N.
3 – Maggio 2004 – strumenti
– Note & Rassegne
La cooperazione degli Atenei
sardi con i paesi del Maghreb:
motivazioni,
risultati, prospettive negli studi classici[1]
Sommario: 1. Premessa. – 2. Scavi e
ricerche. – 3. Congressi ed incontri
internazionali. – 4. Approfondimenti.
– 5. Appendice.
Il rapporto fra Sardegna ed Africa non può essere valutato solo in
termini di contiguità geografica; come dimostrano le vicende storiche, esso
affonda le sue radici nell’anima stessa dell’isola e del continente e
costituisce un patrimonio comune, in parte registrato dalla tradizione
mitografica[2].
Nato già con le migrazioni umane del tardo neolitico[3],
forse grazie all’attività marinara dei Nuragici[4],
sicuramente il rapporto si intensifica con la dominazione di Cartagine sulle
coste dell’isola, con l’immigrazione di mercenari e coloni della Libya nelle pianure della Sardegna.
Prosegue quindi durante la pax Romana,
con i commerci fra le sponde del Mediterraneo, con l’unione dei negotiatiores e dei navicularii sardi e africani nella gestione dei traffici verso
Ostia, con i frequenti scambi di persone, esperienze e conoscenze; si protrae
con la fine dell’impero Romano, durante la dominazione dei Vandali e con
l’impero bizantino[5].
Una cesura nei rapporti fra Africa e Sardegna si ebbe con la
conquista araba del continente e con la parziale interruzione delle relazioni
sul Mare Nostrum[6]: da
questo momento sulle due sponde del Mediterraneo si avrà un’evoluzione
culturale differente, il Maghreb si allontanerà dalla periferia occidentale
dell'impero bizantino, nel cui contesto nasceranno i regni giudicali della
Sardegna; occorrerà attendere l’anno mille per una timida ripresa delle
relazioni, dapprima legate a reciproche scorrerie lungo le coste, alimentate
dal proficuo commercio degli schiavi[7], in
seguito consolidate, durante l’età contemporanea, con le stagionali o
permanenti immigrazioni di Sardi in terra d’Africa, nei possedimenti francesi,
e successivamente di Maghrebini in terra sarda[8].
Non deve quindi stupire se le Università di Cagliari e Sassari (ed
in particolare le cattedre legate allo studio del mondo classico) abbiano sempre
guardato con interresse verso l’Africa Mediterranea, la Libya dei Cartaginesi e dei Latini, quella parte del “continente
nero” compresa fra la Tripolitania
(la regione occidentale della moderna Libia) ed il Marocco, in opposizione alla
Cirenaica e all’Egitto dove più forte era stata l’influenza greca[9],
l’Africa intesa come una delle tre parti dell’oiékoume@nh romana e per questo
tassello fondamentale per la comprensione della galassia imperiale e della provincia Sardinia in particolare.
Questo filone di ricerca, seguito saltuariamente sin dagli anni
cinquanta da Piero Meloni (docente di Storia Greca e Romana presso la facoltà
di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Cagliari)[10],
negli anni settanta fu portato avanti da Giovanna Sotgiu (titolare della
cattedra di Epigrafia Latina della medesima facoltà), forse indirettamente
stimolata dai rapporti di amicizia con un grande maestro di cose africane, il
francese Marcel Le Glay[11], e
fu ampliato e sviluppato a Sassari da Attilio Mastino, il quale nel 1983, da
poco titolare della cattedra di Epigrafia Latina della locale Università, fondò
quello che col tempo divenne un periodico appuntamento di studiosi interessati
alle problematiche dell’Africa antica, il Convegno Internazionale su “L’Africa
Romana”. Grazie a questa iniziativa la Sardegna è divenuta un centro
d’eccellenza per lo studio dell’Africa Occidentale fenicio-punica, romana,
vandala e bizantina nelle sue peculiarità interne e nei suoi rapporti con le
altre regioni affacciate sul Mediterraneo: in
primis la Sardegna e la Corsica, poi la penisola iberica, la Sicilia, la
penisola italiana, la Gallia Narbonense ed addirittura le regioni grecofone (Cyrenaica soprattutto ma anche Egitto,
Balcani, Vicino Oriente), in ossequio al bilinguismo ufficiale dominante
nell’impero e alle relazioni che animavano il Mare Nostrum, non solo da Nord a Sud ma anche fra pars Orientis e pars Occidentis.
Nati come
piccoli incontri di qualificati esperti internazionali del Maghreb e della
Sardegna nell’antichità, i convegni hanno radunato negli anni i più importanti
studiosi del mondo antico, occasione di confronto con esperienze, metodologie,
culture differenti; essi hanno contribuito direttamente o indirettamente alla
formazione di studiosi attenti alle più sottili problematiche della ricerca
scientifica, hanno promosso un’intensa e fruttuosa collaborazione, una rete di
rapporti, di amicizie, di informazioni con i colleghi maghrebini (libici,
tunisini, algerini, marocchini).
Instancabile
propositore ed organizzatore, Attilio Mastino ha saputo circondarsi di
validissimi collaboratori e, di fatto, ha creato una scuola di studiosi sardi,
riconosciuta a livello nazionale ed internazionale, è riuscito a coinvolgere
nelle sue molteplici iniziative un numero sempre più vasto di colleghi dapprima
dell’Università di Sassari (attraverso il Dipartimento di Storia ed il Centro
di Studi Interdisciplinari sulle Province Romane), quindi dell’Università
Cagliari (dove Antonio Maria Corda, un altro infaticabile allievo di Giovanna
Sotgiu ed indirettamente dello stesso Mastino, ha seguito le orme della
professoressa e ha ampliato le prospettive della sua ricerca), dell’Association
Internationale d’Épigraphie Grecque et Latine, delle Soprintendenze
Archeologiche di Cagliari-Oristano e Sassari-Nuoro, dell’Istituto Italiano per
l’Africa e l’Oriente, dell’Université di Bordeaux III e del gruppo Ausonius di Jean Michel Roddaz e Louis
Maurin, dell’Institut National du Patrimoine di Tunisi, dell’Agence Nationale
d’Archéologie di Algeri, dell’Institut National des Sciences de l’Archéologie e
du Patrimoine di Rabat.
Uno dei
meriti dei due atenei isolani è quello di non aver relegato lo studio
dell’Africa nelle stanze degli Istituti di Ricerca ma di aver cercato
insistentemente e testardamente un contatto con la società civile e con il
mondo politico, nel tentativo di creare una ricaduta culturale delle esperienze
scientifiche sul territorio: non si può dimenticare il fondamentale apporto
della Fondazione Banco di Sardegna, dei Ministeri degli Affari Esteri italiano,
tunisino, marocchino, dell’Assessorato alla Cultura della Regione Autonoma
della Sardegna e dei vari assessorati provinciali, delle ambasciate italiane e
degli istituti italiani di cultura a Tunisi, Algeri, Rabat, Tripoli, delle
autorità politiche ed economiche della Tunisia e del Marocco.
Dal 1983 al
2004, in questi vent’anni di attività, gli interessi e gli impegni africani
delle due Università sono aumentanti, assecondando le esigenze e gli sviluppi
della ricerca scientifica, della formazione professionale e culturale, della
salvaguardia e del rispetto del patrimonio dell’Africa. Descrivere
dettagliatamente queste attività è diventata dunque impresa ardua e, seppur
meritevole di attenzione, non adatta allo spazio a disposizione in questa sede.
Mi limiterò dunque a tracciare un quadro generale che dia maggior risalto al
biennio 2002-2003, riunendo le varie iniziative nei seguenti paragrafi: Scavi e ricerche, Convegni ed incontri
internazionali, Approfondimenti
Nel 1994 l’Università di Sassari, su proposta di Attilio Mastino,
e l’Institut National du Patrimoine di Tunisi hanno stipulato una convenzion,
rinnovata nel 1998, per i lavori sul sito di Henchir ed Douâmis (governatorato
di Béja, Tunisia settentrionale) “ la collina delle cisterne”, l’antica colonia Mariana Augusta Alexandriana Uchi
Maius. Le potenzialità scientifiche del sito erano notevoli giacché, a
differenza di molte località dell’Africa
Proconsularis, la situazione antica
non è stata particolarmente sconvolta dall’intervento di cultori di antichità
(viaggiatori, militari, alcuni studiosi) alla fine del XIX – inizio del XX
secolo o dagli stessi contadini tunisini, impegnati nella realizzazione del
villaggio di Rihana (1 km a Nord di Uchi
Maius) e delle fattorie del circondario e di conseguenza molto interessati
a reperire materiale da costruzione a basso costo e senza particolari
difficoltà tecniche.
Uchi Maius si trova in un territorio collinare, compreso fra il medio corso
del fiume Medjerda ed i suoi affluenti meridionali, l’Oued Tessa e l’Oued
Siliane, una regione caratterizzata da una densità insediativa assai elevata
nell’antichità, determinata dalla fertilità del suolo (cereali ed olivo): in
questo contesto sono, infatti, numerosissimi i centri abitati romani, raramente
di grandi dimensioni ma spesso con dignità municipale o coloniale[12].
L’insediamento sorse per volontà di Mario, in età repubblicana, ai confini
orientali del regno di Numidia; la minuscola comunità urbana, attraverso varie
fasi, divenne colonia romana nel 230 d.C., durante il principato di Severo
Alessandro, ed ebbe una continuità abitativa almeno sino al secolo XI[13].
La missione, diretta da Attilio Mastino per la parte italiana e da
Mustapha Khanoussi per la parte tunisina, ha sinora condotto otto campagne di
scavo (con un impegno fra i trenta giorni ed i tre mesi), due campagne di
indagine epigrafica, numerose prospezioni sul sito. I lavori sono stati
finanziati grazie ai contributi del Ministero degli Affari Esteri (MAE) e
dell’Ente Regionale per il diritto allo Studio Universitario (sin dall’inizio
lo scavo ha avuto un carattere didattico), della Regione Autonoma della
Sardegna[14],
del Progetto Pilota del MAE (1999-2003: salvaguardia e valorizzazione di
monumenti di rilevante interesse scientifico e formazione di studiosi italiani
e tunisini con personale qualificato) e del PRIN (Programmi di Ricerca di
Interesse Nazionale), del Ministero Italiano dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca (MIUR) e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Nell’anno
1998 la Ditta Pieralisi di Jesi, leader nella fabbricazione di impianti
industriali per la produzione dell’olio, ha offerto una sponsorizzazione allo
scavo dei frantoi (infra).
Abbiamo
accennato al carattere didattico dello scavo: sono state coinvolte alcune
centinaia di studenti, assegnisti, specializzandi, dottorandi italiani,
tunisini, francesi, spagnoli, per lo più provenienti dall’Università di Sassari
(una media di 23 studenti ogni anno, con un picco massimo di 44 allievi
raggiunto durante le campagna del 1999 e del 2002), ma anche da altri atenei
italiani (Cagliari, Genova, Pisa, Cassino, Perugia, Udine, Padova, Messina),
francesi (Aix-en-Provence), catalani (Barcellona), dal Pontificio Istituto di Archeologia
Cristiana di Roma e negli anni 2001-2002 dall’Institut Supérieur des Métiers du
Patrimoine di Tunisi (una cinquantina di studenti). Dal 1997 al 2000 hanno
partecipano allo scavo anche 8 studenti provenienti dal Liceo Classico “D.A.
Azuni” di Sassari, nel quadro di un programma di orientamento alla scelta della
Facoltà rivolto a liceali prossimi alla maturità. L’équipe
italo-tunisina inoltre, caso non frequente nella prassi delle missioni
archeologiche italiane sul territorio nazionale o all’estero, si è avvalsa
della simultanea presenza sul campo di archeologi, storici ed epigrafisti, raro
esempio di collaborazione fra discipline affini ma talvolta sorde alle
reciproche esigenze.
Durante i primi due anni della missione è stato avviato il
rilievo sistematico delle emergenze della città antica, con la collaborazione
di topografi specializzati, che hanno prodotto una prima pianta della città
impiegando uno schema di triangolazione modello TIN (Triangulated Irregular
Network) e per, l’area del foro, utilizzando anche il rilevamento
aerofotografico con palloni aerostatici: in questo modo è stata realizzata una
pianta d’insieme e di dettaglio, preliminare indispensabile per stabilire le
strategie d’indagine; lo Studio Tecnico Mitchell di Roma ha proceduto alla
redazione di una planimetria generale dell’abitato.
È possibile
individuare almeno 9 settori di intervento:
1.
l’area forense, il cui scavo è stato diretto da Marco Milanese, un settore di
circa 300 m2 sul versante orientale della collina, visibile dalla strada che da
Cartagine (la capitale dell’Africa
Proconsularis) si dirigeva verso Sicca
Veneria (la capitale dell’Africa Nova
fra il 44 ed il 36 a.C.)[15]. Le
indagini si sono concentrate sulla porzione settentrionale del complesso
monumentale ed hanno interessato l’area del portico e tre ambienti che si
affacciavano su questo lato della piazza, nonché parte della piazza stessa,
destrutturata già in età vandala con l’impianto di alcuni opifici all’interno
degli edifici pubblici, e successivamente in età islamica, con la costruzione
di ambienti abitativi che hanno profondamente modificato l’assetto urbanistico
dell’area[16].
Integrando i dati archeologici con quelli epigrafici è ora possibile definire
le diverse fasi di vita dell’area, probabilmente realizzata intorno alla fine I
secolo con un parziale taglio e spianamento della collina; importanti restauri
furono condotti già al tempo di Marco Aurelio; nel 207 furono ridefiniti gli
aspetti urbanistici del complesso, con il restauro della porticus che parzialmente andò ad obliterare alcuni edifici
preesistenti (ma non il capitolium);
lo spazio non aveva ancora perduto le sue caratteristiche pubbliche durante il
IV secolo e fu abbandonato dopo il 378; i monumenti furono spoliati ed i
materiali furono reimpiegati in strutture produttive “private”, realizzate
durante il V secolo nella parte Nord-Ovest, creando nuovi ambienti con murature
e tramezzi in argilla; ad oriente il nuovo complesso fu protetto da un potente
muro; nella parte Nord-est del portico furono impiantati un frantoio per la
produzione dell’olio ed un magazzino per la sua conservazione; dopo un incendio
che accadde alla metà del VI secolo, la vita nel foro continuò ma in modo più
dimesso, gli spazi abitativi si restrinsero e l’oleificio fu trasformato in una
calcara. L’area fu abbandonata agli inizi del VII secolo e fu rioccupata da una
comunità islamica solo durante il X secolo e solo nella parte nord-occidentale,
che vi realizzò un’abitazione simile a quelle ritrovate nella “cittadella” (infra) mentre a Sud furono innalzate
strutture leggere per gli animali e per altre attività domestiche[17].
2.
la cittadella islamica, sullo sperone occidentale della collina, a controllo della
strada ancora impiegata dagli esploratori francesi nel XIX secolo. Lo scavo è
stato diretto da Sauro Gelichi e Marco Milanese; le indagini compiute fra il
1995 ed il 2001 hanno portato in luce diversi ambienti abitativi, racchiusi da
un recinto murario erroneamente identificato in passato come “cittadella
bizantina”; questi edifici sfruttavano le precedenti strutture bizantine,
vandale e romane. Il lavoro compiuto è divenuto negli anni un progetto pilota,
un invidiato modello scientifico che ha chiarito alcune modalità del passaggio
fra fase classica e fase islamica nei centri abitati[18].
