N.
3 – Maggio 2004 – Lavori in corso – Contributi
Il diritto uniforme e comunitario per la sicurezza dei trasporti marittimi con riguardo all’allargamento dell’Unione Europea
Università di Sassari
Sommario: 1 La navigazione nel Trattato istitutivo. – 2. Riflessi
dell’allargamento in campo marittimo. – 3. Allargamento e politica marittima.
Il
Trattato istitutivo della Comunità economica europea, nell’art. 84 del testo
originario (corrispondente all’attuale art. 80), prevedeva l’unanimità nel
Consiglio per l’adozione di disposizione per la navigazione marittima ed aerea,
sottraendo così tali materie all’applicazione delle disposizioni del titolo IV (attuale
titolo V), ma non, ai princìpi generali del Trattato, come venne precisato
dalla Corte di giustizia nella celebre decisione del 1974 sui marittimi
francesi[1].
Con l’Atto Unico Europeo del 1986 venne introdotta la regola della maggioranza
qualificata anche per la navigazione marittima ed aerea, sia pure con
esclusione delle materie coperte dall’art. 75, comma 3 del testo originario
(attuale art. 71), per le quali venne mantenuta la regola dell’unanimità,
costituendo così i presupposti sui quali si è sviluppata la successiva azione
della Comunità anche in materia di trasporti marittimi ed aerei. L’inizio della
più incisiva politica comune nella materia può essere fatto risalire alla
comunicazione della Commissione sulla sicurezza dei mari del 1993[2],
che individuava alcuni capisaldi su cui basare l’azione comunitaria, fra cui,
una convergenza nell’applicazione delle regole internazionali esistenti e
nell’adozione di regole internazionali omogenee da parte degli Stati portuali,
lo sviluppo di sistemi di ausilio della navigazione e di sorveglianza del
traffico e, infine, l’assunzione da parte dell’Unione europea di un ruolo di
promozione dell’attività di regolamentazione a livello internazionale.
Il recente
allargamento dell’Unione europea induce a qualche considerazione specifica sul
quadro comunitario dei trasporti marittimi, tenuto conto del radicale mutamento
del contesto nel quale questo deve operare, rispetto a quello dell’originaria
Comunità a sei membri, in cui i servizi marittimi erano essenzialmente
costituiti da relazioni con Stati terzi, con scarso rilievo, viceversa, delle
relazioni intracomunitarie[3].
Nel libro
bianco della Commissione La politica europea de trasporti fino al 2010: il
momento delle scelte, si trova la constatazione che «La flotta europea si è
ridotta per lasciare il posto ad unità battenti bandiera ombra e le carriere
marittime esercitano un’attrazione sempre minore. La mancanza di marinai
nell’Unione europea si fa sempre più sentire. Rispetto all’inizio degli anni
80, l’Unione europea ha perduto il 40 % dei propri effettivi in marina e la
mancanza di ufficiali comincia a creare seri problemi alla marina mercantile.
Entro il 2006 mancheranno nell’Unione europea cerca 36 000 marinai. Disporre di
marinai ben formati e competenti significa una navigazione sicura, navi in
buono stato e ben funzionanti, meno incidenti e quindi meno morti nonché meno
inquinamento. Esistono infine considerazioni strategiche legate
all’approvvigionamento petrolifero della Comunità, che ha bisogno di un know-how
marittimo per garantire uno stretto controllo della flotta petroliera
nell’Unione europea. Al trasporto marittimo fanno capo in ogni caso più di due
terzi, ovvero il 70 %, degli scambi complessivi tra la Comunità e il resto del
mondo. Dai porti europei passano ogni anno circa 2 miliardi di tonnellate di
merci diverse, input ed output dell’economia europea (idrocarburi, combustibili
solidi e minerali, prodotti manifatturieri)»[4].
