Si pubblica, col consenso del
Curatore e dell’Editore,
l’articolo Potere
negativo del tribuno della plebe e diritto di sciopero: i limiti. Rileggendo Giuseppe Grosso
dopo 60 anni (57-61) degli Atti delle Segundas Jornadas
Ítalo-Latinoamericanas Defensores
Cívicos y Defensores del Pueblo. TRIBUNADO – PODER NEGATIVO Y DEFENSA DE LOS
DERECHOS HUMANOS. En homenaje al Profesor Giuseppe Grosso (Torino, 8-9 settembre 2016) – Con la Carta di Torino per una
nuova Difesa civica, a cura di ANDREA TRISCIUOGLIO, Milano,
Ledizioni LediPublishing, 2018, pp. 334. ISBN 9788867058228
Indice del volume
Università di
Torino
Presentazione del curatore
perché
a Torino lo spirito audace di iniziative si radica
in un tenace tradizionalismo, che dà a tutto
una impronta
di
serietà e di lavoro in profondità
Giuseppe Grosso, 1960*
Si raccolgono qui gli Atti delle Segundas Jornadas
Ítalo-Latinoamericanas de Defensores Cívicos y Defensores del Pueblo. Tribunado – Poder negativo y defensa de
los derechos humanos. En
homenaje al Profesor Giuseppe Grosso, Congresso internazionale tenutosi
a Torino i giorni 8 e 9 di settembre 2016, organizzato dal Dipartimento di
Giurisprudenza dell’Università di Torino, dall’Instituto
Latinoamericano del Ombudsman-Defensor del Pueblo (ILO), con sede in Buenos
Aires, dall’Unità di Ricerca ‘Giorgio La Pira’ del CNR
– Università di Roma ‘La Sapienza’, con il patrocinio
della Regione Piemonte[1].
Mi preme
innanzitutto rivolgere un particolare ringraziamento alle Autorità che
hanno voluto manifestare personalmente la loro vicinanza all’iniziativa
in occasione dell’apertura dei lavori: il Professor Gianmaria Ajani,
Rettore dell’Università di Torino, la Professoressa Elisa
Mongiano, in rappresentanza del Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università di Torino, l’Avvocato Enrico Merli in
rappresentanza del Consiglio Nazionale Forense (delegato per il Piemonte e la
Val d’Aosta). E riconoscenza va espressa anche nei confronti degli enti
sostenitori: il Consiglio della Regione Piemonte, l’Università di
Torino, il Dipartimento di Giurisprudenza della stessa, l’Associazione di
Studi Sociali Latinoamericani (ASSLA) di Sassari, l’Associazione Circolo
Torinese di Diritto Romano. Ancora un grato pensiero rivolgo alla Corale
Universitaria di Torino che ha chiuso il convegno, secondo la migliore
tradizione universitaria ispanica, con un Gaudeamus igitur molto
apprezzato, e al Dott. Alberto Rinaudo che mi ha dato un aiuto fondamentale
negli aspetti organizzativi e nella cura redazionale del presente volume.
Le
Giornate torinesi intendevano sviluppare i risultati delle Primeras
Jornadas Ítalo-Latinoamericanas de Defensores Cívicos y
Defensores del Pueblo (Buenos Aires, 11-12 settembre
2008) e delle successive riunioni organizzate dal Grupo de Trabajo de
Jurisprudencia del CEISAL-Consejo Europeo de Investigaciones Sociales de
América Latina (Tolosa, Salamanca, Oporto, San Pietroburgo, Roma) sui
temi della Defensoría del Pueblo e della Difesa Civica, e ricordare in
particolare il lavoro di Giuseppe Grosso, Professore di diritto romano, Presidente della Provincia di
Torino, Sindaco di Torino, quindi Presidente del Comitato di Scienze giuridiche
e politiche del CNR, che alla metà del secolo
scorso aveva dato inizio ad una riflessione sul Tribunato dal punto di vista
della Costituzione della Repubblica Italiana, e altresì a ricerche sul
diritto latinoamericano. Dai saluti e ricordi inziali, qui pubblicati, di
Pierangelo Catalano, di Tommaso Edoardo Frosini e di Aldo Loiodice possiamo
bene intendere come l’intreccio dei due campi di indagine, che ha poi
avuto fecondi sviluppi negli anni a venire fino – possiamo dire –
al Convegno torinese del 2016 ed oltre, si sia saldato grazie alle intuizioni
di Giuseppe Grosso e alla sua vivacità progettuale altamente innovatrice
con la quale ha interpretato il ruolo di Presidente del suddetto Comitato
all’interno del CNR nell’ultimo periodo della sua vita terrena.