3.
i frantoi, lo scavo dei quali è stato
diretto da Cinzia Vismara, sorti ai margini della città, in quartieri un tempo
abitativi, successivamente destrutturati per impiantarvi degli oleifici. Gli
impianti produttivi spesso rimpiegano elementi architettonici di monumenti di
età classica, secondo una prassi ben documentata in Africa. Un censimento degli
oleifici ha permesso di notare l’esiguo numero di elementi lapidei relativi
alla prima fase di lavorazione (snocciolamento delle olive)[19]
e di datare gli impianti all’età vandala; la ricerca si è concentrata in
seguito su tre aree poste sul versante occidentale della collina[20].
4.
il sistema viario meridionale della colonia, le cui indagini sono
state dirette dapprima da Giampiero Pianu e successivamente da Mustapha Khanoussi.
I lavori, iniziati nel 1999, hanno permesso di ipotizzare un’arteria stradale
che univa i due archi edificati nella parte meridionale della collina:
Ø
l’arco piccolo, ad un fornice e di tipologia molto semplice, costruito al
momento della fondazione della colonia nel
230 come dimostra l’iscrizione dedicatoria[21]
nella zona presso il c.d. “santuario di Esculapio”. L’arco fu edificato su
un’area pubblica di incerta definizione (come dimostrano i lacerti di mosaico
forse di II secolo secati dalle fondazioni del pilone occidentale); al
monumento furono addossate in età islamica alcune strutture (ma è probabile che
ancora in età vandalo-bizantina l’arco avesse mantenuto l’originaria funzione
di passaggio, come forse dimostrerebbero dei graffiti sui blocchi della faccia
interna del pilone orientale, raffigurante un kantharos verosimilmente
di età tarda ed una scacchiera): alla fase araba si datano una dukkana (addossata alla parte interna
del pilone Est) ed un pozzo realizzato sul ciglio della strada;
Ø
l’arco grande, presso l’estremità sud-occidentale del sito, oltre il circuito
delle mura bizantine, in piena area di necropoli, a ca. 250 m dall’arco piccolo
e sul margine nord-orientale della pista seguita dai viaggiatori
dell’Ottocento. Anche questo monumento è a un fornice ma ha un apparato
decorativo assai più articolato del precedente[22]: la
tipologia è confrontabile con quella di alcuni edifici della stessa classe
realizzati da Settimio Severo (193-211) in Africa; il monumento fu forse
edificato al tempo di Gordiano III (238-244). I lavori prevedono un restauro
completo;
Ø
la porta bizantina, individuata presso l’arco piccolo. Realizzata in contemporanea
alla fortificazione della città (infra)
anche con materiali di spoglio asportati dagli edifici pubblici (una situazione
edilizia identica a quella delle mura stesse), la porta era tangente una più
antica ed ampia via basolata; è probabile che il percorso della strada abbia
determinato una parte del perimetro murario esterno di Uchi Maius; sul basolato è visibile una canaletta per lo scolo
delle acque piovane.
5.
le mura bizantine, l’indagine delle quali fu diretta da Mansour Ghaki. I sondaggi
hanno incontestabilmente provato che le mura che circondavano tutta la collina
di Henchir ed Douâmis non furono realizzate in età numida (come forse si poteva
dedurre dalle fonti letterarie ed epigrafiche) bensì in età bizantina,
nell’ambito di un vasto processo di fortificazione dei centri abitati che
interessò tutte le città dell’Africa alla vigilia dell’invasione araba.
6.
la basilica paleocristiana, il cui scavo è stato diretto da Raimondo Zucca e Pier Giorgio
Spanu. La presenza di una comunità cristiana ad Uchi Maius era attestata sia da rare fonti epigrafiche sia dal
ricordo nelle fonti letterarie di un’ecclesia
cathedralis tra gli inizi del V e la metà del VII secolo[23].
L’edificio absidato fu individuato già nel 1994 nella parte meridionale della
collina, sopra le grandi cisterne, in un’area dove erano stati rinvenuti
diversi indizi di una presenza cristiana e nella quale è possibile notare una
continuità cultuale dall’età numida a quella moderna[24].
I lavori iniziati nell’ottobre 2000 hanno posto in luce una pavimentazione
musiva, un’aula longitudinale divisa forse in cinque navate (con colonne di
spoglio, provenienti dagli edifici pubblici e privati della città pagana ed
ornate con capitelli di età classica, anch’essi di spoglio), un’abside
inscritta entro un muro rettilineo, con pareti rivestite forse di mosaici; si
notano tracce di una suddivisione interna fra zona presbiteriale e coro; presso
la seconda navatella destra è stato recuperato un medaglione di stucco,
decorato in antico da tessere musive, in cui si rappresenta una colomba
sormontata da una croce. L’aula ebbe almeno due fasi di pavimentazione; la vita
dell’edificio si pone fra fine del IV secolo e la seconda metà del V-inizio VI
secolo, il suo abbandono sembra contemporaneo alla ruralizzazione dell’ambito
urbano di Uchi Maius (supra). La ripresa di un insediamento
organizzato potrebbe ascriversi ad età aghlabide, forse con la costruzione di
una moschea (individuabile nell’odierno marabout),
che comportò l’apertura di profonde fosse per lo spoglio dei materiali
architettonici e strutturali della basilica, che vennero reimpiegati
nell’edificio sacro islamico[25].
7.
le terme, sul versante meridionale
della collina, all’esterno delle mura. Iniziati nell’ottobre 2001, gli scavi
diretti da Alessandro Teatini hanno interessato una struttura provvista di due
absidi contrapposte, realizzata in opera cementizia e conservata in altezza per
circa tre metri[26].
La tipologia dei mosaici e le caratteristiche architettoniche insieme ai
ritrovamenti ceramici suggeriscono (ma i dati devono essere ancora pubblicati)
una cronologia compresa fra la prima metà del IV secolo e l’età bizantina; non
c’è alcun elemento per supporre una continuità d’uso dell’edificio durante il
medioevo islamico: la struttura, evidentemente poco appetibile per la sua
sfavorevole posizione extra moenia,
risulta sigillata da un crollo alla fine del VII secolo. Si potrebbe supporre
che l'impianto termale sia stato trasformato in un edificio cristiano dai
Bizantini[27].
8.
l’anfiteatro, il cui scavo è diretto da Alessandro Teatini, nella parte
nord-orientale della città, all’esterno della cinta muraria bizantina, presso
l’Oued Bou Zaroura. L’edificio, la cui struttura “a compartimenti” (dimensioni
59 x 48 m ca) si addossa alla collina con la parte sud-occidentale della cavea,
è impostato a Nord su terreno pianeggiante, con un muro costituito da un nucleo
cementizio con doppio paramento di blocchetti in calcare. Della struttura
sussiste attualmente soltanto il tratto di muro suddetto ma sul terreno è
ancora visibile la sagoma dell’intero edificio[28]. Il
monumento fu verosimilmente realizzato nella prima metà del III secolo d.C. e
venne abbandonato al più tardi in età bizantina, forse già nel V secolo[29].
9.
la ricerca epigrafica diretta da
Attilio Mastino e Mustapha Khanoussi, con la collaborazione di Raimondo Zucca e
Paola Ruggeri, Zeïneb Benzina Ben
Abdallah e Azedine Beschaouch e dei loro allievi italiani e tunisini. Le oltre
450 iscrizioni rinvenute durante le campagne di scavo sono state catalogate,
studiate, restaurate dall’équipe di ricerca e hanno fornito interessanti novità
sull’evoluzione giuridica della città di Uchi
Maius, sui culti, sui monumenti, sulla società nelle diverse epoche,
importante elemento di confronto con altre realtà del territorio. Il rilievo e
la restituzione grafica di ogni singola iscrizione è stato affidato a Salvatore
Ganga, la riproduzione fotografica è opera di Carlo Marras; per la
catalogazione è stato utilizzato il programma informatico PETRAE (messo a punto
dal Centre Ausonius dell’Université Michel de Montaigne di Bordeaux), grazie al
quale è possibile un trattamento elettronico dei testi, una ricerca automatica
di tutti i dati intrinseci ed estrinseci dell’iscrizione, la realizzazione di
indici tematici e filologici costantemente aggiornabili[30].
Le indagini in corso hanno consentito tra l’altro la
localizzazione di Uchi Minus, circa 6
km a valle dell’Oued Arkou, in località Henchir el Khima, ed hanno permesso di
analizzare l’evoluzione culturale ed istituzionale di alcuni centri vicini (Thibursicum Bure, Numlulis, Agbia) grazie
allo studio delle iscrizioni e alle prospezioni archeologiche condotte sui siti
dalle differenti équipes
italo-tunisine.
* * *
Nel 1994 anche l’Università di Cagliari ha sottoscritto un
protocollo quadro con l’Institut National du Patrimoine di Tunisi per una
cooperazione scientifica, cominciata nel 1995, ad Uthina (nei pressi dell’odierna Oudhna in Tunisia, circa 30 km
dalla capitale), diretta da Giovanna Sotgiu sino al 1999 e successivamente da
Antonio Maria Corda per la parte italiana, da Habib Ben Hassen per la parte
tunisina.
L’accordo prevede lo scavo archeologico, l’analisi e la
valorizzazione di una porzione di circa un ettaro della città tra il Capitolium e le cosiddette Grandi Terme,
un edificio di estremo interesse realizzato nel momento di massimo splendore,
alla metà del II secolo d.C.; sono inoltre iniziate le indagini (tese allo
studio e alla conservazione del monumento) su un tratto dell’acquedotto,
costruito fra la sorgente sui monti di Zaghouan e Cartagine ed il cui tracciato
attraversava la pertica della colonia di Uthina.
La città è situata nella valle del Fahs, alle spalle dell’Oued
Miliane, in una regione a vocazione cerealicola ed intensamente urbanizzata sin
dall’età punica. La colonia fu
fondata da Ottaviano nell’ambito di un progetto economico, politico e militare
volto ad inserire in regioni fertili e non molto distanti dal mare consistenti
nuclei di veterani (in questo caso provenienti dalla legione XIII): in questo
modo da una parte i soldati venivano premiati per la lunga ferma con
appezzamenti di terreno dal valore superiore alla media, dall’altra venivano
indirettamente impegnati nella protezione della colonia Iulia Concordia Karthago (capitale della provincia) da
possibili attacchi indigeni[31]. Per
ragioni ignote Adriano ordinò di ampliare la popolazione locale, forse
immettendo nella colonia dei peregrini[32].
La città, nel suo momento di massima espansione, occupò un’area di
ben 165 ha; raggiunse grande splendore fra il principato di Adriano e l’età dei
Severi tanto da diventare una delle comunità urbane più importanti dell’Africa
romana e di conseguenza dell’impero: ne sono testimoni i grandiosi monumenti
ancora visibili nel perimetro urbano, i mosaici policromi figurati esposti nel
Museo del Bardo a Tunisi, l’abbondanza di reperti marmorei, gli straordinari
manufatti fittili che, sparsi per tutto il Mediterraneo, qualificano Uthina come uno dei principali centri di
produzione della ceramica fine da mensa (la sigillata D, nata proprio nella banlieu di Cartagine alla fine del III
secolo ed esportata in tutto il Mediterraneo fra il III ed il VII secolo)[33].
La missione congiunta del Dipartimento di Scienze Archeologiche e
storico-artistiche dell’Università di Cagliari e dell’Institut National du
Patrimoine di Tunisi ha condotto fra il 1995 ed il 2003 numerose campagne sul
sito (con più interventi nel corso dell’anno ed un impegno sul terreno
variabile fra una settimana e due mesi consecutivi) con la partecipazione sia
di folti gruppi di studiosi e studenti sia di piccole équipes di specialisti nelle varie discipline che partecipano alla
ricerca, per compiere sul campo analisi e per reperire campioni da studiare nei
laboratori italiani. I lavori sono stati
finanziati dalla Regione Autonoma della Sardegna (anni 1996-2003)[34];
i fondi sono in parte confluiti nella realizzazione del progetto “Aqua 2000”, e soprattutto nel progetto “Il turismo culturale in Tunisia: meccanismi
di crescita, problematiche territoriali e potenzialità economiche. Il caso del
Parco Archeologico di Uthina”
(responsabile Giovanni Sistu, Facoltà di Giurisprudenza e Scienze politiche),
del Ministero degli Affari Esteri (1999-2003 il progetto pilota AQUA 2000 - Scavo, edizione, conservazione e
valorizzazione di un’area urbana della città romana di Uthina-Oudhna, Tunisia; nel 2002 il progetto annuale Cura Aquarum – Progetto di salvaguardia e conservazione di un tratto
dell’acquedotto di Cartagine. I Anno: dalla diagnosi all’elaborazione di un
protocollo di intervento”).
Nella stesura del protocollo, accanto al binomio “ricerca e
formazione”, si è sottolineata la volontà di operare a Uthina con prospettive allargate rispetto all’indagine
storico-archeologica tradizionale, mutuando metodi e schemi dalla ricerca
applicata tipica dei settori di confine. Si è dunque puntato a realizzare
progetti di alto livello che consentano di effettuare ricerche capaci di
sondare tutte le opportunità conoscitive del sito e che permettano di sfruttare
le sue potenzialità culturali, in vista di una ricaduta economica sul
territorio. Si sono quindi istituite fruttuose collaborazioni con vari
dipartimenti dell’Università di Cagliari (Ricerche economiche e sociali,
Ingegneria Chimica e Materiali, Ingegneria del territorio, sez. Geofisica) con
quello di Scienze della Terra dell’Università di Roma “La Sapienza” e il
L.A.M.A. (Dipartimento di Storia dell’Architettura dell’Università di Venezia),
con l’Istituto di geoingegneria e geologia ambientale (già Centro studi
geominerari e mineralurgici) del CNR - sez. di Cagliari, con l’Agence de Mise
en Valeur du Patrimoine (Ministero della Cultura di Tunisi), con il
Dipartimento di Geografia dell’Università de La Mannouba – Tunisi, con l’Office
National du Tourisme di Tunisi; si sono aperte qualificate collaborazioni con
archeologi provenienti dalle Soprintendenze di Roma, Cagliari e Oristano; si è
sfruttata la competenza di tecnici provenienti da affermati studi professionali
isolani. Sono stati coinvolti oltre 120 studenti italiani e tunisini di vario
livello (dal primo al terzo ciclo di formazione), con periodici stages sul campo e nei laboratori,
impegnati ad approfondire i differenti segmenti della ricerca; sono state
assegnate borse di studio (5 studenti italiani e 5 studenti tunisini),
contratti di formazione collegati alla ricerca, 2 assegni di ricerca, 15
contratti di collaborazione o consulenza scientifica destinati a giovani
professionisti.
In questo quadro generale sono state così sviluppate, in quasi
dieci anni di lavoro, tutte le tematiche legate al bene culturale: dallo scavo,
allo studio di tecniche innovative di rappresentazione della documentazione di
scavo, dalle ricerche archeometriche alle tecniche di consolidamento delle
strutture murarie con protocolli di restauro specificamente studiati per il sito,
dall’analisi delle problematiche relative alla gestione del bene culturale, al
concorso nella creazione di un parco archeologico tra i più grandi del
Mediterraneo. Una piattaforma GIS ha permesso di analizzare e gestire in
maniera unitaria i differenti dati: al momento questa contiene non solo le
informazioni relative allo scavo ma anche la documentazione (cartografia raster
e vettoriale, immagini telerilevate ecc.) relativa ad un’area ben più ampia.
