Le discipline civilistiche e processuali
civilistiche nella storia della Facoltà di
Giurisprudenza dell'Università di Sassari [1]
A proposito del recente libro di
Antonello Mattone sulla Facoltà giuridica sassarese[2]
ANTONIO
SERRA
già
Professore ordinario di Diritto commerciale
e
Preside della Facoltà di Giurisprudenza
nell’Università
di Sassari
SOMMARIO: 1. Brevi considerazioni
introduttive. – 2. Le discipline civilistiche e processuali
civilistiche agli inizi del Novecento. – 3. segue: diritto civile, diritto commerciale,
diritto processuale civile alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso. – 4. Antonio
Segni professore e giurista. – 5. Lorenzo
Mossa tra diritto cambiario e diritto dell’impresa. – 6. Una
riflessione conclusiva. – 7. Nota bibliografica.
La storia della
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sassari
appare, sin dalle sue origini, quale storia di una facoltà
«dimensionata sui bisogni di una utenza esclusivamente locale» e
«segnata dall’insularità», anche se la Facoltà
(ancor più che l’Ateneo) ha sempre avuto un ruolo nella vita
sociale e culturale della città (vera e propria “fucina”
– come ricorda A. Mattone – delle classi dirigenti locali, in particolare
almeno sino alla prima metà del novecento).
La storia della
facoltà riflette altresì i momenti di precarietà e di
incertezza sulla stessa ragion d’essere dell’istituzione, che hanno
riguardato l’Ateneo nella sua interezza, perché periodicamente si
è rinnovato il dibattito in ordine alla sua soppressione a vantaggio di
un’unica università sarda.
La narrazione di A.
Mattone si dispiega «nell’arco di tempo che va dalla Carta reale
del 18 ottobre 1632 (…) sino alla metà del Novecento» per
concludersi più precisamente con l’anno 1960, data dopo la quale
inizia un fecondo periodo di crescita della Facoltà, che ha visto in un
breve arco di tempo un radicale rinnovamento e ampliamento del corpo docente in
buona parte dovuto alla nascita del corso di laurea in scienze politiche, a sua
volta all’origine delle facoltà, successivamente istituite, di
Economia e appunto, di Scienze politiche. A tale crescita ha corrisposto un
notevole (anche più che fisiologico) incremento dell’attività
di ricerca, tradottosi nella costituzione e nella partecipazione – da
parte (dei docenti) della Facoltà – a gruppi e dottorati di
ricerca ormai inseriti in ambito nazionale e sovranazionale.
Il mio intervento
sarà, comunque, rispettoso della periodizzazione scelta da A. Mattone e,
nell’ambito della stessa, diretto a dare conto – seppure con
estrema approssimazione – dal processo di consolidamento delle discipline
riguardanti il settore civilistico in senso ampio con un’ulteriore
avvertenza. Non è questa la sede per (ri)disegnare il quadro degli
accadimenti relativi all’insegnamento delle discipline civilistiche
nell’arco di tempo considerato; si tratterebbe, infatti, di impresa
– più che ardua – velleitaria e insufficientemente
ripetitiva a fronte dell’esaustiva opera di A. Mattone. Piuttosto,
proprio sulla scorta dei dati raccolti ed esposti in questa sua storia, si
cercherà di far emergere (analogamente a quanto gli altri relatori hanno
fatto o faranno per i rispettivi settori disciplinari) come una piccola
comunità di studiosi sia stata capace di offrire – a dispetto
delle sui dimensioni e della sue insularità – contributi originali
(e duraturi) per lo sviluppo delle scienze giuridiche anche nel settore
disciplinare qui considerato.
Nella prospettiva ora
tracciata mi sono permesso, pertanto, di procedere ad alcune semplificazioni
circa «i tempi e le materie della storia», spero non troppo
arbitrarie.
In termini di
periodizzazione, le riflessioni qui esposte muovono dall’anno 1902,
“anno di svolta” per l’Ateneo Turritano e la sua
Facoltà giuridica, perché si tratta dell’anno del
“pareggiamento” dell’Ateneo con le altre università italiane
e della conseguente abolizione della distinzione fra sedi universitarie di
prima e di seconda categoria. Agli effetti del pareggiamento (grazie al quale
– giova ricordare – veniva sancita l’equiparazione
“stipendiale” per i docenti dell’Ateneo Sassarese rispetto ai
docenti delle sedi universitarie della penisola) sono, infatti, riconducibili
un apprezzabile ricambio nel corpo accademico e «la relativa fine del
localismo», per il fatto che Sassari diviene, altrettanto relativamente,
sede ambita in «campo concorsuale»
con i conseguenti pregi e difetti di «università di passaggio».
