Università di Tirana
Sommario: 1. Le
caratteristiche del diritto albanese. – 2. Castriota
Skanderbeg: i kanuni. – 3. L’Albania
dopo la guerre balcaniche contro l’Impero ottomano: la proclamazione
dell’indipendenza di Ismail Kemal. – 4. La conferenza
degli ambasciatori: principato. – 5. Statuto
organico dell’Albania. – 6. Lo Statuto di Lushnja.
– 7. La 2ª Repubblica d’Albania. – 8. Statuto fondamentale del regno d’Albania (Mbrëtnia
Shqiptare). – 9. I codici. – 10. Leggi speciali.
Non si può trattare del diritto albanese a cavallo tra le due
guerre senza avere presente alcuni processi attraverso i quali esso è avanzato
affondando le radici nel processo di Rinascita generale e, quindi anche
giuridica, conseguente all’azione fondante compiuta nel secolo XV dal principe Giorgio Castriota, detto Scanderbeg (in albanese Gjergj
Kastriot Skënderbeu).
Per entrare nella realtà albanese bisogna liberarsi del vizio,
comune agli analizzatori occidentali, di esaminare la questione alla luce delle
visioni e dei concetti propri all’Europa ed all’Occidente. Va, invece,
riflettere sul fatto che tutti i Balcani sono frutto di vicende plurisecolari,
nel corso delle quali le popolazioni conservano l’impronta di radici
antichissime, che, nell’Albania risalgono all’epoca pre-romana degli Illiri.
Inoltre va tenuta nel debito conto l’influenza culturale e nei costumi esercitata
dall’appartenenza all’Impero musulmano.
Per molti secoli si ebbe un quadro invariato (almeno dal sec. XV
sino alle soglie dell’età contemporanea) che influenzò le leggi che in varie
epoche e particolarmente nella seconda metà del secolo XIX si preoccuparono di
dare un assetto piú stabile e certo al diritto albanese.
In questo quadro ebbero influenze decisive le concezioni religiose,
tanto che agli inizi del secolo XIX tutta la materia matrimoniale era demandata
alla regolamentazione religiosa, applicata in base alla religione di
appartenenza dei singoli.
Persino durante l'occupazione ottomana in
Albania i rapporti famigliari non erano trattati dal codice civile ottomano ma
secondo la provenienza religiosa delle parti e la loro credenza. Questo stato
di diritto è durato fino all’aprile del 1929, quando è entrato in vigore il
codice civile del regno Zogista.
In molti casi, poi, le situazioni venivano regolate da norme che
erano la confluenza del costume e delle prescrizioni religiose. Le quali ultime
erano, come è noto, basate sul Corano per i Musulmani, e incentrate sulle
prescrizioni del Profeta, chiamato Sheri (il Legislatore) e sulla Fikhut
(giurisprudenza mussulmana); sull’influenza della Perandoria romano‑bizantina
filtrata (per quanto attiene al diritto) dall’Hexabiblos di Costantin
Harménopoulos, per gli Ortodossi; sul diritto canonico cattolico per i
Cattolici.
Questo fino al 1929, cioè fino all’entrata in vigore del Codice
Zogu.
Schematizzando il relativo iter,
ricordo che la stabilizzazione del diritto albanese ha per caposaldo l’opera
dello Skanderbeg[1].
Fu questi a disegnare il progetto, non realizzato, di una lega tra
i vari principi e comandanti albanesi. Era questo un disegno che si muoveva
secondo la concezione post-medievale che del diritto si aveva al suo tempo ma
poggiava su due capisaldi che, fondati su un fertile spirito di Rinascita, successivamente sino ai giorni nostri hanno caratterizzato il
diritto albanese:
- la certezza
dell'esistenza di un popolo tra i greci e gli slavi, che non era greco e tanto
meno slavo e che tale non si considerava;
- la forte consapevolezza che questo popolo aveva raggiunto della
sua unità.
Apparve opportuno ed anzi necessario dare consistenza e chiarezza
alle convinzioni ed ai principi giuridici radicati nella pratica giuridica dei
diversi gruppi che costituivano il mosaico della nazione albanese.
