I
cammini di Santiago come patrimonio culturale “lineare”, scelte locali
differenti e prospettive di promozione e sviluppo
SALVATORE MARIO GAIAS
Dottore di ricerca
Università di Sassari
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Evoluzione storica del
cammino di Santiago. –
3. Le scelte operate dalle varie Comunidades Autonomas e le diverse concezione
di “fomento”. – 4. L’Associacion de
Municipios del Camino de Santiago. – 5. L’associazionismo comunale come veicolo di promozione di
un turismo di tipo culturale? Analogie con la realtà italiana. – Abstract.
Il Cammino di Santiago può essere definito, attualmente,
un percorso turistico monumentale caratterizzato da un successo internazionale;
ma è stato, per dodici secoli, primariamente una via religiosa che ha condotto
pellegrini di tutta Europa, attraverso numerose regioni della Spagna, verso la
città di Santiago di Compostela, luogo dove si narra riposino le spoglie
mortali dell’apostolo Giacomo.
Le motivazioni che spingono i moderni pellegrini a
intraprendere il lungo itinerario che conduce alla città storica galiziana sono
molteplici e rispecchiano le variegate esigenze della società contemporanea:
per alcuni il cammino rimane comunque una esperienza religiosa, per altri le
motivazioni spirituali, paesaggistiche, culturali si associano alla volontà di
ritornare ad un principio di mobilità lenta che contrasti con la frenesia che
caratterizza la vita moderna.
Nello specifico la possibilità di compiere un percorso
che si articoli in un numero variabile di tappe da effettuarsi a piedi (sono
presenti anche le varianti in bicicletta o a cavallo) presenta numerose
affinità con le linee guida della attuale concezione della vita: l’esercizio
fisico quotidiano, la possibilità di godere del paesaggio e della natura,
conoscere la storia e la cultura di un territorio, riavvicinarsi ad ambienti e
sistemi di vita legati alla terra, rapportarsi ad altri essere umani superando
le barriere che inevitabilmente i supporti elettronici e le reti sociali
impongono all’uomo moderno.
Dal punto di vista turistico il Cammino di Santiago
integra perfettamente la categoria del turismo culturale, una species che conosce negli ultimi anni
una evoluzione inimmaginabile solo trenta anni fa.
Il turismo si è evoluto ed è passato dall’essere un
sinonimo di viaggio ad una concezione più ampia dove la figura principe diventa
il turista, e più specificamente, il diritto sociale del turista a godere di
una esperienza quanto più completa e policroma possibile che vada ben oltre il
mero spostamento da una località all’altra.
Il pellegrinaggio verso la cattedrale di S. Giacomo a
Compostela è a tutti gli effetti una esperienza attraverso varie vie che
conducono verso una meta ma che raccontano il territorio stesso e le sue
unicità.
Anche dal punto di vista della tutela giuridica il
Cammino di Santiago si caratterizza per essere un unicum formato da numerose realtà diverse che collaborano e si
adoperano al fine di rendere la “ruta
Jacobea” consona ad accogliere un numero di pellegrini in costante
crescita.
I vari percorsi verso il centro galiziano prevedono
l’attraversamento di ben 8 Comunidades Autonomas spagnole, le quali hanno
operato in modo differente al fine di regolamentare gli interventi e lo
sviluppo del cammino e delle attività connesse.
Le Comunidades, e i singoli municipios spagnoli, hanno
dovuto organizzarsi per utilizzare le competenze amministrative e la potestà
legislativa garantita dalla costituzione e lo hanno fatto con risultati diversi
e in alcuni tratti contraddittori, tanto che al momento il Cammino di Santiago
appare come un insieme di realtà distinte unite tra loro piuttosto che un'unica
entità dalle caratteristiche comuni e facilmente riconoscibili durante tutto il
percorso.
Nel
2015 l’UNESCO, facendo seguito alla propria deliberazione del 1993 [1],
ha dichiarato patrimonio dell’umanità ben 2500 km di itinerari giacobei in
Spagna[2].
Attualmente quindi i cammini di Santiago, o per meglio dire tutte le direttrici
che conducono a Santiago di Compostela interessano ben 8 Comunidades Autonomas:
Aragona, Navarra, La Rioja, Castilla Y Leon, Pais Vasco, Cantabria, Asturie,
Galizia.
La necessità di tutela e sviluppo del Cammino di Santiago
si radica nell’importanza del suo carattere storico-culturale[3]
che lo ha reso per più di dodici secoli non solo una semplice via di
comunicazione ma più che altro un “creatore” di società che si è estrinsecato
nella nascita, lungo il corso dello stesso, di numerosi centri abitati che
hanno contribuito all’articolazione urbana e allo sviluppo di numerosi
territori e, soprattutto, come punto di incontro di numerose culture
caratterizzandosi come antesignano della moderna concezione di Europa[4].
Le 8 comunità autonome nelle quali insistono detti
cammini presentano grandissime differenze in ordine ai programmi di
pianificazione e conservazione dell’assetto e di sviluppo del territorio i
quali, alla luce dell’analisi dei provvedimenti assunti, passano dalla
conservazione e protezione dei sentieri storici all’inserimento del cammino tra
i prodotti turistici.
I primi impulsi volti alla rivitalizzazione dell’antica
via medievale denominata “camino francés”[5]
risalgono all’epoca franchista e videro la luce con la finalità di utilizzare
il restauro dei monumenti presenti lungo detto percorso nell’ottica di una
strategia propagandistica volta a rivendicare la natura cattolica e
conservatrice della Spagna di quei tempi[6].