1. La prima sezione del presente
volume è dedicata essenzialmente alla riflessione in chiave romanistica
del Maestro torinese a proposito del diritto di sciopero che da poco aveva
avuto riconoscimento nella Costituzione italiana (art. 40).
Siamo nel
1953 e Grosso[2] scorgeva
(con la dovuta attenzione alle diversità dei contesti storici e delle
situazioni) un parallelismo tra l’intercessio del tribuno della
plebe repubblicano e il diritto di sciopero; un parallelismo che viene ora
rimeditato a fondo nei contributi di Cosimo Cascione, di Franco Vallocchia, di
Emanuela Calore e dello scrivente (ma si veda anche l’intervento
già citato di Frosini). Esso
rafforzava la convinzione di Grosso, già espressa invero in un articolo
di giornale del 1950 [3], che lo
sciopero fosse uno strumento salutare per il progresso democratico della
comunità e che dunque fosse opportuno legalizzarlo entro la
Costituzione. Né nelle richiamate relazioni poteva essere trascurato il
concetto di potere negativo[4] di cui
rappresentano energiche manifestazioni sia il ius intercessionis del
tribuno sia il diritto di sciopero dei cittadini lavoratori. A tal proposito
Grosso, da lucido comparatista, accennava ai limiti normativi posti al potere
negativo e si soffermava sulle finalità dello stesso; richiamava da un
lato la tenuta dell’ordine costituito, la coesione della polis non
pregiudicabile da una contrapposizione sociale, ancorché aspra,
legittima, insisteva d’altro lato sul raggiungimento di un risultato
positivo (sia esso un nuovo accordo tra patrizi e plebei, oppure la conclusione
di un nuovo contratto collettivo tra datore di lavoro e lavoratori) a
completamento della funzione paralizzatrice tipica degli istituti esaminati.
Alcuni
argomenti collaterali emersi nella prima sezione mostrano poi l’indubbia
attualità del pensiero costituzionalista del Maestro torinese. Mi
riferisco alla difficoltà, che si è avvertita nitidamente anche
nella recente vertenza dei professori universitari italiani, di distinguere lo
sciopero economico da quello politico; inoltre alle tracce del potere negativo
che Franco Vallocchia ha inteso individuare negli istituti, presenti
nell’odierno diritto pubblico italiano, della disapplicazione e della
conferenza di servizi.
2. Nella seconda sezione gli autori
ci presentano un quadro sintentico ma abbastanza esauriente dei modelli di
difesa civica europei. L’adozione di una prospettiva
storico-comparatistica e un approccio non solamente ricognitivo ma
altresì critico nei confronti del tema proposto mi sembrano i tratti
salienti delle relazioni “europee”, che risultano in linea con le
attese degli organizzatori. Rimanendo ancora nell’ambito delle
istituzioni romane Antonio Palma ci offre la possibilità di confrontare
il potere negativo del tribuno della plebe con i poteri attribuiti alla
più tarda (IV secolo d.C.) e difficilmente inquadrabile figura del defensor
civitatis, considerato già dal Cuiacio l’erede del tribuno nel
campo della difesa dei soggetti deboli.
Anche
Antonio Colomer Viadel si sofferma sugli antecedenti storici (non solo romani)
del Defensor del pueblo spagnolo, per poi illustrare le peculiarità di
tale figura e del Proveedor de Justicia portoghese, rilevando una vicinanza dei
modelli iberici non tanto con l’Ombudsman svedese (a. 1809), quanto
piuttosto con l’istituto del tribunato della plebe e del Justicia Mayor
de Aragón (a. 1256).