È stato
correttamente osservato come fra le ragioni della contrazione della flotta
sotto bandiera comunitaria non sia stato indifferente l’approccio che ha
caratterizzato una buona parte dell’operato del legislatore comunitario, che,
seguendo la suggestione del (non più così attuale) tradizionale principio della
libertà dei mari, ha erroneamente ritenuto «non necessarie particolari misure di diritto comunitario secondarie
atte a garantire che l’integrazione dei mercati degli Stati membri avvenisse in
modo armonico e, soprattutto senza dar luogo a fenomeni di opportunismo da parte
di soggetti sforniti di adeguati collegamenti con l’ordinamento comunitario»[5].
Tre dei
nuovi Stati membri dell'Unione europea (Malta, Cipro, Slovenia) sono Stati mediterranei,
il che, fra l’altro, dovrebbe consentire una più incisiva azione per la tutela
dell’area, nel quadro più generale del sistema della Convenzione di Barcellona
del 1976 [6].
La Slovenia ha uno sbocco sul mare di estensione piuttosto limitata, in cui
insiste però il porto di Capodistria; l'incidenza della bandiera slovena in
campo marittimo non è invece particolarmente rilevante. Malta e Cipro portano
invece in dote, rispettivamente, la quinta e la sesta bandiera di
immatricolazione delle flotte mercantili mondiali, con un tonnellaggio
complessivo di stazza lorda, secondo gli ultimi dati disponibili,
rispettivamente di 44 milioni di tonnellate e 36 milioni di tonnellate. I
registri di questi due nuovi Stati membri sono diventati così i due registri più
rilevanti in ambito comunitario, dopo quello greco, che, attualmente, a livello
mondiale, con i suoi 49 milioni di tonnellate, risulta essere il terzo, dopo
quello di Panama (187 milioni di tonnellate) e quello della Liberia (77 milioni
di tonnellate). In ambito comunitario, la flotta più consistente dopo quella
greca, prima dell’allargamento, era quella norvegese (ottava a livello
mondiale, con i suoi 32 milioni di tonnellate)[7]. La flotta mercantile polacca non è
altrettanto importante, pur essendo comunque di un qualche rilievo; peraltro, è
da considerare che, a differenza di Malta e Cipro, la Polonia dispone di una
certa consistenza di forza lavoro nel settore marittimo[8].
Con l’allargamento,
la flotta mercantile iscritta in registri di Stati dell’Unione rappresenta,
globalmente (in termini di tonnellate di stazza lorda) il 23 per cento della
flotta mondiale, rispetto al 13 per cento della flotta mondiale, che costituiva
la consistenza percentuale rispetto alla flotta mondiale (sempre in termini di
stazza lorda) della flotta dell’Europa dei quindici. Per inciso, se si va a considerare la consistenza della flotta
controllata, a prescindere dal registro di iscrizione, l’incremento riscontrato
appare alquanto più modesto. Secondo stime attendibili, l’incremento della
flotta controllata da soggetti stabiliti nell’Europa allargata, rispetto alla
flotta controllata da soggetti stabiliti nella Europa dei quindici, in termini
di tonnellata complessive di stazza lorda, è soltanto di due punti percentuali:
dal ventinove al trentuno per cento (da 239,8 milioni di tonnellate a 260,3
milioni di tonnellate di stazza lorda[9]).
Da questo dato, può ben comprendersi come la politica di ammissione nei propri
registri di alcuni dei nuovi membri, ed in particolare di Malta e Cipro, sia
stata caratterizzata da maglie alquanto larghe: in effetti, i registri sia di
Malta che di Cipro sono noti a livello internazionale per essere caratterizzati
da un sistema di “open registry”[10].
Il che, peraltro, non era di per sé illegittimo, perché, se è vero che l’art.
91 della Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare richiede un genuine
link ai fini della ammissione nei propri registri, è altrettanto vero che
precisa altresì che il contenuto del genuine link debba essere
determinato da ciascuno Stato[11].
Né ha avuto fino a questo momento successo il tentativo, peraltro relativo, di
stringere i freni con la Convenzione di Ginevra sulle condizioni per l’iscrizione
delle navi del 7 febbraio 1986, che lasciava comunque agli Stati un ampio
margine di discrezionalità, e che, ad ogni modo, non ha ottenuto il necessario
successo di ratifiche per entrare in vigore[12].
