Memorie-2018

 

 

FotoSen. Anna Finocchiaro

Ministra per i rapporti con il Parlamento

 

IMMIGRAZIONE: UNA STRATEGIA POLITICA E FINANZIARIA PER L’AFRICA

INTERVENTO

 

 

La genericità e, troppo spesso, il sensazionalismo con cui nel dibattito pubblico si è affrontato il tema delle migrazioni hanno prodotto risultati negativi, innanzitutto nel sentimento trasmesso a una opinione pubblica già spaventata dalle tante insidie di insicurezza, proiettate sulla condizione materiale di vita dell’oggi e del futuro.

Pur valorizzando le numerose e diffuse buone prassi di generosa accoglienza da parte di tante italiane e tanti italiani, è pur vero che quella genericità e quel parossistico sensazionalismo, spesso strumentalmente agito anche da forze politiche, hanno fatto crescere un sentimento di paura e solitudine che ha orientato una parte consistente dell’opinione pubblica verso la chiusura, la diffidenza e addirittura l’ostilità nei confronti dei migranti tout court.

Come sempre nei casi in cui ci si trovi dinanzi a problemi complessi, la strada più semplice è sembrata la più efficace, liberatoria da ansie e paure, eliminatrice del problema. Si è così affermato quel salvifico mantra “aiutiamoli a casa loro”, declinato insieme alle altre parole magiche “respingimento” e “rimpatrio”. Termini semplici, che hanno la forza immediata della rimozione del problema.

Vale dunque la pena di ignorare le semplificazioni e cercare di riportare alla maggiore esattezza e pertinenza possibili la qualità delle soluzioni. Lo dico con apprezzamento per le politiche finora sviluppate dal Governo, ma con la consapevolezza che la questione è più grande e più complessa di quella – pur concretamente – approcciabile da un singolo Stato.

In una versione più sofisticata del semplice “aiutiamoli a casa loro”, alcuni commentatori si sono soffermati sulla necessità di adottare un “Piano Marshall” per l’Africa.

Per quanto suggestivo, il suggerimento risulta improprio.

Tutti ricordiamo che quell’iniziativa, adottata dagli USA alla fine del secondo conflitto mondiale, si configurò come un aiuto transitorio in favore di Paesi europei che non solo erano dotati di un sistema produttivo attivo ed efficiente già prima dello scoppio della guerra, che occorreva rimettere in moto, ma che erano anche tornati pienamente alla democrazia, con istituzioni salde e un solido sistema politico.

Ben diversa è la situazione dei Paesi africani di origine (e transito) del flusso migratorio, e con riguardo al loro assetto economico e produttivo, e con riguardo alla loro situazione politica, istituzionale e sociale.

In questo senso, risulta illusorio discutere di aiuti economici che valgano per un tempo limitato, ma occorre bensì ragionare di una collaborazione che definirei strutturale, a valere nei decenni a venire, volta non solo a colmare le drammatiche disparità nell’accesso a risorse economiche e finanziarie ed a strumenti per l’autonomo sviluppo, ma insieme a promuovere l’accesso alle risorse democratiche, partendo dalle specifiche caratteristiche sociali e politiche di ciascun territorio ed essendo capaci di coinvolgere forze ed energie locali positivamente orientate.

È ovvio che una strategia così complessa, che è nella consapevolezza del nostro agire governativo nazionale, non possa appartenere ad un solo Paese, per quanto volenteroso, e che debba consistere di strumenti diversi.

In questo senso, io considero che la visionarietà della Carta di Sant’Agata de’ Goti assume oggi la più evidente delle concretezze e che dare gambe a quella aspirazione sia un compito da assumere in ambito internazionale. Abbiamo un riferimento testuale nella legislazione italiana, l’articolo 7 della cosiddetta legge Cherchi sulla cooperazione internazionale, e ne vediamo l’utilità.

Siamo convinti che sia una soluzione assai utile per tutti sottoporre al vaglio della Corte internazionale gli strumenti finanziari da utilizzare nei confronti di Paesi in surplus di debito, per sfuggire alle trappole dell’aggravamento del debito pubblico di quei Paesi e ai devastanti effetti dell’usurocrazia. Combattere, anziché aggravare, le condizioni sociali, economiche e politiche che costringono milioni di donne e di uomini ad abbandonare i propri Paesi, è una soluzione egualmente utile ai Paesi poveri di provenienza e ai Paesi ricchi di arrivo.

Su questa utilità, che è contributo per la pace, occorrerà lavorare in ambito internazionale. Perché è giusto innanzitutto, ma anche perché conviene.

La tutela dei diritti umani – a cominciare dal diritto alla vita e all’istruzione, alla salute, alla protezione dei minori – nonché la libertà da ogni schiavitù di milioni di esseri umani, la partecipazione di ogni popolo alle decisioni che interessano la propria collettività e l’autodeterminazione in ordine all’utilizzo delle ricchezze del proprio Paese, un accesso alle risorse economiche che garantisca contro disparità, dispersione, corruzione, mal remunerazione e usura non sono valori astratti derivati dalla cultura occidentale, sono le concretissime e ineliminabili condizioni per garantire – in un mondo sempre più piccolo – condizioni di vivibilità (talvolta anche solo di sopravvivenza) a milioni di esseri umani. E sono un contributo formidabile alla pace.

È questo il compito complesso per cui occorre mobilitare volontà e solidarietà politiche e nuovi strumenti, cominciando a rimuovere le frontiere del pensiero semplice e rassicurante, così illusorio, così inutilmente dannoso.

 

 

[Un evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione “Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dai promotori del Seminario “Contro l’usurocrazia ”, dal curatore della pubblicazione e dalla direzione di Diritto @ Storia]

 

* Intervento presentato nel Seminario di studi "CONTRO L’USUROCRAZIA. DEBITO E DISUGUAGLIANZE", organizzato dall’Unità di ricerca “Giorgio La Pira” del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Sapienza Università di Roma, diretta dal professore Pierangelo Catalano, e dal CEISAL - Consejo Europeo de Investigaciones Sociales de América Latina, Grupo de Trabajo de Jurisprudencia, svoltosi presso la Biblioteca Centrale del CNR il 15 dicembre 2017, in occasione del XX Anniversario della “Carta di Sant’Agata de’ Goti – Dichiarazione su usura e debito internazionale”.