DA ROMA ALLA TERZA ROMA
XXXVIII SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STUDI STORICI
Campidoglio, 20-21 aprile 2018
Università di Modena e Reggio Emilia
ROMA, LA CINA E LA VIA DELLA SETA
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’interesse per la via della seta antica che univa l’Impero romano e l’Impero cinese. – 3. L’importanza della seta nel commercio di Roma con l’Impero cinese. – 4. Conclusioni. – 5. Bibliografia.
Se vi è un paese occidentale che può vantare una lunghissima storia di rapporti con la Cina questo è l’Italia, che ha avuto fin dal primo secolo avanti Cristo relazioni economiche con la Cina, quando questi contatti avvenivano lungo un percorso successivamente denominato “via della seta”.
“Via della seta” è attualmente un termine molto usato di fronte all’espansione dell’economia cinese negli ultimi trenta anni al moltiplicarsi degli scambi commerciali fra la Cina ed il resto del mondo, ma soprattutto verso la ricca Europa. Il governo cinese ha lanciato il progetto di costruire una nuova e moderna via della seta, che investe tutta la piattaforma eurasiatica e che va sotto il nome di OBOR (one belt one road). A tal fine è iniziata la costruzione di linee ferroviarie e stradali nell’Asia Centrale, ma il progetto è appena agli inizi, non ben definito e con una quantità di investimenti che non è quantificata né sono chiari i soggetti che finanzieranno tali investimenti.
Noi non sappiamo come e quando sarà terminata la nuova via della seta, ma conosciamo in modo soddisfacente il ruolo, la funzione dell’antica via della seta nel sistema economico dell’Impero romano.
Il sistema economico del mondo romano, repubblicano e soprattutto imperiale, aveva caratteristiche sia di sviluppo che di arretratezza. Finley, il grande storico americano dell’antichità, affermava che gli elementi di arretratezza erano rappresentati da una grande dipendenza dal settore agricolo, da una lenta diffusione della tecnologia, da un grande livello di consumo cittadino rispetto al commercio regionale, da un basso livello di investimenti nel settore industriale. Questo giudizio può essere rivisto se si tiene presente che fra il secondo secolo avanti Cristo ed il secondo secolo dopo Cristo i lavoratori impiegati nel settore industriale e dei servizi ed il commercio regionale ed interregionale di diversi prodotti aumentò in modo significativo. Alcuni studiosi chiamano tale sistema economico “economia protoindustriale”, cioè un’economia dove non è avvenuto il processo completo di industrializzazione, ma in cui vengano fabbricate merci standardizzate di massa come anfore, oggetti di lavoro, ampolle, etc., con metodi tradizionali.
E’ durante questo periodo di espansione politica ed economica che nacque il commercio a lunga distanza, di cui l’esempio più noto è la via della seta. Va anche ricordato che in periodo imperiale il commercio internazionale era controllato dallo Stato attraverso il sistema dell’annona (praefectus annonae) che aveva il compito di assicurare i rifornimenti di grano alla città di Roma ed attraverso una flotta mercantile statale. Esistevano molti altri controlli statali sui mercati e dazi sul commercio internazionale. Si discute fra gli studiosi se l’economia romana fosse un sistema economico in cui le forze di mercato erano prevalenti (Rostozvev, Temin) oppure fosse un sistema in cui predominanti fossero il comando statale, la reciprocità, il dono (Finlay).
Se si legge il libro di Rostovzev Storia economica e sociale dell’impero romano vi si trovano pochi cenni ai rapporti economici fra l’Impero romano e l’Impero cinese; l’autore parla del commercio romano con la Cina in poche pagine (177-182) nel quadro più generale dell’espansione del commercio romano verso est nel I e II secolo dopo Cristo, ma non fa alcun cenno alla via della seta né parla di seta; l’interesse dell’autore è rivolto al ruolo della Russia del Sud e della sue città rivierasche del Mar Nero e della Crimea come punti importanti per il commercio ovest-est. Colui che ha dato il nome di “via della seta” a tale via di comunicazione est-ovest è il geografo tedesco F.P. Von Richtofen in due sue opere.
La prima mappa della via della seta riportata è quella di Von Richtofen nelle sue opere e quella successiva è una mappa contemporanea di tutte le vie attraverso le quali avvenivano scambi commerciali fra Roma, Arabia, India e Cina; la seconda mappa è molto più ricca e articolata.
In 1877 the term "Seidenstraße" (Die Seidenstrassen, literally "Silk Road") was coined by the German geographer, cartographer and explorer Ferdinand von Richthofen.
