Allà toro!
La corrida in Catalogna alla
luce della sentenza del Tribunal Constitucional n. 177/2016
Dottore di Ricerca nell’Università di Sassari
SOMMARIO: 1. Premessa: la tauromachia
nella cultura spagnola. – 2. Ricognizione
della normativa spagnola e catalana in tema di spettacoli taurini. – 3. La
sentenza n. 177/2016: profili giuridici e politici. – 4. I votos particulares: critica ai criteri
di risoluzione dei conflitti di attribuzione delle competenze. – 5. Conclusioni.
«No se oye un mugido de toro
bravo en toda Cataluña»[1].Questa
è la istantanea dello stato di salute della tauromachia in Catalogna a quasi un
anno e mezzo dalla sentenza del Tribunal Constitucional
che ha sancito l’incostituzionalità della legge n. 28/2010 che proibiva le
corride nel territorio della Comunità autonoma catalana.
Al fine di analizzare le risultanze di una sentenza storica è
necessario descrivere le premesse, di fatto e giuridiche, che hanno trasformato
una delle più radicate tradizioni spagnole in un teatro di scontro
politico-costituzionale nell’ambito dell’Estado
autonómico.
Il 25 settembre 2011 si è svolta nella storica arena de la Monumental, a Barcellona, quella che a
detta di molti potrebbe essere l’ultima[2]
fiesta de toros della storia della
Catalogna. La manifestazione ha avuto circa 20.000 spettatori ed è stata a
tutti gli effetti il manifesto pubblico di uno scontro tra gli strenui
difensori delle tradizioni taurine, radicate da secoli nelle popolazioni
ibero-americane, e i garanti dei diritti degli animali, favorevoli ai divieti
imposti da 20 anni di legislazione autonomica in materia.
La tauromaquia è
oggettivamente uno dei tratti distintivi della tradizione spagnola; il rapporto
uomo-toro, in tutte le sue numerose accezioni, si è consolidato come simbolo
caratteristico della cultura popolare ed ha resistito a numerosissimi tentativi
di abolizione[3].
Il ruolo centrale di tale argomento nel sentire comune spagnolo ha
fatto sì che diventasse oggetto di scontro tra lo Stato centrale e la Comunità
Autonoma catalana in un periodo di contrasti sulle competenze e spinte
autonomiste sempre più marcate[4].
A ridefinire gli ambiti e le competenze in materia “taurina” è
intervenuto il pleno del Tribunal
Constitucional con una sentenza, la 177/2016, che ha avuto una triplice
valenza: in primis ha definito il concetto di tauromachia come patrimonio
culturale immateriale della nazione contribuendo a colmare un vuoto normativo
in materia, successivamente ha chiarito il rapporto tra tradizione, cultura e
protezione dei diritti degli animali nel dettato costituzionale e, in ultima
istanza, ha, sempre in ordine alla cultura, ridefinito i limiti competenziali
delle Comunità autonome.
La sentenza del Giudice delle leggi spagnolo si inserisce in un
contesto di forte scontro politico-normativo tra lo Stato centrale e la
Catalogna, sfociato in numerosi atti normativi da ambo le parti.
I provvedimenti volti alla limitazione prima ed alla soppressione
poi degli spettacoli taurini in Catalogna hanno avuto come minimo comune
denominatore la protezione degli animali. L’art. 4 della ley n. 3 del 4 marzo
1988, detta appunto «di protezione degli animali», proibisce «l’uso degli
animali in spettacoli, lotte o altre attività se queste possano procurare loro
sofferenze, se possano essere oggetto di derisione o trattamenti innaturali, o
anche se possano ferire la sensibilità delle persone che assistono» con
l’eccezione: a) della fiesta de toros
in quelle località dove, al momento di entrata in vigore della presente legge,
esistano arene costruite per celebrare detta manifestazione; b) le
manifestazioni con vitelli (corre-bous)
nelle date e nelle località dove tradizionalmente si celebrano[5]».
La portata politica[6]
di tale provvedimento normativo, nell’ambito di un crescente sentimento
autonomista, è inequivocabile. La ley 3/1988 proibiva la costruzione di nuove plazas de toros impedendo di fatto la
crescita e l’ulteriore radicamento del movimento taurino, con l’obiettivo di
eliminare anche simbolicamente la Spagna dal percorso verso l’indipendenza
della Catalogna[7].
La ley n. 22 del 4 luglio 2003 (anch’essa di protezione degli
animali), aggiunge all’art. 6 il divieto di partecipazione per i minori di anni
14, e, con riferimento ai corre-bous,
la proibizione di recare danno agli animali[8].