Ø
Lo scavo archeologico ha interessato un tratto
di un acquedotto urbano, un’infrastruttura usualmente non studiata. L’indagine
si è concentrata su un lembo dell’insediamento di età medievale che obliterava
le fasi romane, in un’area attiva fra I secolo ed età islamica senza soluzione
di continuità; sono state compiute analisi archeometriche sulla ceramica e
prospezioni sulle georisorse del territorio circostante; si è proceduto alla
mappatura dell’attuale situazione ambientale. Lo studio delle malte e dei
materiali lapidei, unito alle prove tecnologiche sul degrado dei ruderi, hanno
permesso di approntare un’inedita strategia di restauro basata su materiali
reperibili in loco. Sono state condotte numerose indagini nei laboratori
degli atenei di Cagliari, Roma, Venezia.
Ø
Nel 2002 il gruppo di ricerca italo-tunisino ha gestito un progetto
relativo al monitoraggio dell’acquedotto di Cartagine, denominato “Cura
Aquarum”. Parallelamente è iniziato uno studio sulle dinamiche d’uso del territorio (valle dell’Oued Miliane), sulla
geomorfologia e sul remote-sensing.
Ø
Le ricerche effettuate sulle dinamiche del
turismo culturale, condotte sul campo mediante interviste e analisi dei dati,
hanno prodotto interessanti risultati che sono stati acquisiti ed utilizzati
per la pianificazione delle iniziative di promozione del parco archeologico da
parte del ministero tunisino competente.
Ø
L’équipe
cagliaritana ha infine ricevuto l’incarico di progettare e realizzare un museo
collocato all’interno del Capitolium cittadino,
destinato ad accogliere i reperti più significativi portati in luce non solo
dalla missione italo-tunisina ma anche dagli altri gruppi di lavoro che
attualmente o in passato hanno operato a Uthina.
* * *
L’Università di Cagliari e con l’Institut National des Sciences de
l’Archéologie e du Patrimoine di Rabat hanno stipulato nel 2002 un protocollo
di accordo per iniziare una campagna di prospezione geofisica della città di Volubilis,
attuale Ksar Pharaoum, presso il villaggio di Oualili[35]
in Mauretania Tingitana, finalizzata principalmente al ritrovamento
degli edifici di spettacolo della comunità urbana e delle infrastrutture
idrauliche, sotto la direzione di Gaetano Ranieri per la parte italiana e di
Aomar Akerraz per la parte marocchina.
Situata 80 km a Sud-est di Banasa
e 125 km ad Ovest di Sala, su un
tavolato di forma triangolare, che s’innalza a circa 400 m di altezza, in una
regione pianeggiante e molto fertile, Volubilis, frequentata sin
dall’età Neolitica, era probabilmente una delle regge dei re della Mauretania
occidentale ed in seguito una delle sedi stagionali del procuratore
provinciale; la città era divenuta municipium
civium Romanorum con Claudio, in seguito alla rivolta di Edemone[36]
mentre non è certa la sua promozione a colonia.
Le importanti emergenze monumentali[37]
avevano attirato l’attenzione degli archeologi francesi sin dall’Ottocento. Le
indagini dell’équipe marocchino-italiana (composta da archeologi,
ingegneri e tecnici), con l’ausilio dei dati forniti dagli esami magnetometrici
compiuti con il georadar, dalle tomografie elettriche e dalla fotografia aerea,
opportunamente elaborati al computer, hanno riguardato un settore della città
non ancora interessato dagli scavi, ai limiti dei quartieri abitativi, presso
la cosiddetta “porta di Tangeri”, ed hanno permesso di individuare, sepolte
sotto una decina di metri di terra di dilavamento, le strutture dell’anfiteatro
del quale non si aveva notizia alcuna e sulla cui esistenza gli studiosi
avevano in passato dubitato[38].
Gli importanti risultati raggiunti a Volubilis hanno spinto
gli stessi Gaetano Ranieri e Aomar Akerraz a programmare per i prossimi anni
delle indagini sui siti di Azib Slaoui[39],
agglomerato che vide una continuità abitativa dall’età campaniforme (circa 1500
a.C.) sino al XII secolo d.C., a El Mdanna e a el Mers, insediamenti di natura
militare, probabilmente degli accampamenti di truppe ausiliarie, ubicati nella
piana dell’Oued Loukkos[40]. Il
nuovo progetto prevede anche un parallelo intervento degli archeologici, per verificare
sul terreno i dati forniti dalle analisi geofisiche e dalle elaborazioni
compiute in laboratorio.
* * *
La positiva esperienza tunisina ha convinto nel marzo 2003
l’Università di Sassari a stringere un accordo con l’Institut National des
Sciences de l’Archéologie e du Patrimoine di Rabat e l’Université Hassan II di
Mohammedia (Marocco), per iniziare una serie di campagne di scavo a Lixus, sotto la direzione di Aomar
Akerraz, Ahmed Siraj, Pier Giorgio Spanu, Raimondo Zucca.
Il progetto in questo caso si propone non lo scavo di un’intera
città ma la ricerca del forum di Lixus, «città (fondata) dai Fenici»
sull’Atlantico secondo lo Pseudo Scilace (un portolano del VI sec. a.C.), ben
nota ai geografi antichi ed infine trasformata in colonia da Claudio[41], al
momento della creazione della provincia di Mauretania
Tingitana dopo la rivolta di Edemone[42]. Le
indagini mirano a porre in luce gli edifici caratteristici che delimitavano i fora,
sfruttando anche l’esperienza maturata a Henchir ed Douâmis: il tempio della
triade capitolina, il tempio dedicato al culto imperiale, la basilica
giudiziaria, la curia per le riunioni
dei decurioni della colonia, l’erario cittadino, il carcere, e, forse il tempio
della divinità poliadica.
Le indagini si propongono di coniugare una sofisticata indagine
archeologica con il restauro delle emergenze monumentali e la formazione di
studenti italiani e marocchini: un primo trattamento delle foto aeree del sito
e delle prospezioni geofisiche e archeologiche, coordinate dal gruppo di lavoro
di Gaetano Ranieri (Dipartimento di Ingegneria del Territorio, Università di
Cagliari) nel marzo 2003, hanno consentito la definizione di due possibili
ubicazioni dell’area forense, sulle quali si è concentrata l’attività di scavo
dell’équipe marocchino–italiana: la
prima, più probabile, a monte del teatro-anfiteatro, presso la c.d. Basilica,
forse un edificio monumentale del complesso forense; la seconda nella piana
presso il porto sull’Oued Lukkos. In quest’area sono stati individuati due ambienti
semipogei, dotati di un corridoio che disimpegna loculi per deposizioni
singole. Si tratta di due columbaria del I-II secolo d.C., che
definiscono l’area urbana di Lixus. All’esterno potremmo ipotizzare lo
stanziamento della cohors prima Herculea,
attestata nella Notitia Dignitatum,
un documento redatto verosimilmente dalla cancelleria imperiale durante il
dominato di Teodosio II (408-450), momento in cui Lixus divenne un avamposto sulla frontiera della provincia, a
difesa dai berberi[43].
* * *
Formazione significa anche conoscenza diretta (da parte di
studenti e studiosi) del territorio nelle sue evidenze antiche e nelle sue
peculiarità moderne. L’Università di Sassari ha quindi organizzato, durante le
varie campagne, numerose escursioni, coordinate da docenti e dottorandi di
archeologia e storia romana ed aperte a giovani italiani e tunisini, tese
all’analisi delle città antiche della Tunisia, delle strategie poste in essere
per la conservazione e fruizione dei monumenti e nello stesso tempo mirate alla
comprensione di realtà sociali, economiche e culturali differenti da quelle
della Sardegna. È opportuno ricordare che durante la campagna 2001, qualche
settimana dopo l’11 settembre, gli studenti sassaresi e tunisini, impegnati ad
Henchir ed Douâmis (nonostante la grande tensione politica internazionale) e
guidati da Attilio Mastino e Alessandro Teatini, hanno avuto il privilegio di
salutare e dialogare con il Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio
Ciampi, in visita a Cartagine, sull’acropoli della Byrsa, in occasione
dell’inaugurazione di una mostra allestita nell’ex cattedrale di San Luigi
dall’Ambasciata Italiana a Tunisi, inaugurata il 30 ottobre di quell’anno. In
quell’occasione il Ministro della Cultura Abdelbaki Hermassi ha espresso parole
di apprezzamento per la cooperazione archeologica italiana ed europea in
Tunisia e per lo sforzo che docenti ed allievi profondevano per la distensione
del clima e per la nascita di rapporti improntati alla cordialità e
all’amicizia.
Negli anni sono stati proposti inoltre agli studenti dei viaggi di
istruzione volti ad approfondire la conoscenza del Maghreb, frutto della
collaborazione fra i docenti di Storia Romana, Epigrafia Latina, Archeologia
delle Province Romane della Facolta di Magistero e poi di Lettere e Filosofia
dell’ateneo sassarese[44].
L’ultima di queste escursioni, curata da Attilio Mastino e
Alessandro Teatini, finanziata in parte grazie ai fondi dell’Ente Regionale per
il diritto allo Studio Universitario ed in parte pagata dagli studenti stessi,
si è svolta nell’ottobre-novembre 2003. L’itinerario si è snodato dal Nord al
Sud della Tunisia, abbandonando i canonici itinerari del turismo archeologico
per privilegiare località più difficilmente raggiungibili ma non meno
interessanti: Avitta Bibba, Abthugnos,
Limisa, Agger, Sufetula, Cillium, Ammaedara, Thala, Thelepte, Tisavar, Pheradi
Maius, Siagu. Dalla valle del Fahs alla Numidia Proconsolare, dalle
montagne della Thusca alle Alte
Steppe, dal deserto della Tripolitania
al Byzacium, alla penisola del Capo
Bon, la strategia seguita è stata la solita sperimentata durante le brevi gite
di istruzione che spezzano periodicamente i ritmi di una campagna di scavo:
dopo un’introduzione storica generale ed un inquadramento archeologico presentato
dai docenti, gli studenti hanno illustrato i singoli monumenti, coinvolgendo
nel dibattito i colleghi e stimolando un costante approfondimento della
materia.
I risultati sono stati anche in questo caso eccellenti, con
ricadute importanti sulla didattica e sulle conoscenze generali di una nazione
che in questi anni ha ospitato le diverse équipes
di studiosi sassaresi impegnate negli scavi a Henchir ed Douâmis.
Sembra doveroso ricordare infine il viaggio di studio compiuto nel
maggio 2003 da Attilio Mastino e Raimondo Zucca in Libia, fra Tripolitania e
Cyreniaca, visitando le opulente città di Tripoli-Oea e Sabratha,
i monumenti di Lepcis Magna (la patria dell’imperatore Settimio
Severo, il senatore africano che in età giovanile svolse parte della sua carriera
amministrativa in Sardegna), la villa di Silin con i suoi splendidi mosaici,
Bengasi-Berenice, Cyrene.
Si è già
accennato al fatto che una delle perle dell’attività “africana” dell’Università
di Sassari, consuntivo di ricerche passate e volano per iniziative in campo
scientifico, è rappresentata dai Convegni Internazionali su “L’Africa Romana”,
ormai giunti alla XV edizione e divenuti uno degli appuntamenti più
significativi nel panorama scientifico delle discipline storiche, archeologiche
ed epigrafiche: attualmente sono tra i principali incontri legati alla storia e
alla romanizzazione dell’Africa settentrionale[45].
La prima edizione si volse a Sassari fra il 16 ed il 17 dicembre
1983, curata da un gruppo di studiosi coordinati da Attilio Mastino e promossa
da Marcel Le Glay, Segretario generale dell’Association International
d’Épigraphie Grecque et Latine, che ne garantì il patrocinio per tutte le
edizioni successive. In quel primo incontro furono discussi i diversi aspetti
della romanizzazione dell’Africa settentrionale e sin da allora si pose
programmaticamente al centro degli interessi del convegno lo studio delle
radici, dei fenomeni di conservazione e di sopravvivenza, della vitalità dell’esperienza
libico-punica e della ricchezza della vita religiosa, del fecondo sincretismo
tra una vivace tradizione precedente e la cultura romana. Da allora, dapprima
con cadenza annuale (1983-1992) poi biennale (1994-2002), tradizionalmente
collocato nella settimana precedente il Natale, il convegno su “L’Africa
Romana” ha affrontato i temi più disparati, accomunati dall’interesse per la
Sardegna e l’Africa: dalle relazioni tra i due mondi in età romana (1984), alla
documentazione epigrafica ed alla storia delle province romane del Maghreb
(1985), all’epigrafia e la storia (1986-1987), all’età tardo-antica (1988),
alle persistenze indigene e sopravvivenze puniche nell'Africa settentrionale ed
in Sardegna in età romana (1989), all’economia e società in età imperiale
(1990), alle nuove scoperte epigrafiche (1991), alle trasformazioni dello
spazio urbano (1992), alla scienza e alle tecniche nel Mediterraneo classico
(1994), all’organizzazione dello spazio rurale (1996), a geografi, viaggiatori,
militari che hanno contribuito allo sviluppo delle conoscenze sul Maghreb
(1998), allo spazio marittimo nel Mediterraneo occidentale in età romana
(2000).
La terza, la sesta, la quattordicesima
edizione del Convegno si sono svolte sotto l’Alto Patronato del Presidente della
Repubblica; nel 1988, 1996 è stato concesso il patronato del Ministero degli
Affari Esteri; l’edizione del 1994, tenutasi a Cartagine, è stata promossa
d’intesa con il Centro Internazionale di Storia dello Spazio e del Tempo
(CISST) di Brugine (PD), con l’Istituto di Studi e Programmi per il
Mediterraneo (ISPROM) di Sassari e con l’aiuto economico della Regione Sardegna
(Assessorato alla Cultura e alla Pubblica Istruzione). Piace sottolineare il
fatto che l’organizzazione della manifestazione fra il 1994 ed il 2002 si è
avvalsa della preziosa collaborazione dell’Institut National du Patrimoine di
Tunisi.
Il crescente numero di partecipanti (ormai
stabilizzatosi attorno ad alcune centinaia di studiosi per manifestazione)[46]
ha spinto gli organizzatori a prolungare la durata del Convegno dai due giorni
originari (1983), a tre giorni (1984-1996) ed infine 4 giorni (dal giovedì alla
domenica: 1998-2002). Negli anni alla tradizionale sede sassarese si sono
sostituite Cagliari (1987, 1990), Nuoro e Orosei (1991), Oristano (1992),
Cartagine (1994), Olbia (1996), Djerba (1998), Tozeur (2002): questa scelta
mira a rendere partecipi delle nuove scoperte il maggior numero di studiosi,
spesso di diversa estrazione culturale, punta a toccare con mano realtà locali
meno note per capire a fondo la specificità delle problematiche storiche,
geografiche, economiche, culturali di un territorio; la decisione di tenere
all’estero alcune edizioni della manifestazione nasce dal desiderio di
coinvolgere nel dibattito i giovani di differenti nazionalità, nel tentativo di
creare una comune coscienza-conoscenza “mediterranea” che superi gli steccati
linguistici ed ideologici.
La XV edizione del convegno, organizzato dal
Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari e dal Centro di Studi
Interdisciplinari sulle Province Romane, è stata ospitata, per la terza volta
in Tunisia, dal 12 al 15 dicembre 2002, nell’oasi di Tozeur, l’antica Thusuros, ai limiti nord-occidentali
dello Chott el Djérid (il Lacus Tritonis).
La manifestazione, dal titolo “Ai confini
dell’impero: contatti, scambi, conflitti”, si proponeva di analizzare i
contatti fra mondo romano e mondo indigeno lungo il limes africano e di incentivare gli studi su un settore spesso
trascurato dagli studiosi.
