N. 3 – Maggio 2004 – Lavori in corso – Contributi

 

I profili di security e le interrelazioni con le normative di safety(*)

 

Michele ComEnale Pinto

Università di Sassari

 

 

1.- L'aviazione civile internazionale si è purtroppo rivelata un obiettivo particolarmente interessante per le organizzazioni terroristiche, fino a costituire anche lo strumento per azioni spettacolari, come nella tragica vicenda dell'attacco dell’11 settembre 2001 contro le Torri gemelle di New York ed il Pentagono a Washington.

Per quanto concerne i dirottamenti, può dirsi che oggi ci si trova a dover fronteggiare un mutamento di strategia e di finalità delle azioni terroristiche, che non si risolvono nel tentativo di imporre attraverso un ricatto una determinata scelta ad un pubblico potere, con la mera accettazione della possibilità per coloro che mettano in essere la condotta criminosa di mettere fine alla propria vita e (per quanto concerne i dirottamenti) di distruggere l'aeromobile, ma in cui la distruzione dell'aeromobile con la morte delle persone a bordo costituisce una conseguenza pianificata dell'azione, ed eventualmente il mezzo per ottenere un ulteriore risultato([1]).

Di fronte a quello che è stato il mutamento di prospettiva del terrorismo, viene ad attenuarsi il rilievo della repressione, che rispetto ad altre tipologie di terrorismo o comunque di atti illeciti contro aviazione civile pur aveva funzionato e funziona come valido deterrente, anche grazie agli accordi internazionali fondati sul principio del dedere aut judicare, il cui archetipo è costituito dalle Convenzioni dell'Aja del 16 dicembre 1970 e di Montreal del 23 settembre 1971([2]) nonché dal Protocollo complementare quest'ultima convenzione del 24 febbraio 1988 sulla repressione degli atti illeciti e di violenza negli aeroporti che servono l'aviazione civile internazionale([3]). Tali convenzioni avevano rappresentato l'evoluzione necessaria rispetto alla disciplina dettata dalla convenzione di Tokyo del 14 settembre 1963, che (per quanto concerneva le misure di cooperazione) si limitava a prevedere l'obbligo di adottare tutte le misure idonee alla restituzione dell'aeromobile oggetto di dirottamento al suo comandante legittimo e a garantire la prosecuzione del viaggio ai passeggeri ed all’equipaggio([4]). Del resto, tale disciplina era stata adottata sulla base di quello che era all'epoca lo stato dell'arte degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione aerea: certamente, al di là delle suggestioni che potevano derivare dall'impiego giornalistico dell'espressione «pirateria aerea», il fenomeno che si doveva allora fronteggiare si atteggiava in maniera totalmente diversa rispetto al reato di pirateria contemplato nelle leggi marittime, in quanto, il fine perseguito dai soggetti agenti non era quello dell'appropriazione del veicolo, e comunque l'azione non veniva posta in essere attraverso l'impiego di un altro veicolo([5]).

Ci troviamo oggi a dover fronteggiare una nuova evoluzione degli atti criminali contro la sicurezza della navigazione, rispetto al quale gli strumenti predisposti dalle menzionate convenzioni di Tokyo, dell'Aja e di Montreal, non costituiscono un quadro normativo sufficiente([6]). Infatti, tali strumenti, certamente tuttora per importanti in generale, perdono tutta la loro la loro efficacia dissuasiva rispetto a terroristi che non ricercano una via di scampo dopo aver compiuto la propria azione criminosa; queste situazioni possono essere fronteggiate soltanto attraverso un'efficace azione di prevenzione([7]). Né, rispetto ad un terrorismo che opera nei termini che si sono descritti, e che non sembra avere Stati di riferimento chiaramente identificabili, sembra avere alcuna efficacia dissuasiva (a prescindere dalle perplessità sul piano giuridico) la prospettazione della sospensione a titolo sanzionatorio dei diritti di traffico, ventilata, su iniziativa statunitense, per gli Stati che non avessero dato applicazione alle previsioni delle tre menzionate convenzioni di Tokyo, dell'Aja e di Montreal, nella dichiarazione di Bonn del vertice del 1987 dei sette Paesi più industrializzati([8]).

Gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 e, in precedenza, già l’esplosione in volo di un aeromobile della compagnia Pan American a Lockerbie (Scozia), nel dicembre 1988, sono diventati termini di riferimento necessari rispetto ai quali parametrare ogni discorso in una materia di sicurezza aerea([9]).

2.- All'epoca della redazione della Convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944, su cui si fonda il quadro generale della disciplina dell’aviazione civile internazionale, non era nemmeno immaginabile il problema della sicurezza rispetto ad atti di terrorismo nei termini in cui si è poi sviluppato a seguito([10]), da un lato, della diffusione del trasporto aereo come trasporto di massa e, dall'altro, dell'acuirsi di varie situazioni di crisi che in qualche misura sfuggivano al controllo degli Stati: è proprio la sua diffusione che rende il trasporto aereo una cassa di risonanza estremamente appetibile per le organizzazioni terroristiche. Nei primi anni della diffusione del trasporto aereo civile, si sono tendenzialmente registrati, al più, episodi di indisciplina fra i passeggeri che, pur potenzialmente in grado di creare situazioni di pericolo per il volo, non erano finalizzati ad assumere il controllo dell’aeromobile([11]); in vari casi si trattava di vicende ascrivibili più al panico del volo, che non ad un intento criminale o comunque antisociale; nella maggior parte dei casi, si trattava di condotte che (diversamente da quelle poste in essere da terroristi) non erano pianificate prima dell’imbarco da chi le poneva in essere. Episodi del genere continuano ancora a registrarsi nella realtà odierna, nonostante il trasporto aereo sia diventato ormai una modalità comune di trasferimento delle persone, ma, certamente, essi non rappresentano l’elemento di maggior impatto fra i vari profili della sicurezza dell’aviazione civile., che ha assunto rilievo tale da dover essere anche oggetto dei lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite([12]).