Con questo scopo venne pubblicata una opera monumentale[7]
che permise, successivamente, un approfondito studio accademico volto
all’indagine storiografica dei tempi, dei modi e delle difficoltà
caratterizzanti il pellegrinaggio in epoca medievale[8].
Il decennio che va dal 1965 al 1976 si è caratterizzato
per una vera e propria commistione di fattori aventi origini sia popolari che
istituzionali orientati al recupero della vecchia via medievale. Dietro
l’impulso di storici, archeologi e archivisti interessati a tramandare la
memoria dei primi pellegrini e, altresì, studiosi della cristianità orientati
al recupero dei beni religiosi giacobei sono nate le prime associazioni di “amigos de Santiago” che con l’obiettivo
di tutelare il concetto tradizionale di pellegrinaggio si sono distinti per
un’opera volta all’apposizione di segnaletica lungo il tracciato e alla
sensibilizzazione popolare del concetto di turismo culturale[9].
Detti segnali sono stati recepiti dal governo spagnolo il
quale, nonostante fosse presente un riconoscimento giuridico del cammino di
Santiago[10],
nella metà degli ottanta vide quest’ultimo come la possibilità di giustificare
la “europeità” della Spagna con il fine ultimo dell’ingresso all’interno della
Comunità Europea.
A tal proposito infatti la prima mostra realizzata per
opera del Ministero della Cultura, concomitante al trattato di adesione alla
CEE è datata 1985, e si basò sulla eredità storica lasciata alla penisola
iberica dal Cammino di Santiago il quale si trasformò due anni dopo nel primo
itinerario culturale riconosciuto dal Consiglio d’Europa.
Il 1993 è l’anno nel quale il cammino di Santiago
acquista risonanza internazionale grazie alla somma di diversi fattori
provenienti da numerosi portatori di interesse attivati dall’incorporazione del
“camino francés” tra i beni
patrimonio dell’umanità dichiarati dall’UNESCO. In primo luogo la concomitanza
della prestigiosa onorificenza riconosciuta dall’UNESCO si associò alla
ricorrenza dell’anno santo Giacobeo[11]
che determinò una politica di promozione turistica e culturale sviluppatasi a
partire da vari atti emanati da parte della Xunta de Galicia.
Va sottolineato come alle istituzioni, tra le quali le
comunità autonome e i comuni dei quali si tratterà specificatamente in seguito,
si sono aggiunti in un’ottica di sviluppo di un turismo culturale collegato al
cammino da un lato il lavoro del “Instituto del Turismo de España” che ha
cominciato ad approntare, dal 2002, un piano strategico di attuazione
finalizzato alla promozione e commercializzazione turistica del cammino di
Santiago con cadenza annuale, e dall’altro la creazione della “Gerencia para el
Camino de Santiago” che si occupa della promozione turistica del cammino
all’estero, con l’obiettivo di dare a quest’ultimo una maggiore visibilità a
livello internazionale[12].
E’ meritevole di menzione, infine, il grande servizio prestato, a partire dagli
anni ’90, da parte dei numerosi gruppi di volontari e le confraternite[13]
le quali si occupano della gestione degli alloggi e delle varie attività che si
realizzano durante il cammino, e dalle associazioni che si differenziano tra
volontarie e istituzionali[14]
le quali si occupano rispettivamente di recuperare e segnalare il tracciato e
di riunire differenti amministrazioni pubbliche multilivello con il fine di
reperire fondi e coordinare le attività
ufficiali relative al cammino.
A partire dagli anni ‘80 il cammino di Santiago si trasforma
da itinerario religioso a meta turistica internazionale che attrae, grazie
anche a una imponente campagna mediatica[15],
ogni anno un numero crescente di pellegrini diventando un vero e proprio caso
globale di turismo culturale itinerante; se nel 1970 infatti risultano aver
percorso la “ruta Jacobea” 69 pellegrini e il 1985 (anno dell’ingresso della
Spagna nella CEE) vide 690 viaggiatori sulle strade del cammino, nel 2018 i
viaggiatori che hanno seguito le orme dell’apostolo Giacomo sono stati 327.378 [16].
I 4 cammini storici dichiarati patrimonio dell’umanità
dall’UNESCO nel 2015 (camino francés, caminos del norte, camino primitivo,
camino de la costa) passano attraverso 2.500 km suddivisi in 8 comunità
autonome. Tali itinerari attraversano spazi naturali, comunità agricole,
piccoli centri urbani e grandi città; essi sono un vero e proprio asse
storico-culturale di comunicazione di popoli il quale ha condizionato in modo
netto le modalità di urbanizzazione di determinati territori e la presenza di
un patrimonio architettonico ad esso dedicato[17].
A partire dal 1970 vennero approvati dei piani di
sviluppo e progetti di riordinamento territoriali che riguardassero
specificatamente i territori attraversati dagli itinerari giacobei (in primis
il camino francés) partendo dalle città più grandi per poi passare
rispettivamente alle comunità rurali prima e alle zone di interesse
naturalistico poi.
Soltanto a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso
i piani di sviluppo ebbero ad oggetto l’intero cammino e non solo alcuni
specifici tratti.
I centri rurali, che sono la maggioranza delle realtà che
i viaggiatori incontrano durante il pellegrinaggio, non sono mai stati oggetto
di strategie specifiche ma hanno usufruito, a partire dal 1990, dei piani di
sviluppo rurale sia europei che nazionali[18]
grazie ai quali è stato possibile finanziare la nascita dei “Grupos de Accion
Local” i quali hanno attivato vari progetti volti alla riqualificazione del
territorio e all’attivazione sociale della popolazione dello stesso[19].
