giŕ Rettore dell’Universitŕ di Sassari
L’Epigrafia latina nelle province danubiane negli ultimi 15 anni
(2000-2015)*
SOMMARIO: 1. L’epigrafia provinciale. – 2. Lo
specifico epigrafico. – 3. La lunga conquista. – 4. Questa
rassegna. – 5. Storia degli studi. – 6. Nuove
acquisizioni sui governi provinciali. – 7. La
storia: novitŕ sui viaggi imperiali. – 8. Recenti
acquisizioni sui fasti provinciali. – 9. La
municipalizzazione. – 10. Alcuni populi e nationes. – 11. Gli
immigrati. – 12. Opere pubbliche. – 13. L’esercito:
legioni, coorti, alae, flotta. – 14. Miniere e dogane. – 15. La
vita religiosa. – 16. Le articolazioni e le festivitŕ del culto
imperiale. – 17. Conclusioni.
– Abstract.
Dopo Ferrara e Cento, Livio Zerbini mi ha nuovamente coinvolto chiedendomi
di intervenire a questa 3rd International
Conference on the Roman Danubian Provinces (Society and Economy),
prevalentemente dedicata all’epigrafia, promossa dal Laboratorio della sua
Universitŕ d’intesa con l’Institut für Alte Geschichte und Altertumskunde,
Papyrologie und Epigraphik Wien (Fritz Mitthof e Theresia Pantzer). Allora
lasciatemi dire la gratitudine per l’onore che mi viene fatto e l’ammirazione
per il lavoro portato avanti in questi anni dal “Laboratorio sulle province
danubiane di Ferrara”, che in qualche modo collabora in parallelo con il nostro
“Centro di studi interdisciplinari sulle province romane” dell’Universitŕ di
Sassari fondato 25 anni fa, con attenzione al tema delle specificitŕ regionali
e locali nel quadro del generale fenomeno della romanizzazione, coordinando
gruppi di studiosi e proponendo una cooperazione interdisciplinare e
internazionale sulla cultura, l’urbanizzazione, l’economia, la vita religiosa
di un impero mediterraneo divenuto spazio di contatto, di cooperazione, di
integrazione fra popoli differenti. Negli ultimi anni il Laboratorio di
Ferrara, in una linea di continuitŕ con antichi indirizzi di studi
dell’Universitŕ di Bologna, č riuscito sempre piů a porsi progressivamente come
punto di riferimento per la cooperazione scientifica internazionale, tra
archeologia, epigrafia, numismatica, storia delle religioni; č diventato un
prezioso strumento per allargare l’indagine in ambito continentale e per
costruire nuove reti di ricercatori[1]. Il
volume del II Convegno internazionale dedicato a Culti e religiositŕ nelle province danubiane, pubblicato nel 2015
dal Dipartimento di Studi Umanistici dell'Universitŕ
degli Studi di Ferrara, si concentra sulla vita religiosa attraverso i
contributi di alcuni dei piů autorevoli ricercatori del mondo danubiano in etŕ
romana, provenienti da quindici Paesi. Gli esiti delle ultime ricerche mettono
sempre piů in evidenza che il mondo provinciale danubiano non costituisce un
organismo uniforme e omogeneo, in quanto ogni provincia č caratterizzata da una
propria identitŕ che č andata maturando nel tempo, i cui tratti specifici
meritano di essere ulteriore indagati e studiati[2].
L’esigenza di distinguere la storia delle province dalla storia
di Roma, le sue fonti, i suoi orizzonti, le sue relazioni, č dovuta alla
necessitŕ di far emergere le specificitŕ regionali, le persistenze indigene,
gli apporti originali che le differenti realtŕ nazionali e locali hanno
espresso all'interno dell'impero romano. Questo tipo di analisi, che nel rapporto
tra centro e periferia valorizza gli apporti specifici delle diverse province e
supera il tema dell'egemonia e dell'imperialismo rilevando il ruolo
fondamentale della geografia nella storia, č stata definita giŕ in occasione
del Colloquio di Cluj-Napoca del settembre-ottobre 2006. Ho potuto rileggere lo
splendido volume degli Atti che mi č stato donato animo grato da Ioan Piso, per conto del Centrul de Studii Romane
dell’Universitatea “Babeş-Bolyai” e
del Muzeul Naţional de istorie a Transilvaniei[3]: un volume
di sintesi che poneva il tema della flessibilitŕ romana nella creazione di
nuove province e insieme si soffermava ad analizzare aspetti specifici relativi
alla storia provinciale romana. Per quanto ci riguarda in questa sede, con
riferimento alla Rezia (C. Sebastian Sommer), al Norico (Ekkehard Weber),
all’Illirico (Péter Kovács), alla Mesia (Miroslava Mirković, Costantin C.
Petolescu, Florian Matei-Popescu), alla pianura della Dobrugia tra le attuali
Romania e Bulgaria alla foce del Danubio (Alexandru Suceveanu), alle Pannonie
(Eduard Nemeth), soprattutto alla Dacia (Gelu Florea, Paul Puppeză,
Viorica Rusu-Bolindeţ, Barnabás Lőrincz, Ioan Piso), tutti studiosi
che hanno animato il fervido dibattito storiografico sull’epigrafia e la storia
delle province danubiane fino ad oggi. Č particolarmente la Dacia la provincia
per la quale in questi ultimi anni viene rapidamente colmato un ritardo storico
di conoscenze e di dati, anche per merito dei nostri colleghi italiani[4]. Nel
frattempo abbiamo maturato una coscienza nuova sul tema della diversitŕ delle
societŕ provinciali, delle distinte identitŕ e appartenenze, dell’assoluta
inadeguatezza di formule astratte e di categorie interpretative capaci di
definire nel tempo e nello spazio processi che hanno determinato eterogenee
trasformazioni politiche, economiche, sociali, culturali, fortemente
condizionate dalla geografia, dalla distanza, dall’impegno di Roma in una
provincia. Del resto č nostro dovere evitare di ingabbiare in schemi
precostituiti una realtŕ complessa, vivace, articolata, che va molto al di lŕ
delle formule e che aderisce a situazioni locali ancorate a tradizioni, ad
ambienti culturali e territoriali, all’evoluzione diacronica sempre in rapporto
con l’ambiente circostante. Non ci sono formule semplici per definire realtŕ
complesse. Ereditŕ dell’ellenismo, č evidente il progressivo affermarsi di una
realtŕ culturale nuova che attraversa
tutto l’impero, una “Romanitas” che
oggi appare assai differenziata, fondata soprattutto nelle regioni di frontiera
su un controllo militare che si innestň con il processo di urbanizzazione[5] e le
promozioni giuridiche di intere comunitŕ peregrine a livello municipale[6], il
coinvolgimento delle popolazioni locali, la scelta strategica di stabilizzare i
territori[7], la promozione
dell’evergetismo cittadino[8]; il
controllo militare fu incardinato su singoli avamposti che controllavano i
flussi di uomini, animali, merci da e per l’impero. Sullo sfondo rimangono i
temi ambientali che emergono con prepotenza, il paesaggio, la flora, la fauna,
come da ultimo a proposito della caccia al bisonte d’Europa sui Balcani
documentato dall’iscrizione di Montana in Mesia Inferiore[9]. Quindi
gli aspetti amministrativi legati alla conquista e alla provincializzazione, il
governo, gli avvenimenti storici riflessi sulle pietre.
Partecipano ai nostri lavori alcuni maestri, molti giovani
ricercatori, molti studiosi provenienti da numerose universitŕ europee, che ci
condurranno per mano a ricostruire i paesaggi antichi delle province danubiane,
con relazioni che investiranno aspetti storici, epigrafici, archeologici,
topografici di un’area vasta che si affaccia sul grande fiume, alla quale
guardiamo con rinnovato interesse, alla ricerca delle origini della cultura
europea, ritrovando radici comuni e percorsi storici convergenti. Il nostro
mestiere di storici del mondo antico deve sempre di piů renderci consapevoli
dell’importanza e della vitalitŕ dell’ereditŕ dell’antico nel mondo che viviamo
e insieme deve farci cogliere il senso della responsabilitŕ di un impegno di
ricerca che si proietti nella costruzione di un futuro comune. I nostri lavori
consentiranno di colmare fossati, di abbattere steccati antichi e muri moderni
e di trovare una strada insieme, soprattutto promettono uno sviluppo di rapporti
tra Paesi diversi, tra Universitŕ, tra scuole, tra metodi di indagine, nella
direzione che porta verso il consolidamento di una rete di relazioni che
immaginiamo intensa e vitale, capace di avviare un fortissimo rinnovamento di
metodi e di modelli culturali su un’area vasta, complessa, piena di fermenti
nuovi.
Proprio lungo le frontiere danubiane la cultura politica romana
produsse efficaci modelli di organizzazione civica: fondazioni di colonie, istituzioni
municipali, governi per territori con specifiche identitŕ etno-culturali ed
economiche mentre «l’urbanizzazione fece passi considerevoli, anche con
l’affiancamento di nuove cittŕ ad impianti castrensi, specie sul limes». Parlando al convegno sul Limes svoltosi nel 1989 a Svishtov,
l’antica Novae, alla vigilia della
caduta del muro di Berlino che segnava la fine di quella che era stata la
cortina di ferro del secondo dopoguerra, Giancarlo Susini volle ribadire che il
Limes romano non fu soltanto una
barriera, ma anche una soglia, un liminare da varcare per entrare di lŕ, e una
strada di terra e magari di fiume, che raccordava “a valle” singoli entroterra
per farli comunicare, una via maestra, insomma, che tale si potrebbe definire
perché tramite primario dei transiti e delle conoscenze, e perché straordinario
fattore di omologazione tra le culture che, dai lati della via, vi confluivano[10]. Oggi
tante cose sono piů chiare, intorno alle funzioni diverse che il limes ha svolto nel tempo, all’attivitŕ
di legioni, coorti, alae, numeri,
alla edificazione di castra e di
fortificazioni come burgi e praesidia militari, ad esempio come
quelli in Pannonia Inferiore per iniziativa del prefetto del pretorio Tigidius Perennis, nell’etŕ di Commodo[11]; o
quelli sul basso Danubio in etŕ tardo antica presentati nella sintesi di D.
Bondoc[12].
Sono ora disponibili numerosi lavori sull’archelogia e
l’epigrafia delle province danubiane in atti di convegni, come quello bulgaro
di Veliko Tărnovo del luglio 2000 per il centenario degli scavi di
Nicopolis, con particolare attenzione anche per Novae[13]; il
volume udinese Roma sul Danubio del 2002[14]; la Giornata di studio del settembre
2008 a Ratisbona[15].
Consentitemi di citare infine il volume di D. Boteva-Boyanova, L.
Mihăilescu-Bîrliba e O. Bounegru, pubblicato nel 2012, Pax Romana, dedicata alla cultura e
all’economia nelle province danubiane, con gli Atti del Convegno di Varna e
Tulcea del 2008[16].
Ma anche questo terzo convegno viennese appare
ricchissimo soprattutto per la parte epigrafica. Proprio per questa ragione ci
siamo dedicati a raccogliere un quadro, per quanto rapido e per saltus, delle scoperte e riscoperte
epigrafiche effettuate dal 2000 ad oggi nelle province danubiane: un periodo di
15 anni, lungo, ricco di novitŕ e di risultati, in relazione ai numerosi scavi
archeologici che si stanno conducendo per iniziativa di soggetti diversi in
dieci Paesi, con una forte componente internazionale e con un progressivo
ampliarsi dei soggetti coinvolti, con il prodigioso riemergere di intere
collezioni e il riordino dei lapidari di antichi musei. L’impressione generale
che ne abbiamo tratto č quella di un forte rinnovamento degli studi, del
passaggio di testimone tra due generazioni di studiosi, di una nuova vivacitŕ
della ricerca archeologica ed epigrafica, di un interesse crescente per i
risultati scientifici che toccano territori tanto diversi, che hanno vissuto il
fenomeno della romanizzazione in modi e forme davvero originali[17].
Ora che nuove porte si aprono in Europa e che nuovi muri
purtroppo si innalzano, abbiamo un’opportunitŕ ed un’occasione storica, che č
quella di ritrovare una dimensione perduta, quella di ricostruire una rete di
rapporti, di relazioni e di amicizie che rafforzi la comprensione tra i popoli,
affermi valori comuni, definisca un quadro di stabilitŕ e di pace, in un’Europa
piů consapevole delle proprie radici comuni, piů capace di individuare quelle
complesse e radicate esperienze culturali che da gran tempo compongono i suoi
fondamenti. Eppure nulla come l’esodo di intere popolazioni attraverso nuove strade e nuovi percorsi di terra, di mare e di
fiume che osserviamo in questi ultimi mesi ci puň far capire quella che fu
nella sostanza la fragilitŕ e la crisi del mondo antico.
Noi oggi possiamo articolare nel tempo e nello spazio i flussi
migratori che hanno investito le province danubiane dall’Italia o da altre aree
del Mediterranneo; soprattutto possiamo apprezzare il ruolo delle élites
locali, attratte dai vantaggi economici, giuridici e politici offerti da Roma,
interessate ad adottare volontariamente usi e costumi di una comunitŕ nuova,
talvolta, come ricordava Géza Alföldy, con un gusto quasi antiquario
nell’illusione di essere i veri discendenti di Roma, i soli custodi di valori
comuni[18].
Possiamo allora ribaltare la prospettiva e sostenere il ruolo fondamentale
della geografia nella storia: in etŕ imperiale nacquero diverse organizzazioni
sociali su base provinciale, che ideologicamente si richiamavano a Roma ma che
nella pratica, senza contraddizioni con l’identitŕ romana, erano peculiari di
un determinato territorio giacché della cultura italica avevano recepito solo
alcuni elementi, quelli che meglio si adattavano alla societŕ locale e che
preservavano numerosi tratti della tradizione pre-romana; su questa base si
innestavano poi gli influssi divergenti, dovuti ai tanti funzionari, militari,
coloni provenienti da altre provincie che esportavano la specifica concezione
di “cultura romana”. Senza contare l’apporto ininterrotto proveniente da quelle
popolazioni stanziate nel Barbaricum
oltre il limes rappresentato dal
grande fiume simboleggiato dal Neptunus
Danuvius dell’iscrizione di Stepperg in Baviera, pubblicata nel 2012[19], una
linea che in realtŕ č stata costantemente attraversata, se non altro per
consentire ai giovani peregrini di svolgere il servizio militare all’interno
dei reparti ausiliari romani, come dimostrano tanti diplomi[20]. La
divinizzazione del grande fiume Danuvius
(allo stesso modo in Pannonia il Dravus,
il Savus[21], il Colapis, il Bathinus) testimonia il
suo ruolo nell’immaginario collettivo e l’importanza del traffico fluviale[22].
Analogamente parliamo del Fluvius Acaunus
paredro della dea Salacia (la
sposa di Nettuno) a Vienna[23]. A
Salzburg-Iuvavum nel Norico la personificazione del fiume Salzach onorato da un navicularius comparirebbe nella
spettacolare base decorata con un’aquila,
dedicata insieme I(ovi) O(ptimo)
m(aximo) et Iuvavo pro salute Mari Aniceti e per il suo successo
commerciale, negotiationi eius[24]. A Vranjske Njive presso
Podgorica in Montenegro (Doclea) ci rimane la dedica studiata da D. Grbić
che richiama i pericoli della navigazione marittima sull’Adriatico piuttosto
che fluviale: un commerciante italico offre un altare a Nettuno con un epiteto
davvero inconsueto: Neptuno sacrum
periculorum absolutori[25].
In questo contesto, il tema della provincializzazione delle
province danubiane e in particolare della Dalmazia ad esempio č da affrontare
alla luce di un doppio orizzonte culturale, quello del processo di integrazione
e unificazione di popoli tanto diversi nell’ambito della communis patria Roma (attraverso la religione ufficiale, il culto
imperiale, l’urbanistica, le iscrizioni pubbliche), ma anche quello, generato
dalle delimitazioni cittadine e provinciali, che ha determinato profonde
differenze tra popoli e province, con i presupposti della successiva
frammentazione dioclezianea[26]; fino a
giungere all’estremitŕ orientale del territorio, come ad Odessos (oggi Varna)
in Mesia Inferiore, dove quattro termini indicano
nella seconda metŕ del I secolo d.C. il percorso della frontiera amministrativa
della provincia e della cittŕ: [F(ines)
te]rr(ae) [T]hraciae, [F(ines) terr(ae) Ode[ss(itanorum)][27].
In questo quadro emerge uno specifico, nello studio delle
scritture antiche, latine soprattutto e greche, quello dei metodi utilizzati
dalle diverse epigrafie, le paleografie come il lavoro di Mrozewicz per 230
iscrizioni di Novae[28], i
graffiti[29],
i tituli picti anche per il restauro
di monumenti[30], gli errori del lapicida e gli
strumenti officinali[31], le
officine lapidarie[32], le damnationes[33] e le successive reincisioni[34], le
provenienze dei marmi epigrafici[35], i marchi
di artisti e artigiani[36], i
bolli sui vasi, mattoni, importati o fabbricati localmente anche da figlinae imperiali nelle province
danubiane[37];
le scritte sulle corazze militari[38] o su
anelli[39]; le tesserae nummulariae della Carinzia[40]; in
generale l’instrumentum come nei Testimonia epigraphica Norica[41] o negli ex voto religiosi, come quelli
dedicati alle divinitŕ dalle terme salutari di Aquae Iasae in territorio di
Poetovio in Pannonia Superiore[42]. E poi
i tituli picti[43], le
tavolette di cera dalla Dacia[44], la
decorazione iconografica[45], le
tipologie monumentali[46], gli
errori del lapicida[47], il
reimpiego ad es. dei miliari[48], i
falsi[49], i
“doppi epigrafici”[50], il ductus[51], il
formulario[52],
la damnatio memoriae[53], la
poesia epigrafica studiata da Paolo Cugusi e Maria Teresa Sblendorio Cugusi[54], con
varie reminiscenze ovidiane che da Tomi riemergono nei carmina epigrafici, come a Sarmizegetusa (heroides, 21,91)[55], oppure
come a Transmarisca secondo D. Adameşteanu dai Tristia di Ovidio, hic ego
qui iaceo tenerorum lusor amorum (III, 3, 73 s.)[56]. Sulla
stessa linea a Melta (oggi Lăžane in Bulgaria), un carme funerario
racconta della lunga malattia della defunta quattordicenne, con riprese dal
mito di Atlante nelle Metamorfosi di Ovidio (X, 689-690)[57]: temi
che ci riportano alle radici della cultura latina di etŕ augustea, in ambiente
danubiano. Infine l’epigrafia rupestre tanto cara a Lidio Gasperini: in
Bulgaria a Pleven R. Ivanov ha rivisto l’iscrizione rupestre di Somovit[58]. Come
dimenticare che dieci anni fa Miroslava Mirković attraverso le iscrizioni
rupestri diel Djerdap nelle emozionanti gole del Danubio (giŕ note al Marsigli)
ha ricostruito la politica imperiale romana tra Tiberio e Adriano in territorio
mesico[59] Ma
l’epigrafia č capace di far riemergere tradizioni, riti, miti di un passato
lontanissimo da noi[60]; fa
scorgere il tema dell’assenza, la disperazione, il cordoglio, il pianto di
fronte alla morte, ben al di lŕ degli stereortipati formulari epigrafici legati
al rimpianto da parte degli eredi[61];
suscita emozioni e contiene indicazioni erotiche[62]; oppure
ci informa sugli aspetti sociali come a proposito dell’applicazione in Mesia
delle leggi matrimoniali di Augusto dopo la recente scoperta delle due tavole
bronzee contenenti la Lex Municipii
Troesmensium dell’etŕ di Marco Aurelio e Commodo, ffettuata nel 2003[63]; oppure
sui rapporti di parentela come a proposito dell’utilizzo del termine amita o del termine nepos/neptia in Dacia[64].
Significativi passi in avanti sono stati compiuti sui fenomeni
linguistici caratteristici del latino parlato in provincia, in particolare in
Pannonia, a causa dei rapporti transfrontalieri e della varietŕ di provenienze
della componente militare, per quanto assistiamo sul piano geografico a una
progressiva riduzione della “densitŕ epigrafica” dopo l’etŕ dei Severi[65]; č
stata studiata da B. Fehér la sintassi delle frasi complesse nel latino della
Pannonia e la coesistenza tra lingue differenti[66]; in
Mesia Superioe a Naissus V. Nedeljković ha studiato l’evoluzione del
volgare in etŕ tardo-antica[67]; la
lingua latina sulle iscrizioni daciche č stata studiata da Eugenia Beu-Dachin[68]; per
non parlare della prosopografia[69], della
situazione sociale e del ruolo degli schiavi e dei liberti imperiali[70]:
l’applicazione della lex Aelia Sentia,
che secondo L. Mihăilescu-Bîrliba in Dalmatia, Pannonia, Mesia, Dacia
testimonia che gli schiavi erano liberati molto giovani, a meno di 30 anni di
etŕ[71]. La
vita familiare in particolare dei liberti nell’Illyricum[72] oppure
in Dacia[73];
ma anche la condizione femminile[74], l’etŕ
del matrimonio, lo ius hereditatium in
Dacia[75],
l’onomastica specie in ambiente militare[76], i
gentilizi imperiali, i pseudogentilizi[77], la
vita religiosa, l’organizzazione del culto imperiale a livello municipale e
provinciale[78],
le tradizioni legate al mondo della magia[79], della
religione o della medicina ufficiale nelle loro interrelazioni[80]; le
minacciose defixiones[81]; con
attenzione per tanti aspetti sociali, come l’etŕ media o la speranza di vita[82]; ancora
le nuove possibilitŕ offerte dall’epigrafia alla delimitazione dei territori
delle cittŕ e delle province, come ad Histria (civitas libera et immunis), dove un editto del governatore della
Mesia Inferiore nei primi anni di Traiano Manius
Laberius Maximus fissava i limiti territoriali della cittŕ, alla base di successive
controversie che giunsero fino all’etŕ dei Severi[83]; oppure
ad esempio alla conoscenza delle professioni[84] o alla
navigazione fluviale e all’attivitŕ di mercatores
e dei corpora naviculariorum[85]; alla
realizzazione di opere pubbliche[86] e di
edifici da spettacolo, come gli anfiteatri, in Dalmazia a presso il campo legionario di Burnum (Ivoševci)[87] e Salona[88], in Pannonia a Brigetio[89],
a Carnuntum giŕ nell’etŕ di Vespasiano[90], ad
Aquincum[91]
e nella Dacia romana[92].
Infine, il rapporto tra culture religiose differenti, la presenza
ebraica come a Brigetio[93] o ad
Aquincum[94]
o nelle province daciche[95]; la
fase cristiana č testimoniata ad esempio dalle citazioni della Bibbia[96].
L’insieme dei documenti č ora studiato anche con riferimento alla collocazione cronologica,
attraverso i formulari, le caratteristiche tecniche, la paleografia[97], la
scrittura corsiva[98].
Giŕ il nostro compianto Géza Alföldy si interrogava nel volume
degli atti della Conferenza sul Danubio svoltasi a Belgrado edito da M.
Mirković nel 2005 sulla concreta possibilitŕ di ricondurre ad un discorso
unitario il processo di sviluppo della “cultura epigrafica” nelle province
danubiane, in rapporto a variegati processi di urbanizzazione e
municipalizzazione nello spazio danubiano, visto che dobbiamo registrare ritmi
differenti di un discorso articolato per province tanto differenti tra loro,
con tante originali diversitŕ. In alcune aree, specie nel settore illirico, la
“cultura epigrafica” si affaccia giŕ a partire da Augusto; Pannonia e Mesia hanno
ospitato reparti legionari, mentre altri territori, come la Rezia e il Norico,
sono stati controllati solo da guanigioni ausiliarie; in molte province, a
maggior ragione in Dacia, si puň parlare di cultura epigrafica solo dopo la
prima metŕ del II secolo d.C., a causa della “bassa densitŕ epigrafica” per
tutto il I secolo d.C. (e ci troviamo di fronte prevalentemente a iscrizioni
funerarie)[99].
Di conseguenza mi sono interrogato a
lungo se proporre con questa relazione un quadro unitario per l’insieme dell’area
balcanico-danubiana oppure piů correttamente un ragionamento articolato per
settori e per province. Ovviamente mi riservo in futuro di raggiungere un
livello maggiore di dettaglio e di approfondimento.
Sembra opportuno partire ancora una volta dalla “regina inscriptionum”, le Res Gestae Divi Augusti, con le parole
di Augusto evocate da Werner Eck al nostro primo convegno di Ferrara: Pannoniorum gentes quas ante me principem
populi Romani exercitus numquam adiit…imperio populi Romani subieci protulique
fines Illyrici ad ripam fluminis Danuvi[100]. Le
recenti riflessioni di H. Grassl e di K. Strobel hanno portato a rivalutare
l’azione di Augusto e ad arrivare ad una sintesi sulle nuove teorie sulla
provincializzazione di Rezia, Norico, Pannonia[101]. Anche
il recente lavoro di D. Grbić
sulla conquista romana alla luce dei monumenti trionfali (partendo
dalle statue che rappresentano i popoli balcanici provenienti dall’Augusteo di
Afrodisia), ha chiarito i contenuti delle campagne militari di Ottaviano
Augusto, segnando le tappe della conquista dell’Illirico e delle regioni
danubiane[102].
Augusto costituě definitivamente la provincia dell'Illirico solo
nel 27 a.C., considerandola pacificata e lasciandola nelle mani del Senato, che
vi inviň dei proconsoli. Qualche anno dopo, a seguito di una nuova rivolta di
Dalmati, la provincia fu dichiarata imperiale, allargata fino a comprendere
parte della Pannonia e della Mesia e, tolta al Senato, a partire dall'11 a.C.
ospitň un presidio legionario che aveva sede a Salona, sotto il comando di un
legato di rango consolare (il primo fu il figliastro Tiberio). Gli ultimi studi
hanno chiarito molti aspetti della grande rivolta pannonica del 6 d.C.: Sirmio
(Mitrovica in Serbia) sulla Sava fu a lungo assediata da Tiberio, indebolita da
carestie e pestilenze, come ha dimostrato Dénes Gabler dell’Universitŕ di
Budapest[103].
La Pannonia, ormai quasi spopolata, fu allora sottoposta ad una dura
occupazione militare ed affidata inizialmente col nome di Illyricum Inferius ad un autonomo legato, cosě come ora precisato
dalla Šašel Kos, M. Emilio Lepido nel 9 d.C. e alla morte di Augusto Quinto
Giulio Bleso[104].
Č possibile ricostruire l’attivitŕ delle legioni e dei reparti ausiliari,
impegnati a costruire strade, canali, accampamenti. L’esercito č presente con i
suoi castra legionari e ausiliari
affiancati dalle canabae. Le regioni
adriatiche della Dalmazia venivano definitivamente scorporate dalla Pannonia e
costituivano una provincia distinta. I recenti lavori di Jenő Fitz hanno spostato nel tempo
la bipartizione della provincia di Illiria. La divisione non sarebbe avvenuta
come fin qui sostenuto tra il 9 e il 20 d.C. ma solo sotto Claudio tra il 46 e
il 49. Dopo aver fatto parte del Norico,
Carnuntum appartiene alla Pannonia dal 50. Savaria ha ottenuto il titolo di
colonia allo stesso tempo delle cittŕ del Norico con un perfetto sincronismo.
La prima menzione di un governatore in Pannonia č del 50, di Dalmazia dal 65[105].
Giŕ in etŕ augustea si sviluppa una forte immigrazione di
artigiani, come i Barbii recentemente
studiati da G. Piccottini[106]; a
questi anni puň forse essere riferita l’iscrizione incisa sulla gamba della
celebre statua di atletas Jüngling von
Helenberg che si data alla seconda metŕ del I secolo a.C. (dunque
all’inizio di etŕ augustea secondo Wohlmayr) e su uno scudo perduto sempre dal
Magdalensberg con i nomi M. Gallicinus
Vindili f. L. Barbius L. l. Philotaerus procurator, Craxantus Barbi P. servus
[107]. Infine ad officine di inizio di etŕ
augustea viene riferita la dedica effettuata alle calende di maggio alle
divinitŕ ctonie con 25 misure di vino per libagioni da A. Poblicios D.l. Antiochus [108].
Naturalmente la nostra ricerca č partita da L’Année épigraphique che a questi primi 13 anni (l’ultimo numero
del 2012 č uscito nell’agosto 2015) riserva oltre 500 schede, e da numerose
altre riviste (Arheološki Vestnik nr. 66 dedicato a Slavko Ciglenečki
sulla tarda antichitŕ č arrivato al 2015) e altri repertori, tra i quali l’Annona epigraphica Austriaca di E. Weber
su Tyche, dal XV volume, curata da un
gruppo di studiosi: K. Böhm, V. Hofmann, M. Holzner, M. Pesditschek, R.
Selinger, I. Weber-Hiden, fino a F. Beutler nel 2014-15; una rassegna che raccoglie
articoli spesso difficili da trovare, accompagnata da un commento epigrafico,
indici e lista di concordanze[109]. Ma
ormai possediamo numerosi repertori bibliografici, come quelli sulla religione
in Dacia curato da Cs. Szabó e I. Boda, uscito nel 2014.
Ma questi sono gli anni della pubblicazione di diversi nuovi
volumi del Corpus Inscriptionum
Latinarum, relativi ad alcune province e ad alcune categorie di iscrizioni,
come i 572 nuovi miliari, quelli della Rezia e del Norico studiati nel 2005 nel
volume XVII, Pars V, Illyricum et
provinciae Europae Graecae, fasc. I, miliaria
provinciarum Raetiae et Norici del CIL,
da Anne Kolb, dal compianto Gerold Walser e da Gerhard Winkler (Berlin - New
York 2005), pubblicato a cura di Manfred G. Schmidt e Ulrike Jansen per conto
dell’Academia Scientiarum Berolinensis et
Brandenburgensis. Nel nuovo fascicolo (CIL,
XVII, IV, 1), si raccolgono 73 miliari delle sette vie della Rezia e 155
miliari lungo dieci vie del Norico: citerň almeno la via a Vindobona per Cetium Lauriacum Ovilavis ad Aenum flumen in
Norico[110]
e la via sulla riva destra del Danubio (via
secundum amnem Danuvium) in Rezia, tra Guntia, Augusta Vindelicorum, Castra
Regina, Boiodurum (in totale 229 nuovi testi o riedizioni con significative
rettifiche)[111].
A tre anni fa, al 2012 risale il secondo fascicolo CIL, XVII, IV, 2, relativo ai miliari
della Dalmazia (ediderunt Anne Kolb et
Gerold Walser, nel frattempo deceduto, adiuvante
Ulrike Jansen), con altri 342 miliaria
provinciae Dalmatiae e gli indici dei fascicoli 1 e 2 curati da A.
Fassbender[112]. L’opera permette di identificare
almeno 11 strade della Dalmazia, tra le quali la strada costiera settentrionale
che si originava da Aquileia: via ex
Italia per Tarsaticam, Seniam, Burnum ad Salonas; ma la messe piů
significativa di nuovi documenti č quella relativa ai quasi cento miliari delle
due strade meridionali lungo la costa, le viae
a Narona Scodram.
L’impresa della riedizione di CIL
III per le iscrizioni pannoniche (in particolare di Carnuntum) presentata a
Ferrara da Ekkehard Weber rende bene la difficoltŕ di un impegno internazionale
di ricerca che perň rappresenta una speranza per il futuro. Siamo certi che
accanto alla individuazione di nuovi falsi, accanto alla riedizione di testi giŕ
noti ed alla riorganizzazione dei dati, la nuova edizione di CIL III presenterŕ rilevantissime novitŕ
e numerosi inediti[113].
