Università di Francoforte
FORMAZIONE DELLO STATO E COMUNE CITTADINO NEL SACRO ROMANO
IMPERO
SOMMARIO: – I. Il
comune come forma costituzionale. – II. Leghe tra città e
Impero. – III. Conclusioni – comune
cittadino e stato.
Sebbene in maniera diversa, gli
storici e gli storici dei diritto hanno spesso accennato al fatto che la
formazione dei comuni cittadini alla fine dell'alto Medioevo e la formazione
dello stato nel corso dei tardo Medioevo e nell'età moderna hanno una notevole
somiglianza fra loro. I pareri si discostano alquanto sul grado di somiglianza
e perciò se ne tratta più per immagini e metafore che non in analisi
scientifiche. Lo storico del diritto Wilhelm Ebel parla della città medievale
come di una «serra della moderna realtà statuale (Staatlichkeit)»[1]
(1966) o di una «serra dei moderno stato amministrativo» (1971)[2].
Lo storico francese Fernand Braudel cita la fiaba della gara tra la lepre e la
tartaruga: come la lepre, la città all'inizio è in vantaggio, in quanto più
veloce, ma intorno al Cinquecento è lo stato territoriale ad arrivare, come la
tartaruga, per primo alla meta[3]. Otto
Gierke, l'importante storico dei diritto di indirizzo germanistico
dell'Ottocento, afferma che tutte le caratteristiche della moderna concezione
dello stato sono presenti nella città in quanto corporazione cittadina[4]
- presenti, sia ben chiaro, a livello di concetti giuridici e non nella reale
forma di sovranità. D'altro canto, nei due paesi uniti dall'impero medievale, e
cioè l'Italia e la Germania, la costituzione comunale non ha indicato il
cammino verso lo stato moderno in modo lineare - mentre in Italia nasce un
sistema di stati cittadini a guida monarchica che rivaleggiano fra di loro e
che alla lunga soccombono rispetto alle grandi monarchie europee - per ultima
Venezia -, in Germania un piccolo numero di città di medie dimensioni e un più
grande numero di città di piccole dimensioni in quanto città
"imperiali" libere mantengono la forma di governo repubblicana,
tipica del comune. All'inizio dell'età moderna però, queste città tedesche
devono cedere la forza di guida politica e di modernizzazione al sistema
territoriale di un principe. Noi ci occuperemo qui di seguito del perché la
forma costituzionale sviluppata dai cittadini medievali, il comune cittadino, non
abbia potuto mantenere la guida alla formazione di uno stato moderno, anch'esso
fondato su una borghesia.
Tra il 1100 e il 1200 i
cittadini, diciamo meglio gli abitanti delle città dell'Europa occidentale, si
uniscono in una nuova forma costituzionale, il comune giurato. Questo movimento
compare quasi contemporaneamente in tutte quelle regioni che sono state
definite "urban belt”[5],
cintura urbana: dalle coste dei Mar del Nord tra Senna e Reno alle antiche regioni
dell'alto Reno e della Rezia, fino alla Borgogna, al Piemonte, alla Lombardia e
alla Toscana. Gli abitanti influenti delle città, i milites e i mercanti, ma anche gli artigiani, si uniscono con
giuramento in un'associazione che essi dapprincipio chiamano coniuratio, poi communio iurata, comune, e più tardi, con espressione tratta dal
diritto romano, universitas[6]
Questo fenomeno compare nelle Fiandre, nella Francia orientale, in Borgogna e
nell'Italia centro-settentrionale quasi contemporaneamente intorno al 1100;
nelle antiche città romane lungo il Reno viene un po' frenato dal potere dei
vescovi tedeschi divenuti principi dell'Impero. Invece nell'Italia
centro-settentrionale il movimento comunale è così forte che i vescovi cedono
al comune dei cittadini e ai consoli la sovranità sulla città concessa loro
dall’imperatore; essi, nella divisione di spiritualia
e temporalia, si ritirano nella
posizione di pastori spirituali e di personaggi tra i più influenti della
città.
Max Weber ha descritto
questo fenomeno di formazione dei comune cittadino attribuendogli un
significato storico universale[7]. Egli
lo definisce come la nascita della città occidentale, che avviene secondo un
costrutto idealtipico più nel comune medievale che non nella polis dell'antichità. Weber considera
decisiva la formazione dì un'associazione di tutti i cittadini in quanto
individui, un'associazione che supera tutti i limiti imposti dal sangue, dalla
parentela e dal rito. L'associazione dei cittadini, cioè il comune, possiede
secondo Max Weber autocefalia e autonomia: quindi, autogoverno tramite i propri
magistrati che non seguono le regole della signoria feudale, una propria
giurisdizione e una propria legislazione statutaria per attuare le norme
giuridiche per la vita della cittadinanza contro il mondo feudale. Unendosi in
un'associazione i cittadini si appropriano della sovranità all'interno di
questa associazione ed escludono in tal modo principalmente le forme di servitù
feudale: il cittadino è libero, il diritto di cittadinanza non ammette nessuna
sudditanza, nessuna limitazione alla libertà da parte di un signore feudale. In
Germania vale la frase: "1'aria della città rende liberi"[8].