Il convegno è stato articolato in quattro
sessioni, per un totale di 138 relazioni, alle quali sono seguiti ampi
dibattiti:
a)
“Ai confini dell’impero:
contatti, scambi, conflitti”: 49 comunicazioni;
b)
“Relazioni del Nord Africa
con le altre province”: 31 comunicazioni;
c)
“Nuovi ritrovamenti
epigrafici”: 23 comunicazioni;
d)
“Aspetti generali,
istituzionali, storici”: 35 comunicazioni.
Le relazioni hanno riguardato il deserto, il limes, le fortificazioni, le popolazioni: i contatti, gli scambi ed
i conflitti; particolare rilievo hanno avuto le nuove scoperte epigrafiche, i
progressi dell’attività archeologica, la sintesi dei dati acquisiti negli anni
passati; gli interventi si sono soffermati su novità, puntualizzazioni
cronologiche e hanno aperto originali campi di indagine su argomenti talvolta
negletti.
La definizione di limes,
il “confine” dei Romani[47], è
da tempo oggetto di un dibattito fra gli studiosi che si occupano di politica,
esercito, economia, antropologia, geografia, culture: per alcuni è una linea di
demarcazione tra popoli fra loro in conflitto[48], per
altri un punto privilegiato di incontro fra genti che trovavano nel rapporto
con mondi differenti un elemento necessario alla sopravvivenza[49].
Le relazioni si sono soffermate sui processi di romanizzazione
lungo il confine, inteso come una realtà variegata ed influenzata da differenti
fattori, con evidenti specificità regionali:
1.
la particolare situazione della Mauretania Tingitana, ai limiti
occidentali dell’Africa, provincia caratterizzata dalla prevalenza dei piccoli
insediamenti rurali (i vici o le fattorie) abitate dagli indigeni e
dipendenti da pochi agglomerati urbani[50], un
territorio esposto al contatto non sempre pacifico con le popolazioni del Rif e
del deserto e dunque soggetto al controllo di una fitta rete di castella e turres, controllati da numerosi reparti militari[51];
2.
l’organizzazione del limes operata da Settimio Severo in Mauretania Caesariensis, la costruzione
di una strada (la nova praetentura) che
permetteva rapidi collegamenti da Est verso Ovest e che costituiva anche un
baluardo alla penetrazione berbera verso le opulente città della costa[52];
la nascita di praesidia di frontiera
e di oppida e canabae, sorti sulle terre imperiali sottratte alle tribù nomadi e
protagonisti di un intenso processo di romanizzazione teso allo sfruttamento
delle risorse agricole[53] (non
va scordato che in tutta la provincia insediamenti urbani, tribù e soldati
coesistettero a lungo: molti berberi usavano tecniche e strumenti romani ma
continuavano a non risiedere nelle città e a non seguire i mores italici[54]);
3.
la differente organizzazione della Numidia Militana, nella parte orientale
ed in tutta la regione a Nord-est dei Nementcha, nella piana del Guert dominata
dai praedia imperiali nei quali, solo
in età tarda, si assiste alla formazione di agglomerati urbani autonomi[55];
nella parte occidentale dell’Aurès con piccole comunità amministrate da magistri e grandi insediamenti
coloniali, con latifondi privati, di non grandi dimensioni ma molto attivi fra
l’età severiana ed il principato dei due Filippi[56]. Le
ricerche hanno evidenziato come la creazione di una provincia autonoma con
Settimio Severo e l’ampliamento smisurato verso oriente ed occidente del limes comportarono in questo settore
l’abbandono definitivo della prudente politica adrianea e portarono ad una
progressiva perdita del controllo sul territorio, anche in seguito al
temporaneo allontanamento della legione III Augusta da Lambaesis fra il principato di Gordiano III e quello di Valeriano[57];
4.
la situazione della Tripolitania, il cui limite meridionale era rappresentato
dall’isoipsa dei 150 mm di pioggia annui (il cosiddetto “pre-deserto”), il
minimo indispensabile alla coltivazione dell’olivo, l’unica vera, grande ed insostituibile
risorsa economica della regione[58]. Le difficoltà climatiche hanno sempre
limitato le indagini in questa parte dell’Africa. I nuovi dati presentati al
Congresso hanno confermato la presenza di insediamenti di medie e piccole
dimensioni lungo la costa, di grandi villae
padronali di gusto italico[59], di
fattorie fortificate (i gsur) e di canabae presso gli accampamenti nelle
regioni interne; nel pre-deserto alle terre destinate all’agricoltura si
alternavano zone dedite alla pastorizia[60].
Ai lavori di Tozeur hanno preso parte oltre 250 studiosi,
provenienti da 12 paesi (Tunisia, Marocco, Algeria, Libia, Francia, Spagna,
Svizzera, Germania, Gran Bretagna, Finlandia, Stati Uniti, Italia, quest’ultima
rappresentata da venti Università). Nei vivaci dibattiti seguiti
all’esposizione delle relazioni si sono confrontate esperienze e sensibilità
diverse e, elemento non meno importante, si sono misurate generazioni
differenti di esperti nelle tematiche africane; si è sottolineata l’importanza
della salvaguardia dei beni culturali, l’impegno profuso dalle istituzioni
nella tutela dei monumenti archeologici, la cooperazione delle differenti
branche della scienza per preservare un patrimonio altrimenti destinato ad
essere perduto per abbandono e degrado. Sono stati presentati numerosi volumi,
italiani e francesi relativi al mondo magno-greco, punico e romano, su
problematiche sociali, epigrafiche, istituzionali, archeologiche: fra questi
meritano particolare attenzione gli Atti del XIV convegno de “L’Africa Romana”
curato da Mustapha Khanoussi, Paola Ruggeri e Cinzia Vismara per le edizioni
Carocci di Roma.
La XVI edizione del Convegno, che si terrà a Rabat in Marocco tra
il 15 ed il 19 dicembre 2004, sarà dedicata al tema “Mobilità delle persone e dei popoli, emigrazioni ed immigrazioni nelle
province occidentali dell’impero romano” e sarà curata dal Dipartimento di
Storia e dal Centro di Studi Interdisciplinari sulle Province Romane
dell’Università degli Studi di Sassari, dall’Université Hassan II di Mohammedia
e dall’Institut National des Sciences de l’Archéologie et du Patrimoine di
Rabat, con il patrocinio dell’Association Internationale d’Épigraphie Grecque
et Latine, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministère des Affaires
Etrangères e del Ministère de la Culture di Rabat, dell’Istituto di Studi e
Programmi per il Mediterraneo di Sassari, con la collaborazione del Ministero
degli Affari Esteri, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca, dell’Istituto Italiano per l’Africa e per l’Oriente, della Regione
Autonoma della Sardegna e della Fondazione Banco di Sardegna. Durante il
convegno si tratterà di un tema ancora attuale quale la mobilità delle persone
da e verso l’Africa, le popolazioni rurali ed il nomadismo, i contatti, gli
scambi ed i conflitti durante l’età antica e medioevale.
* * *
Accanto alle Università delle Sardegna operano in Africa altri
atenei italiani che, sull’esempio delle esperienze sarde e grazie al contributo
del MAE, hanno intrapreso proficue collaborazioni con il mondo maghrebino.
Nel tentativo di coordinare i vari sforzi, di fare il punto dei
risultati ottenuti, di tracciare un percorso per futuri interventi che tengano
conto delle esigenze scientifiche e della salvaguardia dei monumenti,
l’Institut National du Patrimoine di Tunisi e l’Ambasciata d’Italia a Tunisi
hanno organizzato a Tunisi il 10-11 maggio 2002 una rencontre italo-tunisienne dal titolo Uomo, Territorio e Ambiente, nell’ambito del Mois du Patrimoine. Nella prestigiosa e suggestiva sede
dell’Institut, i rappresentanti delle missioni italiane che operano in Tunisia
si sono riuniti per fare il punto sulla cooperazione italo-tunisina e sulle
comuni attività di scavo e di ricerca, hanno esposto i risultati scientifici
raggiunti, hanno messo a punto prospettive sia nell’ambito della ricerca sia
nell’ambito della salvaguardia e della fruizione dei monumenti.
Durante la manifestazione, presieduta dal Direttore dell’Institut
National du Patrimoine Boubaker Ben Fraj e dal prorettore dell’Università degli
Studi di Sassari, Attilio Mastino, corredata da una mostra fotografica e da una
visita guidata ad alcuni siti (oggetto di indagine da parte degli atenei
italiani), hanno giocato un ruolo centrale le università di Sassari e Cagliari
che hanno proposto il loro modello di cooperazione ed i risultati ottenuti in
questi anni, grazie ad una lunga esperienze sul campo.
* * *
Nel febbraio del 2004 il presidente della Repubblica, Carlo
Azeglio Ciampi, ha inaugurato ad Oristano la mostra archeologica su Eracle-Melqart nel Mediterraneo occidentale,
tra Sardegna, Gades (Spagna) e Lixus (Marocco),
organizzata nell’Antiquarium Arborense
da Raimondo Zucca e Pier Giorgio Spanu (Università degli Studi di Sassari). La
mostra si propone di illustrare, attraverso la diffusione del culto di una
divinità orientale (cara ai Greci e ai Fenici e le cui tracce sono evidenti nei
miti delle origini sulla Sardegna e nel culto del Sardus Pater piumato di Antas), le rotte commerciali che i marinai
dell’antichità seguivano dall’Egeo allo stretto di Gibilterra, lungo le coste
della penisola iberica, dell’Africa e della Sardegna, tappa intermedia fra
Oriente ed Occidente[61].
All’interno della manifestazione un convegno (26-28 marzo 2004) organizzato sempre
da Raimondo Zucca e Pier Giorgio Spanu, ha visto la partecipazione di studiosi
di chiara fama nazionale ed internazionale. La mostra si sposterà in autunno in
Spagna (a Cadice) ed a dicembre in Marocco (a Rabat), in occasione del XVI
Convegno su L’Africa Romana.
* * *
La cooperazione nel settore archeologico è stata al centro di una
Giornata di Studio promossa dall’Università degli Studi di Cagliari dal titolo:
Progetto Uthina. Dieci anni di
cooperazione con l’Institut National du Patrimoine di Tunisi (1994-2004),
il 26 febbraio 2004, organizzata e coordinata da Antonio Maria Corda, con la
partecipazione di numerosi studiosi italiani e tunisini.
Durante la manifestazione, nella quale è stato presentato un
CD-Rom che comprende parte del materiale pubblicato negli anni passati, si è
fatto il punto sull’avanzamento delle articolate ed innovative ricerche
condotte ad Uthina dalle équipes italo-maghrebine. L’incontro ha
evidenziato il contributo sinergico dei vari Dipartimenti coinvolti, le
originali analisi compiute, la miscela produttiva di ricerca di base e ricerca
applicata. Le varie relazioni hanno posto in luce i risultati dello scavo
archeologico, dello studio sulla ceramica, dell’analisi territoriale e
ambientale, delle indagini archeometriche su ceramica e marmi, l’evoluzione del
“Turismo Culturale” in Tunisia, i progressi delle prospezioni geoarcheologiche
e geofisiche, delle tecniche e dei materiali impiegati nella conservazione dei
monumenti, dell’informatizzazione dei dati.
* * *
I fruttuosi rapporti non solo di lavoro ma anche umani fra
Sardegna e Tunisia hanno avuto un loro concreto attestato in alcune iniziative
significative. In occasione della giornata conclusiva del XV Convegno de
“L’Africa Romana” (Tozeur, 15 dicembre 2002) Mohammed Béji Ben Mami, Vice
Presidente dell’Unione degli storici arabi (Ittihad
al-Mu’arrihin al-Arab), direttore generale dell’Institut National du
Patrimoine della Tunisia ha consegnato ad Attilio Mastino l’alta “Onorificenza
dello storico arabo” (Wisan al-Mu’arrih
al-arabi) con medaglia d’oro, tangibile riconoscimento dell’amicizia e
dell’affetto che legano ormai da tempo gli studiosi tunisini a quelli sardi e
dell’impegno che lo stesso Mastino ed i suoi collaboratori spendono per la
conoscenza dell’Africa antica e per la cooperazione con il mondo islamico.
A sua volta Attilio Mastino, in qualità di prorettore
dell’Università degli Studi di Sassari, durante la Journée Nationale de la
Culture (28 maggio 2003), ha consegnato al capo dello Stato tunisino,
Presidente Zine El Abidine Ben Ali, la medaglia dell’Eccellenza dell’Università
degli Studi di Sassari in omaggio alla politica di avanguardia tenuta dalla
Tunisia in questi anni in campo culturale ed in particolare nella salvaguardia
del patrimonio, con un apporto considerevole allo studio e alla fruizione dei
monumenti. Come sottolineato dallo stesso Mastino, la medaglia vuole
sottolineare la gratitudine del mondo accademico isolano verso la Tunisia ed
insieme riconoscere il lavoro degli archeologi tunisini nella salvaguardia,
nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio storico ed archeologico.
Oltre ai risultati scientifici, ad un costante e fruttuoso flusso
di informazioni, ad una fitta rete di relazioni umane intrecciatesi fra le sponde
del Mediterraneo, l’esperienza dei convegni sull’Africa romana ha avuto
indirettamente il merito di portare alla creazione di una ricca biblioteca
tematica nel Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari, dove giunge
incessantemente la maggior parte dei recenti lavori sull’Africa (tangibile
segno di riconoscenza scientifica che gli studiosi nutrono verso
l’istituzione), fondo che idealmente si collega a quello prezioso creato a suo
tempo da Giovanna Sotgiu nella Facoltà di Lettere di Cagliari (ed ora ampliato
dai suoi allievi); alla Biblioteca del Dipartimento di Storia sono stati
inoltre generosamente donati il Fondo Giancarlo Susini, oltre 1000 volumi e
4000 estratti, e nel corso del 2003 il Fondo Sabatino Moscati (grazie
all’interessamento di Piero Bartoloni, allievo dell’insigne studioso), miniere
di informazioni sull’età antica in generale e sulla storia d’Africa e Sardegna
in particolare.
* * *
L’Ateneo sassarese ha istituito nel 1990 il “Centro di studi
interdisciplinari sulle province romane”[62],
ormai punto di riferimento per la cooperazione scientifica internazionale. La
Commissione Scientifica, altamente qualificata, è infatti composta da studiosi
isolani e di altre università italiane e straniere; si è inoltre favorito il
collegamento tra docenti e ricercatori che, pur in ambiti disciplinari ed
istituzionali diversi, si dedicano ai vari aspetti del mondo antico.
Attraverso il Centro, è stato possibile creare dei nuclei di
ricerca incentrati sullo studio delle Province Romane e dell’Africa in
particolare, nel campo delle discipline
storico-archeologiche-filologiche-linguistiche. Obiettivo di queste équipes
è quello di identificare le specificità regionali e gli apporti originali che
le differenti realtà nazionali e locali hanno espresso all’interno dell’impero
romano; si è puntato con successo a stimolare quelle analisi interdisciplinari
che sole permettono di sondare ed interpretare compiutamente le peculiarità
locali di una cultura ecumenica come quella di Roma, gli apporti del centro
alla periferia e gli influssi della periferia verso il centro. Negli anni sono
state quindi messe in risalto le caratteristiche delle diverse provinciae,
le articolazioni locali ed il contributo delle singole aree alla nascita
dell’impero; si è tentato, infine, di valorizzare il Mediterraneo come spazio
di contatto, di cooperazione, di integrazione fra popoli differenti.