La
puntuale rassegna a firma di Elisabetta Di Suni allarga poi il campo di
osservazione alla Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Germania, Francia,
Grecia, Regno Unito, Unione Europea; l’amara constatazione
dell’autrice che l’Italia è il solo Paese della UE a non
avere un difensore civico a livello nazionale si lega al rilevato paradosso
dell’attuale situazione europea, nella quale si registra una presenza
capillare di istituti di difesa civica laddove la Pubblica Amministrazione
mostra già un elevato grado di efficienza.
Tatiana
Alexeeva ripercorre invece l’evoluzione della Prokuratura a partire dalla
sua istituzione durante l’Impero (Pietro I, a. 1722) fino
all’attuale ordinamento della Federazione Russa. Dalla relazione di Alexeeva
apprendiamo che attualmente in Russia la difesa civica dispone di una buona
articolazione sul territorio e di una vasta gamma di mezzi di pressione e di
sanzionamento, che vanno dall’avvertimento preventivo rivolto agli organi
amministrativi e giudiziari fino alla presentazione di domande giudiziali
laddove in particolare sia ravvisabile una lesione dei diritti umani.
La
Francia e i Paesi francofoni inoltre sono messi sotto la lente di ingrandimento
da Laurent Hecketsweiler e da Maria Grazia Vacchina. Il primo si interroga, da
romanista molto critico nei confronti di derive liberali e positiviste, se il
passaggio in Francia dal Médiateur de la République (a. 1973) al
Défenseur des droits (a. 2011) sia stato accompagnato da sostanziali
mutamenti di fisionomia iscritti nella nuova denominazione. La seconda – forte di
una lunga esperienza teorico-pratica maturata nei diversi ruoli di Difensore
civico della Valle d’Aosta, di Coordinatrice della Conferenza nazionale
dei Difensori civici italiani (delle Regioni e delle Province autonome) e
soprattutto di Presidente dell’Association des Ombudsmans et
Médiateurs de la Francophonie (AOMF) – propone
come tratto distintivo di una buona difesa civica la pratique de
l’équité, valorizzata dalla AOMF, che consente, a certe
condizioni, di rinunciare all’applicazione del diritto e di privilegiare
soluzioni giuste. Soluzioni che il Médiateur, dall’alto di
un’elevata statura professionale garantita da severi requisiti di
eleggibilità, dovrebbe ricercare in collaborazione con le
Amministrazioni puntando più sulla persuasione che non sulla coercizione
o sulla sanzione.
3. Carlos Constenla, Presidente
dell’ILO (Instituto Latinoamericano del Ombudsman-Defensor del Pueblo),
apre la terza sezione dedicata alla difesa civica in America Latina che segue,
per certi versi rafforzandolo, il modello iberico e dunque romano-repubblicano,
allontanandosi per contro da quello scandinavo. L’autore non si limita
tuttavia a scorgere una vicinanza tra defensores del pueblo latinoamericani e
tribuni della plebe per la comune detenzione di un potere negativo[5], ma
individua altri riferimenti concettuali risalenti al diritto romano che
guidano, o dovrebbero guidare, l’agire dei defensores: innanzitutto
l’idea che il diritto, come riteneva Celso, è la ricerca di una
soluzione giusta per il caso concreto (ius est ars boni et aequi) e,
come tale, può condurre financo alla disapplicazione della legge;
inoltre, l’ampia concezione della cittadinanza potenzialmente inclusiva
degli stranieri, che nei tempi attuali si tradurrebbe nella possibilità
di estendere anche a costoro gli strumenti a disposizione dei defensores per la
tutela dei diritti umani.
Le
peculiarità concettuali e funzionali della difesa civica neolatina
illustrate da Constenla bene si armonizzano in verità con un sistema
costituzionale basato sul principio della democrazia diretta, mentre stridono
non poco con il diverso sistema della democrazia rappresentativa, basata sulla
tripartizione dei poteri di Montesquieu, attualmente in crisi. È un tema, questo, ripreso nella dotta
relazione di Giovanni Lobrano, che ha il merito di recuperare un filone del
costituzionalismo rousseauiano di matrice romanistica trascurato – tranne rare eccezioni – nelle dottrine giuspolitiche, una volta che
si affermò, a partire dal XVIII secolo, neanche fosse un dogma
insostituibile, la teoria della tripartizione dei poteri. Si tratta di una
mirabile ricostruzione delle ragioni ultime per le quali si è
abbandonata la tradizione democratica romana, nella quale il tribuno, in
diretto collegamento con il popolo, incarnava il fondamentale mezzo di difesa
della libertà dei cittadini. Convincente è poi la forte critica
all’istituto della rappresentanza politica (senza vincolo di mandato) che
Lobrano avanza ripercorrendone la storia; è difficile non riconoscere
che la “sostituzione” della volontà dei rappresentanti a
quella dei rappresentati tipica dell’istituto realizzi, in fin dei conti,
un furto di democrazia.
