Università di Camerino
Le ‘paci delle dame’
Sommario:
1. Pace e politica matrimoniale.
– 2. La moglie del principe.
– 3. Mediatrici.
La edificazione
dello Stato Moderno appare come il risultato di molteplici forme di dispersione
del potere, talvolta in opposizione più spesso a sostegno ed integrazione delle
le forme del ‘potere ufficiale.
Con la formula,
comunemente adottata, del passaggio dal legame personale a quello istituzionale
si vuole indicare la formazione di uno stato impersonale in cui la gestione del
potere si svolgeva nel chiuso di gabinetti, consigli ecc.[1]
separati e lontani dai luoghi ove si svolgeva la vita quotidiana e privata. Il
passaggio non è stato né repentino né netto. Le forme di potere improntate a
rapporti di tipo essenzialmente personale hanno convissuto a lungo, ed ancora
se ne conservano tracce, con forme di potere più impersonale e burocratico.
Ancora in epoca moderna non è facile distinguere tra le cariche della
amministrazione domestica del principe da quelle attribuibili alla corona come
istituzione[2].
Il processo formativo delle strutture politiche dell’ Europa moderna presenta
una profonda complessità e variabilità dei rapporti di potere, sia sul versante
sociale che su quello territoriale. Ancora in epoca moderna non è facile una
distinzione formale tra le cariche di governo dell’ amministrazione domestica
del re da quelle istituzionali della corona. Lo stato medievale, improntato
dalla così detta mentalità feudale, aveva dato luogo al cosiddetto stato
patrimoniale-feudale, un concetto tanto vago nella definizione quanto longevo
nella durata nel quale le relazioni familiari avevano una rilevanza spesso
decisiva anche per le relazioni internazionali.
Fu solo a partire
dal XVII secolo, difatti, che i sovrani smisero di incontrarsi personalmente,
come avevano fatto i loro predecessori; non lasciavano più il regno ma
affidavano le trattative a rappresentanti che andarono acquistando sempre
maggiore prestigio: i rapporti tra potenze presero a spostarsi dalla sfera
dinastica a quella amministrativa. Sino a che la costruzione di una rete di
relazioni internazionali, e di un apparato diplomatico stabile, non divenne un
fatto compiuto, la politica estera, che si concentrava negli incontri di
persona e nelle trattative tra i detentori del potere, consisteva nei rapporti
con gli altri signori ai quali si era legati da vincoli prossimi o remoti di
parentela. Spesso in questo tipo di relazioni furono impiegate le donne delle
famiglie dominanti le quali proprio grazie ai legami matrimoniali e parentali
costruivano una rete diplomatica informale mantenuta viva attraverso una fitta
corrispondenza.
Il sistema di
governo di tipo familiare- personale delle società pre-moderne era incentrato sulla persona del principe e
della sua famiglia. I matrimoni dei principi costituivano un elemento
fondamentale delle relazioni tra potenze. Nonostante le guerre reciproche fra
gli stati i sovrani erano costretti a cercare la sposa tra le altre nazioni
sovrane; i loro matrimoni davano forma non solo agli stati stessi ma anche alle
relazioni tra i paesi europei. Gli stati si ingrandivano, si consolidavano e
ridimensionavano in seguito ai matrimoni. Gli apporti dotali delle spose dei
principi furono uno dei principali sistemi di accorpamento dei territori.
Grazie al matrimonio di Isabella di Castiglia con Ferdinando d’Aragona si formò
il nucleo forte, centrale della monarchia spagnola. La politica matrimoniale di
stati e sovrani fu sempre accorta e in molti casi lungimirante. L’impero
asburgico fu il risultato più noto ed importante della politica matrimoniale
della dinastia. Per quel che riguarda
Il matrimonio del
principe era questione che riguardava lo stato e il bene pubblico e la scelta
della sposa era una questione politica di rilevanza generale. I matrimoni
principeschi erano veri e propri affari di stato. Delille ha messo in risalto
la funzione del matrimonio come regolatore delle tensioni politiche,
soprattutto grazie allo scambio delle donne[3].