3.- Al termine italiano «sicurezza» corrispondono, nella lingua inglese, le due distinte espressioni di «safety» e di «security»: con la prima si fa riferimento alla salvaguardia dai rischi connessi all’esercizio del veicolo; con la seconda si fa riferimento alla salvaguardia dai rischi derivanti da interferenze illecite([13]). La distinzione è assai meno netta di quanto possa apparire in prima approssimazione: in realtà essa tende a sfumare, con il riconoscimento che si tratta comunque di due facce della medesima moneta([14]). Quest’ultima affermazione trova la sua dimostrazione sul campo. Si possono prendere ad esempio alcune delle condotte indisciplinate che sono state registrate nei passeggeri, che sicuramente costituiscono violazione delle norme di security, ma che hanno rilevanza anche sugli aspetti di safety: si pensi, così, al passeggero che continui a far uso di telefoni cellulari od altre apparecchiature elettroniche dopo la chiusura delle porte dell’aeromobile, rischiando di interferire con la strumentazione di bordo, o che, per non essere scoperto mentre viola il divieto di fumare nei bagni dell’aeromobile, metta fuori uso gli apparecchi rilevatori di fumo, per tacere di coloro che cerchino di aprire le porte in volo, o di rompere i finestrini([15]). Infine, va sottolineato come anche l’eventualità di un atterraggio imprevisto al fine di sbarcare un passeggero indisciplinato possa tradursi in un rischio per la sicurezza tecnica della navigazione([16]). D’altra parte, deve darsi atto che, nonostante la prossimità dei due concetti, dopo le vicende dell’11 settembre 2001, si è registrata una tendenza ad astrarre la gestione della security dall’ambito generale dell’amministrazione dei trasporti: così, negli Stati Uniti, con l’Homeland Security Act del 2002 («HSA») si è attribuito al neo-istituito Department of Homeland Security la competenza sulla Transportation Security Administration («TSA»), già istituita dall’Aviation and Transportation Security Act del 2001 nella sfera del Department of Transportation([17]).

4.- Tenuto conto di quella che era la realtà storica dell’epoca della sua redazione, e l’esperienza effettivamente maturata di impiego civile del mezzo aereo, è comprensibile come nella convenzione di Chicago del 1944 non si rinvengano norme specifiche in materia di security, salvo quanto previsto nell'art. 35, a proposito del trasporto di armi e munizioni da guerra, che non può avvenire se non dietro autorizzazione dello Stato o degli Stati di cui viene attraversato lo spazio aereo. Nelle medesima ottica anche va collocata anche la disciplina in materia di sorvolo ed atterraggio di aeromobili di Stato, di cui all’art. 3 della medesima Convenzione di Chicago e di impiego di velivoli senza guida di pilota, di cui al successivo art. 8, che contengono il divieto di attraversamento dello spazio aereo di ciascuno Stato, salvo sua specifica autorizzazione. Può poi certamente evocarsi, come disciplina rilevante in materia di sicurezza, l’art. 25 della Convenzione di Chicago, che prevede in generale l’obbligo per gli Stati contraenti di adottare tutte le misure possibili per prestare assistenza agli aeromobili in difficoltà, e per consentire l’adozione di tali misure, sotto il proprio controllo, all’esercente ed alle autorità dello Stato di registrazione degli aeromobili che si trovassero in difficoltà nel proprio territorio; non sembra dubitabile che nella nozione di «aircraft in distress» vada ricompreso anche l’aeromobile che si trovi in difficoltà in conseguenza di atti terroristici([18]). Infine, un qualche rilievo in materia esplicano anche l’art. 22, che impegna gli Stati contraenti ad adottare le misure idonee ad accelerare la navigazione aerea ed evitare agli aeromobili, agli equipaggi, ai passeggeri ed alle merci ritardi non indispensabili (ritardi che non devono essere provocati nemmeno dall’esercizio del diritto di visita, di cui all’art. 16), nonché gli artt. 69 e 74, che prevedono, rispettivamente, procedure di consultazione e misure di assistenza del Consiglio ICAO per migliorare i livelli (anche di sicurezza) delle strutture aeronautiche ed aeroportuali.

Occorre peraltro considerare come in qualche misura le vicende in cui un aeromobile sia assoggettato ad un dirottamento possano incidere sulla prevenzione delle collisioni nonché sull’espletamento dell’attività necessaria ad assicurare la regolare circolazione, materie che sono espressamente coperte dalla previsione dell’art. 37 della Convenzione di Chicago in materia di adozione di norme e procedure internazionali([19]). Più in generale, è da osservare che la security nell’ambito dell’aviazione civile rientra certamente fra le funzione cui è deputata l’ICAO, quali sono descritte, in particolare, nell’art. 44 della Convenzione di Chicago, alla lett. a), che impegna l’Organizzazione a perseguire il fine di assicurare «the safe and orderly growth of international civil aviation throughout the world»([20]).

5.- Peraltro, la prospettiva dell’impiego da parte di terroristi per colpire altri obiettivi([21]) può mettere di fronte alla prospettiva di dover impiegare la forza contro gli aeromobili civili dirottati, costringendo così a derogare a quel principio di civiltà giuridica che era stato raggiunto con l’art. 3-bis della Convenzione di Chicago, adottato dall’Assemblea generale dell’ICAO a seguito della tragedia del volo KAL 007, e che impegna gli Stati ad astenersi dall’uso delle armi verso gli aeromobili civili, a fronte del corrispondente obbligo di astenersi dall’impiego degli aeromobili civili per usi non confacenti([22]). Connessa alla security è certamente anche la previsione, contenuta nell’art. 4, che impegna gli Stato ad astenersi dall’utilizzare gli aeromobili civili per finalità incompatibili con quelle previste dalla stessa Convenzione di Chicago([23]).