In ogni caso,
le conseguenze dell’allargamento sull’incremento della flotta sotto bandiera
comunitaria comporta un risultato di per sé tutt'altro che irrilevante, anche
sotto il profilo delle implicazioni di politica marittima e dei trasporti. Al
riguardo, sembra sufficiente richiamare l'attenzione su quelle che sono le
condizioni per l'entrata in vigore delle convenzioni multilaterali in materia
marittima. Infatti, è assai frequente la clausola che vincola l'entrata in
vigore al raggiungimento di una certa consistenza in assoluto od in percentuale
nell’ambito del tonnellaggio mondiale fra gli Stati che abbiano ratificato il
testo.
Un esempio
significativo è proprio quello dell’art. 19 della menzionata Convenzione di
Ginevra del 1987 sulle condizioni per l’iscrizione delle navi[13].
Possono al riguardo citarsi, a titolo di esempio, alcune fra le più recenti
Convenzioni di diritto uniforme non ancora entrate in vigore di particolare
rilevanza per la sicurezza della navigazione o la tutela ambientale: la
Convenzione di Londra del 1996 sul risarcimento dei danni derivanti dal
trasporto via mare di sostanze nocive o pericolose [14]; la Convenzione di
Londra del 23 marzo 2001 sulla responsabilità civile per danni dovuti a
inquinamento da idrocarburi usati per la propulsione della nave[15];
la Convenzione di Londra del 5 ottobre 2001 sul controllo dei sistemi
antivegetativi pericolosi[16].
Disposizioni di analoga ispirazione hanno del resto vincolato anche in passato l’entrata in vigore di testi diritto uniforme. Fra i più significativi, possono menzionarsi: la Convenzione di Bruxelles del 29 novembre 1969 sulla responsabilità per spandimento in mare di idrocarburi (c.d. CLC 1969)[17] ed il suo più significativo protocollo di emendamento del 1992[18], nonché la Convenzione di Londra del 20 ottobre 1972 sulla prevenzione degli abbordi in mare[19], la Convenzione di Londra del 2 novembre 1973 sulla prevenzione dell’inquinamento da navi (c.d. MARPOL), come emendata dal Protocollo di Londra del 17 febbraio 1978[20], la Convenzione di Ginevra del 6 aprile 1974 sul codice di condotta della conferenze di linea[21]; della Convenzione di Londra del 1° novembre 1974 sulla salvaguardia della vita umana in mare (c.d. SOLAS)[22].
Si
comprende bene, quindi, quale possa essere il rilievo dell’ingresso nell’Unione
di Malta e Cipro, ai fini della determinazione e del consolidamento di una
politica comune dei trasporti marittimi. Peraltro, è da osservare come, anche
nell’Europa dei 15, l’approccio rispetto alla navigazione ed ai trasporti
marittimi, non ha seguito integralmente le medesime linee, al di là di quanto
veniva richiesto dalle norme di liberalizzazione dei traffici[23],
e delle (comunque correlate) iniziative a tutela della sicurezza dei traffici e
della salvaguardia ambientale[24],
per lo più seguite a vicende che, in qualche misura, avevano evidenziato
l’inadeguatezza della disciplina preesistente[25]. È da chiedersi se
in progresso non sarebbe opportuno sviluppare una politica comune in materia di
trasporto, al di là di quanto non avvenga oggi, sulla base del Trattato istitutivo.
Appare in effetti quantomeno inopportuno, anche sotto il profilo della
determinazione di regole comuni per gli operatori economici in concorrenza fra
loro[26],
la disuniformità delle regole di responsabilità a cui essi soggiacciono[27].