La scelta della sposa del principe, andava effettuata con accorte trattative
diplomatiche e includeva diversi aspetti. Le nozze sancivano le paci e aprivano
la strada a meccanismi di restituzione,
attraverso i futuri matrimoni, delle figlie e delle doti[4].
Botero scrive che il contributo dei matrimoni è fondamentale per assicurare
alleanze e procurare paci, della stessa opinione Valeriano Castiglione[5].
All’interno delle
proprie corte le mogli dei principi controllavano l’educazione delle figlie,
sviluppavano trame matrimoniali che spesso si concludevano con l’invio della
fanciulla in questione a vivere presso la stessa corte dalla quale la madre era
partita anni prima per apprendere usi e regole della nuova patria. Le
principesse mantenevano con le famiglie intense e continue relazioni
epistolari, dense di informazioni di carattere privato e non. Le donne delle
famiglie principesche potevano usufruire delle proprie reti di rapporti costruite
con i matrimoni che disperdevano le figlie dei sovrani, e della nobiltà, fra le
varie corti europee. Le relazioni erano tenute vive attraverso visite e scambi
epistolari intensi e densi di notizie, informazioni e suggerimenti. Da questo
sistema informativo non rimanevano escluse le parenti che vivendo nei monasteri
avevano a loro volta una rete di contatti che fu spesso utilizzata per avviare
lo scioglimento di complicate situazioni dinastiche e internazionali. La vita delle principesse monache, o delle
vedove che si ritiravano a vivere nei conventi, non era solo dedicata alla
preghiera e alla mortificazione. Anche all’ interno dei monasteri le donne si
rendevano utili alla famiglia in più modi; talvolta poteva essere necessario
lasciare il monastero.
Nel 1340, nel
pieno della guerra dei cento anni, Jeanne di Valois, sorella del re Filippo V e
suocera di Edoardo III decise di lasciare il convento di Fontenelle per
convincere i due sovrani alla pace, o quanto meno ad una tregua. La sua
mediazione si sviluppò instancabile tra
Le mogli dei
principi possono essere viste quasi come delle ‘infiltrate’ nella corte del marito,
delle ‘straniere a corte’, secondo una felice espressione di Maria Fubini, che
non sempre riuscivano ad integrarsi nella nuova patria [7].
Le principesse si trasferivano, là dove le chiamavano i destini e gli obblighi
familiari, accompagnate da una corte, più o meno numerosa secondo il rango e la
posizione che loro competevano. Accanto alla corte del principe esisteva una
corte articolata e parallela, quella della principessa, che aveva recato con sé
dame, funzionari, artisti, letterati, medici e quant’altro le fosse necessario[8].
Formare la ‘casa’
di una principessa non era impresa semplice. A questo riguardo le corti
sembrano seguire due modelli, se la principessa proveniva da una famiglia di
rango inferiore a quella della quale entrava a far parte la sua corte sarebbe
stata formata soprattutto da personalità della corte del marito. E’ quanto
avvenne per la formazione della casa di Maria Adelaide di Savoia sposa del duca
di Borgogna, nipote di Luigi XIV, erede presunto al trono di Francia. Della scelta
si occupò con scrupolo ed attenzione Madame de Maintenon; dopo attenti calcoli
e considerazioni la ‘ casa ’ fu composta da
un cavaliere d’onore, una dama d’ onore, una dama di servizio, un primo
scudiero. A questi si aggiungevano sei dame del palazzo, con una prima donna di
servizio, un confessore, un primo elemosiniere, Bussuet, un primo maestro di
casa. Un gruppo di persone altolocate e qualificate per accompagnare la
principessa nella sua nuova destinazione ed educarla ai suoi compiti e agli usi
della corte[9].
Ancora più
complesse furono le trame che accompagnarono le nozze di Filippo V, re di
Spagna e nipote di Luigi XIV. Alla giovane regina, Maria Luisa di Savoia, fu
assegnata come prima dama la principessa des Ursins[10]
alla quale era stato affidato il compito di mantenere l’influenza francese
sulla corte spagnola e rafforzare i legami con il re di Francia. La principessa
ebbe un grande ascendente sui giovani sovrani, dei quali fu la principale
consigliera, disegnando la politica della casa di Borbone in accordo con l’
ambasciatore francese[11].
