ISPROM
ISTITUTO DI STUDI E PROGRAMMI
PER IL MEDITERRANEO
CITTà DEL
MEDITERRANEO
iNCONTRO
PROGRAMMATICO PER LA COOPERAZIONE
Sassari, 2 - 3 dicembre 2016
Le sanzioni reciproche Unione
Europea-Russia
e le conseguenze sul settore agroalimentare italiano
FRANCESCO
NUVOLI
Università
di Sassari
SOMMARIO: 1. Le sanzioni
dell'Unione Europea alla Crimea e a Sebastopoli. - 2. Le sanzioni dell'Unione Europea alla Russia. - 3. Le contro-sanzioni della Russia all'Unione
Europea. - 4. Le conseguenze sull'economia e
sul settore agroalimentare italiano.
1.
Le sanzioni dell'Unione Europea
alla Crimea e a Sebastopoli
L'iniziativa dell'Unione Europea di adottare misure
restrittive nei riguardi della Russia, prende le mosse il 3 marzo del 2014
quando il Consiglio degli "Affari Esteri" si riunisce per esaminare
la situazione esistente in Ucraina e decide di sospendere i colloqui bilaterali
con la Federazione Russa. Nella riunione successiva del 6 marzo, i capi di
stato e di governo degli Stati membri dell'Unione esprimono la condanna per la
violazione dell'integrità e sovranità territoriale dell'Ucraina e, inoltre,
ritengono illegale l'indizione di un referendum sul futuro status del
territorio della Crimea in quanto contrario alla costituzione ucraina[1]. Il Consiglio dell'Unione
Europea ritiene che la soluzione della crisi esistente nei rapporti tra
l'Ucraina e la Federazione Russa debba essere raggiunta attraverso l'attuazione
di negoziati tra le parti in causa[2]. Nonostante la
formulazione di queste indicazioni, il 17 marzo il Consiglio adotta la
Decisione 2014/145/PESC[3] e il Reg. (UE) n° 269,
prima citato, che attua le misure restrittive, le prime, con le quali vengono
disposte "restrizioni ai viaggi e il congelamento dei fondi e delle
risorse economiche di determinate persone", impedendo anche di mettere
fondi a disposizione e destinarli a loro vantaggio. Si tratta di 21 funzionari
russi e ucraini riportati nell'Allegato 1 del Regolamento e nell'Allegato della
Decisione, ritenuti "responsabili di azioni che compromettono o minacciano
l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina. L'elenco
dei funzionari prima citato viene poi aggiornato pochi giorni dopo (21 marzo)
con l'inserimento di altri 12 nominativi a seguito dell'annessione della Crimea
e di Sebastopoli alla Federazione Russa. L'Unione Europea condanna l'avvenuta
annessione e dichiara che non la riconoscerà; la stessa posizione è assunta
dall'ONU la cui Assemblea ha adottato il
27 marzo 2014 la risoluzione 68/262 con cui "ha ribadito il proprio
impegno verso la sovranità, l'indipendenza politica, l'unità e l'integrità
territoriale dell'Ucraina nei suoi confini riconosciuti internazionalmente,
ribadendo la nullità del referendum svolto in Crimea il 16 marzo nonché
esortato tutti gli Stati a non riconoscere modifiche della status della Crime a
e di Sebastopoli"[4].
L'annessione, giudicata illegale dall'Unione Europea, non
è priva di ripercussioni di natura sanzionatoria. Infatti, l'Unione Europea con
la Decisione 2014/386/PESC del Consiglio e il Reg. n°692/2014, varati il 23
giugno 2014, dà inizio alle restrizioni di natura commerciale dato che impone
il divieto di importazione nei Paesi dell'Unione delle merci originarie della
Crimea o di Sebastopoli. L'art.2 del Reg. appena citato, specifica inoltre il
divieto di "fornire direttamente o indirettamente finanziamenti o
assistenza finanziaria, nonché fornire o assicurazioni e riassicurazioni
connesse all'importazione delle merci". Le merci oggetto del divieto[5] sono quelle
"originarie della Crimea o di Sebastopoli: merci interamente ottenute in
Crimea e a Sebastopoli o che vi abbiano subito la loro ultima trasformazione
sostanziale".