I princìpi qui descritti hanno valore anche in Italia, soprattutto per le prime
forme comunali. In Italia tuttavia vengono maggiormente coinvolti i nobili e di
conseguenza i princìpi aristocratici, cosicché la costituzione comunale
italiana nella sua struttura si avvicina maggiormente all'antica polis, diventa un'oligarchia, mentre a
nord delle Alpi la città mantiene di più un carattere puramente borghese grazie
alla separazione dalla sfera rurale (che ha carattere aristocratico-
contadino).
Qui non sono importanti i
particolari, bensì la tipologia: i comuni cittadini acquistano forti
somiglianze strutturali con uno stato moderno grazie alla costituzione dei
magistrati, cioè alle cariche non feudali per rappresentare la collettività,
grazie allo sviluppo di una burocrazia, ivi compresa la giurisdizione, grazie
alla legislazione e all'associazione dei cittadini quale elemento portante
della collettività[9].
Per Max Weber era significativo soprattutto il fatto che, grazie alla
burocrazia, alla legislazione statutaria e soprattutto al genere di economia
legata al capitale e al mercato, venisse iniziato un processo di
razionalizzazione che rinvia allo stato moderno e al capitalismo moderno[10].
La giurisprudenza – e qui va dato particolare rilievo a Bartolo[11]
– collega il carattere dell'associazione ai concetti dei diritto romano e
canonico, soprattutto all'universitas, e,
con la dottrina della civitas sibi
princeps, ad una concezione che si può appunto definire con le categorie
weberiane di autocefalia e autonomia, o con Bodin di sovranità. Su questo punto
la dottrina dei giuristi converge con la tradizione politica dell'aristotelismo.
Il comune medievale viene così paragonato all'antica polis e misurato con essa, e viene classificato con le forme di
governo dell'aristocrazia, della politeia
o democrazia, mentre gli stati principeschi corrispondono alla monarchia. I
comuni cittadini appaiono così nella terminologia latina come forme statali
repubblicane, cioè non monarchiche. Poiché le repubbliche marinare italiane,
soprattutto Venezia, sono indipendenti e poiché l'Impero praticamente non
esercità più i propri diritti sulle città dell'italia centro-settentrionale,
l'immagine della civitas sibi princeps
è una realtà politica per le grandi
città dell'italia centro-settentrionale. Questo vale quasi nella stessa misura
per le città "imperiali" libere in Germania: a parte i diritti del re
e dell'imperatore, pochi e limitati dai privilegi che diventano attuali solo
nel caso di conflitti interni alla cittadinanza, le città libere si presentano
come repubbliche che si autogovernano e formulano il loro diritto. In Germania
la costituzione consiliare adottata intorno al 1200 sul modello italiano si
conserva fino al secolo XIX, anche se l'elezione dei membri dei consiglio
avviene sempre di più secondo princìpi oligarchici e non democratici,
intendendo con il termine democratico un'elezione attraverso le corporazioni.
Le città tedesche che hanno escluso l'aristocrazia feudale e conoscono solo un
patriziato rispondono dunque in modo particolare all'immagine di una res publica che si autogoverna. Bisogna
tuttavia ricordare che all'interno della città non sono validi né il principio
dell'uguaglianza, né quello della totale partecipazione democratica: vi sono i
gruppi politicamente privilegiati, vi sono i casati, e talvolta anche alcune
corporazioni, considerati eleggibili nel consiglio, vi sono coloro che hanno i
pieni diritti civici e vi sono i semplici abitanti della città. Anche questi
ultimi, cioè gli abitanti senza il diritto di cittadinanza, godono però del
diritto di protezione, di assistenza e di poter provvedere alla propria
sussistenza, diritto concesso dalla città alla quale essi sono spesso legati
tramite un giuramento che nei diritti e nei doveri è molto simile al giuramento
dei cittadini[12].
Come abbiamo già accennato,
i comuni cittadini diffusi sia al Nord che al Sud non potevano allargare al
paese nessun ordinamento politico secondo il principio repubblicano da essi
sviluppato e diventare di conseguenza diretti precursori dello stato di diritto
e costituzionale borghese del secolo XIX. Abbiamo già detto che in Italia
avviene un capovolgimento in una forma di governo monarchica, un governo di
cosiddetti tiranni, come venne accennato da Bartolo ed in seguito presentato da
Machiavelli nel “Principe”. Attraverso la forma monarchica di stato, le città
più forti dell'Italia centro-settentrionale acquisirono la forza per creare
stati territoriali, che erano tuttavia in numero limitato e in forte
concorrenza tra di loro. Mi sembra comunque molto utile osservare che
all'interno degli stati cittadini italiani permangono forme originarie della
costituzione sviluppata dal comune[13],
come il concetto di cittadinanza, la legislazione statutaria, le cariche
civiche, un consiglio comunale. In Germania invece le città mantengono invero
una costituzione comunale, cioè repubblicana, ma non riescono a diventare un
reale centro di potere politico; anche i territori civici in dotazione di
alcune città come Berna, Ulma o Norimberga, hanno un'estensione relativamente
limitata.