Conseguentemente a una iniziativa popolare[9]
nata grazie al movimento politico Esquerra
Republicana de Catalunya e Iniciativa
per Catalunya Verds-Esquerra Alternativa, è stata votata dal Parlamento
catalano la ley n. 28 del 3 agosto 2010 la quale ha novellato il Testo unico (refundido) della legge di protezione
degli animali (d.lgs 2/2008) aggiungendo all’elenco delle manifestazioni
espressamente proibite: «le corride dei
tori e gli spettacoli con tori che includano la morte dell’animale e
l’applicazione delle suertes della pica, delle banderillas e della spada, così
come gli spettacoli taurini di ogni genere che abbiano luogo dentro e fuori
dalle arene.»
A far data dal 1 gennaio 2012 il divieto è divenuto esecutivo.
La base giuridica che caratterizza il percorso che ha condotto
alla proibizione degli spettacoli taurini in catalogna è da ricercarsi in due
titoli di competenza legislativa previsti dallo statuto della stessa comunità
autonoma: la «protezione degli animali» (art. 116.1 lett. d. St.) e «gioco e
spettacoli» (141.3 St.).
Nonostante il provvedimento in esame sia stato approvato a seguito
di una iniziativa popolare conseguente a un approfondito dibattito condotto da
esperti di varia natura, e che lo stesso si possa assolutamente inquadrare
nell’ambito di un percorso tracciato dal movimento ecologista e animalista[10],
è innegabile che tale legge abbia un forte significato politico di frattura
contro il resto della spagna in difesa dell’identità catalana.[11]
A tal proposito vi è chi ritiene che tale atto normativo non abbia come scopo
la protezione di tutti gli animali[12],
ma esclusivamente quella del toro inteso come simbolo[13].
A prescindere dalle argomentazioni metagiuridiche, la ley 28/2010
è stata impugnata davanti al Tribunal
Constitucional attraverso un Recurso
de inconstitucionalidad[14],
da parte di un nutrito gruppo di senatori del Partido popular, che si è fatto portavoce di una “offensiva
taurina”[15] che ha
coinvolto il resto del Paese.
Fino alla legge catalana di proibizione delle corride, la materia
era regolata dalla ley 10 del 4 aprile 1991 la quale detta norme di polizia
amministrativa inerenti alle corride fondando le sue disposizioni sulla
competenza statale in materia di sicurezza pubblica ex art. 149.1.29 Cost. In
questo provvedimento normativo non vi è alcuna rivendicazione statale sul
riparto di competenze legislative in ordine alla cultura[16].
In risposta alla ley 28/2010 del parlamento catalano, e in attesa
dell’esito del ricorso di incostituzionalità presentato nello stesso anno, lo
Stato ha emanato la ley n. 18 del 12 novembre 2013 che disciplina la
tauromachia intesa come patrimonio culturale operando un vero e proprio revirement rispetto alla normazione
precedente.
Per la prima volta gli spettacoli taurini assumono la connotazione
di patrimonio culturale della nazione abbandonando la logica dell’ordine
pubblico. In questo modo la protezione del patrimonio culturale immateriale
della nazione rientra nei titoli di competenza legislativa esclusiva statale ex
art. 149.1.28, «Difesa del patrimonio
culturale, artistico e monumentale spagnolo contro l’esportazione e la
spogliazione”, ed ex art. 149.2 secondo il quale “senza pregiudizio per le Comunità autonome, lo Stato considererà il
servizio della cultura come dovere e attribuzione essenziale e faciliterà la
comunicazione culturale tra le Comunità Autonome, d’accordo con le stesse».
È palese come questo provvedimento sia strettamente collegato alle tesi
prospettate nel ricorso per incostituzionalità presentato contro la ley
catalana 28/2010, rafforzando le stesse con un appoggio di tipo normativo.
La legge 18/2013 si caratterizza per un preambolo che,
ricostruendo in parte la storia de las
fiestas de toros nella penisola iberica, ne giustifica l’importanza,
sottolinea come la tauromachia sia un elemento distintivo della cultura
popolare spagnola e illustra gli obiettivi, i contenuti e l’oggetto dello
stesso atto normativo[17].
Nello specifico, successivamente alla definizione della
tauromachia come tesoro nazionale in tutte le sue accezioni, il legislatore
sottolinea come le argomentazioni controtaurine siano assolutamente da rispettare
ma che siano espressione di una minoranza del popolo spagnolo che, invece,
riconosce la tauromachia nel suo aspetto socio culturale, collegando tali
assunti alla responsabilità, in capo ai pubblici poteri, di tutelare le
attività taurine in quanto espressioni di libertà di pensiero e di espressione
e di tutelare l’accesso a queste forme di cultura (così come stabilito
dall’art. 14 Cost.) e di garantire, inoltre, la conservazione del patrimonio
storico, culturale e artistico (art. 46 Cost.).