La “Ley estatal de Patrimonio Historico”[20]
del 1985 ha sancito l’obbligatorietà di una definizione ed elencazione precisa
dei beni di interesse culturale, e tra essi non è stato inserito il cammino di
Santiago, neanche in seguito alla dichiarazione dell’UNESCO del 1993.
Alla luce di questa inspiegabile esclusione, la stessa
Organizzazione delle Nazioni Unite per la Scienza l’Educazione e la Cultura,
valutando impossibile la protezione di un bene così esteso ha raccomandato alle
autorità spagnole l’attuazione di un piano specifico integrato volto
all’individuazione e alla delimitazione puntuale degli itinerari giacobei.
Le comunità autonome dopo una lunga e travagliata fase
preliminare di studio hanno previsto differenti progetti di pianificazione
integrata, di riqualificazione e crescita delle strutture antistanti il
cammino, della demarcazione delle varie tratte di competenza e dei regolamenti
di tutela ambientale dei territori interessati.
Lo stato spagnolo presenta una struttura decentrata la
quale prevede in capo alle comunità autonome la competenza in ordine a numerose
materie. Nell’ambito che occupa questa trattazione si può sostenere che le
comunità autonome sono competenti riguardo ai tratti di cammino che
attraversano il proprio territorio in base al disposto dell’art. 148.1. della
costituzione e nello specifico al «apartado» 16 della stessa norma dalla quale
si evince che sono le stesse a statuire sul patrimonio artistico e monumentale
del territorio secondo i singoli statuti d’autonomia[21].
Ciò nonostante giurisprudenza costituzionale e dottrina
riconoscono allo stato la possibilità di attrarre a sé la competenza sulla
materia sopraccitata in ambito generale con la finalità di determinare delle
linee guida volte alla creazione di un sistema unitario di sviluppo del cammino
di Santiago, inteso come bene culturale di carattere “supra comunitario”[22].
A dispetto degli obiettivi sbandierati lo stato si è
limitato alla istituzione di un organo di coordinamento, il Consejo Jacobeo
(real decreto 1095/1997), il quale si configura come un ente di cooperazione
tra l’amministrazione generale dello stato e le comunità autonome che la
compongono, a fini di coordinamento e collaborazione nei programmi e gli
interventi previsti in relazione al cammino di Santiago e alla celebrazione
degli anni santi compostelani.
Di seguito le scelte in materia di tutela e sviluppo del
cammino di Santiago operate dalle singole comunità autonome interessate:
a)
Aragona. Il processo di
sviluppo del tratto di cammino situato nella comunità autonoma di Aragona è
stato particolarmente complesso, in quanto la delimitazione provvisoria stabilita
dall’UNESCO nel 1993 è stata modificata con l’intenzione di spostare la via
storica con lo scopo di gestire da un lato, nel tratto sud, la crescita di
agglomerati urbani come Yesa e dall’altro, nella diramazione nord, la
costruzione dell’autostrada A-21: opere dichiarate di interesse collettivo
dallo stato centrale. L’autostrada verrà conclusa entro il 2019 e secondo una
nota del ministero l’itinerario verrà ricollocato parallelamente alla stessa
arteria stradale, più a nord. Contemporaneamente al progetto di ricollocazione
del tratto aragonese nel dicembre del 2007 è stato sottoscritto un accordo di
collaborazione tra il Ministerio del Fomento e la comunità autonoma con lo
scopo di realizzare un programma di restauro, recupero e ricondizionamento del
cammino. Le finalità di tale piano integrato sono il concepimento del tratto
aragonese del cammino come un sito archeologico lineare e la scoperta di
numerosi reperti archeologici derivanti dalla via medievale. A tal proposito si
sono compiute numerose opere quali: consolidamento muri perimetrali,
sbancamento e riempimento di terrapieni, apposizione di parapetti lignei nei
tratti di maggiore pericolosità e la costruzione di ponti pedonali atti a
salvaguardare i guadi, creazione di punti ristoro con tavoli e sedie,
miglioramento delle indicazioni sia chilometriche inerenti ai luoghi di
particolare interesse[23].
b)
Navarra. La delimitazione
definitiva del tratto navarro del cammino di Santiago è avvenuta nel 1988, ma
dopo la dichiarazione dell’UNESCO del 1993 il tracciato è stato definitivamente
delimitato alla fine dello stesso anno. Nessun piano strategico o di restauro è
stato previsto per la tratta navarra del cammino negli anni successivi.
c)
La Rioja.
Nell’agosto del 1998 il governo della comunità autonoma adottò un «Plan Especial de Preotección, recuperación e
Revitalización» del cammino di Santiago. Tra le altre azioni previste nel
piano si evidenzia la filosofia della comunità autonoma riojana nel
salvaguardare le zone antistanti al cammino mediante l’apposizione di fasce
protettive in zone limitrofe alle vie di comunicazione e con il divieto di
svolgimento di attività visivamente e strutturalmente lesive dell’integrità
ambientale entro i 50 mt dal percorso. Inoltre si è approntata una lista di
beni monumentali naturali di spiccato interesse riguardanti 11 municipi e il
loro collegamento pedonale in modo da offrire ai viaggiatori anche una
possibile via turistica storico-museale.
d)
Pais Vasco. Lo
sviluppo dei cammini storici che insistono sul territorio basco si caratterizza
per una filosofia opposta rispetto alle scelte operate per esempio da Aragona o
Castilla. In primis va sottolineato come in una prima fase i cammini cosiddetti
del nord non facevano parte del tracciato dichiarato patrimonio dell’umanità
nel 1993. Nel 2000 i tratti del camino del nord vennero dichiarati Beni di
Interesse culturale (BIC) dal governo autonomo attraverso un documento che
includeva ben 250 siti di interesse visitabili dai pellegrini. La filosofia
della comunità autonoma è prettamente turistica, come si nota anche dal piano
per lo sviluppo e la promozione turistica dei cammini di Santiago nel
territorio approvato nel 2009 che tra i suoi obiettivi strategici annoverava il
miglioramento dei servizi e delle strutture per migliorare la posizione dei
paesi baschi come destinazione giacobea introducendo anche un logo promozionale
d’impatto[24].