Non possiamo tuttavia
accontentarci di questa osservazione. Dobbiamo invece prendere in
considerazione un fenomeno che ha trasformato le città in un fattore politico
ordinatore importante, le ha poste al livello di imperatore, re, principi e
aristocrazia: le leghe tra città. Qui si associano spesso molteplici città,
formulano le loro mete politiche e le raggiungono in parte in modo pacifico, in
parte con la forza delle armi, diventando così importanti fattori della
politica. L'apice di questo movimento si ha durante il periodo degli imperatori
Svevi, con la prima e la seconda Lega lombarda nell'Italia
centro-settentrionale[14] e con la Lega renana in Germania dopo
la morte di Federico II. Per il nostro tema non possiamo dunque evitare di
analizzare questo fenomeno e di domandarci come mai la potenza associata delle
città non solo non si afferma, ma si esaurisce quasi da solo in Italia nel
tardo Medioevo, in Germania al più tardi al principio dell'età moderna, dunque
dopo il 1500.
Alla Lega lombarda è giustamente
dedicata una relazione durante questo simposio. Ma io me ne devo occupare,
anche se brevemente, perché essa rappresenta uno dei punti culminanti della mia
tematica.
La prima Lega lombarda
rappresenta l'origine e il modello di tutte le leghe fra città. Che cos’era
successo? L'imperatore Federico Barbarossa, in quanto sovrano potente e
carismatico, vuole riaffermare i diritti dell'Impero sull'Italia
centro-settentrionale alla dieta di Roncaglia del 1158[15],
Inoltre vuole ristabilire lo stato giuridico dei Salii del principio del
secolo, cioè una sovranità sulla città concessa dall'impero, nella quale il
comune dei cittadini e i magistrati eletti da loro non vengono presi in
considerazione. Questa pretesa viene perfino convalidata dai giuristi, i quattuor doctores che provengono dalle
città dell'Italia centro-settentrionale, in particolare da Bologna, essa viene
raccolta in una legge sui diritti del re, le regalie, e congiunta alle
prerogative dell'Impero romano- bizantino dell'epoca di Giustiniano, di stampo
quasi assolutistico. I legati delle città danno la loro approvazione, perché
non vogliono contestare l'appartenenza all'Impero e non vogliono porsi contro
il diritto. Solo la realizzazione di questa pretesa giuridica apre loro gli
occhi. Essi si richiamano successivamente alla consuetudine che nel frattempo è
subentrata, la consuetudo che ha
fondamento giuridico, alla prescrizione dei diritti imperiali in contrasto con
questa e al loro diritto di resistenza alla repressione delle posizioni
giuridiche conquistate dai comuni. Non ho bisogno di esporre qui le lotte
esasperate, le faziosità anche tra le città lombarde, il crudele assedio e la
distruzione di Milano, il capovolgimento della situazione con la battaglia di
Legnano. Però devo accennare alla nuova situazione giuridica venutasi a creare
con la pace di Costanza del 1183[16].
La pace di Costanza porta
con sé ciò che si è già delineato nelle Fiandre e nella Francia orientale con
il privilegio particolare dei conte di Fiandra e del re francese[17]
e adesso viene consolidato tramite un contratto tra molteplici città e il più
alto potere dell'Occidente, quello imperiale: il riconoscimento del comune come
legittima associazione di cittadini, il loro autogoverno tramite magistrati
eletti e l'ampia autonomia dei loro ordinamento giuridico. Tale riconoscimento
viene inserito nella federazione dell'impero in un modo già precostituito con
il sistema feudale: da un lato con l'affidamento ai magistrati, da parte
dell'imperatore, dei diritto di banno; dall'altro con l'introduzione nel
giuramento dei cittadini e degli abitanti di una dichiarazione di fedeltà
all'imperatore e all'Impero. Ciò maschera solo faticosamente il carattere
rivoluzionario di questo avvenimento fatto notare da Max Weber, e cioè che una
grande associazione di uomini eserciti su se stessa la sovranità collettiva,
uomini che, come registra scandalizzato lo zio di Federico Barbarossa, il
vescovo Ottone di Frisinga, sono di condizione inferiore, inferioris conditionis, ed esercitano il disprezzato lavoro
manuale, contemptibilium eciam
mechanicarum artium opifices. Nel l'aristocraticissimo mondo del potere
dell'alto Medioevo, per mezzo della formazione del comune e dell'unione di più
comuni in una lega, il comune stesso era penetrato come un'associazione direttamente
legata all'Impero e perciò in una posizione simile a quella dei principi[18].
Poiché la pace di Costanza non era solo un importante documento della
costituzione del regno italico, ma era stata inserita dai giuristi nel testo
dei libri feudorum e quindi dello ius commune, la si può definire come un
documento costituzionale europeo, che conteneva il riconoscimento del comune
cittadino come legittima forma costituzionale. Alla diffamazione da parte del
clero della communio iurata quale coniuratio illegittima, veniva dunque
tolto ogni fondamento. La Lega lombarda che aveva conseguito questo successo
militare, politico e giuridico non era null'altro che il trasferimento del
principio costituzionale del comune ad una associazione di più comuni: come il
comune dei cittadini eleggeva i consoli, cosi i legati delle città eleggevano i
rettori della Lega. Come il comune dei cittadini era unito attraverso il
giuramento, così giuravano alleanza dapprima i consoli e poi le cittadinanze
unite. Come la città aveva sviluppato una propria giurisdizione al posto dei
missi vescovili e reali, così sorse una seppur blanda giurisdizione della Lega
stessa. La Lega era dunque una forma giuridica come il comune, un'associazione
fondata sul giuramento[19].