Il suo potere giunse a termine con la morte della regina e con il secondo
matrimonio del re. La nuova regina, Elisabetta Farnese, che recava con se il
cardinale Alberoni come consigliere, al primo incontro la fece arrestare ed
accompagnare al confine con
Ancora diversa la
formazione della corte di una principessa quando questa proveniva da una
famiglia di rango superiore a quello della famiglia nella quale andava sposa.
Beatrice di Portogallo, figlia del re Manuel, sposò il duca di Savoia, Carlo
II, nel 1521. Recò seco un seguito numeroso di cinquanta persone che il padre
aveva destinato a restare con lei nella sua nuova patria. Della corte della
duchessa facevano parte i cappellani, gli ufficiali portoghesi, le dame, i
ciambellani e consiglieri, i maggiordomi e gli scudieri, i medici, ed altri
stipendiati a vario titolo. Un insieme di persone che mantenevano con il paese
di provenienza legami e rapporti ad un livello inferiore, ma non meno
rilevante, di quelli che legavano la principessa al paese ed alla famiglia di
origine[12].
Le donne delle
famiglie principesche erano facilitate nell’intreccio di rapporti meno formali
in cui le relazioni di famiglia divenivano anche relazioni diplomatiche e,
spesso, affari di stato.
Le donne delle
famiglie principesche erano favorite nell’opera di mediazione e pacificazione
tra le parti dal fatto di essere sovente imparentate con entrambe le parti
contendenti, o con più di esse. Nel 1525 il re di Francia Francesco I,
prigioniero in Spagna dell’imperatore Carlo V, fu raggiunto dalla sorella,
Margherita d’Angoulême, che iniziò le trattative per la liberazione del
fratello. I prolungati contrasti tra i due sovrani si conclusero il 3 agosto
del 1529 con la firma della ben nota ‘pace delle due dame’ (paix des Dames) conclusa da Luisa di
Savoia, madre del re francese, e Margherita di Asburgo, zia dell’imperatore e
reggente dei Paesi Bassi. Il fratello di Luisa, Filiberto di Savoia, era stato
il marito di Margherita[13].
Le trattative si svolsero a Cambray, città imperiale ma considerata territorio
neutro. Fu costruita una galleria per collegare l’abbazia di Saint- Aubert,
dove soggiornava la reggente dei Paesi Bassi con l’Hotel de Saint-Pol dove
alloggiava Luisa. Le trattative durarono circa cinque mesi, dal maggio al 5 di
agosto quando nella cattedrale le due dame giurarono sul Vangelo di rispettare
il trattato.
Ancora in una
abbazia quella di Cercamp si riunirono, quasi in segreto, nel 1558 i
plenipotenziari dei re di Spagna e di Francia per dare inizio alle trattative
che avrebbero condotto a alla ‘santa pace’ di Cateau Cambresis. Filippo II
inviò sua cugina, Cristina di Lorena, a presiedere la conferenza[14].
La duchessa di Lorena era bene accetta anche alla parte francese che annoverava
tra i suoi rappresentanti il cardinale di Lorena. I documenti pubblicati sotto
il nome del Cardinale di Granvelle riportano le numerose lettere inviate dalla
duchessa al re ed ai rappresentanti delle due parti. Brantôme che scrisse di
Cristina parole molto elogiative attribuisce alla sua mediazione condotta con
equilibrio e competenza la riuscita delle trattative che l’ anno successivo si
conclusero con la pace[15]
.
I signori che
governavano gli stati italiani del Rinascimento facevano abitualmente ricorso
all’opera delle donne della famiglia che si realizzava in più occasioni. La
duchessa di Urbino, Elisabetta Gonzaga, si era trovata spesso al governo dello
stato durante le assenze del duca, Guidubaldo da Montefeltro, impegnato altrove
in azioni militari e fu spesso impegnata per risolvere conflitti fra il ducato
ed altri poteri della penisola. In occasione della prigionia del marito trattò
con gli Orsini per ottenerne la liberazione[16].