Attraverso il decreto 2/2012 i Paesi Baschi operarono una scelta radicale: al
fine di creare un percorso che permettesse ai fruitori di godere dei siti di interesse
culturale si è deciso di ridisegnare un itinerario continuo e sicuro attraverso
cammini storici ma anche vie pubbliche istituite ad hoc con la finalità di costituire un cammino snello, moderno
vivo e legato ai luoghi che attraversa. Una scelta totalmente differente
rispetto per esempio all’idea di sito archeologico lineare sposata dalla
comunità autonoma aragonese.
e)
Cantabria. Nel
2007 la Cantabria dichiaro beni di interesse culturale i due tratti del cammino
di Santiago che si trovano nel proprio territorio. La delimitazione definitiva
degli stessi avvenne comunque solo 3 mesi dopo che l’UNESCO incorporò il camino
de la costa alla lista dei beni patrimonio dell’umanità, nell’ottobre del 2015.
La particolarità del piano che il governo ha approvato per lo sviluppo del
cammino è che si è previsto un limite di soli 3 metri di protezione a partire
dai limiti esterni dell’itinerario sottoponendo il tratto cantabrico ad un alto
rischio di interferenza nelle zone ad alta urbanizzazione.
f)
Asturias.
Attraverso un decreto datato 26 giugno 2006 (n. 63) la comunità autonoma delle
Asturie ha dichiarato complesso storico i cammini di Santiago presenti nel
proprio territorio includendo nello stesso due itinerari: il camino de la costa
e il camino primitivo, determinando una delimitazione provvisoria di entrambi i
tracciati, cercando di concludere un processo iniziato nel 1994. Nel 2016 il
Principato delle Asturie ha approvato il Libro Bianco del cammino di Santiago
nel quale si riflettono le strategie di pianificazione in vista dell’anno santo
compostelano del 2021. Attraverso questo provvedimento sono introdotte 10 linee
guida e 80 misure tra le quali figura un “Plano
supramunicipal de protección del Camino” e lo sviluppo dello studio di
nuovi percorsi. Tra i provvedimenti di attuazione sono numerosi quelli relativi
alla promozione turistica e alla conservazione del patrimonio storico.
g)
Castilla y Leon. La
comunità autonoma concluse il progetto di delimitazione del cammino nel 1999.
In virtù del decreto n. 324 del 23 dicembre 1999 il territorio marcato come
bene di interesse culturale è stato allargato a 100 metri da entrambi i lati.
Nel 2010, a seguito di numerosi piani specifici attuati su base provinciale, si
approvò un progetto provvisorio chiamato “Plan Regional del Camino de Santiago”
che sommava agli oltre 422 km del tracciato corrispondente al cammino francese,
altri 218 km di itinerari alternativi. Detto piano, che si componeva di un
numero elevato di misure specifiche volte alla rivitalizzazione del territorio
associato al cammino divise in 3 macro aree di intervento: territoriale,
intermedia e futura, non vide mai un varo definitivo a causa
dell’accavallamento di competenze tra l’assessorato dello sviluppo e quello
della cultura e turismo che optava per una strategia regionale dei cammini
nella regione. Una volta arenatosi il piano regionale testè descritto la stessa
Consejeria del Fomento ha promosso l’approvazione di piani specifici di
protezione territoriale nei comuni lambiti dal cammino francese[25].
h)
Galicia. Solo nel 2016 la
Galizia ha visto, con la Ley de patrimonio Cultural de Galicia, la
realizzazione di un progetto territoriale integrato dei cammini di Santiago[26]. Ad
oggi i pellegrini che percorrono l’ultimo tratto del Cammino in territorio
galiziano può trovarsi difronte a 3 tipologie di itinerario: principale,
storico tradizionale e storico alternativo a carattere culturale, ambientale
monumentale.
Le comunità autonome detengono quindi la competenza in
ordine alla pianificazione dell’assetto territoriale e, nel caso del cammino di
Santiago, come è stabilito in ogni ordinamento interno, sono le “Direcciones
Generales de patrimonio” gli enti incaricati di porre il vincolo su qualsiasi
tipologia di opera che si realizzi all’interno dello spazio compreso nel BIC (bene
di interesse culturale).
Va sottolineato, però, come questo potere vincolante in
capo alle Direcciones generales
generi grosse problematiche con i comuni e la popolazione locale nella gestione
delle dinamiche quotidiane dei piccoli mutamenti e cambi di destinazione d’uso
delle proprietà private insistenti nelle zone comprese nello spazio dei cammini
storici.
I Cammini verso Santiago inclusi nell’elenco dei beni
patrimonio dell’umanità dichiarati dall’ Unesco si sviluppano per 2.500 km nel
territorio spagnolo all’interno di 8 comunità autonome e interessano la vita
socio-economica di più di 300 comuni di differenti dimensioni.
Le misure volte allo sviluppo di questi itinerari sono
riconducibili a scelte molto diverse tra una regione storica e l’altra. Nello
specifico non si assiste ad un progetto comune che conduca ad una gestione
unitaria del percorso.