La Lega lombarda però fu
forte solo in due periodi o situazioni: contro Federico Barbarossa e poi, dopo
essersi ricostituita, contro Federico II, fino a quando cioè gli imperatori
svevi minacciarono la libertà e la posizione giuridica delle singole città. Nel
momento in cui venne meno la minaccia, venne a cadere anche la solidarietà
delle città dell'Italia centro-settentrionale. Il cittadino rimase soprattutto
cittadino della propria città, non di una lega, di una regione o addirittura di
una nazione. L'identificazione dei cittadini, i loro interessi, si limitavano
all'appartenenza alla città. Chi come Dante sentiva l'esigenza di una unità più
ampia, doveva collegarla, in mancanza d'altro, all'Impero - un Impero che aveva
il suo centro politico al di fuori dell'Italia ed inoltre si indeboliva sempre
di più politicamente. L'organizzazione politica del paese tramite comuni
equiparati nei diritti, legati l'uno all'altro, era destinata a non avere un
futuro in Italia.
In Germania sembrò per un
momento che le cose andassero diversamente. Nello stesso periodo in cui si
formava la seconda Lega lombarda che, alleandosi con il papato, resisteva
efficacemente all'imperatore Federico II, si facevano in Germania i primi
tentativi di realizzare una lega tra città. Tuttavia in Germania i vescovi esercitavano
ancora la sovranità sulla cittadinanza e questi vescovi non accettavano consoli
liberamente eletti. Pertanto essi riuscirono ad ottenere dall'imperatore, con
il famoso decreto di Ravenna dei 1232, la proibizione di coniurationes e colligationes, cioè di tutte le associazioni di
cittadini e dei magistrati civici.[20] Il
movimento comunale era però troppo avanzato perché alla lunga potesse essere
represso. Dopo la morte di Federico II e il periodo di vacanza dell'autorità
monarchica tedesca, le città dei territori che rappresentavano il nucleo
dell'Impero, quelle lungo il Reno, si unirono in una Lega che diventava sempre
più grande. Il loro scopo era quello di conservare, vacante imperio, pace e giustizia[21]. Si
trattava dunque, come è stato formulato durante un recente convegno, non di una
alleanza per opporre resistenza come la Lega lombarda, bensì di una alleanza
per la difesa della costituzione del regno. Alle città interessava
particolarmente la difesa delle vie commerciali che erano di importanza vitale,
in particolare quelle lungo il Reno; la protezione contro l'abuso nei dazi, ma
anche contro il blocco delle strade da parte dei nobili e contro le faide che
stavano prendendo il sopravvento e che venivano utilizzate per ricattare
mercanti e città[22].
Il movimento delle città era così potente, che vescovi, principi e piccola
nobiltà si unirono alla Lega, per fronteggiare l' incombente anarchia. Un
effetto collaterale di questa Lega per la difesa della pace, al posto dei re,
era che la forma costituzionale comunale e i diritti così conquistati dalle
città, ivi compreso quello di un consiglio liberamente eletto, non poteva più
essere legittimamente messo in discussione, poiché sia i più alti principi
dell'Impero che la piccola nobiltà si erano alleati alle città e avevano
prestato il giuramento, riconoscendo così come legittima questa forma
costituzionale, esattamente come era accaduto in precedenza in Italia con la
pace di Costanza. Una conseguenza della motivazione di difesa della pace vacante imperío fu tuttavia che la Lega
si sciolse nella discordia non appena fallì il tentativo di ripristinare un
regno unitario con una doppia elezione nel 1257. Rodolfo d'Asburgo ed i
successivi re tedeschi tentano poi di assumere nuovamente la difesa della pace
promuovendo la pace territoriale. Cosa che tuttavia riesce solo in maniera
incompleta durante il lungo periodo di indebolimento dell'autorità monarchica
alla fine dei Medioevo, cioè tra i secoli XIV e XV. Principi e nobili giurano
la pace territoriale solo per un tempo determinato, mantenendo le eccezioni per
la faida cavalleresca. Così continua la situazione insostenibile che le vie
commerciali delle città vengono bloccate e interrotte, i mercanti vengono
derubati oppure devono pagare forti tasse per la scorta, non esiste nell'Impero
il monopolio per l'uso legittimo della forza[23]. Qui
contava il fatto che non esistevano territori comunali abbastanza grandi che
confinassero l'uno con l'altro e che i principi non avevano ancora domato la
piccola nobiltà facile alla faida. Il buon governo della città, così come
rappresentato per l'Italia dagli affreschi di Lorenzetti nel Municipio di
Siena, in Germania non era affatto in grado di garantire la pace, tramite la
severa giustizia armata di spada, anche sul terrritorio oltre che nella città
stessa.