6.- Con una risoluzione del 25 giugno 1986, il Consiglio dell’ICAO ha approvato il testo di una «model clause on aviation security» di cui gli Stati membri sono stati chiamati a tener conto nella negoziazione degli accordi bilaterali, con l’affermazione dell’obbligo di cooperazione nello specifico settore; è seguita poi, l’approvazione, da parte del medesimo Consiglio, con una risoluzione del 30 giugno 1989 di un modello standard di accordo bilaterale o regionale in materia di security([24]). Entrambe le risoluzioni sono state recentemente richiamate dall’Assemblea dell’ICAO, nell’ambito della trentatreesima sessione, svoltasi a Montreal dal 25 settembre al 5 ottobre 2001([25]).

7.- Il quadro delle misure preventive finalizzate al contrasto di atti di terrorismo contro aviazione civile internazionale è stato poi integrato dalla conclusione sotto gli auspici dell'ICAO della Convenzione di Montreal del 1° marzo 1991 sull’identificazione ai fini del rilevamento degli esplosivi plastici e in fogli([26]), che venne adottata sotto la spinta dell’emozione suscitata dalla vicenda di Lockerbie([27]).

8.- La sicurezza deve essere organizzata in ciascuno Stato, sulla base dei principi elaborati nell'ambito dell’Organizzazione dell'aviazione civile internazionale, specialmente a partire dagli anni 70, sotto l'impulso dell'organizzazione aviazione civile internazionale e, a partire dall'assemblea generale straordinaria del giugno 1970, convocata su iniziativa della confederazione elvetica. Nel corso di tale diciassettesima assemblea venne auspicata l'adozione di un annesso in materia di security, che divenne l’Annesso ICAO 17, predisposto dal Consiglio ai sensi dell'art. 37 della Convenzione di Chicago del 1944, venne adottato il 22 marzo 1974, con efficacia dal 27 febbraio 1975([28]). Tale Annesso prevede che ciascuno Stato adotti un proprio programma di sicurezza dell’aviazione civile, e che ciascun aeroporto abbia un proprio programma di sicurezza elaborato dall’autorità nazionale competente; prevede peraltro che programmi di sicurezza siano adottati anche dalle compagnie aeree, secondo le linee applicative dettate dal Security Manual for Safeguarding CivilAviation Against Acts of Unlawful Interference([29]).

9.- Il Consiglio dell’ICAO, nel corso della sua centosessantaseiesima sessione, il 14 giugno 2002, ha approvato nelle sue linee di base il Piano di Azione ICAO per l’incremento del livello di sicurezza mondiale dell’aviazione, che è stato sviluppato sulla base della Risoluzione A33-1 dell’Assemblea (Declaration of misuse of civil aircraft as weapons of destruction and other terrorist act involving civil aviation) e della dichiarazione della Conferenza ministeriale ad alto livello sulla sicurezza nell’aviazione, svoltasi presso la sede dell’ICAO dal 19 al 22 febbraio 2002, che contempla varie iniziative finalizzate all’incremento della sicurezza, per identificare e correggere le deficienze nell’applicazione degli standards ICAO in materia.

10.- Sembra peraltro di poter intravedere un pur timido mutamento di rotta rispetto all’esaltazione che, in passato, si era fatta anche in sede ICAO del ricorso alle privatizzazioni come supposto strumento ideale per garantire la maggior efficienza possibile anche rispetto ad attività relative alla sicurezza. Infatti, nell’ambito delle conclusioni della già menzionata Conferenza ministeriale sulla security convocata dall’ICAO il 19 e 20 febbraio 2002 si è ribadito il principio della responsabilità degli Stati per l’organizzazione di tali attività. E, del resto, anche negli Stati Uniti si è riconosciuta la necessità di rivedere globalmente l’organizzazione delle attività di security aeroportuale, precedentemente gestite nell’ottica della piena commercialization, sia pure assoggettate a verifica da parte della FAA([30]), sebbene non manchino voci ancora critiche al riguardo([31]). E così, negli Stati Uniti, alla vicenda delle Twin Towers è seguita l’adozione del già menzionato Aviation and Transportation Security Act del 2001, che ha fortemente innovato alla precedente legislazione (ed in particolare al titolo 49 dello United States Code), con la previsione di un maggior coinvolgimento federale dei servizi di sicurezza([32]), cui è poi seguito l’Homeland Security Act del 2002, che, come si è visto, ha ulteriormente inciso sulla struttura organizzativa della sicurezza dell’aviazione civile.

11.- In ambito ECAC devono essere ricordate le raccomandazioni relative la sicurezza l'aviazione civile la cui undicesima edizione risale al luglio 2003, per l'applicazione in ambito europeo dei principi dell’Annesso ICAO 17.

12.- Va poi ricordato, a livello comunitario, il regolamento 2320 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 che istituisce norme comuni per la sicurezza dell'aviazione civile; nonché il regolamento della Commissione 622/2003 del 4 aprile 2003 che stabilisce talune misure di applicazione delle norme di base comuni sulla sicurezza dell'aviazione. Per quanto concerne, in particolare, le procedure per lo svolgimento di ispezioni della Commissione nel settore dell’aviazione civile, va poi ricordato il regolamento 1486/2003 della commissione del 22 agosto 2003.

13.- Per quanto concerne la situazione italiana, va ricordato che, in base all'art. 5 del d.l. 18 gennaio 1992 n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1992 n. 217 («Disposizioni urgenti per adeguamento degli organici delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il potenziamento delle infrastrutture, degli impianti e delle attrezzature delle forze di polizia»), è stata prevista la possibilità dell'«affidamento in concessione dei servizi di controllo esistenti nell'ambito aeroportuale, per il cui espletamento non è richiesto l'esercizio di pubbliche potestà o l'impiego di apparecchi alle forze di polizia» . Con il successivo art. 1 del d.m. (trasporti e navigazione) 29 gennaio 1999 n. 85 («Regolamento recante norme di attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge 18 gennaio 1992 n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1992 n. 217, in materia di affidamento in concessione dei servizi di sicurezza»), sono stati determinati i determinati i servizi di controllo in ambito aeroportuale che possono essere affidati in concessione: venne così inaugurata la stagione dell’affidamento a privati delle funzioni di security in ambito aeroportuale, per quanto concerneva in particolare il controllo dei passeggeri in partenza in transito, il controllore del carico e dei bagagli al seguito dei passeggeri, nonché della merce e della posta, sia pure sotto la vigilanza dell'ufficio della polizia di stato presso lo scalo aereo([33]).

