DA
ROMA ALLA TERZA ROMA
XXXVII
SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STUDI STORICI
Campidoglio,
21-22 aprile 2017
Direttore dell’Istituto di Storia Russa
Accademia delle Scienze di Russia
Mosca
L’URBANIZZAZIONE IN RUSSIA NELLA SECONDA METÀ DEL XIX –
INIZIO XX SECOLO: DALLA SOCIETÀ AGRARIA A QUELLA INDUSTRIALE
Nell’origine e nello sviluppo delle città russe e di
quelle occidentali sono evidenti sia caratteristiche comuni sia rilevanti
specificità, che hanno influenzato la vita urbana nei secoli XIX-XX. Ovunque le
città sono sorte in seguito a opere di fortificazione militare, rifugi per gli
abitanti dei villaggi che cercavano salvarsi dagli attacchi dei nemici. La
stessa parola russa gorod [città, n.d.t.] deriva dal verbo gorodit’ [recintare n.d.t.] e definisce un luogo ograždennoe
[recintato, protetto n.d.t.] e, di conseguenza, fortificato allo scopo di
essere difeso dagli attacchi. Con il tempo queste fortificazioni militari
venivano circondate da insediamenti di commercianti e artigiani.
L’attività commerciale e industriale si sviluppava anche
nei grandi villaggi. In Occidente questo processo di distacco della popolazione
dall’agricoltura ha portato ad una distinzione, sul piano giuridico, della
città, divenuta unità territoriale indipendente, autonoma dal punto di vista
produttivo, amministrativo e giudiziario. I liberi cittadini delle libere città
hanno costituito le basi del terzo stato, di quella società borghese che si
andava formando nei Paesi europei.
Sebbene le nascenti città commerciali e industriali russe
per molti versi fossero simili a quelle dell’Europa Occidentale, erano
contraddistinte da sostanziali peculiarità. In molte di esse, addirittura fino
alla metà del XIX secolo, la maggior parte della popolazione era dedita
all’agricoltura. La differenza sostanziale rispetto all’Occidente consisteva
nel fatto che in Russia non esistevano città giuridicamente libere. Nel XVIII
secolo si era attuata la trasformazione della città da centro militare a centro
amministrativo, caratterizzato dalla presenza degli organi governativi e
civili, per lo più enti; spesso, però, l’importanza commerciale e industriale
delle città non era tenuta nella dovuta considerazione.
Inoltre, soprattutto nella seconda metà del XIX secolo,
si attuava il naturale processo di sviluppo dei grandi centri commerciali e
industriali, anche di quelli che prima erano solo villaggi densamente popolati.
Sia nel XIX secolo sia all’inizio del XX erano annoverate tra le città molti
centri amministrativi senza alcuna rilevanza dal punto di vista economico,
mentre, al contrario, a numerosi insediamenti che avevano sviluppato
autonomamente un’economia di tipo urbano, non era riconosciuto lo status di
città.
In base al censimento del 1897 nell’Impero si contavano
6376 insediamenti con popolazione tra i
2 mila e i 40 mila abitanti, che non erano considerati città e la cui
popolazione era conteggiata in quella rurale. Tra questi vi erano i villaggi
industriali largamente diffusi nella Regione industriale centrale, gli
insediamenti di operai degli Urali e del Donbass, i paesini dei governatorati
occidentali dell’Ucraina e del Caucaso, la cui popolazione era occupata
principalmente nel commercio, nell’artigianato e nell’industria. Il censimento
del 1897 aveva riconosciuto lo status di città a 867 centri abitati, la cui
popolazione complessiva contava 16,5 milioni di abitanti (il 13,2% della
popolazione del Paese). Nel 1914 il numero della popolazione urbana era di 26,3
milioni di abitanti e la sua incidenza sulla popolazione totale era salita al
15%.
Le grandi città, con popolazione superiore ai 100 mila
abitanti, erano in tutto 20, ovvero il 2% di tutti gli insediamenti urbani.
