N. 4 –
2005 – In Memoriam – Da Passano
Sommario: 1. Mario Da Passano
e la dimensione storica del diritto moderno. – 2. La
produzione scientifica. – 3. Il metodo.
– 4. Appunti sul filo della
memoria.
Il presente scritto non ha altra
ambizione se non quella di offrire un primo sintetico ragguaglio
sull’opera e sulla figura scientifica di Mario Da Passano. Esso dunque
non ha alcuna pretesa di completezza, né intende formulare giudizi
definitivi o approfonditi, ma solo rammentare per sommi capi la complessità
e la ricchezza di un edificio di studi e ricerche pazientemente costruito nel
corso di oltre un trentennio, e trasmessoci come preziosa eredità da un
amico che troppo presto ci ha lasciato.
Conviene iniziare queste poche pagine
ricordando i dati essenziali dell’esperienza scientifica di Mario Da
Passano. E a tale scopo non mi sembra fuor di luogo dare la parola proprio a
Mario, attraverso la trascrizione del curriculum inserito nella domanda
di finanziamento ministeriale che assieme ad altri colleghi abbiamo presentato,
come ormai da qualche anno eravamo soliti fare, nella scorsa primavera. Scrive
Mario in questo breve testo autobiografico:
«Il professor Mario Da Passano
è stato direttore del Dipartimento di Storia dell'Università di
Sassari. Dopo essersi occupato inizialmente del processo di
costituzionalizzazione in Italia tra Sette ed Ottocento, ha rivolto i suoi
interessi scientifici prevalentemente alla storia della codificazione, nei suoi
aspetti reali e culturali. Da qualche tempo ha dedicato la sua attenzione
soprattutto alla storia penale italiana tra Sette ed Ottocento, pubblicando
numerosi saggi in proposito, relativi sia alle vicende della codificazione del
diritto penale sostanziale sia alla storia della criminalità. Ha
partecipato, presentando relazioni, a numerosi convegni nazionali ed
internazionali».
Si tratta, come si può ben
vedere, di un testo semplice, diretto, essenziale, senza appesantimenti
retorici o esercizi di falsa modestia. Esso rispecchia pienamente il carattere
franco e diretto della persona che l’ha scritto e sintetizza con pochi
efficaci tratti la esemplare carriera scientifica di uno storico del diritto, e
in particolare di uno storico del diritto moderno. Perché Mario Da
Passano era non solo un cultore, ma un vero appassionato del diritto moderno
nella sua dimensione storica. Questo era l’ambito di ricerca che sentiva
come proprio, e quasi mai se ne è allontanato per toccare − come
può accadere, talvolta per necessità accademiche −
argomenti lontani dalle sue predilezioni. Al diritto moderno e alle sue vicende
egli ha costantemente guardato, anche perché in quest’ambito
poteva, in modo più diretto e immediato, trovare i riscontri alle sue
idee ed elaborare gli strumenti di verifica del suo costante impegno civile[1].
Nell’ambito della storia del
diritto moderno, peraltro, alcuni temi, alcuni snodi problematici hanno in
particolare − fin dalle prime tappe del suo cammino scientifico −
attirato la sua attenzione, costituendo l’oggetto di una ricerca
che non solo si è dimostrata negli anni continua ed attenta, ma che
altresì ha saputo essere originale e innovativa.
Come abbiamo visto dalla breve nota
autobiografica testé riportata, Mario Da Passano ha avviato la sua
attività di ricerca dedicandosi a studi di storia costituzionale[2],
che del resto non ha mai abbandonato del tutto[3].
Queste prime prove sono state seguite da una serie di ricerche e di
approfondimenti – frutto di prolungati soggiorni oltralpe –
relativi al pensiero illuminista francese[4],
che hanno consentito a Mario non solo di offrire un primo saggio del suo
invidiabile talento come indagatore d’archivi ed editore di fonti, ma anche
di prendere contatto con quello che sarebbe stato in seguito l’ambito
prediletto dei suoi studi.
Ben presto, infatti, Mario Da Passano ha individuato
nell’evoluzione storica del diritto penale moderno, dal XVIII al XX
secolo, il fulcro dei suoi interessi scientifici, con una scelta che non
è stata casuale, ma che appare dettata − illuministicamente, si
potrebbe dire − dalla particolare sensibilità e dallo spiccato
interesse di Mario verso le vicende di quel ramo della legislazione che
potenzialmente è in grado di minacciare con maggiore immediatezza i
diritti e le libertà. E a tale vasta, complessa e − fino a tempi
non lontani − poco frequentata area di ricerca egli ha dedicato, nel
tempo, la maggior parte dei suoi contributi. Questi contributi rappresentano dunque altrettanti momenti di
un’articolata esperienza scientifica svoltasi lungo tre itinerari
principali che riguardano, rispettivamente, l’evoluzione della moderna
codificazione penale, la storia della criminalità, e lo sviluppo dei
sistemi carcerari e, più in generale, dei sistemi di esecuzione penale.