* * *
Gli atti dei
convegni su “L’Africa Romana” sono stati pubblicati nella Collana del
Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari (voll. 1-15) e in quella del
Centro di Studi Interdisciplinari delle Province Romane (voll. 8-15). I volumi
1-9 sono stati curati personalmente da Attilio Mastino; il volume 10 è curato
dallo stesso Mastino e da Paola Ruggeri; i volumi 11-14 da Mustapha Khanoussi,
Paola Ruggeri, Cinzia Vismara (ulteriore testimonianza di una fattiva
cooperazione fra l’isola ed il mondo arabo); il volume 10 è stato corredato da
preziosi indici decennali curati da Paolo Melis, Paola Ruggeri, Esmeralda Ughi.
Si tratta di una consistente produzione scientifica (1097
articoli, dei quali 595 scritti in lingua italiana, 342 in francese, 98 in
spagnolo, 33 in inglese, 22 in tedesco) strumento imprescindibile per qualsiasi
ricerca sulle province Maghreb e sulla Sardegna (di queste due realtà
geo-politiche si occupano specificatamente il 56% ed il 19% degli interventi).
Il tema privilegiato dai relatori è rappresentato dall’urbanistica,
l’architettura, la storia dell’arte (20% dei lavori), l’epigrafia e
l’onomastica (16%), l’economia (14%), seguiti da argomenti di carattere
geografico e militare (13%), amministrativo, politico, sociale (13%). L’arco
cronologico privilegiato è rappresentato dal tardo impero (30% degli articoli),
ma sono trattati anche l’alto impero (18%), l’età preromana (preistoria e
protostoria, età fenicio-punica, colonizzazione greca, regni indigeni: 17% dei
lavori), l’età repubblicana (14%), il medioevo (11%), l’età post-medioevale
(10%)[63].
Da questi pochi dati è facile intuire che gli Atti del Convegno
“L’Africa Romana” rappresentano ormai una vetrina privilegiata, nella quale è
possibile osservare i progressi degli studi sul mondo antico e medioevale
attraverso il contributo di affermati maestri della disciplina[64]
e di giovani ricercatori provenienti dall’Europa, dall’Africa (ed in
particolare dal Maghreb), dall’Asia e dalle Americhe[65].
Le migliaia di pagine degli Atti sono diventate il forum nel quale dibattere attuali tematiche, proporre nuovi fronti
di ricerca, esporre gli spunti più innovativi ed il progresso degli studi.
* * *
La collana delle Pubblicazioni del Dipartimento di Storia
dell’Università di Sassari e del Centro di Studi Interdisciplinari delle
Province Romane ospita numerosi volumi di approfondimento legati al mondo
africano. In questa sede ricordiamo:
- G. Brizzi, Carcopino, Cartagine e altri scritti
(1989)
- J.-P. Laporte, Rapidum. Le camp de la cohorte des Sardes en Maurétanie Césarienne (1989)
- M. Christol - A. Magioncalda, Studi
sui procuratori delle due Mauretaniae (1989)
- Uchi Maius, 1, Scavi e ricerche epigrafiche in Tunisia, a
cura di A. Mastino e M. Khanoussi (1997)
- P. Ruggeri,
Africa ipsa parens illa Sardiniae. Studi
di storia antica e di epigrafia (1999)
- P. Salama, Les bornes milliaires du territoire de Tipasa (Maurétanie Césarienne) (2002).
Sono infine in corso di stampa i volumi:
- R. Zucca, Insulae
maris nostri
- R. Zucca, Sufetes Africae et Sardiniae
- Uchi Maius, 2, collana diretta da M. Khanoussi e A. Mastino, a cura di C.
Vismara (dedicato agli impianti produttivi della città)
- Uchi Maius, 3, collana diretta da M. Khanoussi e A. Mastino, a cura di A.
Ibba e M. Abid (catalogo
delle iscrizioni).
Il Dipartimento di Storia ha inoltre contribuito alla
stampa di una serie di altri volumi di argomento africano, tra i quali il
pregevole S. Aounallah, Le Cap Bon, jardin de Carthage. Recherches d’épigraphie et d’histoire
romano-africaines (146 a.C.-235 p.C.), De Boccard, Bordeaux 2001.
Nel maggio 2002 è stato pubblicato il volume Uomo, Territorio, Ambiente. La cooperazione italo-tunisina nel settore
archeologico, curato da A. M. Corda (Università degli studi di Cagliari),
in margine al convegno dal medesimo nome, svoltosi a Tunisi[66]:
il lavoro permette di fare il punto sulle ricerche condotte dalle differenti
università italiane in Tunisia, evidenziandone caratteristiche, risultati,
obiettivi.
Sempre nel maggio 2002 è stato pubblicato il volume Scavi archeologici ad Uthina (1995-2001). Rapporto preliminare dell’attività di ricerca dell’Institut
National du Patrimoine di Tunisi e dell’Università di Cagliari, Italia. 1. Lo
scavo e le ricerche in corso a cura di G.
Sotgiu, H. Ben Hassen, A. M. Corda, incentrato sulle attività “africane”
condotte dall’ateneo cagliaritano e sui primi risultati ottenuti. Un secondo
volume è stato preannunciato nel febbraio 2004 e conterrà i risultati delle
ultime campagne di scavo e gli sviluppi delle ricerche nei diversi campi.
Accanto a questi volumi si pongono decine di articoli pubblicati
dai vari membri italiani, marocchini, tunisini delle équipes di ricerca operanti a Lixus, Uchi Maius, Uthina,
Volubilis, lavori che hanno illustrato singoli aspetti dell’Africa e dei
siti oggetto della cooperazione fra i due atenei isolani e le istituzioni
maghrebine. Piace ricordare in questa sede la raccolta Uchi Maius tardo antica e islamica. Miscellanea di studi 1997/2002,
a cura di M. Milanese, Pisa 2003.
* * *
L’intensa attività nel Maghreb ha suggerito ai due atenei degli
approfondimenti su tematiche specifiche nella cornice delle tesi di laurea e
dottorali assegnate negli anni dai vari docenti di Storia Romana, Epigrafia
Latina, Archeologia delle Province.
L’interesse delle università sarde verso queste tematiche era
stato occasionale sino agli anni Settanta, quando ancora una volta Giovanna
Sotgiu propose ai suoi allievi cagliaritani una serie di indagini incentrate
sulle principali città dell’Africa, programma di lavoro che nel 1997 fu
finalizzato nel progetto “Città africane, dossiers di epigrafia latina”,
presentato nella cornice dell’XI Congresso Internazionale di Epigrafia Greca
e Latina (Roma, 18-24 settembre 1997), mirato alla riedizione del corpus delle iscrizioni latine rinvenute
sul territorio della moderna Tunisia e alla creazione di un agile strumento di
insieme sull’epigrafia di una determinata area geografica[67].
Nello stesso periodo Attilio Mastino, Raimondo Zucca, Cinzia
Vismara e Paola Ruggeri (Università degli Studi di Sassari), Franco Porrà,
Marcella Bonello Lai, Antonio Corda (Università degli Studi di Cagliari)[68]
hanno proposto ai loro allievi una serie di temi di approfondimento su alcuni
aspetti specifici della vita politica, religiosa, istituzionale del Maghreb in
età classica. Nello spirito della cooperazione vogliamo porre l’accento, infine,
sulle recenti tesi di laurea in Scienze politiche (relatore Giovanni Sistu,
Facoltà di Giurisprudenza e Scienze politiche, Università di Cagliari)[69]
ed Ingegneria civile (relatore Urlico Sanna, Facoltà di Ingegneria, Università
di Cagliari)[70],
dedicate a Uthina e al suo territorio, e la panoramica sui quindici
Convegni dell’Africa Romana (relatore Attilio Mastino, Facoltà di Lettere e
Filosofia, Università di Sassari), con la presentazione di progetti, lettere,
recensioni, fotografie inedite, estratti, filmati[71].
Sono ormai
numerose anche le tesi di dottorato, alcune già licenziate, altre in fase di
redazione: nella realizzazione di questi lavoro l’apporto del patrimonio
librario e delle conoscenze maturate sul campo dalle Università di Cagliari e
Sassari è stato determinante. Due tesi di dottorato in Ingegneria civile
(Università di Cagliari) concernono l’analisi delle malte e dei materiali
utilizzati nella costruzione degli edifici di età classica (con particolare
attenzione al caso Uthina), il loro
degrado, le interazioni fra la loro microstruttura e l’ambiente al fine di
proporre, nel restauro dei monumenti antichi, strategie efficaci e non
invasive, rispettose delle tecniche più antiche e funzionali alla conservazione
delle strutture. Sempre la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari ha
assegnato a Vincenzo Bagnolo una tesi di dottorato sulle tecniche di
documentazione e rappresentazione dei siti archeologici ed in primis
su Uthina (tutor Serafino Casu). Una tesi di dottorato (Archeologia
Medioevale; sede amministrativa: Università degli Studi di Siena) è stata
discussa nell’A.A. 2001-2002 da Marco Biagini, un allievo di Marco Milanese
(Università di Sassari)[72]: il
lavoro analizza le fasi della destrutturazione del foro di Uchi Maius, alla luce dei
dati emersi nel corso delle campagne di scavo, e le confronta con situazioni
analoghe documentate nel resto dell’Africa; nell’A.A. 2002-2003, presso
l’Università degli Studi di Padova, un allievo di Giampiero Pianu (Università
di Sassari), Massimo Casagrande, ha discusso una tesi incentrata sugli impianti
di adduzione delle acque di età romana noti in Tunisia[73];
Maria Busia ha discusso a Cagliari nell’A.A. 2001-2002 una tesi di dottorato
dal titolo Il culto della dea Caelestis
in Nord Africa (tutor Giovanna Sotgiu; dottorato “Storia, epigrafia ed
Archeologia della Sardegna e del Nord Africa in età romana e tardo antica”);
sta per essere discussa una tesi sugli insediamenti rurali della Numidia Militiana, censimento archeologico
ed epigrafico su una realtà poco nota del Maghreb (Danila Artizzu)[74]
ed una sul sistema idrico di Uchi Maius
(Monia Adili)[75].
Altri temi di ricerca sono stati rivolti nell’ambito del dottorato
“Il Mediterraneo in età classica: storia e culture” (sede amministrativa:
Università degli Studi di Sassari; coordinatore: Attilio Mastino). Nel curriculum storico sono state discusse
nel 2002-2003 da Antonello Sanna una tesi dal titolo L’Africa severiana al tempo di Settimio Severo nella RWMAIKH
ISTORIA relativa alla visione storiografica che delle
province africane aveva Dione Cassio, che in queste svolse parte della sua
carriera politica (tutor Paola Ruggeri), e da Antonio Ibba una tesi dal titolo Promozioni municipali in Africa fra la Constitutio
Antoniniana e la Tetrarchia (212-284
d.C.), sui cambiamenti di statuto delle comunità più romanizzate
dell’Africa, in una fase in cui tutte le istituzioni sarebbero dovute divenire
omogenee (tutor Attilio Mastino). Sono in fase di elaborazione una tesi che
analizza i pagi della Numidia Cirtensis e la loro evoluzione
storica e politica (Teresa Cucca), una sull’evergetismo in Africa
Proconsularis fra il I secolo ed il IV secolo (Esmeralda Ughi) e nel curriculum archeologico uno studio
dell’anfiteatro di Uchi Maius confrontato
con gli edifici della stessa tipologia noti in Tunisia (Fabrizio Delussu),
un’analisi dei materiali edilizi impiegati nell’antichità (con particolare
riferimento alle malte) noti attraverso le fonti letterarie e confrontati con
gli esempi riscontrabili nel sito di Uthina
(Antonello Greco).
* * *
La decennale esperienza maturata in Africa ha portato i due atenei
a collaborare per la realizzazione di un progetto di ricerca internazionale dal
titolo “Alfabetizzazione, comunicazione e
trasmissione della parola scritta nel Mediterraneo occidentale. Dall’epigrafia
classica a quella medioevale: corpus delle iscrizioni greche, romane,
cristiane, medievali della Sardegna e della Tunisia” e mirato alla
realizzazione di un sistema informativo epigrafico incentrato sulle iscrizioni
della Sardegna e della Tunisia (Uthina,
Agbia, Numlulis, Uchi Maius), consultabile in rete. Il
progetto, che verrà realizzato negli anni 2003-2005 è stato finanziato dal MIUR
in base all’art. 8 del programma FIRB (Fondi Integrati per la Ricerca di Base)
e coinvolge 6 unità di ricerca autonome, coordinate da Attilio Mastino
(Dipartimento di Storia, Università degli Studi di Sassari), e diverse
istituzioni (il Centro di studi geominarari e mineralurgici del CNR di
Cagliari; il Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico-artistiche
dell’Università di Cagliari, il Dipartimento di Architettura dello stesso
ateneo, il Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa); sono
previste consulenze di studiosi di fama internazionale e l’assegnazione di
alcuni assegni di ricerca su argomenti specifici, inerenti le differenti
branche del progetto.
Il programma di ricerca è stato concepito in modo da favorire la
piena sinergia fra le diverse competenze ed una pianificazione organica del
lavoro; si propone l’acquisizione completa della documentazione dagli archivi
esistenti, la trascrizione ed il commento testuale su supporto informatico dei
testi, la realizzazione di analisi archeometriche, stereoscopiche, geografiche,
la creazione di una banca dati informatica di semplice accesso che contenga
tutti i dati raccolti durante l’attività di ricerca.
Ci si propone di definire un processo standard applicabile al
rilievo archeologico specifico per l’epigrafia, in base alle nuove esigenze della
disciplina. L’obiettivo principale è quello di creare un sistema informativo
che consenta un nuovo tipo di approccio al materiale epigrafico e che vada al
di là del tradizionale supporto librario e fotografico; ci si propone di creare
una banca dati che interagisca con l’utente, che possa essere facilmente
aggiornata e che risponda al maggior numero possibile di interrogativi.
Attraverso l’impiego di tecniche di disegno CAD in 2D e 3D si mira
a proporre una rappresentazione originale dell’iscrizione e del supporto
epigrafico e a trasformare i dati cartacei (fotografie e disegni esistenti) in
dati informatizzati, usando scanner e digitalizzazione mediante tavoletta
grafica; il sistema GIS prevede invece la collocazione spaziale delle epigrafi
e di definire l’ubicazione georeferenziata; si intendono applicare linguaggi
informatici di nuova generazione (per esempio XML), capaci di agevolare
l’immagazzinamento dei dati e la loro fruizione a distanza. Nella banca dati
sono così presenti non solo i “calchi” elettronici in modello 3D delle
iscrizioni note ma anche i risultati di tutte le analisi epigrafiche, storiche,
archeologiche sui manufatti finora rinvenuti.
* * *
La costante frequentazione delle problematiche storiche,
economiche, sociali, culturali della Sardegna e del Maghreb ha spinto Attilio
Mastino a radunare un gruppo di studiosi molto qualificati in campo nazionale
ed internazionale, provenienti anche da settori scientifici fra loro
differenti, allo scopo di verificare se i dati ricavabili sulle due sponde del
Mediterraneo sono fra loro comparabili.
Ne è scaturito un programma di ricerca dal titolo Processi di acculturazione e dinamiche di
trasformazione socio-culturale tra Sardegna e Maghreb dall’antichità al
Medioevo, coordinato dallo stesso Mastino e confinanziato per gli anni
2003-2004 dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (DM n.
21 del 20 febbraio 2003). Il progetto si propone di fondere variegate
esperienze, ponendo a confronto i dati ricavati da aree geograficamente e
culturalmente omogenee; l’attenzione delle varie unità operative (8) si
focalizza sui processi di acculturazione connessi con le fasi di transizione
comprese tra l'antichità e il medioevo: il passaggio dall'età fenicia a quella
punica, la romanizzazione, i mutamenti politici e culturali della tarda
antichità.