Con il contributo di Cristina Ayoub Riche si
entra nel vivo dell’esperienza attuale della difesa civica in America
Latina. L’autrice ripercorre le tappe di affermazione e di strutturazione
della Ouvidoria brasiliana a partire dall’epoca coloniale,
presentandola come un valido presidio (ora di livello costituzionale) dei
diritti umani, strumento di democrazia diretta, in grado di trasformare la
cultura del lamento in quella della partecipazione cittadina. Si sofferma poi
con maggiore attenzione sulla Ouvidoria universitaria, i cui albori si
situano nel 1992, e sulle sue specificità; qui la protezione dei diritti
universitari (di tutte le componenti dell’Università: professori,
studenti, personale amministrativo) mira anche ad un obiettivo più
elevato rispetto alla risoluzione dialogante dei singoli conflitti, cioè
quello del miglioramento del servizio reso dall’istituzione di alta
formazione.
Alejandro Nató, dal canto suo, prende
spunto dall’episodio della secessione dei plebei al Monte Sacro per una
brillante interpretazione della defensoría del pueblo come spazio di interlocuzione
nel quale è possibile canalizzare il diritto alla protesta popolare; si
eviterebbe così una compressione di tale diritto e una criminalizzazione
del suo esercizio, spesso giustificata nella recente storia dell’America
Latina da ragioni di pubblica sicurezza.
Norberto Carlos Narcy si sofferma invece su
di un particolare ambito di intervento del defensor del pueblo: quello della
lesione dei diritti umani provocata dall’Amministrazione quando non siano
adeguatamente garantiti i servizi pubblici domiciliarii (le utenze domestiche)
secondo i principi della universalità, facile accessibilità ed
economicità. Gli attuali orientamenti del diritto internazionale e delle
costituzioni latino-americane – osserva
l’autore argentino – autorizzano
in effetti ad enucleare un diritto all’abitazione caratterizzato da certi
livelli qualitativi per quanto attiene alla fornitura di acqua, gas, energia;
compito del defensor sarebbe dunque anche quello di assicurare il rispetto dei
detti principi da parte delle Amministrazioni o delle imprese fornitrici
(pubbliche o private), incidendo in particolare sulle politiche tariffarie al
fine di contrastare la nuova povertà energetica.
Appassionata è la relazione che segue
di Ricardo Ariel Riva, il quale prende spunto dalla sua personale esperienza di
Defensor del pueblo della città di Neuquén (Patagonia argentina),
documentata da un toccante video, per denunciare la scarsa collaborazione
offerta dai funzionari pubblici nei tentativi di mediazione adoperati dal
defensor. Costui, secondo Riva, dovrebbe essere solerte nel dare
visibilità alle situazioni di ingiustizia e, d’altro canto,
impegnarsi in un’incisiva opera di sensibilizzazione sui diritti umani.
4. La quarta sezione colloca il lettore in una
dimensione marcatamente propositiva (de iure condendo) con speciale
riferimento all’ordinamento italiano, nella quale la maggiore efficacia
degli istituti di difesa civica viene fatta dipendere per lo più da un ritorno
al modello tribunizio romano e al potere negativo e, più in generale, da
un’attenta valutazione dei profondi cambiamenti derivanti dalla
globalizzazione. Questi inducono ad un ripensamento di schemi giuridici
consolidati e di conseguenza ad un allargamento del campo d’azione dei
difensori civici, posto che i cittadini necessitano ora di interventi
protettivi non solo nei confronti del potere esecutivo ma anche nei confronti
dei potenti attori economici che operano a livello mondiale fuori dalla tradizionale
cornice statale.
