Università Statale di Mosca “M.V.Lomonosov” - MGU
nella storiografia sovietica
La leggenda romana sui tempi del regno di
Saturno appartiene ad una vasta serie di leggende e miti in cui viene descritto
un periodo felice nella vita della comunità umana agli albori della sua storia;
essi sono presenti nella mitologia e nel folklore di molti popoli del mondo
divisi dai confini sia temporali sia spaziali[1].
Questa diffusione universale delle idee affini fa supporre che la loro
fonte siano, usando l'espressione di uno degli studiosi sovietici della
religione, "determinati tratti della psicologia sociale, sentimenti ed
aspirazioni che trovano una loro riflessione nei miti"[2].
Nella dottrina sovietica i cui limiti cronologici vanno dal 1917 al 1991 possono
essere identificati tre indirizzi principali che riflettono diversi approcci
all’insieme di idee connesse con la leggenda (in ordine di apparizione):
ideologico, storico, religioso-mitologico.
Dopo la rivoluzione d'Ottobre del 1917 nel nuovo Stato sovietico cresce
l'interesse per la storia del pensiero socialista. Il ruolo da protagonista
nell'elaborazione di questo indirizzo scientifico spetta nei primi anni ’20 a Vjačeslav P. Volgin, il quale
studiò la storia del socialismo utopico nel suo insieme come vari gradini che
avevano portato all'apparizione del marxismo. Nel suo saggio sulla storia delle
idee socialiste[3]
l'autore comincia l'esposizione dalla Grecia antica, esaminando la leggenda del
secolo d'oro e constatando che l'idea di una condizione felice nel passato
appare in un determinato momento di sviluppo sociale presso tutti i popoli,
siccome è legata con l'apparizione delle classi sociali, con i primi passi
della differenziazione sociale. Le idee dei romani sul regno di Saturno non
sono state esaminate dall'autore nel modo specifico. In un'altra sua opera[4]
lo studioso nota che la teoria sociale romana in gran parte presenta non solo
un'analogia, ma anche un'imitazione dei modelli greci, e a volte una loro
semplice riesposizione.
Un'analisi delle idee sociali dei Saturnali alla base delle fonti è presentata negli scritti di Leonid A. Jel'nickij, maggiormente
pubblicati nella rivista Vestnik Drevnej
Istorii. Nell’articolo del 1946[5],
partendo dal tentativo di ricostruire le idee dei greci antichi riguardanti la
vita sotto il regno di Crono, attraverso le immagini satiriche conservatesi
nella commedia attica e attraverso la famosa descrizione fatta da Esiodo,
l'autore conclude che tali idee erano considerate proprie delle persone più
povere e altro non erano che un ricordo idealizzato del primitivo ordinamento
gentilizio. I sogni utopici degli oppressi, innanzitutto degli schiavi, sul
"secolo d'oro" fornivano loro il materiale per costruire gli ideali sociali
e le aspirazioni escatologiche. Sul piano religioso però tale utopia del
ritorno del "secolo d'oro" diventava una realtà – per alcuni giorni
all'anno, durante le festività di Kroniae-Saturnali.
Tali festività erano prima di tutto celebrate dagli schiavi e dalla popolazione
più povera e contenevano il ricordo dei tempi felici dell'ordinamento
gentilizio, il ritorno alla vita sotto Saturno, che non conosceva la schiavitù
e la disugualianza sociale.