Questo stato di cose
comportò che in Germania le leghe tra città perdurassero o si rinnovassero per
tutti i secoli XIV e XV. Una funzione di guida la svolgevano in questo le città
"imperiali". Ma la differenza tra una città "imperiale" e
una città forte, privilegiata, ma non direttamente dipendente dall'Impero era
ancora così poco accentuata che anche altre città potevano unirsi a queste
leghe. In Svevia, dunque nella Germania sud-occidentale ricca di città
"imperiali" fino alla fine dell'Impero, abbiamo una lega tra città
nel 1331, rinnovata nel 1349 da 25 città "imperiali", e una lega di
14 città nel 1376[24]. Gli
scopi di queste leghe non erano solo l'imposizione della pace territoriale e la
lotta contro la nobiltà cavalleresca, ma anche la conservazione della loro
libertà politica e della loro influenza politica. Esse si opponevano alla
formazione aggressiva di un territorio politico, cioè alla creazione di uno
stato da parte dei duca di Württemberg-Svevia, e si opponevano al pignoramento
di città imperiali, della loro posizione giuridica e dei loro privilegi, da
parte dei re in favore di principi e nobiltà. Nel 1381 la Lega sveva si associò
alla rinnovata Lega renana così che qui si delineò la possibilità di un
ordinamento politico sulla base di un'associazione tra città. Ma dopo aver
ottenuto nel 1377 una vittoria sul duca di Württemberg, le città subirono una
pesante sconfitta nella cosiddetta guerra delle città del 1388. Se in seguito
il potere delle città sveve fu spezzato, la causa era data anche dal fatto che
le loro mete politiche erano piuttosto passive ovvero difensive. In questo
senso esse ebbero perfino successo alla fine. Pace e sicurezza sulle strade
vennero propugnate come programma da re e principi, e quasi tutte le città
sveve poterono mantenere per sé fino alla fine dei vecchio Impero la loro
posizione giuridica, la diretta dipendenza dall'Impero.
Qualcosa di simile lo
possiamo verificare nella Lega tra le dieci città imperiali dell'Alsazia, città
fondate per lo più dagli imperatori svevi[25].
Anche qui si tratta di conservare la pace territoriale e di mantenere lo status di città imperiali. Anche qui
abbiamo, come nella Lega lombarda, ma anche in quella renana e in quella sveva,
diete formali, cioè un'organizzazione ed un ordinamento giuridico della Lega
stessa. Nel 1354 lo stesso imperatore Carlo IV difende la lega, ma poi la
scioglie. Però le città la rinnovano e nel secolo XV ottengono l'assicurazione
da parte dell’imperatore Sigismondo che esse non verranno mai vendute o date in
pegno. Questa Lega rappresenta una specie di struttura dell'Impero alla
frontiera occidentale fino all'epoca moderna e solo con la pace di Westfalia
del 1648 viene sciolta dietro pressione della Francia. L'Impero, che non
diverrà mai un vero stato, può esistere benissimo con leghe tra città come
sotto-struttura. Dobbiamo quindi chiederci come mai dopo il 1500 la formazione
di leghe si verifichi solo in via eccezionale.
Qui non tratteremo più le
leghe simili, esistenti anche nei territori orientali dell'Impero, dove non ci
sono città "imperiali" - cito (a titolo di esempio) le leghe in
Brandeburgo e in Lusazia [26].
Esse confermano tuttavia che con il fenomeno delle leghe tra città ci troviamo
di fronte a una struttura di base dell'Impero tedesco dei Medioevo, dopo che
era stata riconosciuta la costituzione comunale al più tardi con la Lega renana
del 1254. Resta ancora da ricordare la Hansa delle città dei Mar dei Nord e dei
Mar Baltico. La Hansa però non era originariamente una lega tra città, ma piuttosto,
in maniera simile alla gilda, una associazione di mercanti che si univano per
viaggi commerciali più lunghi, soprattutto per viaggi per mare[27].
Già nel secolo XII abbiamo una Hansa dei mercanti tedeschi che vanno
soprattutto da Colonia in Inghilterra, e abbiamo un'associazione di quei
mercanti che vanno da Lubecca e altri posti dei Baltico sull'isola di Gotland e
in Russia. Inizialmente c'erano dunque più Hanse nei commerci via Mar del Nord
e via Baltico che concorrevano fra di loro. Solo verso il 1280 i diversi gruppi
di mercanti si unirono in una Hansa generale. Questa comprendeva i mercanti
sulle grandi distanze delle maggiori città portuali delle coste del Mar dei
Nord e dei Mar Baltico e le più importanti città commerciali dell' entroterra.
Essi trattavano con i re d'Inghilterra e di Danimarca, i conti di Fiandra ed
altri principi sulle questioni riguardanti il commercio e sui relativi
privilegi. Misure che prendevano i mercanti della Hansa contro quelle città o
quei principi che non aderivano ai loro desideri erano il divieto di
commerciare e il boicottaggio. A partire dal secolo XIV le Hanse concorsero con
i merchant adventurers inglesi.
Nell'ambito di questi confronti sull'ordinamento dei commercio marittimo, la
Hansa si trasformò lentamente da associazione di mercanti in lega tra città.
Ciò fu relativamente facile perché in queste città sul mare il consiglio
comunale non era composto da un patriziato di stampo aristocratico, bensi dal
ceto mercantile elevato, che dominava in tal modo sulla città. Pertanto a
partire dalla metà dei secolo XIV nacquero le diete anseatiche quali organi
deliberanti. Le diete, alle quali partecipavano le città o meglio i grandi
mercanti, emanavano delibere formali (i concordati anseatici)[28]
e applicavano l'esclusione o il boicottaggio come sanzioni. A partire
dall'inizio del secolo XV si costituì un sistema giuridico-politico composto da
circa 70 città anseatiche e da circa 100 città che intrattenevano rapporti di
cooperazione con la Hansa. L' associazione si definiva “Deutsche Hanse", comprendeva però anche città scandinave come
Stoccolma e città polacche come Cracovia. Suddivisioni regionali completavano
il sistema.