Questo diritto non scritto sul quale si basava la società albanese
fu raccolto, nel tentativo di dargli forme certe, nei ‘kanuni’. Essi ebbero
varie stesure con notevoli differenze di contenuto. Si può dire tuttavia che la
fonte piú importante fu il ‘Kanun’ di Lek Dukagjni[2]
contemporaneo e collaboratore di Skanderbeg, con il quale divise la conduzione
dell’esercito.
A questo Kanun si affiancarono altri Kanuni, spesso differenziatisi
in punti significativi e rispecchianti costumi delle regioni in cui sorsero
secondo alcuni raggruppabili in 4 varianti fondamentali[3]. La
comparazione tra i kanuni evidenzia le caratteristiche comuni e le specificità,
spesso di natura regionale, conseguenza del differente grado di sviluppo
socio-economico delle Regioni[4].
I kanuni non vengono visti in contrapposizione reciproca, bensì
come integranti un sistema unitario, del diritto non scritto degli Albanesi.
Essi vanno tenuti ben presenti perché hanno costituito il diritto
praticato sino alla codificazione del re Zogu e ancora oltre.
Di recente sono per così dire riemersi dando luogo ad un
reviviscenza con la quale bisogna fare i conti.
Cito un esempio per tutti: la vendetta
privata oggi è riapparsa con grande vigore specialmente al Nord e
costituisce un motivo di forte preoccupazione nella politica legislativa dello
Stato democratico fondato sulla Costituzione del 1998.
Se ci interroghiamo sulle ragioni della osservanza quasi
ininterrotta dei kanuni forse possiamo dire che risiede nell’aspirazione alla
propria specificità di un popolo stretto (dal Nord al Sud ed ad Est) tra
popolazioni diverse rispetto alle quali trova la propria identità nella particolarità
dei suoi costumi, che possono essere anche poco condivisibili dalla cultura
europea contemporanea[5].
È alla luce di questa tenace ricerca della propria identità, alla
quale si affiancò l’aspirazione all’integrazione nella comunità europea, che va
letta un po’ tutta l’evoluzione del diritto albanese dell’età moderna e
contemporanea ed in particolare il processo legislativo del periodo intorno
alle due guerre mondiali.
Il punto di partenza può essere quello della nascita dello Stato
autonomo di Albania, sorto dopo le guerre balcaniche dai timori per il progetto
della costruzione della Grande Albania,
che consolidarono lo smembramento del popolo e dei territori degli Albanesi,
con l’annessione del Kossova alla Serbia e di consistenti regioni alla Grecia
ed all’attuale Macedonia[6].
Ben altre invero erano state le aspettative degli Albanesi guidati
da Ismail Kemal Bey in lotte che, anche grazie all’intervento dell’Italia,
portarono all’accoglimento delle richieste albanesi da parte della Turchia il 4
settembre del 1912, sicché gli Albanesi ritennero più produttivo schierarsi con
la stessa Turchia durante la successiva guerra dei Balcani, nel corso della
quale quello stesso anno il 28 novembre a Vlorë, 83 delegati musulmani e
cristiani proclamarono l’indipendenza dell’Albania dopo 500 anni di dominio
turco.
Fu dato un assetto nuovo al nascente Stato attraverso un’Assemblea
Nazionale (Kuvendi Kombëtar) di 83
membri la quale nominò un Senato di 18 membri ed elesse presidente provvisorio
del nuovo Stato Ismail Qemal Vlora, il quale nominò un Direttorio di 4 membri.
Ma questo assetto ebbe vita breve perché il riconoscimento della
raggiunta indipendenza e le sue condizioni furono regolati dalla Conferenza degli Ambasciatori delle 6
Potenze che costituivano il "direttorio europeo" sotto la presidenza
del ministro degli Esteri britannico Sir Edward Grey, riunita a Londra, che
concluse i lavori il 29 luglio del 1913 emanando un provvedimento, in 11
articoli, che stabiliva il controllo che l’Albania doveva subire e fissava solo
alcuni criteri della futura costituzione, precisando che il nuovo Stato sarebbe
dovuto essere un Principato con a
capo un Principe Tedesco (individuato successivamente, nell’aprile del 1914,
nel Principe. Guglielmo di Wied);
che la successione sarebbe stata regolata dalla legge salica (cioè attraverso la successione del primogenito
maschio); che l’Albania doveva avere lo stato di neutralità semi-armata,
garantita dalle Grandi Potenze e doveva tagliare qualsiasi legame con la
Turchia.
