Salvatore Cherchi
Ingegnere minerario
Deputato nella IX, X, XIII legislatura
Senatore nella XI e XII legislatura
USURA
E DEBITO INTERNAZIONALE: ATTI APPROVATI DAL PARLAMENTO ITALIANO NELLA XIII
LEGISLATURA*
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Deliberazioni del Parlamento nella XIII
legislatura. – 2.1. La mozione 1-00023 su: “Regolazione del debito internazionale”. – 2.2. L’articolo
7 della legge 25 luglio 2000, n. 209. – 3. Riflessioni conclusive sulle cause della non
applicazione dell’art. 7 della legge 209/2000 e sulla persistente
attualità del problema del debito estero. – Abstract.
In molti dei Paesi a basso e
medio reddito il peso del debito estero produce effetti tragici sulle
popolazioni. Infatti, gli oneri per il rimborso del capitale e il pagamento
degli interessi assorbono risorse nazionali in misura tale da soffocare
l’economia locale e ridurre drasticamente o addirittura azzerare, i
finanziamenti pubblici per la salute e l’istruzione. I diritti umani,
soprattutto quelli dell’infanzia, sono gravemente violati. Contro questa
disumana situazione si è mossa e si muove sulla scala internazionale,
un’insieme di forze sociali, culturali, politiche, religiose. Queste
forze che si battono per una soluzione umanitaria del problema del debito o
almeno per riuscire a contenerne i nefasti esiti, hanno indirizzato la propria
azione prevalentemente verso l’obiettivo della riduzione/cancellazione
dello stesso debito. A questo movimento gli Stati, i più ricchi del
pianeta, e gli organismi internazionali creditori hanno risposto talvolta
accordando riduzioni o cancellazioni quando il credito era palesemente
inesigibile, ma di norma, solo concedendo onerose ristrutturazioni del debito
che vincolano il futuro di generazioni.
Una corrente di giuristi ed
economisti di molteplici nazionalità[1]
– s cui fa riferimento il lavoro descritto in questa nota – ha
proposto una via politico-giuridica differente, più radicale –
sebbene non escludente e, ovviamente, non conflittuale – rispetto a
quella definita dal classico approccio politico-economico prevalente nella
corrente umanitaria cui si è accennato precedentemente. Sulla base di
analisi scientifiche, questi giuristi ed economisti sono pervenuti alla
conclusione che l’abnorme lievitazione del debito internazionale dei
Paesi più poveri sia stata prodotta da meccanismi e pratiche che violano
principi generali del diritto. L’attenzione di questi studiosi è
stata posta sulle decisioni e sulle regolazioni unilateralmente assunte, in
posizione di forza, dai Paesi creditori e imposte ai Paesi debitori, ridotti in
condizioni di estrema debolezza; si riferiscono, segnatamente ma non
esclusivamente, alla pratica di tassi usurari, alle modificazioni dei cambi
monetari e delle ragioni di scambio. In definitiva: almeno una larga parte del
debito internazionale dei Paesi a basso reddito è stata formata
illegittimamente e come tale dovrebbe essere dichiarata e trattata. Questi
intellettuali, militanti di una causa planetaria di giustizia, hanno condotto e
conducono, a partire dalla metà degli anni ottanta del trascorso secolo,
una battaglia politica e giuridica per portare la regolazione del debito
internazionale dei Paesi a basso reddito nel perimetro delimitato dal rispetto
dei diritti umani. L’obiettivo concreto che si sono dati è quello
di investire della questione la Corte Internazionale di Giustizia
affinché emetta un parere consultivo cui sono tenuti a conformarsi le
pubbliche istituzioni. La Corte può pronunciarsi su richiesta
dell’Assemblea generale dell’ONU, sulla base di quesiti formulati
dalla stessa Assemblea. Per avviare il processo occorre che il tema sia posto
all’ordine del giorno dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite
attraverso le opportune iniziative diplomatiche di uno o più Stati.