14.- Vanno segnalate, da ultimo, le prospettive che si aprono per quanto concerne la responsabilità, a fronte di un’attività di sicurezza che sia espletata su basi imprenditoriali, dal gestore aeroportuale, o da un soggetto che operi per suo conto([34]), ovvero da un soggetto che operi per conto del vettore([35]). Rispetto a quest’ultima ipotesi, come è stato rilevato da chi tale decisione ha commentato, non può condividersi la lettura dell’art. 24 della Convenzione di Varsavia data dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel caso El Al Israel Airlines, Ltd., c. Tsui Yuan Tseng,, che escluderebbe la possibilità di agire contro il vettore al di fuori del Sistema di Varsavia per qualsivoglia condotta (anche illecita) posta in essere dai preposti del vettore, in assenza di un «accident» (e quindi anche per gli abusi nell’attività di security pre-volo)([36]).

15.- In conclusione, occorre fare un cenno ad almeno una delle problematiche che devono essere affrontate in concreto nella predisposizione delle attività di contrasto del terrorismo. Punto estremamente delicato è quello del contemperamento delle libertà individuali con le esigenze di sicurezza collettiva. Va fatta al riguardo menzione della nota vicenda della tutela della privacy, rispetto ai dati sensibili, di cui il Dipartimento statunitense della sicurezza interna ha preteso, sulla base delle previsioni del già menzionato Aviation and Transportation Security Act del 19 novembre 2001 la trasmissione da parte delle compagnie aeree([37]), e che ha dato luogo ad un contenzioso con le istituzioni europee, per definire il quale è stato predisposto un testo di accordo fra Commissione europea e Stati Uniti, sul quale si attende proprio in questi giorni un voto definitivo del Parlamento europeo([38]). E può aggiungersi come qualche comprensibile perplessità sia sorta anche negli Stati Uniti con riferimento alla legittimità delle tecniche di profiling dei passeggeri([39]).

 

 

 

 

 



 

(*) Il testo si basa sulla relazione tenuta al Convegno organizzato dal Dipartimento Giuridico delle Istituzioni Nazionali ed Europee dell’Università di Milano-Bicocca su «La Sicurezza negli aeroporti. Problematiche giuridiche ed interdisciplinari» (Milano, 22 aprile 2004).

 

([1]) Un efficace quadro dell’evoluzione del terrorismo internazionale, non riconducibile ad un modello univoco, è data da Pisano, Introduzione al terrorismo internazionale, Roma, 1998.

 

([2]) Camarda, Il dirottamento di aeromobili e gli altri illeciti contro la sicurezza dell’aviazione civile nel diritto italiano e nel diritto internazionale, in Dir. aereo 1976, 152; Andreani, Recenti sviluppi normativi internazionali nella repressione di atti illeciti diretti contro la sicurezza dell’aviazione civile, in Annali Ist. dir. aeron., II, 1970-71, 114. Per un’accurata ricostruzione del contesto nel quale sono state adottate le convenzioni in questione, con ampi riferimenti ai lavori preparatori e vaste indicazioni bibliografiche, v. Rinaldi Baccelli, La repressione penale degli attentati contro la sicurezza dell’aviazione civile, in Temi romana 1974, 1, ora in Studi di diritto aeronautico, Milano, 1977, 107. In tema, v. anche Rampioni, La repressione dei delitti contro la sicurezza della navigazione aerea (l. 10 maggio 1976, n. 342), in Riv. it. dir. proc. pen. 1982, 1465; Scolozzi, Sulla repressione dei delitti contro la sicurezza della navigazione aerea, in Giust. pen. 1990, II, 440.

 

([3]) Ratificato ai sensi della l. 30 novembre 1989, n. 394 . Sulle vicende che hanno portato all’adozione del Protocollo, v. Kotaite, Mesures tendant à améliorer la sécurité de l’aviation civile, in AASL 1987, 79.

 

([4]) Cfr. Boyle, The Tokyo Convention on Offenses and Certain Other Acts Committed on Board Aircraft in JALC 30/1964, 305. Circa i limiti dell’attribuzione della giurisdizione penale al solo Stato di immatricolazione dell’aeromobile, salvo il caso della verificazione di conseguenze rilevanti sul territorio di altri Stati, v. Grigoli, Il problema della sicurezza della sfera nautica, II, La sicurezza dell’esercizio nautico, Milano, 1990, 787 - 788 (in tema, v. anche Andreani, Recenti sviluppi normativi, cit., 118).

Nell’ambito della disciplina della Convenzione di Tokyo assume peraltro particolare rilievo la previsione che attribuisce al comandante il potere di reagire nei confronti delle azioni illecite a bordo che possano compromettere la sicurezza del volo, con la facoltà di avvalersi della cooperazione, oltre che dell’equipaggio, anche dei passeggeri (cooperazione che non può, però, essere imposta): su tale disciplina; da ultimo, anche per indicazioni bibliografiche, La Torre, Comando e comandante nell'esercizio della navigazione, Napoli, 1997, 130 ss.