La condizione delineata per questo Principato era vicina a quella
di ‘Protettorato’ esercitato per 10
anni, rinnovabili, da una Commissione composta dai rappresentanti delle 6
Grandi Potenze e da un rappresentante dell’Albania.
Nel 1914 si arrivò alla promulgazione a Valona dello Statuto Organico dell’Albania, che
configurava il Principato di Albania sul modello delle Monarchie costituzionali
europee.
Al Principe-sovrano era affiancata un’Assemblea nazionale con il
potere di fare le leggi, con evidente riferimento alla dottrina della separazione dei poteri.
Interessante ed originale era la composizione dell’Assemblea, la
quale era solo in parte elettiva e di nomina del sovrano, mentre comprendeva
una componente di aventi diritto per legge tra i quali era significativa quella
dei rappresentanti delle tre confessioni religiose (musulmana, cattolica,
ortodossa) presenti nel Territorio.
Il Governo era composto da un Consiglio dei Ministri e da un Primo
Ministro, di nomina del Principe, nelle cui mani prestavano giuramento ed eventualmente
rassegnavano le dimissioni.
Vi era una organizzazione territoriale in 7 distretti con
capoluoghi aventi a capo mytesafir,
dipendenti però dal Ministro dell’Interno.
Interessante appare anche l’organizzazione della Giustizia
distribuita tra
1.
consiglio degli anziani;
2.
giudice di pace;
3.
tribunale;
4.
istanze di appello.
Vi è un riconoscimento esplicito di tutti i culti con la conservazione
delle ricchezze possedute dalle Organizzazioni religiose.
Rilevante è la previsione dell’insegnamento a carico dello Stato
sia attraverso le scuole pubbliche sia attraverso le scuole delle comunità.
Con specifica disposizione venivano fatti salvi gli obblighi ed i
trattati internazionali contratti dalla Grande Porta.
Tumultuosi avvenimenti successivi videro movimenti patriottici di
ribellione che, alla vigilia del conflitto mondiale, nel 1918 videro
l’intervento dell’Italia, interessata allo sfruttamento del petrolio e del
bitume, e dettero vita ad un Governo Provvisorio ed un Congresso Provvisorio
riunito a Durazzo il 25 dicembre di quell’anno.
La reazione a questo tentativo maldestro e screditato fu
l’indizione di un Congresso nazionale veramente rappresentativo della realtà
albanese. Esso si riunì a Lushnja il 21 gennaio del 1920 ed in 6 punti, nei
quali erano affermati i caratteri fondamentali dello Stato albanese, fu
delineato il profilo degli Organi del potere legislativo ed esecutivo.
Approvato il 31 gennaio, esso è noto come lo Statuto di Lushnja oppure Le
basi dei kanuni dell’Alto Consiglio anche se costituisce solo uno schema e
manca di completezza e perciò non era una Costituzione nel senso pieno della
parola, secondo il modello europeo. Ha però aperto la strada alla Riforma
costituzionale che per la prima volta ha introdotto la democrazia parlamentare ed il
pluralismo politico.
Perciò apparve necessario completarlo. Nel 1922 il Consiglio
nazionale approvò un nuovo testo, noto come allargamento
dello Statuto di Lushnja.
Sia lo Statuto sia il successivo allargamento dichiarano
espressamente di volersi fondare sulla tradizione e quindi sul diritto dei kanuni.
Quanto agli aspetti più salienti, vi era la sanzione esplicita
della forma monarchica, l’istituzione
di un Parlamento, la distinzione dell’esecutivo sotto forma di Governo di Gabinetto e la proclamazione
dell’autonomia del potere giudiziario.