Nella realizzazione del programma vengono coinvolte diverse
istituzioni (il Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari, il
Dipartimento di Scienze del mondo antico dell’Università della Tuscia, il
Dipartimento di Storia Antica dell’Università degli Studi di Bologna, il
Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico Artistiche dell’Università di
Cagliari, il Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa). Le
singole unità operative indagano alcuni contesti specifici distribuiti tra
Sardegna (Nora, Torralba, Orune),
Africa Proconsolare (Zama Regia, Uchi Maius e Uthina in Tunisia) e Mauretania
Tingitana (Lixus in Marocco) nel
tentativo di verificare quali siano stati gli sviluppi peculiari delle città
antiche sia per quanto riguarda le evidenze archeologiche sia in relazione agli
assetti istituzionali; il progetto si prefigge di chiarire lo sviluppo dei
centri e dei loro territoria;
partendo dalle preesistenze puniche o numide, si pone particolare attenzione
allo sviluppo dei centri urbani in età romana fino agli esiti durante l’età
islamica; l’indagine mira inoltre a chiarire il retroterra economico di queste
città e la natura dell'insediamento umano nelle aree rurali, in rapporto sia
alle differenti fasi cronologiche, sia alla topografia generale nelle singole
regioni.
Come in altri progetti, accanto a ricerche di tipo “tradizionale”
nei settori dell’Archeologia Classica e Medievale, della Storia dell’Arte,
della Filologia, le indagini si avvalgono di sofisticate analisi archeometriche
sui materiali, del telerilievo su monumenti e territorio, di una banca dati
GIS, di analisi geofisiche, delle tomografie elettroniche in 3D; non manca
infine il coinvolgimento di professionisti (topografi, disegnatori, personale
extra-universitario di fama nazionale ed internazionale).
Le tesi di laurea di argomento africano
negli atenei di Cagliari e Sassari[76]
1956-1957
Maria Antonietta Asole, Le Diocesi Italiciana e Africana secondo
il Laterculus
Veronensis, (UNICA) rel. P. Meloni
1958-1959
Angela Bitti, La rivolta di Gildone, (UNICA) rel. P.
Meloni
1962-1963
Angela Passino, I trattati fra Roma e Cartagine fino al 278 A.C., (UNICA) rel. P. Meloni
1965-1966
Marilena Scano, Il culto imperiale
nell’Africa romana attraverso le iscrizioni, (UNICA) rel. G. Sotgiu
1968-1969
Anna Depperu, Le legioni romane d’Africa da Augusto a Diocleziano, (UNICA) rel. P. Meloni
1969-1970
Maria Francesca Steri, I reparti ausiliari nelle province romane
d’Africa, (UNICA) rel. G. Sotgiu
1973-1974
Loredana Amadori, Alcuni aspetti della città
di Thugga (Dougga) attraverso le iscrizioni, (UNICA) rel. G. Sotgiu
1974-1975
Alma Franca Loddo, Culti e divinità nell’Africa proconsolare
attraverso le iscrizioni dei primi tre secoli dell’impero, (UNICA) rel. G. Sotgiu
1975-1976
Maria Ignazia Tocco, Alcuni aspetti di Leptis Magna alla luce delle iscrizioni, (UNICA) rel. G. Sotgiu
Angela Zucca, Alcuni aspetti di Volubilis (Mauretania
Tingitana) alla luce
delle iscrizioni, (UNICA) rel. G. Sotgiu
Giovanna Raccimolo, Theveste romana attraverso le iscrizioni: alcuni
aspetti della vita cittadina, (UNICA) rel. G. Sotgiu
Angela Multinu, La città di Madauros attraverso le iscrizioni, (UNICA) rel. G. Sotgiu
1976-1977
Rosaria Congiu, Thuburbo Maius attraverso le iscrizioni, (UNICA) rel.
G. Sotgiu
1977-1978
Maria Adriana Altana, Sicca romana e i suoi castella attraverso le iscrizioni: alcuni
aspetti della vita cittadina, (UNICA) rel. G. Sotgiu
1978-1979
Andreina Garau, Alcuni aspetti della vita
della città di Lambaesis attraverso le testimonianze epigrafiche
(UNICA) rel. G. Sotgiu
1985-1986
Angela Serio, La politica di municipalizzazione nell’Africa Proconsolare
sotto gli ultimi Severi, (UNICA) rel. P. Meloni
Silvana Tumbarello, La politica di municipalizzazione nell’Africa Proconsolare sotto
Settimio Severo, (UNICA) rel. P. Meloni
1986-1987
Pina Maria Derudas, Mactar. Storia degli studi e
documentazione archeologica, (UNISS) rel. C. Vismara
1987-1988
Francesca Murgia, Volubilis: topografia e monumenti. Lo stato attuale della ricerca, (UNISS) rel. C. Vismara
Caterina Pes, Volubilis: Storia ed Istituzioni alla luce della
Documentazione Epigrafica, (UNISS) rel. A. Mastino
Antonio Pinna, Mactaris, istituzioni e
società di una città dell’Africa Proconsolare alla luce della documentazione
epigrafica, (UNISS) rel. A. Mastino
Mariangela Pisanu, Gigthis (Bu-Grara, Tunisia). Istituzioni, società, monumenti, (UNISS) rel. C. Vismara
1991-1992
Gabriella Tiziana Contu, La colonia c. R. Banasa (Mauretania
Tingitana) alla luce
della documentazione epigrafica, (UNISS) rel. A.
Mastino
1992-1993
Giovanna Artizzu, I Vandali in Africa ed in Sardegna, (UNICA) rel. A. Mastino
Stefania Frau, La guerra giugurtina,
(UNICA) rel. A. Mastino
Maria Lucia Manca, Le voyage archéologique dans la regenze de
Tunis de Victor Honoré Guérin,
(UNISS) rel. C. Vismara
1993-1994
Pier Paolo Farina, Guerra contro Giugurta: impressioni e profili
del “Bellum Iugurthinum” di Sallustio, (UNISS) rel. G.
Brizzi
Maria Romina Lai, Culti e divinità nella Dougga romana
attraverso i documenti epigrafici, (UNICA) rel. G.
Sotgiu
Maria Ilaria Mura, Testimonianze epigrafiche di culti
pagani e superstizioni a Hadrumetum durante l’epoca romana, (UNICA) rel. G. Sotgiu
Pier Paola Nieddu, La città di Sala (Rabat) in Mauretania
Caesariensis. Storia, istituzioni,
società, (UNISS) rel. C. Vismara
Maria Maddalena Piras, Da civitas indigena a colonia romana. Il progresso della romanizzazione di Mactaris attraverso le testimonianze epigrafiche, (UNICA) rel. G. Sotgiu
Rita Sanna, Programma informatico PETRAE: Colonia Mariana Augusta Alexandriana Uchitanorum Maiorum, (UNISS)
rel. A. Mastino
1994-1995
Corrado Branca, Culti, divinità, amministrazione nella Bulla Regia romana attraverso i documenti epigrafici, (UNICA) rel. G. Sotgiu
Maria Busia, Thuburbo Maius. I culti di epoca romana attraverso le
fonti epigrafiche, (UNICA) rel. G. Sotgiu
Manuela Dessì, Testimonianze epigrafiche della vita civile e religiosa a Thysdrus, (UNICA)
rel. G. Sotgiu
Sonia Di Biase, La ricerca epigrafica in Tunisia
(1973/1995): le istituzioni cittadine, (UNICA) rel. A.
Mastino
Rita Esposito, La vita ad Utica in età romana attraverso le iscrizioni, (UNICA) rel. G. Sotgiu
Silvia Fadda, I Gordiani, (UNICA) rel. A.
Mastino
Salvatorica Ledda, Municipium Septimium Aurelianum
Antoninianum Alexandrianum Herculeum Frugiferum Thignica (Aïn Tounga – Tunisia). P.E.T.R.A.E.:
Catalogo delle iscrizioni latine, (UNISS) rel. A.
Mastino
Carla Liviabella, Simitthus: amministrazione e religione della città romana
attraverso le testimonianze epigrafiche, (UNICA) rel. G.
Sotgiu
Elisa Massima Monni, La ricerca epigrafica in Libia: la Tripolitania
(1973-1994), (UNICA) rel. A. Mastino
1995-1996
Vittoria Orrù, Municipium Iulium Aurelium Mustitanum (Hr. Mest): l’ordinamento municipale
di una città dell’Africa proconsolare di fondazione mariana, (UNICA) rel. G. Sotgiu
1996-1997
Licia Maria Parisi, Medda, Sua, Tuccabor, Uzali Sar (Tunisia): studi di epigrafia, (UNICA) rel. G. Sotgiu
Mariangela Sau, Le trasformazioni dell’urbanistica di Thuburbo Maius in età tardo
antica, (UNISS) rel. C. Vismara
1997-1998
Anna Paola Borea, Politica estera e interna di Roma dalla
strage di Cirta (112 a.C.) al 100 a.C., (UNICA) rel. M. Bonello Lai
Antonella Figus, La politica municipale di
Traiano nell’Africa proconsolare, (UNICA) rel. F. Porrà
Giusy Lopez, Porti e approdi nella Tunisia sotto l’impero
(materiale edito), (UNISS) rel. R. Zucca
Carla Merella, I territoria delle città dell’Africa Proconsolare
attraverso la documentazione epigrafica e letteraria, (UNISS) rel. R. Zucca
1998-1999
Anna Franca Boi, Economia e società nel Nord-Africa al
tempo delle rivolte di Firmo e Gildone, (UNISS) rel. P.
Ruggeri
Giuseppina Cossu, Documentazione letteraria ed epigrafia
dei conflitti sociali dell’Africa nel Basso Impero, (UNISS) rel. P. Ruggeri
Gavinetta Galzerino, Le sodalitates anfiteatrali nelle
province africane: testimonianze archeologiche ed epigrafiche, (UNISS) rel.
C. Vismara
1999-2000
Maria Pia Amadori, Insulae Africae e le rotte mediterranee connesse, (UNISS) rel. R. Zucca
Valeria Cherchi, Topografia ed etnografia delle città
africane in Apuleio, (UNISS) rel. R. Zucca
Teresa Cucca, I pagi nel nord Africa, (UNISS) rel. A. Mastino
Anna Maria Ledda, La politica municipale di Adriano
nell’Africa proconsolare, (UNICA) rel. F. Porrà
Alessandra Murolo, La politica agraria romana nel Nord-Africa.
Fonti letterarie ed epigrafiche, (UNISS) rel. P.
Ruggeri
Valentina Porcheddu, Municipium Numlulitanorum. Studi
sulle testimonianze epigrafiche ed archeologiche di una città dell’Africa Proconsularis,
(UNISS) rel. A. Mastino
2000-2001
Donatella Cherchi, Un pagus della colonia di Cartagine: Agbia. Ricerche archeologiche storiche ed epigrafiche in una città della
Tunisia, (UNISS) rel. A. Mastino
2001-2002
Andrea Marongiu, I miliari della regione di
Teboursouk (Tunisia), (UNISS) rel. R. Zucca
Roberto Spanu, Annibale, 200-183 a.C.
Roma ed il destino di un esule, (UNICA) rel. M. Bonello Lai
Maria Antonietta Ruiu, Altava. Storia ed istituzioni, (UNISS)
rel. A. Mastino
Manuela Simula, Lo sviluppo urbano di Thamugadi nella tarda antichità, (UNISS) rel. R.
Zucca
2002-2003
Corrado Carta, Massinissa tra la seconda e la terza guerra punica, (UNICA) rel. M. Bonello Lai
Giovanni Cazzona, La ricerca dell’Università di Sassari
nell’Africa romana (1983-2003),
(UNISS) rel. A. Mastino
Lisa Meloni, L’organizzazione vicanica nell’Africa romana, (UNISS) rel. P. Ruggeri
Giovanna Salis, Dal cartaceo al digitale: una banca
dati epigrafica sulle iscrizioni datate dell’Africa Proconsolare e della Byzacena, (UNICA)
rel. A. M. Corda
[1] Questo articolo si pone sul solco tracciato da analoghe rassegne
che hanno posto in evidenza l’intensa cooperazione scientifica fra Sardegna e
paesi del Maghreb dagli anni Ottanta sino ai giorni nostri; per tutti si
ricorderà in questa sede A. Mastino, L’Archeologia
italiana nel Maghreb e nei paesi del Mediterraneo occidentale, in Atti
dei Convegni dei Lincei nr. 137. Conferenza annuale della ricerca, Roma 21-25
ottobre 1996, Roma 1998, pp. 581-629. Un sentito rigraziamento va ai proff.
Attilio Mastino e Cinzia Vismara per aver discusso con lo scrivente
l’impostazione generale e particolare del lavoro e per i preziosi suggerimenti
forniti.
[2] Si veda da ultimo I. Didu, I Greci e la Sardegna. Il mito e la storia, Cagliari 2002, pp.
66-73.
[3] Dubbioso G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età
dei nuraghi, Torino 1988, pp. 264-265.
[4] G. Lilliu, La Sardegna e il mare durante l'età romana,
in L'Africa Romana, 8, Sassari 1991,
pp. 661-694 cfr. inoltre F. Lo Schiavo, I Sardi sul mare: le navicelle nuragiche,
in Mache, la battaglia del Mare Sardonio.
Studi e ricerche, Oristano 2000, pp. 117-134.
[5] Su queste problematiche cfr. per esempio A. Mastino, Le relazioni tra Africa e Sardegna in età romana: inventario
preliminare, in L’Africa Romana, 2, Sassari 1985, pp. 19-79
(articolo ripubblicato pressoché integralmente, ma con numerosi aggiornamenti
ed alcune rettifiche, in ASS, 38,
1995 pp.11-82); L. Pani Ermini, La Sardegna e l'Africa nel periodo vandalico. in L’Africa Romana, 2, Sassari 1985, pp. 105-122; F. Barreca, La civiltà
fenicio-punica in Sardegna, Sassari 1988, pp. 31-90; P. Meloni, La Sardegna romana, Sassari 1990, pp.
97-138, 155-187; 209-227; R. Turtas,
Rapporti fra Africa e Sardegna
nell'epistolario di Gregorio Magno in L’Africa
Romana, 9, Sassari 1992, pp. 691-710.
[6] La tesi è quella sostanzialmente sostenuta da H. Pirenne (Le città del Medioevo, Bari 1990, pp. 5-41) per spiegare la fine
del mondo classico ed il passaggio all’età medievale in Europa.
[7] Si veda in proposito A.
Mattone, La Sardegna nel mondo
mediterraneo, in L’età moderna dagli
Aragonesi alla fine del dominio spagnolo, Milano 1989, pp. 13-64; G. Livet, Le trasformazioni politiche dello spazio mediterraneo nel XVIII secolo
e la Sardegna, in L’età contemporanea
dal governo piemontese agli anni sessanta del nostro secolo, Milano 1990,
pp. 22-23.
[8] M. Clark, La storia politica e sociale (1847-1914),
in L’età contemporanea, cit., pp.
275-276; E. Braga, La forza della tradizione e i segni del
cambiamento: la storia economica (1820-1940), in ibid., p. 374.
[9] Per tutti R. Rebuffat, Où
étaient les Emporia ?, Semitica,
39.2, 1990, pp. 111-126: questa visione, recepita da gran parte della storiografia
latina, si basa su una concezione tipica del mondo punico in opposizione
all’espansione coloniale dei Greci. La stessa linea è alla base di opere
monumentali per la storia dell’Africa come St.
Gsell Histoire
ancienne de l’Afrique du Nord, Paris-1913-1928; voll. I-VIII, e P. Romanelli, Storia delle province romane dell'Africa, Roma 1959.