 

([5]) Romanelli, Sulla «pirateria aerea», in Arch. Giur. «Filippo Serafini» 1970, 189; Andreani, Recenti sviluppi normativi, cit., 117 e 130; Camarda, Il dirottamento di aeromobili e gli altri illeciti contro la sicurezza, cit., 154; Carbone, Repressione della c.d. pirateria aerea nei rapporti internazionali, in Dir. mar. 1971, 327; Denaro, In flight Crime: the Tokyo Convention and Federal Judicial Jurisdiction, in JALC 35/1969, 171, 185; Leanza, Profili internazionalistici della cosiddetta pirateria aerea, ora in Saggi di diritto internazionale della navigazione, Napoli, 1979, 253, 257; Rampioni, La repressione dei delitti contro la sicurezza della navigazione, cit., 1477; Ballarino - Busti, Diritto aeronautico e spaziale, Milano, 1988, 121; Haeck, Le droit international et le terrorisme aérien, in AASL 1988, 111, 113. Affermava la sufficienza della disciplina del codice della navigazione, ed in particolare del suo art. 1138, rispetto all’esigenza di reprimere il fenomeno (contestando quindi la prospettiva, poi seguita dal legislatore italiano, di adottare una disciplina ad hoc per il recepimento delle convenzioni in materia di reati contro la sicurezza dell’aviazione civile): Calderone, Dirottamento illecito di aeromobili, in Arch. pen. 1974, 33; tuttavia Trib. Roma 6 aprile 1970, imp. Minichiello, in Dir. aereo 1971, 71, ha comunque escluso l’applicabilità dell’art. 1138 c. nav. all’imposssessamento di aeromobile straniero. V. anche, per la tesi estensiva dell’art. 1135 c. nav., Reinotti, Aspetti della normativa italiana sui dirottamenti aerei e prospettive di riforma, in Trasp. 6/1975, 129, 151.

 

([6]) Il complesso della disciplina dettata da tali convenzioni era già ritenuto insufficiente a garantire la sicurezza dell’aviazione civile nel 1980 da Mateesco Matte, Traité de droit aérien-aéronautique, Montréal – Paris, 1980, 371.

 

([7]) Già in passato aveva suscitato scetticismo, in particolare nelle compagnie aeree, la prospettazione dell’opportunità di dotare l’equipaggio di armi o di imbarcare guardie armate: cfr. Leanza, Profili internazionalistici, cit., 259; circa il riaffacciarsi di tale ipotesi dopo l’11 settembre 2001, v. Renna, Fire In The Sky: A Critical Look At Arming Pilots With Handguns, in JALC 68/3003, 859.

 

([8]) Cfr. in proposito Magdelénat, Le terrorisme international contre l’aviation civile et le valeur des déclarations de Bonn et de Montebello en droit international public, in Rev. fr. dr. aér. 1982, 448.

 

([9]) Le vicende in questione hanno in effetti indotto ad un’accelerazione del movimento di riforma del diritto aeronautico anche con riferimento ad altri istituti. Prescindendo dagli interventi a sostegno dell’aviazione civile, a fronte della crisi che ha dovuto affrontare in ragione di tali eventi (v. in particolare, per quanto concerne il settore assicurativo, in Italia, Grigoli, Preclusioni all’accesso al mercato assicurativo e prospettazione di un modello integrativo di intervento pubblico a favore delle imprese di gestione aeroportuale e del trasporto aereo, in Assic. 2003, 11) e dalle misure di indennizzo a favore delle vittime (sulle quali, cfr. Buja Schroeder, Failing to Prevent the Tragedy, but Facing the Trauma: the Aviation Disaster Family Assistance Act of 1996 and the Air Transportation Safety and System Stabilization Act of 2001, in JALC, 67/2002, 189), va fatta menzione delle prospettive di revisione della Convenzione di Roma del 1952 sui danni a terzi in superficie (disciplina che, peraltro, non sarebbe sembrata applicabile ad ipotesi di attacchi terroristici: cfr. Mendes de Leon Pablo, Liability for surface damages and collision after the World Trade Centre – Is there a need for cnace, in ETL 2003, 577).

 

([10]) Diederiks-Vershoor, Safety in Aviation: The Legal Safeguard, in Liber Amicorum Honouring Nicolas Mateesco Matte, Montreal, 1989, 39, 41.

 

([11]) Nei primo decenni dell’aviazione, gli episodi di impossessamento illecito di aeromobili sono stati assolutamente sporadici, sebbene non del tutto ignoti alle cronache: la prima vicenda nota, verificatasi in Perù, risale al 1931 (cfr. Faller, Aviation Security: the role of ICAO in safeguarding international civil aviation against acts of ullawful interference, in AASL 1992, I, 369, 370; Reser, Airline Terrorism: The Effect of Tightened Security on the Right to Travel, in JALC 63/1998, 819, 821).

 

([12]) Per una ricostruzione dei quali, v. Abeyratne, International Responses Related to Aviation Security, in ZLW 1996, 119 ss.

 

([13]) Alla seconda delle due nozioni fa riferimento l’art. 2 del Regolamento (CE) n. 2320/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 che istituisce norme comuni per la sicurezza dell'aviazione civile, come «la combinazione di misure e risorse umane e materiali finalizzate alla salvaguardia dell'aviazione civile da atti di interferenza illecita». Per un riferimento a tale distinzione, da ultimo, Camarda, La sicurezza del volo in ambito aeroportuale: competenze e responsabilità, in Dir. trasp. 2003, 1, 10 ss.; sui problemi di safety in ambito aeroportuale, con riferimento alla disciplina italiana, v. anche Comenale Pinto, Sicurezza della navigazione aerea e gestione dell’infrastruttura aeronautica e dei servizi di assistenza a terra, in Trasporti e globalizzazione: Materiali per una ricerca, Cagliari, 2004, 147. Un analogo problema linguistico si pone, in lingua spagnola, rispetto al termine «seguridad»: rispetto a quest’ultimo, si è proposto di distinguere fra «seguridad técnica aeronáutica», che corrisponderebbe alla nozione di «safety» e «seguridad pública aeronáutica», che corrisponderebbe, invece, a «security» (in tali termini: Pino Muñoz, Importancia y vigencia de la Seguridad aeroportuaria, in Temas Deaviacion Comercial y Derecho Aeronauticoy Espacial III, a cura di Folchi, Buenos Aires, 2000, 259, 261. Altri autori di lingua spagnola, per riferirsi ai profili di sicurezza relativi al rischio connesso all’impiego del mezzo, si esprimono in termini di «seguridad operacional» (cfr. Alvarez Mendez, La organizacion de la aviacion civil internacional y la seguridad operacional en America Latina, in atti del Simposio de Buenos Aires - 40º Aniversario de Alada, a cura di Folchi, Buenos Aires, 2001, 57, 58; Flores del Castillo, La seguridad operacional en la aviacion civil internacional - problematica legal y experiencia peruana, in Temas de aviacion comercial y derecho aeronautico y espacial V, a cura di Folchi, Buenos Aires, 2001, 149.