Le iscrizioni della Pannonia sono state
giŕ ampiamente discusse nei cinque fascicoli degli Studia Epigraphica Pannonica SEP, curato dal gruppo di lavoro
ungherese che prepara il nuovo volume di CIL
III seconda edizione consacrato alla Pannonia (ultimo a cura di P. Kovács, B.
Fehér), con attezione per Aquincum, Brigetio, Scarbantia, e la revisione delle
epigrafi, in particolare le false di Carnuntum; un capitolo significativo č
dedicato agli umanisti alla corte del re Matthias Corvin[114]. Rare
(37 in tutto) le nuove iscrizioni greche della Pannonia studiate da P. Kovács,
11 delle quali bilingui, a testimonianza di specifiche componenti sociali
(soldati, negotiatores, cristiani)[115].
Proprio P. Kovács ha curato la terza edizione accresciuta del Corpus Inscriptionum Graecarum Pannonicarum: 31 su pietra, 11 bilingui locali,
nelle due province di Pannonia e nella contigua regione del Barbaricum, con osservazioni
sull’influenza del greco sul latino della regione e la confusione tra alfabeti
diversi[116].
Non mancano le iscrizioni ebraiche, una delle quali in lingua greca conserva un
versetto del Deuteronomio (6,4), proveniente dalla Pannonia Superiore, il piů
antico testimonio ebraico in suolo austriaco, II secolo[117].
Al 2011 risale il Corpus Inscriptionum Latinarum et Graecarum Montenegri, di J.
Martinović: in totale 347 iscrizioni latine e 8 greche scoperte nel
Montenegro, quasi tutte giŕ note, con non poche imprecisioni[118] .
Le iscrizioni latine dell’Albania sono state presentate in due
volumi usciti a pochi anni di distanza, rispettivamente nel 2009 e nel 2012: il
primo č opera di Skender Anamali, Hasan Ceka, Élisabeth Deniaux (Corpus des inscriptions latines d’Albanie), il secondo di Ulrike Ehmig e di
Rudolf Haensch (Die lateinischen
Ischriften aus Albanien)[119].
Naturalmente per i nostri territori sono molto significativi i
recenti dati relativi a nuovi diplomi militari (pubblicati da Wener Eck e dai
suoi colleghi)[120] e gli
aggiornamenti a CIL XVI. Un
incredibile numero di nuovi diplomi (una sessantina) ci provengono dalla Mesia,
pubblicati su “Chiron” da P. Weiss, W. Eck, A. Pangerl: di essi 26 sono
riferiti alla Mesia Superiore, 25 alla Mesia Inferiore[121]. Un
significativo aggiornamento dei RMD
con precisazioni e rettifiche sulla consistenza dell’esercito del Norico č
stato effettuato dopo le scoperte di Lauriacum, Porgstall an der Erlauf in
Bassa Austria[122].
Sono venuti alla luce dodici nuovi diplomi relativi all’esercito della
Pannonia, 5 alae e 13 coorti, uno (da Bakonycsernye) relativo ad un C. Iulius C. fil. Ael(ia) Passar della legio II Adiutrix a Brigetio, poi
trasferito da Settimio Severo alla X coorte pretoria pia vindex, congedato il
22 febbraio 206: egli era originario Mogionibus,
forse un popolo, i Mogiones, da
avvicinare al vicino municipium Aelium
Mogentiana affiliato alla pseudo tribů Aelia[123]. Ci
sono molti altri casi che andrebbero richiamati, come quello di Cornacum che
ricorda due consoli fin qui sconosciuti: Euphrata
et Romano coss., un 7 settembre tra il 192 ed il 206, diploma concesso
all’ex gregale (un marinaio della flotta) Priscinus
Prisci f. Priscus ex Pan. Inf. Iatumentianis
e ai figli. Egli era originario di un villaggio sconosciuto della Pannonia
Inferiore, Iatumentianae[124].
Sono state studiate varie collezioni, come quella Matijević
di Salona, ora presentata in Varia
Salonitana di D. Maršić e M. Matijević[125]. Gli
ultimi anni sono stati animati dalle ricerche che hanno portato alla
monumentale edizione delle iscrizioni cristiane di Salona (Salona IV, Inscriptions de Salone chrétienne, IVe-VIIe
sičcles, a cura di E. Marin, N. Gauthier, F. Prévot, Coll. EFR 194,4, Roma
Split 2010): 825 iscrizioni, 742 latine e 84 greche dal IV al VII secolo
conservate in prevalenza a Split, utili anche per definire i raporti di
parentela[126].
L’opera č stata piů volte annunciata negli anni precedenti da E. Marin, che
aveva segnalato le datazioni consolari della pars Occidentis, perché la Dalmazia non fu aggregata alla pars Orientis[127] e da
N. Gautier, che invece pensava ad un’epigrafia di frontiera tra Roma e
Costantinopoli e segnalava l’alto numero di iscrizioni in lingua greca, in
relazione ai numerosi immigrati[128]. Anche
F. Prévot nella Miscellanea Emilio Marin ha presentato una brillante sintesi
sulle iscrizioni di Salona cristiana, con particolare attenzione per le
relazioni familiari[129]. In un
epitafio che contiene le istruzioni per la tomba, conosciamo nel V secolo per
la prima volta un [p]rocura[t]or
Ecles[ia]e Saloni[a]nae, un titolo che richiama la struttura
dell’amministrazione imperiale[130].
In conseguenza delle nuove scoperte č cambiata profondamenrte la
prospettiva storica, ad esempio sulla storia della Pannonia, come testimonia
l’ampio articolo di Géza Alföldy in Rivista
Storica dell’Antichitŕ 41, 2011, sintesi rinnovata attraverso le fonti
letterarie, epigrafiche, iconografiche, con rettifiche rispetto al volume di P.
Kovács, B. Fehér, pubblicato a Budapest nel 2005 in inglese (dal 54 al 166 d.C.) [131]. La
storia della Pannonia tra il 235 e il 284 durante l’anarchia militare era stata
studiata da P. Kovács[132].
Se ci fermiamo sulla Panonia inferiore (piů orientale), emerge
l’edizione di nuovi volumi del RIU e
la costante revisione dei volumi precedenti: J. Fitz, A. Mócsy, S. Soproni
hanno presentato il sesto volume: Die
römischen Inschriften Ungarns, 6, Das Territorium von Aquincum, die Civitas
Eraviscorum und die Limes-strecke Matrica-Annamatia und das Territorium von
Gorsium, Budapest - Bonn 2001, che comprende i territori di Aquincum, di
Gorsium, della civitas Eraviscorum e
il limes tra Matrica e Annamatia.
L’opera č stata ampiamente commentata su AE
e recensita da Alföldy e Lőrincz su ZPE[133].
Numerosi inediti da Aquincum sono presenti nei primi due volumi
dei Tituli Aquincenses, curati da P. Kovács e A. Szabó, usciti a Budapest
tra il 2009 e il 2010, che raccolgono oltre 650 iscrizioni, in particolare
quelle relative ad opere pubbliche, onorarie, sacre, sepolcrali[134]. A.B.
Fehér si deve il III volume dei Tituli
Aquincenses uscito a Budapest nel 2011 e dedicato a 523 bolli su instrumentum domesticum[135].
Le ricerche epigrafiche in Ungheria tra il 1994 e il 2005 sono
sintetizzate da B. Lőrincz partendo da RIU[136]. Un
buon supplemento al RIU č quello dedicato
a oltre duecento iscrizioni ungheresi, 49 delle quali trovate nel Barbaricum Sarmaticum: P. Kovács, Tituli Romani in Hungaria reperti (TRH),
Supplementum, Budapest Bonn 2005, con
47 inediti[137].
Una particolaritŕ delle Pannonie sembra la ricchezza della decorazione dei
monumenti funerari[138], come
ora testimoniato dal volume di C. Ertel del Corpus
Signorum Imperii Romani, Ungarn, IX[139]. B.
Fehér ha presentato un supplemento al Lexicon
epigrahicum Pannonicum (LEP), con
riferimento alle scoperte effettuate tra il 1989 e il 2003[140]. Altri
studi sono dedicati all’Instrumentum,
con le piů diverse provenienze.
Davvero straordinari appaiono i risultati del progetto iniziato e sviluppato da F. und O. Harl www.ubi-erat-lupa.org (Bilddatenbank zu
antiken Steindenkmälern), oggi www.ubieratlupa.com (Römische Steindenkmäler) del Gruppo di ricerca per
Archeometria e Beni Culturali Computing dell'Universitŕ di Salisburgo, in
collaborazione con EAGLE
(European network of Ancient Greek and Latin Epigraphy), con oltre 25000 monumenti fin qui schedati.
Der derzeitige Datenbestand umfasst 21 056 Steindenkmäler und 31 655 Bilder (Stand 26.02.2013). Numerose sono le raccolte di iscrizioni dei Musei Nazionali, come il Lapidario romano del Museo Nazionale Ungherese studiato da M. Nagy, con i suoi specifici problemi di classificazione dei monumenti per epoche o per argomenti; le iscrizioni in totale sono 116[141]. Oppure il museo epigrafico del bastione della fortezza di Komárno (con epigrafi prevalentemente da Brigetio)[142]. Per Brigetio L. Borhy presenta un catalogo 256 monumenti del lapidario del forte di Igmánd, 73 iscrizioni, 8 inedite[143]. Il nuovo lapidario nella cittŕ di Memesvámos-Balácapuszta (Comitato di Veszprém in Ungheria) č studiato da S. Palágyi[144]. La piccola collezione lapidaria del Museo di Hamság di Mosonmagyaróvár (Ad Flexum) č stata č presentata da E.T. Szőnyi; alcuni testi provengono da Bruckneudorf in Austria[145]. Ad E. Tóth dobbiamo l’edizione del Lapidarium Savariense, con ben 238 testi ritrovati a Savaria in Pannonia Superiore, oggi Szombathely in Ungheria, con molti inediti.[146] A Carnuntum, 31 iscrizioni del parco archeologico e del museo carnuntino studiate da K. Genser riguardano essenzialmente soldati della legione XIV gemina Martia Victrix e della legio XV Apollinaris o membri della loro famiglia, talora con riferimento alle canabae[147].
Se passiamo alle Mesie, a Belgrado
aspettiamo il III/1 volume delle Inscriptions
de la Mésie supérieure (région des Portes de fer) che sarŕ pubblicato dal
Centre d’Études Épigraphiques et Numismatiques "Fanula Papazoglou", ma
possediamo nuovi dati dal Catalogul
expoziţiei The Romans in the Left Pontus during the Principate, Exhibition
Catalog, Aegyssus 2000, Tulcea 2012 ICEM, Institutul de Cercetări
Eco-Muzeale Tulcea, Muzeul de Istorie şi Arheologie. Sono
stati inaugurati nuovi musei come a Capidava, anche se le iscrizioni vengono
regolarmente trasferite nei lapidari dei musei nazionali, a Bucarest e
Costanza.
Il nuovo corpus delle
iscrizioni di Dacia, a valle dei Cronica
epigrafică della Romania dedicato alla Dacia ed alla Scizia minore
(cioč alla parte romena della Mesia Inferiore), si deve a C.C. Petolescu, con
l’opera Inscripţii latine din Dacia
(ILD) uscito a Bucarest nel 2005, con
805 iscrizioni, in parte riprese da SCIVA,
soprattutto con le nuove nuove iscrizioni, non incluse nei volumi IDR, giŕ pubblicati: il numero dei
diplomi della Dacia (50) appare davvero ragguardevole[148]. Allo
stesso autore dobbiamo fuori collana rispetto ad IDR i due volumi (l’ultimo dei quali pubblicato nel 2000) Inscriptions de la Dacie romaine. Inscriptions
externes concernants l’histoire de la Dacie (Ier-IIIe sičcles), II, Zones du CIL
III et du CIL VIII, Bucarest 2000, dalle province danubiane e balcaniche,
Asia Minore, Africa[149]. Entro
le IDR III,5, I. Piso presenta le 724
Inscriptions d’Apulum, Inscriptions de la
Dacie romaine (Mémoires de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres,
XXIV), III, 5, Paris 2001, con alcune inedite. Un
utile aggiornamento epigrafico dobbiamo a C.C. Petolescu, per Dacia, Scizia
Minore, parte rumena della Mesia Inferiore, vd. la rassegna annuale SCIVA, arrivata al 66° fascicolo nel
2015[150]. Lo
stesso autore ha presentato il manuale Epigafia
latină, Bucarest 2001, commentando un centinaio di testi
prevalentemente dalla Dacia. L. Ruscu ha raccolto i 152 testi del Corpus
inscriptionum Graecarum Dacicarum [Hungarian Polis Studies 10], Debrecen
2003.
Il catalogo delle iscrizioni del museo rumeno di Caracal in Dacia
č presentato da D. Bondoc e D.R. Dincă[151]. Lo
stesso D. Bondoc pubblica una nuova raccolta delle iscrizioni lapidarie del
Museo di Craiova provenienti dalla Dacia inferiore[152]. Le
iscrizioni di Micia (oggi Veţel) raccolte nella collezione del Museo
Nazionale di storia di Transilvania a Cluj vengono riedite da D. Alicu[153]. Per
il territorio di Sarmizegetusa, Apulum e Micia in Dacia Superiore,
significativo č il corpus di 216 monumenti funerari inscritti curato da C.
Ciongradi[154].
I. Piso ha presentato nel 2006 le cento straordinarie iscrizioni dal forum vetus di Sarmizegetusa[155].
Per la parte romena della Mesia Inferiore č stato pubblicato lo
studio epigrafico postumo di N. Gostar sul grande monumento funerario del c.d. tropaeum Traiani (2008, ma scritto 40
anni fa), ora commentato da A.S. Ştefan, per il quale si tratterebbe di un
tropaeum Domitiani, decisamente piů
antico[156].
Infine, č appena uscito il IV volume delle Inscriptions
de la Scythie Mineure, per la Dobroudja (2015) di Em. Popescu (AE 2015, 1207).
L’attivitŕ dei precursori dell’epigrafia e lLa Laa
storia degli studi epigrafici parte con il bel contributo di X. Espluga sugli
umanisti del XV secolo Ciriaco di Ancona, Giorgio Begna, Pietro Donato e
Giovanni Marcanova, interessati all’epigrafia di Split e Salona in Dalmazia[157]. In
Croazia nel XVIII secolo agisce Frane Radman, studiato da V. Kapitanović[158]. A
Sisak (Siscia in Pannonia Superiore) nella seconda metŕ del XIX secolo, le
figure di Mijat Sabljar e Ivan Tkalčić sono presentate da V.
Vukelić[159];
a Seggauberg nel territorio di Flavia Solva nel Norico č stata ricostruita la
storia delle ricerche epigrafiche effettuate da Richard Pococke nel Settecento[160]. In
Dacia particolarmente rilevanti le figure di Stephanus Taurinus e Georg
Reichesdorffer, umanisti del XVI secolo: attraverso i manoscritti degli
umanisti possiamo ricostruire una ventina di iscrizioni[161].
Una storia degli scavi e delle scoperte nel Norico
(Oberösterreich) in etŕ romana č stata pubblicata a cura di J. Leskovar, C.
Schwanzar, G. Winkler, con attenzione specifica per Ovilava, Lentia, Celeia[162].
Una difficoltŕ č rappresentata dall’incrociarsi delle raccolte
organizzate per provincia e quelle invece promosse all’interno dei nuovi
confini “nazionali”, in Austria[163], in
Ungheria, in Romania, in Bulgaria, perfino nella Germania bavarese e Svizzera,
nell’Albania settentrionale e nella ex Jugoslavia, non sempre all’interno
dell’Unione Europea (sono entrate Croazia e Slovenia; non sono nell’U.E.
Bosnia, Serbia, Montenegro, Macedonia, Kosovo). Alla rovescia, alcune province
vengono frammentate sulla base dei moderni confini nazionali: nel Norico, S.
Djura Jelenco e J. Visoćnik presentano il catalogo delle iscrizioni
lapidarie della Carinzia slovena[164]. E.
Weber presenta un quadro dell’epigrafia delle Alpi orientali e in particolare
delle regioni meridionali dell’Austria[165]. M.
Huber ci presenta una storia degli studi epigrafici nel Tirolo, riprendendo le
iscrizioni pubblicate nel 1756 da Anton Roschmann, con uno sguardo storico e
archeologico[166].
S. Loma ha effettuato una revisione di epigrafi sul corso superiore del Lim, a
Nord est del Montenegro[167]. Ma ci
sono altri musei internazionali, come quello di Monaco, che contengono
collezioni che ci riguardano, come ha dimostrato R. Gebhard per i 125 anni del
Museo, con una collezione lapidaria che comprende anche iscrizioni dalla Rezia
e dal Norico.
Carattere ampio e interprovinciale hanno
diversi volumi in onore di valenti studiosi, come quelli per Ioan Piso[168],
Emilio Marin[169],
Alexandru Suceveanu[170], Doina
Benea[171],
Mihai Bărbulescu[172], Dorin
Alicu[173],
Radu Ardevan[174],
György Németh[175];
anche Silviu Sanie, Dumitru Protase, Lucia Ţeposu Marinescu. Per altri,
come Géza Alföldy[176],
Alexandru V. Matei[177] e
Vasile Lica, si tratta di volumi in memoria. Raccolte di scripta varia sono state edite, come ad esempio per Mihai
Bărbulescu[178],
Alexandru Suceveanu sulla Dobrudja romana[179],
Barnabás Lőrincz[180],
Gerhard Winkler[181].
In Dalmazia possiamo distinguere tre circoscrizioni giudiziarie (conventus), con i capoluoghi Scardona
per la Liburnia a Nord, Salona al centro, Narona per i territori meridionali.
Il legatus Augusti propraetore di
rango consolare, assistito da un procuratore equestre per l'amministrazione
finanziaria, risiedeva nella capitale Salona, mentre il concilium provinciae, l'assemblea che organizzava il culto
imperiale almeno per le comunitŕ liburniche, aveva sede a Scardona[182].
Alcune delle piů recenti scoperte epigrafiche hanno riguardato i
primi governatori. Un’iscrizione di Iader ricorda il patrono Cn. (Baebius ?) Tamphilus Vala (Numonianus
?), forse il primo proconsole di Illiria al momento della creazione della
provincia da parte di Augusto, il che spiegherebbe la frequenza dei Baebii[183]. Piů informazioni possediamo ora per il
legato Dolabella, grazie ai lavori di S. Mesihović[184] e alle
nuove scoperte di Epidaurum (ogggi Cavtat), relative all’amministrazione della
cittŕ, all’attivitŕ del legato, ai magistrati cittadini[185].
Furono i primi legati di Dalmazia all’epoca di Tiberio P. Cornelius Dolabella e L.
Volusius Saturninus ad organizzare il culto imperiale in Liburnia in
particolare a Scardona. Gianfranco Paci ha studiato a Narona la dedica di
Dolabella ad Augusto divus, dopo la consecratio voluta da Tiberio[186].
L’attivitŕ di Dolabella č documentata anche sul territorio, con la terminatio tra Asser(iates) e C[or(nienses)]
studiata da Sl. Čače:
da Podgađe (Asseria) proviene il terminus posto ex [dec(reto)
P. Corn(eli)i] Dol(abellae) leg(at)i pr(o) [pr(aetore)] det(erminavit) C.
Titius Geminus (centurio) legionis VII inter Asser(iates) et C[or(nienses)][187]. Di
grande interesse le operazioni di delimitazione catastale, iniziate come si č
visto giŕ con Augusto: proprio ad Asseria in Dalmazia conosciamo cinque iudices dati a M. Pom[peio] Silvano leg(ato) Aug(ust)i propr(etore), i quali inter r(em) p(ublicam) Asseriatium et inter
rem p(ublicam) Alve[ritarum] in re praesenti per sententiam [suam]
determinaverunt, documento analogo ad altri termini giŕ noti[188]. In
questo ambito, Dolabella ha provveduto ad una totale progettazione della rete
stradale in Dalmazia, come ora dimostra il lavoro di M.G. Schmidt, sulle 500
miglia delle strade dell’Illirico con partenza da Salona nelle tabulae Dolabellae: ad fines provinciae Illirici inferioris, ad Batinum[189].
I Fasti della provincia del Norico, con una lista aggiornata dei
procuratori governatori e finanziari del Norico si deve a G. Winkler[190], con
le osservazioni di S. Demougin e S. Lefevbre e soprattutto di Andreina
Magioncalda, in occasione del XII Congressus AIEGL[191].
I governatori della Provincia dell’Illiricum superior sono studiati da S. Mesihović dal 42
(rivolta di Scribonianus) al 68[192].
L'antica unitŕ della Dalmazia, della Mesia e della Pannonia fu mantenuta nel
distretto doganale, dove veniva riscosso in modo unitario il publicum portorii Illyrici (con le
precisazioni ora di Lyuba Radulova). La separazione in piů province
dell’Illirico, l’epoca e le forme della divisione delle Pannonie, delle Mesie,
delle Dacie sono stati oggetto di ampi studi. Fitz ha definito i confini della Pannonia inferior e superior
dopo il 213: fu Caracalla, nel corso della guerra contro gli Alamanni, ad
aggregare la legione di Brigezio (sulla riva del Danubio, ad Est del lago
Balaton) e il suo territorio alla Pannonia Inferiore[193]. I
miliari di Pannonia Inferiore che ricordano Pontius
Pontianus e Aelius Triccianus
presso Ménfosanak confermano che la frontiera coincideva con la linea del fiume
Arrabo. Ciň consente di aggregare alla Pannonia Inferiore i territori a Nord e
a Sud e del lago Balaton.
L'annessione del Norico (nel 15 a.C.) non abolě inizialmente
l'antico regno alpino fino alla costituzione della provincia (sotto Claudio),
che mantenne qualche autonomia e sopravvisse oltre il principato di Tiberio, a
testimonianza forse di un'occupazione pacifica ottenuta per via diplomatica: un
vincolo federale univa le tribů celtiche degli Alauni, degli Ambisonti e dei
Taurisci, che riconoscevano un unico re. Piů tardi, dopo la costituzione della
provincia del Norico, sul Magdalensberg sorse il tempio del Divus Augustus e della Dea Roma, centro federale del culto
imperiale, ricco punto terminale delle importazioni di vino, olio, garum[194], persino di metalli dalla penisola
iberica[195].
Fu giŕ Augusto ad esentare dalle imposte C.
Iulius Vepo[196]. Il
territorio provinciale fu sottoposto inizialmente all'autoritŕ di un
procuratore equestre (procurator regni
Norici), di rango ducenario, dotato di ius
gladii: una vera e propria riorganizzazione territoriale si dovette
all'imperatore Claudio, protagonista con il procuratore C. Baebius Atticus (originario di Iulium Carnicum) di un'intensa
opera di romanizzazione, testimoniata dalla realizzazione dell'intera rete
stradale in direzione del Brennero e della valle dell’Isonzo fino ad Aquileia,
tra la Rezia e la Pannonia e da una vivace politica di municipalizzazione, con
l’assegnazione dello Ius Latii e la
promozione ad esempio di Celeia di cinque importanti oppida celtici: Celeia, Virunum, Teurnia, Aguntum e Iuvavum al
rango di municipio (municipia Claudia)[197]
La presenza romana nel Norico ebbe come immediata conseguenza
l'intervento militare nella vicina Rezia (a cavallo tra Svizzera ed Austria),
voluto da Augusto per proteggere il limes
danubiano e per estendere il controllo sui valichi alpini. Furono Druso e
Tiberio a comandare la spedizione che con due distinte colonne raggiunse oltre
i valichi alpini il Pons Aeni (Innsbruck,
Veldidena)[198]
attraverso le vallate dell'Adige, dell'Isarco e dell'Inn e il lago di Costanza presso
le sorgenti del Danubio. Come č noto la vittoria fu consacrata sul trofeo
alpino di Monaco e il nome delle civitates
Raeticae e Vindelices sottomesse
compare nell'elenco di Plinio il vecchio[199].
Dopo la conquista la Raetia-Vindelicia
et Vallis Poenina fu affidata inizialmente ad un praefectus civitatium, come [S]ex.
Pedius Sex(ti filio) An(iensi) Lusianus Hirrutus, originario di
Interpromium, pr[aef(ectus)] Raetis
Vindolicis vallis Poeninae[200]. A.
Schaub e R. Rollinger hanno studiato il governo della provincia in etŕ augustea
e tiberiana : Q. Octavius Sagitta
procuratore sotto Tiberio, Q. Caecilius
Cisiacus Septicius Pica Caecilianus governatore della Rezia, Vindelicia,
Vallis Poenina tra Tiberio-Caligola e Claudio; per quanto Davide Faoro neghi
l’esistenza di una provincia autonoma ancora nei primi anni di Tiberio e sposti
il secondo al II secolo[201]. I
confini della provincia furono tracciati piů volte e raggiunsero il Danubio a
Nord e la confluenza con l'Inn, che segnava il confine orientale. Il territorio
perse successivamente (con gli Antonini) l'area della Vallis Poenina che divenne provincia a sé stante lungo l'alta
vallata del Rodano. Anche la valle dell'Adige e l'attuale provincia di Trento
furono presto sottratte all'autoritŕ del prefetto provinciale ed inserite nelle
regioni X e XI della penisola: la popolazione tribale fu allora aggregata (adtributa) ai vicini municipi della
Cisalpina, con una sorta di subordinazione testimoniata dalla tabula Clesiana.
Per la Pannonia, la lista dei governatori curata da B.
Lőrinz č in Fontes Pannoniae
Antiquae in aetate Severorum, edito da P. Kovács (Budapest 2007)[202].
In Mesia Inferiore a Gigen R. Ivanov pubblica l’iscrizione che
ricorda il fratello di Settimio Severo con una base dedicata P. Septimio Getae leg(ato) Augg(ustorum)
pr(o) pr(aetore) patronus col(oniae), onorato dai coloni di Oescus, come governatore provinciale nominato da due
Augusti diversi, forse prima Commodo nel 192, poi Pertinace nel 193[203]; la
questione fa davvero difficoltŕ, ma del resto a Lepcis Magna Geta č ricordato
anche come legato di tre Augusti, dunque anche Severo nel 194, prima di
diventare nel 195 governatore della Dacia[204].
In Mesia, la Tavola di Durostorum, che proviene dall’accampamento
della legione XI Claudia Pia Fidelis[205],
analoga a quella di Brigetio[206],
contiene nell’edizione di N. Sharankov le sacrae
litterae del solo Licinio, datate al 10 giugno 311 ed č indirizzata ad un Tertius dux oppure praeses della
Moesia secunda con benefici per veterani, mogli e soldati ammalati.
La creazione della provincia Dacia č affrontata nel ricco volume
miscellaneo Dacia Augusti provincia: crearea provinciei, con gli Atti del
Convegno di Bucarest dell’ottobre 2006 curati da E.S. Teodor ed O. Ţentea[207], dove
compaiono gli importanti contributi di C.C. Petolescu sull’organizzazione della
provincia e di L. Petculescu sull’esercito in Dacia durante l’etŕ di Traiano[208]. In
parallelo, per i 1900 anni dopo l’integrazione della Dacia nell’impero Romano,
D. Benea ha curato l’edizione degli atti del convegno di Timişoara del
marzo 2006, Simpozionul
Internaţional <<Daci şi Romani>>[209].
I numerosi viaggi attraverso le province danubiane di alcuni
imperatori sono spesso documentati epigraficamente.
Dobbiamo partire con le campagne militari di Ottaviano che si
svolsero in Dalmazia dopo la guerra contro Sesto Pompeo. Si segnalano numerose
novitŕ dal Magdalensberg anche sui populi
o meglio sulle otto civitates del
regno del Norico in etŕ augustea, forse attorno al 10-9 a.C. in occasione di
una visita di Augusto ad Aquileia: N[orici,
Ambilinei], Amb[idr(avi), Uperaci, Saev(ates)], Laian[ci, Ambisontes,
(H)e[lv[eti], che effettuano le quattro
dediche alla famiglia imperiale Livia, Giulia, Giulia iunior, oltre che Augusto[210].
Le iscrizioni ci forniscono particolari su alcune campagne
militari, come quella di Domiziano in Dacia (a Dolno Rjahovo, la Cohors I miliaria Batavorum quingenaria
partecipa alle guerre di Domiziano contro i Daci tra l’89 e il 92, costruendo
un fortino in legno poi abbandonato)[211] e di
Marco Aurelio contro i Marcomanni in Pannonia; quest’ultima č studiata da P.
Kovács, che ha curato una raccolta di fonti sulla Pannonia tra 166 e 192[212]. Un
tema che ha suscitato molte curiositŕ partendo dalla colonna Aurelia č il c.d.
miracolo della pioggia, attribuito a Marco Aurelio forse un 11 giugno, una data
che forse veniva ricordata annualmente nel tempio di Giove Ottimo Massimo di
Carnuntum[213].
Se partiamo dalla prima acclamazione imperiale di Settimio Severo
effettuata dai legionari di Viminacium, una specifica attenzione per le cittŕ
delle Pannonie, con vaste promozioni municipali č ben nota ed č stata studiata
da Z. Mráv[214].
Un’iscrizione del Lapidarium Savariense dedicata
nel 198 pro salute di Severo e della domus divina ripresa da E. Tóth ricorda
il duoviro di Lugdunum Iun(ius) Q.f.
Marcia(nus) Lugu(dunensis), partigiano di Severo, fuggito all’arrivo di
Clodio Albino nel 196, assieme al governatore T. Flavius Secundus Philippianus, alla vigilia della battaglia di
Lugdunum, rifugiatosi a Savaria in Pannonia[215]. Alla spedizione siriaca di Settimio
Severo contro Pescennio Nigro sembra alludere l’iscrizione di Budapest che
ricorda un miles rientrato dalla
Siria nel 194, che consacra una dedica a Giove Ottimo Massimo: ab expedit[ione] Suriat(ica) rev[ersus] [216]; tra i
sopravvissuti della seconda spedizione partica di Settimio Severo possiamo
considerare L. Sep(timius) Veranus
vet(eranus) leg(ionis) II Ad(iutricis) apparentemente ferito in ex[p]editione Parthica, congedato
con una missio causaria, poi guarito
e rientrato in Pannonia Inferiore nel 205 (Székesfehérvár)[217];
mentre C. Iul(ius) Sabinus civ(is)
Campanus domo Capua ha forse preso parte all’expeditio urbica della legio
II Adiutrix nell’epoca dei Severi in qualitŕ di contabile, adiu(tor) off(icii) rat(ionum)[218]. Al
ritorno di Settimio Severo nelle province danubiane nel 202 d.C. č riferita
l’iscrizione di Lauriacum in Norico, che ricorda significativi lavori nel campo
legionario ad iniziativa del legato M.
Iuventius Surus Proculus, per quanto nella nuova lettura di G. Winkler il
numero delle potestŕ tribunizie di Settimio Severo, dieci, non si concilia con
le quattro eventuali potestŕ tribunicie di Caracalla[219].
Conosciamo anche miliari sloveni dell’anno precedente; al 201 risale il
miliario di Söchtenau in Baviera con Settimio Severo (con la dodicesima
acclamazione che non si lega alla nona potestŕ tribunizia), Caracalla (con la
quarta) e Geta Cesare[220]. Sicuramente
da emendare i due miliari di Murau nella Stiria, Lorch e Celje che
rimanderebbero al passaggio di Settimio Severo nel 201 o 202 (VIIII o X potestŕ
tribunicia) e piů tardi di Caracalla nel 214 (XVII potestŕ tribunicia), lungo
il percorso: Aquileia, Celeia, Virunum, Ovilava: miliaria vetustate corrupta restitui iusserunt[221];
perplessitŕ rimangono sull’assenza di Britt(annicus)
max(imus) tra i cognomina ex virtute
di Caracalla [P]art(hicus) max(imus)
e [Germ(anicus) max(imus)] su un
miliario di Ad Pontem (Unzmarkt in Stiria), a 46 miglia da Virunum[222].