[10] Basti citare le tesi di laurea assegnate dallo stesso Meloni a Maria Antonietta Asole nell’Anno Accademico 1956-1957 (Le Diocesi Italiciana e Africana secondo il Laterculus Veronensis),
ad Angela Bitti nel 1958-1959 (La rivolta
di Gildone), ad Angela Passino nel 1962-1963 (I trattati fra Roma e Cartagine fino al 278 A.C.), ad Anna Depperu
nel 1968-1969 (Le legioni romane d’Africa
da Augusto a Diocleziano).
[11] Vale pena ricordare in questa sede due
contributi della studiosa sarda alle ricerche sull’Africa e alla collaborazione
con i paesi del Maghreb: Attività di
ricerca e di tutela del patrimonio archeologico e storico artistico della
Tunisia. Seminario di studi (Cagliari 7-11 aprile 1986), Cagliari 1991; Rapporti tra Sardegna e Tunisia dall’età
antica all’età moderna (Tunisi 10 gennaio 1994), Cagliari 1995. Entrambi i
lavori furono curati da Giovanna Sotgiu, promotrice ed animatrice di alcune
giornate di studio dedicate all’Africa e ai suoi rapporti con la Sardegna e
alle quali parteciparono numerosi studiosi tunisini ed italiani.
[12] J. Gascou,
La politique municipale de Rome en
Afrique du Nord. I. De la mort d'Auguste au début du III siècle, ANRW, II, 10.2, 1982, pp. 136-229; Idem, La politique municipale de Rome en Afrique du Nord. II. Après la mort
de Septime-Sévère, ANRW, II,
10.2, 1982, pp. 230-320; Idem, Les statuts des villes africaines: quelques
apports dus à des recherches récentes, in Itinéraire de Saintes à Dougga. Mélanges offerts à Louis Maurin.
Textes réunis par J.-P. Bost, J.-M. Roddaz et F. Tassaux, (Ausonius nr. 9) Bordeaux 2003, pp. 231-246.
[13] Una sintesi sulla comunità in Uchi
Maius 1, Scavi e ricerche epigrafiche
in Tunisia, a cura di M. Khanoussi e A. Mastino, Sassari 1997.
[14] Il contributo della Regione Sardegna è stato erogato in base del
art. 16 della L.R nr. 19 del 1996: Norme
in materia di cooperazione con i paesi in via di sviluppo e di collaborazione
internazionale.
[15] P.
Salama, Le milliaire
archaïque de Lorbeus, in Mélanges de Carthage offerts à Ch. Saumagne, L. Poinssot, M. Pinard (Byrsa,
10, 1964-1965), pp. 97-115.
[16] I lavori hanno posto in luce un lastricato di pianta rettangolare
(m 27,5 x 17,5), delimitato a Nord e a Sud da due porticati colonnati (con
pavimenti musivi) e da un muro sul lato Est, che sostenevano un architrave
recante una lunga iscrizione dedicatoria di età severiana: il testo è stato
parzialmente restituito da A. Mastino,
L'iscrizione monumentale del foro
severiano di Uchi Maius (CIL,
VIII, 26258), Epigraphica, 56,
1994, pp. 77-100; P. Ruggeri, La casa imperiale, in Uchi
Maius 1, cit., pp. 147-149; M. Khanoussi
– A. Mastino, Le nuove scoperte
epigrafiche nel foro della colonia di Uchi Maius (Africa Proconsolare), in Atti del XI Congresso Internazionale d’Epigrafia Greca e Latina (Roma, 18-24
settembre 1997), Roma 1999, pp. 749, 755, nrr. 11-12; Iidem, Nouvelles
découvertes archéologiques et épigraphiques à Uchi Maius (Henchir ed-Douâmis, Tunisie), CRAI, 2000, pp. 1297-1308. Sulla piazza erano state probabilmente collocate numerose basi di
statua, in seguito reimpiegate nei vari ambienti islamici, ed una base
destinata alla statua equestre di Settimio Severo; gli scavi hanno permesso di
individuare alcuni nuovi ambienti (curia
? lararium? capitolium? tempio dedicato al culto imperiale?) collocati sui lati
Nord ed Ovest, un ambiente quadrangolare sul vertice nord-occidentale della
piazza mentre è ancora da indagare la parte meridionale del foro,
verosimilmente luogo di passaggio dai quartieri abitativi al complesso
pubblico.
[17] Sulla piazza si veda ora S.
Gelichi – M. Milanese – M. Biagini, L’area
del foro, in Uomo, territorio,
ambiente. La cooperazione italo-tunisina nel settore archeologico,
Tunis-Cagliari-Sassari 2002, pp. 34-37; è ormai prossima la pubblicazione dei
dati di scavo.
[18] Le indagini si sono concentrate in due aree distinte, presso gli angoli
Est ed Ovest del lato meridionale della cittadella. Lo scavo degli ambienti
islamici (cronologia iniziale: X-XI secolo) ha chiarito numerosi aspetti
dell’organizzazione degli spazi abitativi delle case e dell’economia domestica,
rivelando la presenza di ambienti destinati al riposo (dukkana), forni per il pane (tabouna),
fosse per l’interramento di rifiuti e per la conservazione dei prodotti. Un
dato ormai evidente è che la sommità della città in epoca imperiale fosse
dotata di una serie di cisterne disposte in batteria lungo l’isoipsa
perimetrale del colle, forse il castellum
aquae della città cfr. in proposito S.
Gelichi, M. Milanese, M. Baldassarri, M. Fiori, Le ricerche archeologiche della “cittadella” fortificata di Uchi Maius, in Uomo, ambiente e territorio, cit., pp. 26-29. Anche in questo caso siamo
in attesa della pubblicazione dei dati di scavo.
[19] Non è improbabile in questo senso un’organizzazione della
produzione, con gli impianti cittadini destinati solo a ricevere un “prodotto
semilavorato”.
[20] Cfr. C. Vismara, I frantoi di Uchi Maius, in Uomo,
ambiente, territorio, cit., pp. 38-41: si ricorda in questa sede
la cosiddetta “area 24000”, un quartiere abitativo o destinato a funzioni pubbliche,
in cui furono inserite almeno 7 presse in batteria collegate ad un complesso
sistema di vasche e bacini di decantazione, un esempio probabilmente di
“produzione industriale dell’olio” (per dei confronti si rimanda a S. Ben Baaziz, Les huileries de la Tunisie antique, CT, 43, fasc. 155-156, 1991, pp.
39-63, per il quale simili impianti erano adibiti alla produzione di un surplus
destinato alla commercializzazione). L’area fu
abbandonata in età bizantina per impiantarvi un cimitero, una sorte condivisa
anche da altri impianti produttivi sulla collina; in una delle tombe è stato
ritrovato uno scheletro intatto con il suo corredo, costituito da alcuni monili
fra i quali spicca un anello d’argento a fascia che riportava verosimilmente il
nome della defunta, Generosa; alcuni elementi di uno dei frantoi
pertinenti la cosiddetta “area 25000” furono impiegati nella realizzazione
delle mura bizantine.
[21] G. Pianu – P. Ruggeri, Vectigalia civitatibus ad proprias fabricas deputavit. Severo Alessandro e il primo arco della
colonia di Uchi Maius alla luce di un
nuovo frammento della dedica (CIL, VIII,
26262), in Varia Epigraphica. Atti
del colloquio internazionale di Epigrafia, Bertinoro 8-18 giugno 2000, a cura di G. Angeli Bertinelli e A. Donati,
Faenza 2001, pp. 346-369; M. Khanoussi –
P. Ruggeri, Ad aeternum testimonium reciperatae
libertatis. La dédicace de l’arc de Sévère Alexandre à Uchi Maius à la lumière des fouilles d’octobre 2001, in L’Africa Romana, 14, Roma 2002, pp. 2335-2356. Del monumento sono visibili solo due piloni, fra i quali si può
ancora osservare la pavimentazione stradale, intatta.
[22] Sono visibili i resti del pilone nord-occidentale e buona parte
dell’alzato di quello sud orientale, con una nicchia, e moltissimi elementi
architettonici, attualmente sparsi intorno al monumento.
[23] La nascita di una sede vescovile in età tarda, forse gemmata
dalla diocesi di Thibaris, nota sin
dal 256, deve essere posta in rapporto con l’istituzione di nuove diocesi
ortodosse che precedette la conferenza cartaginese del 411, nel tentativo di
combattere l'istituzione di vescovati donatisti, ben testimoniata da Agostino
cfr. S. Lancel, Études sur la Numidie d'Hippone au temps de
Saint Augustin, MEFRA, 96, 1984,
pp. 1085-1113. Le fonti letterarie ricordano esplicitamente un episcopus per gli anni 411, 484, 646;
non sembra vi fosse una parallela comunità di Donatisti; su queste
problematiche si veda R. Zucca, Testimonianze
paleocristiane, in Uchi Maius 1, cit., pp. 345-346.
[24] Nell’area sono state rinvenute, infatti, una stele libica,
probabilmente connessa al culto, il tempio di Esculapio, la dedica a Cerere (?)
pudica (reimpiegata nelle strutture islamiche antistanti l’arco di
Severo Alessandro), l’iscrizione della gens
Extricata (un’associazione religiosa legata al mondo indigeno),
l’architrave forse dedicato alla misteriosa divinità M(---), nota anche nella vicina Thugga,
l’iscrizione funeraria di Basilius
fidelis (un cristiano battezzato), una mensola contrassegnata da una croce
ed un pilastrino in calcare, pertinente alla recinzione di un'area
presbiteriale, una moschea aghlabide sorta sulla basilica, la koubba araba di Sidi Mohamed Salah,
santo arabo ancora venerato dai tunisini della regione. Occorre osservare che
solo il tempio di Esculapio, il basilica e la moschea-koubba si trovano in situ mentre gli altri elementi
potrebbero essere stati qui portati in un momento successivo, anche da settori
molti distanti. Resta in ogni caso singolare la concentrazione di tutti questi
elementi cultuali in questo settore della città.
[25] Una sintesi in P. G. Spanu
- R. Zucca, La Basilica
paleocristiana di Uchi Maius,
in Uomo, ambiente, territorio, cit., pp. 46-50.
[26] Le indagini hanno portato in luce un triconco con ingresso a
Nord, di fronte all’abside centrale, e due fasi pavimentali (la più antica
consistente in un mosaico, la seconda in lastre in calcare, quando l’ambiente
aveva mutato funzione); in un angolo presso l’ingresso è stato trovato un
notevole accumulo di ceramica in frammenti spesso combacianti, riferibili alla
piena età bizantina; sul lato orientale l’ambiente si lega ad un vano circolare
del diametro di 5 m, con un ingresso ad Est: una vasca anche questa circolare
provvista, lungo il perimetro interno, di una banchina dello spessore di 40 cm,
con pavimento musivo policromo a decorazione vegetale. La vasca venne in
seguito utilizzata come semplice ambiente, mentre il mosaico continuava ad
essere in uso come piano pavimentale ma trasformando la struttura, che fu
divisa in due vani mediante un tramezzo murario ad andamento irregolare,
costruito in pietre legate con poca malta, in cui si ricavarono due nicchie,
una per ogni vano: nell’ambiente sono stati trovati parecchi frammenti ceramici
di età bizantina; lo spazio di risulta fra triconco e vasca circolare fu
utilizzato sempre in età bizantina come immondezzaio. La struttura si lega ad
oriente ad un ampio vano rettangolare, il cui soffitto era retto da poderosi
pilastri, con pavimento musivo risalente alla prima metà del IV secolo,
successivamente restaurato: il vano fu suddiviso in seguito in due ambienti.
Presso il limite occidentale della sala è stato rinvenuto un piccolo focolare,
impiantato sul mosaico: all’interno è stata ritrovata una lucerna databile fra
la metà del V e la fine del VII secolo.
[27] Una sintesi dei lavori ora nel sito www. provinceromane.it
[28] Le indagini condotte dall’ottobre 2001 hanno posto in luce nel
settore meridionale una ventina di blocchi distribuiti in tre filari,
corrispondenti ad un tratto della gradinata, realizzata in pietra locale; al di
sotto lo scavo ha liberato un lungo segmento di podio, con elevato di oltre 2 m
e con parete con intonaco rosso; nel settore Ovest i blocchi sono risultati
asportati, forse per la costruzione del vicino tratto delle mura bizantine: qui
lo scavo ha messo in luce alcune strutture murarie di sostruzione; nel settore
Nord è stato individuato uno degli ingressi all’arena, lungo l’asse minore, ed
un ambiente di servizio, conservato per 4 m di alzato sino all’imposta della
volta a botte perduta.
[29] Immagini e sintesi dei lavori ora nel sito www.
provinceromane.it
[30] Le iscrizioni stanno per essere
pubblicate in un catalogo con disegni e fotografie in un volume (Uchi Maius 3), al quale verrà allegato
un CD-Rom.
[31] Cfr. L. Teutsch,
Das Städtewesen in Nordafrika in
der Zeit von C. Gracchus bis zum Tode des Kaisers Augustus, Berlin 1962,
pp. 97-99, 160-162, 167-170. Su Uthina
e sul territorio circostante si rimanda al recente volume Oudhna (Uthina). La redécouverte d'une ville
antique de Tunisie. Études réunies
par H. Ben Hassen - L. Maurin, (Ausonius
nr. 2) Bordeaux - Paris - Tunis 1998; sull’estensione delle parcelle assegnate
ai veterani cfr. J. Peyras, Remarques sur les centuriations et les
cadastres de l'Afrique Proconsulaire, in De la terre au ciel. I, Paysages
et cadastres antiques. XIIe Stage international - Besançon 29-31 mars 1993,
M. Clavel-Lévêque, I. Jouffroy et A. Vignont edd., Paris 1994, pp. 234-235.
[32] J. Gascou,
La politique municipale de
l'Empire Romain en Afrique Proconsulaire de Trajan à Septime-Sévere, (Coll.
EFR nr. 8) Rome 1972, pp. 129-130. I nuovi coloni
potrebbero essere degli incolae o
degli indigeni che vivevano nelle comunità adtributae
alla colonia di Ottaviano.
[33] In generale rimando a A. Carandini, Pottery and the
African Economy, in Trade in the Ancient Economy, ed. by P.
Garnsey, K. Hopkins and C. R. Whittaker, London 1983, pp. 145-157; C. Panella, Le merci: produzioni, itinerari e destini, in Società romana ed impero tardoantico. Vol.
III, Le merci, gli
insediamenti, a cura di A.
Giardina, Bari 1986, pp. 432-442, 445-446.
[34] In particolare su fondi art. 16 L.R. nr. 19 e in piccola parte su
progetti formativi legati alla L.R. nr. 43.
[35] Sulla città sono ancora degni di attenzione l’articolo di M. Euzennat, RE, IX, A, 1, 1961, coll. 865-873, le pagine di L. Chatelain, Le Maroc Romain. Étude sur les centres
antiques de la Maurétanie Occidentale, Paris 1944, pp. 139-250 ed il volume
di R. Thouvenot, Volubilis,
Paris 1949; fra i lavori recenti si ricorderà M.
Euzennat, Le Limes de
Tingitane. La frontière méridionale, Paris 1989, pp. 201-210; A.
Akerraz – É. Lenoir Volubilis et
son territoire au Ier siècle de notre ère, in L'Afrique dans l'Occident romain (Ier siècle av. J. C. -
IVe siècle ap. J. C.). Actes du Colloque organisé par l'École française de Rome
sous le patronage de l'INAA de Tunis (Rome, 3-5 décembre 1987), (Coll. EFR
nr. 134) Rome 1990, pp. 213-229.