Nel 1497 si adoperò per concludere il matrimonio tra Francesco Sforza, vedovo
della sorella Maddalena, con un’altra Gonzaga. Nel
Giovanni Maria
Varano, tornato in possesso dello stato di Camerino, dopo l’usurpazione da
parte di Cesare Borgia, inviò la madre, Giovanna Malatesta, a perorare la sua
causa presso il pontefice contro le pretese del cugino Ercole le cui ragioni
erano sostenute dalla madre Maria della Rovere. Nonostante la parentela di
Maria con Giulio II Giovanna ebbe la meglio e suo figlio divenne duca di
Camerino[17].
Eleonora de’
Medici, duchessa di Mantova, aveva sposato Vincenzo Gonzaga nel 1584. Nel 1599
si recò a Firenze per assistere alle fastose nozze, celebrate per procura,
della sorella Maria con Enrico IV di Borbone. Accompagnò la sposa da Firenze a
Marsiglia ed insistette ‘fortemente’ presso di lei per mettere il duca sotto la
protezione del re di Francia[18].
Nel 1638 Maria
Gonzaga, duchessa di Mantova, concluse
un concordato con il re Filippo IV dal quale ottenne due diplomi, del 28 aprile
e del 10 maggio, con cui veniva riconosciuta tutrice legittima e reggente per
il figlio, il duca Carlo II. Maria, nipote e madre di imperatrici assicurò al
figlio relazioni diplomatiche tali che fecero si che il figlio ricorresse a lei
in momenti difficili, anche dopo aver raggiunto la maggiore età[19].
Nel 1678 il
ducato di Mantova era sotto assedio, il duca e i suoi ministri presero la fuga;
la difesa e la successiva trattativa per la risoluzione della intricata e
difficile situazione furono affidate alla duchessa Anna Isabella Gonzaga,
spesso reggente del ducato, che nella sua abile politica fu affiancata dalla
madre, l’ottuagenaria Margherita d’Este. Anna Isabella intervenne ancora nel
Anche la
partecipazione di dame dell’aristocrazia alle attività della diplomazia non era
cosa insolita. Alla interminabile alla conferenza di Loudun, che doveva portare
alla pace del 3 maggio del 1616, avevano preso parte la contessa di Soisson, la
duchessa di Condé e madame de Longueville [21].
Un’altra Maria
Gonzaga (Luisa Maria), figlia di Carlo di Nevers sposò il re di Polonia
Ladislao IV. Nel suo viaggio verso
In verità non
sempre i matrimoni e le principesse furono strumenti di pace: ad Isabella
Gonzaga di Novellara, che si opponeva all’ annullamento delle infeconde nozze
con Vincenzo II Gonzaga, si prospettava la responsabilità di provocare con il
suo rifiuto la fine della pace in Italia. Le vicende matrimoniali e dinastiche
di casa Gonzaga erano particolarmente complesse e complicate, la situazione
difficile veniva aggravata dagli opposti appetiti e contrastanti pretese dei
sovrani che si ritenevano a qualche titolo in diritto di intervenire.
Anche ad Isabella
d’Aragona, infelice moglie di Giangaleazzo Visconti, si attribuisce la fine
della pace in Italia. La duchessa nelle sue lettere si lamentava con il padre
per l’infame trattamento riservato a lei e al marito da Ludovico il Moro, ed è
per timore delle reazioni dell’adirato re di Napoli che il duca di Milano
chiamò in Italia il re di Francia a rivendicare i suoi diritti sul trono
meridionale[23].
[2] Cfr. Reinhardt, Wolfgang, Storia del potere politico in Europa, Bologna, Il Mulino, 1999,
171 ss.
[3] Gerard Delille, Famiglia e proprietà
nel regno di Napoli; Torino, Einaudi, 1988; Strategie di alleanze e
demografia del matrimonio, in Storia del matrimonio, M. De Giorgio e C. Klapisch-Zuber (ed.), Roma, Laterza, 1996, 283-303.
[4] Gerard Delille, La paix par le femmes, in «Alla signorina».