Le tesi e gli obiettivi
propugnati da questi studiosi impegnati in una nobile causa, hanno avuto un
positivo riscontro in documenti approvati dal Parlamento Latino-Americano,
dalla Conferenza interparlamentare Unione Europea – Parlamento
Latino-Americano, dalla Conferenza interparlamentare degli Stati africani e
dalla Commissione dei diritti dell’uomo. Tra i documenti si segnala per
il suo specifico rilievo, la “Carta di Sant’Agata dei Goti.
Dichiarazione su usura e debito internazionale”, adottata nel 1997 in
occasione del trecentesimo anniversario della nascita di
Sant’Alfonso-Maria de Liguori[2].
Nel corso della XIII legislatura
(1996-2001), il Parlamento, anche per effetto del contesto propizio generato
dal Giubileo di fine millennio, ha approvato più atti e una legge sul
debito estero dei Paesi a basso reddito un tempo definiti come Paesi in Via di
Sviluppo (PVS). Queste deliberazioni parlamentari, se fossero state
integralmente applicate, avrebbero collocato l’Italia in una posizione
più avanzata nelle iniziative per liberare una parte consistente
dell’umanità da un’oppressione che limita i diritti
fondamentali della persona. Tra gli atti approvati in quella legislatura, per
la stretta attinenza con le tesi dei giuristi che sostengono la non
conformità ai principi generali del diritto, dei meccanismi di
accumulazione del debito estero, si richiama la mozione 1-00023 [3]
su: “Regolazione del debito internazionale”.
Successivamente il Parlamento ha approvato la legge 25 luglio 2000, n. 209 [4]
concernente: “Misure per la
riduzione del debito estero dei Paesi a più
basso reddito e maggiormente indebitati” che contiene disposizioni
per l’annullamento e/o la riduzione del debito per 12mila miliardi di
lire entro tre anni dalla sua approvazione, e all’art. 7, Regole internazionali del debito estero, dispone le iniziative da
assumere a cura del Governo per avviare, in sede ONU, il procedimento
finalizzato a chiedere alla Corte Internazionale di Giustizia di verificare la coerenza tra le regole internazionali che
disciplinano il debito estero dei Paesi in via di sviluppo e il quadro dei
principi generali del diritto e dei diritti dell'uomo e dei popoli. Nel prosieguo
della presente nota si da’ conto criticamente del dibattito parlamentare
sulla mozione e sull’articolo 7 della legge 209/2000. Già nel
dibattito parlamentare si colse una resistenza del Ministero degli Esteri verso
le posizioni che chiedevano l’intervento della Corte Internazionale di
Giustizia, che spiega, ad avviso di chi scrive, la successiva e persistente non
applicazione degli indirizzi e delle disposizioni legislative approvate per
quella finalità.
La mozione
1-00023, Cherchi ed altri, fu presentata nell’agosto 1996, in apertura di
legislatura. Come già riportato nell’introduzione, la mozione
è ispirata a quel pensiero giuridico che non rivendica il condono del
debito estero dei PVS ma il riconoscimento dell’illegittimità dello
stesso debito accumulatosi in una dimensione abnorme. La mozione, infatti,
afferma nelle premesse che «nel
caso del debito internazionale contratto da molti Paesi in via di sviluppo,
sembra in contrasto con classici e tradizionali principi generali del diritto
aver accollato interamente al debitore le conseguenze dei cambiamenti
intervenuti per iniziative provenienti da soggetti appartenenti al sistema di
cui è parte o comunque con cui è solidale, il creditore».
A rafforzamento
delle tesi esposte, sono richiamate le deliberazioni già all’epoca
intervenute in importanti consessi internazionali; in particolare si sottolinea
che «la XI Conferenza
interparlamentare Comunità europea/America-latina (San Paolo del
Brasile, 3/7 maggio 1993) ha denunciato l'acuirsi della povertà
dell'America latina dovuta all'onere del debito internazionale ed ha rivolto
l'auspicio, già espresso dal Parlamento latino-americano, che venga
chiesto “un parere consultivo della Corte internazionale di giustizia
dell'Aja sul quadro etico e giuridico secondo il quale si deve regolare il
debito internazionale”, auspicio ribadito dalla recente Conferenza
interparlamentare degli stessi consessi svoltasi a Bruxelles, nei giorni19/23
luglio 1995».