L'autore riporta le notizie delle altre feste greche che comprendono riti e
usanze affini - banchetti comuni di schiavi e padroni, licenze concesse agli
schiavi ecc. (Ermie in Creta, Dionisie in Attica, Pelerie in Tessalia ecc.). Il
culto di Saturno e l'istituzione dei Saturnali a Roma vanno fatti risalire,
secondo lo studioso, al periodo antichissimo; essendo i Saturnali una festa
degli abitanti della città di Roma, in campagna troverebbe analogia in una
festa chiamata Compitali e legata al culto dei lari in cui gli schiavi godevano
pure degli stessi privilegi. All'antichissimo culto dei Lari, protettori della familia degli schiavi, come a quello di
Crono, lo studioso ricollega pure le stesse idee sull'ordinamento gentilizio,
sul "secolo d'oro". Passando al confronto tra Crono e Saturno
Jel'nickij cerca di rilevare i motivi della loro identificazione operata dagli
antichi: presso i romani Saturno, come Crono presso i greci, era il re divino
del "secolo d'oro", portatore delle idee di vita beata, priva di
lavoro forzato, della schiavitù, della povertà affamata e della ricchezza
prodiga. Tali idee romane erano legate, secondo l'autore, ai ricordi della
primitiva vita gentilizia, di cui possiamo giudicare dai resti degli
insediamenti gentilizi degli antichi italici – terramare – che permettono di
constatare la mancanza di diversificazione sociale dei loro abitanti. Anche la
parola pontifex (cioè costruttore o
custode della piattaforma su cui veniva collocato il villaggio gentilizio degli
antichi italici, con i propri luoghi di culto e la propria necropoli) sarebbe
una ulteriore testimonianza a favore del fatto che i ricordi dei romani vanno
fatti risalire proprio alle terramare.
Nella successiva elaborazione del tema che prende lo spunto dall’articolo
di P. Wendland, “Gesù Cristo come re dei Saturnali”[6]
e dal famoso libro di J. G. Frazer[7],
Jel’nickij prosegue ed estende la sua ricerca mostrando “l’equivalente politico
delle idee ‘saturniche’” e la sua influenza rivoluzionaria sui fenomeni
extrareligiosi[8].
Al centro della sua attenzione sta la rivolta degli schiavi in Sicilia e la
figura del capo del movimento, Euno. In questo leader, di origine orientale e
proclamatosi re, l’autore trova i tratti di un rex saturnaliorum, sia nelle sue vicende prima dell’insurrezione,
sia nel programma delle sue azioni una volta a capo della schiavitù ribellata,
programma che altro non era che il ristabilimento del secolo d’oro. In una
prospettiva più vasta, l’autore mette in evidenza il legame (più naturale di
quanto si possa pensare) tra i movimenti di liberazione delle classi oppresse e
le idee utopiche dei filosofi come Evemero, Iambulo, Blossio, traccia paralleli
nell’ideologia dei monarchi ellenistici e quella dei capi delle rivolte di
schiavi e poveri da Euno a Salvio ad Aristonico e perfino a Tito Minuzio.
Jel’nickij sottolinea la differenza di approcci con il suo autorevole
contemporaneo, Nikolaj A. Maškin,
il quale nel suo famoso libro del 1949 sul principato di Augusto[9],
“fondandosi su un materiale più vasto e vario, lo usa, però, solo nel suo
aspetto religioso o morale,”[10]
di fronte all’ottica sociale e politica di Jel’nickij stesso. Ma forse la
differenza consiste anche (e piuttosto) nel fatto che laddove Jel’nickij vedeva
l’ideologia delle masse oppresse, Maškin trovava l’ideologia dello Stato.
Nella summenzionata monografia Maškin[11]
sottolinea che l’idea dell’avvento con Augusto della nuova era, del secolo
beato, espressa per la prima volta nella IV ecloga di Virgilio, ha motivi
orientali ed è assai scura. Ma la questione non va rilegata all’unico ambito di
esegesi storico-letteraria.
Confrontando l’ecloga con il XVI epodo di Orazio e con il poema anonimo
intitolato Dirae (“Maledizioni”) lo
storico evidenzia come l’idea del “nuovo secolo” non avesse necessariamente una
connotazione positiva, riflettendo nella sfera ideologica le perturbazioni di
un tempo difficile.
L’eminente studioso di storia romana che si era dedicato al tema della
lotta ideologica e politica a Roma alla fine dell’età repubblicana e in genere
alle dottrine politiche di Roma antica[12],
Sergej L. Utčenko, nel quadro
generale ch’egli traccia dello sviluppo delle idee sull’origine dello Stato e
del diritto, annovera il concetto dei quattro secoli all’interno della
tradizione mitologica e poetica, contrapposta a quella storica e filosofica.