Non a caso i tre itinerari testé segnalati corrispondono alle tre
diverse «direzioni» che − nell’Introduzione di un suo recente libro − lo stesso Mario
individuava nell’attività di ricerca e di studio innescata negli
ultimi anni dal rinnovato e sempre maggiore interesse per la storia penale,
oggi rivolta appunto ad approfondire i tre campi del «processo di
codificazione penale», della «storia criminale in senso
stretto», e della «storia dei diversi sistemi espiativi»[5].
I contributi di
Mario Da Passano alla storia della codificazione penale hanno illuminato non
pochi dei molteplici lati oscuri che la tradizione storiografica aveva lasciato
in materia. Ricordo innanzitutto la cospicua serie di indagini che, nel loro
complesso, ci restituiscono un quadro accurato e a più dimensioni della
vicenda della codificazione penale toscana osservata nella sua totalità,
dall’età della Leopoldina
fino al periodo postunitario. Tra queste indagini spiccano i lavori consacrati
alla preparazione della riforma del 1786[6],
l’informatissimo volume del 1988 dedicato a Il diritto penale toscano dai Lorena ai Borbone[7],
e gli esaustivi scritti che hanno come oggetto l’intera parabola storica
del codice granducale del 1853[8].
Un codice che ha avuto una grandissima rilevanza nella storia della
codificazione penale in Italia, ma che non è stato il solo ad aver
attirato l’attenzione di Mario. Assai numerose sono infatti le sue
ricerche sulla formazione e sui contenuti dei singoli codici penali moderni. Si
tratta di scritti – spesso scaturiti, specie negli ultimi anni, dalla
fruttuosa e fattiva partecipazione di Mario alle iniziative di ricerca promosse
da Sergio Vinciguerra – che concernono il ‘codice’ feliciano
del 1827 e l’estensione alla Sardegna dell’editto penale militare
sabaudo e del codice penale albertino[9],
il codice penale di Parma del 1820[10],
la codificazione penale nell’Italia giacobina[11],
le leggi penali napoletane del 1808 [12],
il codice delle Due Sicilie del 1819 e il codice asburgico del
A
questo medesimo filone di indagine appartengono anche talune importanti ricerche
dedicate a istituti che costituiscono altrettanti snodi cruciali del moderno
diritto penale sostanziale e processuale, nelle quali possiamo di nuovo
scorgere quella particolare sensibilità illuminista cui si faceva
riferimento in precedenza. Mi riferisco in particolare agli scritti dedicati da
una parte alla pena di morte (e ai relativi dibattiti) in Italia[21]
e in Francia[22],
e dall’altra alla giuria popolare nella seconda metà
dell’Ottocento[23].
Da ultimo cito ancora, nell’ambito degli studi sulla codificazione
penale, il recente volume Emendare o
intimidire? La codificazione del
diritto penale in Francia e in Italia durante
Muovendo da
interessi più strettamente storico-penalistici, Mario Da Passano ha
saputo allargare assai per tempo il proprio campo d’indagine a una serie
di ambiti contigui, e in particolare a temi concernenti la storia della
criminalità, del banditismo, della devianza e, più in generale,
la storia sociale. Di questo secondo rilevante filone di studi fanno parte
innanzitutto le non poche ricerche consacrate alla storia degli specifici
caratteri assunti dalla delinquenza e dalla violenza sociale in Sardegna,
avviate con l’importante volume del 1984 su Delitto e delinquenza
nella Sardegna sabauda (1823-1844)[25], proseguite sia con studi dedicati ad
argomenti specifici[26]
sia attraverso sintesi di notevole efficacia[27],
e contrappuntate dalla pubblicazione di saggi non legati direttamente al
problema della criminalità, ma testimoni della grande e risalente
attenzione di Mario nei confronti degli specifici caratteri delle strutture
sociali, istituzionali ed economiche isolane[28].
Al medesimo filone appartengono poi una serie di lavori nei quali una
rigorosa indagine storico-giuridica si coniuga, con esiti singolarmente felici,
ad approfondimenti concernenti taluni aspetti della devianza, degli interventi
di controllo sociale e dello stesso divenire delle mentalità e delle
convenzioni sociali. Tra questi contributi, nei quali risulta particolarmente
efficace l’utilizzo di fonti anche metagiuridiche, ricordo in special
modo i saggi dedicati al vagabondaggio[29],
all’alcolismo[30],
e (in collaborazione con Daniela Fozzi) al duello[31]. E ricordo ancora
come, negli ambiti testé accennati, Mario sia stato maestro e precursore
nell’uso innovativo delle fonti e, parallelamente, sia stato maestro e
precursore nell’uso di fonti nuove − laddove per nuove intendo
fonti poco o per nulla sfruttate dalla tradizionale storiografia giuridica.