Si tratta, del resto, del medesimo ordine di considerazioni che ha indotto il
legislatore comunitario a stabilire regole comuni per la responsabilità del
vettore aereo, prima a proposito della sovraprenotazione (con il regolamento
(CEE) n. 295/91 del Consiglio del 4 febbraio 1991 che stabilisce norme comuni
relative ad un sistema di compensazione per negato imbarco nei trasporti aerei
di linea), e poi per i danni ai passeggeri, con il regolamento (CE) n. 2027/97
del Consiglio, del 9 ottobre 1997 sulla responsabilità del vettore aereo in
caso di incidenti che comportino danni alla persona del passeggero, poi
modificato dal regolamento 889/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del
13 maggio 2002, che estende la disciplina comunitaria anche alla responsabilità
per il trasporto di bagagli. E, nella medesima ottica, può segnalarsi la
sottoscrizione comunitaria della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999. La
Commissione ha peraltro evidenziato come il medesimo ordine di esigenze dovesse
essere soddisfatto anche con riferimento al trasporto marittimo di passeggeri,
a proposito della ratifica del Protocollo di emendamento di Londra del 2002
della Convenzione di Atene del 1974[28].
L’allargamento
ha comunque ulteriormente richiamato l’attenzione sui problemi connessi alla sicurezza
ed alla tutela dell’ambiente, tenuto conto del coinvolgimento delle bandiere di
Malta e di Cipro in alcuni recenti sinistri marittimi di particolare gravità,
fra cui, è da ricordare il caso della petroliera cipriota Haven dell’11
aprile 1991, che ha riguardato le acque italiane[29] e, nelle acque
francesi, quello della petroliera Erika, di bandiera maltese (ma sotto
controllo operativo italiano, e certificata dal RINA)[30] . Più in generale,
qualche ragioni di preoccupazione può provenire dalla constatazione della
presenza di entrambi gli Stati nella Black List del Paris MoU - Port State Control, Annual Report 2002,
del 9 luglio 2003 [31],
in conseguenza, verosimilmente, dell’inadeguatezza delle loro amministrazioni
della marina mercantile rispetto alle dimensioni delle flotte che battono le
loro bandiere, e comunque della tendenziale insussistenza di un effettivo
collegamento ad essi delle navi immatricolate nei loro registri[32].
Tutto ciò potrebbe dovrebbe ad un’ulteriore intensificazione del criterio del
controllo dello Stato portuale, da affiancarsi al frequentemente solo virtuale
controllo dello Stato della bandiera[33], contrastando
altresì l’insorgente fenomeno dei “porti di comodo”, in cui il controllo non
venga effettuato, o venga effettuato in maniera compiacente[34].
[1]
C. giust. 4 aprile 1974, in causa C-167/73, Commissione c. Francia, in
Racc. 1974, 359; in Foro it. 1974, II, 201. La decisione tuttavia
lasciava ancora qualche margine di ambiguità sull’estensibilità ai trasporti di
tutte le parti del Trattato (come era opinione prevalente nella dottrina),
ovvero soltanto di quelle della seconda parte del Trattato, intitolato ai
“Fondamenti della Comunità”: cfr. Hartley,
I trasporti, in Trent’anni di diritto comunitario, Lussemburgo,
1983, 451, 457; Estienne-Henrotte, L’application
des règles générales du Traité de Rome au transport aérien, Bruxelles, 1988, 39 ss. (sia pure con
riferimento principale all’analoga questione del trasporto aereo).
Sull’evoluzione successiva, v. fra gli altri: Fois,
Cabotaggio marittimo e libera prestazione di servizi, in Continuità
territoriale e servizi di trasporto marittimo, a cura di Tullio e Deiana,
Cagliari, 2001, 109, 110 ss.
[3]
Ed era verosimilmente dovuto a tale contesto la disciplina d’eccezione del
trasporto marittimo (oltre che di quello aereo) dell’art. 84, comma 2, del
Trattato (attuale art. 80): cfr. Munari,
Il diritto comunitario dei trasporti, Milano, 1996, 122. Sulla
non unanimità di approccio al settore dei trasporti, all’epoca della redazione
del Trattato di Roma, cfr. van Miert, Competition
Policy in Maritime Sector, relazione all’International Maritime
Conference on International Safety Management Code (ISM) and Maritime
Competition (Antwerpen, 27 novembre 1998), in Europ. Transp. Law, 1999, 3, 4.