L’autore getta la luce sulla strumentalizzazione dell’antico mito ad opera dei
poeti romani che porta a sostanziali modifiche nella sua tradizione. Il mito
del secolo d’oro, del resto, presenta interesse per il nostro autore solo in
quanto una delle due versioni “mitologiche” alternative dell’origine dello
Stato e del diritto, quella appunto che si contrappone all’idea del progresso e
quasi diremmo del contratto sociale proposta dai sofisti e sviluppata sul suolo
romano da Lucrezio.
Negli anni 70-80 il tema delle origini e delle prime manifestazioni delle
idee utopiche sociali viene ripreso dagli studiosi del comunismo scientifico.
Nell'articolo dell'Enciclopedia Filosofica dedicato al socialismo utopista,
scritto da N. Zastenker (vol. 5,
Mosca 1970, 292)[13],
l'autore fa risalire gli elementi fondamentali di esso in Europa alle leggende
sul "secolo d'oro" in Grecia e a Roma, ricollegando la nascita di
tali idee all'apparizione della proprietà privata e della divisione della
società in classi.
Il ruolo primario nella formazione di tale mito è svolto da una profonda
insoddisfazione delle condizioni esistenti, dalla protesta delle masse contro
il gravame sociale e le disgrazie che portava loro il progresso, dalla tendenza
ad esprimere, almeno nella fantasia, l'ideale della giustizia sociale legato ai
vaghi ricordi della società gentilizia rimasta nel passato ormai remoto[14].
Nel libro del 1989 di Vladimir A.
Gutorov sull'utopia sociale antica[15]
l'autore non dedica uno spazio apposito all'analisi della storia del pensiero
utopico di Roma Antica, esclusivamente per motivi di mancanza di spazio,
sottolineando nella premessa, che tale scelta non è dettata dall'idea di
avversione dello spirito romano nei confronti di qualsiasi tipo di utopismo né
da quella dell'assenza nell'utopia romana di un carattere innovativo rispetto a
quella greca. Alcuni argomenti però vengono trattati nel libro comunemente per
i greci e i romani. Tali sono le osservazioni sul regno di Crono/Saturno e i
suoi riflessi nelle festività di Kroniae/Saturnali.
L'autore vede il carattere di utopia popolare della leggenda sul regno di
Crono-Saturno non tanto nel quadro di "rapporti rovesciati" quanto
nell'atteggiamento al lavoro; l'idea sull'assenza della necessità di lavorare
sorge, secondo l'autore, solo quando il lavoro stesso diventa forzato, e
attesta un'attitudine negativa nei confronti dei valori della società fondata
sullo sfruttamento. L'autore nota la ciclicità del pensiero utopico popolare:
le idee sul "secolo d'oro" collocato in un passato remoto possono,
sotto l'influsso di certi motivi, trasferirsi nel presente (in un qualche
"spazio magico") o nel futuro, sotto la forma di un'attesa
escatologica del ripristino della condizione ideale, e, infine, riprendere la
collocazione nel passato, una volta percepita l'impossibilità di realizzare le
speranze utopiche.
Lo studioso contemporaneo di ideologia dell’antichità, autore dell’opera
sull’utopia del secolo d’Oro in Roma antica (1993), Jurij G. Černyšov già nei suoi scritti degli anni ’80[16]
pone la questione del legame fra le idee del regno di Saturno (o la vita sotto
Crono) e l’utopia sociale propriamente detta. Le leggende e i miti secondo cui
l’umanità agli albori della propria esistenza avrebbe vissuto un certo periodo
felice è un luogo comune nella mitologia e nel folclore di molti popoli,
separati dal tempo e dalla distanza. La causa sta nello scontento del regime
sociale esistente, nei vaghi ricordi della società primitiva gentilizia ormai
rimasta nel passato. Al mito del “paradiso primitivo” si aggiunge un altro:
quello della graduale decadenza della società dall’iniziale età dell’oro a
quella moderna, del ferro. È un’idea del Gatz[17] che Černyšov fa sua. Non è corretto parlare del secolo d’oro come di
un mito unico, perché variano le sue interpretazioni. Inizialmente si trattava
della sturpe aurea degli uomini ossia della vita sotto Crono. Così, Esiodo che
espone per la prima volta il mito parla della successione di cinque stirpi
umani, rappresentata come lo sterminio della stirpe migliore e la creazione di
una peggiore. L’ultima, la più depravata – la stirpe di ferro – è destinata
alla morte, il che è importante. Perciò in nessuna circostanza la vita beata
sotto Crono, capitata alla stirpe ideale aurea, ormai da tanto trasformatasi in
demoni benigni, non poteva tornar presente per la vile e depravata stirpe di
ferro. Per la prima volta nella letteratura antica il ritorno del regno di
Saturno si proclama nella quarta ecloga di Virgilio che sposta
l’interpretazione del mito dalla sfera delle stirpi in quella dei secoli. (Del
resto, una spiegazione interessante di questa trasformazione la troviamo in
Jel’nickij: secondo lui, essa sarebbe avvenuta ad opera degli etruschi che
avevano l’idea del continuo ripetersi dei secoli.). Un’altra differenza è
rappresentata dal carattere differente del pensiero stesso dei greci e dei
romani: i greci percepivano il mito nel suo aspetto antropologico e
genealogico, invece i romani gli attribuirono un carattere politico e storico,
ne risultò il passaggio dalle comparazioni per associazione di idee al concetto
di un possibile ritorno del secolo d’oro. Sia nella Grecia del IV, sia nella
Roma del I secolo av. Cr. si erano creati i presupposti sociali per la
nascita delle speranze utopiche di una felicità futura.