Assai significativi, al riguardo, mi paiono i suoi lavori sulle statistiche
giudiziarie e sui discorsi inaugurali dei rappresentanti del pubblico ministero[32].
Accanto a quelli
sulla codificazione penale e sulla storia della criminalità, il terzo
tra i filoni di ricerca sviluppati da Mario Da Passano riguarda, come accennato
in precedenza, la storia dei sistemi carcerari e, più in generale, dei
sistemi di esecuzione penale in età moderna e contemporanea. Si tratta
di argomenti il cui approfondimento da parte di Mario era in pieno divenire
poiché, pur essendo stati toccati anche in opere precedenti, solo in
epoca relativamente recente essi erano divenuti oggetto − quantomeno a
livello di produzione a stampa − dei suoi specifici interessi. Ciò
nonostante, l’impegno scientifico su questi temi aveva già portato
a risultati di notevole spessore. Mi riferisco in primo luogo al volume che
raccoglie gli atti del Convegno Internazionale dedicato a Le colonie penali
nell'Europa dell'Ottocento,
svoltosi nel 2001 e organizzato dallo stesso Mario e dai colleghi del
Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari in
collaborazione con il Parco Nazionale dell’Asinara[33].
Arricchiti da relazioni di insigni specialisti della materia provenienti da
tutta Europa, il convegno e ancor più il volume degli atti hanno avuto un’ampia
risonanza anche al di là del mondo più o meno vasto degli addetti
ai lavori[34].
E in questo stesso volume − del quale è in corso la traduzione in
lingua tedesca − figura un contributo dello stesso Mario Da Passano
(scritto in collaborazione con Monica Calzolari) dedicato alla colonia penale
delle Tre Fontane[35]
che, accanto agli altri lavori su argomenti analoghi apparsi in questi ultimi
anni[36],
mostra i brillanti risultati cui anche in questo campo d’indagine ha
saputo pervenire Mario Da Passano applicando il medesimo metodo di ricerca
seguito nei lavori sulla codificazione penale e sulla storia della
criminalità.
Ed è proprio a tale metodo che mi pare doveroso accennare, dopo
aver indicato summo digito e in via
di sintesi generale gli argomenti che sono stati oggetto dei principali
contributi di ricerca scientifica di Mario Da Passano.
Si tratta di un
metodo che non esito a definire esemplare.
Esso affonda
salde radici in un lungo e faticoso lavoro di scavo documentario, condotto di
regola su materiali d’archivio e finalizzato all’esatta
ricostruzione filologica delle fonti, dei testi, degli avvenimenti, delle
vicende personali, dei contesti. L’archivio era per Mario un ambiente
prediletto di lavoro, che per lui non aveva segreti e nel quale sapeva muoversi
con maestria. Ben pochi possono vantare una conoscenza pari alla sua degli
archivi italiani (e non solo), del loro contenuto per quanto concerne la storia
della moderna giustizia penale, del loro funzionamento e, ahimè, delle
loro magagne (ma anche delle opportunità di ricerca offerte da quelle
che lo stesso Mario definisce «le oasi felici»)[37].
Il lavoro sulle
fonti, frutto di un costante impegno di scavo, non è però mai
stato, negli scritti richiamati in precedenza, fine a se stesso. Non siamo di
fronte al mero gusto della pur importante e imprescindibile ricostruzione
filologica, ma a una attività di ricerca concepita come necessaria alla
comprensione e alla valutazione dei fatti e, nel caso specifico, della sostanza
delle leggi e dei codici (così come della dottrina che li precede, li
accompagna e li segue[38]),
dell’amministrazione della giustizia colta nella sua quotidianità,
dell’effettivo manifestarsi della delinquenza, dei modi concreti di
espiazione della pena.
La ricostruzione
filologica e dei contesti sociali, culturali, istituzionali (anche per lavori
di poche pagine[39])
non rappresenta dunque, nell’opera di Mario, solo un necessario
presupposto. Essa diviene, a ben vedere, parte integrante
dell’interpretazione storiografica, che priva di tale corredo non
è in grado di svilupparsi correttamente. Questa è, a mio sommesso
avviso, una parte importante della lezione trasmessaci da Mario Da Passano. Il
diritto che si manifesta nei testi normativi e in primo luogo nei codici
è un elemento non isolato dagli individui che lo producono e dalla
società che lo crea (o lo subisce). Il dritto è sempre un
frammento di quadri complessi, e dunque deve essere letto in rapporto alle
vicende politiche, sociali, istituzionali. Di conseguenza, è fondamentale
conoscere il come (come, quando, per opera di chi si è formato un testo,
e da chi e come è stato interpretato e messo in pratica) per comprendere
il perché (perché vi è un dato contenuto, perché vi
è stata una data interpretazione, una data esecuzione).