In seconda istanza il preambolo richiama la competenza trasversale
statale sulla materia tauromachia alla luce della sua “primaria valenza
economica” sottolineando come sia dovere dello stato panificare le direttive e
i criteri di riordino del settore taurino, nel suo duplice e inscindibile
aspetto di patrimonio culturale nazionale e di settore economico e produttivo
ben delimitato nel suo contenuto” alla luce della norma di cui all’art.
149.1.13 Cost.[18].
L’art. 1 della legge 18/2013 fornisce una prima definizione di tauromachia
intesa come «il complesso delle
conoscenze e attività artistiche, creative e produttive, inclusi l’allevamento
e la selezione del toro da combattimento, che convergono nella moderna corrida
e l’arte di combattere, espressione rilevante della cultura tradizionale del
popolo spagnolo. Per estensione si ritiene compresa nel concetto di tauromachia
ogni manifestazione artistica e culturale legata alla stessa». Secondo
l’interpretazione della norma sopraccitata, quindi, è la considerazione degli
spettacoli taurini come patrimonio storico e culturale comune a tutti gli
spagnoli unitamente alle crescenti competenze dello Stato a mutare il concetto
legale oggetto della legge da «fiesta de
toros» al più ampio «Tauromaquia»[19].
A seguire, l’art. 2 stabilisce che la tauromachia è parte del patrimonio
culturale degno di protezione in tutto il territorio nazionale, in accordo con
la normativa applicabile e con i trattati internazionali in materia[20];
l’art. 5 afferma la competenza statale a garantire la conservazione e la
promozione della tauromachia, e attribuisce a tal proposito al Governo il
potere di porre in essere le seguenti misure volte allo sviluppo di tutte le
accezioni della materia: a) l’approvazione di un Piano Strategico Nazionale di
Sviluppo e Protezione della Tauromachia[21],
garantendo il libero esercizio dei diritti inerenti a quest’ultima; b)
l’impulso per la domanda di inclusione della tauromachia nella lista del
Patrimonio Culturale Immateriale dell’umanità, in accordo con la Convenzione
Unesco del 2003; c) l’aggiornamento della normativa taurina attraverso la
collaborazione con la Comisión Nacional
de Asuntos Taurinos; d) l’impulso di norme e regolamenti che realizzino il
principio di unità del mercato, responsabilità sociale e libertà di impresa nel
settore della tauromachia, in considerazione dei benefici economici, sociali e
ambientali da essa prodotti; e) lo sviluppo e l’impulso, in collaborazione con
le altre Amministrazioni pubbliche, dei meccanismi di valorizzazione e
diffusione delle attività artistiche, creative e produttive comunque connesse
alle corride e all’arte della lotta tra tori.
In data 26 maggio 2015, infine, è entrata in vigore la ley n.
10/2015 che garantisce una disciplina sistematica in tema di salvaguardia del
Patrimonio culturale Immateriale, operando, a norma della 6° disposizione
finale in essa contenuta, «senza
pregiudizio per le previsioni contenute nella legge 18/2013, del 12 novembre,
per la regolazione della Tauromachia come patrimonio culturale»[22].
In questo quadro normativo si inserisce la sentenza n. 177/2016
emessa dal Tribunal Constitucional spagnolo che si aggiunge a numerose altre
deliberazioni sugli spettacoli taurini da parte dei giudici costituzionali di
altri stati[23].
Il Recurso de
Inconstitutionalidad presentato dai senatori del Partido Popular riteneva
violate numerose norme costituzionali lamentando, da un lato, l’eccesso
competenziale della Comunità Autonoma, tale da invadere o menomare le
competenze statali in materia di sicurezza pubblica, tutela del patrimonio
culturale e servizio alla cultura, nonché quella in materia di pianificazione
dell’attività economica, dall’altro la violazione di alcune libertà e diritti
fondamentali quali libertà artistica, libertà di espressione, libertà di
impresa, diritto di accesso alla cultura, nonché il dovere dei poteri pubblici
di tutelare il patrimonio artistico.
Il Tribunal Constitutional baserà la propria decisione sulla
presunta violazione delle norme costituzionali in materia di competenza
legislativa.
La sentenza in esame presenta due livelli di interesse: in primis
la soluzione dettata dal Giudice Costituzionale in ordine al riparto di
competenze sulla materia patrimonio culturale, e in seconda istanza l’iter
argomentativo utilizzato per risolvere il suddetto contrasto competenziale.
La prima fase del giudizio si basa sulla verifica se il
provvedimento legislativo impugnato possa essere inquadrato all’interno di uno
o più titoli competenziali autonomici; la Ley 28/2010 supera il primo “taglio”
in quanto è competenza esclusiva del parlamento catalano statuire su materie
quali la protezione degli animali e gli spettacoli pubblici.
Stabilita la competenza del legislatore autonomico in materia, il
Giudice delle leggi ha posto in relazione i titoli testè citati con le
competenze statali che i ricorrenti ritengono violate.
