N. 4 – 2005 – Memorie

 

Maria N. Chelintseva

Università Statale di Mosca “M.V.Lomonosov” - MGU

 

La leggenda romana sul regno di Saturno

nella storiografia sovietica

 

La leggenda romana sui tempi del regno di Saturno appartiene ad una vasta serie di leggende e miti in cui viene descritto un periodo felice nella vita della comunità umana agli albori della sua storia; essi sono presenti nella mitologia e nel folklore di molti popoli del mondo divisi dai confini sia temporali sia spaziali[1].

Questa diffusione universale delle idee affini fa supporre che la loro fonte siano, usando l'espressione di uno degli studiosi sovietici della religione, "determinati tratti della psicologia sociale, sentimenti ed aspirazioni che trovano una loro riflessione nei miti"[2].

Nella dottrina sovietica i cui limiti cronologici vanno dal 1917 al 1991 possono essere identificati tre indirizzi principali che riflettono diversi approcci all’insieme di idee connesse con la leggenda (in ordine di apparizione): ideologico, storico, religioso-mitologico.

Dopo la rivoluzione d'Ottobre del 1917 nel nuovo Stato sovietico cresce l'interesse per la storia del pensiero socialista. Il ruolo da protagonista nell'elaborazione di questo indirizzo scientifico spetta nei primi anni ’20 a Vjačeslav P. Volgin, il quale studiò la storia del socialismo utopico nel suo insieme come vari gradini che avevano portato all'apparizione del marxismo. Nel suo saggio sulla storia delle idee socialiste[3] l'autore comincia l'esposizione dalla Grecia antica, esaminando la leggenda del secolo d'oro e constatando che l'idea di una condizione felice nel passato appare in un determinato momento di sviluppo sociale presso tutti i popoli, siccome è legata con l'apparizione delle classi sociali, con i primi passi della differenziazione sociale. Le idee dei romani sul regno di Saturno non sono state esaminate dall'autore nel modo specifico. In un'altra sua opera[4] lo studioso nota che la teoria sociale romana in gran parte presenta non solo un'analogia, ma anche un'imitazione dei modelli greci, e a volte una loro semplice riesposizione.

Un'analisi delle idee sociali dei Saturnali alla base delle fonti  è presentata negli scritti di Leonid A. Jel'nickij, maggiormente pubblicati nella rivista Vestnik Drevnej Istorii. Nell’articolo del 1946[5], partendo dal tentativo di ricostruire le idee dei greci antichi riguardanti la vita sotto il regno di Crono, attraverso le immagini satiriche conservatesi nella commedia attica e attraverso la famosa descrizione fatta da Esiodo, l'autore conclude che tali idee erano considerate proprie delle persone più povere e altro non erano che un ricordo idealizzato del primitivo ordinamento gentilizio. I sogni utopici degli oppressi, innanzitutto degli schiavi, sul "secolo d'oro" fornivano loro il materiale per costruire gli ideali sociali e le aspirazioni escatologiche. Sul piano religioso però tale utopia del ritorno del "secolo d'oro" diventava una realtà – per alcuni giorni all'anno, durante le festività di Kroniae-Saturnali. Tali festività erano prima di tutto celebrate dagli schiavi e dalla popolazione più povera e contenevano il ricordo dei tempi felici dell'ordinamento gentilizio, il ritorno alla vita sotto Saturno, che non conosceva la schiavitù e la disugualianza sociale.

L'autore riporta le notizie delle altre feste greche che comprendono riti e usanze affini - banchetti comuni di schiavi e padroni, licenze concesse agli schiavi ecc. (Ermie in Creta, Dionisie in Attica, Pelerie in Tessalia ecc.). Il culto di Saturno e l'istituzione dei Saturnali a Roma vanno fatti risalire, secondo lo studioso, al periodo antichissimo; essendo i Saturnali una festa degli abitanti della città di Roma, in campagna troverebbe analogia in una festa chiamata Compitali e legata al culto dei lari in cui gli schiavi godevano pure degli stessi privilegi. All'antichissimo culto dei Lari, protettori della familia degli schiavi, come a quello di Crono, lo studioso ricollega pure le stesse idee sull'ordinamento gentilizio, sul "secolo d'oro". Passando al confronto tra Crono e Saturno Jel'nickij cerca di rilevare i motivi della loro identificazione operata dagli antichi: presso i romani Saturno, come Crono presso i greci, era il re divino del "secolo d'oro", portatore delle idee di vita beata, priva di lavoro forzato, della schiavitù, della povertà affamata e della ricchezza prodiga. Tali idee romane erano legate, secondo l'autore, ai ricordi della primitiva vita gentilizia, di cui possiamo giudicare dai resti degli insediamenti gentilizi degli antichi italici – terramare – che permettono di constatare la mancanza di diversificazione sociale dei loro abitanti. Anche la parola pontifex (cioè costruttore o custode della piattaforma su cui veniva collocato il villaggio gentilizio degli antichi italici, con i propri luoghi di culto e la propria necropoli) sarebbe una ulteriore testimonianza a favore del fatto che i ricordi dei romani vanno fatti risalire proprio alle terramare.

