Memorie-2017

 

 

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DA ROMA ALLA TERZA ROMA

XXXVII SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STUDI STORICI

 

Campidoglio, 21-22 aprile 2017

 

G. ManiscalcoGiovanni Maniscalco Basile

Università di Roma «Tre»

Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica del CNR

 

CITTÀ E TERRITORIO DEL POTERE NELLA RUSSIA DEL XVI SECOLO

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 «E Roma, la città grande fra le [tutte] città,

 ebbe Romolo come primo imperatore …»

 

 Russkij Chronograf (1516-1522)

 

 

In antico norreno, il nome di Kiev era Kœnugarðr, di Novgorod Holmgarðr; il nome della Rus’ era Garðariki o più brevemente Garðar, Terra delle Città[1].

In effetti, sino alla fine del XV secolo, la Russia era una costellazione di città indipendenti, governate da un principe e da un veče, ognuna delle quali, fra alterne vicende aveva avuto un rapporto diretto col Khan dell’Orda d’Oro che aveva invaso e controllato la regione per due secoli.

A partire dalla battaglia non combattuta dalle due sponde del fiume Ugra, che segna la fine del «giogo» tataro, la costellazione comincia a contrarsi nell’orbita di una sola città, Mosca, sede del Gran Principe Ivan Vasil’evič III il Grande, e la «Terra delle Città» diventa Moskva.

Ma per un lungo periodo, prima che la «Moscovia» (Moskva, appunto) diventi Rossija, il pensiero politico e storico russo continua a ragionare in termini non di «stati», di «imperi» o di «regni», ma di «città». E tutto quello che non è città è un «mesto», semplicemente, un «luogo», un «posto».

Nell’Epistola di Spiridon-Savva, in cui si delinea la discendenza dei Principi russi da Cesare Augusto, nella parte che riguarda la genealogia dei Principi lituani, si racconta:

 

«Il Gran Principe Aleksandr Michajlovič trattenuto per non poco tempo presso l’Orda e infine lasciato andare dall’Orda dallo Car’ al Gran Principato di tutta la Rus’ vide che vi erano molte città ancora non fondate e che poca gente si riuniva»[2].

 

Da questo brano emerge una singolare concezione dello «spazio politico»: uno spa- zio vuoto non è semplicemente un’estensione di territorio disabitato, ma un luogo dove «vi sono molte città ancora non fondate».

Questa concezione dello spazio implica un’idea « totalizzante» di città: un luogo centrale per ogni attività umana, vita civile, difesa e, soprattutto, per quella di amministrazione e di gestione del potere politico.

Non può sorprendere dunque che, prima di chiamarsi Rossija, la Russia apparisse nelle fonti semplicemente come «Moskva» e, nelle fonti occidentali, come «Moscovia».

Nella Russia che precede la «centralizzazione» iniziata da Ivan III e completata da Ivan IV, la città era «udel’» (o più propriamente, zemlja), «appannaggio» di un principe.

Le città, infatti erano otčina del principe, cioè «eredità del padre».

Nella sostanza, la Russia dei primi secoli era davvero una costellazione di città i cui rapporti reciproci mutavano con le condizioni di contorno, più tardi con la volontà del khan dell’Orda d’Oro, e con l’atteggiamento dei veče, le assemblee cittadine che in alcune città potevano eleggere e deporre i principi[3].

Questo non cambiò quando il Gran Principe di Mosca verso la fine del XV secolo iniziò la sua opera di centralizzazione, annettendo alcune delle città più importanti e ponendo a capo della loro amministrazione un d’jak, un suo rappresentante. Poi, con l’abolizione del diritto di ot”ezd da parte di Ivan III, nel 1470, con diversi zapisy o neot’ezde[4], anche i principi «minori» gravitarono, in modo sempre più rigido, attorno al trono moscovita.

Ma anche dopo questa evoluzione istituzionale, l’unità politica elementare rimaneva la città: questa volta, la città di Mosca.

Nel Rituale dell’Incoronazione di Ivan IV così si legge:

 

[…] per la grazia a noi data dal santo e vivifico Spirito attraverso l’imposizione delle mani sulla nostra umiltà con gli arcivescovi e vescovi della metropolia russa e con tutti i santi sinodi nella santa chiesa cattedrale della Dormizione della purissima Madre di Dio presso i miracolosi sepolcri dei grandi taumaturghi Petr, Aleksej, Iona, metropoliti di tutta la Ruse degli altri santi metropoliti della metropolia russa, nella tua Città imperante (carstvujuščij grad) di Mosca[5].