In ordine all’art. 149.1.18 che prevede la competenza statale in
materia di sicurezza pubblica, compresa la facoltà di dettare regole di polizia
amministrativa delle corride, il Tribunal Constitutional esclude che si possa ravvisare alcun tipo di violazione (relativa
una invasione di competenza statale) nel caso in cui una Comunità Autonoma
decida di proibire un particolare tipo di spettacolo taurino con lo scopo di
tutelare un valore come la protezione degli animali, e ciò in base alla propria
costante giurisprudenza che stabilisce che l’ordinario svolgimento delle
manifestazioni è stato sempre fatto rientrare nella potestà normativa e
amministrativa autonomica sugli spettacoli pubblici, venendo in considerazione
la competenza statale sulla sicurezza pubblica soltanto quando si tratti di
predisporre misure straordinarie per
situazioni che escano dalla portata delle misure d’ordine disposte per il
normale andamento degli spettacoli[24].
Il fulcro della sentenza riguarda la valutazione della presunta
invasione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di «difesa
del patrimonio culturale contro l’esportazione e la spogliazione» (art.
149.1.29) e della competenza relativa al «servizio della cultura» ex art. 149.2
Cost. Ribadendo più volte che i due titoli sono strettamente intrecciati, il
Tribunal Constitucional si concentra maggiormente sulla violazione dell’art.
149.2, affermando che tale norma determini una competenza concorrente[25]
in materia cultura tra il livello di governo centrale e quello autonomico,
ordinate al fine comune della tutela dei valori costituzionali, e sottolineando
in capo allo Stato il compito di preservare il patrimonio culturale “comune”
comprendente anche la tauromachia.
Il percorso argomentativo del Giudice delle leggi si basa, quindi,
sulla definizione di tauromachia come patrimonio culturale immateriale e quindi
come tale inquadrabile tra le materie di competenza statale di cui all’art.
149.2 Cost., definendo, al fine di dimostrare la validità delle argomentazioni,
di importanza basilare la concreta adozione di atti normativi statali di
protezione degli spettacoli taurini (le sopraccitate leggi del 2013 e del
2015).
Richiamando la STC 122/2014 il Tribunal
Constitucional asserisce che la legge statale del 2013[26]
dichiarando la tauromachia patrimonio culturale statale va ad incidere automaticamente
sugli spazi di intervento del legislatore autonomico, in quanto le leggi
statali «pur non integrando il parametro
diretto di costituzionalità, devono essere considerate come un elemento
aggiuntivo di analisi».
Il Tribunal Constitucional alla fine del proprio percorso
argomentativo decide di accogliere il ricorso di incostituzionalità e
dichiarare l’illegittimità costituzionale della ley catalana 28/2010 in quanto,
quest’ultima, proibendo una manifestazione del patrimonio culturale comune come
la corrida impedisce la preservazione della stessa così come previsto dal
legislatore statale (seppure tramite norme sopravvenute), invadendo la
competenza statale in materia di cultura.
La sentenza 177/2016 presenta anche due votos particulares, il
primo del giudice Xiol e il secondo dei giudici Batarrita e Valdes Dal-Ré. Di
seguito si darà conto, in breve, delle motivazioni giuridiche alla base di
queste opinioni dissenzienti.
Secondo il giudice Xiol i tempi sono maturi per addivenire ad un
modo differente di affrontare i conflitti competenziali: ovvero il superamento
del mero dato formale e il tentativo di conferire un peso “morale” agli stessi
conflitti in modo tale da poter giungere ad un vero e proprio bilanciamento su
base assiologica. Nel caso de quo la
necessità di confrontare «una emergente
cultura ambientalista e di protezione degli animali e una cultura appoggiata su
una solida tradizione, che difende la tauromachia come manifestazione culturale
e artistica»[27].
La seconda critica è orientata verso gli argomenti utilizzati in
sentenza per giustificare la prevalenza della legge statale in materia di
servizio alla cultura. Secondo il giudice Xiol infatti non si è dato abbastanza
peso alla materia di competenza autonomica “protezione degli animali”
nonostante avesse alle spalle un pluriventennale percorso normativo, e
nonostante, nel 2010 (data dell’avvento della ley catalana di proibizione della
corrida) in ambito statale nessuna legge facesse menzione della tauromachia e
non si ravvisasse alcun atto normativo che disciplinasse gli spettacoli taurini
come patrimonio culturale, ponendo, al contrario, «tutta la forza argomentativa in una norma sopravvenuta»[28].