La Hansa, in bilico tra
un'associazione mercantile e una lega tra città, regola e controlla quindi il
secondo spazio commerciale marittimo dei Medioevo europeo dopo il Mediterraneo,
cioè il Mar dei Nord e il Mar Baltico, tra l'Inghilterra meridionale e le
Fiandre a ovest e la Scandinavia, la Russia e i paesi baltici a nord, ed un bel
pezzo delle vie commerciali della terraferma. La sua potenza commerciale fece
sì che la Hansa costituisse un interlocutore più potente per principi e
sovrani. Ma è anche già chiara la perdita di potere che sopravvenne allorché
questi principi cominciarono ad annettere i territori sotto la loro egemonia,
gettando così le basi di una propria politica commerciale. Con questa nuova
costellazione in Inghilterra, nei Paesi Bassi, nei territori tedeschi, in
Polonia e in Scandinavia comincia il lento tramonto della Hansa nei secoli XVI
e XVII.
La Hansa mostra chiaramente
come l' interesse comune ai mercanti di molte città di organizzare,
privilegiare e proteggere il commercio marittimo possa fondare una lega che per
parecchio tempo unisce molte città e che è nel suo campo più potente di re e
principi. Ma l'unione poggia soltanto sull'interesse economico di questo
omogeneo ceto mercantile, e non su una volontà politica egemonica. Nel momento
in cui la sovranità politica, rafforzandosi nelle mani di re e principi, regna
sui territori e sviluppa altre regole economiche, cioè il mercantilismo, la
Hansa perde la sua forza come per magia, senza subire una sconfitta vera e
propria[29].
Come abbiamo visto, il
comune medievale presenta una forte somiglianza strutturale con lo stato
moderno. Entrambi hanno come elemento sociale portante la borghesia. Essa non è
invero identica nei due casi, ma è collegata dalla continuità storico-sociale:
la borghesia liberale, nazionale dei secolo XIX proviene inizialmente dalla
borghesia urbana, quasi per nulla dalla campagna[30]; ciò
vale sia per l'Italia che per la Germania.
La borghesia delle città
medievali impose in maniera rivoluzionaria la propria forma costituzionale, il
comune, contro re e nobiltà e conquistò un forte potere associandosi nelle
leghe. Perché dunque non improntò lo sviluppo costituzionale dell'età moderna,
perché lo stato moderno venne piuttosto creato da principi?
Uno dei motivi principali di
uno sviluppo storico naturalmente complesso, forse il motivo più importante, è
stato individuato da Max Weber. Egli osservò che il cittadino medievale
corrisponde al tipo dell'homo
oeconomicus, per contro il cittadino dell'antica polìs a quello dell'homo politicus. I cittadini delle
città greche fondano città-stato, che si diffondono con la colonizzazione. Roma
fonda, sulla concezione dei diritto romano di cittadinanza, un impero formato
da città (civitates). Qui appare la
volontà della sua classe dirigente di dominare politicamente. - I cittadini
medievali creano il comune come forma di sovranità politica verso l'interno.
Verso l'esterno diventano forti associandosi in leghe tra città o in Hanse per
difendere la loro libertà ed il commercio e la pace sulle strade, cioè la fonte
della loro ricchezza. Essi non fanno politica per se stessa, la politica la
lasciano agli imperatori, ai re, ai principi e alla nobiltà. Un cittadino di
questa epoca che vuole agire politicamente, va al servizio di un principe. In
Italia la situazione è più complicata in quanto la nobiltà vive per lo più in
città; dalle rivalità tra nobili nascono forme monarchiche di governo che hanno
tuttavia un fondamento civico. Max Weber rileva giustamente che la città
rinascimentale italiana è molto vicina all'antica polis.
Abbiamo potuto accennare al
fatto che i cittadini e le città, cioè i comuni dei Medioevo, hanno contribuito
a determinare una fase importante della formazione dell'Europa moderna. Ma ad
un presupposto importante della formazione dello stato moderno, cioè la
sovranità su un territorio esteso, la vecchia borghesia europea non aveva
accesso. Sono però da menzionare la repubblica dei Paesi Bassi e la
Confederazione elvetica, dove le città in unione con altre forze politiche,
come nobiltà e comuni delle valli, potevano formare una struttura prestatale
repubblicana[31].
Ma generalmente la borghesia era interessata a difendere il suo modo di vivere
e la sua economia e si identificava con la propria città e con la propria
cittadinanza: il suo interesse primario non risiedeva nell'espansione della sovranità
e nel dominio politico. I suoi maggiori successi politici la borghesia li
raggiunse tramite associazioni che andavano oltre la singola città solo quando
erano minacciati il suo modo di vivere e la libertà, la pace e il commercio. In
questa sua limitatezza, la vecchia borghesia europea non mi sembra antipatica.
Ma essa poté mettere in pericolo le pretese egemoniche dell'Europa della
nobiltà feudale solo quando cercò la sua identità nell'ambito della nazione,
cioè nel Settecento e nell'Ottocento.
[1] Der Bürgereid als Geltungsgrund und Gestaltungsprinzip
des deutschen mittelattedichen Stadtrechts, Weimar
1958, l.
