ISPROM
ISTITUTO DI STUDI E PROGRAMMI PER IL
MEDITERRANEO
Mediterraneo, Russia, Sardegna
Da antonio Gramsci a luigi Polano
Sassari, 1 - 2 dicembre 2017
Un comunista
sassarese nella politica internazionale*
Giovanni Meloni
già
Deputato al Parlamento Italiano
«L'atto
con cui Lenin ci chiama a congresso è il miglior decreto di abilitazione morale
e politica che poteva essere compilato per noi, guardie giovani del socialismo
comunista internazionale!....Sicuri di interpretare la immensa falange dei
giovani socialisti non solo d'Italia ma del mondo intero, rispondiamo
all'appello di Lenin con vibrato presente! Comunisti del mondo, giovani e
adulti, a Congresso! »
Queste parole costituiscono la parte
saliente di una postilla aggiunta da Luigi Polano in calce alla circolare del
febbraio 1919[1]
con cui la Federazione Giovanile Socialista Italiana - FGSI - diffondeva
l'appello, firmato a Mosca da Lenin e Trockij il 23 gennaio di quell'anno, rivolto
"a tutti i partiti contrari alla seconda internazionale", a
partecipare ad una conferenza da tenersi a Mosca, con lo scopo di dar vita alla
terza "Associazione internazionale dei lavoratori".
Polano non aveva allora compiuti i 22 anni,
si era trasferito da Sassari a Roma da meno di 2, ma la sua adesione (fiera ed entusiastica, per dirla con
Paolo Spriano) all'invito leniniano per il nuovo internazionalismo, che avrebbe
dovuto cominciare ad attuare "la dittatura del Proletariato... subordinando
gli interessi di ciascun particolare Paese agli interessi della rivoluzione su
scala internazionale", (come si legge nel messaggio di Lenin) testimonia
ampiamente, aldilà della quasi inevitabile enfasi retorica indotta dalle
vicende storiche del momento, come, anche durante il periodo della propria maturazione
politica e culturale, nonché della propria esperienza di dirigente politico,
egli fosse già padrone di una caratteristica essenziale del rivoluzionario di
professione, caratteristica che, credo, non l'abbia mai abbandonato, neppure
nell'età più avanzata, ossia l'estrema importanza accordata ai rapporti internazionali
fra le organizzazioni e fra gli uomini che le compongono, fondata sulla
consapevolezza che sull'intrecciarsi e l'estendersi di tali rapporti il movimento
operaio e comunista avrebbe dovuto edificare la propria forza e la propria
autorevolezza.
Ma non è certo mio compito riportare qui
particolari delle sue attività che altri ha studiato più di me[2], che altri, come Luigi
Polano nipote, che qui abbiamo avuto la fortunata opportunità di sentire, per
molte ragioni conosce meglio di me. Semmai, potremmo rammaricarci del fatto che
ancora non tutto conosciamo e dobbiamo, perciò essere grati a quegli studiosi
che qui abbiamo ascoltato con grande interesse, che ci portano a conoscenza di
quanto, su Polano, è conservato negli archivi russi.
Mi pare, però, che al di là dei singoli
incarichi da lui ricoperti, tanto come dirigente di Partito, quanto come dirigente
sindacale in Italia e all'estero, si possono individuare con certezza alcune costanti
della prassi politica polaniana, non poche delle quali risulterebbero forse
incomprensibili in un mondo nel quale la politica, da impegno civile quale certamente
era per Polano, è diventata uno degli spettacoli del villagio globale e nemmeno
il più interessante.
Spiccano tra esse la riservatezza e
l'assenza di clamore intorno alle proprie iniziative, riservatezza confermata
anche a distanza di decenni dagli episodi, talvolta leggendari, come quello celeberrimo
che riguarda "La Voce della Verità", trasmissione in lingua italiana
che disturbava le trasmissioni di propaganda dell'EIAR e che tanto preoccupava
il fascismo.
Una riservatezza che costituiva parte
integrante del suo essere rivoluzionario di professione, tanto che essa certamente
ha contribuito a limitare i danni nelle numerose occasioni in cui è stato incarcerato
e processato.
Sobrietà, senso della misura ed equilibrio
determinati da tratti del carattere, certamente, ma ancor di più dalla consapevolezza
di far parte di una comunità di cittadini che avevano scelto, con la militanza
politica, di sobbarcarsi l'onere di costruire insieme una società più giusta.
Per questo personalità politiche come lui, allora non rarissime, oggi quasi
introvabili, avevano la qualità senza la quale non si è veramente politici
(cioè che lavorano per la pòlis) e,
tantomeno, rivoluzionari professionali, ossia la capacità di impegnarsi per la
città futura e non per la prossima scadenza elettorale.