In via provvisoria le funzioni spettanti al Re erano esercitata da
un Alto Consiglio, al quale competeva
l’esercizio del potere esecutivo. L’Alto Consiglio di 4 persone era scelto
dal Parlamento a maggioranza assoluta per 3 anni e munito di immunità parlamentare.
Venne introdotta la fiducia
parlamentare.
Il Parlamento per la prima volta veniva eletto a suffragio universale e durava in carica 4 anni. Esercitava in via
normale la funzione legislativa e di controllo sull’operato del Gabinetto e dei
singoli Ministri.
Fu prevista la nomina di un Gabinetto nominato dall’Alto Consiglio
e composto da un Primo Ministro (Fan Noli, autorevole esponente della chiesa
ortodossa, che rapidamente si espandeva in tutta l'Albania) e dai Ministri.
In conclusione può dirsi che il modello delineato da questo Statuto
era quello della Monarchia costituzionale,
con la conseguente divisione dei poteri (legislativo, esecutivo,
giurisdizionale). Esso era fortemente influenzato dagli altri modelli europei
ed in modo particolare da quello belga del 1831 ed italiano del 1848.
Non mancava tuttavia di originalità. La funzione legislativa era
esercitata congiuntamente dal Consiglio degli Anziani (Parlamento) e dall’Alto
Consiglio (il quale esercitava anche la Reggenza
al posto del Re costituendo forse il primo
caso di esercizio collegiale delle funzioni di Capo dello Stato). Il
Consiglio degli anziani era di elezione diretta a suffragio universale
maschile.
Degno di nota è che lo Statuto non
faceva nessuna distinzione tra cittadini albanesi e stranieri.
Per la prima volta veniva affermato che la tassazione doveva
avvenire soltanto attraverso la legge (così come affermato in Inghilterra già
dal secolo XVII).
Questo Statuto, significativo per il carattere di democraticità
approvato mentre nella vicina ed influente Italia si stabilizzava la dittatura,
ebbe vita breve.
Nel 1924 ad opera principalmente di Fan Noli nasce il Governo provvisorio democratico di Noli,
fondato su un Programma Provvisorio realizzato
attraverso atti del Consiglio dei Ministri.
Nel 1925, il 25 gennaio, fu proclamata nuovamente la Repubblica di Albania, rimasta in vita
fino al 1 settembre del 1928 e fu emanato un nuovo Statuto a carattere
democratico e pluralistico. Intanto si aveva la svolta impressa da Hamet Zogut,
capo del partito popolare il quale stava attuando una politica autoritaria che
costrinse molti oppositori ad emigrare, sicché nell’Assemblea parlamentare
erano rimasti solo 22 deputati indipendenti contro 40 favorevoli al Governo.
Il nuovo Statuto comprendeva 142 articoli divisi in 4 capi.
Le funzioni legislative restavano al Parlamento composto, per la
prima volta, da due Camere: la Camera dei deputati (Dhoma e deputetëve), di 57 membri ed il Senato di 18 membri.
Si accentuano i poteri del Capo dello Stato (Hamet Zogut), che è
Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio dei Ministri e viene
eletto per 7 anni.
Il modello, così come appare all’estero, sembra quello degli Stati
Uniti. Ma a ben vedere esso era più vicino a quello francese del 1875. Tuttavia
va segnalato che a differenza del modello francese lo Statuto albanese del 1925
non seppe dar vita ad uno stabile sistema
parlamentare.
Viene istituito un Consiglio
per il controllo delle Finanze.
Viene proclamata l’indipendenza dei Tribunali
Lo Statuto non garantiva contro le svolte autoritarie. Infatti già
nel dicembre del 1925 Zogut fece approvare una legge che prevedeva la punizione
di ogni azione di propaganda contro il Governo e fece istituire un Tribunale Speciale per la punizione
degli avversari.
In apposito articolo 141 ultimo paragrafo si stabiliva che la forma repubblicana non poteva essere
cambiata.