Per quanto riguarda le
materie civilistiche e processuali civilistiche, l’attenzione è
stata rivolta essenzialmente, per il settore delle discipline civilistiche, al
diritto civile e al diritto commerciale e, per il settore processualistico, alla
procedura civile in considerazione della marginalità delle altre discipline cosiddette complementari, il
cui insegnamento era di solito assegnato
ai titolari delle discipline
fondamentarli e svolto a meri fini didattici.
In questo contesto, e
ritornando agli effetti del pareggiamento, si assiste a un ricambio
all’interno del corpo docente che, in un primo periodo (identificabile,
sostanzialmente, con il passaggio dal primo dopoguerra al
“totalitarismo”, secondo la terminologia di A. Mattone), risulta
caratterizzato – per le materie qui considerate –
dall’avvicendarsi nell’insegnamento, per incarico o per
chiamata, di una pluralità
di docenti, molti dei quali destinati a lasciare, con le loro opere, una
traccia indelebile nella cultura giuridica
nazionale. Esemplare, in questo senso, il caso del diritto commerciale,
il cui insegnamento venne coperto nell’arco da poco più di un
ventennio, tra gli altri, da studiosi della materia quali Navarrini, Arcangeli,
De Gregorio, Valeri e Mossa.
E’ non
l’inizio degli anni trenta, che si apre un secondo periodo
all’insegna della “stabilizzazione” nella titolarità
degli insegnamenti, nel senso che il corpo docente della facoltà si
consolida a seguito della chiamata di alcuni docenti, la cui permanenza negli
anni successivi si rivela condizione di crescita culturale e di prestigio
scientifico per la Facoltà.
Concreto impulso al
perseguimento di tale obiettivo viene proprio dalla materia del diritto
commerciale, perché nell’agosto del 1930 il decano della Facoltà (Flaminio
Mancaleoni) – al fine di cogliere «l’opportunità di
adeguare il numero dei professori di ruolo alle necessità di funzionamento»
della facoltà e di coprire le cattedre vacanti con autorevoli titolari
– proponeva la chiamata di Antonio Segni, al tempo titolare di Procedura
Civile presso l’Università di Pavia, per coprire la cattedra di
diritto commerciale.
La chiamata di A. Segni,
motivata «sull’affinità della materia attualmente professata
dal prof. Segni specialmente nel campo fallimentare e la sua vasta competenza
in tutte le dottrine di diritto sostanziale e formale», era destinata a
produrre – al di là, si può ritenere, delle intenzioni
degli interessati – effetti positivi in una duplice direzione. Con essa,
infatti, non soltanto fu garantita la continuità dell’insegnamento
del diritto commerciale sino agli inizi degli anni cinquanta (per l’esattezza
sino al 1953, anno del trasferimento di A. Segni all’Università di
Roma), ma si contribuì decisamente anche alla stabilizzazione
dell’insegnamento del diritto processuale.
Al tempo, infatti,
l’insegnamento della procedura civile era affidato ad E. T. Liebman, al
quale subentrò nel 1932, anno del conseguimento della libera docenza, Sergio Costa,
giovane allievo dello stesso Segni e anche lui formatosi nella scuola del
comune maestro Chiovenda.
Da quell’anno in
poi non solo l’insegnamento, quanto e soprattutto l’attività
di ricerca e di elaborazione scientifica della materia, furono appannaggio del
maestro e dell’allievo, fino al momento in cui la successione di Costa fu
piena ed assoluta a seguito del passaggio di Segni all’Università
di Roma.
Evoluzione parzialmente
diversa ha segnato la stabilizzazione dell’insegnamento del diritto
civile, che si realizza compiutamente soltanto alla fine della seconda guerra
mondiale. Comunque già al termine degli anni trenta e nel periodo
successivo, fino alla attribuzione nell’anno accademico 1945-1946
dell’incarico al prof. Salvatore Piras, l’insegnamento delle
materie civilistiche aveva avuto una sua continuità di indirizzo,
riconducibile all’insegnamento del prof. Lino Salis, pur titolare a
Cagliari della cattedra di diritto civile.