Il giudice Xiol non è convinto neanche dalla prevalenza che la
sentenza dà al potere legislativo statale in ordine ad un’interpretazione di
competenza “concorrente” ravvisabile nel disposto dell’art. 149.2. secondo il voto particular in esame l’errore della
maggioranza è stato quello di trattare la competenza concorrente con lo stesso
valore delle competenze basiche ex art. 149.1 nelle quali lo Stato è competente
ad adottare una regolazione uniforme e generale laddove si ravvisino “interessi
generali superiori a quelli di ciascuna Comunità Autonoma[29],
senza che tuttavia le norme di dettaglio assumano un tal grado di sviluppo da
impedire qualsiasi scelta discrezionale alle CC AA, le quali devono essere
poste nelle condizioni di scegliere tra diverse opzioni attuative[30].
Appare chiaro che la ampia discrezionalità di intervento dello Stato negli
ambiti competenziali concorrenti vada ad inficiare l’equilibrio tra le
istituzioni territoriali e il bilanciamento tra i loro poteri e competenze
legislative.
Ed è proprio il mancato bilanciamento tra le competenze, secondo
questo voto particular, il vero vulnus del processo argomentativo della
maggioranza in quanto sia la protezione degli animali che la cultura sono due
materie che, sebbene non direttamente, fanno parte del quadro delle tutele
costituzionali.
La tutela costituzionale riconosciuta al “servizio della cultura”
non è sufficiente ad affermare che la tauromachia sia parte integrante
dell’insieme dei valori del popolo catalano, visto l’esiguo numero di corride
nel territorio della Generalitat e
alla luce della concezione pluralistica di popolo presente nell’art. 2 della
Carta fondamentale spagnola, legittimando, quindi, il legislatore autonomico ad
ampliare la protezione degli animali tramite un atto normativo che preveda
l’abolizione delle corride.
Il secondo voto particular
(Batarrita-Valdès) imputa alla maggioranza la creazione di un titolo di
competenza legislativa ad hoc per
dichiarare l’illegittimità della legge catalana impugnata, un ibrido tra la
competenza esclusiva statale di cui all’art. 149.1.28 e la competenza
concorrente ex art. 149.2.
Nello specifico, secondo l’opinione dissenziente dei giudici
Batarrita e Valdés, la soluzione ibrida prospettata dalla maggioranza appare
scarsamente convincente e non in grado di giustificare la declaratoria di
illegittimità poiché: a) la competenza esclusiva riguardo alla «difesa del
patrimonio culturale, artistico e monumentale spagnolo contro l’esportazione e
la spogliazione» ha sempre avuto come oggetto ipotesi strettamente collegate a
beni culturali materiali (STC 122/2014, 17 luglio, FJ 2); b) «il servizio della
cultura come dovere e attribuzione essenziale» dello Stato, non è mai stato
ritenuto comprensivo di una competenza di tipo amministrativo o legislativo[31]
tale da scalzare specifiche competenze autonomiche.
La seconda critica mossa dal voto
particular in esame si collega alle argomentazioni del giudice Xiol
rilevando una mutazione del concetto di illegittimità costituzionale in quanto
la legge catalana impugnata non parrebbe assolutamente in contrasto con una
norma del blocco di costituzionalità. La declaratoria di incostituzionalità
riguarderebbe quindi una menomazione delle competenze statali che, osservano i
giudici dissenzienti, è apparente in quanto la ley 28/2010 proibisce
esclusivamente le attività taurine che rechino sofferenza o danno agli animali
e non la tauromachia intesa nell’accezione ampia intesa dalle leggi dello
Stato.
La sentenza 177/2016 si inserisce in un contesto più ampio di
conflittualità tra lo Stato centrale e la Catalogna[32].
Le istanze indipendentiste catalane e la dura contrapposizione di Madrid hanno
condotto ad un braccio di ferro che avuto il suo apice nell’indizione di un
referendum avente ad oggetto la secessione della Catalogna dallo Stato spagnolo
e la contestuale istituzione di una Repubblica indipendente[33],
referendum a tutti gli effetti invalido in quanto indetto sulla base di due
leggi del Parlamento catalano ritenute illegittime da parte del Tribunal
Constitucional[34]. Nelle
giornate prossime al 1 ottobre 2017 da Barcellona i media internazionali
rimandavano in continuazione le immagini di un conflitto di poteri
trasformatosi in un embrione di guerra civile, dove le forze di polizia
nazionali impedivano con la forza lo svolgimento delle operazioni di voto.
In questo scenario la declaratoria di incostituzionalità della
proibizione delle corride nel territorio catalano, contrariamente a quanto ci
si potesse aspettare, non ha avuto alcun tipo di conseguenza a livello pratico.
La sensazione generale è infatti che i tori non torneranno più a
Barcellona; i proprietari delle arene storiche non intendono mettere a
disposizione le stesse per gli spettacoli taurini e, molto probabilmente, la
sentenza in esame resterà inapplicata[35].