[2] Lübisches Recht l , Lübeck 1971, 382.
[3] F. Braudel, Modell
ltalien 1450-1650, Stuttgart 1991, 37 sg.
[4] O. v. Gierke, Das deutsche Genossenschaftsrecht, 2o: Geschichte des deutschen
Körperschaftsbegriffs, rist. 1954, cap. 4o:
Die Stadtpersönlichkeit, in
particolare par. 28, 705 sgg.: «erscheint die Stadt als die älteste wahrhaft
staatliche Gemeinschaft in Deutschland».
[5] Representation, Resistance and Community, a cura di P. Blickle (European
Science Foundation, the Origins of the Modern State in Europe, 13th-18th
Centuries), Oxford 1997.
[6] P. Michaud-Quantin, Universitas. Expressions du mouvement communautaire dans le moyen- áge
latin, Paris 1970.
[7] M. Weber, Wirtschaft
und Gesellschaft (a cura di J. WinckeImann), Tübingen 1956, 923 sg.
[8] H. Planitz, Die
deutsche Stadt im Mittelalter, Graz / Köln 1954 (ristampa Wiesbaden 1996),
254 sg. ed ulteriori rinvii.
[9] O. Brunner considera il comune cittadino come una
forma peculiare all'interno dei feudalesimo. Cfr. O. Brunner, Stadt und
Bürgertum in der europäischen Geschichte, in: id., Neue Wege der Verfassungs- und Sozialgeschichte, Göttingen 1968 (il
saggio apparve per la prima volta nel 1953), 213-224 (222).
[10] Una sintesi della teoria weberiana è stata presentata
recentemente da V. Heins in Max Weber zur Einführung, Hamburg, 2°
ed. 1997.
[11] D. Quaglioni, Politica
e diritto nel Trecento italiano. Il “De Tyranno” di Bartolo da Sassoferrato
(1314-1347). Con l'edizione critica dei trattati “De Guelphis et Gebellinis”, “De
regimine cívitatis”,e “De tyranno”, Firenze 1983.
[12] G. Dilcher, Zum
Bürgerbegriff im späteren Míttelalter. Versuch einer Typologie am Beispiel von
Frankfurt am Main, in: id., Bürgerrecht
und Stadtverfassung im europäischen Mittelalter, Köln/Weimar Wien 1996 (il
saggio apparve per la prima volta nel 1980), 115 sg.
[13] G. Dilcher, Die
Entstehung der lombardischen Stadtkommune. Eine rechtshistorische Untersuchung,
Aalen 1967; H. Keller, Einwohnergemeinde und Kommmune. Probleme der
italienischen Stadtverfassung im 11.
Jahrhundert, HZ 224 (1977), 561-579.
[14] H. Maurer (a cura di), Kommunale Bündnisse Oberitaliens und Oberdeutschlands im Vergleich
(Vorträge und Forschungen vol. 33), Sigmaringen 1987.
[15] V. Colorni,
Le tre leggi perdute di Roncaglia 1158
ritrovate in un manoscritto parigino, Varese 1966. A.
Haverkamp (a
cura di), Friedrich Barbarossa:
Handlungsspielräume und Wirkungsweisen des staufischen Kaisers (Vorträge und
Forschungen Bd. 40), Sigmaringen 1992; MGH Diplomata 10, 2 Friderici I.
Diplomata No 238 e sgg.
[16] MGH Diplomata 10,
4 a cura di H. Appelt, Hannover 1975, Friderici
I. Diplomata No 848; inoltre, La pace di Costanza (1183): Un difficile equilibro
di poteri fra società italiana ed impero: (Milano-Piacenza 27-30 aprile
1983) Bologna 1984; Studi sulla pace di
Costanza, Milano 1984; H. Maurer
(a cura di), Kommunale Bündnisse
Oberitaliens und Oberdeutschlands im Vergleich (Vorträge und Forschungen vol. 33), Sigmaringen 1987.
[17] K. Schulz, “Denn
sie lieben die Freiheit so sehr ...” Kommunale Aufstände und Entstehung des
europäischen Bürgertums im Hochmittelalter, 2a ed., Darmstadt 1995.
[18] G. Dilcher, Kommune
und Bürgerschaft als politische Idee der mittelalterlichen Stadt, in: I. Fetscher / H. Münkler (a cura di), Pipers Handbuch der politischen Ideen 2
(Mittelalter), München / Zürich 1993, 311 sg.
[19] R. Bordone,
I comuni italiani nella prima Lega
Lombarda: confronto di modelli istituzionali in un' esperienza
politico-diplomatica, 45 sg. e G.
Dilcher, Reich, Kommunen, Bünde
und die Wahrung von Recht und Frieden. Eine
Zusammenfassung, 231 sg., in: H. Maurer (a
cura di), Kommunale Bündnisse
Oberitaliens und Oberdeutschlands im Vergleich (Vorträge und Forschungen Bd.
33), Sigmaringen 1987.
[20] MGH Constitutiones II, N° 156, 192-194.
[21] A. Buschmann, Der Rheinische Bund von 1254 - 1257. Landfriede, Städte, Fürsten und
Reichsverfassung im 13. Jahrhundert, in: H.