[36] J. Gascou,
La succession des bona vacantia et les tribus romaines de Volubilis, AntAfr,
12, 1978, pp. 109-124; Idem, Sur
une inscription de Volubilis, AntAfr, 28, 1992, pp. 133-138.
[37] La città era dotata di mura già durante il I secolo, ampliate poi
nel 168-169 sino a racchiudere una superficie di 40 ettari: in questa fase
furono edificate le ricche domus patrizie nel quartiere Nord-Est,
caratteristiche di questa comunità provinciale. Sono noti inoltre il foro con
gli imponenti resti della basilica civile a cinque navate, il capitolium
edificato da Macrino e le terme pubbliche, l’arco di Caracalla, il palazzo di
Gordiano III, le terme settentrionali, le terme di Gallieno.
[38] Si veda ora A. Akerraz – G.
Ranieri, Volubilis, in Ricerche archeologiche italo-marocchine 2002-2003
(Rabat, luglio 2003), presentazione di Alberto Candillo e Joudia Hassar
Benslimane, coordinamento di Wanda F. Grillo, Roma 2003, pp. 48-53.
[39] Cfr. A.
Akerraz – R. Rebuffat, El Qsar el Kebir et la route intérieure de
Maurétanie Tingitane entre Tremuli et ad Novas, in Histoire et
Archéologie de l'Afrique du Nord. Actes du IVe colloque international réuni
dans le cadre du 113e Congrès national des Sociétés savantes (Strasbourg, 5-9
avril 1988). Tome II. L'armée et les affaires militaires, Paris 1991,
pp. 367-408; A. Akerraz – A. El Khayari,
Prospections archéologiques dans la région de Lixus, in L’Africa Romana,
13, Roma 2000, pp. 1645-1668. L’insediamento si
trova nella regione di El Qsar el Kebir. Gli scavi hanno posto in luce numerose
tombe databili fra il VI secolo a.C. ed il III secolo d.C.; un testo ritrovato
nella località (IAM, II, 4: iscrizione posta dal governatore Aurelius
Cletus pro pace provinciae) prova che il limes sull’Oued Lukkos fu
posto solo dopo il principato di Caro, probabilmente fra il 285 ed il 291. La
“ritirata” delle autorità romane non pare aver creato particolari traumi alla
comunità: la posteriore città islamica costituiva, infatti, un importante
agglomerato del Marocco medioevale.
[40] Le indagini condotte nel 1997 hanno permesso di stabilire che a
El Mdanna fu insediato un reparto militare durante il Basso Impero; differente
la situazione di el Mers, dove al fortino dell’Alto Impero seguì un
accampamento più piccolo durante il Basso Impero.
[41] La data della fondazione della colonia, sulle rovine della
città distrutta da Edemone, potrebbe porsi nel 41 o nel 43 d.C. (cfr. Chr. Hamdoune, Note sur le statut colonial de Lixus et de Tanger, AntAfr,
30, 1994, pp. 81-87). Sulla città si veda inoltre la monografia: Lixus, Actes du colloque organisé par l’Institut
des sciences de l’archéologie et du patrimoine de Rabat avec le concours de
l’École française de Rome (Larache, 8-11 novembre 1989), (Coll. EFR nr. 166) Rome 1992 con il contributo
di insigni studiosi marocchini e francesi.
[42] Edemone, liberto di Tolomeo re di Mauretania, si ribellò a
Roma all’indomani della morte del suo signore, avvenuta a Lione per mano di
Caligola nel 40; nonostante alcuni studiosi abbiano posto la rivolta in
relazione alle successive spedizioni compiute dai governatori romani nel Sud
della Tingitania contro le tribù indigene, si è ormai concordi nel
ritenere l’insurrezione limitata alla sola parte occidentale del regno e
dettata da ragioni politiche e patrimoniali; successivamente Claudio provvide
alla divisione del regno di Mauretania in due province, affidate a dei
procuratori equestri. Su questi avvenimenti e sulle varie interpretazioni si
vedano ad esempio Romanelli, Storia province d’Africa, cit., pp. 258-262, 266-272; M. Le Glay, Saturne Africain. Histoire, Paris 1966,
p. 482; D. Fishwick, The
annexation of Mauretania, Historia, 20, 1971, pp. 467-487; M. Bénabou, La résistance africaine à la
romanisation, Paris 1976, pp. 89-96; J.
Gascou, Tendences de la politique municipale de Claude en Maurétanie,
Ktema, 6, 1981, pp. 227-231; Ph.
Leveau, La fin du royaume maure
et les origines de la province romaine de Maurétanie Césarienne, BCTH,
n.s., 17 B, 1981, pp. 317-318; R. Rebuffat,
Romana arma primum Claudium principe in Mauretania bellauere, in Claude
de Lyon, empereur romain, éd. par Y. Burnand, Y. Le
Bohec, J.P. Martin, Paris
1998, pp. 277-320.
[43] Cfr. R.
Rebuffat, L’armée de la Maurétanie
Tingitane, MEFRA, 110, 1998, pp.
193-242; Idem, La frontière de la Tingitane, in Frontières et limites géographiques de
l'Afrique du Nord antique. Hommage à Pierre Salama. Actes de la Table ronde
réunie à Paris les 2 et 3 mai 1997, éd. par C. Lepelley et X. Dupuis,
(Histoire ancienne et médiévale nr. 56), Paris 1999, pp. 265-292.
[44] Le prime esperienze in questo senso furono quelle promosse da
Attilio Mastino e Cinzia Vismara negli aa. aa. 1985-1986, 1993-1994 (escursioni
didattiche in Tunisia, fra Zeugitana e Byzacena) e 1988-1989
(visita dei principali centri del Marocco). I viaggi di istruzione furono lo
spunto per successivi approfondimenti degli studenti, culminati nella
discussione di alcune tesi di laurea (cfr. infra, Appendice). In
questa sede ci piace, infine, ricordare la parallela attività didattica condotta
da Giovanna Sotgiu e Antonio Maria Corda fra la fine degli anni Ottanta ed il
1997 in Tunisia, con il coinvolgimento di decine allievi provenienti dai corsi
di laurea e della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università
degli Studi di Cagliari.
[45] Una panoramica dei convegni in www.uniss.it/
africaromana.
[46] Dal I convegno, cui parteciparono 29
studiosi, si è arrivati al XI convegno, con 304 ricercatori; negli ultimi anni
la media sembra essersi attestata attorno alle 250 unità. I dati sono ricavati da G.
Cazzona, La ricerca
dell’Università di Sassari nell’Africa romana (1983-2003), Facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli
studi di Sassari, A.A. 2002-2003, rel. A. Mastino, p. 31.
[47] B. Isaac, The Meaning of the Terms limes and limitanei, JRS, 78, 1988, pp. 125-147.
[48] J. Baradez, Fossatum Africae, Paris
1949, passim; E. N. Luttwak, La grande strategia dell'Impero Romano.
L'apparato militare come forza di dissuasione, Milano 1993, passim.
[49] C. R. Whittaker,
Les frontières de l'empire romain,
Paris 1989, passim.
[50] Su questi aspetti rimando a E. Frézouls, Rome et la Maurétanie Tingitane: un constat d'échec?, AntAfr, 16, 1980, pp. 65-93; M. Euzennat, Le limes du Sebou (Maroc),
BCTH, n.s. 17 B, 1981, pp. pp. 372-393;
R. Rebuffat, Recherches sur le bassin du Sebou, CRAI, 1986, pp. 645-651; Chr.
Hamdoune, Les relations entre la Maurétanie occidentale et la Maurétanie
orientale, in L'Africa Romana,
14, Roma 2002, pp. 1429-1430.
[51] R. Rebuffat,
L'implantation militaire romaine
en Maurétanie Tingitaine, in L’Africa
Romana, 4, Ozieri 1987, pp. 31-78; Idem, L’armée de la
Maurétanie Tingitane, MEFRA, 110,
1998, pp. 193-242 .
[52] Da ultima N. Benseddik,
Septime Sévère, P. Aelius
Peregrinus Rogatus et le limes de Maurétanie Césarienne, in Frontières et Limites géographiques de
l'Afrique du Nord Antique. Hommage à Pierre Salama. Actes de la Table ronde
réunie à Paris les 2 et 3 mai 1997, éd. par C. Lepelley et X. Dupuis,
(Histoire ancienne et médiévale nr. 56), Paris 1999, pp. 89-110; Y. Le Bohec, Frontières et limites militaires de la Maurétanie Césarienne sous le
Haut-Empire, in ibid., pp.
111-127.
[53] N. Benseddik,
Vsinaza (Saneg): un nouveau
témoignage de l'activité de P.
Aelius Peregrinus sur la praetentura sévérienne, in L'Africa Romana, 9, Sassari 1992, pp. 429-430.
[54] Ph. Leveau, Un nouveau témoignage sur la résistance en
Maurétanie Césarienne centrale in AntAfr,
8, 1974, pp. 108-110. M. Euzennat, La frontière romaine d'Afrique, CRAI,
1990, p. 577.
[55] H. Pavis
d’Escurac-Doisy, Lambèse et les vétérans de la legio tertia
Augusta, in Hommages à Albert Grenier, éd. par M. Renard avec le concours de la
Dél. Gén. en Alg. (Coll. Latomus
nr. 58) Bruxelles 1962, pp. 571-583, in particolare 577-580; Fr. Jacques, Propriétés impériales et cités en Numidie Méridionale, CCG,
3, 1992, pp. 131-132.
[56] P. Morizot,
Économie et société en Numidie
méridionale: l’exemple de l’Aurès, in L’Africa
Romana, 8, Sassari 1991, pp. 434-446; Jacques,
Propriétés impériales, cit., pp.
123-124.
[57] Su questi aspetti si veda ad esempio Y. Le Bohec, La troisième légion
Auguste, Paris 1989, pp. 462-464 e le recenti osservazioni di M. Christol, C. Macrinius Decianus,
gouverneur de Numidie, et l’Histoire militaire de la province au milieu du IIIe
siècle, ZPE, 138, 2002, pp. 259-269.
[58] D. J. Mattingly,
The Olive Boom. Oil Surpluses,
Whealth and Power in Roman Tripolitania, LibSt, 19, 1988, pp. 21-41; Idem,
Tripolitania, London 1995, pp.
5-13, 138-159.
[59] G. Ch.
Picard, La villa du taureau à Silin (Tripolitaine), CRAI, 1985, pp. 227-241.
[60] Mattingly, Tripolitania, cit., pp. 160-70.
[61] Si veda ad esempio M. Gras,
Il Mediterraneo nell’età arcaica,
trad. di E. Greco, Paestum 1997, pp. 58-62, 66-68.
[62] Il centro è nato grazie alle disposizioni previste in materia di
sperimentazione organizzativa e didattica dalla legge sul riordino della
docenza universitaria Art. 89 DPR 11 luglio 1980 n. 382.
[63] I dati sono ricavati da Cazzona,
La ricerca nell’Africa romana,
cit., pp. 81-82, 84-86: sono state stampate 16650 pagine e 1669 tavole; l’apice
di questa produzione è rappresentata dal XIV convegno (176 articoli per 2604
pagine e 77 tavole).
[64] Cazzona, La ricerca nell’Africa romana, cit., p.
83.
[65] Cazzona, La ricerca
nell’Africa romana, cit., pp. 32-33. La maggior parte dei
partecipanti al convegno proviene dalla Sardegna (il 36% delle presenze),
seguito dall’Italia (27%) e dall’estero (27%); il 10% degli studiosi registrati
dalla segreteria del convegno sono maghrebini. Il numero dei paesi di
provenienza dei partecipanti è di 27.
[66] Cfr. supra.
[67] Una sintesi del progetto in G.
Sotgiu – A. M. Corda, Il progetto “Città africane, dossiers di
epigrafia latina, in XI Congresso Internazionale di Epigrafia Greca e
Latina, cit., pp. 843-846. La ricerca nasce dall’esigenza di raccogliere e
divulgare i dati prodotti durante l’elaborazione delle singole tesi di laurea;
la griglia di lavoro è rappresentata dall’Atlas Archéologique de la Tunisie e
dalle varie tavolette 1: 25000 dell’opera, che abbraccia quasi tutto il
territorio della Tunisia (in questo modo si posso agganciare topograficamente
le iscrizioni); per ogni centro esaminato si mira a fornire una bibliografia
aggiornata del sito e dei singoli testi, uno stringato commento delle varie
epigrafi, degli indici per vocabolo (realizzati secondo lo schema del Key Word
in Context) e sulla base dei dati ricavabili dai manufatti.
[68] Per un elenco parziale delle tesi di laurea assegnate dai due
atenei si veda infra, Appendice. Più sporadico l’interesse
verso l’Africa di altri docenti cagliaritani come Piero Meloni (nel periodo
anteriore al magistero di Giovanna Sotgiu); nell’Università di Sassari non si
dimentichino le tesi assegnate da Giovanni Brizzi. Sono attualmente in fase di
elaborazione alcuni lavori sulla politica municipale di Claudio nelle Mauretaniae, sulle relazioni dei
viaggiatori spagnoli del XVI-XIX secolo in Africa (Università di Cagliari),
sull’epigrafia di Cuicul, sui rapporti fra Costantino ed il Maghreb
(Università di Sassari). In
questa sede tralasciamo le tesi di laurea relative l’Africa fenicio-punica, che
pure hanno e hanno avuto spazi non piccoli nelle ricerche portati avanti dalle
università sarde.
[69] P. Pinna, Patrimonio culturale, sistemi locali e
turismo in Tunisia. Il caso del parco archeologico di Uthina (Oudhna),
Cagliari, A.A. 2000-2001; G. Loi, Il turismo culturale in Tunisia,
Cagliari, A.A. 2001-2002.
[70] N. Spanu, Malte e lapidei del c.d. castellum aquae di
Uthina, città romana di Tunisia, Cagliari, A.A. 2002-2003.
[71] Cazzona, La ricerca nell’Africa romana, cit.
[72] M. Biagini, La trasformazione delle aree forensi tra
tardo-antico e altomedioevo nelle città dell’Africa Proconsolare. Il foro di
Uchi Maius (campagne 1995-2001), Università degli studi di Siena, dottorato
in Archeologia Medioevale (XIV ciclo), Anno Accademico 2001-2002.
[73] M. Casagrande, Gli impianti di adduzione idrica in Byzacena
e in Zeugitana, Università degli studi di Padova, dottorato in Archeologia:
città e produzione artistica (mondo greco, etrusco-italico e romano), XVI
ciclo, Anno Accademico 2002-2003, tutor Elena Francesca Ghedini.
[74] Dottorato “Storia, epigrafia ed Archeologia della Sardegna e
del Nord Africa in età romana e tardo antica”, tutor Attilio Mastino, Università
degli studi di Cagliari.
[75] Facoltà di Lettere, Università de La Mannouba di Tunisi, tutor
Abdel Aziz Baklouti.
[76] La sigla UNICA indica le tesi discusse nell’ateneo cagliaritano,
la sigla UNISS quelle discusse nell’ateneo sassarese. Nonostante la cortese
disponibilità dei vari funzionari bibliotecari, l’assenza di un completo ed
aggiornato catalogo (fruibile al pubblico) delle tesi di laurea discusse e
depositate rende l’elenco qui di seguito solo indicativo. Ringrazio in questa
sede Marcella Bonello Lai, Antonio Maria Corda, Attilio Mastino, Paola Ruggeri
per avermi aperto gli schedari privati, Franco Porrà per i preziosi consigli:
senza il loro contributo anche questa raccolta parziale non sarebbe stata
possibile.