Descrizione: D-&-Innovazione-2018

 

 

ISPROM

ISTITUTO DI STUDI E PROGRAMMI PER IL MEDITERRANEO

 

Mediterraneo, Russia, Sardegna

Da antonio Gramsci a luigi Polano

Sassari, 1 - 2  dicembre  2017

 

 

Descrizione: Polano-avv-Luigi - CopiaA proposito dell’autobiografia del senatore Luigi Polano

 

LUIGI POLANO

Avvocato del Foro di Sassari

 

 

SOMMARIO: 1. Il periodo giovanile. – 2. L’incontro con Gramsci. – 3. L’impegno all’estero. – 4. L’incontro con Lenin. – 5. Dal congresso di Livorno alla fine della guerra.

 

 

 

1. – Il periodo giovanile

 

La storia di Luigi Polano è certamente avvincente e appassionante. Una storia durata ben 87 anni. Una storia di ideali, di impegno politico, di affetti familiari, di forte senso di giustizia ma soprattutto di coerenza, quella che ha improntato tutta la sua vita.

Luigi Polano, nacque a Sassari il 3 aprile 1897 da Giovanni Antonio Polano, commerciante, repubblicano fervente e libero pensatore, e da Angela Russo. Ultimo di otto figli, durante gli studi di ragioneria, grazie a due compagni di scuola, si avvicinò al Circolo Giovanile Socialista, a cui venne ammesso nel febbraio del 1914.

Già nel 1915 ne divenne segretario prendendo parte attiva a manifestazioni contro l’entrata in guerra dell’Italia. In quell’anno iniziò la collaborazione con il giornale l’Avanguardia, organo centrale dell’FGSI. Nel 1916 diventò segretario della neonata Federazione Giovanile Socialista Sarda, di cui fu tra i promotori.

Nell’estate del 1916 venne chiamato al servizio militare ma dopo lunga osservazione venne riformato per grave difetto visivo.

Nel gennaio del 1917 venne delegato a partecipare al Consiglio Nazionale del FGSI e venne eletto nel CE del FGSI. In quel periodo si trasferì a Roma per frequentare l’Istituto superiore di studi economici e commerciali, lavorando nel pomeriggio come contabile in un’azienda. Entrò a far parte della redazione dell’Avanguardia. A giugno di quell’anno fu tra gli organizzatori di una grande manifestazione di oltre 2000 donne davanti a Montecitorio alla parola d’ordine Pane e Pace. Fu arrestato con gli altri dirigenti e condannato a 8 giorni di reclusione che scontò a Regina Coeli. Nello stesso periodo fu incaricato dal CE della FGSI di assumere provvisoriamente l’incarico di Segretario della FGSI e poi di Direttore dell’Avanguardia poiché i compagni Cilla e Bordiga erano stati richiamati alle armi.

Nel VI Congresso Nazionale della FGSI si approvò una risoluzione da lui presentata sull’orientamento internazionale della Federazione, valutata la portata storica degli avvenimenti della Russia, con un saluto fraterno alla Russia rivoluzionaria. In seguito venne confermato segretario politico fino al 1921 quando, dopo l’VIII Congresso la FGSI diventò la FGCI, sezione dell’IGC.

Nel 1917 si recò a Torino ove conobbe Gramsci.

 

 

2. – L’incontro con Gramsci

 

“Dopo la fine del congresso FGSI di Firenze il compagno Mario Montagnana mi propose di recarmi a Torino, la sua città, verso la fine di settembre per riferire sui lavori del congresso ad una assemblea di giovani socialisti torinesi. Il 28 settembre giunsi a Torino, Mario mi attendeva in stazione e mi propose di andare a trovare nel suo ufficio il compagno Antonio Gramsci, un sardo, mi disse, che risiedeva da diversi anni a Torino. Non sapevo quasi niente di Gramsci. Ne avevo sentito parlare una volta da Giacinto Menotti Serrato, Direttore dell’Avanti, che ne apprezzava molto il lavoro di corrispondente del giornale. Cammin facendo Mario mi parlò di Gramsci, delle sue origini, dei suoi studi e del suo impegno politico e del suo rapporto con i giovani. Mentre Mario mi parlava di Gramsci si sentiva che egli nutriva per lui un gran rispetto e molto affetto.

