DA ROMA ALLA TERZA ROMA
XXXVII SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STUDI STORICI
Campidoglio, 21-22 aprile 2017
Museo
centrale della Cultura e dell’Arte della Russia
Mosca
DALLA
NUOVA ROMA ALLA TERZA ROMA: A PROPOSITO DELLA TRANSLATIO DELLO STEMMA DELL’AQUILA BICIPITE
(Riassunto)
La seconda dichiarazione di Costantinopoli
dell’unione con i cattolici, nel 1452, e la caduta di Bisanzio, nel 1453,
hanno reso attuale il tema della metonimia ed hanno acuito il problema del
passaggio del primato politico (Translatio
Imperii).
Le origini della simbologia statale
contemporanea della Federazione Russa affondano le radici nell’epoca
della formazione dello stato centralizzato russo, nel periodo del governo del
sovrano che aveva creato questo stato, ovvero di Ivan III (1462-1505). In
precedenza si riteneva che la più antica raffigurazione
dell’aquila bicipite fosse conservata solo sul retro del sigillo statale
apposto sul Diploma degli scambi del
Granprincipe Ivan III Vasil’evič ai principi di Volock Fedor e Ivan
Borisovich del 1497. Da questo documento deriva anche la datazione dello
stemma, accolta in letteratura russa sin dai tempi di N.M. Karamzin e
utilizzata anche da alcuni ricercatori stranieri.
Tuttavia, recentissime scoperte
scientifiche hanno permesso di stabilire la presenza dell’aquila bicipite
come nuovo simbolo di stato della Russia già nel 1490.
Dopo l’uscita nel 1966
dell’articolo dello storico americano Gustav
Alef (The Adoption of the
Muscovite Two-Headed Eagle: A
Discordant View, in Speculum, Cambridge/Mass,
1966. Vol. 41. N. I. P. 1) cominciò a rafforzarsi l’opinione che
l’introduzione e l’utilizzo del sigillo con la raffigurazione
dell’aquila bicipite da parte di Ivan III fossero legati alle missioni
diplomatiche in Russia dell’Imperatore Federico III e del Re dei Romani
Massimiliano I degli anni 1489-1490. Presa in prestito probabilmente dalla
Germania, l’aquila bicipite sarebbe stata a sua volta inviata in Germania
nel 1490 dai russi. Ultimamente la concezione delle origini germaniche dello
stemma di stato russo si è rafforzata ancora di più.
Sebbene fino alla fine del 1492 Ivan III
abbia avuto una corrispondenza con Massimiliano, quest’ultimo non aveva
utilizzato nei suoi sigilli l’immagine dell’aquila bicipite. In
base a definizioni dell’araldica della seconda metà del XV secolo,
l’aquila bicipite era posta più in alto dell’aquila con una
testa. Il primo era un simbolo imperiale, il secondo regale. Fino
all’agosto del 1493 Massimiliano aveva portato il titolo di Re dei Romani
e il suo stemma era l’aquila con una testa. E comunque sulla sua bolla
d’oro, che convalidava la placca tedesca del 1490, non c’era
affatto l’immagine dell’aquila. Di conseguenza, la conoscenza da
parte dei russi dell’immagine dell’aquila bicipite è
avvenuta per altre vie, non attraverso i sigilli di Federico e Massimiliano
d’Asburgo. Il fatto più importante è che l’aquila
bicipite del sigillo di Ivan III, per profilo e dettagli, non ha nulla in
comune con la raffigurazione dell’aquila bicipite utilizzata nello stemma
dell’imperatore tedesco.
Inizialmente si negava che l’aquila
bicipite, come anche un altro simbolo, quello della croce con le quattro
«В» nei
quadranti, fossero degli stemmi imperiali bizantini. Effettivamente,
l’Impero bizantino nel corso di tutta la sua storia non ha conosciuto
simboli di carattere araldico. Tuttavia, già dall’inizio del XV
nell’Europa Occidentale si era saldamente affermata la concezione
dell’aquila bicipite quale stemma dell’ “imperatore
costantinopolitano”.
La diffusione a Bisanzio dell’aquila
bicipite come simbolo araldico,
alla fine del XIII secolo, risale al periodo del governo di Andronico II
Paleologo (1282–1328). E’ giusto sottolineare che l’utilizzo
dell’aquila bicipite a Bisanzio, in qualità di simbolo
esclusivamente imperiale, non ha precedenti nel mondo islamico e in quello
occidentale. I cuscini, raffigurati sulle miniature del tempo, venivano
realizzati solo ed esclusivamente nei laboratori imperiali di Costantinopoli ed
erano i simboli principali del potere imperiale.
L’aquila bicipite ha acquistato
particolare importanza nel Despotato di Morea, un piccolo stato nel
Peloponneso, dove governavano i rampolli minori della dinastia dei Paleologo.
Qui, grazie alla vicinanza dei principati dei crociati, l’immagine ha
evidentemente acquisito tratti araldici: la corona araldica imperiale e il
piccolo scudo con il monogramma dei Paleologo.