La capacità di lavorare per il futuro e per
determinare nuovi rapporti tra i popoli Polano mantenne intatta nel tempo,
anche quando, tornato in Sardegna, fu eletto in Parlamento per quattro legislature,
a partire dal 1948. La sua attività di parlamentare fu intensa, come al solito
e facilmente lo attestano gli atti delle due Camere. Ma egli, pur seguendo
quotidianamente i problemi dei lavoratori sardi, non dimenticò mai di far parte
di una comunità sovranazionale che vedeva nei rapporti tra i popoli la garanzia
per la conservazione della pace. Così si adoperò per sviluppare e tenere aperti
i rapporti tra il popolo sardo, il popolo italiano e i popoli dei Paesi del socialismo
reale (che certo egli non avrebbe chiamato così), anche nella sua qualità di Presidente
della sezione sassarese della Associazione Italia- Repubblica Democratica
Tedesca e si deve peraltro ricordare che il Comune di Sassari concluse un gemellaggio
con la città sassone di Plauen, con ciò partecipando, su impulso di Polano, al
movimento per il riconoscimento della DDR.
Non trascurò mai la sua esperienza
internazionalista, non volle mai dimenticare, nel solco stesso della impostazione
della politica estera dell'Unione Sovietica degli anni del dopo guerra, che la
pace si mantiene più probabilmente se le diverse culture dei popoli sviluppano
e approfondiscono rapporti convergenti.
Insomma, a me pare che sarebbe bene che i
diversi aspetti della personalità politica di Luigi Polano, la sua coerenza politica,
la sua onestà e dirittura morale, fossero meglio conosciuti dai Sardi, che essi
imparassero ad annoverarlo tra gli uomini politici di grande valore che questa
terra ha dato all'Italia ed alla comunità internazionale.
Però, voglio chiudere brevemente questo
intervento ricordando un problema che mi fu posto proprio da lui.
Voglio anzi ringraziare l'ISPROM e il prof.
Catalano per avermi dato l'opportunità
di assolvere, in qualche modo, ad un impegno contratto, proprio con Luigi
Polano, ormai quasi 50 anni fa.
Era il 1969. Polano mi telefonò e mi disse
che voleva parlarmi. Naturalmente, andai subito da lui. Nei mesi precedenti ero
stato chiamato a far parte della segreteria nazionale della FGCI, con l'incarico
di coordinare le politiche per il Mezzogiorno dei giovani Comunisti. Partendo
da tale circostanza di fatto, Polano osservò che un sardo nella segreteria
nazionale dei giovani comunisti avrebbe ben potuto avere interesse a quale
fosse stato il ruolo svolto dalla FGSI, di cui, com'è ben noto, egli era allora
segretario nazionale, nella scissione del PSI e nella nascita del PCI al
Congresso di Livorno. Riteneva Polano che la ricostruzione fatta di tale ruolo
da Paolo Spriano nel primo volume della sua Storia del Partito Comunista
Italiano fosse imprecisa e che, in particolare, non fosse corretto affermare, come
sosteneva Spriano, che i giovani socialisti guidati da Polano fossero da
annoverarsi fra i bordighiani. Mi invitava, perciò, a sollevare il problema
presso la segreteria nazionale FIGC e verificare se vi fosse la disponibilità a
esaminare la questione, al fine di precisare la collocazione politica assunta
al momento della formazione del PCI dai giovani socialisti, diventati praticamente
tutti giovani comunisti. L'opinione di Polano era che i giovani socialisti
costituissero una componente autonoma dalle altre tre che confluirono per
fondare il PCdI (astensionisti bordighiani, ordinovisti gramsciani, massimalisti).
Sollevai la questione in segreteria
nazionale FGCI. Fu deciso che il problema sarebbe stato studiato da me e da
Giulietto Chiesa, il quale allora dirigeva "Nuova Generazione", quindicinale
della FGCI, e che si sarebbe cominciato a discuterne proprio a partire da un
articolo da far uscire a breve scadenza proprio su quel periodico. Predisposi
perciò l'articolo e lo consegnai a Giulietto Chiesa, Tuttavia, poiché vi erano
in quel momento delle scadenze politiche pressanti, la pubblicazione del pezzo
fu rinviata, anche in considerazione del fatto che, forse, in quel momento
(emergeva come problema assai serio per il Partito la questione del Manifesto)
si preferiva non affrontare una questione che avrebbe potuto avere risvolti di
una qualche delicatezza. Per parte mia, mi accorsi più tardi di non aver
conservato una copia dell'articolo o, comunque, di averla smarrita. Poi molti
processi, che erano peraltro già in atto da tempo, subirono un'accelerazione e
anche il PCI subì una divisione, quella del Manifesto, di fronte alla quale
anch'io ritenni giusto fare una scelta di cui non mi sono mai pentito. In mezzo
a tali eventi, importanti ed assorbenti, per chi li ha vissuti, la questione
posta da Polano fu, com'era inevitabile, trascurata. Ma se, com'è giusto, si
continua a parlare di Polano, forse è anche giusto riprenderla.