Una applicazione
e nel contempo un modello particolarmente significativi e maturi del modo di
lavorare e scrivere di Mario Da Passano sono rappresentati dal già
citato Emendare o intimidire?,
pubblicato pochi anni fa, e precisamente nel 2000. Il volume attesta in effetti
come le metodologie prima accennate possano essere messe a frutto con esiti
particolarmente felici non solo in indagini di approfondimento settoriale ma
anche in opere di sintesi o concepite con finalità didattiche[40].
Testi come Emendare o intimidire?
finiscono per costituire, grazie al loro taglio particolare, non solo strumenti
di conoscenza ma soprattutto − a cominciare in questo caso dal suggestivo
titolo – veicoli di interpretazione e dunque di discussione, grazie anche
al più che cospicuo corredo documentario messo a disposizione del
lettore, che rende largamente accessibili (e trasforma dunque in diffusi
strumenti di lavoro e di confronto) fonti e testimonianze altrimenti destinate
a essere noti in cerchie tutto sommato ristrette. Da siffatte caratteristiche
scaturisce un volume che, come è stato opportunamente scritto,
«costituisce un essenziale, chiaro e completo strumento per approfondire
il tema della storia della codificazione penale − tra Francia e Italia −
nel cruciale passaggio dai vecchi ordinamenti prerivoluzionari
all’età della codificazione, tra le aspirazioni e i fermenti
dell’Illuminismo e le dure esigenze del crescente statualismo napoleonico
e della Restaurazione»[41].
Molto altro avrei
voluto e dovuto aggiungere, ma le presenti note sono state concepite, come
avvertito in esordio, con un solo scopo, che doveva essere e rimane quello di
delineare una prima sintesi del cospicuo contributo offerto di Mario Da Passano
alla storia del diritto moderno. E da tale traccia originaria non intendo
discostarmi. Mi permetto solamente di svolgere in sede conclusiva, e senza
seguire un preciso ordine logico, alcuni sparse riflessioni che mi sono state
suggerite dal ricordo dell’opera e dell’impegno di chi ha
costituito e costituirà per me come per molti altri, attraverso i suoi
scritti, un preciso e sicuro punto di riferimento.
Innanzitutto, mi
sembra doveroso sottolineare come Mario Da Passano sia stato un instancabile
organizzatore di cultura. Numerose sono stati i programmi di ricerca da lui
promossi anche attraverso il difficile reperimento di adeguati finanziamenti.
Numerosi sono stati i congressi, i seminari, i corsi integrativi e, per usare
una parola oggi di moda, gli eventi − ad alcuni dei quali ho avuto
l’onore di partecipare − da lui efficacemente organizzati, spesso
in collaborazione con i colleghi del Dipartimento di Storia
dell’Università di Sassari[42].
Altrettanto numerosi sono stati i volumi di cui Mario ha curato la
pubblicazione, con una sapiente azione di raccolta e di coordinamento[43].
E ben sappiamo come questa somma di attività, pur benemerite, possa
essere dispendiosa, e costi tempo e fatiche spesso sottratte al più
gratificante lavoro di ricerca.
Le osservazioni
testé formulate ci fanno ben comprendere come Mario non fosse uno
studioso isolato, intento a coltivare solamente i suoi personali interessi.
Egli partecipava attivamente alla vita della comunità scientifica
italiana e internazionale, ed era assai facile incontrarlo a congressi anche
non strettamente attinenti ai suoi principali ambiti di ricerca.
All’estero poi, ove si recava di frequente, Mario aveva stretto forti
legami accademici, specie con colleghi francesi, belgi, spagnoli, tedeschi,
sloveni. E all’estero alcuni tra i suoi scritti sono stati pubblicati o
sono tuttora in via di pubblicazione in traduzioni francesi, tedesche o
castigliane.
A questa visione
cosmopolita dell’impegno di ricerca e dell’attività
accademica facevano da contrappunto gli stretti vincoli che egli tenacemente
serbava tanto con la sua patria d’origine, Genova, quanto − e ancor
più − con la sua patria d’elezione,
Un ultimo punto
vorrei ancora accennare, che concerne la generosità scientifica di
Mario, specchio e diretta conseguenza della sua ben nota generosità
umana. Sempre aperto a nuove proposte e a nuove iniziative, disponibile alla
stesura di lavori in collaborazione, egli non era affatto geloso delle sue
ricerche e dei suoi scritti, che con grande liberalità faceva conoscere
anche quando erano ancora in fase di elaborazione. Altrettanto si può
dire delle sue frequenti ‘scoperte’ d’archivio, che
volentieri comunicava ad amici e colleghi integrandole con preziosi suggerimenti
su fondi, filze, cartelle cui ‘dare un’occhiata’. Superfluo
aggiungere, a questo punto, che l’enorme quantità di fonti da lui
accumulate negli anni attraverso gli strumenti più vari (fotocopie,
microfilm, supporti informatici, appunti e trascrizioni) era a disposizione di
chiunque avesse necessità di consultarle.