Questo articolo fu molto importante perché era di ostacolo alle
mire di Zogut. Il quale dovette faticare molto per ottenerne la possibilità di
modifica, approvata su proposta del Senato, nel 1927, attraverso la
riformulazione dell’articolo 141 e la previsione della possibilità di modifica
dello Statuto da parte di un’Assemblea
Costituente.
Si introdusse così un nuovo organismo costituente che
apparentemente sembrava più rispondente alle esigenze di partecipazione dei
cittadini, mentre nei fatti diventò strumento per la modifica rivoluzionaria e
l’affermazione del potere assoluto di Zogut.
Di fatti appena insediata l’Assemblea Costituente sciolse il
Parlamento (12 giugno 1928) e restaurò la Monarchia proclamando Zog I Re degli Albanesi: 22 novembre
1928.
Fu emanato (1 dicembre 1928) un nuovo Statuto Fondamentale del Regno d’Albania (Mbrëtnia Shqiptare). Il quale ampliò enormemente le competenze ed i
poteri del Re mentre ridusse il parlamento ad una posizione formale. Non si metteva in discussione
né la democrazia né il pluralismo, però l’esecutivo si rafforzava attraverso
l’approvazione dei codici e di leggi improntati ai modelli occidentali.
Nacquero così un Codice penale del
1928, il Codice Civile nel 1929, il Codice Commerciale nel 1932.
Il modello di Statuto è misto anche se essenzialmente impostato su
quello delle Monarchie costituzionali.
Viene proclamata la derivazione dal popolo di tutti i poteri, che
però vanno esercitati in conformità allo Statuto. Il quale attribuisce la
funzione di Capo dello Stato al Re degli Albanesi con i poteri di esercitare
insieme al Parlamento la funzione legislativa e di nominare il Consiglio dei
Ministri e di esercitare il potere esecutivo.
La successione dinastica avveniva per linea maschile diretta.
Il Parlamento era composto dalla Camera dei Deputati, di 57 membri,
eletti dal popolo che rimanevano in carica per 4 anni. Ogni Deputato veniva
eletto da una circoscrizione elettorale di 15.000 abitanti o frazione superiore
a 7.500 abitanti, però rappresentava la
Nazione e non solo la circoscrizione che lo aveva eletto.
Fu istituito un Consiglio di Stato (Këshilli i Shtetit) di 10 membri.
Venne sancita l’autonomia dei giudici stabilendo, però, che le loro
sentenze, emanate in nome del Re, dovessero essere fondate esclusivamente sulla
legge e che personalmente non dovessero svolgere attività politica.
Tappa fondamentale della politica legislativa del periodo che
precedette la seconda guerra mondiale è la pubblicazione dei Codici.
Con il Codice civile detto Codice Zogu si ha il primo codice ufficiale civile dell’Albania.
Esso rappresentò un evento di ammodernamento rispetto al vecchio diritto
consuetudinario e cercò di innovare riguardo ad alcune prescrizioni dei kanuni.
Era modellato sui codici classici dell’epoca, cioè sul code Napoléon, sul Codice civile italiano del 1865 e sul Codice
svizzero[7].
Ma se il modello era europeo la disciplina di singoli punti aveva aspetti di
originalità e rispecchiava le particolarità della realtà albanese.
Per tutti valga un esempio tratto dalla materia del diritto
famigliare, nella quale più tenaci erano i principi e le discipline dei kanuni.
I rapporti familiari ed il matrimonio erano disciplinati dagli
artt. 120-409, incentrati intorno al riconoscimento della potestà del marito e
del padre sui figli. In tal modo esso continuava a mantenere la disuguaglianza,
esistente nei kanuni, della donna nei rapporti famigliari.
Gli aspetti patrimoniali connessi al matrimonio erano trattati
sotto il titolo "Il contratto del matrimonio" agli artt. 1331 1389
c.c.
In essi si rinviava alle disposizioni generali in materia
contrattuale per tutti i rapporti patrimoniali nascenti dal matrimonio, ad
eccezione delle ipotesi trattate espressamente in modo specifico: a queste
erano dedicati quattro appositi capitoli.
1. Disposizioni di carattere generale sulla peculiarità dei
rapporti famigliari.