Antonio Caputo riprende l’impostazione
rousseauiana sul potere negativo, già adottata in un precedente ed
importante libro[6], e vede il difensore civico, novello
tribuno, essenzialmente come magistrato di interdizione e sollecitazione, che
gode di autonomia e indipendenza dal potere politico, particolarmente impegnato
nella prevenzione dei conflitti tra Amministrazione e cittadino, stimolatore di
atteggiamenti collaborativi e antiburocratici; la sua azione, improntata ai
principi della democrazia partecipativa, dovrebbe garantire una legalità
sostanziale, e non formale, in alternativa alle tradizionali vie
giurisdizionali e con benefiche ricadute sul piano educativo tanto per i
cittadini quanto per la Pubblica Amministrazione.
L’indirizzo politico
“latino” privilegiato nel convegno – assai più favorevole alle forme della
democrazia diretta (compatibili con un modello tribunizio della difesa civica)
rispetto a quelle della democrazia rappresentativa parlamentare – non è totalmente condiviso da
Giuseppe Valditara, che pure indica il principio della sovranità
popolare, posto all’esordio della nostra Carta costituzionale, quale
principale faro orientatore di indifferibili interventi migliorativi sulla
Costituzione (sia formale sia materiale) italiana. La fiducia che
l’autore ripone nella democrazia rappresentativa è in parte
attenuata dal riconoscimento di momenti straordinari in cui la violazione della
sovranità popolare e dei diritti fondamentali del cittadino legittimano
un diritto di resistenza, esercitato eventualmente nelle forme dello sciopero
politico, anche nell’attuale assetto costituzionale. Quanto al difensore
civico, Valditara ritiene opportuno convertirlo in un avvocato del popolo
legittimato all’azione risarcitoria in caso di abusi della Pubblica
Amministrazione e dei grandi gruppi economici; ciò che produrrebbe
notevoli vantaggi per i cittadini rispetto agli attuali istituti delle
Authorities e della class action, per vari motivi (scarsa indipendenza dalla
politica, difetto di legittimazione processuale, eccessivi oneri economici)
poco funzionali. Degna di sottolineatura poi mi pare l’ardita proposta di
potenziare il ruolo di un tale difensore-avvocato consentendogli di promuovere
direttamente il controllo di costituzionalità sulle leggi statali e
regionali innanzi alla Corte Costituzionale; proposta, questa, che va nella
direzione di scelte normative già operate in Spagna e in America Latina[7].
Chiude la sezione l’intervento di
Mariano Protto, per il quale il difensore civico è chiamato a fare i
conti con un un nuovo scenario nel quale il potere pubblico ha in parte
dismesso le vesti tradizionali, assumendo anche strutture e modalità di
azione di carattere privatistico che pongono seriamente il problema della tutela
dei diritti fondamentali dei cittadini in rapporto ad un concetto di rapporto
amministrativo ridisegnato. Le lesioni a tali diritti – osserva per altro Protto – non provengono solo da enti privatizzati ma
anche dalle imprese multinazionali, contro le quali i rimedi giudiziari
nazionali si rivelano totalmente inadeguati. La risposta normativa potrebbe
essere dunque l’istituzione di difensori civici a livello globale, con le
caratteristiche dei tribuni romani, che siano in grado di convogliare
stabilmente le proteste dei cittadini contro le discutibili pratiche delle
anzidette imprese esercitando un ruolo politico più che giudiziario.
Le II Jornadas hanno inoltre ospitato
l’illustrazione del progetto “Portale telematico della difesa
civica”, elaborato da Antonio Cammelli, Elio Fameli e Giancarlo Taddei
Elmi dell’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica
(ITTIG) del CNR. Il progetto – ha reso noto il relatore Sebastiano Faro
– è nato dall’esigenza di raccogliere e ordinare, secondo
opportune chiavi di ricerca concettuale, la dispersiva informazione giuridica
(legislativa, giurisprudenziale, dottrinale) presente nelle banche dati,
proponendo, fra l’altro, la creazione di un Osservatorio telematico della
difesa civica, pensando non solo al lavoro dei difensori civici ma anche ai
cittadini, spesso ignari dei diritti che possono vantare nei confronti della
Pubblica Amministrazione. Esso attualmente può contare altresì
sull’apporto dei siti web dedicati alla difesa civica, in particolare
quello del Coordinamento Nazionale dei Difensori Civici delle Regioni e delle
Province autonome e quelli dei differenti Difensori civici regionali.