Singolare che Caracalla abbia mantenuto il testo del miliario di Settimio
Severo, ma perplessitŕ rimangono sul fatto che nel 201 si tacerebbe il nome di
Geta e del governatore provinciale. A Cibalae in Croazia, nella Pannonia
Inferiore, la dedica di un tempio effettuata da Settimio Severo, Caracalla e
Geta ha fatto ipotizzare una visita conclusa con la dedica di un tempio della
triade capitolina nel 202 d.C.[223]. Č
nota la partecipazione di truppe pannoniche alle guerre partiche di Settimio
Severo e Caracalla (Z. Mráv)[224].
Nell’etŕ dei Severi numerose opere pubbliche furono realizzate in Pannonia, per
compensare l’economia locale indebolita a causa dell’assenza delle truppe
impegnate in altre province. Fu Caracalla a promuovere la revisione delle
frontiere tra le due Pannonie: alla sua spedizione germanica si riferisce il
noto epitafio di Aquincum in Pannonia Inferiore; conosciamo un soldato della legio II Adiutrix morto di morte
naturale a Lauriacum durante la spedizione contro gli Alemanni: defu(n)c(tus) exp(editione) Germ(anica)
Lauri(aco) mort(e) sua; il defunto era aquilifer
e vexillarius; il corpo č stato
rimpatriato dopo la victoria Germanica[225]. Alla
visita di Caracalla nel 213 č stata collegata l’epigrafe di Ad Statuas, in
Pannonia posta per la ricostruzione del tempio del Deus invictus Sarapis [pro
s]alute et victoria di Caracalla e Giulia Domna: dopo la vittoria del 213
la legio I Adiutrix stanziata a
Brigetio fu dunque inclusa nella Pannonia Inferiore. La titolatura di Giulia
Domna proposta da Z. Mráv č errata[226].
Come č noto P. Kovács ha ripreso le fonti relative all’etŕ di
Caracalla, ridimensionando il numero delle iscrizioni che secondo la vecchia
tesi di J. Fitz potrebbero conservare riferimenti al viaggio[227]. Si
veda in particolare Fontes Pannoniae
Antiquae in aetate Severorum, edito da P. Kovács (Budapest 2007)[228]. A
questo periodo (piů probabilmente alla fine dell’etŕ severiana) dovremmo
riferire il liberto imperiale Aurelius
Phaon, praeposit(us) lecticariorum, morto nel corso di una visita imperiale
ad Aquincum, di cui a Budapest ci rimane il sarcofago[229].
Nel Norico citerei almeno i viaggi dei Severi ed in particolare
ancora Caracalla alla vigilia della campagna contro gli Alamanni del 213,
apparentemente nella XV potestŕ tribunizia ad Engelhartszell in Baviera, lungo
il Danubio, a 15 miglia da Boiodorum: Viam
iuxta amnem Danuviuum fieri iussit a Boiiodur(o) in [---] m.p. XV[230].
Le sei visite di Settimio Severo, Caracalla e Geta in Mesia
Inferiore tra il 193 e il 211 sono state studiate da D. Boteva[231]. Le vexillationes dell’esercito del Danubio
che dalla Mesia Inferiore hanno accompagnato Severo Alessandro nella spedizione
contro i Parti fino ad Antiochia (Herod. VI, 4), sono citate in un ex voto collocato da un praepositus riconoscente, appena
rientrato in Oltenia[232].
Gallieno č ricordato per le guerre contro i Marcomanni, ma P.
Kovács ha raccolto le allusioni epigrafiche alla peste Antonina del 182 (lues)[233]; un
caso ripreso da F. Steffan č quello di Bedaium nel Norico, con una famiglia
travolta dalla peste[234].
A Piliscsaba in Pannonia Inferiore, G. Alföldy commenta la dedica
Adventui [[[d(ominorum) n(ostrorum)
Philipporum] Aug(ustorum duorum)]] effettuata nel 247 dagli ausiliari Cretenses della Cohors I Cretum o della cohors
II Cretensis in Mesia Superiore[235].
In Pannonia a Bölcske un’iscrizione dedicata a Giove Teutanus l’11 giugno 251, [di]vis Deccis co(n)s(ulibus), per la
salvezza di Treboniano Gallo (invictus
Aug(ustus)) e Ostiliano (Aug(ustus))
permetterebbe di datare la battaglia di Abrittus tra il 27 maggio e il I
giugno, che si concluse con la vittoria dei Goti e la morte di Decio e Erennio
Etrusco (Cesare tra maggio-giugno 250)[236].
All’anno successivo (ancora all’11 giugno) collochiamo la dedica I(ovi) O(ptimo) M(aximo) Teutano et dis
deabusq(ue) omnib(us) per la salvezza di Treboniano Gallo e Volusiano
consoli[237].
Nella Pannonia Superiore č stata rivista da G. Alföldy la
straordinaria dedica di Vienna rinvenuta negli scavi del 1899 alla confluenza della Wienfluss col
Danubio; si tratta di un altare militare della serie che ricorda il Fluvius Acaunus: [I.]O.M. Neptuno [Aug(usto) S]alaceae Nimph[is Fluv]io Acauno dis
[deabus]q(ue) omnibus, dove Salacia č la sposa di Nettuno; Acaunus č l’antico nome del fiume Wien, che sarebbe stato difeso da un attacco di
barbari. La vexillatio della Legio VIII Augusta da Strasburgo, verso
il 260 fu trasferita in Illirico a Sirmium contro Ingenuo e Regaliano, poi fu
attiva nel Bellum Serdicense contro i
due Macriani. Da Sirmium la vexillatio
fu trattenuta a Vindobona dal 260 dopo l’usurpazione di Postumo che ne impediva
il rientro. Solo nell’aprile-maggio 268, al momento della partenza da
Vindobona, fu posto l’altare prima che la vexillatio
partisse per Lauriacum in Norico dove avrebbe dovuto sostenere l’impegno della legio II Italica[238]. L’ara
conserva un rilievo di Nettuno con tridente e delfino e di Eracle che trionfa
su Acheloo, dio di un fiume in Etolia[239].
Presso Sirmium in Pannonia Inferiore, nella villa imperiale di Turris Ferrata, fu ucciso l’imperatore
Probo dai soldati in rivolta[240].
Conosciamo inoltre una dedica a Caro, in occasione della marcia dell’imperatore
attraverso la Rezia e il Norico verso Sirmium[241]; sulle
circostanze della morte di Carino, P. Kovács ha studiato le province della
Pannonia nella I tetrarchia in Fontes
Pannoniae Antiquae (FPA VI) in aetate Tetrarcharum, I, 2011 con attenzione
per le iscrizioni di portata storica, i diplomi, le iscrizioni su medaglie[242]. Piů
di recente nel 2013 č stato pubblicato il volume Fontes Pannoniae Antiquae in aetate Constantini, con l’incontro degli imperatori a Carnuntum, la divisione
della Pannonia, il bellum Cibalense
tra Costantino e Licinio, le guerre sarmatiche, la cristianizzazione[243].
Secondo E. Tóth i numerosi anelli ritrovati ad Iovia in Pannonia Inferiore
poterebbero essere collegati alla visita di Costantino II a Sirmio nel 337[244].
Dopo i lavori di B. Lőrincz conosciamo il governo provinciale
della Pannonia e piů in dettaglio i fasti della provincia, come il nuovo legato
tra il 133 e il 136 M. Nonius Mucianus.
Viene corretta la cronologia di sei governatori equestri dopo Gallieno, il
primo dei quali č nel 267 d.C. T.
Clementius Silvius[245]. P. Kovács, B. Fehér, Budapest nel 2005
hanno presentato una storia della Pannonia, mentre B. Lőrincz presenta la
lista dei governatori[246].
Meno chiara la documentazione sulla Mesia Superiore, pure
raccolta nel 2007 nel volume di Miroslava Mirković: Moesia Superior: eine Provinz an der mittleren Donau. Per il
periodo fino all’86 d.C., i governatori della Mesia sono studiati da L.
Mrozewicz oltre che da B.E. Thomasson[247]. W.
Eck e A. Pangerl hanno rivisto la lista dei legati della Mesia Superiore dal
100 al 132, partendo da C. Cilnius
Proculus[248].
La lista č stata arricchita da C.C. Petolescu su “Pontica” del 2012, fino a
Diocleziano. Da Nevsa, territorio di Marcianopolis, proviene l’iscrizione di T. Flavius Longinus Q. Marcius Turbo,
legato di Mesia Inferiore nel 155: per
fines civitat[is Mar]cianopolitano[rum re]gione Gelegetio[rum in propi]nquo
phruri n(umero) [---], dove il
termine traslitterato dal greco phrurium indica
il posto di guardia[249].
J. Źelazowski ha studiato l’attivitŕ giudiziaria,
amministrativa, religiosa, edilizia documentata da iscrizioni onorare di 58
legati di Mesia Inferiore tra 86 e 275 d.C.[250];
recentissimi gli studi di R.-G. Curcă
e I. Piso[251].
I duces della Moesia secunda e della
Scythia Minor tra III e VII secolo sono stati studiati da J. Wiewiorowski[252].
Nell’interpretazione di G. Alföldy, M. Cornelio Nigrino Curiatio
Materno console sotto Domiziano dedica un tempio ad Oescus come leg(atus) Aug(usti) pr(o)pr(aetore)
provinciae Moesie inferioris, dopo la divisione della Mesia. I dedicanti anonimi
dell’86-89 sono membri di un collegio cultuale[253].
I. Piso presenta la lista dei governatori
di Dacia, partendo da Traiano[254].
A.Barnea ha studiato la Prosopografia della Scizia minore a partire da
Diocleziano, fino all’VIII secolo, anche alla luce delle nuove iscrizioni di
Tomis[255].
Un tema particolarmente sviluppato č quello della
municipalizzazione, che ha favorito il consolidarsi delle aristocrazie
cittadine: in Rezia l'area appare in etŕ imperiale abbastanza arretrata, povera,
spopolata, poco romanizzata, con un impressionante sviluppo del latifondo
imperiale; di conseguenza la municipalizzazione fu contenuta. In particolare
nell'area retica (a Sud) non c'č traccia di municipi romani fino all’etŕ dei
Severi, ma solo di vici indigeni.
L'area celtica della Vindelicia
appare piů urbanizzata, con gli oppida
celtici di Brigantium (Bregenz), Cambodunum (Kempten) e Augusta Vindelicum (capitale provinciale
della Rezia da etŕ flavia)[256], che
divennero municipi di cittadini romani, ma con qualche ritardo. Uno statuto
municipale ottennero anche gli insediamenti civili collocati a ridosso degli
accampamenti militari di Castra Regina (Ratisbona)
e di Castra Batava (Passau). Un
grande impulso ebbe la realizzazione di strade di collegamento lungo i valichi
alpini, in direzione del Danubio e trasversalmente da Brigantium a Cambodunum
ed a Castra Batava, per il controllo
delle tribů retiche e vindelicie[257].
In Dalmazia la politica di municipalizzazione romana sembra
iniziare con Cesare, cui si attribuisce la colonia di Narona: conosciamo le
colonie di Iader, di Salona (perň colonia
Martia Augusta), di Epidauro (Ragusa-Cavtat). Approfondimenti si sono
svolti sulla politica di municipalizzazione, come per Municipium Magnum (Balina Gravica) sotto i Flavi[258] o
Lopsica (Senj in Croazia) giŕ sotto i giulio-claudi[259];
ancora ai Flavi si attribuisce il municipio di Scardona. Da Krivoglavci presso
Sarajevo abbiamo ora la documentazione (perň in etŕ Antonina) della concessione
dello statuto municipale ad Aquae S(--)[260]. Per il municipium S(polistarum) sono stati fatti importanti passi avanti
dopo l’edizione dell’iscrizione di Pljevlje presso Komini in Montenegro da
parte di S. Loma e dopo l’intervento di Patrick Le Roux: Sextus Aur(elius) Lupianus Lupi filius princep(s municipii), onorato
nella seconda metŕ del II secolo dai
decuriones collegae et populares et peregrini incolae. Il testo pone il
problema dello statuto ufficiale per cittadini locali populares e notabili decuriones
collegae e testimonia il funzionamento delle istituzioni cittadine nella
seconda metŕ II secolo. Per Loma si tratta invece di un cittadino romano di
prima generazione princeps dei peregrini incolae[261], adtributi al municipio di Splonum
(Komini), secondo quanto recetemente confermato da M. Mirković[262]. Piů
convincente la posizione di P. Le Roux per il quale Lupianus, princeps del
municipio, si sarebbe adoperato presso i cittadini locali (populares) e i notabili (decuriones
collegae) per assegnare agli stranieri residenti a Splonum (peregrii incolae) uno statuto ufficiale
riconosciuto dalla comunitŕ municipale[263].
Per la colonia di Salona un nuovo studio complessivo si deve a E.
Marin edit., Longae Salonae, 2 voll.,
Split 2002, con studi onomastici, gentilizi, cognomi. Conosciamo nuovi IVviri di Salona, auguri e decurioni[264]. Molto
dubbia appare l’edizione del testo dell’epigrafe di Teodosio II e Valentiniano
III nella prima metŕ del V secolo, sulla porta “Andetria” (porta suburbia) e sulle mura di Salona edita da J.
Jeličić-Radonić[265].
Altri inediti provengono da un sito per noi oggi particolarmente
significativo, Skelani, Srebrenica, nella Repubblica Srbska di Bosnia
Erzegovina: qui il Municipium
Malve(n)sitatium fondato ben prima del 158 d.C. ci ha restituito alcuni clarissimi, equites, tribuni,
centurioni, soldati della coorte I
Delmatarum ed esponenti dell’aristocrazia cittadina, in particolare un II vir q(uin)[q(uennalis)][266].
Dal Municipium Magnum
(Balina Glavica) G.F. Paci ha presentato un
IIII vir iure dicundo e aedilis;
la municipalizzazione sarebbe da colocarsi in etŕ flavia per Glavaš, che ha
studiato la statio dei beneficiarii[267].
Il capitolo della municipalizzazione del Norico si apre con
particolare riguardo al tema delle autonomie municipali nei volumi The Autonomous Town of Noricum and Pannonia,
con gli atti del colloquio di Brdo in Slovenia: si tratta di una sintesi sulle
cittŕ del Norico: Celeia, Virunum, Teurnia, Aguntum[268],
Iuvavum, Flavia Solva, Cetium, Ovilava e Lauriacum. P. Scherrer in particolare
presenta uno studio approfondito sull’urbanizzazione della provincia,
antroponimi e teonimi[269]. Tra i
documenti principali emerge ora il Fragmentum
Lauriacense rinvenuto a Lorch studiato da H. Grassl, che propone un
parallelo tra i paragrafi frammentari della legge municipale di Lauriacum e
documenti analoghi provenienti da Italia e Penisola Iberica, in particolare la lex Irnitana[270].
Recentemente č stato proposto un confronto del Fragentum Lauriacense con la tavola di Eraclea, con una proposta di
restituzione del testo[271].
Proprio partendo dagli ultimi studi G. Winkler ha tracciato la storia di
Lauriacum anche attraverso le iscrizioni[272].
E. Weber ha studiato ad Ovilava nel Norico la dedica effettuata a
Diocleziano nel 285 dall’ordo col(oniae)
Ovil(avensium) devotus numini maiestatisq(ue) eius[273]. Altri
studi sono stati dedicati a Flavia Solva, a Celeia e al municipium Aelium
Cetium, partendo anche dall’epitafio di Nussdorf ob der Traisen che ricorda un C. Ausonius Sergia Silvinus, dove Sergia č la tribů del municipio[274]. In
Bassa Austria St. Leonhard am Forst, Winkler presenta la larga famiglia di M. Sextius Vettonianus aedilis municipii
Aelii Cetii, morto a 70 anni; la famiglia, composta di immigrati, viene
seguita per piů generazioni, all’interno del municipio di Adriano[275].
Le autonomie municipali della Pannonia sono studiate nel II
volume dei citati Atti del convegno di Brdo, con una sintesi sulle cittŕ
pannoniche: Vol. I Savaria, Scarbantia, Noviodunum, Andautonia, Siscia,
Poetovio, Salla; Vol. II Carnuntum, Vindobona, Mogetiana, Mursella, Municipium
Iasorum (Aquae Balissae), civitas Iovia, Sirmium, Mursa, Cibalae, Gorsium,
Aquincum, Brigetio, Bassianae, Sopianae[276]. Per
Poetovio, Sarmizegetusa e altre cittŕ traianee vd. ora I. Piso e R. Varga, Trajan und
seine Städte, Cluj-Napoca 2014[277].
In particolare Z. Mráv ha studiato la politica di Settimio Severo e le
cittŕ della Pannonia: fondazioni, cambi di statuto, costruzioni imperiali. Le
iscrizioni ci consentono di osservare il passaggio del municipio di Aquincum
fondato da Adriano[278],
promosso da Settimio Severo a colonia nel 194: prima di questa data conosciamo P. Aelius Perpetuus decurio municipi
Aquincensium e M. Fouiacius Verus
Iunior decurio canabarum decurio municipii Aquincensium augur[279]. Piů tardi un decurione della colonia Aquincensium ricostruisce una schola ad Aquincum. Conosciamo diversi sexviri, decuriones coloniae Aquincensium, aediles, flaminici.
A Törökbálint in Pannonia Inferiore, una dedica a Giunone č posta
da M. Aur(elius) Epigonus dec(urio) col(oniae) Aq(uincensium)
originario dell’oriente greco, come lo era gran parte dell’élite municipale di
Aquincum alla metŕ III sec.[280]
Il municipium Spondent(ium ?) della Pannonia Inferiore
(in una localitŕ collocata a Sud-Est della provincia, forse Ušće, presso
Obrenovac) č menzionato in un’iscrizione di Bassianae (oggi presso Donji
Petrovci in Serbia, studiata da S. Dušanić ed ora da A. Crnobrnja[281]; Bassianae fu municipio di Adriano e
colonia di Caracalla: conosciamo un P.
Aelius Ce(n)sorinus d(ecurio) col(oniae) Bas(sianensium) ex voto posuit, sicuramente appartenente ad una famiglia del
municipio antonino[282]. Altre iscrizioni ricordano la c(olonia) M(ursensium)[283].
Il ruolo di Traiano nella urbanizzazione della Pannonia č
evidente a Poetovio, dove Mráv studia la realizzazione del foro attorno al 106 Coloniae Ulpiae Traianae Poetovionensium[284];
conosciamo casi analoghi a Sarmizegetusa e Vindobona tra il 103 e il 106; in
Numidia a Thamugadi.
Nel tempio di Giove
[depu]lsor di Savaria viene
realizzato un po[rticum cum aeto]na, [pro salute Savariensium], per iniziaiva
di un de[c(urio)] c(oloniae) U(lpiae)
T(raianae) Poet(oviensium).[285] Conosciamo il monumento di Carnuntum-Petronell studiato da W. Jobst e M.
Kandler. Alla fondazione traianea tra il 106 e il 111 allude anche l’epigrafe su
placca metallica ritrovata tra i principia
e il praetorium dell’accampamento
della legio XV Apollinaris di
Carnuntum, riletta da Z. Mráv[286]. A
Brigetio un’iscrizione conferma che Settimio Severo nella terza potestŕ
tribunizia, dopo la partenza della legio
I Adiutrix fonda nel 195 il municipio[287]. Tra
i Severi, si ricorderŕ la rara dedica a Fulvia Plautilla, sponsa di Caracalla, effettuata all’inizio del 202 dalla res [pu]lica Ia[s(orum)], poi Aquae
Balissae, oggi Daruvar in Croazia[288].
Un’analoga dedica effettuata dalla res
publ(ica) Siscianorum proviene da Sisak[289].
Il vicus di Carnuntum
fu promosso da Adriano Municipio Elio e poi colonia: G. Alföldy ha studiato le
iscrizioni del tumulus della grande
villa romana a 10 km dal lago Balaton, che ricordano tre diverse generazioni:
emerge un cavaliere [decurio c]oloniae
Cl(audiae) S(avariae) [omnib(us) honor(ibus)] funct(o) [in mun(icipio) Ael(io)
Ca]rn(unto)[290];
conosciamo almeno un figlio che č stato decurione del municipio fondato da
Adriano[291]. Carnuntum piů tardi diviene colonia.
Nell’etŕ di Marco Aurelio la famiglia sembra estinguersi e nei primi anni
dell’etŕ dei Severi i nuovi proprietari hanno ulteriormente esteso la villa
lasciando perň intatto il tumulo[292].
A Savaria in Pannonia Superiore l’onomastica dei notabili
indigeni dimostra secondo E. Szabó l’attribuzione dello ius Latii, ben prima della fondazione della colonia di Claudio[293].
Attraverso l’antroponomastica degli Azali, D. Grbić ritiene
che la civitas Azaliorum sia stata
costituita per volontŕ imperiale con il trasferimento di popolazione
prevalentemente celtica o celto-pannonica, non illirica[294]. Il municipium adrianeo di Mogetiana oggi Tüskevár, nel territorio
sottratto alla civitas Azaliorum,č
localizzato sulla strada da Savaria ad Aquincum[295]: una
funeraria municipii Mog(etianae) ricorda
un quaestorius, decurio municipi. Possediamo
nel foro anche la base di una statua di Filippo l’Arabo nella sua seconda
potestŕ tribunizia (a. 245) dall’ordo
Mog(ionensium)[296].
Per la Pannonia Superiore citeremo il manuale di M. Kronberger
sugli spazi funerari e le sepolture delle canabae
di Vindobona, con gli aspetti legati alla cronologia e all’evoluzione,
sulla base di numerose iscrizioni lapidarie e sull’instrumentum[297]. La recente
pubblicazione della tesi di H. Ubl sui monumenti funerari si estende al Norico
e alle Pannonie, con attenzione all’armamento e alle uniformi dei soldati
dell’esercito imperiale[298].
Significativa la rilettura dell’iscrizione metrica di Scarbantia, con un quadro
complesso di relazioni familiari[299].
Numerose informazioni possediamo sui pagi
rurali della Pannonia[300], cosě
come sui vici con un proprio territorium e le civitates peregrine[301].
Il tema dell’urbanizzazione dell’Oltenia (nella Dacia
sud-occidentale) č trattato da C.C. Petolescu con riferimento alla Colonia Malvensis a Cioroiu Nou; a
Romula municipio dopo Adriano, colonia di Severo; ad Ampelum e Sucidava
municipi di Severo[302]; D.
Benea ha studiato Tibiscum e Dierna[303]. Per
C.C. Petolescu la menzione a Celei di curial(es)
territ(orii) Suc(idavensis) dimostrerebbe che Sucidava ha ricevuto lo
statuto di municipio[304].
Per la Dacia č stata studiata l’urbanizzazione, la
municipalizzazione, le colonie, le fortezze, le cittŕ e le regiones del patrimonio imperiale (metalla, praedia), i villaggi, i pagi, i vici, le canabae, sempre con un’interazione con
il mondo militare in ambito rurale[305]; i vici militares nella Dacia romana sono
stati illustrati da D. Benea, specie Tibiscum[306]. Il
rapporto tra cives Romani, vernae e peregrini ad Arcobadara č ora studiato da Sorin Nemeti[307].
I nuovi frammenti del
trofeo di Traiano dal forum vetus di
Sarmizegetusa ricordano la titolatura della [colonia
Ulpia Traiana Aug(usta) D]acica Sa[rmizegetusa], che dedica [condit]o[ri s]uo tra il 116 e il 117[308]. Gli scavi nel forum vetus fondato da Traiano[309], hanno riportato alla luce ben 106
iscrizioni, studiate nel citato volume curato da I. Piso, tra le quali quella
che contiene l’espressione condita
colonia [Ulpia Traiana Augusta] Dacica [Sarmizegetusa], per l’intervento
del legato: per [D. Terenti]um Scaurianum:
secondo I. Piso si tratterebbe di un monumento commemorativo analogo a quello,
famosissimo, di Uchi Maius in Africa Proconsolare sotto Severo Alessandro[310]. Sorprende il numero delle dediche
effettuate nell’etŕ di Traiano; la successiva dedica ad Adriano consul III reimpiegata nel pavimento e
la conduttura in piombo della Coloniae
Dacicae Sarmigegetusae, con i IIviri della
fine del regno di Traiano[311].
Infine il monumento a divinitŕ ignota per la salvezza di Marco Aurelio tra il
172 e il 175[312];
nello stesso periodo (o nei primi anni di Commodo) sarebbe stata costruita l’aedes augustalibus a spese del flamen col(oniae) M. Proc(ilius) M.f.
Pap(iria) Niceta[313];
sappiamo che lo stesso edificio fu allora decorato ope[re tect]orio et picturis item sc[alis sigi]llis et linteis;
senza dimenticare i [can]delabra aerea
duo[314].
Conosciamo numerosi monumenti studiati da Piso, come quello di Opellius Adiutor, decurio coloniae IIvir iuris dicundi praefectus collegii fabrum, che
si data attorno al 150, dopo la costruzione del forum novum.
Dopo la morte di Lucio Vero si pone nel 172 la dedica a M. Aurelio da parte della colonia Ul(pia) Traian(a) Aug(usta) Dac(ica)
[Sarmizegetusa] ancipiti periculo virtutib(us) restituta, con allusione alla invasione dei Marcomanni del 170 e alle
virtů dell’imperatore, associato ad una divinitŕ incerta[315]. Pro salute di Commodo possediamo
numerose dediche poste dai patroni del
coll(egium) fabr(um), dagli Aug(ustales) col(oniae), dai decurioni
appartenenti all’ordine equestre[316].
A partire dalla piů antica attestazione relativa ad una cittŕ
(Mesembria) di quella che sarebbe diventata la Mesia di inizio I secolo a.C.,
in relazione alle guerre contro Mitridate[317],
Mladenović ha studiato l’evergetismo e munificenza nelle cittŕ della
provincia [318].
Dal Municipium Dardanorum in Kosovo
(Mesia Superiore) proviene la dedica M.
N(ovellio) M.f. Quirina Montan(o) un cavaliere procuratore di Commodo,
effettuata da M. Novel(lius) Eros
pri(n)ceps m(unicipii) D(ar)[d(anorum)],
apparentemente originario di Scupi. M. Novellio Montano potrebbe essere il
patrono del dedicante, forse procurator
metallorum sotto Commodo; č noto che verso la fine del II secolo la civitas Dardanorum diviene municipio. Il
titolo di princeps alluderebbe per P.
Le Roux al primo dei decurioni del municipio, senza un rapporto con
l’amministrazione delle miniere come immaginato da Dušanić[319]. Da
Sočanica (Municipium Dardanorum
in Mesia Superiore) proviene la dedica effettuata tra il 136 e il 137 di un
tempio per ricordare l’eroe Antinoo, su disposizione di Adriano e L. Elio
Cesare: Antinoo He[roi aedem ?], con
l’intervento dei coloni arg[entariarum
Dardanicarum] curante Thelesph[oro], un liberto imperiale[320].
A Viminacium un epitafio č dedicato a T. Baeb(io) Eytychi Aug(ustali) mun(icipii) Ael(i) Vim(inacii) e a
sua moglie, anch’essa patrona del municipio, per iniziativa del liberto T. Baeb(ius) Abascantus[321].
I. Piso ha studiato i forenses
di Brigetio, che sarebbero gli abitanti di un vicus distante due km dal campo legionario, arrivato alla
condizione di municipio sotto Settimio Severo[322].
All’inizio del II secolo in Mesia Inferiore ad Oescus conosciamo
un M. Iulius Felix decurio coloniae:
nessuna altra cittŕ della provincia ha
avuto la condizione di colonia prima del II secolo[323].
Ad Oescus (oggi Gigen) abbiamo in etŕ severiana la testimonianza
della organizzazione dei saltus
cittadini: conosciamo un cavaliere romano flam(en)
et IIviral(is) col(oniae) praef(ectus) salt(us), una funzione
sicuramenrte municipale[324], poi patronus colleg(ii) fabror(um) coloniar(um)
Oesc(ensium) et Apul(ensium) patronus col(oniae) Ulpiae Oescensium bonus civis
et amator rei p(ublicae), onorato dall’ordo[325].
L’organizzazione dei villaggi della Dobrugia romana č studiata da
A. Suceveanu, con attenzione all’organizzazione amministrativa, alle strutture
sociali, al regime del suolo, alle attivitŕ economiche, alla vita religiosa dei vici attraverso le iscrizioni[326]. Alla
Mesia Inferiore e alla Tracia č riferito il catalogo epigrafico di Adela Bâltâc[327]. Le
iscrizioni rinvenute durante gli scavi del periodo 1981-92 a Murighiol in Mesia
Inferiore (Halmyris) sono state
studiate nel 2003; tra esse segnalerei quella posta dai [c(ives) R(omani) c(onsistentes) vic]o class(icorum) nell’etŕ di
Commodo[328]
e riprese da M. Zahariade e C.-G. Alexandrescu, nel catalogo Greek and Latin inscriptions from Halmyris. Inscriptions
on stone, signa, and instrumenta found between 1981 and 2010, Oxford 2011[329].
Il fortino costantiniano di Mihai Bravu nel distretto di Tulcea
in Romania ci ha restituito l’iscrizione del Vicus Bad(---) che sarŕ presentata da Antonio Ibba e Lucreţiu
Mihăilescu Bîrliba a questo convegno. Da Silistra in Mesia Inferiore, una
dedica Iovi Opt[i]mo Maximo ci
consente di localizzare il vicus
Gravidin(a) ad Ostrov presso il municipium
Aurelium Durostorum[330].
Da Sacidava in Mesia Inferiore proviene la funeraria di un
militare trace, Diozenus Rigozi (filius),
con l’inedito titolo di subte(serarius)
bur(gariorum); conosciamo invece i burgarii
in Dobroudja a Tropaeum e Sucidava[331]; uno
studio frontale sul Municipium Traianum
Tropaeum fondato nel 109 d.C. come Sarmizegetusa č ora di E. Popescu[332]. I
monumenti epigrafici del municipium
Montanensium in Mesia Inferiore sono raccolti da V. Veljov e G. Aleksandrov[333].
I primi pontarchi ad Histria e Callatis, nel Ponto della metŕ del
II secolo, sono studiati da A. Avram, M. Bărbulescu, M. Ionescu[334]. La
pentapoli del koinon del Ponto, con
la dubbia posizione di Mesembria assegnata in seguito alla Tracia, č studiata
da M. Tačeva[335].
Da Abrittus (oggi Razgrad) in Mesia Inferiore abbiamo due dediche
effettutate dai Vet(erani) et c(ives)
R(omani) [co]nsistentes Abritto, una delle due sotto Elagabalo nel 222 d.C.
[336]. Infine
la storia della citŕ di Tomi, capitale della
provincia Moesia Inferior dall’origine fino alla fine dell’Antichitŕ dal punto
di vista acheologico, numismatico, epigrafico č ora nel volume di Livia
Buzoianu e M. Bărbulescu[337].
Moltissime novitŕ sono state raccolte negli ultimi decenni sui
confini tra populi differenti,
ad esempio tra Isarci della Rezia e i
Saevates del Norico, lungo la vallata
dell’Eisack, che segnava la frontiera tra Norico e Rezia, in rapporto alla regio X, con la sicura localizzazione a
Kollman di Sublavio[338].