2. Dote, che poteva essere costituita dal padre della donna o da un
terzo; era destinata a sostenere il peso (economico) del matrimonio ed era
amministrata dal marito, fino all'eventuale scioglimento.
3. Beni parafernali costituito dal patrimonio della donna che non
fa parte della dote e che il marito non ha diritto di amministrare.
4. Il patrimonio creato da entrambi i coniugi durante il
matrimonio.
Il codice civile del 1929 disciplinava ex professo il fidanzamento, definito come una promessa per il matrimonio.
La rottura del fidanzamento comportava conseguenze giuridiche, soprattutto
il risarcimento dei danni e la restituzione dei regali secondo (artt. 114 - 119
c.c.).
L'età per il matrimonio che nei kanuni era legata alla pubertà,
veniva fissata solo in un numero di anni, 18 per gli uomini e 16 per la donna,
distinguendosi, poi, chi avesse raggiunto o meno i 20 anni. Per coloro che non
avessero 20 anni era necessaria l'approvazione del padre (art. 123 c.c.);
superati i 20 anni non era più necessaria l'approvazione dei genitori, però fin
che non avesse compiuto 25 anni occorreva che si desse comunicazione scritta, a
mezzo di notaio, al genitore eventualmente dissenziente (art. 128 c.c.).
Dieci giorni prima del matrimonio si metteva un avviso presso il
Comune dove i nubendi dovevano abitare.
Secondo il codice civile (art. 188) la donna prendeva il cognome
del marito e lo seguiva ovunque; se straniero prendeva la cittadinanza del
marito automaticamente.
Il marito doveva assicurare il sostentamento della moglie, ma anche
la moglie doveva dare il suo contributo soprattutto se il marito non avesse
molte disponibilità.
Nel c.c. alla donna veniva riconosciuta la piena capacità di agire;
però tale riconoscimento era solo formale perché la donna aveva necessità
dell'approvazione del marito per qualsiasi attività e specificamente per esercitare
una professione.
La donna vedova o la donna il cui matrimonio fosse stato annullato,
non poteva contrarre nuovo matrimonio se non fossero trascorsi 300 giorni dallo
scioglimento Questo periodo veniva diminuito con sentenza del Tribunale se vi
erano le prove che la donna non era incinta.
Il codice non rispettò le idee dei cattolici ed introdusse il divorzio. Lo scioglimento del matrimonio
viene riconosciuto solo per gravi motivi o in seguito a separazione personale
dei coniugi. I gravi motivi erano: il tradimento della donna, l'abbandono del
coniuge, le malattie terminali e mentali, la mancanza di figli, la sterilità
naturale; un caso a parte e singolare era quello di gravi sconvolgimenti nei
rapporti familiari (artt. 203, 209 c.c.).
Le posizioni calibrate (equilibrate) tra modernità e tradizione
apparvero arretrate e perciò furono emanate leggi ulteriori di ammodernamento.
Con la legge sul fidanzamento
del 1934 veniva riconosciuto alla ragazza il diritto ad esprimere il proprio
consenso riguardo alla scelta operata dal padre e stabiliva che il fidanzamento
non potesse avvenire prima dei sedici anni. Inoltre concedeva alla donna la
facoltà di sciogliere il fidanzamento.
In corrispondenza di ciò fu introdotta una nuova norma nel Codice
penale che puniva i genitori ed i tutori che agivano contro le regole della
legge sul fidanzamento.
Grande importanza e rilievo ebbe la legge approvata nel marzo del
1937 sul divieto di velo per le
donne. Tale divieto fu la conseguenza di un lungo cammino le cui tappe
principali furono la costituzione dell’associazione La donna albanese la quale si impegnò su molti fronti a rivendicare
l’autonomia e la dignità della donna. Su sua sollecitazione si riunì la
Presidenza del Comitato dei Musulmani,
la quale, dopo lungo dibattito, dichiarò che l’obbligo del velo non era
contenuto nel Corano e pertanto poteva essere abolito. Esso segnò un passo
molto importante nel cammino di valorizzazione e di liberazione della donna
albanese e fu preceduto dal divieto di circolazione per le strade di donne
scalze e coperte dalla testa ai piedi con ferexhe.