Ci fermammo davanti ad un grande edificio. Salimmo al primo piano. Mario bussò ad una porta, l’aprì ed entrammo. Era l’ufficio di Gramsci. Di fronte alla porta vi era un grande tavolo sul quale erano ammucchiati giornali, riviste e libri. Dietro al tavolo era seduto lui, Gramsci, il quale, appena Mario disse chi io fossi, e fece il mio nome, si alzò e ci venne incontro tendendo le mani. Mi abbracciò, poi, indicandoci delle sedie, ci fece accomodare.

Cominciò a parlare ponendomi delle domande sul luogo di nascita, sulla mia origine sociale, sugli studi fatti, da quanto tempo mancavo dalla Sardegna, sull’organizzazione socialista nell’isola. Poi mi parlò della sua famiglia, ricordando soprattutto la madre, alla quale si sentiva particolarmente legato. Sentiva molto la nostalgia per la sua terra, per la sua famiglia. Conosceva storie e leggende della Sardegna, ma anche, nelle grandi linee, era al corrente della situazione economica e sociale, delle lotte dei lavoratori sardi, tutto ciò parte per esperienza diretta e parte per la sua attenta lettura dei giornali e di ogni tipo di pubblicazione che riusciva a procurarsi. Poi passò a parlare del Congresso di Firenze della FGSI.

Sapeva come esso si era svolto, giacché Mario lo aveva informato. Lo considerò un fatto molto importante per le posizioni politiche assunte e per la prova di maturità che aveva dato. Infine passò a parlarci della rivoluzione russa, esprimendo la sua convinzione che la giusta lotta condotta dai bolscevichi, sotto la guida di Lenin, avrebbe dato i suoi frutti, salvandola dagli attacchi della reazione interna ed esterna, con la vittoria dei lavoratori.

Trascorremmo così altre due ore nell’ufficio di Gramsci, finché, richiamato dai suoi impegni, si alzò per riprendere il suo posto al tavolo di lavoro.

 

 

3. – L’impegno all’estero

 

Nel marzo del 1919, su incarico del CE della FGSI, riprese i contatti internazionali con il Bureau dell’IGS e con le organizzazioni estere col proposito di creare le premesse per ricostruire una IG ispirata ai principi della Rivoluzione Socialista Russa. Nel novembre partecipò per la FGSI al Congresso della gioventù comunista operaia e rivoluzionaria a Berlino, ove venne fondata l’IGC, in cui venne eletto nel CE. In tale veste, nel giugno del 1920, partecipò al II Congresso dell’IC a Mosca, ove conobbe Lenin. Durante i lavori congressuali votò a favore delle 21 condizioni per l’ammissione dei partiti all’IC.

 

 

4. – L’incontro con Lenin

 

“Il 20 maggio del 1920 si riuniva il Comitato Esecutivo dell’Internazionale Giovanile Comunista (I.G.C.) di cui facevo parte. In quella riunione si doveva discutere un argomento importantissimo: era stato convocato infatti il secondo Congresso dell’Internazionale Comunista, che si sarebbe dovuto tenere a Mosca nel luglio di quell’anno, dovevamo vedere gli argomenti che vi sarebbero stati discussi, e nominare la delegazione da inviare al Congresso in rappresentanza dell’I.G.C. Per la delegazione venivano designati: Iazaro Sciatzkin, Willy Munzemberg ed io.

Da quel momento il pensiero che sarei andato a Mosca, che avrei preso contatto col valoroso popolo che aveva fatto la grande Rivoluzione Socialista d’ottobre, che avrei conosciuto i compagni dirigenti del partito bolscevico protagonisti della rivoluzione, che avrei visto Lenin che avrei potuto ascoltare la sua parola e che forse avrei potuto avvicinarlo e stringere la mano al geniale capo rivoluzionario, il cui nome e il cui insegnamento erano diventati la guida luminosa per il proletariato e i popoli oppressi di tutto il mondo -questo pensiero aveva suscitato nel mio animo una intensa emozione. E rientrato a Roma attendevo impazientemente il giorno della partenza per la Russia Sovietica.

Finalmente in giugno ricevetti un telegramma di Willy Munzemberg col quale mi comunicava che la data d’apertura del secondo Congresso dell’Internazionale Comunista era fissata per il 19 luglio.