Dall’anno
dell’incarico sino alla cessazione dal servizio, il prof. Piras ha
conservato la titolarità dell’insegnamento del diritto civile e,
dall’a.a. 1949-1950 anche dell’insegnamento di istituzioni di
diritto privato, nel segno di una continuità che ha reso il docente
protagonista non solo nella vita
della Facoltà, ma anche nella vita politica e culturale della
città visto il suo impegno di eletto nei consigli degli enti pubblici
territoriali (comune e provincia).
Il
“pareggiamento” – come sottolinea Mattone – pur avendo
decisivamente contribuito ad inserire l’Ateneo e la sua Facoltà
giuridica nel circuito nazionale, non ha inciso, almeno in termini avvertibili,
sulla sua dimensione di “piccola” università.
L’Università e la Facoltà hanno finito così per
costituire e per essere ricordate – non diversamente da quanto
verificatosi per tante altre “piccole università” –
precipuamente quali tappe del percorso accademico di giovani promettenti
studiosi, poi chiamati a coprire le
cattedre dei più prestigiosi atenei del paese.
Lo status di piccolezza, peraltro, non ha impedito che la
Facoltà giuridica sia stata anche la sede in cui hanno operato e sono
maturati studiosi, i cui contributi scientifici hanno significativamente concorso
allo sviluppo della ricerca lasciando un’eredità di idee e di
stimoli culturali destinati a durare nel tempo.
Nell’ambito delle
materie civilistiche (come prima circoscritte), fra gli studiosi che hanno portato
maggiore lustro all’Ateneo e alla Facoltà non possono non essere
ricordati, per il diritto processuale civile, Antonio Segni e, per il diritto
commerciale, Lorenzo Mossa.
Antonio Segni è
stato processualista di chiara fama nazionale anche se – come ebbe a
scrivere T. Carnacini commemorando A. Segni “giurista” – i
suoi meriti di “uomo di studio” furono spesso offuscati dal
“clamore della politica”, alla quale lo studioso si era dedicato
“quasi costretto dalla sua fede e dalle sue più intime
convinzioni”.
Allievo di Chiovenda e
vincitore del concorso a cattedra di diritto processuale nel 1925, Antonio
Segni – come ricordato – arriva all’Ateneo di Sassari nel
1930, già professore ordinario, chiamato a coprire la cattedra di
diritto commerciale. Si tratta di un vero e proprio ritorno all’Ateneo e alla
Facoltà in cui lo studioso
aveva iniziato gli studi di giurisprudenza, ateneo e facoltà cui
egli fu sempre legato e nei quali ebbe a rivestire le cariche rappresentative
più alte (preside della Facoltà negli anni 1931-1933; commissario
straordinario nel 1943; rettore dal 1945 al 1948 e riconfermato nella carica,
lasciata nell’anno 1951 in quanto nominato ministro della pubblica
istruzione).
E’, oggi, giudizio
condiviso che la vocazione di Segni fosse per uno studio del diritto
processuale non tanto rivolto alla soluzione delle questioni di mera tecnica
giuridica, quanto e soprattutto alla funzione del processo «quale massima
garanzia di giustizia sostanziale»(Carnacini).
Questa vocazione
è del resto già presente fin nei primi suoi studi in materia di intervento
(intervento adesivo e intervento in causa, ma soprattutto il primo di essi),
che avevano messo in luce il metodo di indagine, caratterizzato da
capacità di approfondimento dell’istituto sia nella sua
ricostruzione storica alla luce delle fonti risalenti al diritto romano sia
attraverso la conoscenza critica della dottrina contemporanea, soprattutto
tedesca.