Quali sono i motivi? Da un lato il fatto che la disciplina
catalana in materia al momento, alla luce della sentenza esaminata, è la legge
4/1988 che prevedeva la limitazione delle corride alle arene storiche,
trasferendo nelle mani dei proprietari delle stesse il futuro delle corride in
Catalogna; dall’altro l’innegabile realtà, avvalorata dai numeri, di una
costante diminuzione degli aficionados
taurini nel territorio catalano che dimostra, fattivamente, che la tauromachia
non fa parte del sistema dei valori culturali e identitari propri del popolo
catalano.
[1]L’editoriale di A. LORCA, Es
Pedro Balañá el gran culpable de que no vuelvan los toros a Cataluña? Toreros,
ganaderos y empresarios han abandonado a su suerte a los aficionados catalanes,
in El Pais, 12 febbraio 2017, descrive la situazione attuale del comparto
taurino in Catalogna sottolineando come nonostante la riapertura alle corride
operata dalla pronuncia del Tribunal Constitucional, la situazione di fatto
prevede una totale disaffezione da parte del popolo e una conseguente brusca
frenata da parte degli addetti ai lavori che lascia presagire la fine delle
«fiestas de toros».
[2] Il 1 gennaio 2012 è entrato in vigore il
divieto, introdotto dalla legge n. 28/2010 approvata dal Parlamento catalano,
di organizzare fiestas de toros nel
territorio della Generalitat.
[3] A partire dal XVI secolo prima la Chiesa
Cattolica e, successivamente, i Borboni cercarono con motivazioni diverse di
sopprimere una tradizione già radicatissima nel territorio. Sul punto T.R.
FERNÁNDEZ RODRÍGUEZ, Reglamentación de
las corridas de toros. Estudio histórico y crítico, Espasa-Calpe, Madrid,
1987 e dello stesso autore «La ordenación
legal de la fiesta de los toros», Revista
de Administración Pública, 115, 1988, 31 ss; E. ARANA GARCÍA, «Régimen
jurídico administrativo de los espectáculos taurinos», in Panorama jurídico de las Administraciones públicas en el siglo XXI.
Homenaje al Profesor Eduardo Roca Roca,
dirs. Rodríguez- Arana Muñoz/Del Guayo Castiella, BOE-INAP, Madrid, 2002,
91 ss.; E. CARA FUENTES, «Espectáculos
taurinos: de la prohibición al fomento, del mantenimiento del orden público a
la defensa de los espectadores», en Panorama
jurídico, op. cit., 183 ss.; D. FERNÁNDEZ DE GATTA SÁNCHEZ, El régimen jurídico de los festejos
taurinos populares y tradicionales, Globalia, Salamanca, 2009. I tentativi
di abolizione degli spettacoli taurini restarono sempre lettera morta. Sul
punto, G.D. PASCUAL, La prohibicion de
Las corridas de toros desde una perspectiva constitucional, in El cronista de lo Estado social y
democratico de derecho, 12, 2010, 16 ss, nel quale l’autore sottolinea
come: «Estos espectáculos estaban
arraigados en la realidad social del país con la suficiente profundidad como
para sobrevivir a los paternalistas intentos de supresión impuestos por
minorías eclesiásticas o ilustradas en contra de los deseos de la abrumadora
mayoría».
[4] In generale sulla “decostituzionalizzazione”
dello Stato autonomico spagnolo e, in particolare sui crescenti contrasti tra
la Spagna e la Generalitat de Catalunya, J. TUDELA ARANDA, El fracasado éxito del Estado autonómico, Marcial Pons, Madrid,
2016.
[5] Traduzione tratta da F.E. GRISOSTOLO, La tauromachia come arena di scontro sulle
competenze nel Estado autonómico, in Diritto
Pubblico Comparato ed Europeo online, www.dpce.it , 1, 2017, 156.
[6] La tradizione spagnola ha storicamente previsto
la possibilità di organizzare fiestas de
toros anche in luoghi improvvisati e non specificamente adibiti alla
corrida. La Ley 3/1998 ha condannato le corride all’estinzione. Così F. LAUS, La tauromachia nella recente legislazione
spagnola: un bene immateriale del patrimonio culturale da valorizzare e
tutelare, in Aedon, 2, 2015.
[7] Sulla portata politica della legislazione
catalana in materia di protezione degli animali, e nello specifico, sulla
eliminazione del toro come simbolo, nell’ambito del processo secessionista catalano
si veda tra gli altri T.R. FERNÀNDEZ RODRIGUEZ, Sobre la constitucionalidad de la prohibición de las corridas de toros
en Cataluña, in DOXA, Cuadernos de Filosofia del Derecho, n.
33, 2010, 725 ss.
[8] I corre-bous
(corse coi tori) sono dei particolari spettacoli taurini caratteristici del sud
della Catalogna. si differenziano dalla corrida classica in quanto lo scopo
dell’encierro non è l’uccisione
dell’animale. Solitamente ai tori vengono legate delle torce alle corna e gli
stessi vengono lasciati liberi di correre per le strade (toro embolado).