Se per alcune comunità autonome l’obiettivo fondamentale
è quello di conservare un museo a cielo aperto nel rispetto dell’antica via
medievale, per altre il focus della normativa interna rimane la creazione di un
prodotto turistico moderno, a costo di pagare dazio in termini di autenticità;
se alcune regioni hanno optato per la protezione del patrimonio paesaggistico
come fondamento delle politiche di sviluppo altre hanno basato la propria
politica sulla costituzione di itinerari alternativi che consentissero ai turisti
di personalizzare per quanto possibile l’esperienza del cammino verso Santiago
in un’ottica di conoscenza dei territori visitati.
Da tali scelte socio-economiche sono stati per lungo
tempo esclusi i singoli municipi, i quali sono senza alcun dubbio tra i
protagonisti principali dell’entità Cammino di Santiago. Nello specifico si è
assistito per anni alla mancanza di politiche di raccordo che consentissero una
collaborazione fattiva da parte dei comuni volta alla istituzione di una
proposta unitaria di itinerario orientata alla promozione del territorio e
delle iniziative culturali collegate allo stesso.
È in un’ottica collaborativa che nel 2011, nella città di
Jaca (piccola cittadina a 30 km dal confine ispano-francese situata nella
comunità autonoma aragonese e luogo di passaggio dell’omonimo cammino) si firmò
un accordo per la costituzione di un “Observatorio
Jacobeo”, da istituirsi nello stesso centro. L’accordo fu sottoscritto dai
municipi di Jaca, Logroño, Burgos, Astorga e Santiago di Compostela, in
rappresentanza delle comunità autonome caratterizzanti l’itinerario del cammino
francese.
Detto accordo fu l’embrione della “Associación de Municipios del Camino de Santiago (AMCS)”, una
associazione senza scopo di lucro che, con l’obiettivo di gestire in modo
unitario il camino francés, è stata fondata a Burgos il 10 novembre 2015.
Al momento fanno parte dell’associazione ben 81 comuni
lungo tutto l’itinerario del cammino francese i quali unitamente costituiscono
un modello di cooperazione, solidarietà e rispetto della diversità, i valori
tradizionali della “Ruta jacobea”.
Riconoscendo il cammino di Santiago come un tesoro
storico-patrimoniale ricevuto in eredità e da tutelare per le future
generazioni, l’AMCS nasce poiché l’esperienza del pellegrinaggio giacobeo non
sia esclusivamente del pellegrino, ma perché venga identificata come un
arricchimento socio-culturale e materiale anche per le genti presso le quali lo
stesso viene ospitato.
A tal proposito gli obiettivi dell’associazione sono i
seguenti: a) istituire relazioni cooperative tra tutti i comuni attraverso i
quali il camino francés si snoda con finalità di promozione e tutela; b)
promuovere l’attuazione di progetti di interesse comune relazionati al cammino
di santiago; c) collaborare con le amministrazioni delle comunità autonome e
statali per tutto ciò che riguarda le politiche e le misure aventi ad oggetto
il cammino.
Per questo motivo l’AMCS è organizzata in due organi di
governo e 3 organi di gestione: 1) la Junta
Directiva, composta da un presidente, due vice, un segretario, un tesoriere
e altri 8 membri, sindaci di città o paesi che si trovano nel corso del
cammino, secondo lo schema stabilito dalla Assemblea Generale che si è tenuta
il 26 febbraio 2016; 2) L’Assemblea
General, composta da tutti i sindaci dei paesi associati, si è riunita ad
oggi in 3 circostanze: 26/02/2016 a León, il 10 novembre 2017 a Santiago di
Compostela, nella quale si istituirono gli organi di gestione, il 9 novembre
2018 a Estella-Lizarra nella quale si sono conclusi accordi di sviluppo con il
Ministero della Cultura, e altri enti pubblici e privati.
A questi ultimi si sommano 3 organi di gestione: a) la Secretaría Técnica, che gestisce i
servizi tecnici e l’amministrazione; b) il Foro
de Empresas, organo di sviluppo di progetti in cooperazione
pubblico-privata, dal 2018 ha la sua sede permanente ad Astorga e tra gli
obiettivi fondamentali da raggiungere mediante la collaborazione tra
istituzioni e privati: il consolidamento del cammino di Santiago come entità
internazionale, il miglioramento dei servizi attraverso soluzioni innovative,
la promozione dell’attività economica dei comuni, lo sviluppo di strategie
congiunte volte alla gestione del patrimonio culturale e naturalistico, il
miglioramento della qualità della vita dei cittadini che vivono sulla Ruta
Jacobea; c) il Comité Científico, con
sede a Logroño, un organo multidisciplinare che ha compiti di gestione delle
numerose entità che rendono lo sviluppo del cammino di Santiago una materia
trasversale. Il comitato scientifico, che ha funzioni consultive, integra al
suo interno esperti di varie materie quali storia, teologia, archivistica,
diritto, geografia, gestione culturale, botanica, marketing, gestione
d’impresa.
L’AMCS, unitamente al Foro de Empresas e el Comité
Científico, forma una equipe multidisciplinare al servizio del cammino francese
e in collaborazione con le altre amministrazioni, ad ogni livello.
La Spagna e l’Italia presentano numerose analogie
nell’ambito del turismo culturale. Entrambe esibiscono un ricchissimo
patrimonio sia dal punto di vista archeologico-paesaggistico che
architettonico-monumentale, ed ambedue sfruttano ancora in minima parte le
enormi potenzialità legate a questo indotto.