Attenzione e impegno
Segni dedicò anche al procedimento
monitorio nonché all’esecuzione e al fallimento. In
particolare gli studi sul fallimento – giudicati da Satta «un
modello di indagine scientifica» – anche se spesso elaborati nella
forma della nota a sentenza, denotano una notevole sensibilità per i
problemi di diritto sostanziale, ancorchè filtrati nell’ottica del
processualista. Particolarmente significativi sono – in questa
prospettiva – gli studi sulla sentenza dichiarativa di fallimento,
concepita come provvedimento esecutivo che fissa le condizioni
dell’esecuzione collettiva che, proprio per essere tale, « ha da
essere diversa dalla somma delle azioni esecutive individuali» (Segni,
Scritti giuridici, II, 1139). Provvedimento, al quale si deve attribuire natura
giurisdizionale (e non amministrativa) perché – estendendo al procedimento fallimentare i principi
generali del processo – «il giudice opera, attuando la legge, su
rapporti giuridici, dai quali
sorgono diritti di una parte verso
l’altra diversa dal giudice stesso». Pertanto, «non
può negarsi che anche il procedimento fallimentare abbia come suo scopo
finale la soddisfazione di diritti di credito insoddisfatti, mediante la
surrogazione dell’attività di organi giurisdizionali a quella
dell’obbligato e dell’avente diritto, così come ogni altro
procedimento esecutivo del c.p.c.» (ivi, 1143).
Al di là
peraltro, dalla rilevanza scientifica dei singoli contributi, si deve
condividere il giudizio positivo di chi ha sottolineato il ruolo rilevante che
assume, nella produzione scientifica di Segni, il tema del processo, riguardato
nell’ottica della riforma del codice di procedura e nella sua difesa dopo
la caduta del regime fascista.
Nel campo del processo
Segni fu altresì fedele interprete della “posizione” assunta
dal suo maestro Chiovenda nei confronti della riforma del codice di procedura
del 1865, imperniata sulla radicale trasformazione del processo civile da
essenzialmente scritto a processo orale «con tutti i benefici»
inerenti la concentrazione delle attività processuali in una o poche udienze ravvicinate,
l’immediatezza dei rapporti tra il giudice e le parti e con le prove al
fine di far si che «il giudice, come organo dello stato» non debba
«assistere passivamente alla lite», ma parteciparvi come
«forza viva e attiva».
Come sinteticamente, ma
con documentata puntualità afferma S. Satta, «Segni è uno
studioso del processo», e tale propensione scientifica trova conferma
negli scritti da lui dedicati alla riforma del processo che porta alla
promulgazione del codice di procedura entrato in vigore nel 1942. In tale
occasione l’attenzione, scientifica e anche politica di Segni per lo studio
del processo, si presenta – se così può dirsi –acuita
da un lato per quanto riguarda l’asserita infiltrazione di
«principi politici del fascismo» nel nuovo codice (infiltrazione
ritenuta sostanzialmente irrilevante e comunque tradotta in mere strutture
formali, facili da eliminare) e, dall’altro, nella difesa
dell’ordinamento ispirato alla dottrina di Chiovenda.
Personalità
completamente diversa da Segni è Lorenzo Mossa, che irrompe –
è il caso di dire – nella letteratura giuridica del suo tempo con
novità di idee e appassionato vigore espositivo.
Mossa appare, innanzi
tutto, convinto assertore della propulsione del diritto commerciale sul diritto
civile e, quindi, della possibilità di arricchire il corpus juris dato di figure e di regole
ispirate alla natura delle cose al fine di alimentare dalla realtà la
regolamentazione dei rapporti commerciali nella vita economica. Lo studioso si
professa, infatti, fedele ad una concezione, dai più condivisa,
dell’autonomia del diritto commerciale imperniata – al di là
delle posizioni dei singoli – sulla teoria delle fonti; sul metodo di
ricerca; sulla natura di diritto speciale ma non eccezionale del diritto
commerciale rispetto al diritto civile.
Da questo punto di vista
lo studio del diritto commerciale., è congeniale perché «il
diritto commerciale ha bisogno di conoscere a fondo una realtà socio
economica in cui esistono asimmetrie e diseguaglianze e di elaborare costruzioni
giuridiche che tengono conto della disparità di interessi e di poteri
cui si accompagna – tendenzialmente – un impegno sociale
riformistico».
La pratica di tale
metodo ha consentito di attribuire al diritto commerciale di volta in volta il
titolo di “pioniere” e di «vero bersagliere del diritto
privato» (Grossi)
Due temi risultano
fondamentali nell’esperienza scientifica di Mossa: i titoli di credito e
l’impresa intesa quale «persona economica che si proietta nel campo
giuridico per la sua attività e le sue esigenze collegate fortemente con
le esigenze della società» e quindi l’impresa come struttura
comunitaria non più
«proiezione del soggetto proprietario ma unità di capitale, lavoro
e proprietà intellettuale».