[9]La decisione di porre in essere una Iniziativa
legislativa popolare, su richiesta della piattaforma PROU (basta in catalano),
nasce successivamente alla constatazione del continuato e progressivo rifiuto della
società catalana verso la corrida unitamente a un contesto istituzionale
propizio al proseguimento del cammino intrapreso con la ley 3 del 1988 sulla
protezione degli animali in Catalogna. Così A. MULÀ ARRIBAS, Etica Animal. La iniciativa legislativa popular de abolición de las
corridas de toros en Cataluña, in Revista
de Bioética y Derecho, 2010, 27 ss.
[12] Il preambolo della ley 28/2010 sottolinea come
la tutela dei tori è giustificata dalla prossimità genetica tra questa specie e
quella umana. Questa comunanza genetica tra le due categorie di mammiferi
determinerebbe un radicamento nella società catalana della convinzione che il toro
sia capace di soffrire. Tale assunto è stato criticato da ampia parte della
dottrina che ha tacciato di incoerenza una legge contro la sofferenza degli
animali che allo stesso tempo non si sia occupata degli esseri viventi oggetto
di caccia e pesca e, sempre nell’ambito taurino, non abbia proibito attività
come i corre-bous nei quali i tori patiscono sofferenze e sevizie paragonabili
a quelle della corrida. sul punto tra gli altri A.L. SÁNCHEZ-OCAÑA VARA, Las prohibiciones históricas de la fiesta de
los toros, in Arbor, 2013, 189 ss.
In tale ottica appare contraddittoria anche la
ley n. 34 del 1 ottobre 2010 per mezzo della quale il parlamento catalano
regola le feste tradizionali con i tori.
[15] Nel periodo immediatamente successivo alla
entrata in vigore della ley 28/2010 è partito in varie comunità autonome
spagnole e nelle più importanti città della penisola iberica un movimento volto
al riconoscimento della corrida come patrimonio culturale. Il Partido popular è
sceso in campo con i suoi rappresentanti istituzionali tra le altre in
Castilla-la Mancha, nella Rioja, nelle città di Madrid e Oviedo al fine di
farsi portavoce di un movimento nazional popolare volto alla difesa della
tauromachia come bene culturale caratterizzante la specificità spagnola. Tale
movimento è sfociato nel 2013 e nel 2015 in due leggi dello Stato le quali
hanno, pendente il recurso de
inconstitucionalidad, contribuito in maniera notevolissima a riempire un
vuoto normativo di principi costituzionali caratterizzante un tema sentito come
quello degli spettacoli taurini. Sulla risposta politica degli esponenti del PP
ai vari livelli istituzionali alla proibizione delle fiestas de toros, La Ofensiva
taurina del PP, in El Siglo, 973,
21–27 maggio 2012.
[16] Come sottolinea F.E. GRISOSTOLO, La tauromachia come arena di scontro sulle
competenze nel Estado autonómico, op. cit., 156, la legge 10/1991 è a tutti
gli effetti una legge sull’ordine pubblico (le cui norme entreranno a far parte
del c.d. regolamento taurino del 1996) ed ha valore «relativamente marginale in questo quadro la disposizione contenuta nell’art. 4, secondo la quale
l’amministrazione dello Stato potrà adottare misure destinate a promuovere o
proteggere (la tauromachia) con attenzione alla tradizione e al vigore
culturale della fiesta de toros».
[17] Per la gran parte della dottrina, la ley
18/2013 colloca per la prima volta nella storia della tauromachia la
regolamentazione giuridica nel terreno di propria competenza: le manifestazioni
culturali operando una rivoluzione copernicana della materia in ordine alla
collocazione giuridica e delle competenze legislative. Così J.A. CARRILLO
DONAIRE, La protección Jurídica de la
tauromaquia como patrimonio cultural inmaterial, in Revista General de Derecho Administrativo, 39, 2015.
[18] Il Tribunal Constitucional, alla luce del
periodo di crisi economica, ha giustificato in nome del principio costituzionale
della pianificazione economica degli interventi statali particolarmente
invasivi. Sul punto G. MARTIN I ALONSO, La
realidad del estado autonómico reflejada en las sentencias del tribunal
constitucional 130/2013 y 135/2013, relativas a la ley general de subvenciones,
in Revista d’estudis autonòmics i
federals, 20, 2014.
[19] Così D. FERNÁNDEZ DE GATTA SÁNCHEZ, la Ley 18/2013, de 12 de noviembre, para le
regulacion de la Tauromaquia, in Crónica
de legislación administrativo, Ars Iuris Salmanticensis, 2, 2014, 163 ss.