Solo nelle due capitali russe il numero degli abitanti superava il milione:
alla fine del XIX secolo Pietroburgo contava 1,3 milioni di abitanti, e Mosca
(compresi i sobborghi) 1,1 milione. Nel XIX secolo Mosca era il maggiore snodo
ferroviario ed il più grande centro commerciale e industriale.
Pietroburgo era divenuta capitale nel 1712. Nessuna città
al mondo situata così a settentrione (quasi sotto il 60о parallelo nord)
era così densamente popolata. Ciò si spiegava con la sua posizione geografica: la
nuova capitale era situata sullo sbocco nel Mar Baltico delle vie acquatiche
che la collegavano anche all’ampia rete fluviale del Volga. Inoltre a
Pietroburgo avevano stabilito la propria residenza permanente gli imperatori
russi; la città era sede degli enti statali centrali e dunque il più grande
centro politico e culturale del Paese.
Varsavia era al terzo posto per numero di abitanti (684
mila nel 1897) ed era seguita da Odessa (404 mila abitanti). Tempi
particolarmente sostenuti di crescita caratterizzavano i centri industriali
tessili (Lodz) e quelli dell’industria estrattiva petrolifera (Baku) e
mineraria (Ekaterinoslav). Seguiva tutta una serie di centri commerciali e
industriali: Rostov sul Don, Riga, Kiev, Char’kov.
La crescita delle città asiatiche era collegata alla
costruzione della Ferrovia Transiberiana. L’antica città siberiana di Irkutsk,
centro amministrativo della Siberia orientale, era considerata il quartier
generale degli imprenditori dell’industria dell’oro, che conducevano fiorenti commerci
con la Cina.
In 920 città (75% del numero totale) erano attive
fabbriche e attività legate all’artigianato. La vita in città era più cara che
nei villaggi, ma anche i guadagni erano più alti. L’alimentazione della
popolazione urbana, come del resto anche di quella rurale, si basava
principalmente sul pane e il grano lavorato, che tradizionalmente
caratterizzavano la cucina nazionale russa.
La rilevanza funzionale delle città russe fu determinata,
da una parte, dallo sviluppo economico di molte di esse, che nella seconda metà
del XIX – inizio XX secolo aveva avuto tempi piuttosto sostenuti, dall’altra
parte, dal processo di trasformazione in centri amministrativi dello stato
imperiale. Queste circostanze, unite ad altri fattori, hanno lasciato il segno
sulla composizione e l’attività della popolazione urbana in Russia,
condizionandone le peculiarità rispetto alla popolazione rurale.
Le città erano caratterizzate da un’alta percentuale di popolazione
venuta da fuori, cioè di immigrati da zone rurali. A sua volta l’alta
percentuale di popolazione immigrata influenzava tutta una serie di indici di
tipo demografico: la prevalenza numerica degli uomini sulle donne, la maggiore
incidenza di persone in età da lavoro, ecc. All’inizio del ХХ secolo il 39%
dei russi che abitavano in città continuava ad appartenere al ceto dei
contadini e il 44% era annoverato nel ceto dei borghesi. La restante
percentuale era composta da mercanti, nobili, clero, ecc.
La massa principale dei contadini che abitavano nelle
città, continuava ad essere considerata parte delle comunità agricole di
provenienza, sebbene la maggior parte di essi svolgesse un’attività di tipo
commerciale e industriale. I più benestanti avevano case di proprietà in città
ed avevano avviato imprese commerciali e attività artigianali. Ma la stragrande
maggioranza dei contadini trasferitisi in città era costituita da operai
salariati e personale di servizio.
L’incidenza del ceto borghese nella composizione della
popolazione impiegata nel commercio e nell’industria era del 6-8%, il 60-75%
della popolazione delle città era costituita da operai salariati e il 10-20% da
piccoli proprietari (artigiani). In Russia la popolazione delle città era più
avanti nel processo di transizione dalla società tradizionale e a quella
industriale rispetto agli abitanti delle campagne. Ciò era particolarmente
evidente nelle capitali e nelle grandi città. Peraltro, il processo di
modernizzazione era ben lontano dalla conclusione. La periferia agraria, con la
sua società di stampo patriarcale, influenzava la vita nelle città.