Il dispositivo
della mozione impegna il Governo «a compiere le necessarie azioni
affinché, in occasione della prossima Assemblea generale delle Nazioni
Unite, venga inserita all'ordine del giorno della stessa Assemblea la
deliberazione della richiesta del parere consultivo della Corte internazionale
di giustizia in ordine ai profili giuridici della regolazione del debito
internazionale e ad adoperarsi affinché la deliberazione dell'Assemblea
sia in senso positivo».
La mozione fu
discussa in due sedute[5]
dell’Assemblea di Montecitorio. Gli interventi furono ben tredici, per lo
più ben argomentati a testimonianza dell’attenzione al problema e
alla peculiare soluzione prospettata. Quasi tutti i Gruppi Parlamentari,
compresi Gruppi dell’opposizione, si espressero positivamente sulle
motivazioni e sul dispositivo della mozione. Solamente i Gruppi parlamentari di
Forza Italia e di Alleanza Nazionale manifestarono riserve tuttavia tali da non
determinare il voto contrario: il voto fu di astensione che nel Regolamento
della Camera, diversamente da quello del Senato, non equivale a voto contrario.
Anche il Governo, rappresentato dal Sottosegretario agli Esteri Piero Fassino,
diede nell’occasione un parere positivo[6],
diversamente da quanto accadde nella discussione dell’art. 7 della legge
209/2000. Il voto dell’Aula registrò: presenti 377, votanti 265,
astenuti 112, maggioranza 133, voti a favore 263, voti contrari 2 [7].
Alla vigilia di
un Giubileo caratterizzato dalla cruciale questione dei diritti umani violati e
in un contesto di forte impegno del Papa Giovanni Paolo II e di accresciuta
sensibilità dell’opinione pubblica, il Governo presentò un
Disegno di Legge (DDL) sulla riduzione del debito estero dei Paesi a più
basso reddito e maggiormente indebitati. Il DDL fu presentato alla Camera il 30
dicembre 1999 (AC 6662 [8])
dal Presidente del Consiglio Giuliano Amato, di concerto con il Ministro degli
Esteri, Lamberto Dini, e fu assegnato alla III Commissione Affari Esteri in
sede referente.
Il confronto
fra il testo del DDL presentato dal Governo e quello licenziato dalla Camera,
successivamente approvato senza modifiche dal Senato, evidenzia sostanziali
differenze migliorative e un rilevante ampliamento della portata della legge.
Questo fatto fu possibile innanzitutto perché Achille Occhetto,
Presidente della III Commissione, perseguì esplicitamente la parlamentarizzazione della materia,
riuscendo a fare di quello del debito estero, un tema di confronto costruttivo
fra maggioranza e minoranza. La sua conduzione dei lavori in Commissione e in
Aula fu coerente con la sua cultura politica, molto sensibile verso i grandi
problemi dell’umanità che si manifestano alla scala globale. Le
principali, ma non uniche, differenze riguardano l’incremento dell’entità
del debito da cancellare che fu portata da 3mila miliardi di lire a 12mila
miliardi di lire, e la introduzione dell’articolo 7, “Regole internazionali del debito estero”, cui si accennerà
più diffusamente.
E’ utile
ricordare che la III Commissione effettuò un’audizione informale
dei rappresentanti di Sdebitarsi,
campagna italiana per la riduzione del debito e dei Professori Pierangelo
Catalano, Sandro Schipani, Marco Pedrazzi, Massimo Panebianco, Lucio Scandizzo[9].
Questi studiosi ebbero così modo di esporre direttamente alla
Commissione le loro tesi sul debito estero dei PVS; il loro intervento
influì positivamente sull’esame del DDL.