Mélanges offerts à Noëlle de
[5] Giovani Botero, Della ragion di stato, C. Continisio (ed.) , Roma, Donzelli,
1997, 167. Valeriano Castiglione, Statista regnante,
Lione, s.e., 1528, 16; Castiglione scrisse anche che il desiderio di governare
era proprio del sesso femminile, come la garrulità, ib., 21.
[7] Maria Fubini Leuzzi, Straniere a
Corte. Epistolari di Giovanna d’Austria e Bianca Cappello, in Per
lettera. La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia. Secoli
XV- XVII, Gabriella Zarri
(ed.), Roma, Viella, 1999, 413-40.
[8] Barbero, Alessandro,
Il ducato di Savoia.
Amministrazione e corte di uno stato franco-italiano, Bari, Laterza, 2002;
ha messo in risalto l’importanza di un aspetto poco noto negli studi sul mondo
delle corti, quello delle corti delle regine o principesse. In particolare descrive
ed esamina la corte della duchessa Beatrice di Savoia, 236-50. Noi a suo tempo
avevamo segnalato l’importanza della corte della regina longobarda nell’ambito
della amministrazione del regno, si veda, Guerra
Medici, Maria Teresa, I diritti
delle donne nella società altomedievale, Napoli, ESI, 1986, 23 e nn. 20,
21, 22.
[9] Saint-Simon, ci ha lasciato una
descrizione dettagliata, sia delle manovre per ottenere un incarico, sia dei
personaggi che componevano della casa della duchessa di Borgogna, cfr. Mémoires,
v. I, 312-38, della ed. Bibliotheque de
[10] Marie-Anne de
[11] Herbert H., Rowen, The King’s State:
Proprietary Dynasticism in Early Modern France, N. Brunswick, 1980.
[13] Il trattato è
stato studiato da Joycelyn G. Russel, Des femmes diplomates: La paix des Dames de
[14] Cristina (1521-
1590) di Danimarca era figlia del re Cristiano II e di Isabella d’Austria,
sorella dell’imperatore Carlo. Aveva sposato in prime nozze Francesco Maria
Sforza e in seconde nozze il duca Francesco di Lorena. Cfr. Enciclopedia
Universal Ilustrada, Barcelona, Espansa, 1907-1930c., t. XVI, 343.
[15] Papiers d’
État du cardinal de Granvelle, s. la dir. de, M. Ch. Weiss, Paris, Imp. Royale, 1844, t. V, nn, 68 p. 227, 69 p. 228, 71 p. 230, 72…passim. BrantÔme,
Ouvres complètes de Pierre de Bourdelle, signeur de Brantôme,
Paris, J. Renouard, 1876, t. IX, p. 621, 79.
[16] J. Demistoun, Memoirs of the Dukes of
Urbino…(1440-1630),
[17] Per tutta la
vicenda rimando al mio, Famiglia e potere in una signoria dell’Italia
centrale. I Varano di Camerino, Camerino, Pubb. dell’ Università,2002, 45
ss.
[18] S. Fortuna, Le nozze di Eleonora de’ Medici con Vincenzo Gonzaga, E. Saltini (ed), Firenze 1868; Fochessati, Giuseppe, I Gonzaga di Mantova e l’ultimo duca,
Milano, Casa Ed. Ceschina, 1930; Diaz,
Furio, Il Granducato di Toscana, v. I, I
Medici, Torino, UTET, 1976.
[19] Maria, ultima
discendente del suo ramo, aveva sposato il cugino Carlo di Rethel, del quale
era rimasta vedova; era nipote di Eleonora Gonzaga che aveva sposato
l’imperatore Ferdinando II d’ Asburgo. L’imperatrice si adoperò per combinare
il matrimonio tra la figlia di Maria, Eleonora, ed il futuro imperatore
Ferdinando III; cfr. Intra, Gian Battista, Maria Gonzaga, Firenze, Capitelli, 1897; Quazza, romolo Marie de Gonzague et Gaston d’Orléans,
in, Atti e memorie della regia Accademia
virgiliana, Mantova 1925. Fochessati,
I Gonzaga cit., 160-4.
[22] Nel 1647-48 fu pubblicato un resoconto dello
straordinario avvenimento: Histoire et
relation du voyage de la reine de Pologne et du retour de Madame