L’obiettivo originario del progetto, ancora attuale, è quello di
realizzare un punto di accesso unificato all’informazione giuridica in
materia di difesa civica, possibilmente arricchito da percorsi interattivi
grazie ai quali il cittadino può comprendere da sé le norme e le
procedure per la tutela dei propri diritti prima di rivolgersi al difensore
civico.
5. Traendo le fila dei lavori del congresso e
dei colloqui informali ad esso collegati, nella maturata convizione che sia
opportuno recuperare anche in Italia quel modello di difesa civica romano
repubblicano che è stato poi adottato, pur con inevitabili adattamenti,
nei Paesi iberici e latinoamericani, il Comitato organizzatore (Antonio Caputo,
Pierangelo Catalano, Carlos Constenla e lo scrivente), con la supervisione e
adesione dell’Avvocato Augusto Fierro (Difensore civico della Regione
Piemonte), ha redatto la Carta di Torino per una nuova Difesa civica: una
concreta e articolata proposta normativa indirizzata al legislatore italiano
che è stata inclusa alla fine del presente volume.
Chiudo questa presentazione con una postilla,
più intima, rivelatrice di un rammarico. Le difficili condizioni
personali hanno impedito la trasmissione dell’intervento scritto al mio
Maestro Filippo Gallo, che molto ha contribuito a tenere vivo all’interno
della Scuola romanistica torinese il ricordo di Giuseppe Grosso, uomo e
scienziato del diritto[8], e a perpetuarne i valori, le dottrine e i
metodi. La ferma convinzione di Grosso, recepita poi da Gallo, che ciascuno
è “allievo della sua testa” mi ha permesso ampia
libertà di scelta sui temi di studio e sui percorsi di ricerca. Per
questo, ma non solo per questo, sono grato ad entrambi.
Torino, 27 aprile 2018.
* G. Grosso, Le vie dello sviluppo universitario torinese verso
il 2000, in Il Piemonte verso il 2000, Torino 1960, ora in Scritti
storico giuridici, vol. I,
Torino 2000, 531.
[1] Comitato promotore: Gianmaria
Ajani (Rettore dell’Università di Torino); Sergio Chiamparino
(Presidente della Regione Piemonte); Piero Fassino (già Sindaco di
Torino, Presidente dell’ANCI-Associazione Nazionale dei Comuni
d’Italia); Augusto Fierro (Difensore civico della Regione Piemonte);
Mauro Laus (Presidente del Consiglio regionale del Piemonte); Alessandro
Licheri (Difensore civico della Città metropolitana di Roma Capitale);
Andrea Mascherin (Presidente del Consiglio Nazionale Forense); Riccardo Pozzo (Direttore del Dipartimento Scienze Umane e
Sociali, Patrimonio Culturale del CNR). Comitato scientifico:
Massimo Cacciari (Venezia,
Università Vita-Salute San Raffaele); Antonio Colomer Viadel (Universidad Politécnica de Valencia); Massimo Luciani (Presidente dell’Associazione
Italiana dei Costituzionalisti, Università di Roma ‘La
Sapienza’); Paolo Maddalena (Vicepresidente emerito della Corte
Costituzionale); Stelio Mangiameli (Direttore dell’Istituto di Studi sui
Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie ‘Massimo Severo
Giannini’ del CNR); Paolo Ridola (Preside della Facoltà di
Giurisprudenza dell’Università di Roma ‘La Sapienza’).
Comitato organizzatore: Antonio Caputo (già Presidente del Coordinamento
italiano dei Difensori civici regionali e delle Province autonome); Pierangelo
Catalano (Unità di ricerca ‘Giorgio La Pira’ del
CNR-Università di Roma ‘La Sapienza’); Carlos Constenla
(Presidente dell’Instituto Latinoamericano del Ombudsman-Defensor del
Pueblo, Buenos Aires); Andrea Trisciuoglio (Università di Torino). Sul
convegno, dopo la conclusione dei lavori, v., a mia firma, Grandi maestri,
ricordando Giuseppe Grosso pubblicato in La voce e il tempo del 25
settembre 2016 [www.lavocedeltempo.it/Territorio/Grandi-maestri-ricordando-Giuseppe-Grosso].