 

([14]) Espressione efficacemente utilizzata dal Presidente del Consiglio ICAO nel suo discorso alla XXVII Sessione plenaria dell’ECAC (Strasburgo, 8-9 luglio 2003). Gli atti di tale conferenza sono consultabili sul sito dell’Organizzazione, alla pagina: http://www.ecac-ceac.org/uk/documents/ECAC27-Report.pdf. L’ottica sembra seguita anche dalla nostra dottrina che ha maggiormente trattato il problema della sicurezza, e che tratta unitariamente i problemi di safety e di security nella prospettiva della sicurezza dell’attività di navigazione: cfr. Grigoli, Il problema della sicurezza della sfera nautica, II, La sicurezza dell’esercizio nautico, cit., 358 ss.

 

([15]) A questi esempi fa riferimento Schrenzel, Les passagers perturbateurs, in AASL 1999, 217, 219.

 

([16])In generale, l’ICAO ha tentato di sviluppare una politica di forti sinergie fra misure volte ad assicurare la safety e misure volte ad assicurare la security. In tale ottica, ad esempio, si è indicata la prospettiva della massima integrazione dei sistemi informativi di tutti i soggetti e di tutti i settori coinvolti nell’operazione di trasporto aereo: cfr. Abeyratne, Crisis Management Toward Restoring Confidence in Air Transport--Legal and Commercial Issues, in JALC 67/2002, 595, 622.

 

([17]) Per un esame dell’evoluzione della struttura organizzativa della security negli Stati Uniti d’America, v. Dempsey, Aviation Security: The Role of Law in the War Against Terrorism, in Colum. J. Transnat'l L.41/2003, 649, 698.

 

([18]) Così Andreani, Recenti sviluppi normativi internazionali nella repressione di atti illeciti diretti contro la sicurezza dell’aviazione civile, cit., 115 s.; Ballarino - Busti, Diritto aeronautico e spaziale, cit., 122.

 

([19]) Diederiks-Vershoor, Safety in Aviation: The Legal Safeguard, in Liber Amicorum Honouring Nicolas Mateesco Matte, cit., 41.

 

([20]) Cfr. Abeyratne, Crisis Management Toward Restoring Confidence In Air Transport--Legal And Commercial Issues, in JALC 67/2002, 595, 600; Mapelli, El derecho aeronáutico, y la seguridad aerea, in Studi in onore di Antonio Lefebvre d’Ovidio – In occasione dei cinquant’anni del diritto della navigazione, a cura di Turco Bulgherini, Milano, 1995, 595; Parada Vázquez, Derecho aeronáutico, Madrid, 2000, 353.

 

([21]) Il salto di qualità dei terroristi è stato crudamente, ma efficacemente descritto, rilevando il ricorso all’aeromobile come «suicidal device of mass destruction» (così: Krause, Putting the Transportation Security Administration in Historical Context, in JALC, 68/2003, 233, 242), con una formula analoga a quella impiegata dalla Risoluzione A33-1 dell’Assemblea ICAO fin nella sua intestazione «Declaration of misuse of civil aircraft as weapons of destruction and other terrorist act involving civil aviation»(su tale documento si avrà modo di tornare nel prosieguo).

 

([22]) Cfr. in proposito Cheng,The destruction of KAL Flight KE007, and Article 3 bis of the Chicago Convention, in Air Wothy – Liber Amicorum Honouring Professor Dr. I. H. Ph. Diederiks-Verschoor, Deventer, 1985, 47.

 

([23]) Cfr. Abeyratne, Crisis Management Toward Restoring Confidence In Air Transport, cit., 599.

 

([24]) Per riferimenti, v. Faller, Aviation Security: the role of ICAO, cit., 375. Sul rilievo della problematica della security nella negoziazione degli accordi bilaterali, v. in precedenza Turco Bulgherini, La disciplina giuridica degli accordi bilaterali, Padova, 1984, 56.

 

([25] ) Risoluzione A-33-2, appendix G.

 

([26]) Ratificata in Italia sulla base della l. 20 dicembre 2000, n. 420.

 

([27]) Cfr. in proposito Augustin,The Role of ICAO in relation to the Convention of the Marking of Plastic Explosives for the Purpose of Detection, in AASL 1992, II,. 33; Faller, Aviation Security: the role of ICAO, cit., 378.

 

([28] ) Tale Annesso è giunto alla settima edizione, in vigore dal 1° luglio 2002, che contiene tutti gli emendamenti adottati dal Consiglio fino all’8 dicembre 2001, ivi compresi quelli specificamente adottati a seguito delle vicende dell’11 settembre 2001. Per un esame dell’Annesso, v. Magdelénat, La nouvelle Allexe 17 – Le dernier apport de l’aviation civile internationale pour la lutte contre le terrorisme, in AASL 1986, 87, 93 ss.

 

([29]) ICAO Doc. 8973, attualmente giunto alla sesta edizione: si tratta di un documento la cui diffusione è riservata. Per un esame del nuovo quadro di riferimento ICAO della security, v. Salerno, L’affidamento in concessione dei servizi di sicurezza aeroportuali nel generale processo di privatizzazione degli aeroporti italiani, in Dir. trasp. 2003, 515, 528 ss.