 

Non solo, quindi, Ivan IV viene incoronato come Car’ ecumenico, ma il suo «Carstvo» ha il suo centro a Mosca, ma coincide anche con la «città imperante».

Anche molti decenni dopo l’inizio della centralizzazione, la situazione politico-ideologica e istituzionale rimane più o meno immutata.

Quando, nel 1565, dopo la morte della moglie Anastasija Romanova, una grave malattia e il rifiuto dei bojary di avallare la designazione come erede al trono del suo figlio primogenito ancora in minore età, lo Car’ si ritirò dalla capitale e si rifugiò nella Aleksandrovna Sloboda, egli si rivolse al Metropolita con una sua lettera di accuse ai bojary e alla Chiesa, ma inviò una seconda missiva anche al «popolo» di Mosca, giustificando la sua «abdicazione» col tradimento dei grandi del suo regno con la connivenza della Chiesa. Il popolo cui si rivolse il Gran Principe era composto dai gosty, dai kupcy e da tutta «la cristianità ortodossa della città di Mosca»[6].

Ed è il popolo di Mosca che, implorandolo di ritornare sul suo trono riconosce/conferisce allo Car’ Ivan IV il potere «sovrano» di punire i malvagi[7], che era in precedenza più o meno rigidamente limitato dal wergeld[8].

A questa attribuzione [riconoscimento?] segue poi l’opričinina, la divisione delle terre russe con il sostanziale allontanamento dei titolari delle otčiny dal loro possessi ereditari e questa costituisce un atto che rivela Ivan IV come un vero e proprio «monarca patrimoniale», il cui patrimonio è la città di Mosca e tutte le terre che lui ha deciso di annettervi.

Durante il governo di Ivan IV, quindi, «città» (Mosca) e «otčina»: Carstvujuščij Grad e potere politico «patrimoniale» sono ancora legati. Solo con il sobor di elezione di Michail Fëdorovič Romanov, una funzione pubblica di grande rilievo viene attribuita alle altre città che fanno ora parte della Moscovia: vengono chiamati uomini saggi dalle città perché partecipino all’elezione del nuovo Car’.

 

... scrissero ai Metropoliti, agli Arcivescovi, ai Vescovi, agli Archimandriti, agli Egumeni ed a tutto il santissimo Concilio ecumenico, e ai bojari, ai voevody, ai nobili ed a tutti gli uomini di tutte le città dello Stato moscovita, perché da tutte le città di tutto l’Impero russo ... fra i nobili e fra i deti bojarskie, fra i gosty e fra i mercanti, fra i funzionari locali si scegliessero gli uomini migliori, più forti e saggi, quanti fosse opportuno, per il Consiglio della Terra e per la scelta del Sovrano, e li mandassero a Mosca: e con il loro Consiglio della Terra si scegliesse, dalle stirpi russe e moscovite, il Sovrano, Car’ e Gran Principe di tutta la Russia, che il Signore Iddio darà, sullo Stato di Vladimir e Mosca, sugli Imperi di Kazan’ e Astrachan e di Siberia e su tutti i grandi Stati[9]  dell’Impero russo[10].

 

Ma la città ed il suo Car’ rimane per lungo tempo il centro della concezione politica dello carstvo moscovita. Non è un caso che Costantinopoli, la Seconda Roma, nelle fonti del XVI secolo viene sempre chiamata «Car’grad», la città dell’imperatore, o Città imperante (carstvujuščij grad).

 

LImperatore Costantino e il santissimo patriarca Cerulario ordinarono di riunire in concilio nella Città imperante [di Costantinopoli] («царствующий град») i santissimi patriarchi di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme[11].

 

Anche quando la concezione imperiale si consolida nella concezione politica russa, l’idea di città come centro politico non viene abbandonata.

Nella gramota che istituisce il patriarcato di Mosca, documento di fondamentale importanza istituzionale e ideologica, le «città imperanti» sono due: Costantinopoli e Mosca e l’idea di Carstvo appare concentrata su quella, ancora dominante, di città.

 

E il nuovo patriarca insediato nella Città imperante di Mosca invii uno scritto sul proprio insediamento nella Città imperante di Costantinopoli al patriarca ecumenico, colui che sarà in quel tempo, chiedendo il consenso sul proprio insediamento ed il patriarca ecumenico della chiesa constantinopolitana risponda con una propria lettera a quel patriarca della Città imperante di Mosca della Grande Russia sul suo insediamento[12].

 

Ma anche molto più tardi, nel 1689, nel testo russo del trattato di Nerčinsk, si notano tracce della concezione patrimoniale del «gosudarstvo» russo.