Estremamente significativa č la nuova documentazione relativa
alla Civitas Eraviscorum nella grande
ansa del Danubio, che fa perno attorno a Budapest, l’antica Aquincum: E. Szabó
rifiuta l’ipotesi che la civitas
Eraviscoum sia stata attribuita al municipio di Aquincum. Il fatto che due
decurioni siano notabili di un municipium
Aelium Aquincensium e della civitas
Eraviscoum non significa che la civitas
fosse adtributa al municipium[339]. A proposito della frontiera tra
Aquincum e la civitas Eraviscorum J.
Fitz, studiando le iscrizioni del comitato di Fejér, distingue le localitŕ a
Nord della via Aquileia-Gorsium-Aquincum (pienamente
aggregate al municipio) e quelle a Sud (rimaste autonome, comunque entro la civitas). Dopo la sconfitta di Valeriano
ad Edessa nel 260, in occasione dell’attacco dei Sarmati, molti monumenti di
Gorsium e delle localitŕ travolte dai barbari furono trasportati a Intercisa,
utilizzati per ricostruire le fortificazioni del limes. Sono 38 i monumenti epigrafici repertoriati nel territorio
di Aquincum[340]. I limiti occidentali e meridionali
della civitas Eraviscorum e del
territorio di Aquincum arrivavano fino al lago Balaton (ad occidente) e Vajta
(a mezzogiorno). La principale divinitŕ eravisca a Gorsium era Iupiter, invocato pro salute degli imperatori et
pro incolumitate civitatis Eraviscorum. J. Fitz ha studiato la dedica De[o T]eutano p[ro s]alute templ(ensium) effettuata da un tribuno della coorte III B(atavorum). Come č noto all’XI
secolo risale lo smantellamento della fortificazione, trasferita a
Székesfehérvár da Gorsium e non da Aquincum[341]. Allo
stesso Dio sono dedicate le iscrizioni di Bölcske (Komitat Tolna), sulla riva
destra del Danubio: sono stati ritrovati ben 39 altari votivi e 2 funerari, i
piů antichi della Pannonia Inferiore, alcuni da Aquincum, Campona, Vetus
Salina, dedicati per la salvezza degli imperatori del II e del III secolo,
oltre che come si č detto pro salute
civitatis Eraviscorum. Tutti gli altari sono dedicati a I(upiter) O(ptimus) M(aximus) Teutanus
(associato talora a Giunone Regina), collocati dai magistrati cittadini, hanno
la data dell’11 giugno (festa di Mater
Matuta), come per I.O.M. Karnuntinus
a Carnuntum[342];
si tratta piů probabilmente di una festa religiosa indigena oppure ricorre
l’anniversario del giorno del citato miracolo della pioggia per M. Aurelio[343]. Per
Piso l’11 giugno č data del primo sacrificio I.O.M. in Pannonia; la data č stata mantenuta anche dopo la
divisione provinciale. Non sembra fondata di conseguenza l’ipotesi di P.
Scherrer che ora collega la data dell’11 giugno (sulle dediche a Iupiter Optimus Maximus Teutanus e K(arnuntinus) ad Aquincum e Carnuntum)
al reclutamento militare effettuato attraverso l’organizzazione dei collegia iuvenum[344].
Gli Anartii, una tribů
imparentata con gli Eravischi, ricordati a Tusculum per esser stati sconfitti
dal legato [M(arcus) Vinu]ciu[s P(ubli)
f(ilius)] giŕ nell’etŕ di Augusto (Anarti[os
sub potestatem Imp(eratoris) Caesaris A]ugusti [et p(opuli) R(omani) redegit)[345] sono
documentati a Budapest (Aquincum), in uno dei primi esempi di assegnazione
della civitas alla Pannonia del NE:
la tribů era precedentemente collocata all’esterno delle frontiere dell’impero[346]. In epoca Flavia conosciamo una Iulia Utta Epponis f. Florina natione
Anartia[347].
Un vicus della tribů degli Anar[tii] della pianura ungherese č tra
i dedicanti di un altare ad Ercole a Pagus
Herculius a Budaörs in Pannonia Inferiore[348].
A Baden (Aquae, in Pannonia Superiore), abbiamo un diploma di
Antonino Pio relativo ad un ex gregale della
flotta di Miseno Boius ex Pannon(ia),
originario della tribů dei Boi, congedato il 26 ottobre 145[349].
Se passiamo al Barbaricum,
da Dunŕntul e dalle Regioni transdanubiane dell’Ungheria, piů precisamente dal
territorio degli Azali (tra il Danubio e il lago Balaton) proviene il diploma
studiato da Lőrincz dell’ex pedite della
cohors II Alpinorum Terius Dasentis filius Azalus.
Evidentemente il veterano č tornato in patria[350]. Un marinaio,
un ex gregale era Niger Siusi f. Azalus, del diploma di
Arrabona, che si č spostato nel 161 dopo il congedo[351]. Si
segnala la clausola a favore dei liberi
decurionum et centurionum item caligatorum quos antequam in castra irent
procreatos, dunque nati prima che il padre caligatus (soldato semplice) prendesse servizio.
L’espressione generale natione
Pannonius o Pannonicus riferita
non esattamente ad un popolo ma ad un’origo[352], dalla
Pannonia ricorre una ventina di volte nell’impero per militari e civili, in
particolare a Salona[353],
Hardomilje in Bosnia[354], ma
anche in Siria, in Cilicia, in Gallia, in Germania, a Ravenna e a Roma[355].
Analoga diffusione ha l’espressione natione
Noricus a Salona[356],
Aquincum[357],
Mogontiacum [358],
Roma[359],
Caesarea di Mauretania[360]; piů rari
sono i documenti relativi a natione
Dalmata o Dalmaticus,
abitualmente marinai della flotta di Ravenna[361] ed a natione Raetus a Roma[362]; si
veda anche natione Moesia inf(eriore)
civitate Oesci di un epitafio romano[363].
Numerosi Salonitani hanno servito a Roma nelle coorti pretorie[364].
I Sarmati sono ancora all’epoca di Commodo considerati latrunculi e non hostes, tra Aquincum e Intercisa[365]. M.F.
Petraccia ha studiato la presenza di latrones
a Drobeta[366],
da non confondere con gli stationarii
assassini di Timacum Minus[367]; a
Naissus V. Nedeljković rivede parzialmente l’edizione di un’iscrizione
funeraria di un iuvenis qui (i)nnocuus
vi[x(it) a(nnos) X]X dilectus: qui[i]
miserand[us a ]pessimam gentem, quu[etus] dum restaret per[em]tus, forse
ucciso dai latrones[368].
Le immigrazioni di Italici e da altre province, in particolare
dalla Siria, dalla Numidia e dalla Mauretania, dalla Penisola Iberica, sono
state ampiamente studiate[369]. Le
regioni di origine dei militari, la sistemazione dei veterani attraverso i tituli veteranorum delle province
danubiane sono sintetizzati da K. Królczyk[370]; per
il Norico specificamente disponiamo dei due lavori di J. Visočnik[371]. B.
Fehér ha studiato i molti nomi siriaci in Pannonia Inferiore dopo le guerre marcomanniche
a Ulcisia e Intercisa, segnalando la persistenza dell’onomastica siriaca e
giudaico-siriaca[372]. Ma
nel 2012 č uscito il volume sulle unitŕ siriane sul Danubio di O. Ţentea, Ex Oriente ad Danubium. The Syrian units on
the Danube frontier of the Roman Empire, Cluj-Napoca 2012, con alcuni
problemi di traduzione.
In Mesia a Viminacium Weber ha affrontato il tema degli immigrati
dall’Oriente: Eusebius filiu[s] Antianu
civis Germaniceu<s> ex vico Abdarmisu, IV secolo, originario di
Germanicia in Commagene, villaggio di Abdarmisus qui citato per la prima volta[373].
Gli immigrati richiamerei alcuni casi particolarmente
significativi: a Višegrad in Bosnia,
un personaggio domo Hadrumeto arrivato dall’Africa Proconsolare[374], a
Poetovio in Pannonia Superiore ex region(e)
Dolich(e) a vico Arpuartura nell’etŕ di Valeriano e Gallieno[375], a Savaria un cives Surus ex
regione Zeugma[376]; nel municipium di Troesmis sono documentate
alcune famiglie di Ancyra[377].
L’immigrazione di Carpi in Pannonia
nell’etŕ di Dioleziano studiata da P. Kovács[378] ci č
documentata dall’incredibile carriera di un personaggio, (Flavius) Maximinus,
orignario del popolo dei Carpi trasferiti nella Valeria ma ammessi ai gradi piů
alti dell’impero, come documentano, oltre che il 28° libro delle Storie di Ammiano
Marcellino, soprattutto i miliari stradali della Sardinia nell’etŕ di
Valentiniano I, Valente e Graziano, fino al 371 e al prestigiosissimo incarico
di prefetto del pretorio per le Gallie, con l’improvvisa disgrazia e la
condanna a morte nel 376 per volontŕ di Graziano. L’episodio testimonia in modo
sorprendente la mobilitŕ sociale e la possibilitŕ per una famiglia proveniente
dal Barbaricum occupato dai Carpi di
innalzarsi nell’aristocrazia della provincia e nell’impero, pur mantenedo una
cultura fondata su tradizioni ancestrali legate al mondo della magia[379].
Tra gli immigrati in
Dacia si segnala il libro di Lucreţiu Mihăilescu-Bîrliba, Ex toto orbe Romano: Immigration into Roman
Dacia. With Prosopographical Observations on the Population
of Dacia, Peeters, Leuven-Paris-Walpole 2011[380].
Recentemente G. Cupcea ha stampato nel Regno Unito la sua tesi
dottorale sulle carriere dei militari semplici nella Dacia romana (a. 2014).
In generale sorprende la varietŕ delle immigrazioni in Dacia, in particolare
a livello di aristocrazie cittadine: nomi illirici dall’area dalmato pannonica[381]; altri
immigrati dalla penisola italiana, dalla Tracia[382], dal
Norico[383],
dalla Gallia celtica (Mihăilescu-Bîrliba), dall’Asia Minore[384].
La viabilitŕ stradale balcanica č stata rapidamente ricostruita
da Raimondo Zucca e Barbara Sanna in rapporto alle tabernae ed ai praetoria,
infrastrutture che costituivano un sistema al servizio del governo provinciale
e dell’esercito, come in Mesia, giŕ con la prima occupazione ma soprattutto in
etŕ tarda come testimoniano le fonti agiografiche ora rivisitate[385]. In
sintesi si puň rinviare al lavoro sul sistema stradale della Dacia di F.
Fodorean, con la presentazione delle piů recenti scoperte di nuovi miliari[386]. Il
ponte di Drobeta (in Dacia Superiore, non Inferiore come supposto da D. Benea)[387]
costruito da Traiano, fu abbandonato temporaneamente, poi restaurato da
Adriano. La ricostruzione della strada tra Remesiana e Naissus in Mesia
Superiore potrebbe esser collegata alla guerra persinana di Severo Alessandro[388].
Le iscrizioni ci conservano il ricordo della realizzazione di
numerosissime opere pubbliche, basiliche, templi, edifici di spettacolo, in
ambito cittadino o castrense. Solo un esempio: nell’etŕ di Commodo nell’estate
185 la cohors I Aurelia Antonina
milliaria Hemesenorum con il legato
L. Cornelius Felix Plotianus č impegnata nella realizzazione delle porte
del campo militare di Intercisa, in Pannonia Inferiore[389]; qui
potrebbe essere localizzata una statio,
di cui conosciamo 15 beneficiarii[390].
Le fortificazioni romane tra Belgrado (Singidunum) e Prahovo (ad Aquas) nella Mesia Superiore sono
studiate nel volume di M. Mirković[391]. In
Mesia Inferiore ad Halmyris č molto nota la costruzione della fortezza destinata
a durare in eterno sotto Diocleziano e Massimiano: post debellatas hostium gentes profuturum in aeternum rei publicae
constituerunt presidium: il tempo in rapporto allo spazio universale[392].
Molto complesso č il capitolo sull’esercito in area danubiana,
che in questa sede puň essere solo accennato, con riferimento ai castra legionari, ai campi ausiliari
delle coorti e delle alae, alla
flotta. In Rezia inizialmente operavano soprattutto unitŕ ausiliarie[393], come
presso le Aquae Phoebianae, Biriciana,
Mediana, Vetoniana[394], poi a
Windisch č documentata la legio XXI
dal 45 al 69 d.C., sostituita poi dal 70 al 101 d.C. dalla Legio XI Claudia Pia Fidelis, di cui ci rimangono i bolli della
guarnigione. Piů incerta la presenza della legio
III Italica ad Augusta Vindelicorum e non a Ratisbona sotto Commodo: la
metropoli provinciale (per Tacito splendidissima
Raetiae colonia) Augsburg in Baviera in precedenza nel I secolo aveva
accolto nell’accampamento una vexillatio
legionaria e un’ala di cavalleria[395];
sappiamo che ospitava il governatore e la stazione doganale della quadragesima Galliarum: Géza Alföldy
presenta la dedica a Mercurio[396]
nell’etŕ di Commodo da parte di Appius
Cl(audius) Lateranus co(n)s(ul) design(atus) leg(atus) Aug(usti) pr(o) pr(aetore) leg(ionis) III Ital(icae),
che perň non sarebbe il governatore della Rezia, ma solo il comandante
legionario nel 188 d.C. durante l’expeditio
Germanica tertia[397]. Terminata la missione, designato al
consolato, dedica un altare ad Augsburg. Rimangono le perplessitŕ di Rudolf
Haensch, che non si spiega la ragione por la quale un comandante legionario
abbia elevato il monumento ad Augsburg la capitale e non a Ratisbona dove si
trovava la legione. Eppure gli altri governatori sono chiamati legatus Augusti propretore provinciae
Raetiae.
I principali campi di ausiliari recentemente studiati sono quelli
di Heidenheim (il campo dell’Ala II
Flavia Miliaria) e di Gnotzheim per la III Coorte di Traci: si discute su Q. Gavius Fulvius Proculus, prefetto
della coorte, cavaliere originario di Caiatia a N di Capua, come testimonia la
dedica a Diana[398]. Il
campo di Eining-Unterfeld (Abusina)
in Baviera e il suo vicus hanno
restituito recentemente diplomi[399] e
preziose testimonianze della cohors III
Britannorum equitata[400]. Le
fortificazioni collocate a Nord del Danubio sarebbero state distrutte e
abbandonate nel corso dell’anarchia militare del III secolo, e rioccupate da
Diocleziano[401].
Nel Norico conosciamo legioni, reparti ausiliari, ufficiali,
soldati e veterani. A Lorch documentata alla fine del II secolo la legio II Italica anche nella dedica di Faustinus cohortis I pilus posterior[402]. Ma la
legione arriva ben oltre Valeriano, affiancata dalla legio I Noricorum creata da Diocleziano per difendere il Noricum
Ripense: conosciamo le officine legionarie, figulinas
i(u)vensianas leg(ionis) primae Nor(icorum)[403].
La caratteristica militare del territorio della Dalmazia (che con
Augusto era controllato da ben sei legioni) andň sfumando nel tempo, tanto che
a partire dall'etŕ di Vespasiano la Dalmazia appare controllata ormai solo da
reparti ausiliari ed in particolare da coorti di Dalmati, impiegati ampiamente
anche nella flotta da guerra che aveva la base principale a Ravenna, come
testimonia ad esempio il diploma del 5 aprile 71 d.C. dell’etŕ di Vespasiano,
con il nome di un tessera[rius] Tarsa
Duzi f. [Bessus] e di suo figlio Macedo[404]: ciň
spiega anche la rapida municipalizzazione in etŕ flavia. Una rilettura di un
epitafio del Museo di Split consente di ricostruire il nome di un T. Ti[turius]
domo Fab[ia Brixia] spec(ulator) leg(ionis) X[I C(laudiae) p.f.] nel corso
del I secolo[405].
La cohors VIII voluntariorum, di
guarnigione a Tilurium, ora documentata a Salona[406], č
nota da almeno 409 iscrizioni in Dalmazia: per I. Matijević si tratta
dell’unica unitŕ stazionata ininterrottamente in Dalmazia durante tutto il
principato[407].
La legio X gemina Pia
Fidelis č ugualmente ben
documentata: recentemente I. Matijević ha studiato i beneficiarii consularis della stessa legione a Salona in Dalmazia[408]. J.
Jeličic Radonić ha affrontato il tema delle promozioni degli equites singulares Augusti sotto Adriano
sempre a Salona, seguendo la dettagliatissima carriera di T. Fl(avius) T.f. Pol(lia) castr(is)
Lucilius, figlio di un peregrino, la cui origo č castr(is), un vexillarius che ha svolto una brillante
carriera militare, arrivando al grado di centurione
nella VIII coorte di vol(untarii), di
stanza in Dalmazia; infine congedato nell’etŕ di Adriano. Il testo č stato recentemente rettificato da P. Faure[409]. Un
centurione primo pilo, centurione della IV
Flavia creata da Vespasiano in Dalmazia, di stanza tra il 70 e il 85 a
Burnum, poi in Mesia dalla fine I secolo.
Sull’epigrafia militare della Pannonia sono fondamentali i volumi
di B. Lőrincz su molti aspetti relativi alle unitŕ ausiliarie, storia,
campi, spostamenti, monumenti posti dai militari, carriere ufficiali,
centurioni, decurioni, catalogo dei documenti[410].
Ad Aquincum č documentata la Legione II Adiutrix, con effettivi provenienti anche da Amastris in
Paflagonia o da Arelate in Narbonense a partire dall’etŕ di Traiano:
un’imponente documentazione č relativa a legati, praefecti legionis, centurioni, optiones[411], cornicularii[412], custodes
armorum[413],
stratores[414], aquiliferi, signiferi[415], vexillarii[416], capsarii[417], veterani, medici militari[418], candidati[419].
A Bölcske Z. Mráv
studia il primipilo della legione II
Adiutrix di Aquincum alla testa della ala
I Thracum, forse a seguito della morte o improvvisa malattia del prefetto
dell’ala arrivata da Campona[420].
A Bécsi in Pannonia Inferiore nel corso degli scavi č venuto alla
luce l’epitafio di Fl(avius) Ursus biarcus ex numero equites Dalmatas degentium
Cirpi, un soldato graduato dell’esercito di Costantino, tra i soldati
accantonati a Cirpi, oggi Dunabogdány, nel Comitato di Pest[421].
A Visegrád – Lapence, entro la provincia Valeria, nell’etŕ di
Valentiniano, Valente e Graziano (371 d.C.) conosciamo un Foscianus p(rae)p(ositus) legionis prim[ae Mar]tiorum, agli ordini
di un Equitius utriusque militiae
magister per Illyricum incaricato da Valentiniano I di fortificare il
Danubio[422].
Inoltre la cohors I
Lusitanorum doveva essere accampata a Cornacum (oggi Sotin) in Pannonia
Inferiore; conosciamo un veterano ex
c(enturione) M. Aurel(ius) Serenus, domo Bass(ianis) [423].
Ben documentata negli ultimi anni č anche la legio XV Apollinaris a Vindobona e poi a Carnuntum[424].
Gli ultimi studi sui campi militari hanno dimostrato che
l’accampamento di Vindobona ospitava la legio
XIII Gemina, almeno a partire dal 68 all’epoca di Galba. Proprio per
Vindobona possediamo lo studio di M. Mosser sulle origini dell’accampamento
della legio XV Apollinaris, dove
vengono raccolte tutte le iscrizioni provenienti dal muro sud-orientale del
campo legionario[425]:
possediamo gli epitafi piů antichi (anche del I secolo) riutilizzati nella
fortificazione del III, con tracce del precedente campo legionario in legno.
Giŕ sotto Traiano la legio XIV Gemina
Martia Victrix era a Vindobona (sostituita dalla legio X Gemina Severiana), poi a Carnuntum: conosciamo alcuni beneficiarii. Particolarmente
significativa la menzione dei navalia della
legio XIIII Gemina presso il porto
fluviale di Carnuntum, dove conosciamo nel II secolo d.C. un vet(eranus) ex magistr(o) navalior(um)
leg(ionis) XIIII G(eminae), con tutta probabilitŕ in origine un marinaio o
comunque un ausiliario trasferito nella legione, come sembrerebbe testimoniato
dall’utilizzo dell’espressione nation(e)
Hispan(us) Tarraconensis[426].
Per Canuntum (Petronell) ci rimangono numerose stele funerarie
dei militari della legio XV Apollinaris,
con tribuni come L. Cossutius L. f.
Sabatina Costa, originario
d’Italia, nell’ epoca di Claudio[427]; milites, equites, missicii; un veteranus č
arrivato all’etŕ di 108 anni, L. Varius
Secundus[428].
Oltre che nelle canabae
di Carnuntum, la legione, assente tra Nerone e i primi anni di Vespasiano come
testimoniano i bolli, č documentata a Scarbantia[429] e a
Savaria: a Szombathely A. Szabó ha presentato il caso del veterano della
legione XV Apollinaris Sex. Utti[e]dius
C.f. Celer della tribů Claudia che ha partecipato all’installazione della
colonia Claudia Savaria nel I secolo d.C.; tra i parenti forse una Valenti(na) Prov[i]nciae l(iberta)[430].
Altri sigilli in piombo ci ricodano i privilegi doganali dei
prodotti destinati alla legio I Adiutrix
ex Belg(ica), che lascia Magonza al piů tardi nell’86 per il Danubio ed č a
Brigetio ben prima del 97; non č accertata una presenza della legione a
Carnuntum, forse č solo passata o ha spedito i suoi prodotti. Lo spostamento di
legione sarebbe avvenuto dalla Belgica alla Pannonia Superiore prima della
creazione delle province germaniche[431]. A Brigetio (oggi Komárom tra gli Azali della Pannonia)
la legione fu comunque a lungo stanziata, come dimostrano l’instrumentum (Museo di Vienna) e
numerosi epitafi del II e III secolo: un
eques legionis I Adiutricis Piae Fidelis, un Iulius Nigellio (domo)
Sep(timia) Flavia Sisc(ia) b(ene)f(iciarius) trib(uni) mil(itum) leg(ionis) I Ad(iutricis) Ant(oninianae)[432]; un tes(serarius) leg(ionis) I Ad(iutricis)
P(iae) [F(idelis)] del sarcofago di etŕ severiana posto dal fratello cu(stos) ar(morum) della stessa legione
e un b(ene(ficiarus) leg(ati) leg(ionis)
I Adi(utricis) alla metŕ del III secolo ancora a Komárov-Szőny
(Brigetio)[433].
Le truppe ausiliarie della Pannonia sono state studiate da B.
Lőrincz[434],
a cui rimandiamo per brevitŕ. Da Solva in Pannonia Superiore (Esztergom)
conosciamo diverse attestazioni della cohors
I Ulpia Pannoniorum equitata tra Traiano e il III secolo, accasermata sul
monte Várhegy: ci rimangono i nomi di almeno nove tribuni ricordati non nei principia ma nel tempio di Giove per le
dediche ex voto su altari
recentemente studiate da P. Kovács e B. Lörincz, con significativi dati in
relazione alle cittŕ di origine: tra essi P.
Ael(ius) Aelia dom(o) Roma P.f. Mamianus trib(unus) coh(ortis) [I]
Pan(noniorum) eq(uitatae) attorno al 210 d.C.; si noti la pseudo tribů Aelia[435];
inoltre un M. Fl(avius) M.f. Flavia
Impetratus trib(unus) domo Saldas ex Mauret(ania) Caes(ariensi), di origine
africana, dall’attuale Béjaďa; si noti la pseudo tribů Flavia[436]. Altri
casi sono noti sotto Caracalla[437] o
Gordiano[438],
oppure Aureliano o Probo, come nel caso della dedica effettuata da M. A[fra]nius Hannibalian(us) t(ribunus)
coh(ortis) I Ulp(iae) Pan(nonio rum) Vict(ricis) ter[439].
Un quadro sulle 12 iscrizioni provenienti dall’accampamento dei
cavalieri ausiliari di Carnuntum e sui monumenti funerari del lapidarium di
Petronell si deve a M. Kandler[440]. Le
fonti archelogiche ed epigrafiche relative ai veterani e ai soldati di stanza
nel I secolo d.C. lungo la Via dell’Ambra tra Poetovio e Canuntium in Pannonia
Superiore sono ora studiate da Z. Mráv[441].
Alcuni campi militari di alae sono
stati scavati recentemente: ad Odiavum o
Azaum in Pannonia Superiore (oggi Almásfüzitő) un’iscrizione dedicata ad
Antonino Pio fu collocata per la costruzione del campo in pietra tra il 150 e
il 156 d.C. per iniziativa del legato C.
Cl(audius) Maxi[mus], ad opera dell’[ala
III] Aug(usta) Thr(acum) [sag(ittariorum)][442].
All’epoca di Diocleziano e Massimiano conosciamo nella stessa localitŕ un Vitalis tr[i]bun(us) p(rae)p(ositus)
lanci[a(riorum)][443].
In Mesia a Viminacium č ben studiata la legio VII Claudia[444], di
cui conosciamo i cana[barii] in etŕ
severiana[445],
la legio XI Claudia Pia Fidelis, la legio V Macedonica.. Ci resta da dire
della legio I Iovia Scytica
accantonata nel forte del municipium
Aurelium Antoninum Aug(ustum) Troesmism(ensium) sotto Licinio, poi
sostituita sotto Costantino dalla legio
II Herculiana a Noviodunum. Secondo Ştefan solo dopo Costantino sono
spostate nei nuovi campi citati nella Notitia
Dignitatum[446].
Dal campo legionario della legio
VII Claudia di Viminacium proviene un nuovo frammento di CIL III 14597 con un elenco di nomi di
legionari congedati nel 195 su due colonne. Alcune provenienze di soldati sono
curiose: Cybira forse Remesiana o Ratiaria; Margum: nella colonna di destra le
coorti VII e VIII; nella colonna di sinistra le coorti IX e X. Su 280 legionari
congedati, conosciamo 244 nomi: 8 stratores,
5 cornicularii, 3 optiones, 2 imaginiferi, 3 equites,
13 decorati donis donati. Il numero
dei soldati congedati appare elevato rispetto all’insieme dei legionari. La
gran parte dei soldati arruolati nel 169 erano originari di Mesia Superiore[447].
A Scupi in Macedonia (Skoplje) L. Jovanova presenta un dec(urio) coh(ortis) II Aur(eliae) Dard(anorum) interfectus a Costobocos,
attorno al 170 d.C.: un testo che testimonia un attacco dei Costoboci nello
spazio danubiano e balcanico, prima che Scupi costruisse le sue fortificazioni
volute da Marco Aurelio[448].
Segnalerei proprio a Kostolac-Viminacium in Serbia il diploma di
Commodo con la XVIII potestŕ tribunizia, la ottava acclamazione e il settimo
consolato, relativo a 5 alae e 10 coorti in Pannonia Inferiore sotto il
governatore C. Pomponio Basso (Terenziano), in precedenza governatore di Licia
e Pamfilia, datato da B. Pferdehirt all’11 agosto 193[449]. La
data č ovviamente da rettificare cosě come per gli altri due diplomi studiati
da Eck che fissa ovviamente il terminus
del 31 dicembre 192 anche per il congedo dell’ex pedite cohortis I Montanorum equitatae originario di Bassiana (municipio poi colonia tra
Sirmio e Taurunum). I consoli L. Iulius Messalla Rutilianus e C. Aemilius
Severus Cantabrinus non sono datati; per Eck č possibile che il diploma sia
stato emesso in ritardo.
F. Matei-Popescu ha studiato le truppe ausiliarie della Mesia,
con attenzione alle provenienze nel corso dell’etŕ imperiale degli ausiliari
delle coorti e delle alae, al ruolo
della flotta del Danubio[450]. Lo
stesso autore si č occupato specificamente dell’esercito della Mesia Inferiore,
le legioni V Macedonica a Troesmis (a Oescus dopo l’abbandono della Dacia e la
nascita della Dacia ripensis, fine
III-IV secolo), I Italica, XI Claudia
a Oescus e Durostorum, 10 alae, 32
coorti, 4 numeri e la classis Flavia
Moesica[451]:
conosciamo avvenimenti militari, vexillationes,
legati, tribuni, tribuni ausiliari, centurioni, signiferi veterani[452], discens mensor, cornicularii praefecti,
immunes[453], imag(iniferi)[454], milites[455], salariari[456]. Un
riesame dell’origine dei soldati e dei veterani della legio I Italica in Mesia si deve ora a Lucreţiu
Mihailescu-Birliba[457].
Tra i campi legionari, si segnala la presenza ad Oescus giŕ sotto
Augusto della legio XX Valeria Victrix
prima di essere trasferita nel 4 d.C. in Illirico e Pannonia, sostituita dalla legio V Macedonica nel 44[458]; il
villaggio abitato dalle famiglie dei legionari poi fu promosso Colonia Ulpia Oescensium, costruito da
Augusto, ricostruito nel 71, occupato fino al 106 con canabae e vicus. La
costruzione dell’accampamento di Porolissum non č piů attribuita ad Antonino
Pio ma ad Adriano[459].
Possediamo ora una storia delle ricerche archeologiche e
epigrafiche nell’accampamento legionario di Novae (oggi Svištov) a partire dal
1700 fino ai giorni nostri, con numerosi articoli di T. Derda, P. Dyczek, J.
Kolendo: il campo fu distrutto sotto Teodosio nel 392 (legio I Italica di Novae)[460]. Sono
state recentemente pubblicate le are del valetudinarium,
l’ospedale militare costruito in occasione della I campagna militare di Traiano
contro i Daci con la legio I Italica,
abbandonato verso il 230; il sacellum
ha funzionato fino ad Aureliano[461]; sono
attestate anche la legio I Minervia p.f.
e la legio XI Claudia p.f. Possediamo una lista di ufficiali e
sottuficiali della legio I Italica
distaccata dal 68 all’etŕ di Gallieno a Novae. Ancora a Novae nei principia del campo vengono ricordate le
statue imperiali dedicate a Godiano III il 13 agosto 241[462] e
quelle in vulto Dionisi tra il 428 e
il 431, opera dei primipilares civili
ex provincia Elisponto oppure ex pro[v(incia)] Insulanea: si tratta di
statue di Teodosio II, della sua sposa Eudocia e di sua sorella Pulcheria
erette secondo T. Sarnowski di fronte ad un personaggio di nome Dionysus, forse Flavius Dionysus, console del 429, poi comes et magister utriusque militiae per Orientem[463]; Z.
Gočeva pensa ora piů correttamente al dio Dioniso, sulla base di una nuova
dedica greca, piů esplicita, della prima metŕ del IV secolo[464].
Per la Dacia, numerose le novitŕ su Apulum e la legione XIII Gemina, grazie alle ricerche di
Radu Ota e Ioan Oprea[465], per
le truppe ausiliarie dobbiamo rinviare all’opera di C.C. Petolescu, Auxilia Daciae. Contribuţie la istoria
militară a Daciei romane, Bucarest 2002, che calcola 15 alae, 46
cohortes, 16 numeri. Per Potaissa in particolare vd. ora il catalogo sulle
iscrizioni del campo legionario curata da M. Bărbulescu, con un centinaio di iscrizioni relative
all’accampamnento della legio V
Macedonica a Turda.[466] A.
Oniţiu ha recentemente fornito l’elenco dei militari caduti in Dacia sul
campo di battaglia, di cui ci rimangono gli epitafi[467]. Tra
le coorti della Dacia va espunta la cohors
III Dacorum e sostituita con la cohors
III Campestris, di stanza a Pomet presso Porolissum a partire dall’etŕ dei
Severi[468].
Tra le alae, ad Arcobadara in Dacia č
stata ripresa la dedica a Filippo l’Arabo da parte dell’ala Fr[onto]nian[a Phi]lippia[na][469].