Ora, la questione della posizione politica
di Polano e della FGSI nell'imminenza del Congresso di Livorno non è di
semplicissima soluzione. È pur vero che la maggior parte di coloro che hanno
trattato l'argomento sono concordi nel ritenere che i giovani socialisti (per
lo meno i gruppi dirigenti centrali e periferici di essi) fossero sostanzialmente
bordighiani, astensionisti. Ma vi è qualcosa che induce a riflettere. Paolo
Spriano, nella parte del suo lavoro sulla Storia del PCI in cui tratta
dell'approssimarsi delle diverse componenti socialiste al Congresso di Livorno,
e in particolare, del convegno della frazione comunista in cui si accordarono
le volontà scissioniste, convegno che si tenne ad Imola il 28 novembre 1920,
quando riferisce dell'accordo dice: "Accanto a Bordiga per gli
astensionisti, vi sono altri che astensionisti non sono, Misiano, Bombacci, il
giovane Polano, i torinesi Gramsci e Terracini, i milanesi Fortichiari e Repossi"[3]. Dunque, in quella
circostanza, Polano non è ascritto tra gli
astensionisti. Ma quando tratta del Comitato Centrale del PCdI,
scaturito meno di due mesi dopo dalla scissione livornese, elenca i suoi membri
in questo modo: " I loro nomi sono rappresentativi di tutti i gruppi
postisi alle origini del Partito: gli astensionisti Bordiga, Grieco, Parodi,
Sessa, Tarsia, il giovane Polano, gli ordinovisti Gramsci e Terracini, gli uomini
che provengono più direttamente dal massimalismo, Belloni, Bombacci, Gennari e
Misiano, lo stesso Marabini e i due milanesi Repossi e Montichiari"[4]. ora, a ben vedere, il
problema non è la contraddizione che nel giro di poche pagine Spriano introduce
a proposito di Polano, indicato una volta come astensionista e una volta no. il
problema, mi pare sia che, se un maestro come Spriano, accorto, scrupoloso e
preciso, non scioglie tale contraddizione, ciò non può non significare che la
collocazione dei giovani socialisti, se è chiarissima per quanto riguarda la
volontà di formare il partito Comunista, non altrettanto chiaramente è
imputabile ad una delle componenti fondative. Se è così, bisogna riconoscere
che il problema posto da Polano rimane aperto. Si potrà dire che oramai tale
problema non ha più grande importanza, ma a me pare che si possano fare almeno
due considerazioni:
a)
se il problema è aperto, si può forse pensare che proprio in questa terra vi
siano le risorse adeguate per risolverlo, anche perché
b)
si può osservare che i rapporti tra i due sardi, che furono tra i protagonisti
della scissione di Livorno, non siano stati sufficientemente indagati, sebbene
si sappia quanto basta per capire che tra i due vi fosse un certo grado di
contraddizione, tanto che Polano giunge fino al punto di contrapporsi a Lenin
(cosa non semplice, in quelle circostanze) quando questi, in sede di
Internazionale, dichiara di accettare un ordine del giorno ordinovista.
Mi chiedo, allora, e mi permetto di
chiedere a voi, pur sapendo bene di non avere veste alcuna per farlo: non
sarebbe utile e opportuno se da questo seminario scaturisse l'idea, anzi il
proposito di studiare più da vicino il rapporto tra i padri sardi del Comunismo
Italiano?
[Un evento culturale,
in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi
valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Al fine della
pubblicazione, questo scritto è stato valutato “in chiaro” dai promotori dei Seminari Russia e Mediterraneo e dalla
direzione di Diritto @ Storia]
* Intervento
svolto al convegno promosso da Istituto
di Studi e Programmi per il Mediterraneo e dalla Accademia delle Scienze di Russia - Istituto dell'Europa sul tema
"Mediterraneo, Russia, Sardegna. Da
Antonio Gramsci a Luigi Polano. XXXVI Seminario per la Cooperazione
Mediterranea", tenuto a Sassari, 1 e 2 dicembre 2017 presso la sala
della Fondazione Sardegna.
[1] P. Spriano, Storia del Partito comunista
italiano. I. Da Bordiga a Gramsci. Einaudi, Torino 1967, p. 23 documenta che "copia della circolare a
stampa intestata alla FGSI e datata Roma, 15 febbraio 1919, è trasmessa dal
prefetto di Siena il 31 marzo 1919 al ministero dell'Interno per sapere se può
essere oggetto di denunzia all'autorità giudiziaria contenendo «eccitamenti
alla rivolta armata» (ACS, Min. Interno,
Dir. gen. PS, A. g. er., 1919, C. i,
b. 85)."
[2] Cfr. G. Melis, Luigi Polano in F. Andreucci, T: Detti, Il movimento operaio
italiano. Dizionario biografico. Editori Riuniti Roma 1975.
[3] P. Spriano, op. cit., p. 103.
[4] P. Spriano, op. cit., p. 117.