Entrambi gli ordinamenti, nonostante un richiamo statale
per quanto concerne le competenze in ordine alla tutela del patrimonio
culturale, delegano alle realtà regionali in generale e, soprattutto in Italia,
alle realtà locali la gestione e lo sviluppo della materia turismo.
Negli ultimi vent’anni il turismo è cambiato in maniera
radicale: si è passati da una concezione indissolubilmente legata al viaggio e,
di conseguenza, ai servizi accessori ad esso collegati ad una centralità della
figura del turista e della sua connessione intima con il paesaggio, la natura e
la storia di un territorio in modo da poter godere una esperienza a 360 gradi.
L’unicità esperienziale vissuta da un viaggiatore che
percorre il cammino di Santiago è totalmente legata al territorio e ai centri
urbani che lo caratterizzano. L’esempio della Associacion de los Municipios del
Camino di Santiago sottolinea come la collaborazione tra i comuni sia
fondamentale per la promozione di una determinata tipologia di turismo legato
ad una esperienza multidisciplinare. La trasversalità degli interessi in gioco
è strettamente legata alla molteplicità dei protagonisti di un tipo di turismo
che è lineare ma non stanziale e necessità di una tutela e di strategie libere
da rigidità burocratico-istituzionali.
L’associazionismo comunale può essere la risposta a varie
problematiche di gestione dell’ambito turistico nell’ottica di un incremento
della qualità dei servizi, della tutela dell’ambiente e della promozione del
territorio inteso in senso ampio oltre all’aumento dei posti di lavoro e alla
diminuzione della dispersione delle specificità non valorizzate a causa delle
limitate risorse dei singoli municipi.
La realtà locale spagnola è caratterizzata da una
fortissima frammentazione delle realtà comunali. Quasi tutte le comunità
autonome presentano una rilevante quantità di municipi che si caratterizzano
per la presenza di poche centinaia di abitanti. Per ovviare a tale problematica
nel 2013 è stata emanata una legge che, operando una modifica della Ley 7/1985
sulle basi dell’ordinamento locale, aveva come obiettivo principale la
rimodulazione delle amministrazioni locali e il contenimento delle spese e
delle strategie di allocazione delle risorse[27].
Attraverso questa riforma l’ordinamento intendeva
precisare le competenze comunali al fine di evitare conflitti con le competenze
di altre amministrazioni e, conseguentemente, dare forma al principio: “una
amministrazione, una competenza” razionalizzando la struttura organizzativa
degli enti locali in accordo con i principi di efficienza, stabilità e
sostenibilità, e garantendo un controllo economico e di bilancio nettamente più
rigoroso rispetto al passato senza dimenticare la promozione della iniziativa
privata evitando interventi istituzionali sovradimensionati[28].
A tal proposito vennero aggravate le procedure di
creazione di nuovi municipi per segregazione e di contro si è attuata una
politica di promozione della fusione tra i comuni in un’ottica di
stabilizzazione finanziaria e di bilancio.
Tale normativa ha visto la luce con l’obiettivo
principale di operare un taglio ai costi della pubblica amministrazione
mediante l’accorpamento di quanti più enti locali possibile. La ratio del provvedimento, inquadrato in
una politica di spending review, non ha condotto ai risultati che si sono avuti
in altre realtà centroeuropee[29]
e questo a causa della forte connotazione centralistica che connota la realtà
comunale dell’Europa mediterranea.
Il forte campanilismo, retaggio di una storia che ha
avuto nelle città romane prima e nelle realtà municipali medievali poi il suo
fondamento, connota la realtà municipale spagnola e di conseguenza la insita
ritrosia alla perdita della eredità storica comunale in favore di una presunta
semplificazione burocratica e un risparmio delle spese della pubblica
amministrazione.
Rimandando ad altre trattazioni l’analisi della Ley
27/2013 volta al mutamento dell’insieme degli enti locali, in questa sede è
d’uopo rammentare come tale normativa mossa esclusivamente da finalità
economiche non abbia avuto alcun riscontro nella realtà fattuale che vede un
forte contrasto da parte delle comunità autonome[30]
e il totale fallimento della strategia di promozione della fusione volontaria
tra comuni contermini[31].
La situazione del nostro paese è per certi versi molto
simile alla realtà iberica. La macchina del turismo culturale italiano soffre
di un deficit progettuale iniziale che è dato dalla difficoltà di cooperazione
tra stato e regioni per approntare strategie valide a far sì che possano
estrinsecarsi le grandi potenzialità della materia.
L’art. 117 co. 4 della Costituzione italiana introduce la
materia turismo tra quelle di competenza legislativa residuale mentre la tutela
dei beni culturali è, di contro, di competenza statale; il principio di
sussidiarietà impone il comune come ente più vicino al cittadino e fulcro
dell’attività amministrativa.
Nel nostro paese quindi la materia turismo culturale è
disciplinata per mezzo di interventi normativi multilivello che non hanno la
capacità di intersecarsi produttivamente per raggiungere l’obiettivo comune
dello sviluppo culturale.
La spasmodica decretazione d’urgenza volta alla
razionalizzazione della spesa pubblica ha, inoltre, evidenziato in modo
inequivocabile la pressione sotto la quale lavora il governo della repubblica.
La pianificazione di strategia orientate allo sviluppo
del turismo culturale rappresentano un ottimo banco di prova per gli assetti
istituzionali italiani vista la assoluta necessità di una collaborazione tra
più livelli del governo locale al fine di porre in essere misure che, pur non
seguendo il filone fallimentare della fusione comunale indotta, conducano ad
una razionalizzazione della spesa pubblica.
