Si pubblica, col consenso dell’Autore e dell’Editore, «Introduzione» (1-3) della monografia di GIAN PAOLO DEMURO, «LA SEQUENZA CAUSALE DELLA TRUFFA, Torino, Giappichelli Editore, 2022, X-126. ISBN/EAN 978-88-921-4265-7 – ISBN/EAN 978-88-921-7921-7 (ebook – pdf)
Gian Paolo Demuro
Professore Ordinario di Diritto Penale
nell’Università di Sassari
Già Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza
Introduzione
Dante, dopo aver ripreso quasi alla lettera il De officiis (I 13,41) di Cicerone («Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria, fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur; utrumque homine alienissimum, sed fraus odio digna maiore»), colloca i fraudolenti nel cerchio più profondo dell'abisso infernale, dove sono posti per essere puniti con peggiori tormenti, perché la frode è una prerogativa (negativa) esclusiva dell'uomo (a differenza della forza, che è propria anche del bruto) in quanto richiede l'uso della ragione (dell'intelligenza) e dunque mortifica la più alta qualità umana rendendola uno strumento di malvagità, convertendola al male, ciò spiacendo pertanto maggiormente a Dio e offendendolo più gravemente. La frode poi (Inf. XI, 52 ss.) è divisa in due specie, di diversa gravità, secondo che sia commessa contro chi non si fida, o contro chi, per vincolo speciale di parentela, patria, amicizia o beneficio dato, naturalmente si fida di colui che lo tradisce. La consapevolezza del male e il coinvolgimento della più specifica e nobile qualità umana, la ragione, sono profili che attraversano la considerazione storica (ed etica) della frode, da Aristotele a Sant'Agostino arrivando poi a noi (tecnicamente) attraverso il Diritto comune, e l’accompagnano in fondo anche nella considerazione odierna. La frode si accompagna all'interazione sociale e dunque si sviluppa in parallelo a essa, risultando ancora più grave quando sfrutta la fiducia e la buona fede (e anche questa è costante storica, filosofica ed etica): questo ne spiega la straordinaria attualità e la elevata frequenza pratica. Tra vecchie e moderne forme di comunicazione la frode, l'inganno, trova di continuo nuovi percorsi e purtroppo sempre più numerose vittime, lucrando sulla debolezza umana.
La sempre vivace discussione sulla fattispecie, sul suo contenuto e sui suoi confini non deve sorprendere: in fondo la truffa, dal punto di vista della maturazione dogmatica, è ritenuto il più giovane tra i reati contro il patrimonio presenti nel nostro sistema penale[1]. Non deve trarre in inganno il richiamo romanistico dello stellionatus, il quale anzi dimostra l'incertezza storica della figura: essa infatti – repressa extra ordinem – aveva un carattere sussidiario, consistendo in qualsiasi comportamento truffaldino che già non rientrasse in una specifica previsione di reato, i cui tratti ricorrenti fossero l'inganno, l’animus lucrandi e il preiudicius alterius[2]. La vaghezza prosegue nel diritto comune, dove la corrispondente fattispecie, il crimen doli (chiamato anche appunto crimen stellionatus), ancora era una fattispecie aperta, per sua natura non definibile a priori, la cui individuazione nel caso concreto e la cui correlativa sanzione erano rimesse alla discrezionalità del giudice[3]. La truffa nella sua conformazione attuale parte dall'elaborazione che ne fece Francesco Carrara, offrendone per la prima volta una sistemazione autonoma e differenziata rispetto alle figure dello stellionato, del furto, dell'appropriazione indebita (allora chiamata truffa) e del falso, tra le quali interagiva confusamente già dai tempi del diritto comune, e fissandone definitivamente l'essenzialità nell'inganno[4]. Sarà poi il codice Zanardelli, con il suo art. 413, a dettarne gli elementi tuttora previsti, separando e distinguendo la truffa da fattispecie vicine: quarant'anni dopo il codice Rocco ne confermerà il testo, limitandosi solo a eliminare l'accenno all'idoneità dell'artifizio o del raggiro a sorprendere l'altrui buona fede. L'origine storica, con la confluenza di fattispecie vicine e di diversi interessi tutelati, si riverbererà sulla complessa offensività, ieri e oggi, della truffa.
Lo scopo di questa analisi della fattispecie che il nostro codice penale dedica alla truffa è un approfondimento dei suoi limiti interni ed esterni, in particolare percorrendo la sequenza causale, materiale, psicologica e giuridica, che dalla condotta porta agli eventi, con al centro il fondamentale meccanismo psichico, e con la dovuta attenzione alla prassi, nella quale la truffa vive e (ri)propone problemi vecchi e nuovi.
[1] F. Schaffstein,
Das Delikt des Stellionatus in der gemeinrechtlichen Strafrechtsdoktrin.
Eine Studie zur Entstehungsgeschichte des
Betrugstatbestandes, in Festschrft Wieacker, Göttingen
1978, 281 ss., ora in Abhandlungen zur Strafrechtsgeschichte und zur
Wissenschaftgeschichte, Aalen 1986, 171.
[2] Per la ricostruzione storica, M. Sbriccoli, voce Truffa, storia, in Enc. dir., XLV, Milano 1992, 236 ss., e ancor prima la classica e vasta analisi di A.D. TOLOMEI, Della truffa e di altre frodi, Roma 1915, 32 ss. A dimostrazione della varietà, le "ipotesi di stellionatus" nelle fonti sono per L. Garofalo, La persecuzione dello stellionato in diritto romano, Padova 1992, 71 ss.: «atti di disposizione della res alii obligata»; «costituzione in pegno della cosa pignorata al terzo»; «costituzione in pegno della res aliena»; «atti fraudolenti connessi alla datio pignoris»; «sostituzione, storno, alterazione e occultamento delle merces»; «vendita dello statuliber con dissimulazione della sua condizione»; «percezione di denaro in forza di condanna per debito inesistente»; «impostura e collusione in danno di taluno».
[3] F. Cordero, Criminalia. Nascita dei sistemi penali, Roma-Bari 1986, 302 e M. Pifferi, Generalia delictorum. Il Tractatus criminalis di Tiberio Deciani e la "parte generale" di diritto penale, Milano 2006, 246.
[4] F. Carrara, Programma del corso di diritto criminale, IV, 2a ed., Lucca 1869, § 2337, 493-495. La sistemazione autonoma e differenziata della truffa deriva dalla confluenza di diversi profili di illecito, dato che corrisponde a un « ... ingiusto spoglio dell'altrui proprietà che non è né vero furto, né vera truffa [appropriazione indebita], né vero falso; ma pure ha del furto perché si lede ingiustamente l'altrui proprietà; ha della truffa [appropriazione indebita], perché si abusa dell'altrui buona fede; ha del falso, perché vi si giunge con inganno e mendacio». E dopo averne descritto la reciproca rispettiva incompletezza, Carrara conclude «La criminosità è tutta negli antecedenti, negli artifizi per ingannare. Sicché l'inganno ne costituisce la vera essenzialità».