Fonti italiane testimoniano che all’
“imperatore bianco” (come il Duca di Milano Francesco Sforza
definiva in una sua lettera il sovrano Ivan III) il Pontefice Romano aveva dato
in dote, per il matrimonio con Zoe Paleologo, tutta la Morea, ovvero gli ex
possedimenti del Peloponneso di suo padre, il despota Tommaso. Ciò si
evince da un documento del Senato di Venezia del 20 novembre 1473. Nella
lettera a Ivan Vasilevič del 4 dicembre 1473 il senato accenna anche ai diritti del gran sovrano di Mosca Ivan Ш sull’Impero
d’Oriente, o Bisanzio.
Riguardo alla Morea, data in dote a Zoe
Paleologo, si sono conservate anche delle annotazioni nelle cronache delle
città di Viterbo e di Vicenza, che la principessa Zoe aveva visitato
durante il suo viaggio verso la Russia nel 1472. Gli autori delle cronache
segnalavano che il Papa aveva dato in dote a Zoe tutta la Morea «che si
supponeva potesse essere sottratta a Maometto II grazie agli sforzi del marito
della “regina di Russia”».
Nel 1472 Trevisano Volpe, cugino del russo
Ivan Frjazin, che aveva ospitato Sofia nella propria villa, ebbe riconosciuto
il diritto di aggiungere al proprio stemma l’immagine dell’aquila bizantina con la corona. Il 20
luglio 1472 in onore di Zoe Paleologo a Vicenza fu organizzata una processione
con una torre (ruota di notaj) dell’altezza di 23 m., ornata dello stemma
bizantino, l’aquila bicipite con la spada e il lobo crucigero.
Dopo le nozze del 12 novembre 1472
«con la principessa ortodossa Sofia, la figlia di Tommaso, despota di
Morea, figlio dell’imperatore di Car’grad Manuele» (in
Russia, come testimonia il beato Maksim Grek, la gran principessa Sofia
Paleologo era considerata da parte di padre «discendente della famiglia
imperiale costantinopolitana, e in linea materna discendente dell’italico
granduca di Ferrara») Ivan III non solo acquisì diritti legittimi
dello status di imperatore, ma cominciò ad essere considerato come
diretto successore del basileus bizantino,
mentre la signoria di Venezia fu tra i primi sull’arena
internazionale a riconoscere l’inoppugnabile diritto del sovrano
moscovita al titolo imperiale costantinopolitano.
La raffigurazione dell’aquila
bicipite coronata, in qualità di stemma ufficiale della Russia, appare
per la prima volta intorno al 1490
sul portale dorato del Palazzo dei Diamanti del Cremlino, costruito dal
veneziano Marco Ruffo e dal Milanese Pietro Solari. La legittimazione
dell’aquila bicipite coronata come stemma ufficiale russo è da
collegare, a nostro avviso,
con la seconda visita a Mosca, nel 1490, al seguito della missione diplomatica
di Demetrio e Manuele Ralev, del
fratello maggiore di Zoe Paleologo Andrea, rientrato dall’Italia. Egli era l’unico erede
legittimo al trono di Costantinopoli ed aveva dato in sposa sua figlia Maria al
figlio del principe feudale di Vereja Vasilij Michajlovič Udaloj, che, in
conformità con il codice di vassallaggio feudale, rendeva Ivan Ш titolare del diritto di patronato anche sullo
stemma imperiale.
Oltre all’antichissima immagine
dell’aquila bicipite coronata come stemma ufficiale della Russia, nel 1490, per la prima
volta ci capita di scoprire una descrizione unica dei colori araldici:
«nel suo stemma egli utilizza un’aquila
bicipite nera, con le corone, su sfondo verde».
Al Concilio di Mosca del 1492 era stata
sancita una nuova dottrina politica, fondata completamente sulla «Donatio Constantini Magni», ed
era stata presa la decisione di spostare l’inizio dell’anno dal 1
marzo al 1 settembre, evidente testimonianza del fatto che la la Rus’
ritenesse di avere pieno titolo a succedere a Bisanzio. Inoltre, il Concilio
del 1492 aveva approvato un nuovo Сalcolo della Pasqua, dove nell’introduzione, per la
prima volta era stata enunciata l’idea di Mosca come unico centro
ortodosso del mondo (“nuova città di Costantino”), mentre
“il signore e autocrate”
(per la prima volta un titolo simile!) Ivan III è paragonato al
“nuovo imperatore Costantino” (parafrasi del testo evangelico
«E saranno primi gli ultimi e ultimi i primi»). La raffigurazione
sullo stemma o sul sigillo di Ivan III dell’aquila bicipite era
altresì testimonianza della
rivendicazione dei territori della Lituania e della Polonia (Černigov,
Krasnaja Rus’, Premyšl’, ecc.) e il titolo di «zar e
autocrate di tutta la Russia», era una sfida diretta alla Turchia.
Dichiarata nel Calcolo della Pasqua del
1492, la nuova idea statale relativa al trasferimento all’anno 7000
dell’assegnazione a Mosca del titolo di antica “città di
Costantino” è stata precorritrice della teoria di “Mosca Terza
Roma”.
[Traduzione dal russo di Caterina Trocini]