Il primo grande tema di
ricerca di Mossa è costituito dai titoli di credito.
Si dice che gli studi
sui titoli di credito siano stati ispirati dai personaggi le cui opere e
vicissitudini L. Mossa ricorda e illustra nel saggio , in onore di Flaminio
Mancaleoni, intitolato Giuristi di
Sardegna. Secondo la versione di A. Piras, ripercorrendo la storia di
questi personaggi, custodi e interpreti di quello spirito universale di
libertà e giustizia tramandato in Sardegna di generazione in
generazione, Mossa spiega a se stesso e agli “altri” il
perché della sua vocazione per il diritto commerciale e, in particolare,
per il diritto cambiario. Riferendosi a Esperson, autore di un trattato di
diritto internazionale cambiario (1870), Mossa lo definisce «guida al
diritto cambiario uniforme dei nostri giorni» per riaffermare
«quella vocazione del diritto cambiario, che Sassari sente fino dai tempi
di Azuni».
Questa vocazione,
già presente in Mossa negli anni venti (le due monografie del diritto
cambiario dello cheque risalgono agli anni
1919-21), ritorna “impetuosa” nel 1930 con la “dichiarazione
cambiaria” e si chiede con le due opere “monumentali” (1936 e
1939) sulla cambiale e lo cheque secondo la nuova legge
La teoria cambiaria di
Mossa si riassume in tre concetti fondamentali: apparenza nel senso che il
sottoscrittore del titolo “crea l’apparenza di un valore”;
dichiarazione alla pluralità nei cui confronti il creatore del titolo
assume l’obbligo di corrispondere il valore del titolo; la
responsabilità per il pagamento in forza dell’affidamento creato
(con chiaro riferimento ad Einert e alla teoria della carta moneta); per Mossa,
infatti, i titoli cambiari e in particolare lo cheque sono un delicato congegno
di obbligazioni e autorizzazioni che salda mirabilmente l’energia del
traffico e la libertà della vita giuridica.
L’altro tema, in
cui Mossa trasfonde anche i suoi ideali civili e la sua aspirazione per una
società migliore, si identifica nell’impresa.
Il diritto commerciale
è per Mossa diritto dell’impresa e dell’economia, nel segno
di «una convivenza armoniosa di capitale e di lavoro» per essere
l’impresa un fatto sociale e solidaristico, regolato dal diritto come
«organizzazione funzionante secondo criteri di economicità»,
ma economicità consapevole (o partecipe, potrebbe dirsi) del sociale. In
questa concezione sono stati ravvisati in
nuce i connotati dell’impresa moderna (o contemporanea) che –
con il linguaggio di oggi – corrispondono al profilo della
responsabilità sociale dell’impresa e alla partecipazione dei
lavoratori alla gestione dell’impresa.
Profili di estrema
attualità, quando si pensi all’attuale dibattito del rapporto fra
disciplina dell’impresa e la nozione di utilità sociale
dell’art. 41 Cost e a quello, non meno attuale, sulla cogestione,
anticipato da Mossa nell’avvertimento che «il diritto operaio alla
partecipazione alla gestione dell’impresa non è che la conseguenza
ineluttabile dell’esistenza giuridica dell’impresa».
Questa impostazione
spiega altresì perché Mossa, “socialista utopista”,
abbia dato un parere positivo sulla Carta del lavoro e si sia invece schierato
per l’abrogazione del codice civile del 1942 in nome di una esigenza di
“defascistizzazione” della disciplina dell’impresa e di
superamento del modello capitalistico di impresa disegnato in quel codice una
volta venuta meno la concezione corporativistica dell’ordinamento.
La sua passione per il
diritto dell’impresa e del lavoro sta nella sete di giustizia e nella
certezza che il diritto deve comporre i conflitti di interessi e delle classi
in modo da garantire a tutti l’etica della vita comune.
Si farebbe
altresì torto alla figura dello studioso se non si ricordasse il
costante impegno profuso da Mossa nelle iniziative destinate a dare via e
sostegno a quelli da lui ritenuti “strumenti idonei per la diffusione e
la circolazione” della produzione giuridica a livello sia locale sia
nazionale. A tale impegno si deve, nell’anno 1921, la ripresa delle
pubblicazioni di “Studi Sassaresi”
rivista destinata ad ospitare contributi degli studiosi non soltanto della
Facoltà Sassarese e, nella seconda metà degli anni quaranta, la
fondazione della Nuova rivista del diritto commerciale.