La mia partenza ebbe luogo il 5 luglio. Il passaggio della frontiera fra l’Estonia e la Russia Sovietica fu un momento di indicibile commozione e di irrefrenabile entusiasmo. Entrare sul territorio sovietico, vedere al confine le bandiere rosse con la falce e il martello, ricevere il saluto e l’abbraccio fraterno dei compagni sovietici: tutto ciò mi sembrava come un sogno meraviglioso e non seppi trattenere le lacrime. Avrei voluto gridare la mia gioia, ma non riuscivo a farlo, l’emozione mi serrava la gola.

Il secondo Congresso dell’Internazionale Comunista ebbe luogo dal 19 luglio al 6 agosto del 1920.

Fu durante la seduta inaugurale del Congresso che vidi Lenin per la prima volta. Quando apparve nell’aula del Palazzo Uritzki e si avvicinò al banco della presidenza, tutti i delegati e gli invitati scattarono in piedi e un uragano di applausi interminabili salutò il grande capo della rivoluzione socialista.

Lenin svolse il suo rapporto su “la situazione internazionale e i compiti dell’Internazionale Comunista”. Ascoltando, nella traduzione che veniva fatta, fui particolarmente colpito dalle sue argomentazioni semplici e serrate, dalla forza di convinzione che esprimeva e dalla sicurezza della prospettiva per l’avanzata del movimento comunista, e sulla inevitabile sconfitta dell’imperialismo.

Dopo la seduta inaugurale ci fu un grande comizio nella piazza davanti al Palazzo d’inverno.

Quando Lenin parlò io mi trovavo sul palco in prossimità della tribuna. Fu allora che potei vedere più da vicino il suo viso, la sua figura e sentire distintamente la sua voce. Non capivo allora niente della lingua russa: ma i miei occhi non potevano staccarsi da Lenin. E nel guardarlo, nell’ascoltare la sua voce, si ingigantiva nel mio animo l’entusiasmo, l’ammirazione e la commozione per trovarmi li, a pochi passi da lui. Quei momenti sono rimasti indelebilmente vivi e impressi nella mia memoria.

Fu in un giorno di fine luglio che ebbi la fortuna di stringere la mano a Lenin e di parlare con lui.

Quel giorno Lenin venne a sedersi sugli scalini che portavano al banco della presidenza e alla tribuna. Lo faceva spesso per seguire più attentamente gli oratori che gli premeva più di ascoltare. Ed infatti li ascoltava attentamente, e poggiando il suo block-notes sulle ginocchia, di tanto in tanto prendeva degli appunti.

Munzemberg ed io eravamo seduti nelle sedie della prima fila proprio davanti alla tribuna, eravamo quindi a brevissima distanza da Lenin.

Munzemberg lo salutò e mi presentò, dicendogli il mio nome e il paese di provenienza, aggiungendo che ero segretario della gioventù socialista italiana e membro del Comitato esecutivo dell’I.G.C.

Lenin mi stese la mano, poi riprese ad ascoltare l’oratore che parlava in quel momento.

Poco dopo, sporgendosi verso Munzemberg, disse che al primo intervallo avrebbe voluto volentieri un incontro con me, in una saletta vicina.

All’intervallo infatti mi recai con Munzemberg nella saletta. Subito dopo sopraggiunse Lenin. Mi trovai allora faccia a faccia con lui. Era venuto il momento che avevo tanto ansiosamente desiderato e atteso. Una gioia immensa agitava l’animo mio. Per un momento rimasi scosso e confuso. Ma Lenin ruppe subito il silenzio, dicendomi: come vi trovate a Mosca? Risposi: benissimo! Sono tanto felice di essere qui con voi.

Lenin disse allora che -ancora quando si trovava in Svizzera- aveva sentito dal compagno Munzemberg della posizione internazionalista e della lotta coraggiosa della gioventù socialista italiana durante gli anni della guerra, e della sua adesione fin dal primo momento alle posizioni della sinistra di Zimmerwald. Così pure disse di aver saputo dell’adesione che per prima in Italia la federazione giovanile socialista aveva dato all’Internazionale comunista, subito dopo il primo Congresso costitutivo del marzo 1919 e dell’attiva propaganda che avevano svolto dentro il partito Socialista per suscitare tra i suoi militanti un movimento in favore dell’Internazionale Comunista (avevano stampato e diffuso tra i giovani, fra i militanti e fra gli operai 100.000 copie dell’Appello del primo congresso dell’Internazionale Comunista).