Quando ci ha
lasciato, Mario era in procinto di intraprendere il suo ennesimo viaggio di
studio. Questa volta doveva recarsi a Corfù, ove da tempo aveva
programmato un soggiorno destinato a una nuova ricerca che avrebbe dovuto
partire, secondo un metodo ormai ben collaudato, dalla individuazione delle
testimonianze d’archivio. Oggetto della progettata indagine doveva essere
la sua ultima ‘scoperta’, il codice penale delle Isole Ionie, la
cui fotocopia aveva già fatto pervenire, con la generosità
testé rammentata, a colleghi e collaboratori.
Credo che il modo
migliore per ricordare e onorare l’opera di Mario Da Passano consista,
per quelli che hanno avuto la fortuna di lavorare al suo fianco, nel portare
avanti e nel concludere la ricerca alla quale egli ancora una volta si
accingeva con il consueto entusiasmo e l’immutata passione per la
conoscenza.
[1] Mi
permetto di inserire, al proposito, un ricordo personale, rappresentato
dall’immagine di Mario che, nelle occasioni congressuali, compariva di
buon mattino stringendo sottobraccio un consistente fascio di giornali e di
riviste, con la cui lettura apriva la propria giornata.
[2] Che hanno portato alla redazione del corposo
saggio dedicato a Il processo di
costituzionalizzazione nella Repubblica Ligure (1797-1799), in Materiali
per una storia della cultura giuridica, III (1973), 79-260. Il contributo −
giova sottolinearlo − segna l’avvio di una collaborazione
più che trentennale con la rivista fondata da Giovanni Tarello, nei cui
fascicoli Mario ha pubblicato una parte cospicua dei suoi scritti.
[3] Mario Da Passano, La questione costituzionale nella Repubblica Ligure (1800-1802), in
La formazione storica del diritto moderno
in Europa, Atti del III Congresso internazionale della Società
Italiana di Storia del Diritto, Firenze 1977, III, 1373-1407; Id., Dalla democrazia direttoriale all’oligarchia senatoria: le
vicende costituzionali della Repubblica Ligure (1797-1805), in Studi
settecenteschi, 17 (1997), 287-334.
[4] Mario Da Passano, La giustizia penale e
[5] Mario Da Passano, Emendare o intimidire? La
codificazione del diritto penale in Francia e in Italia durante
[6] Mario Da Passano, I lavori preparatori della Leopoldina: fonti e ipotesi di ricerca, in Materiali per una storia della
cultura giuridica, XIV (1984), 41-44; Id.,
I lavori preparatori della Leopoldina: il progetto del Granduca, in Materiali
per una storia della cultura giuridica, XV (1985), 301-316.
[7] Mario Da Passano, Dalla “mitigazione delle pene” alla “protezione che
esige l’ordine pubblico”. Il diritto penale toscano dai Lorena ai
Borbone (1786-1807), Milano 1988 [La “Leopoldina”.
Criminalità e giustizia nelle riforme del ‘700 europeo, Ricerche
coordinate da Luigi Berlinguer, 3]. La pubblicazione del volume è
preceduta, oltre che dalla relazione di sintesi Nel bicentenario della Leopoldina: l’Incontro internazionale di studio di Siena, in Il
pensiero politico, XX (1987), 107-113, da una breve ma importante
discussione, nella quale si confutano talune recenti interpretazioni relative
alla natura del testo leopoldino: La
“Leopoldina” è un codice moderno?, in Materiali per
una storia della cultura giuridica, XVII (1987), 469-478.
[8] Mario Da Passano, Il primo progetto di codice penale toscano (1824), in Materiali
per una storia della cultura giuridica, XXII (1992), 41-64; Id., La storia esterna del codice penale toscano (1814-1860), in Istituzioni e società in Toscana
nell’età moderna, Atti delle giornate di studio dedicate a
Giuseppe Pansini (Firenze, 4-5 dicembre 1992), Roma 1994, II, 564-589; Id., La codificazione penale nel Granducato di Toscana (1814-1860), in Codice Penale pel Granducato di Toscana
(1853), Ristampa anastatica, Presentazione di S. Vinciguerra e M. Da
Passano, Padova 1993, XXIX-CLVIII; Id.,
La formazione del codice penale toscano, in
Codice Penale pel Granducato di Toscana
(1853), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1995,
VII-CXXVI; Id., I tentativi di codificazione penale nel
Granducato di Toscana. Il progetto di Giuseppe Puccioni (1838), in Materiali
per una storia della cultura giuridica, XXVI (1996), 319-357.