L'Unione Europea, dopo aver varato queste misure,
sollecita la Russia a "bloccare il crescente flusso di armi, attrezzature
e militanti attraverso la frontiera", a ritirare le sue truppe aggiuntive
dalla zona di confine[6]. La mancata risposta alle
sollecitazioni dell'U.E. comporta l'estensione delle misure restrittive alla
stessa Federazione Russa in quanto il "Consiglio ritiene appropriata
l'adozione in risposta alle azioni della Russia che destabilizzano la
situazione in Ucraina"[7]. L'Unione Europea, oltre
alla Decisione appena citata, vara nella stessa data del 31 luglio 2014, il
Reg. (UE) n°833/2014 le cui disposizioni contengono misure restrittive di
natura commerciale. Queste misure, a differenza di quelle sancite per la Crimea
e Sebastopoli, non riguardano il divieto di importazione, bensì il contrario.
Infatti, viene stabilita l'adozione di restrizioni sull'esportazione di
determinati beni e tecnologie a duplice uso[8]. Il Reg. (UE) n°833/2014
vieta di "vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o
indirettamente, i beni e le tecnologie a duplice uso, anche non originari
dell'Unione, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in
Russia, o per un uso in Russia, se i prodotti in questione sono o possono
essere destinati, in tutto o in parte, a un uso militare ovvero a un
utilizzatore finale militare". Inoltre, l'art.3 del Reg. appena citato
specifica che "occorre un'autorizzazione preventiva per vendere, fornire,
trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, le tecnologie elencate
nell'allegato II. Questo allegato comprende determinate tecnologie adatte per
il settore petrolifero da utilizzare per la prospezione e la produzione del
petrolio in acque profonde e artiche...". Altre restrizioni riguardano
l'accesso al mercato dei capitali per determinati enti finanziari. Le sanzioni
contenute nelle disposizioni esaminate, sono state successivamente inasprite
dall'Unione Europea a seguito della "gravità della situazione" e
"allo scopo di esercitare pressione sul governo russo"[9]. Così, con la Decisione
2014/659/PESC e il Reg. (UE) n°960/2014 che modifica il precedente Reg. (UE)
n°833/2014 nelle misure relative ai beni e tecnologie a duplice uso, al mercato
dei capitali e ai servizi associati necessari per la prospezione e la
produzione petrolifera in acque profonde, si ha una maggiore incisività delle
azioni stabilite. L'inasprimento delle misure da parte dell'Unione Europea
continua in quanto viene ulteriormente limitata l'operatività nell'ambito
dell'interscambio con il Reg. (UE) n°1290/2014 che attua la Decisione
2014/872/PESC, entrambi varati il 4 dicembre 2014. Infatti,con riferimento, ad esempio, alle prospezioni
petrolifere, viene esteso a profondità superiore ai 150 metri il divieto di
fornire "servizi associati per le categorie di progetti di prospezione e
produzione petrolifera"(punto 1 dell'art.3 bis del Reg.citato).
Le misure restrittive adottate dall'Unione Europea,
iniziate, come prima evidenziato, nel mese di marzo del 2014, sono state
prorogate fino al 31 gennaio del 2017. Ciò è avvenuto a seguito della verifica
in merito all'attuazione degli accordi di Minsk [10]che non ha soddisfatto
l'Unione Europea. Il Consiglio dell'Unione Europea, inoltre, ha prorogato fino
al 23 giugno 2017 le misure restrittive in risposta all'annessione illegale della
Crimea e di Sebastopoli, misure che riguardano 146 persone e 37 imprese.