In un’ottica di comparazione tra gli ordinamenti italiano
e spagnolo l’associazionismo comunale delle funzioni e dei servizi, inteso non
come un mero agglomerato di spese ma come un insieme di diverse potenzialità
riunite con l’obiettivo di valorizzare il territorio e promuoverne le
peculiarità, appare una soluzione adottabile al fine di tutelare da un lato le
diversità comunali e la loro eredità storica, dall’altro creare sulle stesse un
indotto che permetta anche ai piccoli centri, mediante una collaborazione multilivello,
di promuoversi nell’ambito turistico.
Le diverse scelte operate dalle Comunidades Autonomas
spagnole in un’ottica comune di salvaguardia, sviluppo e potenzialità
turistiche della “ruta Jacobea”.
[1] Per maggiori approfondimenti https://whc.unesco.org/en/list/669 .
[2] Nel 2015 la dichiarazione dell’Unesco del 1993 è stata
estesa al cammino della costa, il cammino primitivo, la via basco-rijoana e la
via lièbana.
[3] «il Cammino di
Santiago non è soltanto una strada, un bene di usi pubblico. È anche un insieme
di immobili quali chiese, ostelli, alberghi, proprietà private o proprietà
dello stato o della Chiesa che costituiscono uno straordinario patrimonio
storico-artistico, e quindi culturale». Così J.L. MEILÀN GIL, La
regulación jurídica del «Camino de Santiago» desde la perspectiva del Estado
autonómico, in Estudios Jurídicos
sobre el Camino de Santiago, Fundación Instituto Gallego de Estudios
Autonómicos y Comunitarios, Santiago 1994. 13.
[4] Sul punto X. SOMOZA MEDINA-R.C. LOIS GONZÀLEZ, Ordenación del Territorio y estrategias de
planificación en los Caminos de Santiago Patrimonio Mundial, in Ivestigaciones Geogràficas, https://doi.org/10.14198/INGEO2017.68.03 , 48.
[5] Il Camino Frances è la via più battuta verso Santiago di
Compostela. Deve il proprio nome al fatto che comincia in territorio francese e
più precisamente dal paese di St. Jean Pieds de Port, nel dipartimento dei
Pirenei Atlantici al confine con la Navarra.
[6] Per approfondimenti, B. CASTRO FERNÀNDEZ, O descubrimiento do Camiño de Santiago por
Francisco Pons Sorolla, Santiago de Compostella, Ed. Xunta de Galicia,
2010.
[7] L. VÁZQUEZ DE PARGA, J.M. LACARRA, J. URÍA RÍU, Las peregrinaciones a Santiago de Compostela,
Escuela de Estudios Medievales, Madrid 1949.
[8] Sul punto, tra gli altri S. MORALEJO (coord.), Santiago, Camino de Europa. Culto y
cultura en la peregrinación a Compostela. Santiago de Compostela, Xunta de Galicia, 1993.
[9] Sull’opera di sensibilizzazione verso una forma di
turismo culturale nei percorsi giacobei si veda X.M. SANTOS SOLLA-R.C. LOIS
GONZÀLEZ, El Camino de Santiago en el
nuevo contexto de los turismos, in Estudios
turisticos, Instituto de Turismo de España (Turespaña), Secretaría General
de Turismo y Comercio Interior, n. 189, 95 ss.
[10] Con lo
scopo di sviluppare le norme precedenti venne approvato il 22 luglio 1958 un
decreto che determinò l’estensione della protezione giuridica garantita ai
monumenti e siti di rilevanza storico-archeologica anche ai dintorni degli
stessi. in questo quadro si inserisce la prima tutela giuridica globale del
Cammino di Santiago ad opera del Decreto n 2224 del 5 settembre 1962. Sul punto, F. J. SANZ LARRUGA, La Protección juridica del Camino de Santiago, 1994; L. LÓPEZ
TRIGAL, Politicas de rehabilitación das
cidades e villas camiñeras de León, in M.A. TORRES LUNA, A. PÉREZ ALBERTI,
R.C. LOIS GONZÁLEZ, Os Caminos de
Santiago e o territorio, Santiago de Compostela, Xunta de Galicia, 793 ss.
[11] L'Anno
santo giacobeo è un anno in cui la festa di san Giacomo, che ricorre il 25 luglio,
cade di domenica. Tale ricorrenza si verifica con una cadenza regolare di 6, 5,
6 e 11 anni. Questo porta a circa 14 anni santi ogni secolo. Negli anni santi i
cattolici possono ottenere la bolla giubilare, chiamata anche giubileo.
L’ultimo anno santo risale al 2010, i prossimi 2021 e 2026.
[12] Sul tema C. MARTÍN-DUQUE, Los impactos del turismo en el Camino de Santiago Francés: una
aproximación cualitativa, in methaodos.
revista de ciencias sociales, n. 5 (1), 2017, 64. http://dx.doi.org/10.17502/m.rcs.v5i1.155 .
[13] Le prime associazioni nacquero a metà del XX secolo e
furono la “Associazione degli amici del Cammino” fondata a Parigi nel 1950, e
l’associazione di Estella.
[14] Per approfondimenti sul tema del volontariato e le
confraternite nello sviluppo e promozione del Cammino di Santiago si vedano tra
gli altri A. ALVAREZ, A. GOMIS, M.A. GALLEGO, Estructura organizativa e imagen promocional del Camino de Santiago,
in Rotur-Revista de Ocio e Turismo,
n. 3, 2010, 49 ss.