A questo punto è
però necessario sottolineare che la storia della facoltà di
giurisprudenza è stata e resta la storia dei suoi docenti, meno celebrati
di quelli qui ricordati ma non per ciò meno operosi e dotati, il cui
impegno scientifico e didattico ha garantito quattro secoli di diffusione della
scienza giuridica, ed è altresì e non meno storia dei suoi
studenti, giudici naturali della qualità dell’insegnamento e
ragione della sua esistenza.
Un merito precipuo della
fatica di A. Mattone, fra i molti ad essa ascrivibili, è avere saputo
ricostruire la storia della nostra Facoltà anche come storia di una
comunità di studiosi e di studenti inserita e partecipe, dalle sue
origini ad oggi, del dibattito culturale del proprio tempo, degli eventi
politici in cui si è svolta la sua quotidianità,
“fucina” delle classi dirigenti della citta e non soltanto di essa,
ma soprattutto indispensabile istituzione per la formazione professionale e la
crescita culturale di tante generazioni di giovani e della società
civile sarda, che ha sempre sentito la Facoltà giuridica parte di
sé.
I richiami seguenti si
riferiscono a parti dell’opera di A. MATTONE nonché al pensiero
degli autori, cui si è ritenuto di dover fare espresso rinvio per
consentire al lettore di avere una migliore informazione circa l’attività
e le opere dei giuristi qui considerati.
Con riguardo alla figura
di A. Segni e alle discipline processuali civilistiche, si rinvia, soprattutto,
al cap. V, n. 5 (La giovinezza accademica
di Antonio Segni); al cap. VII, n. 7 (“Antonio Segni fra diritto commerciale e procedura civile”);
cap. VIII, n. 5 (Il ruolo della
Facoltà nella riforma del codice di procedura civile); cap. IX, n. 2
(Sergio Costa e la procedura civile).
Sulla figura di A. Segni giurista si vedano anche T. CARNACINI, Antonio Segni giurista, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1983, 1;
S. SATTA, Presentazione, in Antonio
Segni, Scritti guridici, I, Torino,
1965.
Per il diritto civile,
ferma la completezza della prospettazione offerta da A. Mattone in ordine alla
“storia” di tale disciplina (per la cui conclusione si veda cap.
IX, n. 6, Il diritto civile) merita
di essere richiamate all’attenzione del lettore la ricostruzione del
percorso scientifico di due giovani studiosi, affermatosi successivamente fra i
più stimati della materia (cfr. cap. IV, n. 11; Diritto civile: due occasioni perse, Antonio Cicu e Giuseppe Messina).
Sulla figura di Lorenzo
Mossa e la sua influenza culturale nella comunità scientifica degli
studiosi del diritto commerciale, si rinvia in particolare al Cap. V, n. 3 (Un geniale commercialista sassarese, Lorenzo
Mossa) e al cap. VII, n. 5 (Lorenzo
Mossa a Pisa: l’impresa negli ordinamenti corporativi).
A proposito della
“vocazione” di Mossa per gli studi in materia cambiaria si veda A.
PIRAS, La vocazione cambiaria di Lorenzo
Mossa, in I titoli di credito, Atti
del convegno di studi organizzato dal Banco di Sardegna e dal CIDIS,
Sassari 1981, 19; i richiami, nel testo, alla concezione di Mossa
dell’impresa come “fatto sociale e solidaristico”, sono per
A. MAZZONI, L’impresa tra diritto
ed economia, in Riv. Società,
2008, 650 e P. GROSSI, Scienza Giuridica
Italiana, Un profilo storico 1860-1950, Milano 2000, 196.
[1] Relazione presentata al
convegno scientifico tenutosi il 4 maggio 2018 nell'Aula Magna
dell'Università degli studi di Sassari.
[2]
ANTONELLO MATTONE, Storia della
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sassari
(secoli XVI-XX), [Studi e ricerche sull’università –
Collana del Centro interuniversitario per la storia delle università
italiane, diretta da Gian Paolo Brizzi], Bologna, Società Editrice il
Mulino, 2016, pp. 1037. ISBN 978-88-15-26674-3.