L’esercito danubiano partecipň a numerose expeditiones anche in terre lontane. Sotto Vespasiano, un
personnagio che ha partecipato alla guerra civile in Italia L. Cassius Cla(udia) Maximus (centurio)
legionis VI ferratae, pone al rientro le dediche postume dal castello
inferiore di Celje con un nuovo frammento inedito studiato da M. Lovenjak: una
base associa a Diana la diva Iulia la figlia di Tito[470]; una
seconda č posta a Domitia Augusta, la
sposa di Domiziano[471]. Agli
stessi anni risalgono a Seggau le decorazioni militari per la conquista di
Gerusalemme assegnate a T. Cassius
Secundus[472]. Un diploma rinvenuto nella Dobroudja
meridionale ricorda nel 156 d.C. i distaccamenti trasferiti dalla Mesia
Inferiore (governata da T. Pomponius
Vitrasius Pollio) in exp[editione
Mauretaniae Tin]gitan(ae) nell’etŕ di Antonino Pio[473]. Un
personaggio di altissimo livello originario di Celeia onorato piů volte č T. Varius Clemens, che ha guidato la
spedizione in Mauretania Cesariense[474], ricordato
a Celeia da amici della provincia
africana, in relazione alla procuratela del 151, arrivato al livello di ab epistulis e infine entrato in senato;
giŕ nella Tabula Banasitana compare
come membro del consilium principis
nel 154 d.C.[475].
La sua carriera č riportata in vari diplomi degli stessi anni[476].
Ora ben conosciuto č il caso del [M.] Mulviu[s---] domo Iudaeus [ne]gotians, grossista o banchiere,
con 5 altri familiari o liberti che secondo F. Beutler e A. Konecny hanno
seguito dopo la I guerra ebraica la legio
XV Apollinaris a Carnuntum[477]: si
tratta di un’espressione che non indica un’identitŕ religiosa o etnica, ma
semplicemente un’origo, una
provenienza geografica, dalla Giudea a Canuntum[478].
Negli studi in onore di Mihai Bărbulescu si ricostruiscono
le campagne di Traiano in Dacia, che avrebbero coinvolto 30.000 effettivi per
G. Cupcea e F. Marcu[479]. Č
stata studiata la partecipazione di truppe ausiliarie dalla Mesia alle guerre
daciche. Conosciamo il reclutamento di Daci nell’esercito di Traiano[480] e la
partecipazione di truppe della Dacia alla spedizione di Traiano contro i Parti:
legio I Adiutrix, vexillatio della legio XIIII Gemina, tre alae, una coorte[481].
Un diploma del I marzo 152 rinvenuto a Wels, Ovilava nel Norico,
ci informa su tre alae dell’esercito
del Norico che hanno partecipato con singole vexillationes alle operazioni di Antonino Pio contro i Mauri[482].
Un praepositus
vexillationis dell’esercito della Mesia sembra esser stato a capo del
contingente che accompagnň Severo Alessandro dal Danubio contro i Persiani nel
233[483];
l’esercito della Dacia ha partecipato alle campagne di Gordiano III e di
Valeriano in Oriente[484].
Da Preslav in Mesia C.C. Petolescu presenta un nuovo ampio
commento dell’epigrafe che ricorda un tiro,
arruolato nel 210 per il bellum
Bosporanum, sano e salvo multis
periculis in barbarico liberatus, forse con riferimento alle razzie di Goti
sconfitti dagli eserciti romani assieme a Rescuporide III alla foce del Danubio[485].
L’aspetto piů significativo č rappresentato dall’origo orientale di molti soldati. La
testimonianza piů antica (25 d.C.) da Hardomilje in Dalmazia č studiata da R.
Dodig e riguarda un Valerius ve(teranus) leg(ionis) VII, domo Icon(io), oggi
Konya in Turchia[486] o un
veteranus domo Sinope dal Ponto[487]: nella legione VII tra le altre dieci
iscrizioni di soldati fin qui note, ben 7 ricordano legionari dalle province
orientali. Wilkes ha affrontato il tema delle origini e relazioni familiari dei
veterani installati in Dalmazia in epoca giulio-claudia[488].
Se passiamo alle altre coorti ausiliarie, a Salona I.
Matijević pubblica l’epitafio di C.
Iulius Mara veter(anus) coh(ortis) II Cyrrestar(um), domo Berea, originario di Berea
in Siria alla metŕ del I secolo[489], come
il commilitone di Burnum[490]. La
coorte reclutata da Augusto fu inviata durante la rivolta in Illirico.
Da Sotin (Cornacum) proviene il diploma del 6 dicembre 157
concesso all’ex [ped]ite Valerius Mar[c]i
f. Fronto, Anaz(arbus), originario dalla Cilicia[491].
J. Beszédes presenta il reclutamento della legio X Gemina di stanza a Carnuntum alla metŕ del I secolo d.C., a
proposito del dilectus citato da
Tacito (Ann., 16, 13) in Gallia Narbonese; altri soldati sembrano arruolati nel
65 in Illiria, Africa e Asia[492].
In Mesia, a Storgosia (Pelovo), Severo raddoppia il numero degli equites singulares alloggiati nei castra priora e castra nova. Il beneficiario del diploma del 13 marzo 205 rinvenuto
a Pelovo č l’eques singularis C. Valerius
Dolentis fil. Valens originario di Serdica in Tracia[493]. Due
anni dopo, il 20 ottobre 207, viene congedato un altro eques singularis M. Valerius
M. fil. Apolli[naris] Antiochia ex Syria[494]. Ancora da localitŕ incerta della Mesia
Inferiore (tra i fiumi Iskar e Ogosta) provengno due altri diplomi relativi ad
ausiliari[495];
al 14 giugno 92 risale il diploma di Cataloi (dipartimento di Tulcea) dell’etŕ
di Domiziano, relativo ad un eques della cohors
VII Gallorum, Macrionus Acresionis f. Apamen(us), con i figli Macer, Saturninus e Augusta[496].
A Novae oggi Svišhtov J. Kolendo ha pubblicato
l’epitafio di un soldato di origine ispana da Clunia, ora studiato da S. Perea
Yébenez, che legge: legio I (prima)
I(talica) F. R., con una titolatura inconsueta nel corso della guerra
civile successiva alla morte di Nerone[497] . Si
tratta della stele del soldato originario di Clunia che ha servito in una
coorte ausiliaria prima di essere attribuito alla legio I Italica. Segue l’elenco degli ausiliari di Clunia e sul
trasferimento dagli auxilia in
legione nella guerra civile 68-69.
In Dalmazia a partire dall’etŕ augustea le miniere di oro e di
ferro e le saline, controllate da procuratori imperiali, risultano in piena
attivitŕ. La riscossione dell'imposta fondiaria (il tributum soli) era affidata al locale procurator fisci. L'imposta doganale era riscossa nell'ambito delle
stazioni adriatiche del publicum portorii
Illyrici, che comprendeva un distretto molto ampio, fino al Norico, alla
Pannonia, alla Mesia ed alla Tracia. L’unitarietŕ del territorio balcanico
emerge dai lavori di Claudio Zaccaria indirizzati a ricostruire il sistema
doganale romano, il complesso sviluppo dei portoria
(da Aquileia all’Illyricum) fondati
su stationes, sui portitores, sui porti[498].
Cinque iscrizioni studiate da M. Hainzmann ci fanno conoscere lo schiavo Fortunatus, poi liberto, incaricato
della riscossione dei diritti doganali alle frontiere del Norico come contrascriptor e vilicus per 15 anni sotto M. Aurelio: il personaggio appare alle
dipendenze del conductor publici
portorii, del conductor ferrariarum,
del praefectus vehiculorum et conductor publici portorii, e di
altri funzionari imperiali, a meno che non si tratti di persone diverse[499].
Da un punto di vista fiscale il Norico rientrava nel publicum portorii Illyrici, una
circoscrizione doganale che terminava al confine con la Rezia, dove si iniziava
a riscuotere la quadragesima Galliarum. Proprio
Zaccaria ha di recente commentato la dedica a Mitra da Camporosso in Valcanale
(Saifnitz im Kanaltal) effettuata ex voto
da un Telesphorus C. Antoni Rufi servus,
publici portorii vilicus; proprio a Camporosso si ipotizza una stazione del publicum portorii Illyrici, la Statio Bilachiniensis. Il patrono di Telesphorus, C. Antonius Rufus, conductor della circoscrizione doganale, poi procurator publici portorii Illyrici
verso il 174 d.C., praefectus
vehiculorum, č ben conosciuto[500]. La Statio Enensis (a Mühlthal am Inn) del publicum portorii Illyrici in Norico
sulla riva destra dell’Inn č nota anche per la dedica alla metŕ del II secolo
di un Mitreo, con iscrizioni collocate da schiavi vic(arii) di un conductor
e di un vil(icus) imperiale[501]. Ad
Aquincum in Pannonia Inferiore č stato ritrovato cinquanta anni fa un sigillo
in bronzo che attesta il pagamento della tassa sulla liberazione degli schiavi,
con l’indicazione della circoscrizione territoriale: P(ublicum) XX lib(ertatis) (per) Raet(iam) Nor(icum) Dalm(atiam)
Pan(n)oni(as) II, Concord(iam) Aq(uileiam) Histr(iam) Lib(urniam) anno III[502].
Emerge un mondo di scambi e di commerci animato da tanti
protagonisti; č documentata una notevole presenza di negotiatores, impegnati in vivaci scambi commerciali verso Aquileia
da un lato e con i territori transdanubiani dall'altro. Tutto ciň determinň una
profonda romanizzazione delle cittŕ del Norico, dove sono attestati immigrati
dalla pensola italica[503],
mentre le campagne ed in particolare le vallate dell'interno mantennero
tradizioni locali ed una cultura ancestrale, che sopravvisse per tutta l'etŕ
imperiale e che ebbe specifiche manifestazioni nella sfera religiosa. L’interesse
del territorio, oltre che militare, fu soprattutto economico, legato allo
sviluppo dell'attivitŕ mineraria (ferro, piombo, salgemma) affidata ad un
procuratore apposito, che controllava le societŕ di conductores. Conosciamo a Tiffen in Carinzia un immunis e un frumentarius impiegati nell’amministrazione delle miniere tra
Caracalla e Massimino il Trace, 211-235[504] ed uno
schiavo del conductor ferrariarum
Noricarum[505].
Alcune novitŕ possediamo sulle miniere in Pannonia: a Bölcske T. Karinius Iuliacen[sis domo] Arelate ex
provin[cia] Narbonensi b(ene)f(iciarius) co(n)s(ularis) leg. II Ad(iutricis)
p(iae) f(idelis) il 23 maggio 191 dichiara orgogliosamente il suo cursus honorum, a cavallo tra funzioni
amministrative e funzioni militari nel campo di Acimincum, che sembra iniziare
con la responsabilitŕ sugli argentaria
Pannonica et Delmatica: sta[ti]ones
habui arg(entariarum) Pan(nonicarum)
et Del(maticarum) [506].
S. Dušanić presenta un altare dedicato a Giove trovato
presso il ponte sul fiume Dravus, ad Osijek, dove si menziona la statio del procuratore delle miniere
unite e non di due stationes
distinte: si tratta di una dedica I.O.M.
[p]ro salute C. Iul(ii) Agathopi c(onductoris) f(errariarum) Pannoniar(um)
itemq(ue) provinciar(um) transmarinar(um), posta dall’ark(arius) Gamicus, intendendosi per province trasmarine quelle del
Ponto e della Bitinia[507].
Dopo la pubblicazione del volume di S. Dušanić sull’esercito
e le miniere in Mesia Superiore[508],
sappiamo dell’importazione nella stessa provincia a Viminacium di pesi in
piombo dal Ponto e dalla Bitinia nel 236 nell’etŕ di Massimino il Trace, sotto
il governatore L. Ranius Optatus[509]. Le
legioni di Singidunum e Viminacium erano incaricate di proteggere i distretti
minerari. A Scupi (Skopje in Macedonia)
conosciamo un coactor argentarius agli
inizi III sec.[510]; in un
epitafio č citato un Ennius Silo
proc(uraror) vilicus argentariarum Dardanicarum[511].
Compresa nel publicum
portorii Illyrici, la Pannonia (come la Mesia e la Dalmazia e piů tardi
anche la Dacia) poteva contare su una serie di stazioni doganali che
immettevano in Italia partendo dal Danubio. Il distretto doganale si estese poi
in Dacia: da Porolissum proviene l’altare dedicato I.O.M. pro salute di M.
Aurelio e Commodo et Genio p(ublici)
p(ortorii) vectigal(is) Illyr(ici) procurante Pompeio Longo proc(uratore)
Aug(usti) per opera di un vilicus,
tra il 175 e il 177[512];
analogo il caso dei vilici di Ampelum
studiato da I. Piso[513].
Da Ad Mediam, L. Mihăilescu-Bîrliba ha studiato la dedica
effettuata il 10 dicembre 157 ad Ercole Augusto, da un Felix, schiavo di un Iulius
Saturninus c(onductor) p(ublici) p(ortorii) t(ertiae) p(artis) ex priv(atis)
stationis Tsiernen(sis)[514].
In Dacia le miniere aurifere del bacino di Alburnus Maior
(Roşia Montană) sono ora meglio conosciute grazie alle sette
iscrizioni pubblicate da R. Ardevan e C. Crāciun che ricordano tra Traiano
e Caracalla i Sardiates di Dalmazia,
riuniti in un collegium Sardiatarum[515]. Dobbiamo a P. Damian il recente
bilancio sulle ricerche nelle gallerie[516], che
per Livio Zerbini sembrano rimaste in piena attivitŕ ben oltre le guerre contro
i Marcomanni, almeno fino a Gordiano III[517]. Come
č noto, C. Timoc aveva ipotizzato significative ripercussioni delle guerre
marcomanniche, sulla base dell’ara di Ampelum dedicata alla [V]ictoria Commodi[518]. Sulla
vita religiosa dei minatori č utile sempre ad Alburnus Maior la dedica Apollini Piruneno, epiclesi del fuoco
delle miniere Apollo che protegge le aurariae
nel II sec.[519];
ci sono noti diversi procuratori e praepositi
delle aurariae, come quelli residenti
ad Ampelum nell’etŕ di Commodo[520].
Abbiamo vari documeti relativi all’importazione di metalli in
Dacia: a Sarmizegetusa gli scavi del 1994 nel forum vetus hanno restituito lingotti studiati da I. Piso, con la
scritta Imp(eratoris) Tr(aiani) me(talla)
Ulp(iana) e C(oloniae) Ulp(iae)
D(acicae) S(armizegetusae)[521]. Si
tratta di un’importazione dai metalla
Ulpiana della Mesia Superiore, di proprietŕ di Traiano. Proprio in Mesia
Superiore, a Sočanica (Municipium
Dardanorum), conoscimo i coloni
arg[entariarum Dardanicarum] curante
Thelesph[oro], un liberto
imperiale che tra il 136 e il 137 fa ricordare l’eroe Antinoo[522].
L’amministrazione delle saline in Dacia č studiata da D. Benea,
con attenzione per il ruolo dell’esercito e l’organizzazione degli appaltatori,
i conductores pascui et salinarum[523];
informazioni ulteriori possediamo ora su Ursio
servus actor verna, che ci č noto per la statua posta in onore del conductor salinarum, impegnato a Micia
nelle miniere di sale in Dacia[524].
Nelle province danubiane appare davvero pervasivo il culto di
Giove (associato a Giunone Regina, Minerva e altri dei), i suoi riti (l’epulum Iovis) e con le dediche Iovi Optimo Maximo[525], con vari attributi: Aeterno, Cohortali[526], Conservatori[527], Paterno[528], Propulsori[529], Depulsori[530], forse Bussumarius[531]. A
Crkvina in Serbia occidentale č stata effettuata la recente scoperta di un
altare dedicato il 4 settembre di un anno del III secolo I.O.M. Ful(guratori) oppure
Ful(minali) oppure Ful(minatori);
la data coincide con l’inizio dei Ludi
Romani[532].
Nella Mesia Superiore a Ratiaria (= Arčar, Vidin) ricorrono dediche I.O.M. Fulgurali[533]. In
Dacia possediamo un quadro generale della religione romana ad opera di I. Boda
e C. Szabó[534];
nello specifico R. Ardevan riesamina l’altare perduto segnalato alla metŕ del
XVI secolo presso Sarmizegetusa, con la dedica I(ovi) O(ptimo) M(aximo) [F]u[lg]ur[a]tor[i], offerto il 6 giugno
237 da due decuriones coloniae Aequi, uno dei quali č flam(en) aedil(is)[535]. Nel Lapidarium
Savariense č conservato il puteale con l’espressione F(ulgur) d(ivum) c(onditum) del II secolo, ritrovato presso l’agger delle mura meridionale di Savaria,
connesso con il culto di Giove[536].
L’attributo Culminalis a Petronell ha
fatto pensare ad un dedicante originario del Sud del Norico[537]. Da
Varvaria (oggi Bribirska Glavica) in Dalmazia, ci rimane la dedica di inizio I
secolo d.C. Iovi Tan(aro), con
epiclesi celtica[538]. Un
importante studio di I. Piso č dedicato al santuario di Pfaffenberg presso
Carnuntum e al culto di I(upiter)
O(ptimus) M(aximus) Karnuntinus; significativa la data della prima
inaugurazione del primo capitolium in
Pannonia, un 11 giugno, giorno che coincide con la festivitŕ di Giove Teutanus del colle di Gellért ad
Aquincum. Sono affrontati i temi dello statuto delle canabae intra leugam,
cioč a breve distanza dal campo legionario, del collegio dei magistri montis, addetti al culto imperiale e di Giove Karnuntinus; dei cives
delle canabae hanno un’associazione
con al vertice quattro magistri montis[539]. Le
dediche arrivano all’etŕ di Giulia Domna, con l’incerta titolatura di [mater A]ug(ustorum) e di mat[er] cast[rorum], con il nome di
Plautilla Augusta eraso[540]. Il
tempio II di Pfaffenberg per M. Kandler in realtŕ sarebbe dedicato non alla
triade capitolina ma a Iupiter Dolichenus[541].
Ancora a Carnuntum in Pannonia Superiore, Giove č venerato di frequente con
l’attributo di Heliopol(itanus)
Aug(ustus)[542]. Piů
precisamente a Bad Deutsch-Altenburg, nella parte orientale delle canabae, č stato individuato il temenos di Iupiter Optimus Maximus Heliopolitanus, con l’ex voto di un centurione della legione XIII G(emina) M(artia) V(ictrix)[543].
Un dio particolarmente venerato č poi Silvanus Domesticus[544], Silvanus Custos, Silvanus Antecessor (in
quanto precede le Silvanae), Silvanus Silvester, talora associarto a
Magula o alle Silvanae come a Carnuntum e a Siscia[545];
proprio a Carnuntum in Pannonia Superior, il piccolo santuario del Tiergarten
secondo H. Stiglitz ha restituito nove altari, sei iscritti con ex voto a Giove, inoltre Silvano Domestico sacrum, Deo invicto, Dibus et Deabus, [Qua]drub(i)s
et Silvani[s][546]. Ad Aquincum la dedica Silvano Sancto Pant(h)e[o][547] o
anche Teo Silvano Domestico[548]. Per una visione di sintesi sul culto
di Silvano nelle province danubiane, possediamo ora il recente volume di M.L.
Dészpa[549].
I. Piso ha ripreso la dedica I(ovi)
Optimo) M/aximo) et Silvano ceterisque dieis deab(u)sq(ue) Conservator(ibus)
effettuata nella colonia Aurelia Napoca
da un procuratore finanziario[550]. In
parallelo si svolge il culto per le Matronae.
L'oppidum celtico di
Lentia nel Norico (Linz) fu invece la sede del culto della dea Epona, che
ritroviamo raramente in Dacia, ora studiato da T. Lobüscher[551]. Vd. anche
in Pannonia Inferiore ad Aquincum la dedica Epon[ae]
sacrum o Epone Reginae[552]. Altre
divinitŕ celtiche, come Taranis e Vocretanus sono documentate nel Norico
(ma anche in Pannonia)[553]; forse
allo stesso ambito appartiene l’Ollodeuos
di Virunum in Norico[554]. Ma
sui culti gallo-romani in Rezia e in Norico abbiamo ora l’ampio censimento di
A. Forster[555].
Da Tragurium in Dalmazia (oggi Trogir) proviene la rara dedica Salaciae Aug(ustae), l’arcaica dea delle
acque, studiata da D. Demicheli; uno studio frontale sulla dea, che andrebbe
avvicinata al dio Salaecus di
Cartagena[556]
e testimonierebbe un impegno diretto degli imperatori del III secolo per una
rivitalizzazione dei culti piů arcaici in Illirico, si deve a G. Alföldy [557].
Un altare fu eretto ad Ercole, eponimo del Pagus Herculius a Budaörs in Pannonia Inferiore, da parte degli
abitanti di alcuni vici, uno dei
quali quello degli Anar[tii] della
pianura ungherese[558];
analoga una dedica Terr(a)e Matri per
la salvezza dei Filippi tra il 247 e il 248[559].
Proprio a Budaörs Z. Mráv ha studiato la nuova dedica Herculi Aug(usto) da parte di IIvir
coloniae Aquincensium [560],
che conoscevamo per un’altra dedica a Terra
Mater[561].
In Pannonia Superiore a Scarbantia una dedica Herculi Aug(usto) fu effettuata da un M. Sat(ellius) Eros, con un raro gentilizio che compare anche in un
altare ancora inedito[562]. In
Dacia a Gherla, č il legato provinciale dell’etŕ di Commodo Marc(us) Veracilius Verus a effettuare
una dedica Herculi sancto, per
iniziativa di Tannon(ius) Maximus
pr(a)ef(ectus) eq(uitum)[563]; ad
ambiente militare rimanda la dedica Herculi
di Gilău, effettuata dall’eq(ues)
Apro[564]. Sempre in Dacia, ad Alba Iulia, a
breve distanza dalle mura della Colonia
Aurelia Apulensis fu consacrata all’inizio del III secolo l’ara Terrae matr(i) da un liberto Augustalis che aveva ottenuto gli ornamenta dec(urionalia) col(oniae
Apul(ensis)[565]; lo
stesso personaggio compare con una seconda ara nel santuario di Asclepio[566].
Il contatto con il culto imperiale č ampiamente documentato ad
es. dalle dediche dis deabusq(ue)
Genioque loci, come quella per la salvezza di Gallieno in[v]ictus per iniziativa del legato della Pannonia Inferiore M. Aur(elius) Valentinianus[567]. Á.
Szabó e B. Lőrincz presentano la dedica effettuata ad Aquincum da un
legato imperiale ad un dio Augusto ceterisque
dis huisque loci[568].
Ad Aquincum esisteva un un tempio di Ercole, restaurato a fundamentis nel corso del 216, come
risulta dalla dedica He[rculi Aug(usto)],
invocato per la salvezza e l’incolumitŕ di Caracalla (con il cognome di Severus) e Giulia Domna. E come č noto
Ercole č il genius loci di Leptis Magna assieme a Liber Pater[569].
Non č possibile citare per esteso le altre divinitŕ: Liber Pater[570],
Libera, Venus, Nettuno, Ade, Persefone, Proserpina, Plutone[571], Giano
Gemino, Mercurio con i suoi cultores[572],
Fortuna Respiciens, Marte Gradivus e Ultor: ad Aquincum Mars ultor č associato al Genius Augusti[573]; i m(agistri) m(artiales) sono frequenti in
Dalmazia, a Vid-Narona, secondo M. Mayer, assieme ai VIviri Aug(ustales)[574]. Si
veda anche la dedica Marti Victoriae
Fortunae Red(uci) posta dal legato della Pannonia Inferiore per la salvezza
dei Filippi durante la spedizione del 247 contro i Carpi[575]. Le
dediche a Marte di difficile interpretazione sono state discusse da M.
Hainzmann, come quella di Seggauberg nel Norico (Flavia Solva) con i dativi: Marti Latobio Marmogio Sinati Toutati
Mog[et]io, in un ex voto. Non
si tratteberebbe propiamente di sei distinti tenonimi, ma vengono associati
alcuni dei e i loro rari epiteti, con possibili diverse varianti[576]. Il
culto del Marte celtico in Dacia č studiato in un articolo di R. Ciobanu[577]. Vd.
anche l’unica dedica conosciuta in Dacia Marti
Toutatico effettuata ex voto nel municipium Aurelium Apulense (colonia di
Commodo, oggi Alba Iulia) da C. Valerius Hermes[578].
Infine un Mars Campester di origine
celtica associato ad Epona č venerato in Mesia Superiore[579].
Il ruolo dei santuari di Apollo e Diana a Montana in Mesia
Inferiore appare nella singolare dedica effettuata nel 161 d.C. dal legato
della legione I Italica, con un riferimento all’insula vagans, l’isola sacra di Delos[580]. A
Potaissa (oggi Turda) significativo il compleso monumento dedicato forse a Deo For[ti Phoebo Apollini Parthico] per
la salvezza dell’imperatore e di un
sacerdos III Daciarum: S. Nemeti ha avvicinato il dio a quell’Azizos, il cui tempio proprio a Potaissa
fu inaugurato attorno al 257: ancora una volta si sottolinea il contatto con il
culto imperiale organizzato in un concilium
provinciae che appare perfettamente vitale nella seconda metŕ del III
secolo[581].
In Mesia Inferiore a Krivina (Iatrus) segnalerei l’ara con dedica Apollini Auluzelo effettuata da T. Salvius Chresimus ex imperi(o) p(osuit), con
la raffigurazione di un cavaliere trace; l’epigrafe č a destra e sinistra della
gamba del cavallo. Non sappiamo come intendere l’epiteto Apollo Aulezelus, davvero un unicum, da confrontare con Aulusademus, Aulosades, Aularchenus[582].
La dedica quattuor ventis
et Bono Ev[e]ntus č studita in Mesia inferior da P. Lungarova[583], che
ha descritto il variegato culto dei Genii in Bulgaria, con riferimento al Genius provinciae, ai Genii delle unitŕ militari, ai Genii loci[584]. A Szombathely č stata rinvenuta la
rara dedica Diis itin[erariis] meglio itine[ris] utriusque viae, nel senso di
andata (itus) e ritorno (reditus)[585].
Nella regione danubiana sono frequenti le dediche Domino, connesse con il culto di una
dea lunare e di un dio o eroe solare illirico vicino al cavaliere danubiano[586]. Il
cavaliere trace con la lira compare spesso in Dacia: non si tratta di un culto
indigeno, ma introdotto da coloni arrivati dalla riva destra del Danubio; vedi
Oppermann, con omissioni, ora ripreso in questa sede da Enio Biondi di Besançon[587]. A
Szombathely una dedica Ituno e[t] Itunae,
ex voto di un Quartus e di una Fl(avia)
Iulia[588].
A Parndorf nel Burgenland in Pannonia Superiore, sulla c.d. via dell’ambra,
abbiamo la dedica Nutri[ci(bus)] finora
attestate solo a Poetovio[589].
In quello che č il primo documento di Belenus in Slovenia, conosciamo questo dio onorato a Celeia
(Spodnji Grad) nel Norico da L. Sentius
Forensis di Aquileia[590]. Un
dio locale potrebbe essere il Mibricus
evocato dall’ala I Scu(b)ulorum in
Stiria, a Wildbald Einöd[591]. Unica
č la dedica alla dea greca Ananca per
un voto effettuato dal padre per la salute del figlio Val(erius) Licinianus a Doclea in Montenegro[592].
Ercole Augusto č menzionato a Sankt Michael am Zollfeld, Herculi Aug., in una dedica effettuata da Gemellus Biraconi(s f.)[593].
A Tiffen nel distretto di Feldkirchen in Carinzia, alla fine
dell’etŕ severiana possiediamo la prima attestazione delle dee Senae, divinitŕ collettive analoghe a
divinitŕ femminili della Britannia: la dedica Sena[bos] Aug(ustis) č stata effettuata nella prima metŕ del III
secolo da C. [---] Firmi[nus] imm(unis)
li[br(arius) leg(ionis)] II Ital(icae) [p(iae) f(idelis) Sev(erianae)] et
Cl(audius) Se[cundus fr]um(entarius), impiegati nell’amministrazione delle
miniere del Norico[594].
Il tempio di Fortuna nella colonia di Oescus in Mesia
Inferiore (oggi Gigen) č stato scavato da T. Ivanov[595]. Da
Topusko in Croazia proviene la dedica di un altare alla Fortun(a) Aug(usta), effettuata da Domitia Pusilla, forse liberta di un militare originario della
Mesia Inferiore, imparentato con il centurione della legio XIV Gemina noto per aver innalzato un tempio alla stessa dea
a Aquae Iasae[596].
A Glamnik, in Kosovo presentano la dedica Deae Dard(anicae), posta da un b(ene)f(iciarius)
co(n)s(ularis) leg(ionis) IIII Fl[aviae]
nel corso del III secolo[597]. Per
la salvezza dei Severi sono collocate le are Dis deabusque Campestribus[598].
Se passiamo alla vita religiosa, nel Norico[599],
arricchita dal recente studio di R. Wedenig sui graffiti su oggetti di culto
che menzionano dediche alle divinitŕ[600], la
dea madre che personificava la provincia č rappresentata da Noreia, studiata da
P. Scherrer[601];
importanti risultati provengono dagli scavi nel santuario di Iside Noreia ad
Hohenstein in Carinzia e dagli scavi effettuati da H. Dolenz in territorio di
Virunum in Norico, presso l’anfiteatro di St. Michael am Zollfeld, Maria Saal,
nel riempimento costantiniano, che hanno messo in luce il santuario di Nemesi
entro l’anfiteatro costruito da Adriano, restaurato da Commodo, rifatto dopo un
incendio da Settimio Severo[602]. Ci
rimane il ricordo dei lavori di restauro e le dediche pro salute dei Severi da parte di C. Mar(ius) Luc[ani]us Max[imianus IIvir] i(ure) d(icundo) muros
amp[hiteatri] tectorio oper[e renovavit] et picturis [exornavit], con una
rara erasione del nome di Caracalla[603]. Egli
ha fatto rifare l’opus tectorium, il
rivestimento in stucco dei muri dell’anfiteatro con pitture murali tra il 198 e
il 199, lavori ripetuti verso il 230[604].
Conosciamo pure il padre Priscus,
anch’egli un IIvir e la madre Cominia Q.f. Celsinio[605]. Il 15
marzo 237 C. Cassius Honoratus per la
salvezza di Massimino il Trace e di suo figlio dedicano le opere effettuate: murum longitudinis p(edum) XXXX ruina
conlapsum a solo restituit et podium amphit(h)eatri opere tectorio cum pictura
muneris sui exornavit et portam novam fecit[606]. Sempre dal Nemeseum di Virunum
provengono gli altari di fine II secolo Nemesi
Augustae sacrum collocati da parte di un
[Mar]tialis [ve]nator, cacciatore nell’ambito delle venationes[607]. Al
secolo successivo si riferiscono le dediche Nemesi
Reginae Augustae e agli dei Campestres,
divinitŕ protettrici degli equites
singulares e dei cavalieri della prima ala di Traci[608]. Gli
altari del santuario di Nemesi furono salvati, nascosti in etŕ costantiniana,
protetti e coperti di terra[609].
Possediamo ora una lista di I. Weber-Hiden delle dediche a Diana Nemesis Augusta a Carnuntum[610].
Ancora a Virunum, H. Dolenz ha pubblicato le iscrizioni del
santuario di Ercole Augusto, che ricordano offerte anche alla dea Rosmerta[611]. Sulla
riva destra della Sava presso Podkraj nel Norico, rimangono i resti del
santuario delle divinitŕ fluviali Savus
e Adsalluta, che M. Šašel Kos ha
collegato al culto di Magna Mater[612].