Nella successiva elaborazione del tema che prende lo spunto dall’articolo di P. Wendland, “Gesù Cristo come re dei Saturnali”[6] e dal famoso libro di J. G. Frazer[7], Jel’nickij prosegue ed estende la sua ricerca mostrando “l’equivalente politico delle idee ‘saturniche’” e la sua influenza rivoluzionaria sui fenomeni extrareligiosi[8]. Al centro della sua attenzione sta la rivolta degli schiavi in Sicilia e la figura del capo del movimento, Euno. In questo leader, di origine orientale e proclamatosi re, l’autore trova i tratti di un rex saturnaliorum, sia nelle sue vicende prima dell’insurrezione, sia nel programma delle sue azioni una volta a capo della schiavitù ribellata, programma che altro non era che il ristabilimento del secolo d’oro. In una prospettiva più vasta, l’autore mette in evidenza il legame (più naturale di quanto si possa pensare) tra i movimenti di liberazione delle classi oppresse e le idee utopiche dei filosofi come Evemero, Iambulo, Blossio, traccia paralleli nell’ideologia dei monarchi ellenistici e quella dei capi delle rivolte di schiavi e poveri da Euno a Salvio ad Aristonico e perfino a Tito Minuzio.

Jel’nickij sottolinea la differenza di approcci con il suo autorevole contemporaneo, Nikolaj A. Maškin, il quale nel suo famoso libro del 1949 sul principato di Augusto[9], “fondandosi su un materiale più vasto e vario, lo usa, però, solo nel suo aspetto religioso o morale,”[10] di fronte all’ottica sociale e politica di Jel’nickij stesso. Ma forse la differenza consiste anche (e piuttosto) nel fatto che laddove Jel’nickij vedeva l’ideologia delle masse oppresse, Maškin trovava l’ideologia dello Stato.

Nella summenzionata monografia Maškin[11] sottolinea che l’idea dell’avvento con Augusto della nuova era, del secolo beato, espressa per la prima volta nella IV ecloga di Virgilio, ha motivi orientali ed è assai scura. Ma la questione non va rilegata all’unico ambito di esegesi storico-letteraria.

Confrontando l’ecloga con il XVI epodo di Orazio e con il poema anonimo intitolato Dirae (“Maledizioni”) lo storico evidenzia come l’idea del “nuovo secolo” non avesse necessariamente una connotazione positiva, riflettendo nella sfera ideologica le perturbazioni di un tempo difficile.

L’eminente studioso di storia romana che si era dedicato al tema della lotta ideologica e politica a Roma alla fine dell’età repubblicana e in genere alle dottrine politiche di Roma antica[12], Sergej L. Utčenko, nel quadro generale ch’egli traccia dello sviluppo delle idee sull’origine dello Stato e del diritto, annovera il concetto dei quattro secoli all’interno della tradizione mitologica e poetica, contrapposta a quella storica e filosofica. L’autore getta la luce sulla strumentalizzazione dell’antico mito ad opera dei poeti romani che porta a sostanziali modifiche nella sua tradizione. Il mito del secolo d’oro, del resto, presenta interesse per il nostro autore solo in quanto una delle due versioni “mitologiche” alternative dell’origine dello Stato e del diritto, quella appunto che si contrappone all’idea del progresso e quasi diremmo del contratto sociale proposta dai sofisti e sviluppata sul suolo romano da Lucrezio.

Negli anni 70-80 il tema delle origini e delle prime manifestazioni delle idee utopiche sociali viene ripreso dagli studiosi del comunismo scientifico. Nell'articolo dell'Enciclopedia Filosofica dedicato al socialismo utopista, scritto da N. Zastenker (vol. 5, Mosca 1970, 292)[13], l'autore fa risalire gli elementi fondamentali di esso in Europa alle leggende sul "secolo d'oro" in Grecia e a Roma, ricollegando la nascita di tali idee all'apparizione della proprietà privata e della divisione della società in classi.

