torres), seguito nel 2004 dall’incontro di presentazione degli Atti; il convegno internazionale del 2004 su Il diritto patrio tra diritto comune e codificazione (Alghero). Ma l’elenco completo è ovviamente assai più lungo e articolato.

[43] Segnalo, anche questa volta senza nessuna pretesa di completezza, i cospicui volumi, già citati in precedenza, nei quali si raccolgono gli atti dei due congressi La vite e il vino. Storia e diritto (secoli XI-XIX) e Le colonie penali nell'Europa dell'Ottocento, e la silloge di scritti Le Università minori in Italia nel XIX secolo, a cura di M. Da Passano, Sassari 1993 (con una Introduzione dello stesso Da Passano alle pp. 5-8).