[6]
La Comunità è stata parte contraente della Convenzione, sulla base della
decisione 77/585/CEE, e si è comunque attivata per promuovere azioni di tutela
ambientale a livello regionale: cfr. Conetti,
Competenze comunitarie per la difesa delle acque dall'inquinamento in Arch.
giur. 1982, 669; sul contesto nel quale l’azione comunitaria in
materia veniva ad incidere, anteriormente all’adozione dell’Atto Unico Europeo,
v. Camarda, Convenzione
“Salvage 1989” e ambiente marino, Milano, 1992, 85 ss. Sul sistema della
Convenzione di Barcellona, v. in generale Lenza,
Il sistema regionale per la protezione del Mediterraneo contro
l'inquinamento in Dir. mar. 1986, 796; Scovazzi, Nuovi sviluppi del “sistema di Barcellona” per
la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento, in Riv. giur. amb. 1995,
735.
[7]
Per il rilevo delle flotte sotto bandiera maltese e cipriota, v. l’introduzione
della Comunicazione C(2004) 43 della commissione — Orientamenti comunitari
in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi, in Gazzetta
ufficiale dell’Unione europea, 17 gennaio 2004, C 13/3.
[8]
Per i dati relativi alla Polonia, cfr. Eurostat, Aviation and Marittime
Statistics in the Candidate Countries – Data 1995-2000, Bruxelles, 2002,
115 ss.
[9]
I relativi dati sono ricavabili sulla base di statistiche che, sono, fra
l’altro, riportate in Internet, nel sito dell’Amministrazione marittima degli
Stati Uniti d’America, consultabile alla pagina http://www.marad.dot.gov/Marad_Statistics/
.
[10]
Entrambi sono classificati come tali dall’UNCTAD: cfr. UNCTAD Review of
Marine Transport, 2003, 32. Per la contrapposizione fra “open registry”
e “genuine link” (ed ulteriori indicazioni bibliografiche sul punto), v.d’Alessio, Nazionalità della nave
tra codificazione e decodificazione, Napoli, 1984, 317.
[11]
Nella letteratura italiana recente, v., anche per ulteriori riferimenti: Montebello, Le bandiere di
convenienza, sistemi di registrazione «alternativi» e Port State Control,
in Trasp. 85/2001, 149, 152 ss.; Righetti,
Trattato di diritto marittimo, I, Milano, 1987, 1087; Sisto - Valenti, L’internazionalizzazione
della flotta mercantile italiana: la «bareboat charter registration», in Dir.
mar. 1996, 909, 921; Zunarelli,
La convenzione di Ginevra per la registrazione delle navi, in Dir.
mar. 1986, 853, 854.
[12]
Zunarelli, La convenzione di
Ginevra per la registrazione delle navi, cit., 855. Va peraltro osservato
come tale Convenzione abbia seguito la linea dell’affermazione della rilevanza
dell’esercizio ai fini dell’attribuzione della nazionalità, attraverso la bare-boat
charter registration: cfr. Romanelli,
Riflessioni sulla disciplina del contratto di trasporto, in Dir.
trasp., 1993, 295, 306 e ivi nota 25]. La deroga ai normali criteri
per l'iscrizione della nave nei registri nazionali, o per la sua dismissione,
attraverso la cosiddetta bare-boat charter registration, è stata
contemplata nel nostro ordinamento, a livello di normativa interna, con gli art.
28 e 29 della l. 14 giugno 1989, n. 234: cfr. Pescatore,
Locazione di nave a scafo nudo e iscrizione nei «registri speciali», in
Foro it., 1992, V, 185, 193; Caliendo,
Osservazioni in tema di «bareboat registration», nazionalità e
bandiera della nave nella l. 14 giugno 1989 n. 234, in Dir. maritt., 1989,
379, 385. Sul genuine link come «rapporto in virtù del quale lo Stato
deve essere in grado di esercitare la propria autorità», v. Carbone, Legge della bandiera e
ordinamento italiano, Milano, 1970, 19 (e richiami ivi contenuti).