La seconda mappa contemporanea della via della seta, infatti, mostra in modo molto più completo come le vie dei contatti fra Roma, l’India e la Cina fossero molteplici e fossero sia terrestri, a Nord, sia marittime, a Sud. La via della seta era in realtà una rete di vie terrestri e marittime usate dalle persone per lo scambio di merci, ma va anche ricordato che attraverso tali vie venivano scambiate idee, religioni diverse venivano in contatto e venivano conosciute, il progresso tecnologico si diffondeva. Questa rete comunicativa venne usata in modo continuo a partire dal I secolo avanti Cristo, quando la dinastia Han aprì l’Impero al commercio con altri Paesi e si aprirono i contatti con Roma, che si approfondirono e aumentarano nel periodo di pace augusteo. Con l’espansione dell’Impero verso Est e con il conseguente controllo della Siria e dei porti dell’Arabia e del Mar Rosso Roma divenne il punto di attrazione della via delle spezie dall’India, della via dell’incenso dall’Arabia, della via della seta dalla Cina. Alcuni parlano di questa rete di strade, “carovaniere” come forma di un’arcaiaca globalizzazione.
Roma e l’Impero cinese non vennero mai direttamente in contatto perché separati da due grandi imperi, l’Impero dei Parti e l’Impero dei Kushana, anche se da entrambe le parti ci furono alcuni tentativi di contatto diretto tramite l’invio di ambasciatori.
Lo storico romano Floro descrive le visite di molte ambasciate straniere provenienti da Est per rendere omaggio all’Imperatore Augusto nel periodo del suo regno, dal 27 avanti Cristo al 14 dopo Cristo. Scrive Floro: «Anche il resto delle nazioni del mondo, che non erano soggette all’Impero romano, erano sensibili alla sua grandezza e guardavano con deferenza al popolo romano, il grande conquistatore di nazioni. Così anche gli Sciti e i Sarmati mandarono inviati per cercare l’amicizia di Roma. Anche i seres (cinesi) e gli indiani, che abitavano sotto il sole verticale, portarono regali di pietre preziose, perle e elefanti».
La prima ambasciata da parte cinese fu quella del generale Ben Chao, che arrivato con un grande esercito al lago d’Aral ed al Mar Caspio nel 97 dopo Cristo, inviò il suo sottoposto Gan Ying a esplorare e visitare l’Impero persiano e Da Qin (la grande Cina) cioè Roma ed il suo impero. Da Qin era l’espressione che per i cinesi indicava Roma.
Il generale Ying non giunse mai a Roma perché i parti lo convinsero che il viaggio fin lì era pericolosissimo e molti morivano nell’intraprenderlo e quindi rinunciò; tornato in Cina fece una relazione su Roma basata sulle informazioni che aveva raccolto durante la sua interrotta missione. Nel rapporto era chiaro che Roma ed il suo impero erano molto ricchi ed erano la più grande potenza ad Occidente. La prima ambasciata romana nell’Impero cinese fu del 166 dopo Cristo, ai tempi o di Antonino Pio o, più probabilmente, di Marco Aurelio. L’ambasciata arrivò dal Sud, forse dalla penisola indocinese. Questa ambasciata viene ricordata da fonti storiche cinesi come portatrice di doni quali corni di elefante, avorio e scudi di tartaruga, merci molto probabilmente acquistate nell’Asia del Sud. Nelle parole di Hou Hanshu, uno storico cinese, l’ambasciata venne a visitare l’Imperatore Huan, imperatore della Cina da parte di Andun, re di Da Qin (Roma).
Nelle fonti cinesi viene ricordato inoltre l’invio di regali da parte dell’Imperatore romano, probabilmente Alessandro Severo, all’Imperatore Cao Rui del regno di Wei, nel Nord della Cina. Questa volta i doni erano articoli di vetro di diversi colori.
E’ utile anche riportare un’altra notevole e molto discussa prova del rapporto fra Impero cinese e Impero romano, che si riferisce alla presenza di legionari romani in territorio cinese.
Nel 1941 lo storico H.O. Dubs ha avanzato l’ipotesi che prigioneri romani che furono trasferiti all’estrema frontiera orientale del Regno dei Parti, si siano scontrati successivamente con truppe cinesi. Dopo aver perso la battaglia di Carre nel 54 avanti Cristo, si stima che circa dieci mila prigionieri romani vennero traferiti verso la frontiera orientale, dove un capo nomade, Zhizhi fondò uno Stato presso la frontiera cinese, Dubs sostiene che prendendo in considerazione uno scritto di Ban Gu circa cento uomini abbiano combattuto sotto il comando di Zhizhi, in formazione a spina di pesce, per proteggere un campo circondato da palizzate di legno dai soldati cinesi. Questa battaglia avvenne nel 36 avanti Cristo.
Dubs sostiene che tale formazione a spina di pesce non era altro che la formazione a testuggine propria delle legioni romane e che questi soldati, catturati dai cinesi, fondarono il villaggio di Liqian.
Questa teoria non è stata accettata da molti studiosi e storici contemporanei perché basata su elementi molto deboli e troppe deduzioni audaci. E’ vero che nel 2005 l’esame del DNA di pochi abitanti di Liqian ha confermato la loro origine caucasica.
Un’analisi molto più completa ed estesa, nel 2007, di più di duecento maschi ha invece ampiamente dimostrato la relazione genetica con la popolazione Han ed una grande diversità rispetto al ceppo genetico europeo.