La Federazione Russa, di fronte all'azione promossa
dall'Unione Europea non è rimasta indifferente, anzi ha reagito con tempestività
tanto che il 6 agosto 2014, il Presidente, con il Decreto (Ukaz)
n°560 concernente misure economiche speciali atte a garantire la sicurezza
della Federazione russa, ha "introdotto il divieto di importare nel suo
Paese alcune categorie di alimenti" e ha demandato al governo il compito
di indicare i Paesi soggetti al divieto e l'elenco dei prodotti da includere
nello stesso divieto. Il decreto n° 778 del governo, emanato il 7 agosto 2014,
specifica che l'Unione Europea, Stati Uniti, Canada, Australia e Norvegia non
possono esportare in Russia. Tra i prodotti inclusi nell'embargo figurano:
carni bovine e suine, pollame, pesce, formaggi, latticini, frutta e verdura[11]. Non vengono inseriti tra
quelli oggetto di divieto, gli alcolici, le bevande, la pasta i dolciumi e i
prodotti da forno. Con il successivo decreto n°830/2014 del Governo è stata
ripristinata la possibilità di importazione di avannoti
di salmone atlantico e di trota, latte e latticini senza lattosio, patate,
cipolle da semina. Il Decreto del governo n°472/2016 provvede inoltre a
ripristinare l'importazione nella Federazione Russa di materie prime destinate
alla produzione di alimenti per la prima infanzia e cioè: carne bovina
congelata, carni di pollo congelate e di altri volatili da allevamento, verdure
congelate e essiccate. Il successivo decreto n° 897/2016 include il sale tra i
prodotti sotto embargo. L'embargo dei prodotti, prima indicati, è esteso fino
al 31 dicembre 2017 con il Decreto n° 608/2016. La Federazione Russa ha
introdotto, sempre a partire dal mese di agosto del 2014, limitazioni
all'acquisto da parte della pubblica amministrazione e delle imprese a
controllo pubblico, di alcune categorie di prodotti provenienti dall'estero
qualora sussistano prodotti alternativi/equivalenti sul mercato russo. I
prodotti in questione riguardano:
- prodotti tessili, abbigliamento, calzature, valigie e
pelli;
- automobili, furgoni, camion, autobus, ruspe, tram;
- diverse categorie di dispositivi medici (tra cui,
apparecchiature, vestiario);
- software con diritti esclusivi non russi;
- farmaci essenziali e salvavita.
A questa limitazione dei flussi, la Federazione Russa ha
aggiunto il divieto di esportazione di altri prodotti. Così il Decreto
governativo n° 826/2014 vieta l'esportazione di semilavorati di pelle, divieto
esteso fino al 18 gennaio 2017. Abbiamo così esaminato le contro-sanzioni
adottate dalla Federazione Russa.
Vediamo ora di analizzare le conseguenze sull'economia e,
in particolare, sul settore agroalimentare italiano di queste misure che hanno
comportato, come è comprensibile, una riduzione dei flussi commerciali. Con
riferimento al periodo 2014-2015, l'Ufficio Studi della Confederazione Generale
Italiana Artigianato (CGIA) di Mestre, calcola una perdita di 3,6 miliardi di
euro dell'esportazione italiana di beni verso la Russia. Infatti l'export
italiano è passato da 10,7 miliardi del 2013 a 7,1 miliardi di euro del 2015
con una riduzione del 34%. L'entità complessiva è ripartita tra: macchinari
(-648,3 milioni di euro), abbigliamento (-539,2 ml.), autoveicoli (-399,1 ml),
calzature/articoli in pelle (-369,4 ml.), prodotti in metallo (259,8 ml.),
mobili (-230,2 ml.), apparecchiature elettriche (-195,7 ml.). Secondo uno
studio del WIFO (The Vienna Institute for
International Economie Studies), l'Italia ha perduto,
nel 2015, circa 80 mila posti di lavoro per effetto delle sanzioni.
Relativamente al settore agroalimentare, per le dogane russe, la riduzione del flusso,
cioè il danno diretto per l'anno 2015 è pari a 346 milioni di euro. Ai danni
diretti si sommano però quelli indiretti connessi alla conseguente perdita di
immagine dei prodotti italiani e alla diffusione dei prodotti di imitazione.