Poi Lenin mi rivolse la domanda: quanti iscritti vi sono nella Federazione Giovanile Socialista Italiana? Risposi che prima dell’entrata in guerra dell’Italia, nel 1914, vi erano 10.000 giovani tesserati, che durante la guerra erano calati fino a 5-6000 ma che nel 1920, a giugno, i tesserati erano già oltre 60.000 …

Lenin disse: bene bene. Lavorate per fare della vostra Federazione una grande organizzazione di massa della gioventù socialista.

Poi mi chiese: non pensate di cambiare il nome della vostra Federazione Giovanile da socialista in comunista? Risposi che era previsto il cambiamento del nome al prossimo Congresso Nazionale che si sarebbe tenuto probabilmente nei prossimi mesi del 1921.

Lenin mi chiese ancora: qual è la vostra posizione sulla situazione interna del Partito Socialista Italiano? Pensate che la presenza dei riformisti e degli opportunisti nel Partito socialista possa essere compatibile con l’appartenenza del Partito Socialista Italiano all’Internazionale Comunista, come ha deciso il Congresso di Bologna del novembre 1919? Risposi che a mio avviso i riformisti e gli opportunisti italiani …. non potevano stare nelle file dell’Internazionale Comunista perché le loro posizioni erano in netto contrasto con quelle dell’Internazionale Comunista, pertanto dovevano esser messi fuori dal Partito Socialista Italiano. E questa non era la mia posizione, ma era la posizione del 90% dei giovani socialisti tesserati.

Lenin mi rivolse un’altra domanda: cosa ne pensate della battaglia che conduce Bordiga e la sua frazione dentro il Partito Socialista Italiano sostenendo l’astensione del Partito dalle elezioni politiche per il Parlamento? Risposi che mentre ero d’accordo con Bordiga per l’espulsione dei riformisti dalle file del Partito Socialista, non ero d’accordo con lui circa la questione dell’astensione del Partito della battaglia elettorale e dell’antiparlamentarismo. ….

Lenin poi mi rivolse un’altra domanda: in quali parti d’Italia la vostra Federazione ha più influenza sulla gioventù? Vi occupate di conquistare al Socialismo la gioventù contadina? Risposi che l’influenza della Federazione giovanile era più forte nei centri operai e nelle zone dov’era prevalente il bracciantato agricolo e che avevamo un buon numero di studenti e impiegati. Dovetti confessare che non avevamo dato una particolare attenzione alla penetrazione tra la gioventù contadina…

Lenin allora m’interruppe per dirmi che era invece necessario proprio dedicare uno sforzo di penetrazione fra le masse della gioventù contadina, giacché la classe operaia nella sua lotta rivoluzionaria per una nuova società deve conquistarsi l’alleanza delle grandi masse dei contadini. Poi aggiunse: l’organizzazione giovanile per diventare un’organizzazione di massa della gioventù deve, oltre a diffondere l’ideale socialista fra i giovani, occuparsi dei problemi concreti delle masse giovanili: dei giovani operai, dei giovani braccianti come dei giovani contadini, degli studenti.

Del resto -concluse- questi sono problemi di tutto il movimento comunista, e di questi problemi appunto discuteremo in questo nostro congresso

Con queste parole Lenin prese congedo, dandomi ancora la mano “ci rivedremo ancora, durante il Congresso -mi disse- ma comunque fin da ora vi auguro un buon soggiorno da noi, un buon ritorno in Italia e molti nuovi successi alla vostra Federazione Giovanile Socialista. Sono convinto che dai lavori del Congresso dell’Internazionale Comunista riceverete importanti e utili indicazioni per il vostro lavoro in Italia”.

 

 

5. – Dal congresso di Livorno alla fine della guerra

 

A novembre di quell’anno partecipò ad Imola alla costituzione della frazione comunista in vista del Congresso del PSI, entrando nel CC. In seguito, nel gennaio del 1921, partecipò al 17° Congresso del PSI a Livorno, ove, dopo il voto sulle mozioni e la dichiarazione del rappresentante della frazione comunista di voler abbandonare il Congresso per recarsi al teatro S. Marco per proclamare la costituzione del PCd’I, dichiarò, prendendo la parola al Congresso, che la FGS avrebbe rotto il legame con il PSI ed avrebbe seguito la frazione comunista. Al teatro S. Marco intervenne dichiarando che, per volontà quasi unanime dei suoi aderenti, la FGS avrebbe aderito e legato le sue sorti a quelle del PCd’I. Fu così che al successivo Congresso della FGSI si confermò il distacco dal PSI, l’adesione al PCd’I ed il cambio del nome in FGCI.