[2] Cfr. il suo
articolo Il diritto di sciopero e
l'"intercessio" dei tribuni della plebe, in Rivista Italiana per le Scienze Giuridiche 6-7, 1952-1953, 397 ss.,
ora in G. Grosso, Scritti storico giuridici, cit., vol. I,
303 ss.
[3] Cfr. G. Grosso, Diritto di sciopero, in Il
popolo nuovo n. 6 del 7 gennaio 1950, 1, citato nel contributo di E. Calore.
[4] Sul quale cfr.
i numerosi scritti di P. Catalano;
mi limito qui a ricordare: «Potere
negativo» e sovranità dei cittadini nell’età
tecnologica, in Engagement et
responsabilité des anciens élèves dans une monde en
transformation, II Congressus Unionis Mundialis Antiquorum Societatis Jesu
Alumnorum, Romae 26-30 Augusti 1967, Actes, Napoli s.d., 91-106; «Potere negativo» e
sovranità popolare, in I
cattolici italiani nei tempi nuovi della cristianità, Atti del convegno
di studio della Democrazia Cristiana, Lucca 28-30 aprile 1967, a cura di G.
Rossini, Roma 1967, 824-830; Tribunato e
resistenza, Torino 1971, spec. 18 ss.; Un
concepto olvidado: 'Poder negativo', in Revista
general de legislación y jurisprudencia 80.3, 1980, 231 ss.; Sovranità
della multitudo e potere negativo: un aggiornamento, in Studi
in onore di Gianni Ferrara, vol.
I, Torino 2005; ivi (643), è teorizzata la distinzione tra potere
negativo diretto (esercitato direttamente dai cittadini, per esempio con la
secessione o lo sciopero generale) e indiretto (che implica invece l'intervento
tribunizio); adde la "Prefazione" in A. Caputo, Un difensore civico per la
repubblica. Difesa dei diritti dell'uomo e del cittadino nell'Unione Europea,
Soveria Mannelli 2012, 5 ss.
[5] C. Constenla
si è già soffermato sul potere negativo in No quedó en el olvido: el poder negativo, in Revista general de legislación y
jurisprudencia 1.3, 2014, 7 ss.; v. anche dello stesso, a proposito della
"ubicación institucional del Defensor del Pueblo", Defensor
del pueblo ¿un enemigo del pueblo?, in Éforos. Publicación Semestral del Instituto
Latinoamericano del Ombudsman - Defensor del Pueblo (ILO) 4.2, 2014, 27 s.
[6] Cfr. A. Caputo, Un difensore civico, cit. (supra, nt. 4), 29 ss.; tale libro
beneficia di una felice interazione tra la riflessione storico-comparatistica e
l'esperienza pratica dell'autore. Cfr. anche dello stesso, Relazione del Difensore civico regionale
(anno 2013), 18 s., leggibile nel sito del Difensore civico della Regione
Piemonte
[cr.piemonte.it/web/assemblea/organi-istituzionali/difensore-civico/attivita].
[7] Per la Spagna, richiamando il potere negativo, v.
A. Colomer, El defensor del pueblo, protector de los derechos y libertades y
supervisor de las administraciones públicas, Cizur Menor (Navarra)
2013, spec. 20,
208; adde P. Carrozza - A. Di
Giovine - G.F. Ferrari (a
cura di), Diritto costituzionale
comparato, vol. I, Bari 2014, 218 s. [M. Iacometti]. Per l'America Latina,
v. L. Mezzetti, L'Ombudsman nelle esperienze costituzionali
dell'America Latina, in Diritto
pubblico comparato ed europeo 4.2, 2006, 1732.
[8] Tra gli scritti
di carattere commemorativo segnalo specialmente: F. Gallo, Giuseppe Grosso.
A venticinque anni dalla morte, in Bullettino
dell'Istituto di Diritto Romano 98-99, 1995-96 (pubbl. 2000), ora in G. Grosso, Scritti storico giuridici, cit., vol. I, XI ss.