L’autore individua due versioni della leggenda di Saturno: 1) l’equivalente
romano dell’ex-re del cielo, diroccato; e 2) la leggenda italica di un Saturno
che fugge nel Lazio, viene accolto da Giano e insegna agli abitanti locali la
vita civilizzata (tarda questa seconda, elaborata da Evemero e diffusasi a Roma
dopo la traduzione di Ennio[18]
o grazie all’opera di Varrone De vita
populi romani[19]).
Il giudizio conclusivo dello studioso è il seguente: se fra il mito e
l’utopia esistono tratti di similitudine e compenetrazione, allora il mito del
secolo d’oro può essere considerato come il più utopico dei miti, come un
mito-utopia.
Nell’ambito del secondo indirizzo, caratterizzato dalla presenza delle
opere dedicate alla storia dell'Italia preromana e di Roma arcaica, troviamo
soltanto alcuni (pochi) riferimenti all’età leggendaria di Saturno.
L’autorevole
studioso di storia arcaica di Roma, d’Italia e della civiltà etrusca, Aleksandr I.
Nemirovskij[20],
affermando, in seguito a Giambattista Vico, che “i miti devono avere qualche
fondamento sociale della verità”[21],
proclama così l’idea principale dell’approccio storico. Nel suo libro sulla
storia della Roma dei primi tempi non tratta, però, concretamente del mito di
Saturno. In un’altra sua opera, alla luce delle scoperte dell’etruscologia
moderna l’autore chiarisce certi temi della religione e storia arcaica di Roma[22].
Per noi è importante l’affermazione dell’origine etrusca del nome di Saturno,
“che era considerato dagli autori romani un forestiero”[23].
L’illustre
studiosa di storia romana arcaica, Ija L. Majak,
nella sua opera dedicata alla ricostruzione della realtà romana dell’età dei
primi re[24],
in base all’analisi delle fonti scritte e al loro confronto con i nuovissimi
dati dell’archeologia e della linguistica, cerca di evidenziare lo sfondo di
realtà sottostante alle leggende sul periodo antichissimo della storia romana,
procedendo quindi alla valutazione critica dei punti di vista degli studiosi
sulla popolazione del Lazio primitivo e sulla sua religione arcaica.
L’ultimo indirizzo, volto allo studio degli aspetti religiosi della cultura
romana, riprende il suo sviluppo negli anni ’60 del XX secolo, dopo
un’interruzione generale negli studi scientifici della religione avvenuta dopo
L'autrice del libro sui fondamenti sociali della religione di Roma Antica,
uscito nel 1983, Elena M. Štaerman
indica Saturno come uno degli "eroi culturali" dei romani, osservando
che le notizie su di essi sono molto vaghe: in tali personaggi si mescolarono i
tratti degli antichi re e delle antiche divinità, il che però, nota la
studiosa, è proprio anche degli "eroi culturali" degli altri popoli.
