Sen. Anna Finocchiaro
Ministra per i rapporti con il Parlamento
IMMIGRAZIONE:
UNA STRATEGIA POLITICA E FINANZIARIA PER L’AFRICA
INTERVENTO
La genericità e, troppo spesso,
il sensazionalismo con cui nel dibattito pubblico si è affrontato il
tema delle migrazioni hanno prodotto risultati negativi, innanzitutto nel
sentimento trasmesso a una opinione pubblica già spaventata dalle tante
insidie di insicurezza, proiettate sulla condizione materiale di vita
dell’oggi e del futuro.
Pur valorizzando le numerose e diffuse
buone prassi di generosa accoglienza da parte di tante italiane e tanti
italiani, è pur vero che quella genericità e quel parossistico
sensazionalismo, spesso strumentalmente agito anche da forze politiche, hanno
fatto crescere un sentimento di paura e solitudine che ha orientato una parte
consistente dell’opinione pubblica verso la chiusura, la diffidenza e
addirittura l’ostilità nei confronti dei migranti tout court.
Come sempre nei casi in cui ci si
trovi dinanzi a problemi complessi, la strada più semplice è
sembrata la più efficace, liberatoria da ansie e paure, eliminatrice del
problema. Si è così affermato quel salvifico mantra
“aiutiamoli a casa loro”, declinato insieme alle altre parole
magiche “respingimento” e “rimpatrio”. Termini
semplici, che hanno la forza immediata della rimozione del problema.
Vale dunque la pena di ignorare le
semplificazioni e cercare di riportare alla maggiore esattezza e pertinenza
possibili la qualità delle soluzioni. Lo dico con apprezzamento per le
politiche finora sviluppate dal Governo, ma con la consapevolezza che la
questione è più grande e più complessa di quella –
pur concretamente – approcciabile da un singolo Stato.
In una versione più sofisticata
del semplice “aiutiamoli a casa loro”, alcuni commentatori si sono
soffermati sulla necessità di adottare un “Piano Marshall”
per l’Africa.
Per quanto suggestivo, il suggerimento
risulta improprio.
Tutti ricordiamo che
quell’iniziativa, adottata dagli USA alla fine del secondo conflitto
mondiale, si configurò come un aiuto transitorio in favore di Paesi
europei che non solo erano dotati di un sistema produttivo attivo ed efficiente
già prima dello scoppio della guerra, che occorreva rimettere in moto,
ma che erano anche tornati pienamente alla democrazia, con istituzioni salde e
un solido sistema politico.
Ben diversa è la situazione dei
Paesi africani di origine (e transito) del flusso migratorio, e con riguardo al
loro assetto economico e produttivo, e con riguardo alla loro situazione
politica, istituzionale e sociale.
In questo senso, risulta illusorio
discutere di aiuti economici che valgano per un tempo limitato, ma occorre
bensì ragionare di una collaborazione che definirei strutturale, a
valere nei decenni a venire, volta non solo a colmare le drammatiche
disparità nell’accesso a risorse economiche e finanziarie ed a
strumenti per l’autonomo sviluppo, ma insieme a promuovere
l’accesso alle risorse democratiche, partendo dalle specifiche
caratteristiche sociali e politiche di ciascun territorio ed essendo capaci di
coinvolgere forze ed energie locali positivamente orientate.
È ovvio che una strategia
così complessa, che è nella consapevolezza del nostro agire
governativo nazionale, non possa appartenere ad un solo Paese, per quanto
volenteroso, e che debba consistere di strumenti diversi.
In questo senso, io considero che la
visionarietà della Carta di Sant’Agata de’ Goti assume oggi
la più evidente delle concretezze e che dare gambe a quella aspirazione
sia un compito da assumere in ambito internazionale. Abbiamo un riferimento
testuale nella legislazione italiana, l’articolo 7 della cosiddetta legge
Cherchi sulla cooperazione internazionale, e ne vediamo l’utilità.
Siamo convinti che sia una soluzione
assai utile per tutti sottoporre al vaglio della Corte internazionale gli
strumenti finanziari da utilizzare nei confronti di Paesi in surplus di debito,
per sfuggire alle trappole dell’aggravamento del debito pubblico di quei
Paesi e ai devastanti effetti dell’usurocrazia. Combattere,
anziché aggravare, le condizioni sociali, economiche e politiche che
costringono milioni di donne e di uomini ad abbandonare i propri Paesi,
è una soluzione egualmente utile ai Paesi poveri di provenienza e ai
Paesi ricchi di arrivo.
Su questa utilità, che è
contributo per la pace, occorrerà lavorare in ambito internazionale.
Perché è giusto innanzitutto, ma anche perché conviene.
La tutela dei diritti umani – a
cominciare dal diritto alla vita e all’istruzione, alla salute, alla
protezione dei minori – nonché la libertà da ogni
schiavitù di milioni di esseri umani, la partecipazione di ogni popolo
alle decisioni che interessano la propria collettività e
l’autodeterminazione in ordine all’utilizzo delle ricchezze del
proprio Paese, un accesso alle risorse economiche che garantisca contro
disparità, dispersione, corruzione, mal remunerazione e usura non sono
valori astratti derivati dalla cultura occidentale, sono le concretissime e
ineliminabili condizioni per garantire – in un mondo sempre più
piccolo – condizioni di vivibilità (talvolta anche solo di
sopravvivenza) a milioni di esseri umani. E sono un contributo formidabile alla
pace.
È questo il compito complesso
per cui occorre mobilitare volontà e solidarietà politiche e
nuovi strumenti, cominciando a rimuovere le frontiere del pensiero semplice e
rassicurante, così illusorio, così inutilmente dannoso.
[Un evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza,
rende impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi
presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione
“Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dai promotori
del Seminario “Contro l’usurocrazia ”, dal curatore della
pubblicazione e dalla direzione di Diritto @ Storia]
* Intervento
presentato nel Seminario di studi "CONTRO
L’USUROCRAZIA. DEBITO E DISUGUAGLIANZE", organizzato
dall’Unità di ricerca “Giorgio La Pira” del Consiglio
Nazionale delle Ricerche – Sapienza Università di Roma, diretta
dal professore Pierangelo Catalano, e dal CEISAL - Consejo Europeo de
Investigaciones Sociales de América Latina, Grupo de Trabajo de
Jurisprudencia, svoltosi presso la Biblioteca Centrale del CNR il 15 dicembre
2017, in occasione del XX Anniversario della “Carta di Sant’Agata
de’ Goti – Dichiarazione su usura e debito internazionale”.