[15] Personaggi dal forte impatto mediatico come Paulo Coelho
e Shirley MacLane scrissero, rispettivamente nel 1987 e nel 2001, delle opere
incentrate sul Cammino di Santiago; libri di scarso interesse pratico per i
pellegrini ma di grande impatto e che contribuirono a costruire una immagine
internazionale del cammino e la cui influenza in ordine alla crescita del
numero di visitatori è stata addirittura studiata. Sul punto E. TORRES FEIJÓ, Interesses culturais e ȃmbitos receptivos em dous romances sobre o Caminho de
Santiago: “Frechas
de ouro” e “O enigma de Compostela”.
Romance notes, 52 (2), 135 ss. https://doi.org/10.1353/rmc.2012.0033 .
[16] Dati provenienti dalla Officina del peregrino, un ente
che conta i visitatori che hanno richiesto a fine percorso la “compostela” una
attestazione di percorrenza di almeno 100 km (gli ultimi 100 km da Sarria a
Santiago), e che è legato ai numeri dei richiedenti che solitamente sono
credenti. Tali dati non annoverano i visitatori che hanno liberamente scelto di
non richiedere il rilascio di detto documento. I dati aggiornati dell’afflusso
di pellegrini a Santiago di Compostela sono reperibili su https://oficinadelperegrino.com/estadisticas/ .
[17] Così punto X. SOMOZA MEDINA-R.C. LOIS GONZÀLEZ, Ordenación del Territorio y estrategias de
planificación en los Caminos de Santiago Patrimonio Mundial, cit., 51.
[18] Si tratta a livello comunitario del piano LEADER
(Liaison Entre Actions de Développement de l’economie rurale) e, a livello
interno, del piano PRODER (PRograma Operativo de Desarrollo y Diversificación
Económica de Zonas Rurales).
[19] L’asse territoriale nel quale si snoda il Cammino è
diventato una attrazione centralizzatrice di interventi, programmi per la
manutenzione del sistema viario, azioni di recupero del patrimonio
architettonico e culturale locale, progetti di promozione di attività
economiche basate sull’ospitalità, accrescimento del patrimonio naturalistico
nelle dirette prossimità del tracciato. Sul
PUNTO X. SOMOZA MEDINA-R.C. LOIS GONZÀLEZ, Ordenación
del Territorio y estrategias de planificación en los Caminos de Santiago
Patrimonio Mundial, cit., 51.
[20] Ley 16/85 del 25 de junio.
[21] Per approfondimenti sul tema D. SANTIAGO IGLIESIAS, La protección y el fomento del Camino de
Santiago en la Comunidad Autónoma de Galicia, in Aedon, n. 3, 2008, 2.
[22] Sul tema J.L. CARRO FERNÁNDEZ-VALMAYOR, El Camino de Santiago en la perspectiva
juridica, in Revista Galega de
Administración Pública, n. 27, 2001, 35 ss.
[23] J.F. MENDEZ DE JUAN, El
tramo aragonés del Camino di Santiago (Camino Francés), in Urban-e. UPM, Madrid 2011. Tratto da http://.urban-e.aq.upm.es
[24] Agencia Vasca de Turismo, Plan Director para el desarrollo y promoción cultural y turistica de
los dos caminos de Santiago a su paso por Euskadi. Vitoria-Gasteiz. Gobierno Vasco, 2009.
[25] La Junta ha stabilito che tutti i comuni di piccole
dimensioni nei quali si snoda il Cammino dispongano un piano speciale per
autorizzare ogni nuova opera edilizia, prendendo ad esempio la città di Burgos,
che dispone di un piano di questo tipo dal 1999. Dall’istituzione di detta
pianificazione numerosissimi paesi hanno approvato “planes Especiales de
Protección del Conjunto Historico del Camino de Santiago”. Così X. SOMOZA MEDINA-R.C. LOIS GONZÀLEZ, Ordenación del Territorio y estrategias de
planificación en los Caminos de Santiago Patrimonio Mundial, cit., 57.
[26] Sull’evoluzione dello sviluppo e della tutela giuridica
in Galizia si rimanda tra gli altri a D. SANTIAGO IGLIESIAS, La protección y el fomento del Camino de
Santiago en la Comunidad Autónoma de Galicia, cit., 2 ss.
[27] Sul tema della riforma introdotta attraverso la Ley n.
27 del 27 dicembre 2013 si veda E. CARBONELL PORRAS, La alteración de términos municipales en la reforma local de 2013:
crónica de un fracaso anunciado, in
Estudios de Derecho Público. Libro Homenaje al Profesor Luciano Parejo Alfonso
realizzato nel quadro del progetto del Plan Nacional, Las Entidades locales, sus relaciones y competencias. Realidad, efectos
y consecuencias de la racionalización
y sostenibilidad financiera en clave nacional y europea, tratto da Reala. Nueva Época – N. 9, 2018, 5 ss.
[28] Prologo della Ley 27/2013. Traduzione del sottoscritto.
[29] In particolare in Francia e in Belgio negli anni ’70 del
secolo scorso.
[30] Sul punto A. GALÁN GALÁN, La aplicación autonómica de la Ley de Racionalización y Sostenibilidad
de la Administración Local, in Revista
de Estudios de la Administración Local y Autonómica, n. extr. 2015, J.
TEJEDOR BIELSA, El desarrollo autonómico
de la reforma local de 2013. Entre la rebelión y el pragmatismo, in Los retos del gobierno local tras la reforma
de 2013, 2015, 81 ss.
[31] Per un approfondimento sui numeri
del fallimento della fusione volontaria dei municipi introdotta con la Ley
27/2013 si veda E. CARBONELL PORRAS, La alteración de términos municipales en la
reforma local de 2013: crónica de un fracaso anunciado, cit., 7.