Maurer (a cura di), Kommunale
Bündnisse Oberitaliens und Oberdeutschlands im Vergleich (Vorträge und
Forschungen Bd. 33), Sigmaringen 1987, 167-212; J. Mötsch, Der
Rheinische Städtebund 1254, 56 (catalogo della mostra di Worms 1986),
Koblenz 1986.
[22] La sicurezza delle strade rappresentava nel sec. XIV
un motivo importante per la creazione di leghe fra città. Cfr. G. Wittek, Handlungsebenen
zwischenstädtischen Friedens im Sächsischen Drittel der Hanse von 1350 bis
1430, Hansische Geschichtsblätter 115(1997), 109-132.
[23] M. Rothmann, Der Täter als Opfer. Konrad von Weinsbergs Sinsheimer Überfall im
Kontext der Territorial- und Reichsgeschichte, in: “Raubritter” oder “Rechtschaffene von Adel” ? Aspekte von Politik,
Friede und Recht im späten Mittelalter, a cura di K. Andermann, Sigmaringen
1997, 31-63; U. Andermann, Ritterliche Gewalt und bürgerliche
Selbstbehauptung. Untersuchungen zur Kriminalisierung und Bekämpfung des
spätmittelalterlichen Raubrittertums am Beispiel norddeutscher Hansestädte
(Rechtshistorische Reihe vol. 91), Frankfurt am Main / Bern / New York /
Paris 1991.
[24] E. Bock, Der
Schwäbische Bund und seine Verfassung, 1488 - 1534: Ein Beitrag zur Geschichte
der Zeit der Reichsreform, Breslau 1927 (rist. Aalen 1986); J. Schildhauer, Der Schwäbische Städtebund - Ausdruck der Kraftentfaltung des deutschen
Städtebürgertums in der zweiten Hälfte des 14. Jahrhunderts, in: Jahrbuch für Geschichte des Feudalismus
1 (1977), 187 sg.; K. Schnith, Reichsgewalt - Schwäbischer Bund - Augsburg.
Zur politischen Konstellation im späten 14. Jahrhundert, in: Zeitschrift des Historischen Vereins für
Schwaben und Neuburg 74 (1980), 104 sg.; P.-J.
Schuler, Die Rolle der
schwäbischen und elsässischen Städtebünde in den Auseinandersetzungen zwischen
Ludwig dem Bayern und Karl IV., in: Kaiser
Karl IV. 1316 - 1378, a cura di J. Patze, Neustadt/Aisch 1978, 659 sg.
[25] P.-J. Schuler, Die Rolle der schwäbischen und elsässischen Städtebünde in den
Auseinandersetzungen zwischen Ludwig dem Bayern und Karl IV., in: Kaiser Karl IV. 1316 - 1378, a cura di
J. Patze, Neustadt/Aisch 1978, 659 sg.; L.
Sittier, La Décapole alsacienne
des origines à la fin du moyen-áge, Strasbourg-Paris 1955.
[26] K. Czok, Städtebünde
und Zunftkämpfe während des 14. und 15. Jahrhunderts mit besonderer
Berücksichtigung der Verhältnisse in der Oberlausitz, (tesi di abilitazione
inedita), s. l. 1957; K. Czok, Der Oberlausitzische Sechsstädtebund in
vergleichender geschichtlicher Betrachtung, in: Oberlausitzer Forschungen, a cura di M. Reuther, Leipzig 1961, 108
sg.; W. Ehbrecht, Magdeburg im Sächsischen Städtebund. Zur
Erforschung städtischer Politik in Teilräumen der Hanse, in: Festschrift für Berent Schwineköper, a
cura di H. Maurer und H. Patze, Sigmaringen 1982, 391 sg.; Werner Mägdefrau, Der Thüringer Städtebund im Mittelalter, Weimar 1977; Matthias Puhle, Die Politik der Stadt Braunschweig innerhalb des Sächsischen
Städtebundes und der Hanse im späten Mittelalter, Braunschweig 1985; Matthias Puhle, Der Sächsische Städtebund und die Hanse im ausgehenden Mittelalter,
Hansische Geschichtsblätter 104 (1986), 21 sg.; Matthias Puhle, Hanse-Städte-Bünde.
Die sächsischen Städte zwischen Elbe und Weser um 1500, Magdeburg 1996.
[27] Ph. Dollinger, Die Hanse,Stuttgart4
1989; Heinz Stoob, Die Hanse, Graz 1995.
[28] Die Recesse und andere Akten der Hansetage von 1256-1430, a cura della Historische
Commission bei der Königl. Academie der Wissenschaften, Leipzig 1870 sg.
[29] R. A. Rotz, The Lubeck Uprising of 1408 and the Decline
of the Hanseatic League, in: Proceedings
of the American Philosophical Society, Vol. 121 No. 1 (1977), 1 - 45; Horst Wernicke, Die Städtehanse 1280 - 1418. Genesis -
Strukturen - Funktionen, Weimar 1983, 180 sgg.
[30] R. Koch, Staat
oder Gemeinde? Zu einem politischen Zielkonflikt in der bürgerlichen Bewegung
des 19. Jhs., HZ 236(1983),
73-96.
[31] Representation, Resistance and Community, a cura di P. Blickle (European
Science Foundation, the Origins of the Modern State in Europe, 13th-18th
Centuries), Oxford 1997.