[20] Il bene culturale immateriale, e il suo
riconoscimento ai sensi della Convenzione Unesco alla quale fa riferimento
l’art.2 della ley 18/2013, è diventato oggetto di dibattito tra gli addetti ai
lavori in Spagna ed ha condotto alla ley n. 10 del 26 maggio 2015 (appunto
sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale). Sul tema del ruolo
dell’Unesco sulla conservazione del patrimonio culturale M. CARCIONE, Dal riconoscimento dei diritti culturali
nell’ordinamento italiano alla fruizione del patrimonio culturale come diritto
fondamentale, in Aedon, 2, 2013;
C. CARMOSINO, La convenzione quadro del
Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, in Aedon, 1, 2013.
[21] Il Plan Estrategico nacional de Fomento y
Protección de la Tauromaquia è stato successivamente approvato il 19 dicembre
2013.
[22] Per approfondimenti sulla ley 10/2015 si veda
M. CASTRO LÓPEZ - C.M. AVILA RODRIGUEZ, La
salvaguardia del patrimonio cultural inmaterial: una aproximación a la reciente
ley 10/2015, in RIIPAC, 2015, 89 ss.
[23] Il Tribunale Costituzionale del Perù, in data
19 aprile 2011, ha definito le feste taurine beni di interesse culturale; la
Corte Costituzionale colombiana per mezzo della sentenza del 2 settembre 2014,
ha ordinato, alla luce suo valore culturale e identitario della Tauromaquia,
alle autorità di Bogotà di disporre le misure necessarie per la ripresa dello
spettacolo taurino «mediante l’adozione di meccanismi contrattuali e
amministrativi che garantiscano la continuità dell’espressione artistica della
tauromachia e la sua diffusione»; il Conseil francese stabilisce che la
tradizione locale può determinare una eccezione alla norma penale. Per maggiori
approfondimenti si vedano A.M. LECIS COCCO-ORTU, Vive la Corrida! Il Conseil fa salva la “tradizione locale” come
eccezione all’applicazione della norma penale, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2012; E. DE MONREDON, Toros, Culture e Constitution, in Revue française de droit constitutionnel,
2016.
[25] Come specificato da F.E. GRISOSTOLO, La tauromachia come arena di scontro sulle
competenze nel Estado autonómico, op. cit., 158-159, il concetto di competenza legislativa concorrente in
ordine alle materie di cui all’art. 149.2 Cost. ha avuto una evoluzione
interpretativa giurisprudenziale. Lo stesso Tribunal Constitutional ha
stabilito (con la STC n. 122/2014) che per competenza concorrente si intende
che nella stessa materia va riconosciuta sia la competenza statale che quella
autonomica e che non si tratta di un riparto competenziale verticale basato sul
dualismo principi-norme di dettaglio come avviene per esempio nel caso
italiano.
[26] La rilevanza nel giudizio delle leggi 18/2013 e
10/2015 non è esclusa nemmeno dalla loro entrata in vigore di gran lunga
successiva all’adozione della legge catalana del 2010, sulla base dellla
giurisprudenza costituzionale che, da un lato, ritiene rilevante lo ius superveniens (STC 8/2016 del 21
gennaio, FJ 2) e, dall’altro, stabilisce che il quadro di competenze rilevante
è quello del momento della decisione (SSTC 87/1985 FJ 8, 27/1987 del 27
febbraio FJ 7, 48/1988, del 22 marzo, FJ 3, 154/1988, del 21 luglio, FJ 3).
Così F.E. GRISOSTOLO, La tauromachia come
arena di scontro sulle competenze nel Estado autonómico, op. cit., 159.
[28] Come precedentemente accennato infatti la legge
statale 10/1991 era totalmente incentrata sugli aspetti dell’ordine pubblico de
las fiestas de toros.
[30] Così F.E. GRISOSTOLO, La tauromachia come arena di scontro sulle competenze nel Estado
autonómico, op. cit., 159.
[31] La competenza legislativa statale in ordine alla
materia cultura derivante dall’interpretazione dell’art. 149.2 si caratterizza
per un contenuto assai ampio e indeterminato. Così F.E. GRISOSTOLO, La tauromachia come arena di scontro sulle
competenze nel Estado autonómico, op. cit., 160.
[32] Sui profili giuridico-politici della “questione
catalana”, C. BASSU, La questione
catalana nella prospettiva costituzionale. Crisi costituzionale identità,
Arel, 7 novembre 2017.
[33] Sul punto S. CECCANTI, Spagna/Catalogna, Nessun
futuro se viene meno la memoria, in Forum
Diritto Pubblico Comparato ed Europeo online, www.dpce.it , 16 ottobre 2017.
[34] Sul tema del referendum in Catalogna, G.
POGGESCHI, Il procés indipendentista
catalano: un'opera di teatro alternativo (sperabilmente con un happy ending),
in Forum Diritto Pubblico Comparato ed
Europeo online, www.dpce.it , 2 novembre 2017.