Inoltre, il contenimento dell'area di mercato delle produzioni agroalimentari
italiane ha comportato crisi di sovrapproduzione, data anche la difficoltà a
individuare con tempestività nuovi mercati, i cui effetti si sono manifestati
con la diminuzione del prezzo dei prodotti oggetto di commercializzazione. I
prodotti agroalimentari che risentono maggiormente delle contro-sanzioni
imposte dalla Federazione Russa sono quelli ortofrutticoli, seguiti dai
formaggi, carne, prosciutti. Per gli ortofrutticoli, in particolare, la situazione
determinata dall'embargo è ritenuta ancora più grave non solo perché interrompe
una fase positiva di crescita del flusso verso il mercato russo, ma per la
deperibilità di questi prodotti che costituisce un limite di mercato. In merito
alla situazione relativa all'embargo dei formaggi, l'Unione Europea è
intervenuta con una misura tesa a ridurne gli effetti negativi. Si tratta del
Reg. Deleg. (UE) n°950/2014 "che istituisce un
regime eccezionale e temporaneo di aiuto all'ammasso privato per taluni formaggi
e fissa anticipatamente l'importo dell'aiuto". Dato che il 7 agosto (punto
1 del Reg.) il Governo russo ha introdotto un divieto sull'importazione di
taluni prodotti inclusi quelli lattiero-caseari, per cui il quantitativo prima
esportato "rischia di dover essere assorbito in gran parte dal mercato
interno causando uno squilibrio", l'U.E. ha ritenuto opportuno istituire
"un regime di aiuto all'ammasso" (art.1) pari a 15,57 euro per
tonnellata immagazzinata per le spese fisse e 0,40 euro per tonnellata per
ciascun giorno di ammasso (art.9). L'intento dei governanti russi, nel fissare
le misure commerciali restrittive, è stato anche quello di favorire lo sviluppo
dell'economia agricola locale e contenere così il flusso dei prodotti verso il
mercato interno. Inoltre, l'applicazione delle sanzioni dell'Unione Europea ha
favorito la riattivazione di vecchi canali commerciali della Russia, quali
l'importazione di carni dal Brasile, Argentina, Paraguay e di prodotti
lattiero-caseari dal Brasile, Argentina e Bielorussia.
Nel concludere questa breve disamina sulla vicenda delle
sanzioni reciproche tra l'Unione Europea e la Federazione Russa, è possibile
sottolineare che gli effetti sono risultati penalizzanti per l'economia dei
Paesi interessati dalle misure adottate. Da più parti viene evidenziato, in
proposito, che le sanzioni economiche, se si applicano, devono essere efficaci
per il Paese che le subisce. Considerato il risultato di queste azioni,
possiamo citare, come una possibile proposta, una riflessione di Giorgio La
Pira che, di ritorno da un viaggio di pace compiuto in Palestina e in Israele,
ha scritto: "La guerra, anche locale non risolve ma aggrava i problemi
umani; essa è ormai uno strumento per sempre finito: e solo l'accordo, il
negoziato, l'edificazione comune, sono gli strumenti che la Provvidenza pone
nelle mani degli uomini per costruire una storia nuova e una civiltà nuova”[12]. Questa riflessione
risale all'anno 1968 ma conserva tuttora piena validità.
[Un evento culturale, in quanto ampiamente
pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione veramente
anonima dei contributi ivi presentati. Al fine della pubblicazione, questo
scritto è stato valutato “in chiaro” dai promotori dei Seminari Russia e Mediterraneo e dalla direzione di Diritto @ Storia]
[1] v. punto 1 del Reg. (UE) n°269/2014 del Consiglio
del 17 marzo 2014.
[2] v. punto 3, pag.6 del Reg. (UE)
n°269/2014.
[3] L'acronimo PESC (Politica Estera e
di Sicurezza Comune). La decisione, al riguardo, del Consiglio, introdotta nel
1992 con il Trattato di Mastricht, vincola gli Stati
membri dell'Unione Europea.
[4] v. punto 2 del Reg. (UE)
n°692/2014 del Consiglio, pag.9.
[5] v. punto C dell'art. 1 del Reg.(UE) n°692/2014.
[6] Dec.
2014/512 PESC del Consiglio del 31 luglio 2014, punto 6.
[7] Dec.
2014/512 PESC citato, punto 8.
[8] I "prodotti a duplice
uso" sono i prodotti inclusi il software e le tecnologie, che possono
avere un utilizzo sia civile sia militare; essi comprendono tutti i beni che
possono avere sia un utilizzo non esplosivo sia un qualche impiego nella
fabbricazione di armi nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari.
[9] v. punti 3 e 6 del Reg. (UE)
n°960/2014, pag. 3.
[10] L'Accordo di Minsk, stipulato il
19 settembre 2014 tra rappresentanti dell'Ucraina, Russia, Repubbliche popolari
di Doneck e di Lugansk per porre fine alla guerra nell'Ucraina orientale, non è
stato rispettato. Un successivo accordo, noto come Minsk 2 è stato stipulato il
12 febbraio 2015.
[11] v. Nota Agenzia ICE, Mosca, 29
giugno 2015.