[9] Mario Da Passano, La repressione penale nel cosiddetto «codice» feliciano,
in Materiali per una storia della cultura giuridica, XI (1981), 87-155; Id., L’estensione alla Sardegna dell’Editto penale militare
sabaudo del
[10] Mario Da Passano, Alle origini della codificazione penale parmense: la riforma del
[11] Mario Da Passano, La codificazione penale nell’Italia “giacobina”,
in Il codice penale veronese (1797),
Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1995, XCV-CVI; Id., La codification du droit pénal dans l’Italie
“jacobine” et napoléonienne, in Révolutions et justice pénale en Europe. Modèles
français et traditions nationales (1780-1830), a cura di X. Rousseaux, M.-S. Dupont-Bouchat, C. Vael, Paris-Montrèal
1999, 85-99.
[12] Mario Da Passano, La codificazione del diritto penale a Napoli nel periodo francese,
in Le leggi penali di Giuseppe Bonaparte
per il Regno di Napoli (1808), Ristampa anastatica, a cura di S.
Vinciguerra, Padova 1996, CLV-CLXXIV.
[13] Mario Da Passano, Il problema dell’unificazione legislativa e l’abrogazione
del codice napoletano, in Codice per
lo Regno delle Due Sicilie (1819). Parte Seconda. Leggi Penali, Ristampa
anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1994, XXVII-CXXI; Id., Due codici a confronto: le resistenze lombarde all’estensione del
codice penale sabaudo, in Codice
penale universale austriaco (1803), Ristampa anastatica, a cura di S.
Vinciguerra, Padova 1997, CXCV-CCXVII.
[14] Mario Da Passano, I tentativi di codificazione penale nello Stato Pontificio (1800-1832),
in I regolamenti penali di Papa Gregorio
XVI per lo Stato Pontificio (1832), Ristampa anastatica, a cura di S.
Vinciguerra, Padova 1998, CXLIII-CLXXXIII, e in A Ennio Cortese, scritti promossi da D. Maffei e raccolti a cura di
I. Birocchi, M. Caravale, E. Conte, U. Petronio, Roma 2001, I, 390-417.
[15] Mario Da Passano, La formazione del codice penale lucchese, in Codice penale per il Principato di Lucca (1807), Ristampa
anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 1999, IX-XXXIV; Id., Una fonte d’ispirazione per il codice penale piombinese: il
progetto di Bexon per il Re di Baviera, in Codice penale per il Principato di Piombino (1808), Ristampa
anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 2000, LXIX-CXIV. A Scipion Bexon e
a un particolare aspetto del suo pensiero è dedicato il successivo
contributo Mario Da Passano, Un’«istituzione morale approvata
dalla virtù». Bexon e il tribunale di correzione paterna, in Materiali
per una storia della cultura giuridica, XXXII (2002), 427-451.
[16] Mario Da Passano, I Tribunali francesi e il progetto Target. La parte generale, in Codice dei Delitti e delle Pene pel Regno
d’Italia (1811), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra,
Padova 2001, XXXIII-LXV.
[17] Mario Da Passano, I lavori
preparatori del codice criminale estense, in Codice criminale per gli Stati Estensi (1855), Ristampa
anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 2002, LXVII-LXXXIX; Id., Un sovrano e il suo codice. I
lavori preparatori del codice criminale estense, in Materiali per una storia della cultura
giuridica, XXXIII (2003), 77-125.
[18] Mario Da Passano, Le Leggi penali
napoletane e il primo progetto di codice penale maltese (1836), In Leggi criminali per l'isola di Malta
e sue Dipendenze (1854), Ristampa anastatica, a cura di S. Vinciguerra,
Padova 2003, LIX-LXXXI.
([19]) Mario Da Passano, Tre
giuristi per un codice. Mancini, Zuppetta, Giuliani e la codificazione del
diritto penale sostanziale di S. Marino, in Codice penale della Repubblica di San Marino (1865), Ristampa
anastatica, a cura di S. Vinciguerra, Padova 2004, LI-LXXXV.
[20] Mario Da Passano, “Un’opera filantropica, e ben combinata”. Il progetto
di codice penale italico del 1806 nel parere inedito di un genero di Pietro
Verri, in Amicitiae Pignus. Studi in
ricordo di Adriano Cavanna, a cura di A. Padoa Schioppa, G. di Renzo
Villata, G.P. Massetto, Milano 2003, I, 713-766.
[21] Mario Da Passano, La pena di morte nel Regno d’Italia (1859-1889), in Materiali
per una storia della cultura giuridica, XXII (1992), 341-397 (pubblicato,
in una versione precedente, anche in Diritto
penale dell’Ottocento. I codici preunitari e il codice Zanardelli, a
cura di S. Vinciguerra, Padova 1993, 579-651); Id., Le facoltà
di giurisprudenza italiane e il problema dell’abolizione della pena di
morte (1876), in Università in
Europa. Le istituzioni universitarie dal Medio Evo ai nostri giorni. Strutture,
organizzazione, funzionamento, Atti del Convegno internazionale di studi
(Milazzo, 28 settembre-2 ottobre 1993), a cura di A. Romano, Roma 1995,
471-490; Id., La pena di morte nel Granducato di Toscana
(1786-1860), in Materiali per una storia della cultura giuridica,
XXVI (1996), 39-66.