[13] «This Convention shall
enter into force 12 months after the date on which not less than 40 States, the
combined tonnage of which amounts to at least 25 per cent of world tonnage,
have become Contracting Parties to it in accordance with article 18. For the
purpose of this article the tonnage shall be deemed to be that contained in
annex III to this Convention».
[14]
Il testo della Convenzione, approvato dalla Conferenza di Londra del 15 aprile
- 3 maggio 1996, è fra l’altro consultabile in Dir. mar. 1996, 845,
oppure in Dir. trasp. 1996, 957. Per un commento, v., in generale, Zunarelli, La Convenzione di Londra
del 3 maggio 1996 sulla responsabilità nel trasporto marittimo di sostanze
pericolose e nocive (H.N.S. 1996), in Dir. trasp., 1997, 727. Il
principale ostacolo ad un efficiente meccanismo risarcitorio che richieda
l’intervento di un Fondo, finanziato con meccanismi analoghi allo IOPCF,
rispetto all’inquinamento determinato da sostanze diverse dagli idrocarburi
deriva dalla frammentazione dei destinatari di tali sostanze nocive, di cui
soltanto poche «hanno un numero relativamente ristretto di destinatari del
carico» (così: Camarda, L’evoluzione
della normativa internazionale e nazionale vigente in materia di sicurezza
della navigazione e prevenzione dell’ambiente dall’inquinamento marino, in Riv.
giur. amb., 2001, 699, 711).
[15] Ai sensi dell’art. 14: «This Convention shall enter into force one year following the date on which
eighteen States, including five States each with ships whose combined gross
tonnage is not less than 1 million, have either signed it without reservation
as to ratification, acceptance or approval or have deposited instruments of
ratification, acceptance, approval or accession with the Secretary General».
[16]
International Convention on the Control of Harmful Anti-fouling Systems on
Ships; è destinata ad entrare in vigore 12 mesi dopo che sia stata raggiunta la
ratifica del venticinquesimo Stato,per un totale, almeno, del venticinque per
cento del tonnellaggio mondiale.
[17]
Ai sensi dell’art. XV, § 1,
della CLC 1969: «The present
Convention shall enter into force on the ninetieth day following the date on
which Governments of eight States including five States each with not less than
1,000,000 gross tons of tanker tonnage have either signed it without
reservation as to ratification, acceptance or approval or have deposited
instruments of ratification, acceptance, approval or accession with the
Secretary-General of the Organization».
[18] Article 13, § 1, del CLC Prot. 1992: «This Protocol shall enter into force twelve
months following the date on which ten States including four States each with
not less than one million units of gross tanker tonnage have deposited
instruments of ratification, acceptance, approval or accession with the
Secretary-General of the Organization».
[19]
Cfr. art. IV COLREG 1972, che richiede la ratifica da parte di almeno quindici
Stati, che rappresentino almeno il sessantacinque per cento della flotta
mondiale di navi di almeno cento tonnellate di stazza lorda.
[20] Art. 15, § 1, MARPOL 73/78: «The present Convention shall enter into
force twelve months after the date on which not less than fifteen States, the
combined merchant fleets of which constitute not less than fifty per cent of
the gross tonnage of the world's merchant shipping, have become parties to it
in accordance with Article 13 of the present Convention».
[21] Art. 45, § 1, Conv. Ginevra 1974: «The present Convention shall enter into
force six months after the date on which not less than 24 States, the combined
tonnage of which amounts to at least 25 per cent of world tonnage, have become
Contracting Parties to it in accordance with article 48. For the purpose of the
present article the tonnage shall be deemed to be that contained in Lloyd's
Register of Shipping - Statistical Tables l973, table 2 "World
Fleets-Analysis by Principal Types", in respect to general cargo
(including passenger/cargo) ships and container (fully cellular) ships,
exclusive of the United States reserve fleet and the American and Canadian
Great Lakes fleets».