Il già
più volte citato articolo 7 “Regole
internazionali del debito estero”, deriva da un’iniziativa parlamentare realizzata attraverso
due distinti ma convergenti emendamenti[10]
presentati da chi scrive e dal collega Pezzoni (Gruppo Democratici di Sinistra
- l’Ulivo) e dal deputato Mantovani del Gruppo di Rifondazione Comunista.
Entrambi gli emendamenti erano riferiti all’articolo 1 del DDL
cioè all’articolo che specifica le finalità generali e gli
ambiti di applicazione della legge: per questa via si intendeva dare più
marcata evidenza alla materia e al dovere del Governo di farvi fronte. Entrambi
gli emendamenti contenevano inoltre, un identico comma dispositivo così
formulato: «Il Governo,
nell’ambito delle istituzioni internazionali competenti, propone
l’avvio delle procedure necessarie per la richiesta di parere alla Corte
Internazionale di Giustizia al fine dell’accertamento del quadro dei
principi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e dei popoli
secondo i quali si deve regolare il debito internazionale».
L’esame
di questi emendamenti risultò controverso e non scontato negli esiti.
Inizialmente il Governo espresse un avviso nettamente contrario. Il
Sottosegretario agli Esteri, Rino Serri, persona peraltro molto sensibile, per
indole personale e militanza politica, ai problemi del terzo mondo,
osservò che «il Governo non può adire la Corte
internazionale di giustizia sulla materia oggetto degli emendamenti. A suo
avviso, inoltre, è difficile e forse controproducente trasformare il
problema del debito in una questione di diritti umani». Il relatore del
provvedimento, Giovanni Bianchi, formulò l’invito al ritiro degli
emendamenti. In quella circostanza il Presidente della Commissione, Achille
Occhetto, sostenne invece la necessità della approvazione della parte
comune a entrambi gli emendamenti. La proposta del Presidente Occhetto fu
accolta dalla Commissione[11].
Nel seguito dei lavori della Commissione, dopo i dubbi manifestati nel parere
della Commissione Affari Costituzionali[12],
il relatore propose ancora una volta lo stralcio dell’emendamento
già approvato. La Commissione mantenne invece il testo dopo averlo
riformulato e trasferito in un distinto articolo, appunto l’art. 7 [13].
Il nuovo testo, dopo la riformulazione avanzata da Francesca Izzo (DS-U),
recita: «Il Governo, nell'ambito delle
istituzioni internazionali, competenti, propone l'avvio delle procedure
necessarie per la richiesta di parere alla Corte internazionale di giustizia
sulla coerenza tra le regole internazionali che disciplinano il debito estero
dei Paesi in via di sviluppo e il quadro dei principi generali del diritto e
dei diritti dell'uomo e dei popoli». La nuova formulazione
risultò più soddisfacente e fu approvata con il consenso del
Relatore.
Anche
nell’esame in Assemblea la cancellazione dell’articolo 7 fu
riproposta; lo si fece attraverso un emendamento del deputato leghista
Gualberto Niccolini[14].
Ad onor del vero si deve aggiungere che la contrarietà venne motivata
non per dissenso nel merito ma perché si riteneva inopportuno inserire
in legge un indirizzo di politica estera. Il Relatore difese il testo della
Commissione mentre risultò ancora una volta ambigua la posizione del
Ministero degli Esteri. Il Sottosegretario del Ministero, Franco Danieli,
infatti non prese posizione e si rimise al voto dell’Aula, caso invero
singolare di dissonanza fra il Governo con la sua maggioranza e in questo caso,
anche con una più larga parte della Camera. La richiesta di abrogazione
dell’articolo 7 fu infatti respinta a larga maggioranza.
Il voto finale
della legge (seduta del 28.06.2000) registrò 423
favorevoli e 2 astensioni. Il Senato licenziò senza modifiche, nella
seduta del 25 luglio 2017, il testo già approvato dalla Camera.