Il ruolo primario nella formazione di tale mito è svolto da una profonda insoddisfazione delle condizioni esistenti, dalla protesta delle masse contro il gravame sociale e le disgrazie che portava loro il progresso, dalla tendenza ad esprimere, almeno nella fantasia, l'ideale della giustizia sociale legato ai vaghi ricordi della società gentilizia rimasta nel passato ormai remoto[14].

Nel libro del 1989 di Vladimir A. Gutorov sull'utopia sociale antica[15] l'autore non dedica uno spazio apposito all'analisi della storia del pensiero utopico di Roma Antica, esclusivamente per motivi di mancanza di spazio, sottolineando nella premessa, che tale scelta non è dettata dall'idea di avversione dello spirito romano nei confronti di qualsiasi tipo di utopismo né da quella dell'assenza nell'utopia romana di un carattere innovativo rispetto a quella greca. Alcuni argomenti però vengono trattati nel libro comunemente per i greci e i romani. Tali sono le osservazioni sul regno di Crono/Saturno e i suoi riflessi nelle festività di Kroniae/Saturnali. L'autore vede il carattere di utopia popolare della leggenda sul regno di Crono-Saturno non tanto nel quadro di "rapporti rovesciati" quanto nell'atteggiamento al lavoro; l'idea sull'assenza della necessità di lavorare sorge, secondo l'autore, solo quando il lavoro stesso diventa forzato, e attesta un'attitudine negativa nei confronti dei valori della società fondata sullo sfruttamento. L'autore nota la ciclicità del pensiero utopico popolare: le idee sul "secolo d'oro" collocato in un passato remoto possono, sotto l'influsso di certi motivi, trasferirsi nel presente (in un qualche "spazio magico") o nel futuro, sotto la forma di un'attesa escatologica del ripristino della condizione ideale, e, infine, riprendere la collocazione nel passato, una volta percepita l'impossibilità di realizzare le speranze utopiche.

Lo studioso contemporaneo di ideologia dell’antichità, autore dell’opera sull’utopia del secolo d’Oro in Roma antica (1993), Jurij G. Černyšov già nei suoi scritti degli anni ’80[16] pone la questione del legame fra le idee del regno di Saturno (o la vita sotto Crono) e l’utopia sociale propriamente detta. Le leggende e i miti secondo cui l’umanità agli albori della propria esistenza avrebbe vissuto un certo periodo felice è un luogo comune nella mitologia e nel folclore di molti popoli, separati dal tempo e dalla distanza. La causa sta nello scontento del regime sociale esistente, nei vaghi ricordi della società primitiva gentilizia ormai rimasta nel passato. Al mito del “paradiso primitivo” si aggiunge un altro: quello della graduale decadenza della società dall’iniziale età dell’oro a quella moderna, del ferro. È un’idea del Gatz[17] che Černyšov fa sua. Non è corretto parlare del secolo d’oro come di un mito unico, perché variano le sue interpretazioni. Inizialmente si trattava della sturpe aurea degli uomini ossia della vita sotto Crono. Così, Esiodo che espone per la prima volta il mito parla della successione di cinque stirpi umani, rappresentata come lo sterminio della stirpe migliore e la creazione di una peggiore. L’ultima, la più depravata – la stirpe di ferro – è destinata alla morte, il che è importante. Perciò in nessuna circostanza la vita beata sotto Crono, capitata alla stirpe ideale aurea, ormai da tanto trasformatasi in demoni benigni, non poteva tornar presente per la vile e depravata stirpe di ferro. Per la prima volta nella letteratura antica il ritorno del regno di Saturno si proclama nella quarta ecloga di Virgilio che sposta l’interpretazione del mito dalla sfera delle stirpi in quella dei secoli. (Del resto, una spiegazione interessante di questa trasformazione la troviamo in Jel’nickij: secondo lui, essa sarebbe avvenuta ad opera degli etruschi che avevano l’idea del continuo ripetersi dei secoli.). Un’altra differenza è rappresentata dal carattere differente del pensiero stesso dei greci e dei romani: i greci percepivano il mito nel suo aspetto antropologico e genealogico, invece i romani gli attribuirono un carattere politico e storico, ne risultò il passaggio dalle comparazioni per associazione di idee al concetto di un possibile ritorno del secolo d’oro. Sia nella Grecia del IV, sia nella Roma del I secolo av. Cr. si erano creati i presupposti sociali per la nascita delle speranze utopiche di una felicità futura.