[22] Art. X, lett. a) SOLAS: «(a) The present Convention shall enter into force
twelve months after the date on which not less than twenty-five States, the
combined merchant fleets of which constitute not less than fifty per cent of
the gross tonnage of the world's merchant shipping, have become parties to it
in accordance with Article IX».
[23]
Sui cui principi, v. in generale Carbone–Munari,
Regole e organizzazione dei trasporti marittimi internazionali, Milano,
1990, 89 ss.; Manfrini, Il
traffico marittimo nel diritto comunitario, Torino, 1994; van Miert, Competition Policy in Maritime
Sector, cit., 5 ss. Sugli aiuti di stato nel settore marittimo, v. da
ultimo la Comunicazione C(2004) 43 della Commissione, cit.
[25]
Così, ad esempio, per quanto concerne in particolare la sicurezza, è da
ricordarsi come, sotto l’impulso degli incidenti che avevano coinvolto nel 1987
e nel 1990 i traghetti RO-RO Herald of Free Enterprise e Scandinavian
Star, con la direttiva 3051/95 dell’8 dicembre 1995, a partire dal 1°
luglio 1996 sia stata prevista l’obbligatorietà del rispetto del codice ISM per
tutte le navi RO-RO operanti nei porti comunitari, a prescindere dalla
nazionalità. All’incidente che ha coinvolto la petroliera Erika, di
bandiera maltese, è seguita l’adozione, in sede comunitaria, di due “pacchetti”
di misure: Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al
Consiglio in materia di sicurezza marittima del trasporto di idrocarburi,
COM/2000/0142 def. e Comunicazione
della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio in merito alla seconda
serie di provvedimenti comunitari in tema di sicurezza marittima in seguito al
naufragio della petroliera Erika, del 6 dicembre 2000, COM/2000/802 def. Su
tali “pacchetti”, v. in
generale Ferraro, Le azioni della UE per combattere l'inquinamento
marino e il caso Erika, in Riv. giur. amb. 2000, 865; Bergot, Safety and environment,
relazione alla VIII conferenza della European Maritime Law Organization su “Port
competition” (Genova, 5 maggio 2000), in Dir. mar. 2001, 189; con
riferimento alla proposta di adozione di un fondo comunitario integrativo dei
risarcimenti operanti sulla base del sistema della CLC (peraltro sembra
scongiurato dall’adozione di un nuovo strumento di diritto uniforme in sede
IMO, attraverso il Protocollo di Londra del 16 maggio 2003 alla Convenzione sul
fondo per il risarcimento dei danni da inquinamento da idrocarburi), v. Comenale Pinto, Il meccanismo dei
fondi e la proposta di istituzione di un fondo europeo di terzo livello, in
Riv. giur. amb. 2003, 198. Al caso Prestige, del novembre 2002, è
seguita la proposta di direttiva Proposta di direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione
di sanzioni, comprese sanzioni penali, per i reati di inquinamento COM (2003)
92(01) del 5 marzo 2003.
[26]
Il processo di liberalizzazione del trasporto marittimo nell’ambito dell’Unione
europea è giunto al culmine con il regolamento 3577/92. Esso non è stato
tuttavia sufficiente ad arginare il fenomeno dell’out-flagging dai registri
degli Stati membri.
[27]
Ed in questa prospettiva, con riferimento all’opportunità dell’adozione di
regole comuni in materia di responsabilità del vettore marittimo di merci, v. Delwaide, The Hamburg Rules. A
choice for the EEC?, (relazione al simposio pormosso dall’European
Institute of Maritime and Transport Law dell’Università di Antwerpen del 19
novembre 1993, in Dir. mar. 1994, 74, 89.
