Ricordo di un grande storico della Chiesa sarda: Monsignor Antonio Francesco Spada.
(Sedilo 16 novembre 1929–14 luglio 2019)
già Rettore dell’Università
di Sassari
Ho visto per l’ultima volta a Sedilo Mons. Antonio Francesco Spada ai primi di luglio del 2019, nella casa di famiglia, a due passi della Parrocchiale di San Giovanni Battista, alla vigilia della pittoresca Ardia in onore del “suo” San Costantino. Era circondato dall’affetto dei familiari, degli amici, degli infermieri che lo assistevano con amore. Non voleva lasciarmi andar via e voleva continuare a raccontare, a dire quanto era felice per avermi potuto accogliere a casa sua a Sedilo, quanto gli erano cari Bosa e i Bosani, le suore della Sacra Famiglia, la sua Cattedrale, i suoi amici dell’Università di Sassari. Mi ha detto di farlo sapere a tutti, ma già tutti lo sapevamo attraverso Radio Planargia e le parole di Paolino Fancello, suo amico fedele.
Oggi, nel ricordare, ancora riaffiora il dolore per la scomparsa di una persona che ci ha seguiti da ragazzi, nella GIAC parrocchiale (Associazione Cristo Re in Cattedrale) e diocesana, nel Centro Sportivo Italiano (prima nell’Olimpia poi nel Comitato zonale e nei ruoli di responsabilità regionali), nei miei primi articoli sul settimanale sassarese “Libertà”, diretto inizialmente da mons. Francesco Spanedda, che era venuto dopo personaggi del livello di Damiano Filia, Remo Branca e altri, fino al suo ingresso come vescovo a Bosa, il 7 aprile 1957.
Il dott. Spada mi accoglieva alla Sacra Famiglia e pubblicava generosamente tutto quello che mi veniva in testa, riservandomi un trattamento ancor più privilegiato, che sentivo di non meritare completamente. Tutti gli altri autori preferivano firmare con sigle, ma non mancavano gli articoli firmati dal vescovo, dai canonici, dai parroci, dai sacerdoti, da altri collaboratori. Voglio citare almeno il mio maestro Paolo Mereu, mio padre Ottorino, Angelo Manca, Giovanni Battista Columbu, Tilde Chelo, Gianni Fois, Tito Giuseppe Tola, Tore Obinu, Carmelo Scanu, Bruno Chessa, Antonio Francesco Spada (sul culto di Costantino imperatore, su una conferenza di Antonio Sanna sulla lingua sarda, etc.). Ma molti articoli terminano solo con una sigla e a distanza di anni gli autori sono difficilmente identificabili.
Sarebbe stato il successore di mons. Spanedda, mons. Giovanni Pes, a porre termine a partire dal 1979 alla collaborazione con l’arcidiocesi di Sassari per “Libertà” e a convocare un gruppo di studiosi che dovevano progettare un nuovo giornale per le diocesi di Alghero e Bosa che nel 1986 si sarebbero unite: il quindicinale fu fondato da Monsignor Spada (primo Direttore per 15 anni) assieme a mons. Antonello Mura (capo redattore), ora diventato Presidente della Conferenza Episcopale Sarda: il quindicinale “Dialogo” continua ancora oggi a essere una palestra di dibattito, di informazione e di collegamento del vescovo con il suo territorio e la sua chiesa, seguendo il modello definito in anni lontani.
Provo una gratitudine immensa per la bontà di Monsignor Spada, la sua attenzione, la sua capacità di ascoltare e di perdonare. In questo cerchio dei suoi amici erano entrati col tempo i miei colleghi e i miei allievi, che tanto l’hanno amato.
Coetaneo di don Rosario Menne, don Salvatore Bussu, don Salvatore Floris della Diocesi di Nuoro. Era stato ordinato sacerdote a Sedilo l’8 agosto 1953, in Seminario aveva seguito con affetto le disavventure di quello che sarebbe divenuto un grande poeta, Orlando Biddau, che l’avrebbe ricordato con nostalgia tra i suoi amici nel terribile romanzo “Predestinazione”. Un legame di affetto che ritorna nelle poesie di Orlando, alimentando una sofferenza che per il poeta è stato anche un modo per tentare di capire gli altri, di essere di nuovo accolto in pace dal parroco e dalla comunità, dopo tanti errori.