[22] Mario Da Passano, La pena di morte nella Francia rivoluzionaria e imperiale, in Materiali
per una storia della cultura giuridica, XXVII (1997), 379-426.
[23] Mario Da Passano, Il giurì “compagno indispensabile, necessario, fatale
della libertà”, in Movimento operaio e socialista, 3
(1989), I due volti della giustizia. Il
processo penale tra Otto e Novecento, 257-273.
[24] Mario Da Passano, Emendare o intimidire? La
codificazione del diritto penale in Francia e in Italia durante
[25] Mario Da Passano, Delitto e
delinquenza nella Sardegna sabauda (1823-1844), Milano 1984.
[26] Mario Da Passano, Armi da fuoco, spari e omicidi nella Sardegna di Carlo Alberto, in Quaderni
sardi di storia, 3 (1981-1983), 115-132;
Id.,
[27] Oltre a Mario Da Passano, I Savoia in Sardegna e i problemi della repressione penale, in All’ombra dell’Aquila imperiale.
Trasformazioni e continuità istituzionali nei territori sabaudi in
età napoleonica (1802-1804), Atti del Convegno (Torino, 15-18
ottobre 1990), Roma 1994, I, 210-234, si veda specialmente, al riguardo, Id., La criminalità e il banditismo dal Settecento alla prima guerra
mondiale, in Storia d’Italia.
Le regioni dall’Unità ad oggi.
[28] Mario Da Passano, Le discussioni sul problema della chiusura dei campi nella Sardegna
sabauda, in Materiali per una storia della cultura giuridica, X
(1980), 417-435; Id., I matrimoni clandestini e sconvenienti nella
Sardegna del primo Ottocento, in Scritti
di storia del diritto offerti dagli allievi a Domenico Maffei, Padova 1991,
481-508; Id., L’agricoltura sarda nella legislazione
sabauda, in Le opere e i giorni.
Contadini e pastori nella Sardegna tradizionale, a cura di F. Manconi e G.
Angioni, Milano 1982, 76-81; Id.,
Legislazione e proprietà
fondiaria. Il problema delle recinzioni nella Sardegna sabauda, in Diritto e potere nella storia europea,
Atti del IV Congresso internazionale della Società Italiana di Storia
del Diritto, Firenze 1982, II, 923-950.
[29] Mario Da Passano, Il vagabondaggio nell’Italia dell’Ottocento, in Acta
Histriae, 12 (2004), Contributi dal Convegno Internazionale Crimini senza vittime. La vittima nello
scenario del processo penale (Capodistria, 23-25 ottobre 2003), 51-92.
[30] Mario Da Passano, L’ubriachezza nei codici penali
italiani preunitari, in La vite e il vino. Storia e diritto (secoli
XI-XIX), Atti del Convegno Internazionale di Studi (Alghero, 28-31 ottobre
1998), a cura di M. Da Passano, A. Mattone, F. Mele, P.F. Simbula, 2 voll.,
Roma 2000, II, 1143-1165; Id., Una legge liberticida? I
«Provvedimenti per combattere l’alcoolismo» (1913), in Materiali
per una storia della cultura giuridica, XXXIV (2004), 93-126 (si tratta
della relazione presentata al III
Simposio de
[31] Mario Da Passano, Daniela Fozzi, Uno “scabroso argomento”: il duello nella codificazione
penale italiana (1786-1889), in Acta Histriae, 8 (2001), Contributi
dal Convegno Internazionale Onore:
identità e ambiguità di un codice informale (area mediterranea -
secc. XII-XX), 243-304. Il
saggio è stato tradotto e pubblicato anche in lingua tedesca a cura di
Thomas Vormbaum: Mario Da Passano,
Daniela Fozzi, "Ein
heikles Problem". Der Zweikampf in der
italienischen Strafgesetzgebung (1786-1889), in Jahrbuch der Juristischen Zeitgeschichte,
5 (2004), 162-215.
[32] Mario Da Passano, Linee di politica
criminale nei discorsi inaugurali dei rappresentanti del pubblico ministero.
1877-
[33] Le colonie
penali nell'Europa dell'Ottocento,
Atti del Convegno Internazionale (Porto Torres, 25 maggio 2001), a cura di M.
Da Passano, Introduzione di G. Neppi Modona, Roma 2004.
[34] Come dimostra,
ad esempio, l’articolo di Giorgio
Boatti, Spostare palle di cannone.