 

([30]) Circa la necessità di rivedere tale sistema, v. Niles, On The Hijacking of Agencies (and Airplanes): The Federal Aviation Administration, «Agency Capture,» and Airline Security, in American University Journal of Gender, Social Policy & the Law 10/2002, 381.

 

([31]) V. in proposito Branum-Dokupil, Security Takeovers and Bailouts: Aviation and the Return of Big Government, in Texas review of Law and Politics 6/2002, 431. Il principio del recupero dei costi sugli utenti, che viene invocato a fondamento delle politiche di privatizzazione, e che non implica la necessità del perseguimento di un profitto, venne sancito in due conferenze speciali dell’ICAO, convocate rispettivamente nel mese di marzo del 1967 e nel mese di febbraio 1973 (Cfr. Rinaldi Baccelli, La collaboration internationale en matière aéroportuaire, Paris, 1979, 59 ss.; per gli sviluppi più recenti, v. Finnsson, Airports and Route Facilities: International Cost Recovery Policies and their Applicability in the Framework of New Forms of Infrastructure Provision, in AASL, 1994, 283). Verso tale indirizzo l’ICAO si è a suo tempo mossa, valutando che le politiche di contrazione della spesa pubblica avrebbero potuto comportare una riduzione eccessiva di risorse per le infrastrutture aeronautiche, in ragione della necessità di dare soddisfazione ad altre esigenze pubbliche, avvertite come di maggior impellenza, come, ad esempio, quelle connesse ai programmi di tutela della salute e di sicurezza sociale. Secondo i fautori delle privatizzazioni, il settore privato garantirebbe meglio di quello pubblico, in un’epoca di tagli di bilancio, l’investimento nelle tecnologie necessarie alla sicurezza (In tal senso, v., ad esempio: Treanor, Privatization v. Corporatization of the Federal Aviation Administration: Revamping Air Traffic Control, in JALC 33/1998, 633, 637 ss.; Duncan, Privatization of the Air Traffic Control - Its Rationale, Implementations and Implications, in JALC 54/1989, 795, 808).

 

([32]) Sul quadro in cui è andata ad incidere tale disciplina, Niles, On The Hijacking of Agencies (and Airplanes), cit., 381.

 

([33]) Cfr. specificamente Salerno, L’affidamento in concessione dei servizi di sicurezza aeroportuali, cit., 533.

 

([34]) Non sembra pienamente condivisibile l'affermazione di Busti, Contratto di trasporto aereo, Milano, Milano 2001, 481, secondo il quale, comunque, «Nelle ipotesi di pirateria aerea sarà abbastanza agevole provare l'esistenza di una causa di forza maggiore, che abbia impedito al vettore di eseguire puntualmente la propria obbligazione» . Pare, viceversa, che tale affermazione debba essere mediata con il riferimento all'adozione da parte del vettore di tutte quelle precauzioni che è in suo potere adottare per impedire l'atto di pirateria, sicché, sembrerebbero essergli imputabili le conseguenze di controlli insufficienti che abbia posto in essere egli medesimo, tramite la propria organizzazione imprenditoriale, o attraverso soggetti che abbiano agito per suo conto. Sugli aspetti relativi al risarcimento dei danni conseguenti ad atti terroristici, cfr. Dubuc, Potential Civil Liability Resulting from Terrorist Acts in the International Travel Industry, in Air Law, 1998, 58. In giurisprudenza, con riferimento al sistema della Convenzione di Varsavia, Cass. fr. 16 febbraio 1982, in Rev. fr. dr. aér. 1982, 342, ha escluso la responsabilità del vettore per i danni subiti dai passeggeri a seguito di un dirottamento, in un caso in cui il vettore non aveva avuto alcun ruolo nei controlli all'imbarco, operati in un aeroporto straniero (la decisione conferma App. Paris 19 giugno 1979, in Rev. fr. dr. aér. 1979, 327). Ma, la stessa Corte di Cassazione francese è poi arrivata ad una soluzione di segno diverso rispetto ad un dirottamento operato subito dopo il decollo da Parigi, sul presupposto che i terroristi avrebbero potuto essere individuati sulla base degli ordinari controlli aeroportuali (Cass. fr. 5 maggio 1982, in Rev. fr. dr. aér. 1983, 47; decisione resa sul ricorso della compagnia aerea); peraltro, in relazione al medesimo episodio, la Cassazione francese ha escluso che le omissioni imputabili al vettore nell'effettuazione dei controlli aeroportuali potessero integrare una colpa inescusabile, tale da comportare la decadenza del beneficio della limitazione, ai sensi dell'art. 25 della Convenzione di Varsavia. Sulla responsabilità dello Stato, nell’ordinamento francese, sia pure limitatamente alle ipotesi di colpa grave, per l’inadeguato svolgimento dei servizi di sicurezza, v. Guillaume, Terrorisme aérien et responsabilité civile, in Liber Amicorum Honouring Nicolas Mateesco Matte, cit., 113 s. Per quanto concerne la giurisprudenza statunitense, può richiamarsi la nota decisione In Re: Air Disaster At Lockerbie Scotland On December 21, 1988, 928 F.2d 1267, 1282 (2d Cir.), cert. denied, 502 U.S. 920 (1991), che si concluse con l'affermazione della responsabilità illimitata della compagnia aerea Pan Am, le cui misure di sicurezza si erano rivelate non conformi a quelle che aveva pubblicizzato.