Ma il commercio fra Roma e l’Impero cinese era per il 90 % costituito da seta in cambio di oro non monetato, dato che le monete romane non avevano corso nell’Impero cinese: la seta viene richiesta dai ricchi romani perché bene raro, di lusso e indice di status (è noto che Cesare aveva vesti di seta) e tale richiesta ha un’impennata sotto Augusto e i suoi successori, per continuare fino alla fine del II secolo dopo Cristo. I Romani non avevano avuto contatti diretti con la Cina e quindi identificavano i Cinesi con la merce che producevano: i cinesi erano seres, parola che deriva da serica, con cui viene chiamata la seta.
E’ difficile stimare quale fosse il valore degli scambi fra Roma e l’Impero cinese, ma Plinio il Vecchio, stima che il valore della seta importata fosse di cento milioni di sesterzi. Ai tempi di Diocleziano si stima che il prezzo di una libbra di seta fosse di 0,5 milioni di dollari, prezzo molto più alto di quello di un’oncia d’oro. Il prezzo della seta aumentava ad ogni passaggio delle città carovaniere che venivano attraversate; infatti in ogni città la merce veniva presa in consegna da una altra carovana. L’intero tragitto non veniva mai compiuto da una sola carovana. Il tempo necessario per compiere l’intero tragitto era circa due anni. Alcuni parlano di una prima arcaica globalizzazione, ma il tempo scorreva molto lentamente rispetto alle moderne e contemporanee globalizzazioni.
I Romani hanno sempre pensato che la seta non fosse prodotta da un baco (che produce un filamento) ma che fosse ottenuta dagli alberi, come spiega Plinio il Vecchio (Historia naturalis). Dello stesso parere di Plinio erano il geografo del I secolo Pausania, Strabone ed anche Virgilio. Solamente nel VI secolo dopo Cristo il mondo romano imparò che la seta era prodotta da un verme, e ciò grazie a due monaci nestoriani di ritorno dalla Cina.
Tale era l’interesse manifestato dalla nobiltà romana per la seta cinese, che diverse volte il Senato fu costretto ad emanare editti che proibivano l’uso di vesti di seta, per impedire che ci fosse un consistente deflusso di oro dall’Impero. Tali leggi sumptuarie in realtà non ebbero effetto e non vennero osservate. Non era solo per una ragione economica che si impediva l’uso di vesti di seta, c’era anche una ragione morale: i vestiti di seta erano considerati immorali.
Seneca il Giovane afferma: «Io vedo vestiti di seta, un materiale che non nasconde il corpo e neppure questi possono essere chiamati vestiti. Moltissime lavoratrici lavorano in modo che le adultere possano essere visibili attraverso i loro sottili vestiti in modo che i loro mariti abbiano la stessa conoscenza del corpo della moglie che ha qualunque altro uomo o straniero (Declamazioni 1).
I due Imperi non hanno mai avuto contatti diretti, avevano un difficile ma crescente contatto commerciale fino al IV secolo, ma la conoscenza che i Romani avevano dei Cinesi era il risultato di questi contatti e la costruzione che ne risultava era necessariamente mancante. Chi erano quindi i Cinesi per i Romani?
I Cinesi erano un popolo potente, ma anche molto lontano; un popolo da ammirare e non da disprezzare, ma che nello stesso tempo non era temuto e non fu mai considerato un nemico. Si trattava certamente di una civiltà sviluppata ed anche sofisticata, nei cui confronti esisteva una grande curiosità. La terra dei seres, nell’immaginazione dei Romani, era un luogo speciale, meraviglioso, che aveva anche aspetti magici, che produceva un prodotto misterioso come la seta e i cui abitanti godevano di grande longevità. Le due grandi potenze si osservavano da molto lontano.
Dato che ora ci conosciamo molto meglio, il tempo è molto piu veloce e gli scambi fra Cina ed Europa non riguardano più solo pochi prodotti, è arrivato il momento di una nuova via della seta. Ma poiché nessuno vuole essere nella situazione di deficit in cui si trovava Roma e la Cina è una potenza temuta, il compito paradossalmente può essere molto più difficile che nei tempi antichi.
1) M. Rostovzev, Storia economica e sociale, Milano 1976.
2) M.I. Finlay, L’economia degli antichi e dei moderni, Bari 1973.
3) P. Temin,
The Roman market economy, Princeton 2012.
[Un evento culturale, in quanto
ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione
veramente anonima dei contributi ivi presentati. Per questa ragione, gli
scritti di questa parte della sezione “Memorie” sono stati valutati
“in chiaro” dal Comitato promotore del XXXVIII Seminario
internazionale di studi storici “Da Roma alla Terza Roma”
(organizzato dall’Unità di ricerca ‘Giorgio La
Pira’ del CNR
e dall’Istituto di Storia Russa dell’Accademia delle
Scienze di Russia, con la collaborazione della ‘Sapienza’
Università di Roma, sul tema: «IMPERO UNIVERSALE,
CITTÀ, COMMERCI: DA ROMA A MOSCA, A NERČINSK») e dalla
direzione di Diritto @ Storia]