N. 3 – Maggio 2004 – In Memoriam – Bobbio
MASSIMO NOVELLI
9 gennaio 2004
Addio al filosofo del dialogo
"Confesso, io detesto i fanatici"
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Norberto Bobbio |
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In uno dei saggi di "De
senectute", in gran parte autobiografici, ha scritto di sentirsi
"appartenente alla schiera dei 'mai contenti " e di essere "un
uomo del dubbio", un "pessimista d'umore e non di concetto".
In queste cifre umane e
intellettuali, in un arco temporale che attraversa tutto il terribile Novecento
("sono figlio del secolo"), si racchiudono vita e opere di Norberto
Bobbio, che qualcuno ha definito il "Grande Chiarificatore" della
cultura politica. Con lui se ne va davvero l'ultimo maestro, nel senso classico
della parola, di quell'altra Italia, civile e laica, gobettiana, che cercò di
declinare gli ideali rigorosi della giustizia e della libertà, ereditati dalle
minoranze democratiche e virtuose del Risorgimento, in un Paese invece
refrattario e incline storicamente al compromesso, agli uomini della
Provvidenza, al trasformismo.
Anche negli ultimi anni,
quando ormai le sue apparizioni pubbliche si erano diradate, il filosofo del
diritto e della politica seppe essere un punto di riferimento, un opportuno
"chiarificatore" appunto, nello sbandamento generale delle ideologie
e degli ideali, tracciando con limpidezza lo spartiacque tra i valori e le
categorie fondanti dell'agire degli uomini.
Proprio quando il tentativo
di unificare valori e storia si era fatto più pervasivo, l'anziano professore
rammentò nettamente che cos'erano e perché erano radicalmente differenti destra
e sinistra (come nel suo fortunato libro dal titolo omonimo), gerarchia ed
eguaglianza, illibertà e libertà, prevaricazione e diritto.
Non è dunque a caso se
Bobbio, come del resto Alessandro Galante Garrone, siano stato bersagli, anche
recentemente, degli attacchi da parte della destra più becera, in quanto
emblemi di un'Italia, e di una certa Torino, che pur in minoranza quei valori
liberali e socialisti, democratici, avevano contribuito a mantenere.
Non scevro nemmeno lui da
qualche giovanile contraddizione personale, Bobbio, nato a Torino nel 1909 in
una famiglia borghese dalle antiche radici piemontesi, seppe però superarle con
la militanza antifascista e l'adesione nel 1942 alla corrente liberalsocialista
e quindi al Partito d'azione, la forza politica in cui confluirono tanti suoi
compagni di scuola del leggendario liceo classico torinese D'Azeglio e
dell'Università di Torino, dove si era laureato nel 1931 in filosofia del
diritto, affinandosi alla scuola di Luigi Einaudi, Francesco Ruffini e Gioele
Solari. Laureatosi anche in filosofia con una tesi su Husserl e la
fenomenologia, ebbe il suo primo incarico d'insegnamento della filosofia del
diritto all'ateneo di Camerino.
Fu in quegli anni, durante i
quali venne pure arrestato insieme ad altri esponenti di Giustizia e Libertà
(nel 1935) come Franco Antonicelli, Carlo Levi, Giulio Einaudi, Vittorio Foa,
Massimo Mila, Augusto Monti e Cesare Pavese, che Bobbio approfondì i suoi studi
che lo portarono ad affiancare alla filosofia del diritto la filosofia della
politica e i problemi sociali.
Dopo avere insegnato a Siena
e poi a Padova, dove venne nuovamente arrestato nel 1944, entrò nell'attività
clandestina della Resistenza. Intanto nel 1943, si era sposato a Torino con
Valeria Cova, la sua amatissima compagna dalla quale ebbe tre figli, morta nel
2001.
Ma è nel dopoguerra, dalle
cattedre universitarie torinesi prima della filosofia del diritto e
successivamente di quella della politica, che Bobbio si affermò compiutamente,
attraverso i saggi su Cattaneo, Kelsen, Hegel, tra gli altri, come sulla teoria
generale del diritto, sul pensiero politico, sui rapporti fra politica e
cultura, sul socialismo. Fino ai seminari su etica e politica tenuti al Centro
studi PIero Gobetti, di cui fu presidente a lungo, e alla sua discussa presa di
posizione, nel '91, sulla "guerra giusta", suscitata dall'intervento
militare nel Golfo.
Uomo del dialogo e portato a
gettare passerelle verso gli altri come fece durante la contestazione
studentesca del 1968, meno "giacobino" e intransigente in questo di
altri suoi compagni di azionismo, per esempio il fraterno amico Alessandro
Galante Garrone, qualche anno fa Bobbio, che nel frattempo era stato nominato
senatore a vita, nel 1984, da Sandro Pertini, in questo modo descrisse se
stesso: "A chi un giorno mi chiedeva con quale brano di uno dei miei
scritti amerei definirmi, indicai la conclusione della prefazione di 'Italia
civile': 'Dalla osservazione della irriducibilità delle credenze ultime ho
tratto la più grande lezione della mia vita. Ho imparato a rispettare le idee
altrui, ad arrestarmi davanti al segreto di ogni coscienza, a capire prima di
discutere, a discutere prima di condannare. E poiché sono in vena di
confessioni, ne faccio ancora una, forse supeflua: detesto i fanatici con tutta
l'anima ".