«Le colonie penali nell’Europa dell’Ottocento»: come i
governi fronteggiavano l’ozio tra le sbarre, apparso su tuttoLibri, supplemento al quotidiano
«
[35] Mario Da Passano, Monica Calzolari, Il lavoro dei
condannati all'aperto. L’esperimento della colonia delle Tre Fontane
(1880-1895), in Le colonie
penali nell'Europa dell'Ottocento, cit., 129-187.
[36] Mario Da Passano, “Il male contro il male”.
L'impiego dei condannati nei lavori di bonifica e dissodamento, in Dal
mondo antico all'età contemporanea. Studi in onore di Manlio Brigaglia,
Roma 2001, 599-633; Id. (in
collaborazione con F. Frau),
Una rivista “tecnica”: l’“Effemeride
carceraria”, in Storia
della comunicazione in Italia: dalle Gazzette a Internet, a cura di A.
Varni, Bologna 2002, 49-79.
[37] Si vedano, sul
punto, le pungenti osservazioni e le amare riflessioni svolte da Mario
nell’Introduzione a Emendare o intimidire?, cit., 17-18. Si
tratta dei medesimi temi affrontati anche in Mario
Da Passano, Archivi e biblioteche:
una modesta proposta, in Le carte e la storia, VI (2000), 2, 4-17.
[38] Tra i contributi
legati agli snodi dottrinali ricordo: Mario
Da Passano, Le definizioni
nella storia del diritto penale italiano contemporaneo, in Omnis
definitio in iure periculosa? Il problema delle definizioni legali nel diritto
penale, a cura di A. Cadoppi, Padova 1996, 95-108, Id., Roberto Ardigò e la penalistica italiana,
in Quaderni per la storia
dell’Università di Padova, XXXIV (2001), 159-171; Id.,
Echi parlamentari di una polemica scientifica (e accademica), in Materiali per una storia della cultura
giuridica, XXXII (2002),
59-81.[pubbl. anche in Diritto @
Storia. Rivista di Scienze Giuridiche e Tradizione Romana 1, 2002 = http://www.dirittoestoria.it/memorie/Testi%20delle%20Comunicazioni/Mario%20Da%20Passano.htm
]
[39] Quale ad esempio
Mario Da Passano, Cercasi carnefice, in Storia e dossier», IX (1994), n. 89, 51-53.
[40] Conviene
rammentare, al riguardo, come il volume in oggetto sia apparso in una collana −
Il Diritto nella Storia, diretta da
Umberto Santarelli − che accoglie, come recita la presentazione della
stessa collana, «corsi di lezioni di storia del diritto medievale e
moderno. Corsi universitari, anzitutto, destinati cioè ad una scuola
esigente e severa, che insegna solamente ciò che ha saputo
“produrre” dopo e perché lo ha prodotto, e che esigente e
severa sa rimanere».
[41] Il passo
riportato tra virgolette è tratto dalla recensione a Emendare o intimidire? pubblicata da Enrico Genta nella Rivista di Storia
del Diritto Italiano, LXXIV-LXXV (2001-2002), 463-465.
[42] Mi limito a
enumerare, in questo caso, le iniziative di cui ho un ricordo personale: il
seminario del 1990 su Politica criminale
e magistratura nell’Italia dell’Ottocento (Sassari); il
convegno del 1992 su L’Università
di Sassari e l’esperienza delle piccole Università italiane
(Sassari); il convegno internazionale del 1996 su Le Università minori in Europa (Alghero); il convegno del
1996 su Patriottismo e costituzionalismo
nella «sarda rivoluzione» (Sassari); il corso, sempre del 1996,
su Il costituzionalismo spagnolo fra
Sette e Ottocento (Sassari); il convegno internazionale del 1998 su La vite e il vino nella storia e nel diritto
(Alghero), seguito nel 2000 dall’incontro di presentazione degli Atti; il
corso del 1998 su Accentramento,
modernità e resistenze dai Paesi Bassi austriaci al Belgio indipendente
(Sassari); il convegno internazionale del 2001 su Le colonie penali nell’Europa dell’Ottocento (Porto
Torres), seguito nel 2004 dall’incontro di presentazione degli Atti; il
convegno internazionale del 2004 su Il
diritto patrio tra diritto comune e codificazione (Alghero). Ma
l’elenco completo è ovviamente assai più lungo e
articolato.
[43] Segnalo, anche
questa volta senza nessuna pretesa di completezza, i cospicui volumi,
già citati in precedenza, nei quali si raccolgono gli atti dei due
congressi La vite e il vino. Storia
e diritto (secoli XI-XIX) e Le colonie penali nell'Europa dell'Ottocento,
e la silloge di scritti Le Università minori in Italia nel XIX secolo,
a cura di M. Da Passano, Sassari 1993 (con una Introduzione dello stesso
Da Passano alle pp. 5-8).