L’iter dei lavori
parlamentari mostra che il Ministero degli Esteri non condivideva
l’approccio politico-giuridico alle possibili soluzioni del problema del
debito. Il fatto che il parere contrario del Ministero sia stato espresso in Commissione
e in Aula da due diversi sottosegretari è indicativo di una linea
politica condivisa dall’intera amministrazione. La ragione di questa
linea, a mio avviso, è che rispetto al classico approccio
politico-economico, quello politico-giuridico dell’articolo 7 della legge
209/2000 ha una portata eversiva dell’ordine
dettato dalla forza della parte creditrice. Il creditore potrà
eventualmente accordare con proprio atto unilaterale, la cancellazione di parti
del debito di un Paese a basso reddito ma contrasterà anche la semplice
ipotesi della illegittimità di quel debito. A questa linea di condotta
si attengono i governi dei Paesi creditori anche vanificando la volontà
del Parlamento. L’esperienza italiana è al riguardo significativa.
Infatti, mentre è stato eluso il precetto della mozione e della legge
sull’iniziativa in sede ONU, già nell’anno 2005
l’obiettivo quantitativo della cancellazione di quote del debito estero
dei Paesi a più basso reddito verso l’Italia, era stato conseguito
come documentato nelle relazioni inviate dal Governo al Parlamento[15].
Ad avviso di chi scrive, è assai probabile che, senza la forte pressione
dell’opinione pubblica e di altri autorevoli soggetti, gli Stati,
soprattutto quelli del G7, conserveranno la stessa linea di condotta del
passato.
Alla domanda se
il problema del debito estero dei Paesi a basso reddito, sia ancora attuale e
se nel mondo si producano ancora gravi e diffuse situazioni di violazione dei
diritti umani in conseguenza dello stesso debito, si deve rispondere
affermativamente. Al riguardo rinvio ad un recente lavoro del Prof. Raffaele
Coppola[16]
nel quale sono esposte riflessioni e conclusioni della più ampia
portata, sulla necessità di nuove regole e di un nuovo assetto
internazionali per costruire il futuro dell’umanità sulla base di
principi di giustizia sociale. Da parte mia aggiungo che anche i più
recenti rapporti della Banca mondiale sul debito estero dei Paesi a basso e
medio reddito[17]
segnalano il forte aumento del debito estero di questi Paesi, sia in valore
assoluto e ancora di più in rapporto al volume delle loro esportazioni e
in rapporto al PIL. Questo accade in particolare nei Paesi dell’Africa
sub sahariana ed è causato dalla caduta dei corsi dei prodotti di base,
dalla stagnazione dell’economia e dal rialzo del costo del servizio del
debito per effetto dell’apprezzamento del dollaro americano. Permangono dunque tutte le
ragioni sostanziali per reclamare che il Governo della Repubblica, con
determinazione e accortezza, promuova finalmente una iniziativa in sede Onu per la richiesta di parere alla Corte internazionale di giustizia sulla
coerenza tra le regole internazionali che disciplinano il debito estero dei
Paesi in via di sviluppo e il quadro dei principi generali del diritto e dei
diritti dell'uomo e dei popoli, come prescrive l’articolo
7 della legge 209/2000, norma sempre vigente ma regolarmente non applicata dai
numerosi governi alternatisi nella guida del Paese dopo il 2000.
During the XIII legislature (1996-2001), and in the favorable context of
the millennium Jubilee, the Italian Parliament dealt effectively with the
problem of the external debt of the low-income and heavily indebted Countries.
The present note, after a short summary of the essential issues, intends to
critically examine the crucial moments of the parliamentary debate on specific
measures related to above-mentioned topic. Such measures are closely related to
the view of jurists and economists whose thesis affirms that the mechanism of
external debt accumulation in low-income countries do not comply with the
general principles of law.
These Academics have brought to public institutions attention the
objective of consulting the International Court of Justice on this matter.
Indeed the Parliament of the XIII legislature approved a motion and a provision
of law to address the Government foreign policy in a manner consistent with the
aforementioned objective. However, neither the Government in office at the time
nor those who followed it have implemented the Parliament’s deliberations.