In seguito E. M. Štaerman analizza l'influenza esercitata dalla traduzione,
fatta da Ennio, della "Cronaca sacra" di Evemero e conclude che la
conoscenza della sua opera aveva contribuito alla storicizzazione della
mitologia romana, alla trasformazione delle antiche divinità nei re dei tempi
remotissimi[26].
Nell’enciclopedia “Miti dei popoli del mondo” E. M. Štaerman, autrice
dell’articolo Saturno enfatizza
ancora l’importanza dell’identificazione di Saturno con il Crono greco
(avvenuta non oltre il terzo sec. av. Cr.): di qua proverrebbe la sua
funzione di “dio del secolo d’oro” e il carattere greco della sua festa, i
saturnali, la cui forma iniziale “non si conosce”[27].
Lo studioso che ha prestato attenzione alle questioni generali della
cultura romana, Georgij S. Knabe[28],
nei suoi scritti ha posto la questione delle due visioni del tempo a Roma,
quella mitologica e quella storica, nonché dei rapporti non sempre facili tra
loro. Il tempo mitologico è in sostanza l’assenza del tempo, «la permanenza
fuori del tempo, del movimento, dello sviluppo, in generale fuori delle accidenze». Come esempio di questa
percezione del tempo l’autore prende le
feriae, in cui venivano interdette tutte le azioni legate alla civiltà,
cioè create, generate dal corso del
tempo. Le feriae erano un simbolo del
passato più arcaico, primitivo, anteriore al tempo e alla cultura, che non
aveva conosciuto la disuguaglianza e l’inimicizia, la povertà e la ricchezza,
la proprietà privata. Altri autori fanno i tentativi di separare
l’idealizzazione dei rapporti esistiti prima dell’apparizione della proprietà,
per esempio nelle feriae, da quella
del diritto di proprietà nel culto dei limiti e confini, del loro protettore Terminus,
dei primi re come organizzatori e santificatori della delimitazione dei campi.
G. S. Knabe pensa che dal punto di vista della psicologia della cultura e della
percezione del tempo questa separazione difficilmente poteva essere molto
rilevante. Ne è l’esempio la festa dei Compitali rurali: la proprietà sulla
terra e i confini non impedivano di rivivere in certi giorni lo stato beato che
non aveva conosciuto inimicizia, violenza e corsa al tempo. Le idee sul
secolo d’oro nella letteratura romana sono caratterizzate dall’immutabilità,
staticità. Dall’altra parte, “il movimento del tempo è dato immediatamente
nell’esperienza di ogni popolo e di ogni persona” e presso i romani queste idee
trovano la loro manifestazione nelle credenze e usanze popolari con quella
incoerenza che è tipica per gli strati più arcaici della cultura.
A titolo di conclusione si possono paragonare, nel riguardo, le idee sulla
vita sotto Saturno con le idee di un particolare periodo mitologico la cui caratteristica ci viene fornita da Sergej A. Tokarev e Eleazar M. Meletinskij
seguendo le tracce della scuola psicosociale francese nell’etnologia e storia
delle religioni: «Una netta delimitazione del periodo mitologico e del tempo
attuale ("sacro" e "profano") si ritrova perfino nelle più
primitive idee mitologiche; spesso vi è una designazione speciale per i remoti
tempi mitologici. Il tempo mitologico è il tempo quando tutto era diverso
rispetto ad ora. Il passato mitologico non è semplicemente un periodo
precedente, ma una particolare epoca della creazione primaria, il tempo mitico
precedente all'inizio del tempo empirico»[29].
[1] S.A. Tokarev,
Zolotoj vek (Secolo d'oro), in: Mify narodov mira (Miti dei popoli del
mondo), vol. 1, Mosca 1980, 471-472.
[2] S.A. Kučinskij,
O social'no-psihologičeskih istokah
mifa o raje i grehopadenii (Delle origini psicologico-sociali del mito sul
paradiso e peccato originale), in: Aktual'nyje
problemy izučenija istorii religii (Problemi attuali dello studio di
storia della religione), Leningrado 1976, 47.
[3] V.P. Volgin,
Očerki istorii socialističeskih
idej (Lineamenti di storia delle idee socialiste), rist. Mosca 1975.
[4] V.P. Volgin,
Istoria socialističeskih idej
(Storia delle idee socialiste), parte I, Mosca 1928, 58.