A maggio del 1921 si sposò a Sassari con Maria Piras, con cui era fidanzato da oltre otto anni. In quel periodo si trasferì a Berlino, ove era stato chiamato a lavorare presso il CE dell’IGC, per poi partecipare come delegato dell’IGC al II Congresso dell’IGC a Mosca.

Tornato a Roma lavorò per l’organizzazione del partito fino a quando, a maggio del 1922, fu designato come capo redattore del Lavoratore, a Trieste. Ad ottobre, proprio durante l’ennesima “offensiva” delle squadre fasciste contro il giornale, nacque il figlio Vladimiro che però, a causa di un parto complicato e della difficoltà di un tempestivo intervento del medico, (la strada era totalmente bloccata dai fascisti), morì pochi giorni dopo. Maria fu salvata in extremis. Nel gennaio del 1923, durante l’ennesima irruzione della polizia fascista nella redazione del giornale, fu trovato un documento con l’appello al popolo italiano contro il governo fascista. Tutta la redazione venne arrestata per complotto. L’istruttoria durò sei mesi ma poi il giudice prosciolse tutti per insufficienza di prove, anche se Luigi Polano fu costretto a tornare in Sardegna, sorvegliato giorno e notte.

Nel 1924 Vittorio Vidali gli propose di recarsi a New York quale direttore del giornale Il Lavoratore, con l’assenso del partito, ma a dicembre, giunto a Parigi e presi contatti con il Soccorso Rosso Internazionale, venne informato che al momento non era possibile organizzare il viaggio negli Stati Uniti.

A Parigi, a maggio del 1925, incontrò Togliatti che gli comunicò che si sarebbe dovuto recare in Unione Sovietica per stabilire contatti con i marittimi italiani e stranieri che frequentavano i porti sul Mar Nero, trovare compagni simpatizzanti fidati le cui navi toccavano anche i porti italiani per inviare pubblicazioni e volantini. Pertanto si trasferì prima ad Odessa, poi a Novorossijsk, dove nel 1929 nacque il figlio Prometeo, e poi a Batum, creando una rete di fiduciari a bordo delle navi, che portavano continuamente notizie, informazioni e pubblicazioni dell’Italia.

Nel 1930 fu chiamato a Mosca per dirigere l’ufficio centrale di coordinamento dei lavoratori marittimi delle navi straniere che toccavano i porti sovietici fino a quando, nella primavera dell’anno successivo, fu designato a far parte della segreteria dell’Internazionale Sindacale dei marittimi e portuali per cui si trasferì prima ad Amburgo, poi ad Anversa e a Parigi. Per svolgere quel compito, essendo scaduto il passaporto e non potendone avere uno nuovo, dal 1931 al 1937 prese il nome di Henry Moris recandosi più volte in Inghilterra, Francia, Spagna, Norvegia, Svezia e Grecia, per poi tornare a Mosca.

A dicembre del 1938 ricevette ordine da Togliatti di recarsi negli Stati Uniti per lavorare tra gli emigrati italiani. Partito da Mosca alla volta di Parigi, fu fermato dalla polizia di Copenaghen ed espulso in Svezia. Lì, arrestato e sottoposto a lunghi interrogatori, fu poi espulso in Finlandia fino al ritorno a Mosca. Il viaggio in USA non ebbe più luogo.

A giugno del 1940 fu incaricato di lavorare nella redazione italiana di Radio Mosca fino a che, a settembre del 1941, Togliatti gli comunicò che era stato prescelto per una missione speciale e segreta: parlare agli italiani da una stazione radio clandestina, demolendo sistematicamente le menzogne fasciste sulla guerra dell’asse e chiamare gli italiani ad abbattere Mussolini ed il regime fascista per costruire un’Italia libera, democratica e indipendente. Ebbe così vita la Voce della verità.

Nel novembre del 1945, terminata la guerra, ritornò a Sassari.