Moreover, even nowadays the external debt is an unbearable burden on the
populations of the poorest countries and it is at the origin of serious
violations of human rights. For this reason, it is essential to strengthen the
cultural, social, political and religious movement to push the Government to
act within the UN in order to start the procedure aimed at consulting the
International Court of Justice.
Nel corso della XIII legislatura (1996-2001), il Parlamento, nel
contesto propizio del Giubileo di fine millennio, si è occupato in modo
efficace del problema del debito estero dei Paesi a basso reddito e
maggiormente indebitati. La presente nota, dopo un succinto riepilogo dei
termini essenziali della questione, intende ripercorrere criticamente i momenti
nevralgici del dibattito parlamentare sugli specifici provvedimenti che hanno
stretta attinenza con le posizioni dei giuristi e degli economisti che
sostengono la tesi della non conformità ai principi generali del diritto
dei meccanismi di accumulazione del debito estero dei Paesi a basso reddito.
Questi studiosi hanno posto all’attenzione delle pubbliche Istituzioni
l’obiettivo di investire della questione la Corte Internazionale di
Giustizia. In effetti il Parlamento della XIII legislatura approvò una
mozione e una disposizione di legge per indirizzare la politica estera del
Governo in modo coerente con l’obiettivo suddetto. Tuttavia né il
Governo allora in carica né quelli che lo hanno seguito hanno attuato le
deliberazioni del Parlamento. Peraltro, anche nel presente il debito estero
grava in modo insostenibile sulle popolazioni dei Paesi più poveri nei
quali è all’origine di gravi violazioni dei diritti umani. Per
questa ragione è auspicabile che si rafforzi il movimento culturale,
sociale, politico e religioso per spingere il Governo ad agire in sede ONU al
fine di avviare il procedimento diretto a chiedere un parere consultivo alla
Corte Internazionale di Giustizia.
[Un
evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende
impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi
presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione
“Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dai promotori
del Seminario “Contro l’usurocrazia ”, dal curatore della
pubblicazione e dalla direzione di Diritto
@ Storia]
* Relazione presentata nel Seminario di studi "CONTRO L’USUROCRAZIA. DEBITO E
DISUGUAGLIANZE", organizzato dall’Unità di ricerca
“Giorgio La Pira” del Consiglio Nazionale delle Ricerche –
Sapienza Università di Roma, diretta dal professore Pierangelo Catalano,
e dal CEISAL - Consejo Europeo de Investigaciones Sociales de
América Latina, Grupo de Trabajo de Jurisprudencia, svoltosi presso la
Biblioteca Centrale del CNR il 15 dicembre 2017, in occasione del XX
Anniversario della “Carta di Sant’Agata de’ Goti –
Dichiarazione su usura e debito internazionale”.
[1] Chi scrive,
nel corso del mandato parlamentare, ebbe occasione di conoscere questa
originale corrente culturale, grazie al Prof. Pierangelo Catalano, romanista,
impegnato in tante buone cause. Grazie a lui incontrò altri illustri e
impegnati studiosi della materia quali il Prof Raffaele Coppola e il Prof
Sandro Schipani e partecipò a importanti riunioni sul tema del debito
estero a Caracas, Brasilia, Annaba e Sant’Agata dei Goti.
[2] La letteratura
sulla materia è copiosa. Una esauriente raccolta di testi e di documenti
è nel volume La dette contre le
droit. Une perspective méditerranéenne, CNR, Progetto Strategico Sistemi Giuridici del Mediterraneo, sotto
la direzione di Pierangelo Catalano e Abdelkader Sid Ahmed, Paris 2001. Nel
suddetto volume sono rinvenibili tutti i documenti citati compresa la “Carta di Sant’Agata dei Goti.
Dichiarazione su usura e debito internazionale”, resa pubblica dal
Vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti MARIO PACIELLO il
29 settembre 1997.
[3] Mozione (1-00023) «Cherchi,
Ranieri, Giovanni Bianchi, Veltri, Solaroli, Soro, Pezzoni, Olivieri, Guerra,
Testa, Mantovani, Brunetti, Meloni», depositata il 1° agosto 1996 e
successivamente sottoscritta anche da Monaco. Atti Parlamentari - 2231 -
Camera dei Deputati XIII LEGISLATURA
- Allegato B ai RESOCONTI -
Seduta del 1° agosto 1996.