[5] L. A. Jel'nickij,
O social'nyh idejah Saturnalij (Delle
idee sociali dei Saturnali), in: Vestnik
Drevnej Istorii, 4, 1946, 54 ss.
[8] L. A. Jel’nickij,
Iz istorii revolucionnoj ideologii
ellinizma. Evn kak carj saturnalij (Dalla storia dell’ideologia rivoluzionaria
dell’ellenismo. Euno come re dei saturnali), in: Vestnik istorii mirovoj kul’tury (Notiziario della storia di
cultura universale), № 6, 1957, 58 ss.
[11] N.A. Maškin,
ibid., 234 ss.; idem, Eshatologija i
messianizm v poslednij period Rimskoj respubliki (Escatologia e
messianesimo nell’ultimo periodo della repubblica Romana), in: Izvestija Akademii Nauk SSSR (serija istorii
i filosofii), 1946, Vol. III. №5. 446 ss.
[12] S.L. Utčenko,
Idejno-političeskaja bor'ba v Rime
nakanune padenija Respubliki (La lotta ideologica e politica a Roma prima
della caduta della Repubblica), Mosca 1952; idem, Političeskije učenija Drevnego Rima (III-I vv. do n. e.)
(Dottrine politiche di Roma antica (III-I ss. a. C.), Mosca 1977.
[13] N. Zastenker,
Utopičeskij socializm
(Socialismo utopista), in: Filosofskaja
Enciklopedija (Enciclopedia Filosofica), vol. 5, Mosca 1970, 292.
[16] Ju.G. Černyšov,
Mif o zolotom veke i utopičeskij
socialism (Il mito del secolo d'oro e il socialismo utopico), in: Gorod i gosudarstvo v antičnom mire.
Problemy istoričeskogo razvitija (Città e stato nel mondo antico.
Problemi di sviluppo storico), Leningrado 1987, 120 ss.; idem, Tri koncepcii “Saturnova carstva” u
Vergilija (Tre concetti del “Regno di Saturno” in Virgilio), in: Antičnaja graždanskaja obščina
(Comunità civile antica), Leningrado 1986, 100-114; idem, K probleme klassifikacii antičnych social’nych utopij, in: X avtorsko-čitatel’skaja konferencija
“Vestnika Drevnej Istorii” AN SSSR. Tezisy dokladov (Atti del X convegno di
autori e lettori del “Vestnik Drevnej Istorii”dell’Accademia delle Scienze
dell’URSS), Mosca 1987, 86 ss.; idem, Charakternyje
čerty rimskoj social’noj utopii - ruk. dep. v INION AN SSSR
№15287 (Tratti caratteristici dell’utopia sociale romana - manoscritto
depositato all’Istituto di informazione scientifica per le scienze sociali
dell’Accademia delle Scienze dell’URSS №15287). idem, Utopizm antičnyj i sovremennyj:
istoriografija problemy (Utopismo antico e attuale: la storiografia del
problema), in: Istoriografia aktual’nych
problem antičnosti i rannego srednevekov’ja (Storiografia dei problemi
attuali dell’antichità e dell’alto medioevo), Barnaul 1990; idem, Social'no-utopičeskije idei i mif o
"zolotom veke" v Drevnem Rime (Le idee di utopia sociale e il mito
del "Secolo d'Oro" in Roma antica), Novosibirsk 1992.
[20] A.I. Nemirovskij,
Istoria rannego Rima i Italii (Storia
di Roma arcaica e dell’Italia), Voronež 1962.
[25] A.I. Nemirovskij,
Ideologija i kul'tura rannego Rima
(Ideologia e cultura della Roma dei primi tempi), Voronež 1964.
[26] E.M. Štajerman,
Social'nyje osnovy religii Drevnego Rima
(Fondamenti sociali della religione dell’Antica Roma), Mosca 1987.
[28] G.S. Knabe,
Istoričeskoje prostranstvo i
istoričeskoje vremja v kul’ture Drevnego Rima (Spazio storico e tempo
storico nella cultura di Roma antica), in: Kul’tura
Drevnego Rima (Cultura di Roma antica), Mosca 1985, 108 ss.