[28]
V. Comunicazione della Commissione sul miglioramento della sicurezza delle navi
da passeggeri nella comunità: «La necessità di un regime di responsabilità nei
confronti dei passeggeri durante la navigazione è accentuata dal fatto che la
dimensione e la capacità di trasporto dei traghetti e delle navi da crociera
continuano ad aumentare così come il numero degli operatori del mercato, che è
proporzionale alla maggiore disponibilità di tempo e di denaro che i cittadini
investono in viaggi e vacanze. Un regime di responsabilità uniforme e adeguato
nei confronti dei passeggeri dovrebbe pertanto fare parte integrante del quadro
normativo comunitario per le navi da passeggeri. Con il regolamento (CE) n.
2027/97 sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti, la
Comunità ha già introdotto un regime di responsabilità a livello UE per il
trasporto aereo di passeggeri».
[29]
La vicenda, in parte chiusa attraverso una transazione con lo Stato italiano
(autorizzata con l. 16 luglio 1998, n. 239) ha dato luogo ad un lungo e complesso
contenzioso, per il quale si rinvia a Pogliani,
La vicenda della petroliera Haven: problematiche giuridico-ambientali, in
Riv. giur. amb. 1992, 854; Schiano
Di Pepe, L'incendio e l'affondamento della motocisterna Haven,
ivi, 1999, 272; Comenale Pinto,
L’obbligazione risarcitoria a carico dell’IOPCF: un contenzioso forse
strumentale, in Dir. trasp. 1992, 927; Longanesi Cattani, Il caso Haven, ovvero un esempio di
mancanza di coordinamento tra le normativa interna ed internazionale in tema di
responsabilità per danni da inquinamento marino da idrocarburi, ivi, 1994,
93.
[30]
Tale incidente ha condotto in sede comunitaria all’adozione dei già menzionati
Protocolli “Erika 1” ed “Erika 2”. Fra
gli altri incidenti che hanno determinato l’intervento dello IOPCF, possono
ricordarsi, per la bandiera maltese: il caso Alambra, nelle acque
estoni, il 17 settembre 2000, Plate Princess, acque del Venezuela, 27
maggio 1997. Per la bandiera cipriota: Sea Prince, acque coreane, 23
luglio 1995; Evoikos, acque di Singapore, 15 ottobre 1997; Tern, acque
tedesche, 29 marzo 2001 (fonte: Report on the Activities of the
International Oil Pollution Compensation Funds in 2002, London, s.d.).
[32]
Non a caso, nelle due decisioni del Consiglio del 28 gennaio 2002 relative ai
«principi, alle priorità, agli obiettivi intermedi e alle condizioni
specificati nel partenariato per l'adesione» di entrambi gli Stati venivano
espresse preoccupazioni in ordine a tale questione specifica, e veniva indicata
la necessità di adeguare l’azione delle amministrazioni alle esigenze della
sicurezza marittima, nell’ambito delle misure di politica dei trasporti
(decisione per Malta, 2002/90/CE; decisione per Cipro, 2002/84/CE).
[33]
Sull’emersione di tali controlli (e di quelli dello Stato costiero) nell’ambito
dell’evoluzione del diritto marittimo, cfr. Leanza,
Nuovi saggi di diritto del mare, Torino, 1988, 386 ss.; Montebello, Le bandiere di
convenienza, sistemi di registrazione «alternativi» e Port State Control,
cit., 155 ss.; nella letteratura in lingua inglese, v. Clarke, Port State Control or
Sub-Standard Ships: Who is to Blame? What is to cure?, in L.M.L.C.Q. 1994, 202; Hare, Port State Control: Strong Medicine
to Cure a Sick Industry, in Ga. J. Int’l & Comp. L. 26/1997,
571. Va peraltro segnalato che, diversamente dagli altri Paesi
marittimi europei (compresa la Slovenia), che aderiscono all’Accordo di Port
State Control noto come Mémorandum d’Entente de Paris sur le Contrôle des
Navires par l’Etat du Port (c.d. Paris MoU) Cipro e Malta sono viceversa
membri del Mediterranean MoU (in cui la Commissione Europea ha comunque lo
status di osservatore).