Da Bedaium in Baviera M. Hainzmann presenta undici altari votivi
del dio Bedaios, talora associato
alle Alounae, dee madri, nel corso
del II-III secolo d.C, culti apparentemente introdotti nel Norico dai Romani[613]. Il
dio Aesus č documentato
nell’iscrizione votiva di Dellach in Carinzia su una statuetta di bronzo
offerta a Aesus da Adginnos Vercombogi filius [614].
A Ratiaria in Mesia Superiore, una dedica Deae Placidae fu effettuata nel II
secolo da un Ael(ius) Heculanus
lapida(rius)[615].
A Sarmizegetusa in Dacia esisteva un
tempio dedicato Dis Maiorib(us) Domno et
Domnae, distrutto nell’etŕ di Marco Aurelio, durante l’attacco di Sarmati[616].
A parte i numerosi culti salutari di Diana (pure invocata come
dea degli inferi)[617],
Asclepio, Hygia, Ninfe[618], se in
questa sede ci concentriamo sui culti
orientali, abbiamo numerose dediche Deo invicto Mithrae, come quella da Akmačići, regione di Zlatar
in Serbia occidentale Invicto S(oli)
M(itrhae) O(mnipotenti)[619]. Il
culto di Mitra in Pannonia č stato studiato frontalmente da I. Tóth[620], che
si sofferma sulle sue origini e specificitŕ, sull’iconografia e sacerdoti mystes di Intercisa. Lo stesso autore ha
presentato il Mitreo di Fertőrákos nel territrorio di Scarbantia (oggi
Sopron)[621].
Il culto di Mitra in Mesia Inferiore č affrontato da V. Bottez, con riferimento
ai mithraea e ai gradi d’iniziazione[622].
Iside in Dalmazia č studiata da L. Bricault, in RICIS [623],
associata talora a Serapide Magnus[624]. A
Scarbantia ci rimane una rarissima dedica ad Osiride che si accompagna al culto
di Iside all’inizio del II secolo: č recente la pubblicazione effettuata da G.
Gabrieli di un’epigrafe incisa su una lastra di calcare scoperta a Sopron nel
corso degli scavi del 1996, [Os]iri
Aug(usto) effettuata dall’[Isi]dis
sacerd(os) [P. ?] Domatius Ingenu(u)s[625]: si
tratta di un commerciante originario della Dalmazia con interessi a Cipro, che
praticava il rarissimo culto di Osiride tra il I e il II secolo, con rapporti
col mondo egiziano[626].
Possediamo un unico altro confronto nell’impero, a Colonia, in un testo
dedicato Deo Osiri pubblicato nel
1987[627].
Rarissimo nelle province danubiane e nell’impero[628] č
anche il culto della dea egizia Bubastis, come ancora a Sopron (Scarbantia)[629],
testimoniato dalle epigrafi del santuario di Iside[630]. A
Smiljanovac in Dalmazia un bambino di nove anni, Aur(elius) Satrius (sepolto assieme alla sorella di sei anni Aur(elia) Maxima), č rappresentato
sull’acroterio di un coperchio di un sarcofago mentre riceve l’iniziazione
isiaca[631].
M. Bărbulescu ha studiato complessivamente i culti egizi a Potaissa in
Dacia, oggi Turda, attraverso i monumenti e le iscrizioni[632].
Dubbio č il caso della dedica al dio egizio Toth (Deo Totovitioni) effettuata da un soldato della legio IIII Fl(avia) catara(tarum) stationis
Dianae in Mesia superiore, forse con l’evocazione di un dio della Tracia[633].
Tra le divinitŕ orientali si segnala a Salona nella collezione
Matijević, in Varia Salonitana
di Marsic e Matijević la dedica di un tempio Matri deum Magnae: aedem cognatio fecit ex nummis conlatis solo suo[634]. La vita religiosa in Mesia Inferiore si
č arricchita con la scoperta a Balčik (Dionysopolis) nel 2007 della dedica
Matri deum da parte dell’imperatore
Licinio, nel tempio della Meter Theon
Pontia: quod ex donariis in templo
eius repertum est simulacrum argenteum numini eius in libris septem et uncis
octo fieri iussit et consecrari, con l’intervento del preside della Scizia
il perfettissimo Aurelius Speratianus, che
si occupň materialmente della realizzazione della nuova statua argentea, che
doveva sostituire quella perduta a seguito di un’incursione[635]. Nella
stessa provincia soprende la vitalitŕ dei culti geto-daci riflessi dall’onomastica
studiata da D. Dana[636].
I culti orientali in Dacia sono studiati da J.R. Carbó García,
che presenta un catalogo di ben 322 iscrizioni, riferite a 52 diverse divinitŕ,
con una prevalenza di dediche mitraiche[637]. I
culti orientali in Dardania nell’impero sono illustrati nell’ articolo di Z.
Mirdita[638].
Di grande interesse storico č la dedica rinvenuta a
Székesfehérvár in Ungheria e proveniente da Gorsium piuttosto che dal castellum di Intercisa in Pannonia
Inferiore (odierna Dunaújváros) al [Deo
So]li Elagab[alo sac]r(um) per la salvezza di Severo, Caracalla, Geta
Cesare, da parte dei [mil]ites cohort(is)
I [(milliariae) Antonin(ae)] Hemesenorum[639], che
anticipa al 198-199 sotto il governo in Pannonia Inferiore del legato Tiberius Claudius Claudianus l’arrivo da
Emesa del culto del Dio Sole Elagabalo, ben prima delle numerose attestazioni
del culto ad Intercisa successive alla visita della famiglia imperiale nelle
province pannoniche nel 202 (HA, Sept.
XV-XVII): solo in quella data il tribuno Q.
Mod(ius) Q. f(ilius) Quirina Ru<f>inus edificň proprio ad Intercisa
il tempio Deo [So]li Aelagabalo[640]; piů
tardi possediamo la dedica del 23 agosto 214, dopo la vittoria germanica di
Caracalla effettuata deo patrio Soli
Elagabalo[641].
Solo sotto il principato di Antonino Eliogabalo i soldati della legio I Adiutrix pongono a Brigetio in
Pannonia Inferiore la dedica Deo Soli
Alagabalo Ammudati, con un epiteto davvero singolare[642]. Ad
Aquincum abbiamo varie dediche Soli Deo,
Soli Soccio, Soli Socio sacrum per la salvezza di Elagabalo[643]. A
Sarmigezetusa č significativa la dedica [Deo
So]li inv[icto Belo ---]? Mal[a]gbel(i) Hie[robolo deis Palmyrenis? ] per
la salvezza di Severo Alessandro e Mamea tra il 222 ed il 235[644]; allo
stesso periodo potrebbe risalire l’elenco dei cult[ores dei Solis ? Ma]lagb[eli][645]. I.
Piso ha studiato il Forum vetus di
Sarmizegetusa, con l’epigrafe che ricorda il tempio dei [Solis Ierh]abolis posta da un tribuno, per ricordare il dio di
Palmira.[646].
Occorre sottolineare la prossimitŕ del tempio al foro nuovo, dove si sono
svolti gli scavi del primo Campidoglio della provincia Dacia costruito alla
metŕ del II secolo[647]. Il
contatto tra la Dacia e Palmira passa ovviamente attraverso le truppe, come
testimoniano anche alcune iscrizioni bilingue (palmireno-latino) di Tibiscum[648].
A Svištov (Novae) N. Markov ha richiamato l’attenzione su una
dedica I.O.M. Dolicheno ubi ferrum
nascitur, una formula abituale per indicare il dio commageno, invocato
nell’etŕ di Adriano dal siriano P. Aelius
Benivolus dec(urio) alae Commagenorum[649]. La prima menzione dell’ala nel campo
di Tulln sul Danubio in Norico risale al 104 e all’etŕ di Traiano, anche se
sulla pietra il reparto riceve sotto Caracalla l’epiteto di Antoniniana (Comagenis)[650]. A
Karataš (Cataractarum Diana) ci
rimane la dedica I(ovi) O(ptimo) M(aximo)
Dolicheno per la salvezza di Caracalla e Giulia Domna posta da L. Marius Perpetuus (Aurelianus)
c(onsularis), governatore della Mesia Superiore sotto Caracalla tra il 212
e il 213[651].
Nella stessa provincia a Viminacium, V.P. Petrović ha studiato la dedica I.O.M. D(olicheno) effettuata nella
prima metŕ del III secolo da Aur(elius)
Iulianus Iuliani (filius) sac(erdos) eiusdem dei ex pr(ovincia) Syr(ia) Coel(e)
reg(ione) Cyrr(h)ens(i) vico Capersina[652]. Secondo
M. Popescu, il culto di Giove Dolicheno (documentato in Dacia presso le miniere
nell’etŕ di Settimio Severo)[653],
sarebbe rinato sotto Gordiano, come testimoniano le iscrizioni di Ampelum,
Samum, Certiae, Porolissum[654]. C.C.
Petolescu ha studiato in particolare il rapporto tra i sacerdoti di Iupiter Dolichenus e l’esercito di Dacia
a Drobeta, Apulum, Ampelum, Porolissum[655].
Proprio a Porolissum I. Piso ha riesaminato le iscrizioni del tempio di Giove
Dolicheno: I(ovi) O(ptimo) M(aximo)
[D(olicheno)] pro salute et [incolu]mitate di Gordiano III et coh(ortis)
III Camp(estris) da parte di un
IIIIvir m(unicipii) S(eptimii) P(orolissensis), di un veterano e di un decurione del municipio vegesi[m]a[r(ius)], percettore
dell’imposta del 5%, la vigesima
hereditatium: [t]emp[l(um) cum] tabernis (a)ere suo feceru[nt][656].
In Mesia Inferiore, a Novačene (Pleven) č documentato il
culto del Draco, piů precisamente a Glycon di Abonuteichos, nel corso del
III secolo[657].
Ancora a Salona in Croazia dalla chiesa S. Nicola proviene un
testo apparentemente neutro, che ripropone la regola aurea comune a tutte le
tradizioni religiose, il rispetto per la sepoltura e la garanzia di securitas per il defunto: chi voglia
violare questa tomba abbia la vendetta degli dei, [sepultu]ram si qui[s de]asciare voluerit, habe[at ir]ata numina: chiunque venerino, romani, giudei o
cristiani, rispettino i Mani, in un periodo che va collocato nella prima metŕ
del IV secolo[658].
A Salona un sarcofago del diacono, Flavius Iulius zaconus e di sua moglie Aurelia Ianuaria, datato con anno consolare al 2 novembre 358,
ricorda la Aeclesia Salon(itana),
beneficiaria dei possibili proventi derivanti dai violatori della tomba: si quis post nostram pausationem hoc
sarcofagum aprire voluerit inferit aeclesiae Salon(itanae) argenti libras
quinquaginta[659].
Per il cristianesimo, a Veliki Krčimir in Mesia Superiore ci
rimangono brani di citazioni bibliche ed evangeliche in una lunga versione
latina, un salmo da Girolamo, dalla Lettera ai Filippesi, dal Vangelo Matteo;
il documento č stato collegato da V. Nedeljković alla costruzione della
vicina basilica[660].
Come si č osservato in tutte le province romane il culto
imperiale sembra procedere in simbiosi con i culti locali: cosě ad esempio in Rezia,
se a Lauingen (Baviera) il legato imperiale [-
Statil(ius) Dio]nysius dedica il [sigillum
d]ei Apollinis Granni in onore di Elagabalo, sicuramente in connessione con
le precedenti politiche del divus Magnus
Antoninus[661].
Il culto di Roma e di Augusto in Dalmazia, nei tre conventus di
Scardona, Salona e Narona, giŕ a partire dall’etŕ di Tiberio č studiato da I.
Jadrić-Kučan: il culto del Divus
Iulius ha incluso il culto della Dea Roma e poi si č travasato nel culto
imperiale, con testimonianze monumentali molto risalenti a Pola, Oneum, Aequum,
municipium Bistuensium, Doclea[662].
Gli ultimi tempi hanno visto un approfondito studio del culto
imperiale in Dalmazia nel suo sviluppo fino alla piena etŕ severiana, come
dimostrato nel recentissimo volume su L’Augusteum
di Narona, con gli Atti del Convegno promosso da Cinzia Bearzot e da Andrea
Giardina presso l’Istituto Italiano per la Storia Antica a Roma il 31 maggio
2013[663]. Il
culto imperiale a Salona č stato studiato da J. Jeličić-Radonić[664]. Č da
rettificare l’edizione della dedica cosmocratica di Klis, in territorio di
Salona a Giuliano [vic]tori ac
[trium]fatori t[otius]q(ue) orbis [Augusto], datata da D. Demicheli agli
anni 361-3[665].
Molti Seviri augustales compaiono nel
catalogo di 40 iscrizioni di Narona oggi Vid pubblicato da I. Rodá.[666]
L’ultimo lavoro sul culto imperiale in Dalmazia č di Marija Buzov[667].
Ad Epidaurum in Croazia (oggi Cavtat) P. Aelius Osillianus ottiene la cittadinanza da Adriano ed č
onorato con statua con un decreto dell’ordo
dei decurioni, pagata dalla madre e dalla nonna, che nell’occasione offrono
sportulae ai decurioni, Augustales e seviri con uno spettacolo di pugilato, pugilum spectaculo[668].
La vita religiosa in Pannonia č studiata nel volume di Á. Szabó,
che elenca la documentazione relativa ai sacerdotes,
artistes, augures, flamines, pontifices, con attenzione per il culto
imperiale e le assemblee provinciali[669]; a
Szombathely ad esempio una rilettura del basamento della statua di Traiano, ha
consentito di dimostrare che la dedica fu effettuata nell’ambito del culto
imperiale dai [pont(ifices) a]ugur(es)
sacer[dot(es) f]l(amines ?) ex colonia [S]avaria[670].
Conosciamo auguri cittadini come a Mursa in Croazia[671]. Il
culto della Dea Roma secondo Á. Szabó sarebbe stato introdotto in Pannonia
Inferiore molto tardi, nell’etŕ di Caracalla, ad opera del XV vir sacris faciundis L. Cassius Marcellinus[672]. H.
Zabehlicky ha studiato i santuari privati nelle Pannonie specie a Carnuntum[673].
Z. Mráv studia l’uso in onore degli imperatori, i patroni e le
divinitŕ che innalzano statue di cui ci rimangono le basi inscritte[674];
frequente l’associazione del culto imperiale e del culto di Iupiter, come nella
dedica di Budakalász in Pannonia Inferiore, studiata da Á. Szabó, d riferire a
Caracalla e Geta nel 211-212 d.C.[675]
Il culto imperiale nella Pannonia Inferiore č legato alla sede
dell’Ara Augusti ad Aquincum-Budapest
e non a Gorsium: conosciamo sacerdotes,
sacerdotales, attivitŕ. D. Fishwick presenta un nuovo commento per la
dedica dell’etŕ di Caracalla che ricorda un dec(urio)
col(oniae) Aquin(ci) it(em) dec(urio) m(unicip)i [Sin]g(idun)i IIvir flam(en)
sacerdos arae Aug(ust)i n(ostri) p(rovinciae) P(annoniae) Infer(ioris)
nymp(haeum) pec(unia) sua fecit et aquam induxit[676].
A Savaria conosciamo molte feste e appuntamenti del culto
imperiale, durante i quali avveniva un’ampia distribuzione di crustula[677].
Proprio a Szombathely č attestato forse durante il regno congiunto di Caracalla
e Geta un dec(urio) [c(oloniae)
C(laudiae) Sav(ariae) (?), contemporaneamente dec(urio? c(oloniae) S(eptimiae) Karn(unti) [IIvir equo p]ublic(o)
[sacerdos ar]ae Aug(ustorum duorum), onorato a quanto pare con una statua
equestre dal [conc(ilium) provinc]iae
P(annoniae) s(uperioris): ne risulta che il sacerdozio provinciale era
tenuto da cavalieri, con il titolo di sacerdos
provinciae e poi di sacerdos arae
Augusti dopo Settimio Severo[678].
La dedica di Aquincum Concordiae
Augg. Feliciter, normalmente riferita a Marco Aurelio e Lucio Vero
(161-169), va piů probabilmente attribuita a Caracalla e Geta tra il 211 e il
2012[679].
Il culto imperiale nelle Mesie č stato studiato da D.
Aparaschivei, con attenzione ai flamini municipali[680], come
a Viminacium, Oescus, Troesmis (municipio di Marco Aurelio e Commodo); anche
assieme a sacerdotes provinciae e flaminicae[681]. Vd.
anche V. Bottez, che ha studiato il culto imperiale in Mesia Inferiore durante
i primi tre secoli[682].
Il culto imperiale č documentato a Ratiaria dall’epitafio di C. Iulius Tib. [f.] Saturnin[us],
IIviral(is) col(loniae)
Ra[ti(ariae)], flamini prim[o] municip(i) Aelian(i) sotto Adriano, quindi
flamine anche nel municipio di Viminacium[683].
Gli Augustales della
Pannonia e della Dacia sono studiati da L. Mihăilescu-Bîrliba, con
riferimento specifico allo stato giuridico, prevalentemente libertino[684]. In
particolare in Dacia conosciamo 119 Augustales,
tutti immigrati; solo una decina di bambini potrebbero essere nati in Dacia[685].
Consentitemi in chiusura di esprimere l’ammirazione per le tante
imprese internazionali in corso, per gli scavi e le indagini dalle quali ci
aspettiamo veramente nuova luce su un mondo che amiamo davvero, fin dai tempi
lontani del IX congresso AIEGL di Sofia nel 1987, in una Bulgaria tanto diversa
da quella di oggi.
Concludendo vorrei per un attimo tornare indietro a due secoli fa
e richiamare la colorita vicenda delle 17 iscrizioni della Dacia perdute nel
1723, sommerse nel Tibisco in piena a Seghedino, l’attuale Szeged in Ungheria
al confine con la Serbia, nell’etŕ di Carlo VI: una vicenda che qualche anno fa
č stata ricostruita per noi da Gian Paolo Marchi e da Alfredo Buonopane,
partendo dagli scavi di Weissenburg in Transilvania e dall’attivitŕ del
capitano Giuseppe Ariosti, utilizzando il Codice dedicato Carolo VI, restitutori Daciarum e restauratori Pannoniae. Attraverso Ludovico Antonio Muratori e
Scipione Maffei sappiamo in dettaglio della “disgrazia della barca affondata” e
del salvataggio delle altre 46 lapidi, conservate oggi a Vienna nella Prunksaal
dell’Österreichische Nationalbibliothek. La drammatica vicenda del naufragio
nel fiume in piena ci racconta moltissimo della fragilitŕ dei monumenti
antichi, del rischio continuo di perdite irreparabili, della responsabilitŕ di
tutti noi, dell’impegno che dobbiamo garantire per la salvaguardia del patrimonio[686].
Le long des frontičres du Danube, la culture politique
romaine produisit des modčles efficaces d'organisation civique: édifications de
colonies, institutions municipales, gouvernements de territoires dotés d'identités
ethnoculturelles et économiques spécifiques, tandis que l'urbanisation
progressait considérablement, ŕ coté des castra
militaires, en particulier sur les limes.
Les recherches menées au cours des 15 derničres années nous ont permis de faire
beaucoup de progrčs et de définir le thčme du "spécifique
épigraphique"; ainsi que la nécessité d'utiliser une documentation de
premičre main pour analyser des aspects spécifiques liés ŕ l'histoire des
provinces romaines, aux relations entre la géographie et l'histoire, en se
référant ŕ Raetia, Noricum, Illyricum, Dalmatia, Moesia, jusqu'ŕ l'embouchure
de la Danube, ŕ la Pannonie, ŕ la Dacie, territoires sur lesquels un débat
historiographique trčs animé sur l'épigraphie et l'histoire des provinces s'est
développé, grâce également ŕ l'activité du Laboratoire d'études sur les
provinces danubiennes de Ferrare et aux nombreux savants chi ont publié de
nouvelles collections, de nouvelles synthčses, des travaux d’analyse précis
bričvement présentés dans ces pages. Il y a mille nouvelles sur les
gouvernements provinciaux, sur les voyages impériaux, sur le processus de
développement des autonomies municipales, sur les populi et sur les nationes
locales en relation avec les immigrants, sur l'activité de construction et la
monumentalisation qui ont accompagné la romanisation, sur l'armée, sur les
activités économiques, mines, douanes, vie religieuse, articulation et
calendrier du culte impérial.
Nous voulons exprimer admiration pour les nombreuses
entreprises internationales en cours, pour les fouilles et les enquętes
confiées ŕ des chercheurs de pays les plus divers; et ensemble, nous voulons
rappeler la fragilité des monuments anciens, le risque permanent de pertes
irréparables, la responsabilité qui nous incombe ŕ tous, l’engagement que nous
devons garantir pour la sauvegarde du patrimoine commun.
Lungo
le frontiere danubiane la cultura politica romana produsse efficaci modelli di
organizzazione civica: fondazioni di colonie, istituzioni municipali, governi
per territori con specifiche identitŕ etno-culturali ed economiche mentre
l’urbanizzazione fece passi considerevoli, anche con l’affiancamento di nuove
cittŕ ad impianti castrensi, specie sul limes.
Le ricerche portate avanti negli ultimi 15 anni hanno consentito di fare molti
passi avanti e di definire il tema dello “specifico epigrafico”; insieme della
necessitŕ di utilizzare una documentazione di prima mano per analizzare aspetti
specifici relativi alla storia provinciale romana, al rapporto della geografia
con la storia, con riferimento alla Rezia, al Norico, all’Illirico, alla
Dalmazia, alla Mesia, fino alla foce del Danubio, alle Pannonie, alla Dacia,
territori sui quali si č sviluppato negli ultimi anni un fervido dibattito
storiografico sull’epigrafia e la storia delle province, anche grazie
all’attivitŕ del Laboratorio di studi sulle province danubiane di Ferrara e ai
tanti studiosi che hanno prodotto nuove raccolte, nuove sintesi, puntuali
lavori di analisi che vengono presentati in queste pagine. Si segnalano mille
novitŕ sui governi provinciali, sui viaggi imperiali, sul processo di sviluppo
delle autonomie municipali, sui populi e
sulle nationes locali in rapporto con
gli immigrati, sull’attivitŕ edilizia e la monumentalizzazione che ha
accompagnato la romanizzazione, sull’esercito, sulle attivitŕ economiche, le
miniere, le dogane, sulla vita religiosa, sull’articolazione e il calendario
del culto imperiale.
Si
intende esprimere l’ammirazione per le tante imprese internazionali in corso,
per gli scavi e le indagini affidate agli studiosi provenienti dai piů diversi
paesi; e insieme ricordare la fragilitŕ dei monumenti antichi, il rischio
continuo di perdite irreparabili, la responsabilitŕ di tutti noi, l’impegno che
dobbiamo garantire per la salvaguardia del patrimonio comune.
[Un evento
culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile
qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Al fine
della pubblicazione, questo scritto č stato valutato “in chiaro” dai promotori
della terza International Conference
on Roman Danubian Provinces e dalla direzione
di Diritto @ Storia]
*
Vienna, 10 novembre 2015, Istituto Italiano di cultura, 3rd International Conference on Roman Danubian Provinces,
Testo letto da Angela Donati. Ringrazio Livio Zerbini e Nelu
Zugravu per i numerosi suggerimenti.
[1] A. Mastino, Conclusioni, in Roma e le province del Danubio, Atti del I Convegno Internazionale.
Ferrara-Cento, 15-17 ottobre 2009, a cura di L. Zerbini, Catanzaro 2010,
489 ss. (vd. anche 11 ss. e AE 2010,
1106).
[2] Culti e religiositŕ nelle province danubiane. Atti del II
Convegno internazionale. Ferrara, 20-22 novembre 2013, a cura di L. Zerbini, Bologna 2015.
Sul tema, vd. Religion in public and private sphere. Acta of the 4th
International Colloquium “The Autonomous Towns of Noricum and Pannonia”, a cura di I. Lazar, Koper 2011.
[3] Die Römischen Provinzen. Begriff und Gründung. Colloquium Cluj-Napoca, 2. September-1.Oktober 2006, a cura di I. Piso,
Cluj-Napoca 2008.
[4] Una prima sintesi in R.
Ardevan, L. Zerbini, La Dacia
romana, Catanzaro 2007; vd. poi C.C.
Petolescu, Dacia. Un mileniu de
istorie, Bucarest 2010. Ma dovremmo citare molti altri; per tutti desidero
ricordare il volume donatomi in un’occasione ufficiale da M. Munteanu, Provincia Dacia: istorie politică şi numismatică,
Cluj-Napoca 2010. Particolarmente significaivi gli scavi condotti da alcune
Universitŕ italiane: lasciatemi citare l’accordo di collaborazione tra
l’Istituto di ricerche Eco-Museali di Tulcea e l’Universitŕ di Sassari per la
cittŕ romana di Ibida o Libida in Scizia Minore.
[5] Vd. I. Piso,
in La naissance de la ville dans
l’Antiquité, a cura di M. Reddé, L. Dubois, D. Briquel, H. Lavagne, F. Queyrel
[De l’archéologie ŕ l’histoire], Paris 2003, 285 ss. Per l’area del basso Danubio: AE 2010, 1107 (D.
Aparaschivei).
[6] Vd. R. Cîrjan,
Statute citadine privilegiate în
provinciile dunărene ale Imperiului Roman (sec. I-III) [Bibliotheca Ephemeris
Napocensis 7], Cluj-Napoca 2010. Vd. ora R. Varga, The Peregrini of Roman Dacia (106-212),
Cluj-Napoca 2014, soprattutto i capitoli III (Population studies and epigraphic representativeness, 47 ss.), IV (Overview of the peregrines from Dacia,
59 ss.), V (Military peregrines, 87
ss.), VI (Peregrine communities, 99
ss.).
[7] Un quadro generale del rapporto tra esercito e
urbanizzazione nell’insieme delle province danubiane č stato presentato in
occasione del Colloquio Army and Urban
Development in the Danubian Provinces of the Roman Empire. Alba Iulia 8-10
ottobre 1999 [Bibliotheca Musei Apulensis 15], a cura di H. Ciugudean e V.
Moga, Alba Iulia 2000.
[8] Ad esempio in Mesia Superiore, vd. AE 2011, 1101 (D.
Mladenović). Vd. giŕ E.
Mancini, L’evergetismo municipale
in Dacia, in Roma e le province del
Danubio, cit., 331 ss.
[11] AE 2008, 1115 (P. Kovács). Per il limes della Pannonia inferiore vd. ora il
quadro complessivo fornito in AE 2013,
1250 (N. Gudea).
[13] The Roman and Late Roman City: the
International Conference, Veliko Tărnovo, 26-30 July 2000, a cura di L. Ruseva-Slokoska e V. Dinchev,
Sofia 2002.
[14]
Roma sul Danubio. Da Aquileia a Carnuntum
lungo la via dell’ambra, a cura di M.
Buora e W. Jobst [Cataloghi e monografie
archeologiche dei Civici
Musei di Udine 6], Roma 2002.
[15] Zwischen Region und Reich. Das Gebiet der oberen Donau im
Imperium Romanum, a cura di P.
Herz, P. Schmidt, O. Stoll [Region
im Umbruch 3], Berlin 2010.
[16] Kulturaustausch und Wirtschaftsbeziehungen in den
Donauprovinzen des römischen Kaiserreiches, con gli Atti del Convegno di Varna e Tulcea del 2008.
[17]
Sul dibattito in corso da un decennio, vd. F.
Buscemi, Processi di contatto e
interazione culturale nel mondo romano, per un riesame delle posizioni teoriche,
in Ricerche e attivitŕ del corso internazionalizzato di archeologia.
Catania, Varsavia, Konya 2009-2012, a cura di P. Militello e M. Camera [Syndesmoi 2], Palermo 2012, 141 ss. Restano convincenti le posizioni di
G.A. Cecconi, Romanizzazione, diversitŕ culturale,
politicamente corretto, Mefra,
118, 1, 2006, 81-94.
[20] Per es. AE 2007,
1211 in Ucraina (A. Ivantchik, O.
Pogorelets, R. Savvov); AE
2012, 1188 da Sándorfalva, comitato di Csongrád (G. Lassányi).
[21] AE 2010, 1239,
Andautonia in Pannonia Superiore (I.
Knezović). Vd. anche AE
2010, 1141 (M. Šašel Kos) e AE
2008, 1080 (F. Marco Simón, I. Rodŕ De
Llanza).
[24]
AE 2009, 988 (C. Farka) = 2010, 1142 (G.E.
Thüry) = 2012, 1076 (M.
Hainzmann, P. De Bernardo Stempel). L’ultimo commento č di E. M. Ruprechtsberger, Archaeologische Forschungen (1983-2014) im
Nordwesten der Provinz Noricum, Linz 2015. M. Hainzmann e P. De Bernardo
Stempel pensano ad una divinitŕ fluviale (Iuvavus)
associata a Giove, che ricalca il nome della cittŕ (Iuvavum), nella seconda metŕ del II secolo: analogo appare
l’attuale rapporto oggi tra il toponimo della cittŕ di Salzburg e il nome del
fiume Salzach. Per la toponomastica in Dacia Porolissensis, con specifico
riferimento ai fiumi, vd. AE 2013,
1276 (D.-A. Deac).
[26] Vd. G. Alföldy,
Dall’Adriatico al Danubio, L’Illirico
nell’etŕ greca e romana. Atti del Convegno internazionale Cividale del Friuli
25-27 settembre 2003, a cura di G. Urso
[I convegni della Fondazione Niccolň Canussio 3], Pisa 2004, 207 ss.
[28] L. Mrozewicz, Palaeography of Latin Inscriptions from
Novae (Lower Moesia) [Coll. The Poznan Society for the Advancement of the
Arts and Sciences, Section of History and Social Sciences, Publications of the
Historical Committee 67], Poznán 2010. Vd. AE 2009, 1199, partendo da ILGNovae di J. Kolendo del 1997 (AE 1999, 1338); AE 2010, 1408-10.
[29] Ad es. a Brigetio in AE
2004, 1126 (L. Borhy), in Rezia
in AE 2005, 1144 (C. Flügel, T. Schmidt, ma giŕ A.U. Stylow), nel Magdalensberg in Norico
in AE 2005, 1161-62 (G. Piccottini, H. Grassl); a Linz (Lentia)
ancora nel Norico in AE 2005, 1180 (E.M. Ruprechtsberger); AE 2008, 993 (R. Wedenig); a Iuvavum in AE
2007, 1083 (A. Krammer), a
Rannersdorf in AE 2007, 1080 (B. Schrettle, S. Tsironi) e a
Frauenberg in Stiria in AE 2008, 1013
(I. Kitz); a Schölgen in Alta
Austria in AE 2005, 1181 (E. Herzog); vd. anche AE 2006, 1059-71 a Carnuntum; 2008,
1027, Lauriacum in Norico (H. Nowak);
2002, 1077-79 = 2011, 847 e 2002, 1077 = 2011, 848 in Rezia (M. Scholz); sempre in Rezia, a Pförring
in Baviera: AE 2012, 855 (H. Wolff).
[30] AE 2008, 1184, Novae in
Mesia Inferiore: si tratta del restauro effettuato da Marco Aurelio e Commodo
di un tempio [ve]tustate conlabsu[m] per
iniziativa del governatore e del legato legionario (E. Bunsch, L. Mrozewicz).
Per altri esempi di tituli picti
sull’instrumentum, vd. ad esempio AE 2007, 1082, Iuvavum in Norico (G.E. Thüry); 2008, 1077, Buckneudorf in
Pannonia Superiore (H. Zabehlicky).
Per Novae: AE 2002, 1245.