L’autore individua due versioni della leggenda di Saturno: 1) l’equivalente romano dell’ex-re del cielo, diroccato; e 2) la leggenda italica di un Saturno che fugge nel Lazio, viene accolto da Giano e insegna agli abitanti locali la vita civilizzata (tarda questa seconda, elaborata da Evemero e diffusasi a Roma dopo la traduzione di Ennio[18] o grazie all’opera di Varrone De vita populi romani[19]).

Il giudizio conclusivo dello studioso è il seguente: se fra il mito e l’utopia esistono tratti di similitudine e compenetrazione, allora il mito del secolo d’oro può essere considerato come il più utopico dei miti, come un mito-utopia.

Nell’ambito del secondo indirizzo, caratterizzato dalla presenza delle opere dedicate alla storia dell'Italia preromana e di Roma arcaica, troviamo soltanto alcuni (pochi) riferimenti all’età leggendaria di Saturno.

L’autorevole studioso di storia arcaica di Roma, d’Italia e della civiltà etrusca, Aleksandr I. Nemirovskij[20], affermando, in seguito a Giambattista Vico, che “i miti devono avere qualche fondamento sociale della verità”[21], proclama così l’idea principale dell’approccio storico. Nel suo libro sulla storia della Roma dei primi tempi non tratta, però, concretamente del mito di Saturno. In un’altra sua opera, alla luce delle scoperte dell’etruscologia moderna l’autore chiarisce certi temi della religione e storia arcaica di Roma[22]. Per noi è importante l’affermazione dell’origine etrusca del nome di Saturno, “che era considerato dagli autori romani un forestiero”[23].

L’illustre studiosa di storia romana arcaica, Ija L. Majak, nella sua opera dedicata alla ricostruzione della realtà romana dell’età dei primi re[24], in base all’analisi delle fonti scritte e al loro confronto con i nuovissimi dati dell’archeologia e della linguistica, cerca di evidenziare lo sfondo di realtà sottostante alle leggende sul periodo antichissimo della storia romana, procedendo quindi alla valutazione critica dei punti di vista degli studiosi sulla popolazione del Lazio primitivo e sulla sua religione arcaica.

L’ultimo indirizzo, volto allo studio degli aspetti religiosi della cultura romana, riprende il suo sviluppo negli anni ’60 del XX secolo, dopo un’interruzione generale negli studi scientifici della religione avvenuta dopo la Rivoluzione d’Ottobre. In uno dei primi libri dedicati alle questioni religiose della cultura romana, pubblicato nel 1964 da A. I. Nemirovskij, in cui vengono esaminate le prime tappe della formazione della religione romana arcaica, non vi sono menzioni di Saturno[25].

L'autrice del libro sui fondamenti sociali della religione di Roma Antica, uscito nel 1983, Elena M. Štaerman indica Saturno come uno degli "eroi culturali" dei romani, osservando che le notizie su di essi sono molto vaghe: in tali personaggi si mescolarono i tratti degli antichi re e delle antiche divinità, il che però, nota la studiosa, è proprio anche degli "eroi culturali" degli altri popoli. In seguito E. M. Štaerman analizza l'influenza esercitata dalla traduzione, fatta da Ennio, della "Cronaca sacra" di Evemero e conclude che la conoscenza della sua opera aveva contribuito alla storicizzazione della mitologia romana, alla trasformazione delle antiche divinità nei re dei tempi remotissimi[26].

Nell’enciclopedia “Miti dei popoli del mondo” E. M. Štaerman, autrice dell’articolo Saturno enfatizza ancora l’importanza dell’identificazione di Saturno con il Crono greco (avvenuta non oltre il terzo sec. av. Cr.): di qua proverrebbe la sua funzione di “dio del secolo d’oro” e il carattere greco della sua festa, i saturnali, la cui forma iniziale “non si conosce”[27].