 

([35]) Tuttavia, nel senso che i servizi di sicurezza c.d. “aggiuntivi”«aggiuntivi» non rientrerebbero nell'ambito dei servizi di handling, ma sarebbero comunque riconducibili a funzioni di polizia, v. Cons. Stato, sez. VI, 19 maggio 2000 n. 2876, in Dir. trasp. 2000, 121, con nota adesiva di Ancis, Sulla natura dei servizi di sicurezza aggiuntivi in ambito aeroportuale, ivi, 123 (ma si tratta di decisione che afferma la competenza del direttore dell'aeroporto circa la revoca dell'autorizzazione all'esercizio di tali servizi, sul presupposto della irrilevanza del mancato rinnovo da parte del concessionario aeroportuale della subconcessione dei locali strumentali all'esercizio di tale attività). Pur pervenendo ad un risultato non incompatibile (dichiarando l'abuso di posizione dominante della Società Aeroporti di Roma in una serie di condotte, come l'imposizione di royalties e la frapposizione di ostacoli all'attività di imprese che operavano nell'area dei servizi di sicurezza aggiuntiva), l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel provvedimento 17 novembre 1993 n. A44 - Gruppo Sicurezza/Aeroporti di Roma (in Boll. aut. gar. merc. 35/1993) sembra muovere da presupposti non del tutto coincidenti con quelli del Consiglio di Stato: «I servizi di sicurezza aggiuntivi risultano nettamente distinti dall'attività di assistenza a terra agli aeromobili, ai passeggeri ed alle merci resa in ambito aeroportuale, c.d. servizi di handling (provvedimento dell'Autorità del 17 marzo 1993, punto 37, nota del Ministero dei Trasporti n. 133611 inviata all'Avvocatura dello Stato il 29 aprile 1993, prodotta dal Ministero nel corso dell'audizione del 1° ottobre 1993). Trattandosi peraltro di servizi che vengono svolti attraverso contatti diretti con i passeggeri ed il personale delle compagnie di navigazione aerea e del gestore aeroportuale, nonché attraverso l'accesso ai bagagli durante le operazioni di imbarco, tanto da render necessario un coordinamento con l'attività del gestore aeroportuale, essi configurano altresì un mercato contiguo a quello dei servizi di handling» (punto 4 del provvedimento). Osservava ancora l'A.G.C.M. nel medesimo provvedimento, a proposito delle condizioni di accesso al mercato di tali servizi: «Al momento, a livello nazionale, non esiste una disciplina unitaria riguardante i servizi di sicurezza integrativi svolti in ambito aeroportuale, i quali sono invece soggetti ad una regolamentazione che varia nei differenti aeroporti italiani. Presso l'aeroporto di Fiumicino, queste attività sono disciplinate dal Direttore della DCA locale, in virtù delle funzioni di polizia a questi riconosciute in aeroporto dall'articolo 718 del codice della navigazione» (punto 7 del provvedimento). In tale provvedimento, l'ambito dei servizi di sicurezza aggiuntivi era ricondotto alle «attività consistenti nella custodia e nella vigilanza di beni di proprietà di terzi e nell'espletamento di controlli antiterroristici nell'interesse e su richiesta delle compagnie aeree» (punto 3 del provvedimento; analoga definizione è rinvenibile nel provvedimento della stessa A.G.C.M. 10 gennaio 1996 n. 3501, punto 11).

 

([36]) La decisione è pubblicata in Dir. trasp. 2000, 205, con nota contraria di Rosafio, In tema di ammissibilità di azioni risarcitorie da parte del passeggero al di fuori della Convenzione di Varsavia, cui si rinvia per più ampie considerazioni sul punto. Peraltro, nel senso che il gestore privato di pubbliche funzioni espletate per conto di Stati esteri non possa avvalersi delle immunità sovrane negli Stati Uniti, v. Hing Wen, Suing the Sovereign's Servant: The Implications of Privatization for the Scope of Foreign Sovereign Immunities, in Colum. L. Rev. 103/2003, 1538, 1541 ss.

Si pone anche la questione delle conseguenze dannose che possano derivare dalla condotta del passeggero indisciplinato ai compagni di viaggio: circa le difficoltà che potrebbero sorgere in ordine al loro risarcimento da parte dei vettori, seguendo una lettura restrittiva di «accident», v. da ultimo Giesecke, Unruly Passenger and Respective Passenger Rights, in ZLW 2002, 546. In tema, v. anche Holding, Air rage: the unruly passenger, in TAQ 2000, 11; Ginger, Violence in the Skies: The Rights and Liabilities of Air Carriers when Dealing with Disruptive Passengers, in Air Law, 1998 106; Schrenzel, Les passagers perturbateurs: Aspects civils et pénaux en droit international, in AASL 1999, 217.

 

([37]) Sul problema del contemperamento delle esigenze di sicurezza con la privacy dei passeggeri, v. da ultimo Abeyratne, Attacks on America - Privacy Implications Of Heightened Security Measures in the United States, Europe, and Canada, in JALC 67/2002, 83.

 

([38]) V. la sintesi della vicenda di Lo Bianco, Il dilemma privacy-security nel trasporto aereo, in Dir. trasp. 2003, 511. È peraltro da ricordare come il problema della tutela della privacy dei passeggeri rispetto alla raccolta di informazioni operata dal vettore si fosse già posto a prescindere dalle specifiche vicende collegate alla prevenzione del terrorismo, in particolare con riferimento ai programmi di fidelizzazione ed all’acquisto di biglietti per via telematica: cfr. al riguardo Piazza, La tutela della privacy del passeggero di aeromobile, in Dir. turismo 2003, 332.

 

([39]) In particolare, sui problemi connessi alla possibilità di discriminazioni sulla base dell’appartenenza razziale, v. Alschuler, Racial Profiling and the Constitution, in U. Chi. Legal F. 2002, 163; Bangert, When Airlines Profile Based On Race: Are Claims Brought Against Airlinesunder State Anti--Discrimination Laws Preempted By The Airline Deregulation Act?, in JALC 68/2003, 791. Pur riconoscendo la delicatezza dei problemi che dal suo impiego possono derivare, ne sostiene l’utilità e la legittimità (salvo abusi) Abeyratne, Profiling of Passengers at Airports – Imperatives and Discretions, in ETL 2003, 297.