[32] Ad es. quelle di Carnuntum: AE 2012, 1131 (I.
Weber-Hiden, E. Weber); quelle di Scupi in Mesia Superiore: M. Šašel Kos, A Glimpse into Stonecutters’ Workshops in Scupi, Upper Moesia, in L’officina epigrafica romana in ricordo di
Giancarlo Susini, a cura di A. Donati, e G. Poma [Epigrafia e antichitŕ
30], Faenza 2012, 507 ss. Per le arae
e i picci della Liburnia: AE 2010,
1150 e 1151 (A. Kurilić).
[33] Un caso davvero straordinario č quello studiato da P.
Kovács, da Aquincum, dove conosciamo un Clodius
Celsinus, che effettua una dedica Marti
Gradivo in occasione del suo viaggio presso la legio VII Cl(audia) effettuato ad
eradendum nomen saevissimae dominationis degli h(ostes) p(ublici), probilmente Filippo l’Arabo e suo figlio nel
249, AE 2008, 1145; e l’erasione
doveva essere effettuata [de vexillis et
can]tabris. Per l’erasione su 11 iscrizioni di Novae, vd. AE 2010, 1411 (L. Mrozewicz). Un’erasione del nome del senatore Cn. Cornelius Lentulus Augur č documentata
tra il 9 e il 6 a.C. a Callatis in Mesia Inferiore, AE 2013, 1341 (A. Avram, M.
Ionescu).
[34] Ad esempio ad Intercisa in Pannonia Inferiore, AE 2010, 1274 (Z. Mráv), con inesattezze nella titolatua di Commodo e in
quella di Caracalla.
[35] Ad es. in Dacia: H.W.
Müller, I. Piso, N. Schwaighofer, M. Benea, Der Marmor im Römischen Dakien, Cluj-Napoca 2012.
[37] AE 2005,
1198 (D. Gabler, A. Márton). Per le Mesie: AE 2005,
1309. Vd. anche il lavoro di M.
Matuszewska sui mattoni di Novae in Mesia Inferiore (AE 2006, 1204). Per la ceramica
sigillata di importazione, in particolare vasi arretini ed italici, vd. Shkodra
in Dalmazia in AE 2007, 1091 (B. Lahi). Per le figlinae imperiali in Pannonia, AE
2007, 1134, 1146-47 (B. Lőrincz).
Per Faviana nel Norico: AE 2008, 1024
(I. Hackhofer). Per Locus Felicis
oggi Wallsee in Bassa Austria conosciamo un soldato della cohors I Aureli(a) Brit(tonum) magister [fi]gulinae Loco [Felice] Sabinianae,
in AE 2008, 1026 (H. Ubl). I bolli sui mattori delle
fortificazioni della Dacia Ripensis: AE
2009, 969 (N. Gudea).
Naturalmente imponente č il capitolo relativo ai bolli legionari, come a
Lauriacum nel Norico per la legio II
Italica, AE 2009, 992 (H. Ubl); in Dalmazia per la legio VII Claudia Pia Fidelis dopo il 42
d.C., AE 2011, 888 (D. Tončinić); a Trimammium in
Mesia Inferiore per la legio I Italica,
AE 2010, 1414 (S. Torbatov); oppure a Novae in AE 2011, 1122 (M. Duch), 1123 (P.
Dyczek), 1124 (J. Kolendo, T.
Kowal).
Si puň passare alle lucernae:
ad es. AE 2006, 1055, Carnuntum (I. Žundálek, B. Žundálekova); 2007,
1157, dal campo legionario di Carnuntum (G.
Musil, C. Gugl, R. M. Mosser);
da Vindobona in Pannonia Superiore in AE
2007, 1160-61, dell’etŕ di Nerone e di Galba (B.
Lőrincz). Per la Dacia: AE
2006, 1120 (D. Benea); per la
Mesia Superiore: AE 2006, 1183 (A.N. Crnobrnja); per la Mesia
Inferiore: AE 2009, 1195 (L.
Oţa). Per il Norico: AE 2007, 1081 (A. Puhm, S. Tiefengraber). E poi
i vetri, ad es. AE 2007, 1066, Rezia
(A. Rottloff); le anfore: ad es. AE 2007, 1075, Rezia (P. Gamper); 2000, 1154-68 (G. Piccottini) e 2008, 1009 nel
Magdalensberg in Norico (H. Dolenz):
[o]lei Histric[i flos]; 2011, 892,
Lissos in Dalmazia (B. Lahi). I
mortai: ad es. AE 2007, 1135 in
Pannonia (R. Mladoniczi). Le
gemme e i cammei: ad es. a
Lauriacum nel Norico, in Pannonia AE
2001, 1626 (A. Kovács in CIGP),
a Brigetio, AE 2007, 1150-51 e nel
Museo di Carnuntum AE 2011, 1002 (G. Dembski), a Intercisa AE 2013, 1270 a-c (T. Gesztelyi); infine in Dacia AE 2002, 1220 (S. Nemeti); gli anelli: ad es. AE 2007, 1150-53, Brigetio in Pannonia Superiore (L. Borhy). Per gli anelli, ad es.
quelli conservati al Museo Nazionale Ungherese, vd. AE 2011, 950 (Á Szabó).
Solo il III volume dei TitAq curato
da B. Fehér contiene mezzo migliaio di bolli da Aquincum, vd. AE 2011, 1020-58; vd. anche 2013, 1261.
[39] Ad es. AE
2013, 1183, Ovilava in Norico (G.E.
Thüry): veni cito amica pia.
Alcuni anelli hanno dediche a divinitŕ, come nel caso della dedica Sil(vano) sanc(to) v(otum) PVT di AE 2013, 1222, Scarbantia (Z. Mráv); analogo il caso di AE 1979, 478.
[41]
M. Hainzmann, R. Wedenig, Testimonia Epigraphica Norica (TENOR),
Instrumentum domesticum Austriae Superioris, Indices, Graz 2002; vd. AE 2002, 1997 e 2007, 1073. Vd. ora il magnum opus
sulle 1123 tesserae iscritte di piombo
provenienti da Siscia (Sisak in Croatia) in Pannonia superiore: I. Radman-Livaja, Tesere iz Siska.
Olovne tesere iz Siscije / Plombs de Siscia: Tekst / Texte e Katalog / Catalogue [Musei Arch.
Zagrabiensis Catalogi et Monographiae 9/1 e 9/2], Zagreb 2014.
[45] Ad es. AE
2005, 1188, Salona (N. Gauthier),
1196 (M.T. Boatwright), Pannonia;
AE 2006, 964, Norico (E. Pochmarski); 2009, 1182 (C. Ciongradi), per 110 monumenti
funerari inscritti di Alburnus Maior in Dacia. Per Novae in Mesia inferiore vd.
AE 2011, 1121 (J. Kolendo).
[46] Ad es. in Rezia, in Norico, nella Pannonia Superiore (AE 2007, 1061), in Alta Austria, AE 2008, 996 (C. Hemmers, S. Traxler), in Dacia, a Sarmizegetusa, AE 2005, 1297 (M. Mărgineanu-Cârstoiou, V. Apostol, Ş. Balici, C.
Meşter).
[48] Vd. oltre i miliari di Settimio Severo del 201
riutilizzati da Caracalla nel 214, AE 2004,
1085 (M. Lovenjak).
[49] Ad es. AE 2004,
1130 e 2005, 1227 e 2008, 1092; 2011, 842 e 1003, Carnuntum; 2012, 1082, Traismauer (Augustianis),
secondo E. Weber; 2008, 1092, Carnuntum,
secondo P. Scherrer.
[50] A. Ştefănescu: doppi epigrafici in Dacia (Alburnus Maior,
Samum, Micia, Apulum); vd. perň V.
Rădeanu in AE 2006, 1105.
[51] Ad es. L. Zerbini,
Scritture latine nella Dacia romana.
Status quaestionis e proposte di ricerca, in L’officina epigrafica romana,
cit., 525 ss.
[54]
P. Cugusi, M. T. Sblendorio Cugusi,
Studi sui carmi epigrafici: Carmina
latina epigraphica Pannonica, Pŕtron Bologna 2007 (adde H. Grassl, AE 2010, 1263-64); Carmina Latina Epigraphica Moesica, Carmina latina epigraphica Thraciae,
Pŕtron Bologna 2008; Carmina Latina
Epigraphica non-bücheleriani di Dalmatia (CLEDalm), Edizione e commento, con
osservazioni sui carmi bücheleriani della provincia [Epigrafia e antichitŕ
36], Faenza 2015. Vd. anche diversi interventi su singoli testi, come per
l’epigramma di Noviodunum in Mesia Inferiore: P.
Cugusi, in Res Publica Litterarum.
Studies in the Classical Tradition,
23, 2000 (In memory of Scevola Mariotti), 73 ss.; il poema di Ratisbona (Castra
Regina in Rezia) studiato da W. Pfaffel, in AE
2005, 1148 = 2006, 961 (P. Cugusi, M.T.
Sblendorio Cugusi); vd. ora AE 2007,
1070 (O. Raith). Infine il poema della
via delle tombe di Carnuntum in Pannonia Superiore, rivisto da H. Grassl, che
ritiene riguardi un defunto di origine italica, un lixa (valletto dell’esercito), con il rammarico espresso a suo nome
dai fratelli per la morte lontana dalla patria, nei primi tempi
dell’occupazione romana (AE 2008,
1099 = 2009, 1049):
O utinam Italiae potius mea
fata dedissent
quam premeret cineres barbara
terra meos.
[59] M. Mirković, Les inscriptions du Djerdap et la politique
romaine sur le Danube de Tibčre ŕ Trajan, in Roma e le province del Danubio, cit., 175 ss.
[61] Ad es. in Pannonia Inferiore, AE 2004, 1159 (Vereb, Comitato di Fejér): cui vita parva, mors valde citata fuit, quem flentes doleunt miserique
parentes, per la morte dei tre piccoli figli di Septimia Decorata.
[62] Particolarmentre acuta l’analisi di R. Selinger sul
vocabolario erotico in Pannonia Superiore: l’aggettivo Fututor di un epitafio di Carnuntum non sarebbe un indizio
di rapporti omossessuali tra il medico defunto L. Iulius Optatus e il dedicante L. Iulius Faustus: forse solo un cognome, AE 2006, 1058. Viceversa esplicito contenuto erotico hanno le
iscrizioni di Solva (oggi Esztergom in Pannonia Superiore), dove ci restano
numerosi graffiti con l’espressione dal contenuto erotico: Pidico qui tacunt, AE 2008,
1083 (B. Lőrincz); analoga
espressione da Dunakeszi (Pannonia Inferiore), raccolta da Z. Mráv: [Q]ui ta[gunt ?] pidi[co ?], AE 2011,
1059, IV secolo. A Lentia nel Norico conosciamo un [do]minus fartor, un allevatore che
ingrassava i volatili, in un’epigrafe dal contenuto erotico, AE 2004, 1092 (G.E. Thüry). Infine l’espressione Dizzo Ebctasiaque atamo del valetudinarium
del campo militare di Novae in Mesia Inferiore andrebbe intesa come una
dichiarazione d’amore di un trace (Dizzo)
verso una donna con nome greco (Euctasia),
dove atamo č da intendersi adamo (sono innamorato), AE 2011, 1125 (T. Płóciennik, J. Żelazowski). Per il Norico, vd.
la fibula di Wels (Ovilava) in AE
2013, 1184 (S[pe]s [a]more si m[e am]as),
con un repertorio delle iscrizioni analoghe della Rezia e delle Pannonie (G.E.Thüry). In Dalmazia,vd. le
rappresentazioni di un fallo in un’iscrizione funeraria, ad es. in AE 2013, 1194, a-c, Salona (N. Cambi, I. Matijević).
[63] Un’anticipazione č in W.
Eck, La loi municipale de
Troesmis, Données juridiques et politiques d’une inscription récemment
découverte, Revue historique de droit
français et étranger, 91, 2, 2013, 199 ss. Vd. ora Id.,
in Integration in Rome and in the Roman
World. Proceedings of the Tenth Workshop of the International Network Impact of
Empire (Lille, June 23-25, 2011), a cura di G. De Kleijn e S. Benois,
Leyda, Boston 2014, 75 ss.; vd. AE
2013, 1345.
[64] AE 2013, 1307, Apulum (S. Armani). Per nepos/neptia, vd. AE
2007, 1201 = 2008, 1167 = 2013, 1311, Alburnus Maior (N. Mathieu).
[65]
Vd. Epigraphica II. Mensa rotunda epigraphie Daciae
Pannonicaeque. Papers of the 4th
Hungarian Epigraphic Roundtable (Sarmizegetusa, 24-26 ottobre 2003), a cura
di G. Németh e I. Piso [Hungarian
Polis Studies 11], Debrecen 2004.
[69] Ad es. in Scizia Minore, AE 2005 (A. Barnea)
oppure in area pontica, AE 2012, 1279
e 2013, 1329 (A. Avram); per una prosopografia
al femminile in Mesia Inferiore, AE
2013, 1330 (R.-G. Curcă).
[76] Vd. ad es. per il Norico A. Kakoschke, Die
Personennamen in der römischen Provinz Noricum, Hildesheim, Zurich, New
York 2012. Per l’onomastica greca in Dacia, vd. AE 2013, 1275 (M. Dragostin).
[77]
Ad es. in Dacia, AE 2005, 1281 (D. Dana); 2007, 1183 (R. Varga); in Mesia Inferiore, AE 2006, 1197 (R.G. Curcă); S. Loma ritiene che in Mesia Superiore
l’onomastica sia prevalentemente dalmato-pannonica: AE 2010, 1395. Per la trasmissione dei gentilizi in Rezia, nel
Norico e nelle Pannonie: AE 2006, 944
(N.G. Brancato). I nomi preromani
in Norico: A. Kakoschke, Die Personennamen
in der römischen Provinz Noricum, cit.; vd. AE 2004, 1090 (J. Stern). Per
la Rezia, vd. AE 2010, 1113 (A. Kakoschke). Per i nomi celtici: AE 2005, 1195 (W. Meid); integrazioni di G. Alföldy in AE 2002, 1175. Vd. anche AE 2004,
1120 (D. Stifter), AE 2012, 1192 (M. Dragostin). Per la Dalmazia sud-orientale e la Dardania,
vd. AE 2007, 1060 (M. Mirković). Per il conventus Naronitanus in Dalmazia, vd. AE 2011, 920 (R. Comes). Per l’onomastica femminile in Liburnia, AE 2008, 1032 (A. Kurilić). Naturalmente sono state studiate singole
cittŕ, come Celeia, AE 2010, 1140 (J. Visočnik). Mi piace citare in
questa sede il rarissimo cognome Matera:
Aur(elia) Matera di AE 2004, 1169 documentato a Várpalota in
agro Poetovionensi, da avvicinare alla Ulp(ia)
Matera di ILJug. 164 da Príjedor
in Bosnia e alla Matera di Turris
Libisonis in Sardegna (AE
2002, 632, F. Manconi; 2005, 689, A. Mastino; P. Ruggeri, in Isole e
terraferma nel primo cristianesimo, XI Congresso Nazionale di Archeologia
Cristiana, Roma 2015, p. 529). I nomi
geografici in Pannonia: P. Anreiter,
Die vorrömischen Namen Pannoniens [Archaeolingua,
Serie Minor 16], Budapest 2001.
[79] Per le gemme magiche della Dacia, vd. AE 2002, 1220 (S. Nemeti); altri testi magici dalla Dacia e dalla Mesia
Inferiore in AE 2013, 1277 (S. Nemeti); vd. anche AE 2013, 1260, Aquincum (B. Fehér).
[80] Ad es. in Pannonia: AE
2007, 1136 (P. Zsidi, G. Németh).
Ad Aquincum conosciamo in etŕ severiana un Marc(ius
?) Marcellus, med(icus), in una dedica di un ex voto ad Esculapio ed Hygia, AE
2008, 1123 (Á. Szabó); vd.
anche AE 2009, 1169. Per i medici
della Mesia Inferiore, vd. AE 2010,
1407 (D. Aparaschivei) e 2013,
1322 (D. Grbić, S. Drča):
quest’ultima ricorda un medico della cohors
I Dardanorum in una dedica Asclepio
Hygia in etŕ severiana (si noti la rara reincisione di titoli imperiali di
Caracalla sul nome di Geta eraso). Per la Dacia vedi la dedica di Ilişua
ripresa da Dan Dana con il rapporto tra un soldato dell’ala I Tungrorum Frontoniana e gli dei tutelari della medicina e
della “Salute” (Esculapio, Hygia, Apollo): D.
Dana, «Orientaux» en Dacie romaine. Réédition d’une dédicace
grecque d’Arcobada/Ilişua (SEG LVII 683 = AE, 2006,
1131), in Classica et Christiana 9,
1, 2014, 85 ss.
[81] Ad es. AE
2009, 1169, Aquincum (A. Barta, G.
Lassányi); ad Abusina in Rezia, AE
2011, 860 (B. Steidl); ad
Apulum in Dacia, AE 2013, 1308 (G.V. Bounegru, G. Németh, S. Nemeti). Č stata effettuata una revisione di una complessa defixio proveniente da Sisak in Pannonia
Superiore, riferibile all’etŕ di Traiano, dove si invoca il dio-fiume Savus, assiene a Muta Tagita, certamente la piů nota Tacita Muta della tradizione
laziale, con l’invito a ridurre al silenzio gli avversari odiati (AE 2008, 1080, F. Marco Simón, I. Rodŕ De Llanza).
[83] AE 2009, 1212 (O. Bounegru). Vd. ora F. Matei-Popescu, in Poleis în Marea Neagră. Relaţii
interpontice şi producţii locale, Atti del colloquio di Bucarest,
27-28 settembre 2012, a cura di F. Panait-Bîrzescu, I. Bîrzescu, F.
Matei-Popescu, A. Robu, Bucarest 2013, 202 ss.
[85]
Ad es. sul Danubio, AE 2006, 946 (O. Bounegru); sul fiume Mureş in
Dacia in AE 2006, 1121 (C. Timoc). Lietta De Salvo ha saputo ricostruire
un mondo complesso, per la parte fluviale intorno ai nautae, ai naukleroi,
agli utricularii dei porti fino al
Mar Nero, con i loro culti, le loro concezioni religiose, le loro abilitŕ
tecniche, le loro barche, i loro contatti culturali con le popolazioni
barbariche (Circolazione e commercio per via d’acqua nelle province danubiane,
in Roma e le province del Danubio,
cit., 79 ss.). I traffici
commerciali potevano usufruire di alcune importanti vie d’acqua: il basso
Danubio come via di comunicazione, la navigazione sui grandi fiumi dei Balcani,
le navi, i corpora naviculariorum,
gli armatori, i marinai, i trafficanti, il loro rapporto col potere nel libro
di O. Bounegru, Trafiquants et navigateurs su le Bas Danube
et dans le Pont Gauche ŕ l’époque romaine, Wiesbaden 2006.
[87] AE 2009, 1032 = 2012,
1108 (M. Buovac). La legio XX era perň presente dall’etŕ di
Augusto, AE 2010, 1228 (S. Bekavac).
[88] AE 2005, 1182 (Z. Buljević). S. Pastor studia 13 urne di
gladiatori rinvenute a Nord dell’anfiteatro di Salona, una con il nome di Leo secu[tor] (AE 2011, 928-929).
[89] Il IIviro quinquennale del municipium Brigetionensium L. Veratius Iulianus realizza per
l’anfiteatro il podium cum suis
spectaculis p(edum) LXX leg(ioni) I Adi(utrici) p(iae) f(ideli) Sever(ianae). Dunque
sotto Severo Alessandro uno dei duoviri del municipio fa costruire la parte
dell’anfiteatro lunga 70 piedi (21 metri) con i posti prestigiosi riservati ai
militari della legione. Conosciamo altri interventi che vanno collocati
nell’epoca dei Severi: un vet(eranus)
leg(ionis) I Ad(iutricis) č citato in un epitafio posto da un dec(urio) mun(icipii) Brig(etionensium), AE
2006, 1049 (L. Borhy).
[93] Molto animata la discussione su una iscrizione che
secondo I. Tóth e T. Grüll sarebbe ebraica, dedicata Deo M[agno] Aeter[no], che potrebbe ricordare una [synago]ga col titolo di pr[oseucha], AE 2008, 1089-90; contra: D. Gáspár e L. Berger
(vd. AE 2005, 12).
[94] Ad Aquincum in Pannonia Inferiore la popolazione di
origine siriaca ed ebraica č studiata da T. Budai Balogh: i primi orientali
sarebbero giunti con la legio II Adiutrix
nel corso delle spedizioni partiche di Traiano e Lucio Vero, poi durante la
guerra marcomannica di Marco Aurelio, inviati in Pannonia Inferiore (AE 2011, 1017).
[99] G. Alföldy, in Römische Städte und Festungen an der Donau.
Akten der regionalen Konferenz, Beograd, 16-19 Oktober 2003, a cura di M. Mirković, Belgrado 2005, 23 ss.
Ma vd. una sintesi dell’intero volume in AE
2005, 1137.
[100]
RGDA 30. W. Eck, Die Donau als
Ziel römischer Politik: Augustus und die Eroberung des Balkan, in Roma e le province del Danubio, cit., 19
ss.; adde: M. Šašel Kos, Appian and
Illyricum [Situla 43], Ljubljana 2005, con un dettagliato commentario sulla
conquista di Illirico (Dalmatia, 393
ss.), Raetia e Noricum (473 ss.), Moesia
(489 ss.).
[103] D. Gabler, La campagna progettata contro Maroboduo e le
sue conseguenze, in Roma e le
province danubiane, cit., 125 ss.
[104] AE 2010, 1237. Vd. ora
la importante sintesi di P. Kovács, A History of
Pannonia during the Principate [Antiquitas Reihe 1, 65], Bonn 2014.
[105] AE 2000, 1182. Per la
nascita della Pannonia solo sotto Vespasiano, vd. AE 2010, 1237 (M. Šašel Kos).
[109] Vd. AE 2013,
1159. Non tutta la serie č su “Tyche”: vd. ad es. Annona epigraphica Austriaca 1993-1998, in Akten des 7. Österreichischen Althistorikertages, a cura di H. Taeuber, Vienna 2001, 49 ss.. Altri
numeri sono su Römisches Österreich, 37-38, 2014-15, 195 ss. e
209 ss.
[111] AE 2005,
1138 (G. Winkler); AE 2006, 948 (E. Weber). Per il campo di
Boiodurum in Baviera (oggi Passau), vd. AE
2013, 1170 (M. Boier). Sulle
strade romane della Rezia e del Norico, vd. J. Stern, Römerräder in
Rätien und Noricum. Unterwegs auf römischen Pfaden (RÖ, 25), Vienna 2002.
[113] E. Weber, I lavori di riedizione del CIL III (Pannonia): problemi e risultati,
in Roma e le province del Danubio,
cit., 197 ss., vd. AE 2010, 1236.
[114] Studia Epigraphica Pannonica (SEP), 3, a
cura di P. Kovács, B. Fehér, Á.
Szabó, Budapest 2011; Studia Epigraphica
Pannonica (SEP), 4, In memoriam
Barnabás Lőrincz, a cura di P.
Kovács, B. Fehér, Budapest 2012; Studia
Epigraphica Pannonica (SEP), 5-7,
a cura di P. Kovács, B. Fehér,
Budapest 2013-15. Vd. anche AE 2008,
1072; 2009, 1038; 2011, 948; 2013, 1200; 2014, 1037; 2015, 1087.
[116] AE 2007, 1128: P. Kovács, Corpus Inscriptionum Graecarum Pannonicarum CIGP, Editio III Aucta [Hungarian
Polis Studies 15], Debrecen Budapest 2007; per la seconda edizione del 2001,
vd. AE 2001, 1626.
[118] J. Martinović, Antički natpisi u Crnoj Gori. Corpus
inscriptionum Latinarum et Graecarum Montenegri, Kotor 2011, con le
osservazioni di AE 2011, 883. Vd.
ulteriori sette iscrizioni greche (apparentemente arivate nella baia di Kotor,
Boka Kotorska, Montenegro, durante la dominazione veneziana) in A. Łajtar, J.J. Martinović,
in Palamedes 76, 2012, 81 ss.; AE 2012, 1084. Per la storia delle
scoperte a Risinium, Butua, Catharum, Antibarium, Olcinium, vd. ancora J. Martinović (AE 2011, 890 e 2013, 1188).
[119] S. Anamali, H. Ceka, É. Deniaux, Corpus des
inscriptions latines d’Albanie [Collection de l’École Française de Rome
410], Roma 2009; U. Ehmig, R. Haensch, Die lateinischen Ischriften aus Albanien (LIA), Bonn 2012.
Il punto di partenza sono evidentemente Le iscrizioni latine di Albania di P.C.
Sestieri, Roma 1943.
[120]
Un elenco in questa sede č impossibile, vd. RMD,
V: ad es. AE 2000, 1213 (Sirmium),
2001, 1725 = RMD, II, 106 (Novae); AE 2004, 1256 (R. Petrovszky per il
diploma di Ruse datato al 13 marzo 105, relativo al congedo di un gregalis dell’Ala II Hispanorum et Aruacorum; allo stesso reparto č riferito il
beneficiario del diploma frammentario del 138-140 d.C. di Carnuntum AE 2013, 1246, pubblicato da F.
Beutler), AE 2004, 1259 (Abrittus con
il diploma relativo all’armata del Norico, datato sotto Tito 8 settembre 79,
relativo a un gregalis dell’ Ala I Thracum), 2009, 993-995, Stein nel
Norico (H. Ubl); AE 2008, 1195 (da Slava Rusă,
Ibida, diploma studiato da L.
Mihăilescu-Bîrliba del 14 agosto 99, che ci informa sull’esercito
della Mesia Inferiore sotto Traiano); 2008, 1116 = 2009, 1075, Putinci in
Serbia; 2009, 1185 (Mesia). 2010, 1262, Carnuntum in Pannonia Superiore (F. Beutler); 2010, 1272, Siófok in
Pannonia Inferiore (Z. Mráv, I. Vida; W.
Eck, A. Pangerl).
[123] RMD IV, 303 = AE 2002,
1182 (nella edizione di Z. Visy).
Altre pseudo-tribů: ad esempio Fl(avia)
attribuita ad un veterano della legio II
adiutrix in AE 2010, 1285,
Aquincum in Pannonia Inferiore. Altri pretorianni congedati sono noti, come dal
diploma di Sremska Mitrovica in Pannonia Inferiore, AE 2013, 1252 b, originario di Mursa, data 7 gennaio 245 (Z. Mráv, I. Vida); vd. i Salonitani di AE 2013, 1189 (D. Demicheli).
[128] Vd. giŕ la sintesi di N. Gauthier al XIV Congresso
internazionale di archeologia cristiana di Vienna, in AE 2006, 1006.
[129] AE 2011, 924. Le
iscrizioni cristiane di Salona erano state giŕ studiare da J. Janssens e J.
Dukić, vd. AE 2008, 1039.
[134] Tituli Aquincenses (TitAq). Volumen I. Tituli operum
publicorum et honorari et sacri, a
cura di P. Kovács, Á. Szabó,
Budapest 2009; Volumen II, Tituli
sepulcrales et alii Budapestini reperti,
a cura di P. Kovács, Á.
Szabó, Budapest 2010.
[139] Budapest 2010. Vd. AE
2011, 1011. Il supplemento del Corpus
Signorum Imperii Romani dedicato a Carnuntum nel 2012 a firma di G. Kremer
presenta 772 monumenti utili per conoscere il rapporto tra esercito e vita
religiosa, G. Kremet et alii, Götterdastellungen Kult- und Weihedenkmäler
aus Carnuntum [Corpus Signorum
Imperii Romani. Österreich. Carnuntum, Supplement 1], Vienna 2012. Vd.
anche sui monumenti funerari del Norico: G.
Kremer, Antike Grabbauten in
Noricum. Katalog und Auswertung von Werkstücken als Beitrag zu
Rekonstruktion und Typologie
[Österreischisches Archäologisches Institut, Sonderschriften 36], Vienna 2001. Per i 71 monumenti funerari di Lauriacum e Lentia ancora
nel Norico, vd. AE 2009, 990 (S. Traxler).
[146] E. Tóth, Lapidarium Savariense. Savaria római
feliratos kőemlékei (LapSav) [Savaria, 34,2], Szombathely 2011.
[151] D. Bondoc, D.R. Dincă, Inscripţii şi piese sculpturale.
Muzeul Romanaţiului Caracal, Craiova 2002.
[153] AE 2004, 1208. Vd. Monumente
din piatră de la Micia în colecţiile Muzeului Naţional de
Istorie a Transilvaniei, in Studia Historica et Archaeologica in
honorern Magistrae Doina Benea, a cura di M. Crînguş, S.
Regep-Vlascici, A. Ştefănescu, Timişoara 2004, 9 ss.
[155] Le forum vetus de Sarmizegetusa, I,1, a cura di I. Piso [Colonia Dacica Sarmizegetusa
1], Bucarest 2006.
[163] Vd. ad esempio per la Bassa Austria e in particolare per
Carnuntum AE 2008, 985, con gli Atti del
convegno di Tulln an der Donau del 5-8 luglio 2004.
[175] From Polites to Magos, Studia György Németh sexagenario
dedicata, a cura di Á. Szabó, Budapest-Debrecen 2016.
[176]
Studia epigraphica in memoriam Géza
Alföldy, a
cura di W. Eck, B. Fehér, P.
Kovács [Antiquitas 61], Bonn 2013.
[180]
AE 2010, 1103; per il il secondo
volume con 23 contributi dedicati ai soprannomi imperiali delle unitŕ, ai
diplomi militari, bolli e alla prosopografia vd. AE 2011, 839.
[184] AE 2010, 1148. Per i
governatori dell’Illirico Superiore tra il 42 e il 68 d.C., vd. AE 2011, 886.
[188] AE 2003, 1333,
Ćalići (Brgud in Dalmazia). Carattere differente ha il cippo
dell’Isola di Brač in Dalmazia in AE
2013, 1197, con una delimitazione, deter(minavit)
di un’area sacra ad Ercole (N. Cambi).
[197] Vd. M. Šašel Kos,
The early urbanization of Noricum
and Pannonia, in Roma e le province
del Danubio, cit., 209 ss.
[198] AE 2008, 985 (J. Rageth). Vd. poi il miliario del 201
da Veldidena di Settimio Severo,
Caracalla e Geta, con il nome del fratello minore eraso e quello del fratello
maggiore parzialmente reinciso in rasura
dopo il 212: [S]everus pius pate[r]
(patriae): non fondate le perplessitŕ di R. Frei-Stolba in AE 2002, 1085.
[199] Quattro tribů preromane della Rezia sono documentate
anche sui diplomi militari: Runicates,
Cattenates, Licates, Calucones, vd. AE
2004, 1053-54 (K. Dietz). Un Vindel(icus) in AE 2006, 960, Celeusum in Rezia (B.
Steidl).
[201] D. Faoro, Praefetctus,
procurator, praeses. Genesi delle cariche
presidiali equestri nell’Alto Impero Romano, Firenze 2011, 90 ss.; sui
fasti provinciali della Rezia, vd. anche AE
2005, 1142 (B. Steidl) e 2007,
1065 e 2008, 988 (D. Faoro).