Lo studioso che ha prestato attenzione alle questioni generali della cultura romana, Georgij S. Knabe[28], nei suoi scritti ha posto la questione delle due visioni del tempo a Roma, quella mitologica e quella storica, nonché dei rapporti non sempre facili tra loro. Il tempo mitologico è in sostanza l’assenza del tempo, «la permanenza fuori del tempo, del movimento, dello sviluppo, in generale fuori delle accidenze». Come esempio di questa percezione del tempo l’autore prende le feriae, in cui venivano interdette tutte le azioni legate alla civiltà, cioè create, generate dal corso del tempo. Le feriae erano un simbolo del passato più arcaico, primitivo, anteriore al tempo e alla cultura, che non aveva conosciuto la disuguaglianza e l’inimicizia, la povertà e la ricchezza, la proprietà privata. Altri autori fanno i tentativi di separare l’idealizzazione dei rapporti esistiti prima dell’apparizione della proprietà, per esempio nelle feriae, da quella del diritto di proprietà nel culto dei limiti e confini, del loro protettore Terminus, dei primi re come organizzatori e santificatori della delimitazione dei campi. G. S. Knabe pensa che dal punto di vista della psicologia della cultura e della percezione del tempo questa separazione difficilmente poteva essere molto rilevante. Ne è l’esempio la festa dei Compitali rurali: la proprietà sulla terra e i confini non impedivano di rivivere in certi giorni lo stato beato che non aveva conosciuto inimicizia, violenza e corsa al tempo. Le idee sul secolo d’oro nella letteratura romana sono caratterizzate dall’immutabilità, staticità. Dall’altra parte, “il movimento del tempo è dato immediatamente nell’esperienza di ogni popolo e di ogni persona” e presso i romani queste idee trovano la loro manifestazione nelle credenze e usanze popolari con quella incoerenza che è tipica per gli strati più arcaici della cultura.

A titolo di conclusione si possono paragonare, nel riguardo, le idee sulla vita sotto Saturno con le idee di un particolare periodo mitologico la cui caratteristica ci viene fornita da Sergej A. Tokarev e Eleazar M. Meletinskij seguendo le tracce della scuola psicosociale francese nell’etnologia e storia delle religioni: «Una netta delimitazione del periodo mitologico e del tempo attuale ("sacro" e "profano") si ritrova perfino nelle più primitive idee mitologiche; spesso vi è una designazione speciale per i remoti tempi mitologici. Il tempo mitologico è il tempo quando tutto era diverso rispetto ad ora. Il passato mitologico non è semplicemente un periodo precedente, ma una particolare epoca della creazione primaria, il tempo mitico precedente all'inizio del tempo empirico»[29].

 

 

 



 

[1] S.A. Tokarev, Zolotoj vek (Secolo d'oro), in: Mify narodov mira (Miti dei popoli del mondo), vol. 1, Mosca 1980, 471-472.

 

[2] S.A. Kučinskij, O social'no-psihologičeskih istokah mifa o raje i grehopadenii (Delle origini psicologico-sociali del mito sul paradiso e peccato originale), in: Aktual'nyje problemy izučenija istorii religii (Problemi attuali dello studio di storia della religione), Leningrado 1976, 47.

 

[3] V.P. Volgin, Očerki istorii socialističeskih idej (Lineamenti di storia delle idee socialiste), rist. Mosca 1975.

 

[4] V.P. Volgin, Istoria socialističeskih idej (Storia delle idee socialiste), parte I, Mosca 1928, 58.

 

[5] L. A. Jel'nickij, O social'nyh idejah Saturnalij (Delle idee sociali dei Saturnali), in: Vestnik Drevnej Istorii, 4, 1946, 54 ss.

 

[6] P. Wendland, Jesus als Saturnalien-König, in: Hermes, Berlin 1898, Bd. 33, 175-179.

 

[7] J. G. Frazer, The Golden Bough, London 1911-1915.

 

[8] L. A. Jel’nickij, Iz istorii revolucionnoj ideologii ellinizma. Evn kak carj saturnalij (Dalla storia dell’ideologia rivoluzionaria dell’ellenismo. Euno come re dei saturnali), in: Vestnik istorii mirovoj kul’tury (Notiziario della storia di cultura universale), № 6, 1957, 58 ss.

 

[9] N.A. Maškin, Principat Avgusta (Principato di Augusto), Mosca-Leningrado 1949.

 

[10] A. L. Jel’nickij, ibid., 59, n. 3.

 

[11] N.A. Maškin, ibid., 234 ss.; idem, Eshatologija i messianizm v poslednij period Rimskoj respubliki (Escatologia e messianesimo nell’ultimo periodo della repubblica Romana), in: Izvestija Akademii Nauk SSSR (serija istorii i filosofii), 1946, Vol. III. №5. 446 ss.