L’insufficienza dei mezzi costituiva l’ostacolo
principale al processo di sviluppo delle città in Russia. I bilanci erano
alquanto bassi, di gran lunga inferiori a quelli delle città dell’Europa
Occidentale. Il bilancio municipale era in media di 6-7 rubli l’anno per
abitante. A Pietroburgo e Mosca era di 21 rubli, contro i 50 rubli di Parigi e
i 60 di New York.
La possibilità di attrarre crediti (fattore di grande
rilievo per garantire le finanze delle città europee) per la maggior parte
delle città russe era pari a zero a causa del mancato sviluppo del credito
municipale. In media il debito ammontava a 58 rubli per ciascun abitante a
Pietroburgo, 64 rubli a Mosca, mentre a Parigi era di 350 rubli, a New York di
300, a Londra di 215 rubli.
La mancanza di mezzi influenzava negativamente il livello
di sviluppo dell’economia municipale. Persino nelle capitali le case di legno
costituivano più della metà delle abitazioni, in ragione del fatto che i
quartieri limitrofi ed i sobborghi erano quasi interamente di legno. Le
caratteristiche tipiche delle aree urbane, ovvero una piuttosto alta popolosità
delle abitazioni e la loro disposizione su più piani, erano visibili solo nelle
grandi città. In generale, la prevalenza delle costruzioni di legno faceva sì
che le case fossero di pochi piani. Gli operai, i piccoli commercianti e gli
artigiani andavano ad abitare nelle periferie e nei sobborghi, in vecchie
casette di legno, anguste e buie, spesso senza alcuna comodità. La crisi
abitativa si percepiva soprattutto nelle capitali, dove c’era maggiore
concentrazione di popolazione lavoratrice.
La rapida crescita delle città, la comparsa nelle
periferie di grandi quartieri industriali aveva reso particolarmente attuale il
problema dello sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e dei collegamenti.
La realizzazione dei primi tram risale all’inizio degli anni ’90 del XIX
secolo; nel 1910 i tram erano presenti in 54 città russe. Nella maggior parte
delle città, tuttavia, il più diffuso mezzo di trasporti era rimasto quello a
trazione animale.
E così, all’inizio del XX secolo, la città economicamente
sviluppata, simbolo del passaggio dalla società agraria tradizionale a quella
industriale, conquistò salde posizioni in Russia. La crescita di un’industria
pesante di rilievo determinò l’aspetto di molte città. Per livello culturale e
per sviluppo politico la popolazione urbana si distingueva sostanzialmente da
quella rurale, seppure conservando con quest’ultima un legame organico.
I contrasti economici e sociali caratteristici della
realtà russa erano comunque chiaramente evidenti anche nelle città. Se
Pietroburgo e Mosca, così come Varsavia e Odessa, nel loro aspetto e nell’organizzazione
si avvicinavano alle città europee, la massa delle piccole città russe era
molto simile ai villaggi di campagna. Nelle città erano visibili molto più
nettamente i contrasti tra ricchezza e povertà, istruzione e ignoranza, virtù e
peccato. Non a caso nelle diverse tappe del destino storico del nostro paese,
compresa la Grande rivoluzione russa del 1917, il ruolo decisivo è appartenuto
alle grandi città, soprattutto alle capitali.
[Traduzione dal russo di Caterina Trocini]
[Un
evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende
impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi
presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione
“Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dal Comitato promotore del XXXVII
Seminario internazionale di studi storici “Da Roma alla Terza Roma”
(organizzato dall’Unità di ricerca
‘Giorgio La Pira’ del CNR e dall’Istituto di Storia Russa dell’Accademia delle Scienze di Russia, con
la collaborazione della ‘Sapienza’
Università di Roma, sul tema: LE CITTÀ DELL’IMPERO DA ROMA A COSTANTINOPOLI
A MOSCA) e dalla direzione di Diritto @ Storia]