[2] Per la ricostruzione del ‘Kanun’ ci si è basati sui racconti di sokol bacit, che ricostruì 75 articoli,
cui dette il nome di “Legge di Lek Dukagjni”, nel 1894.
[3] Per la loro ricostruzione sono essenziali soprattutto dei “Leka
Kanun” di R. Kazmajac; la ‘Gazeta Prizèreni’ del 1871; la ‘Gazeta Salname e Vilajeti’
del Kossovo, del 1894; la ‘Gazeta e Vilajetit’ del Monastero (1889-1890);
l’accordo tra Shales, shoshit e Nikajt di Merturi (1894); il Kanun della
Bandiera di Curbinit (1906); la decisione della campagna Vukèl (1892). Si
riconoscono quattro varianti principali dei ‘kanuni’. Oltre il Lek Dukagjni, il
Kanun delle Montagne, il Kanun di Skanderbeg, detto anche di Arberia, Kanun di
Laberia, detto anche ‘Shartet e Idriz Sulit’. Riguardo alla loro vigenza
territoriale, si può notare che il kanuni di Lek Dukagjni era il piú diffuso e
aveva radici nell’estremo Nord; pure al Nord trovava diffusione il kanuni di
Skanderbeg e quello delle Montagne; al Sud era diffuso il kanuni di Laberia.
[5] Sul punto, da ultimo, si può tenere presente il recente libro di sisto capra, Albania Proibita. Il sangue, l’onore ed il codice delle montagne,
Milano 2000.
[6] Lo smembramento trova origine nel Trattato di
San Stefano (3 marzo 1878) che prevedeva, la divisione dei territori di lingua
albanese. E' solamente con il trattato di Berlino (13 luglio 1878) che i
tedeschi, guidati da Bismark, per limitare l'influenza della Russia e per non
umiliare eccessivamente l'impero ottomano, decisero che il trattato di San
Stefano dovesse essere modificato. Si salvò così l'integrità territoriale
dell'Albania, ma alcuni territori dovettero essere ceduti agli Stati vicini. La
Serbia prese i territori di Kusumlje e di Vranja; al Montenegro andarono quelli
di Antivari e i territori di Gusinj, Plava e Triepsi, invece la Grecia si prese
una parte parte dell'Epiro. Proprio per protesa contro questi smembramenti,
nella stessa estate, fu creata la Lega albanese per la difesa e la
rivendicazione del terrritorio nazionale (Lega di Prizrend). Animatore di
questa fu Abdyl Frashëri. Ma, a differenza dell'antica Lega di Scanderbeg, il
comitato albanese sorgeva ora per incoraggiamento turco, col compito di
difendere l'Albania dagli appetiti delle popolazioni vicine.
Tale appoggio non durò a lungo: l'Inghilterra fece pressione,
insieme alle potenze firmatarie del Trattato di Berlino, su Istanbul. A questo
punto, la Turchia, rinnegando l'appoggio segreto assicurato alla Lega di
Prizrend, inviò Dervish Pascià con 30000 uomini a reprimere la rivolta del nord
dell'Albania. Dervish vinse le forze della Lega, uccidendo od esiliando i capi,
prendendo in ostaggio anche il giovane principe dei Mirditi, Preng Bib Doda.
Nonostante ciò, vi fu la formazione, nel 1883, di una nuova lega fra
le tribù di Kastrat, Hoti, Gruda e Shkreli, contro l'occupazione montenegrina
dei territori albanesi. Altre manifestazioni dello spirito albanese seguirono
nel 1897, in occasione della guerra greco-turca, e nel 1908 allo scoppio della
rivoluzione dei Giovani Turchi.
E proprio con l'arrivo al potere di questi, nel 1908, ebbe l'inizio
una fase dinamica del risveglio dell'Albania. La loro "politica aggressiva
e centralista era stato il lievito che aveva risvegliato il sentimento
nazionale degli albanesi" scrisse Ismail Qemal bey Vlora, il padre dell'indipendenza albanese.