Cappellano di Sua Santità, Arciprete della Cattedrale di Bosa, Assistente generale prima della Gioventù Italiana di Azione Cattolica della Diocesi di Bosa, poi dell’intera Azione Cattolica. È stato Preside dell’Istituto Magistrale Sedes Sapientiae, una scuola che ha consentito a tanti giovani di trovare un’occupazione stabile (penso alla mia povera sorella Marina). Direttore dell’Ente Sacra Famiglia di Bosa: in un appartamentino al primo piano proprio della Casa delle Orsoline della Sacra Famiglia in Via Garibaldi è vissuto per quasi tutta la vita e ci riceveva nel salotto dominato dalla figura di mons. Ferdinando Panzali e di Suora Madre. Era orgoglioso di tutti i miei traguardi, la patente, la laurea, l’insegnamento, le pubblicazioni, i convegni a La Madonnina, la nascita di Paolo.
Ha svolto il suo ministero in varie parrocchie a iniziare da Tresnuraghes e nelle organizzazioni diocesane e regionali, compresa la Coldiretti. Laureato in Teologia a Cuglieri (tesi su La giustizia sociale nell’insegnamento di Pio XI e Pio XII, Rovigo 1959) e in Lettere a Sassari (tesi in Geografia della Sardegna), era vicario episcopale per la vita consacrata e canonico teologo della Cattedrale di Bosa.
Con me ha lavorato dalla metà degli anni 60 per la tesina sul Concilio vincitrice del concorso Veritas scritta sul tema “Gli studenti e la chiesa”, poi pubblicata. Ero in prima al Liceo classico e ho recentemente ritrovato tra le mie carte una oscura relazione dattiloscritta di oltre 30 pagine, datata Bosa 12 luglio 1966, scritta a 6 mesi dalla cerimonia con la quale Paolo VI aveva chiuso il Concilio con la celebre allocuzione e con gli otto messaggi al mondo: ai padri conciliari, ai governanti, agli intellettuali, agli artisti, alle donne, ai lavoratori, ai poveri, agli ammalati, ai giovani. Avevo messo a frutto l’insegnamento del vescovo Spanedda con l’aiuto di Monsignor Antonio Francesco Spada, che mi aveva seguito nella ricerca partendo dall’antologia sui documenti del Concilio Vaticano II pubblicati dalle Edizioni Dehoniane. Avevamo poi pubblicato nel 1974 il bel volume su Il IX centenario della cattedrale di S. Pietro di Bosa, Sassari Gallizzi; in quell’anno era uscito il suo primo volumetto su La sagra di S. Costantino, che sarebbe stato seguito dal fortunatissimo Santu Antine. Il culto di Costantino il Grande da Bisanzio alla Sardegna, Nuoro 1989, ristampato Carlo Delfino Editore nel 2001, riuscendo a inserire la tematica del culto di Costantino imperatore nell’ambito dell’espansione bizantina in occidente e, in Sardegna, sul Tirso al confine con la Barbaria. Il nostro maestro Pierangelo Catalano ne era rimasto davvero sorpreso.
È stato un assiduo collaboratore della rivista “Diritto @ Storia”, diretta da Francesco Sini, professore ordinario di Storia del Diritto Romano nell’Università di Sassari, ma ha organizzato proprio con Pierangelo Catalano (professore ordinario nella Sapienza Università di Roma) una serie di convegni sul culto per Costantino imperatore nel Mediterraneo, perfino sul Mar Nero e in Russia. In tante occasioni ho visto Monsignor Spada confrontarsi amabilmente con i sacerdoti ortodossi russi o della chiesa cattolica orientale.
Ha pubblicato inoltre: La diocesi di Bosa e i suoi vescovi, Sassari 1974; Storia della Sardegna cristiana e dei suoi Santi, voll. I-II, Oristano 1994; vol. III (1700-2000), Oristano 2001; Sedilo, Volume I: La Storia, 1998; Volume II: La Gente, 1999; Il culto dei Santi nella Sardegna tardo-antica e medievale, Cagliari 1999; I luoghi di culto in Sardegna nell’alto medioevo, Cagliari 2000; Le Suore Orsoline dell’Istituto Sacra Famiglia, Cagliari 2000.
Lascia un vuoto grandissimo nella sua famiglia, soprattutto lascia un vuoto nella diocesi di Alghero-Bosa, tra i sacerdoti, i fedeli, i giovani non più giovani della GIAC che sono in debito con lui per tante attenzioni e tanto affetto. Ma anche tra gli studiosi, nell’Università (dove si era costantemente confrontato e talora scontrato con l’amico Raimondo Turtas), nella scuola, nelle tante associazioni che l’hanno visto impegnato e attivo.
Il vescovo Mauro Maria Morfino l’ha ricordato il giorno del solenne commiato con parole delicate e commosse: mi ha fatto ricordare un’osservazione lontana di mons. Spada, che mi aveva raccomandato di stare sempre a fianco dei sacerdoti anziani, spesso condannati alla solitudine.
Beh, monsignor Spada non è mai stato solo.