 

[12] S.L. Utčenko, Idejno-političeskaja bor'ba v Rime nakanune padenija Respubliki (La lotta ideologica e politica a Roma prima della caduta della Repubblica), Mosca 1952; idem, Političeskije učenija Drevnego Rima (III-I vv. do n. e.) (Dottrine politiche di Roma antica (III-I ss. a. C.), Mosca 1977.

 

[13] N. Zastenker, Utopičeskij socializm (Socialismo utopista), in: Filosofskaja Enciklopedija (Enciclopedia Filosofica), vol. 5, Mosca 1970, 292.

 

[14] A.I. Volodin, Utopija i istorija (Utopia e storia), Mosca 1976, 31.

 

[15] V.A. Gutorov, Antičnaja social'naja utopija (Utopia sociale antica), Leningrado 1989.

 

[16] Ju.G. Černyšov, Mif o zolotom veke i utopičeskij socialism (Il mito del secolo d'oro e il socialismo utopico), in: Gorod i gosudarstvo v antičnom mire. Problemy istoričeskogo razvitija (Città e stato nel mondo antico. Problemi di sviluppo storico), Leningrado 1987, 120 ss.; idem, Tri koncepcii “Saturnova carstva” u Vergilija (Tre concetti del “Regno di Saturno” in Virgilio), in: Antičnaja graždanskaja obščina (Comunità civile antica), Leningrado 1986, 100-114; idem, K probleme klassifikacii antičnych social’nych utopij, in: X avtorsko-čitatel’skaja konferencija “Vestnika Drevnej Istorii” AN SSSR. Tezisy dokladov (Atti del X convegno di autori e lettori del “Vestnik Drevnej Istorii”dell’Accademia delle Scienze dell’URSS), Mosca 1987, 86 ss.; idem, Charakternyje čerty rimskoj social’noj utopii - ruk. dep. v INION AN SSSR №15287 (Tratti caratteristici dell’utopia sociale romana - manoscritto depositato all’Istituto di informazione scientifica per le scienze sociali dell’Accademia delle Scienze dell’URSS №15287). idem, Utopizm antičnyj i sovremennyj: istoriografija problemy (Utopismo antico e attuale: la storiografia del problema), in: Istoriografia aktual’nych problem antičnosti i rannego srednevekov’ja (Storiografia dei problemi attuali dell’antichità e dell’alto medioevo), Barnaul 1990; idem, Social'no-utopičeskije idei i mif o "zolotom veke" v Drevnem Rime (Le idee di utopia sociale e il mito del "Secolo d'Oro" in Roma antica), Novosibirsk 1992.

 

[17] B. Gatz, Weltalter, goldene Zeit und sinnferwandte Vorstellungen, Hildesheim 1967, 201.

 

[18] P.A. Jonston, Vergil's conception of Saturnus, CSCA 1977, vol.10, 57-70.

 

[19] B. Gatz, op. cit., 124.

 

[20] A.I. Nemirovskij, Istoria rannego Rima i Italii (Storia di Roma arcaica e dell’Italia), Voronež 1962.

 

[21] Ibid., 9.

 

[22] A.I. Nemirovskij, Etruski: ot mifa k istorii (Etruschi: dal mito alla storia), Mosca 1983.

 

[23] Ibid., 204.

 

[24] I.L. Majak, Rim pervyh carej, Mosca 1983.

 

[25] A.I. Nemirovskij, Ideologija i kul'tura rannego Rima (Ideologia e cultura della Roma dei primi tempi), Voronež 1964.

 

[26] E.M. Štajerman, Social'nyje osnovy religii Drevnego Rima (Fondamenti sociali della religione dell’Antica Roma), Mosca 1987.

 

[27] E.M. Štajerman, Saturn (Saturno), in: Mify narodov mira, cit., vol. 2, 417.

 

[28] G.S. Knabe, Istoričeskoje prostranstvo i istoričeskoje vremja v kul’ture Drevnego Rima (Spazio storico e tempo storico nella cultura di Roma antica), in: Kul’tura Drevnego Rima (Cultura di Roma antica), Mosca 1985, 108 ss.

 

[29] S.A. Tokarev, Je. M. Meletinskij, Mifologija (Mitologia), in: Mify narodov mira, cit., vol. 1, 13.