[4] Gazzetta
Ufficiale - Serie Generale - n. 175 del 28 luglio 2000.
[5] Atti Parlamentari Camera dei
Deputati XIII LEGISLATURA, DISCUSSIONI, SEDUTA DEL 22 SETTEMBRE 1997, resoconto
stenografico, 27, 34 e SEDUTA DEL 27 MAGGIO 1998, resoconto stenografico, 16,
28.
[6] Atti Parlamentari,Camera dei
Deputati XIII LEGISLATURA, DISCUSSIONI, SEDUTA DEL 27 MAGGIO 1998, N. 361, 16.
[7] Atti Parlamentari, Camera dei
Deputati, XIII LEGISLATURA, DISCUSSIONI, SEDUTA DEL 27 MAGGIO 1998, N. 361, 28.
[8] http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/pdf/6662.pdf . Per seguire
l’intero iter parlamentare del DDL vedi in http://leg13.camera.it/docesta/313/15804/documentotesto.asp?pdl=6662&tab=1&leg=13.
[9] Camera dei
Deputati Bollettino delle Commissioni, III Commissione, Resoconto di
mercoledì 24 maggio 2000.
[10] Emendamenti all’articolo 1
del DDL AC 6662:
«Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti: 2.
L’obiettivo predetto si pone nel quadro della riaffermazione della
volontà dell’Italia di veder attuati pienamente i diritti umani, i
diritti dei popoli, i principi generali del diritto anche in relazione ai
rapporti creditizi nei confronti di tutti i Paesi, e in particolare di tutti i
Paesi in via di sviluppo, in conformità con i principi di
solidarietà umana e internazionale di cui agli articoli 2, 10, 11 della
Costituzione, agli articoli 2, 55, 56 della Carta delle Nazioni Unite,
nonché dei Patti sui Diritti civili e politici e sui diritti economici,
sociali e culturali del 1966, della Risoluzione n. 2625 del 1970, adottata all’unanimità
dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, della Convenzione di Roma
del 1950, del Trattato sull’Unione Europea. 3. Il Governo,
nell’ambito delle istituzioni internazionali competenti, propone
l’avvio delle procedure necessarie per la richiesta di parere alla Corte
Internazionale di Giustizia al fine dell’accertamento del quadro dei
principi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e dei popoli
secondo i quali si deve regolare il debito internazionale. 1. 2. Pezzoni, Cherchi»;
«All’articolo 1, dopo il comma 1, aggiungere il
seguente comma 1-bis: 1-bis. Il Governo, nell’ambito delle istituzioni
internazionali competenti, propone l’avvio delle procedure necessarie per
la richiesta di parere alla Corte Internazionale di Giustizia al fine dell’accertamento
del quadro dei principi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e
dei popoli secondo i quali si deve regolare il debito internazionale; 1. 24. Mantovani».
[11] Camera dei
Deputati Bollettino delle Commissioni, I Commissione, Resoconto di
giovedì 15 giugno 2000, 35.
[12] Camera dei
Deputati Bollettino delle Commissioni, I Commissione, Resoconto di
martedì 20 giugno 2000, 20.
[13] Camera dei
Deputati Bollettino delle Commissioni, III Commissione, Resoconto di
giovedì 22 giugno 2000, 13.
[14] Camera dei
Deputati, Resoconto stenografico, seduta n. 750 del 28.06.2000.
[15] Relazione
sullo stato di attuazione della legge recante misure per la riduzione del
debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati,
presentata annualmente al Parlamento dal Ministero dell’Economia e delle
Finanze. La serie della Relazione è reperibile sul sito del Senato della
Repubblica.
[16] Raffaele Coppola, Etica cattolica, debito e giustizia sociale in vista di un nuovo
assetto internazionale, in Stato, Chiesa
e pluralismo confessionale, 2015.