[213] S. Perea Yébenez, La legione XII e il prodigio della pioggia
sotto M. Aurelio, Madrid 2002. Vd. anche AE 2005, 1196; 2006, 1025; 2008, 1074 (P. Kovács);
[214] AE 2006, 1026 (Cibalae); 2009, 1039. Per la
realizzazione di acquedotti nell’etŕ di Settimio Severo, vd. AE 2006, 1092 = 2013, 1253, Cibalae in
Pannonia Inferiore (Z. Mráv): [extruxerunt bal]ne[um et] Cib[alensi]bu[s
aquam per[duxerunt]; per inciso č improbabile che la titolatura di
Caracalla non avesse l’indicazione della terza potestŕ tribunizia; analoga la
dedica AE 2004, 1135 = 2013, 1254: [Ci]ba[lensibus aquam per]dux[eru]nt. Sulla
politica di Settimio Severo nel medio Danubio, vd. Z. Mráv, in Studia
epigraphica in memoriam Géza Alföldy, a cura di W. Eck, B. Fehér, P. Kovács [Antiquitas. Reihe 1,
Abhandlungen zur alten Geschichte 61], Bonn 2013, 205 ss.; AE 2013, 1160 e 1199 (per la politica edlizia di Severo in Pannonia
ad Aquincum, Brigetio, Cibalae, in rapporto alle promozioni istituzionali).
[218] AE 2004, 1141 = 2009,
1168 (O. Láng, Z. Mráv); 2010,
1276 (L. Chioffi). Vd. anche AE 2010, 1282, che ricorda un M. Aemilius Ter(etina) C<a>mpanus domo
Viminaci(o), adiutor princi(pis) praetori(i) della legio II Adiutrix ad Aquincum.
[227] J. Fitz, Accademia d’Ungheria in Roma, in
Quaderni di documentazione 2, 1961, 5-21. Vd. ora P. Kovács, in Acta
Archaeologica Hungarica 63, 2012, 383-394.
[233]
AE 2008, 1076. Per la lues, la peste del 182, vd. CIL III 5567 Mauerkirchen in Baviera (M.G. Schmidt). Vd.
anche AE 2000, 3 (un falso per Hameter); AE 1994, 1334.
[236] AE 2003, 1455 Aquincum (A.R. Facsády). Treboniano Gallo adottň poi
il figlio cadetto di Decio Ostiliano e lo nominň Cesare ante il 9 giugno (anche
se nel nostro testo compare come Augusto). A Roma la notizia della morte arrivň
tra il 9 e il 23 giugno. Il Senato innalzň Ostiliano ad Augusto, divinizzň
Decio ed Erennio Etrusco, il 24 giugno compaiono certamente come divi. Dopo il 23 giugno Treboniano
adottň Volusiano come Cesare. Dopo la morte per peste di Ostiliano Volusiano fu
nominato Augusto e dispose la damnatio
dei due Deci. La doppia erasione risale per Ostiliano a dopo la morte del 251;
per Treboniano Gallo a dopo l’uccisione nell’agosto 253, vd. AE 2003, 1415.
[243] Fontes Pannoniae Antiquae in aetate Constantini, a cura di P. Kovács, Budapest 2012 (in
ungherese); 2013 (in tedesco).
[246] AE 2008, 1073; vd. 2004, 1134, per i governatori della
Pannonia Inferiore tra 106 e 213 (B.
Lőrincz). Per il periodo 54-166
d.C., vd. AE 2004, 1118.
[249] D. Boďadjiev, Les relations ethno-linguistiques en Thrace
et en Mésie pendant l’époque romaine, Sofia 2000, 134 ss. n. 63 ; AE 2000, 1268.
[251]
R.-G. Curcă,
La terminologia del potere nello spazio
ellenofono della Mesia Inferiore, in Classica
et Christiana 10, 2015, 129-136; I.
Piso, La sičge du gouverneur de
Mésie inférieure, in Interconnectivity
in the Mediterranean and Pontic World during the Hellenistic and Roman Periods,
a cura di Victor Cojocaru, A. Coskun, Mădălina Dana, Cluj-Napoca
2014, 489 ss.: la capitale della provincia era a Durostorum (oggi Silistra,
Bulgaria), soprattutto alla luce dell’epigrafia.
[254]
AE 2004, 1184. Vd. anche C.C. Petolescu, in Dacia, 43-45, 1999-2001, 231-233. Inoltre, per l’epigrafia della
Dacia, in particolare per gli ufficiali equestri vd. I. Piso, Fasti
provinciae Daciae II. Die ritterlichenn Amtsträger [Antiquitas, I 60], Bonn
2013, vd. AE 2013, 1273 (il primo
volume: AE 1993, 1318).
[262] M. Mirković, Municipium S(---). A Roman Town in the
Central Balkans, Komini near Pljevlja, Montenegro [BAR, International Ser.
2357], Oxford 2012; Ead., Municipium S. Rimski grad u Kominima kod
Pljevalja, Belgrado 2012.
[268] Le iscrizioni del Museo e del parco archeologico di
Aguntum sono studiate da E. Walde, G.
Grabherr, vd. AE 2008,
997-1000.
[269] The Autonomous Town of Noricum and Pannonia [Die
autonomen Städte in Noricum und Pannonien], a
cura di M. Šašel Kos, P.
Scherrer, I [Situla 40], Ljubljana 2002; II, [Situla 41-42], Ljubljana 2003-04.
AE 2002, 1088: AE 2003, 1345; AE 2005,
1233-34.
[277]
Tra gli altri, vd. anche Trajan und seine Städte. Colloquium Cluj-Napoca, 29.
September – 2. Oktober 2013, a cura di
I. Piso e R. Varga, Cluj-Napoca 2014: M.
Šašel-Kos, Poetovio before
Marcomannic Wars: from Legionary Camp to Colonia Ulpia, 139 ss.; K. Stoev, Ratiaria: Grundzüge der Stadtgeschichte und Gesellshaftsentwicklung (1.
– 3. Jh.), 167 ss.; G. Kabakchieva,
Oescus under Emperor Trajan’s Rule – from
Legionary Camp to Roman Colony, 181 ss.; D. Boteva, Trajan and his
Cities in Thrace: Focusing on the two Nicopolis, 195 ss.; F. Matei-Popescu, Tropaeum Traiani, 205 ss.; F. Mitthof,
Sarmizegetusa? Zu den Varianten eines
dakischen Toponyms in den lateinischen und griechischen Quellen, 233 ss.;
I. Piso, Die Trainasfora: politische Botschaft, 255 ss.
[278] Il municipio č attestato ancora nell’ultimo anno di
Commodo, R[omanus Hercules], vd. AE 2013, 1267, Budakalász (Á. Szabó),
completamente da rettificare.
[285] AE 2011, 964 (E. Tóth). A proposito di aetona, vd. anche la dedica effettuata
da un sacerdote provinciale, un cavaliere, sempre a Savaria in AE 2011, 962 (E. Tóth): arcum
aeto[namque marmore]am valvis et co[lumnis].
[286] AE 2007, 1158. Vd.
anche AE 2013, 1219, Scarbandia (Z. Mráv), un epitafio di Q. Lurius Q.f. Pup(inia) Maxumus vet(eranus)
leg(ionis) XV, originario da Tergeste, morto prima del 43 d.C.
[289] AE 2008, 1079 (M. Buzov). Un Aug(ustalis) col(oniae) Sept(imiae) Sisci(ianorum) č in AE 2013, 1205 (P. Prohaszka).
[291] AE 2003, 1354 (G. Alföldy). Il numero totale delle arae funerarie non č noto: 7 Tiberi Claudii, 4 donne, una figlia di
un Claudius.
[293] AE 2006, 1038. Per
l’onomastica della Pannonia meridionale, vd. ora I. Radman-Livaja, in The
Archaeology of Roman Southern Pannonia. The state of research and selected
problems in the Croatian part of the Roman province of Pannonia, a cura di B. Migotti [BAR International
Series 2393], Oxford 2012, 137 ss.
[297] M. Kronberger, Siedlungschronologische Forschungen zu dem
canabae legionis von Vindobona. Die
Gräberfelder [Monografien der Stadtarchäologie 1], Vienna 2005.
[298] H. Hubl, Waffen und Uniformen des römischen Heeres
der Prinzipatsepoche nach den Grabreliefs Noricums und Pannoniens [Austria
Antiqua 3], Vienna 2013; AE 2013,
1161.
[307]
S. Nemeti,
Finding Arcobadara. Essay on the
Geography and Administration of Roman Dacia, Cluj-Napoca 2014: Si parte
dalla iscrizione ILD 800 che menziona
Genius territorii Arcobadarensis (13 ss.);
la conclusione: „Arcobadara or Arcobara is a rural settlement with an
indigenous Dacian name, with a certain degree of autonomy, with its own
territory, inhabited by cives Romani,
veternas and peregrines” (146).
[309] Tra il 111 e il 114 in AE 2006, 1139, dove A. Diaconescu esclude che l’epigrafe AE 1998, 1084 faccia riferimento alla
data di fondazione della colonia; ma si vedano le osservazioni contrarie di I.
Piso anche in AE 2007, 1203. Per
Sarmizegetusa vd. F. Mitthof nel
recente citato volume di I. Piso e R. Varga, Trajan und seine Städte.
[322] AE 2010, 1255; nulla a
che fare con Forum Hadriani in
Germania Superiore, come supposto da A. Mócsy.
[327] Lumea rurală în provinciile Moesia Inferior şi
Thracia (secolele I-III p. Chr.),
Bucureşti 2011, 235 ss.
[328] A. Suceveanu, M. Zahariade, F. Topoleanu, G. Poenaru
Bordea, Halmyris,
1. Monografie arheologică, Cluj 2003, 115 ss.; AE 2003, 1550 ss.
[337] Tomis. Comentariu istoric şi
arheologic/ historical and archaeological commentary, Constanţa 2012.
[339] E. Szabó, Epigraphica
I, Studies on Epigraphy, a cura
di G. Németh, P. Forsisek [Hungarian Polis Studies 6], Debrecen 2000, 131 ss. (a proposito di RIU
5, 1066), vd. AE 2000, 1222.
[341] AE 2001, 1692. Vd. la
dedica a Intercisa in Pannonia Inferiore [Genio]
templ(ensium) da parte di un
soldato della III coorte di Batavi, sacerd(os)
tem(pli) divi Marci effettuata il I maggio 211. AE 2009, 1087 (G. Alföldy).
[352]
Vd. A. Mastino, Natione Sardus, Unus color, una vox, una natio, in Archivio Storico Sardo L, 2015, 141-181.
[355] Apamea di Siria:
AE 2008, 1523; Anazarba in Cilicia AE
2006, 1553; Adana in Cilicia, AE 1991,
1555; Roma: CIL VI, 2746, 2758, 2673, 3156-7, 3184, 3214, 3300, 3289, 37224; AE 1954, 79 e 81; 1983, 48; Ravenna: CIL XI, 39; Nemausus, CIL XII, 3020;
Mogontiacum CIL XIII, 7247.
[361] Ravenna: CIL XI,
71; provincia incerta: AE 1988, 1138;
Napoli: AE 1892, 140; Prusia ad Hypium in Ponto-Bitinia AE 1954, 231.
[369] AE 2010, 1283, Aquincum,
un centurione originario nel II secolo da Lucus
Aug(usti), forse Lugo in Hispania
Citerior piů che Luc-en-Diois in Narbonense.
[370] K. Królczyk, Tituli
veteranorum. Veteraneninschriften aus den
Donauprovinzen des römisches Reiches (1.-3. Jh. n. Chr.) [Xenia
Posnaniensia, Monografie 6] Poznań 2005. AE 2005, 1140 e 2008, 967.
[371] Foreigners in the area of Celeia, in Classica et
Christiana 9, 1, 2014, 275-298 e Celeiens
attested across the Roman Empire, in Classica
et Christiana 10, 2015, 509-533, con specifici dossiers epigrafici.
[372] AE 2009, 1074. Per
Intercisa, N. Agócs ha studiato l’origine orientale di militari e civili, vd. AE 2013, 1268.
[374] AE 2005, 1218. Vd.
anche le due dediche a Giove per la salvezza di Settimio Severo nel 197 che
ricordano il prefetto dell’Ala I Thracum
veterana M. Gongius Paternus Nestorianus domo Sufibus ex Africa, nato a Sufes in Proconsolare (AE 2003, 1432). Vd. la revisione di I.
Piso di AE 2003, 1433 in 2013, 1256
(198-199).
[379] A. Mastino, T. Pinna, Negromanzia, divinazione, malefici nel
passaggio tra paganesimo e cristianesimo in Sardegna: gli strani amici del
preside Flavio Massimino, in Epigrafia
romana in Sardegna. Atti del I Convegno di studio, Sant’Antioco, 14-15 luglio
2007 [Incontri insulari I], a cura di F. Cenerini e P. Ruggeri, Roma 2008,
41 ss.
[380] Vd. giŕ AE 2010,
1357, soprattutto sulle origini geografiche dei rappresentanti dell’élite
municipale della Dacia.
[385] Vd. B. Sanna, R.
Zucca, I praetoria del cursus
publicus nelle province danubiane, in Roma
e le province danubiane, cit., 95 ss.
[391] AE 2003,
1529, vd. M. Mirković, Römer an der mittleren Donau. Römische
Strassen und Festungen von Singidunum bis Aquae, Belgrado 2003.
[393] Vd. i
diplomi di etŕ adrianea da Pfatter in Baviera AE 2005, 1149-1150 (B.
Steidl) o quello da Straubing in AE
2005, 1153, Straubing (H. Wolff).
Eppure la l(egio) III, la l(egio) X e la l(egio) XII (fulminata) sono menzionate alla fine dell’etŕ
repubblicana sui proiettili di fionda in piombo in Rezia (AE 2003, 1286 a-c; 2007, 1067-69; 2008, 987; 2009, 971 a-b (J. Rageth); 2011, 845 (J. Rageth, W. Zanier, S. Klein).
[394] AE 2003, 1290 (A. Kolb). Aquae Phoebianae e non Castra
Phoebiana, vd. AE 2009,
973, Faimingen in Rezia (H.U. Nuber, G.
Seitz).
[396] Per il culto di Mercurio Caisonius in Rezia, importato dalla Germania Superiore, vd. AE 2009, 972 (G. Zahlhaas). Con maggiore approfondimento, a proposito dei numerosi
aspetti del culto del Mercurio gallo-romano, vd. anche AE 2013, 1165 (A. Forster).
[397] CIL III, 5793, vd. G. Alföldy, in Humanitas. Beiträge
zur antiken Kulturgeschichte. Festschrift für Gunther Gottlieb zum 65. Geburtstag, a cura di P.
Parceló, V. Rosenberger, con la collaborazione di V. Dotterweich, Monaco di
Baviera 2001, 9 ss.; dubbi di AE
2001, 1560.
[400] AE 2012, 1062 a-b (S.F. Pfahl). Vd. Anche AE
2013, 1169 (K. Matijević),
Caracalla e Geta il I dicembre 2011.
[404] AE 2007, 1232 (C.C. Petolescu, A.-T. Popescu). Per un diploma
di Antonino Pio ottenuto tra il 145 e il 147 da un soldato di Mesia Inferiore,
vd. AE 2007, 1233.
[410] B. Lőrincz , Die römischen Hilfstruppen in Pannonia
während der Prinzipatszeit, I, Die Inschriften [Wiener Archäologische
Studien 3], Vienna 2001. Un ulteriore catalogo dello stesso autore riguarda l’instrumentum.
[412] Ad es. AE 2013,
1206, Odra, presso Zagabria in Pannonia Superiore (A. Rendić-Miočević): ve[te](aranus) emeritus coh(ortis) I[I] Va[r(cianorum)].
[413] Ad es. un c(ustos)
a(rmorum) leg(ionis) s(upra) s(criptae)
nel II secolo, in AE 2016, 1294 ad
Aquincum.
[415] Alcuni soldati erano originari dell’area, come il signifer domo Mur(sa) nell’etŕ di
Elagabalo AE 2008, 1139.
[416] Il titolo compare anche nele alae, ad esempio a Napoca in Dacia, AE 2013, 1293 (I. Piso, T.
Tecar).
[424]
Ad es. AE 2002, 1168-72 (Vindobona); AE 2002, 1150-56; 1159-60; 1161
(Carnuntum), ecc. Vd. AE 2011, 949
(S. Ferjančić). Per l’origo dei suoi soldati, prevalentemente
dalle Pannonie ma non solo, vd. AE
2013, 1202, vd. I. Acrudoae, The prosopography of the militaries from
Pannonia in Legio XV Apollinaris, in Classica
et Christiana 8, 2, 2013, 377-393.
[425] M. Mosser, Die Steindenkmaeler der legio XV Apollinaris,
Vienna 2003. M. Mosser et alii, Die römischen Kasernen in Legionslager Vindobona.
Die Ausgrabungen am Judenplatz in Wien in den Jahren 1995-1998 [Monografien
der Stadtarchäologie Wien 5], Vienna 2010.
[429] Per un
veterano della legio IIII F(lavia)
F(elix) originario di Vienna in Narbonense alla fine del I secolo d.C., vd.
AE 2013, 1214 (Z. Mráv); la legione č ben documentata
in Dacia, vd. AE 2013,
1274 (G. Cupcea).
[431] K. Dietz,
in Zwischen Rom und dem Barbaricum.
Festschrift für Titus Kolnik zum 70. Geburtstag, a
cura di K. Kuzmova, K. Pieta, J.
Rajtar [Archaeologica Slovaca, 5, Communicationes], Nitra 2002, 79 ss.
[433] AE 2013, 1234 (P. Kovács- S. Petényi) e 1233 (P.
Kovács). Della stessa legione conosciamo sempre in Pannonia Superioree a
Győr-Ménfőcsanak, una dedica a Giove effettuata da un b(ene)f(iciarius) co(n)s(ularis), AE 2013, 1235 (Á. Szabó).
[434] B. Lőrincz, Die römischen Hilfstruppen in Pannonien
während der Prinzipatszeit, I, Die
Inschriften, Vienna 2001; vd. Id., in AE 2005,
1200 (con numerose novitŕ).
[446] A. Ştefan, in
Romanité et cité chrétienne. Permanences
et mutations, intégration et exclusion du Ier au VIe sičcle. Mélanges en
l’honneur d’Yvette Duval, Paris 2000, 33 ss.
[449] B. Pferdehirt, Römische Militärdiplome und
Entlassungsurkunden in der Sammlung des Römisch-Germanischen Zentralmuseums,
Mayence 2004, 126 ss.; AE 2002, 1237;
vd. 2003, 1534.
[451] F. Matei-Popescu, The Roman Army in Moesia Inferior [CRMS,
7], Bucarest 2010, vd. AE 2010,
1404-05 (L. Mihăilescu-Bîrliba).
Vd. giŕ AE 2002, 1239 (F. Matei-Popescu). Vd. ora AE 2012, 1249 (N. Ferri).
[457] Mobilität und Politik der Rekrutierung in der römischen
Armee. Der Fall der Soldaten und der Veteranen der Legio I Italica, in Classica et
Christiana 8, 2, 2013, 527-533.
[458] Diversamente K.
Strobel, Les legions de Rome sous
le Haut-Empire, a cura di Y. Le
Bohec, Lione 2000.
[460] AE 2009, 1197. Vd. anche
AE 2002, 1247 e 2008, 1189 (D. Dragoev). Sul reclutamento
all’esterno della provincia: AE 2013,
1328 (L. Mihăilescu-Bîrliba).
Sui primipilares di fine IV sec.
d.C., vd. AE 2013, 1335 (A. Łajtar).
[465]
R. Ota,
De la canabele legiunii a XIII-a Gemina
la municipium Septimium Apulense, Alba Iulia 2012; I. Oprea, Noi tipuri de ştampile tegulare descoperite în principia castrului
legiunii a XIII-a Gemina de la Apulum, in Classica et Christiana 9, 2, 2014, 485-495; Id., Publius Aelius
Ter(entius, -entianus). O nouă inscripţie tegulară a antreprenorului
civil apulens, in Classica et
Christiana, 9, 1, 2014, 195-200 (IDR III/6, 247, 296-302).
[466] M. Bărbulescu,
Inscriptions from the legionary camp at
Potaissa, Bucarest 2014. Vd. giŕ in rumeno in AE 2012, 1202-1236.
[468] AE 2013, 1280, vd. AE 2011, 1070 (I. Piso, contro N.
Gudea); vd. ora AE 2013, 1291,
una dedica a Iupiter Conservator da
Napoca in Dacia (I. Piso).
[476] Ad es. AE 2001, 1568, Neustadt. Vd. anche il
diploma di Viminacium che ricorderebbe a spedizione in Mauretania Cesariense di
alcuni reparti della Mesia Inferiore, AE
2006, 1184 (P. Holder).
[477] AE 2009, 1051. Vd.
2013, 1240 (F. Beutler, G. Kremer),
Carnuntum e F. Beutller, in Acta Carnuntina 5, 2, 2015, 42 ss.: due
defunti della gens Aemilia do(mo) Iud(a)ei, alla fine del I sec.
d.C.
[478] D.R. Schwartz, Judeans
and Jews. Four Faces of Dichotomy in Ancient Jewish History, Toronto 2014.
[497] S. Perea Yébenez, in Aquila legionis, 2, 2002, 93-99 (vd. AE 1999, 1333; 2001, 1735; 2002, 1246).
[498] Cl. Zaccaria, Dall’’Aquileiense portorium’ al ‘publicum
portorii Illyrici’: revisione e aggiornamento della documentazione epigrafica,
in Roma e le province del Danubio,
cit., 53 ss.
[508] S. Dušanić,
in Kaiser, Heer und Gesellschaft in der
römischen Kaiserzeit. Gedenkschrift für Eric
Birley, a cura di G. Alföldy, B. Dobson, W. Eck, Stuttgart 2000, 343 ss.
[513] AE 2013, 1313: il servo
imperiale sembra essere un procurator
publici portorii e non un procurator
aurariiarum.
[517] L. Zerbini, Le miniere
d'oro della Dacia: appunti sulla loro cronologia, in Apulum 47, 1, 2010, 241-247.
[523] CIL III 1549 = IDR III,1 145 (Tibiscum), Per
Porolissum, vd. ora: AE 2008, 1157 (D. Benea) e 2013, 1281, etŕ di Commodo
(I. Piso).
[524] AE 2005, 1296. Il salariarius di Apulum in Dacia non ha
nulla a che fare con le saline, ma si tratta di un militare congedato che
riceve il salarium: AE 2012, 1239-40 (D. Benea) = 2013, 1310.
[525] AE 2001, 1604 (R. Zotović), Prijepolje e Plevlja
in Serbia; AE 2013, 1235-36,
Győr-Ménfőcsanak in Pannonia Superiore (Á. Szabó).
[530] AE 2004, 1067 (M. Hainzmann); anche in Dacia: AE 2003, 1467 (I. Nemeti, S. Nemeti). Ad un dio locale del Danubio attestato
anche in Africa pensa ora A. Hilali,
Hommes et dieux du Danube dans la légion
IIIe Augusta. Le culte de Iupiter Depulsor, in Roma e le province Danubiane, cit., 461 ss. Il dio č attestato
anche a Savaria in Pannonia Superiore, vd. AE
2011, 963 e 964 (E. Tóth).
[531] AE 2013, 1249,
Vindobona (M. Mosser): si
tratterebbe di una divinitŕ introdotta nel Norico e nella Pannonia dalla
Gallia, ma vd. le perplessitŕ di E. W(eber), che pensa ad un epitafio di un Bussumar(i)us di origine celtica.
[533] AE 2008, 1166 (K. Karadimitrova). Vd. a Gorsium in
Pannonia Inferiore la dedica [I.O.M.
Fu]lgeral[i], AE 2009, 1089 (G.
Alföldy).
[534] The Bibliography of Roman Religion in Dacia, Cluj-Napoca, 2014. Vd. Anche S. Nemeti, Dialoguri
păgâne. Formule votive şi limbaj figurat în Dacia romană,
Iaşi 2012.
[536] AE 2011,
953 (E. Tóth). Per analoghe
dediche africane, M. Khanoussi, A.
Mastino, Nouvelles découvertes
archéologiques et épigraphiques ŕ Uchi Maius (Henchir ed-Douâmis, Tunisie), in RAI, 2000, 1312 ss.
[537] Vd. anche AE
2012, 1142 (G. Kremer) e la
dedica AE 2009, 1084 Rácalmás in
Pannonia Inferiore: I.O.M. Cul(minali) et
G[e]nio h(uius) loci (A. Buza, T.
Keszi). Vd. ora le puntuali osservazzioni di M. Hainzmann, che non pensa ad una divinitŕ del panteon
celtico preromano (AE 2013, 1164).
[539] I. Piso, Das Heiligtum des Jupiter Optimus Maximus auf
dem Pfaffenberg/Carnuntum. I. Die Inschriften, a cura di W. Jobst, Vienna 2003. AE 2003, 1381-1400.
[549] M.L. Dészpa, Peripherie-Denken. Transformation und Adaptation
des Gottes Silvanus in den Donauprovinzen (1.-4. Jahrhundert n. Chr.),
Stuttgart 2012. Per i 160 documenti del culto di Silvano in
Dalmazia, vd. AE 2012, 1087 (D. Džino). Vd. anche AE 2007, 1090 (A. Rendić-Miočević).
[570] Ad es. AE 2013,
1336 b, Novae in Mesia Inferiore ([Cons]ervator
Augg(ustoum) et [Cae]ss(arum nn(ostrorum) dopo il 293 d.C.: dedica
effettuata da un primipilarius [ex
p]rov(incia Foenice (T. Sarnowski).
[599] E. Hudeczek, Die Römersteinsammlung des Landesmuseums
Joanneum, Graz 2004; S. Groh - H.
Sedlmayer (Hrsg.), Forschungen im
römischen Heiligtum am Burgstall bei St. Margarethen im Lavanttal (Noricum),
Wien 2011.
[600] R. Wedenig,
in Instrumenta inscripta III, Manufatti iscritti e vita dei santuari in
etŕ romana, a cura di G. Baratta, S.M. Marengo, Macerata 2012, 289 ss.
[602] H. Dolenz, in Virunum: Das römische Amphitheater. Die
Grabungen 1998-2001, a cura di R. Jernej,
C. Gugl, Klagenfurt 2004, 269 ss. Vd. anche AE 2006, 963 (M. Hainzmann). Un altro incendio sotto Settimio Severo
durante la legazione di P. Catius Sabinus
in Norico č ricordato a Iuvavum in AE 2013,
1179 (Z. Mráv).
[617] Nel 292 sotto Diocleziano e Massimiano ad Aquincum una schola in ruin[a collapsa] fu reintegrata, come sede del collegium funeraticium che comprendeva
anche tombe femminili a cura di Lic(inius)
Gaudentius Papi[as] devoto di Diana originario della colonia apula di
Lypiae (oggi Lecce): AE 2008, 1150 =
2009, 1165 (P. Kovács, M. Németh).
Una nuova dedica da Rattenberg in Stiria (Norico) č in AE 2013, 1177 (E.
Steigberger). Per il culto di Diana e di Diana Nemorensis in Dalmazia e
un riferimento all’altare sull’Aventino, vd. AE 2013, 1186 (K.A. Giunio).
[618] Vd. ad esempio AE
2013, 1208 e 1209 a, Aquae Iasae
presso Poetovio in Pannonia Superiore (L.
Lučić).
[619] AE 2012, 1111 (S. Loma). Una dedica D(eo) M(ithrae) č ora segnalata in
Carinzia a St. Kathrein da R. Wedenig
(AE 2013, 1173, P. Gleirscher).
[620] I. Tóth, Mithras Pannonicus [Specimina nova
Universitatis Quinqueeclessiensis, prima pars, 17], Budapest-Pécs 2004.
[624]
Dalla Dardania del Kosovo (regione di Peć) proviene la dedica Magno numini et conservatori Serapi per
un ex voto; Serapide č attestato a Suvi Lukavac come conservator, a Dresnik con l’attributo invictus, AE 2011, 1115 (N. Ferri).
[628] Ma vd. la piů antica attestazione in RICIS 519/0302 del 35 d.C., Turris
Libisonis in Sardegna.
[630] AE 2008, 1082 (G.
Gabrieli). Dal municipio flavio di Scarbantia conosciamo anche alcune
dediche di statue di divinitŕ dal Capitolium, AE 2013, 1210 (Á. Szabó); vd.
anche 1211 per il [cha]lcid[icum].
Per la condizione di municipio flavio, vd. anche 1218 (A. Mráv).
[637] J.R. Carbó García, Los cultos orientales en la Dacia romana.
Formas de difusión, integración y control social e ideológico [Colección
Vitor 265], Salamanca 2010.
[639]
AE 2009, 1085. Vd. ora l’articolo di E. Badaracco, Il culto del Deus Sol Elagabalus presso il castellum di Intercisa: la devozione degli
ausiliari della cohors Hemesenorum,
in Culti e religiositŕ nelle province
danubiane, cit., 235 ss., con l’ipotesi di un “ponte” culturale con Calceus Herculis in Numidia.
[641] RIU V 1139. La coorte
degli Hemeseni compare ad esempio con Commodo (AE 2010, 1274) e poi, nel 216 (AE
2010, 1273), con la titolatura di Caracalla gravemente lacunosa e alcune
inesattezze di edizione anche nel nome del reparto.
[655] AE 2006, 1125. Vd.
anche AE 2001, 1707, Porolissum;
2004, 1222, Drobeta (C.C. Petolescu);
2012, 1196-97 (I. Boda).
[661] AE 2008, 989 (F. Speckhardt). Ad Aquincum in
Pannonia inferiore ci rimane una dedica Iovi
Gran(no) Apollini, effettuata da un optio
della legio II Adiutrix nel 190
d.C. (AE 2009, 1108).
[663]
L’Augusteum di Narona, in Atti della giornata di studi, Roma, 31
maggio 2013, a cura di G. Zecchini [Centro ricerche e documentazione
sull’antichitŕ classica, Monografie 17], Roma 2015, in particolare l’articolo
di M. Mayer, La epigrafia y el Augusteum
de Narona, 19 ss. Vd. giŕ M. Mayer in AE 2004, 1097. Vd. ora Auguste, son époque et l’Augusteum de Narona. Actes du colloque organisé par l’Académie des Inscriptions
et Belles-Lettres et l’Université catholique de Croatie (Zagreb), a cura di P. Gros, E. Marin, M. Zink, Paris 2015.
[674] Sul culto
imperiale in Pannonia Inferiore, a Vinkovci, Cibalae: AE 2004, 1137
a-b (L. Leleković); a
Sopron, AE 2009, 1046 = 2010, 1242 (Á. Szabó): una dedica [Divo] Commodo del 195 d.C., da
rettificare.
[679] AE 2010, 1277, vd. A. Mastino,
L'erasione del nome di Geta dalle iscrizioni nel quadro della propaganda politica
alla corte di Caracalla, in Annali
della Facoltŕ di Lettere e Filosofia, Univ. Cagliari, II = XXXIX, 1978-79
(1981), 47-81.
[681] AE 2007, 1213. Per
Oescus in Mesia Inferiore, sede del concilio provinciale fino al termine del II
secolo, AE 2007, 1220.
[682] AE 2009, 1196. Vd. giŕ
AE 2007, 1219. Da utimo ancora V. Bottez, Implementing Roman rule in Greek cities on the western
Black Sea coast. The role of the imperial cult, in Classica et
Christiana 10, 2015, 51-66.
[685]
AE 2008, 1159 (L. Mihailescu-Bîrliba). Vd. anche S. Nemeti, Vota pro salute imperatoris in Dacia, in Classica et
Christiana 10, 2015, 251-262.
[686] G.P. Marchi, Iscrizioni di Transilvania postillate da
Scipione Maffei nel codice CCLXVII della Biblioteca Capitolare di Verona,
in Roma e le province del Danubio,
cit., 343 ss.; A: Buonopane, Giuseppe Ariosti e le iscrizioni di
Transilvania. Alcune considerazioni in margine al codice CCLXVII della
Biblioteca Capitolare di Verona, ibid., 349 ss.