 

In quel fiume, chiamato Argun, che sfocia nel fiume Amur, si pongono i confini così, che tutte le terre, che sono sulla riva sinistra che vanno da quel fiume sino alla sorgente ricadono sotto il governo del Khan cinese; la riva destra: tutte le terre [appartengono] alla grandezza dello Car’ dello <stato> russo […][13].

 

Ancora, quindi, oltre un secolo e mezzo dopo il completamento della centralizzazione della Terra delle Città sotto il dominio di Mosca, l’idea dell’impero come una monarchia che aveva il suo nucleo politico in una città, a un tempo centro del potere e otčina del Gran Principe e Car’, non era del tutto scomparsa.

 

 

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[Un evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione “Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dal Comitato promotore del XXXVII Seminario internazionale di studi storici “Da Roma alla Terza Roma” (organizzato dall’Unità di ricerca ‘Giorgio La Pira’ del CNR e dall’Istituto di Storia Russa dell’Accademia delle Scienze di Russia, con la collaborazione della ‘Sapienza’ Università di Roma, sul tema: LE CITTÀ DELL’IMPERO DA ROMA A COSTANTINOPOLI A MOSCA) e dalla direzione di Diritto @ Storia]

 

[1] Pritsak 1991.

 

[2] Epistola di Spiridon-Savva. Cfr. Catalano 1992, 222

Великому же княазю Александру Михайловичу немало закосневшу в Орде и паки изпущену бывшу ему из Орды царем на велокое княжение всеа Руси, и виде грады аще не ставлены, но в мале люди събирающася.

 

[3] Si è a lungo discusso se la Russia antica avesse sviluppato un sistema istituzionale somigliante, almeno in qualche aspetto, al feudalesimo occidentale e se i principi fossero in qualche modo legati al gran principe da rapporti somiglianti al homagium, consilium, beneficium, immunitas che, secondo la storiografia tradizionale, costituivano i pilastri del rapporto feudale.

Da qualche decennio, l’idea «giuridica» di feudalesimo è stata messa in discussione per rivelare nel Medio Evo occidentale un tessuto molto più ricco e vario di rapporti gerarchici fra individui e di rapporti con la terra di quanto la teoria storiografica tradizionale, fondata soprattutto sui Libri Feudorum, non avesse descritto. Cfr. Grossi 2007 e Gurevič 1970-1982. La «reinterpretazione» del feudalesimo, dovuta soprattutto ai contributi di Susan Reynolds, (cfr. Reynolds 1994) svuota quasi del tutto di contenuto l’antica polemica fra Pavlov-Sil’vanskij e Čicerin (cfr. Pavlov-Sil’vanskij [1873] 1988. Più di recente, Vernadsky 1964).

La discussione, probabilmente era generata da un tentativo di far rientrare la Russia nelle categorie istituzionali dell’Europa occidentale, contraddicendo la teoria « normannista», ma chi cercava somiglianze probabilmente non teneva conto del fatto che il sistema delle città russe non aveva alcun bisogno di stabilire un sistema di governo «decentrato» sotto il controllo di un «centro»: dato che non esisteva un vero e proprio «centro», come invece nell’ambito delle monarchie medievali in Occidente.

Per di più, a differenza che in Occidente dove il vassallo non poteva che servire un unico signore, nelle terre russe era istituzionalizzato il diritto di ot”ezd che comportava per il principe la possibilità di mutare alleanze e rapporti di servizio senza perdere i propri diritti sulla città e le terre avite.

 

[4] Cfr. Fennell 1951b, 172. Cfr. anche Zimin 1977 e Kaštanov 1988.

 

[5] Rituale d’incoronazione di Ivan Vasil’evič. Cfr. Catalano 1992, 296.

«[…] и по данной нам благодать животворящего духа рукоположением нашего с архиепискупы и епискупы Руския митрополия священными соборы в святей соборной церкве Успения пречистыя Богородица, у чюдотворных гро- бов великих чудотворцов Петра, Олексея, Ионы митрополитов всеа Русии и прочиих святых митрополит Руския митрополия, в царьствующем твоем граде Москве».

 

[6] Cfr. PSRL, XIII, 392 e Maniscalco Basile 1987.

 

[7] Cfr. Maniscalco Basile 1976.

 

[8] Kaiser 1980.

 

[9] Il problema della traduzione di «gosudarstvo» non è di facile soluzione. La tentazione, cui comunemente si cede, di tradurlo come «stato» porta ad una imprecisione giuridica di portata sostanziale. In questo caso l’etimologia storica non aiuta gran che. Infatti, il termine «gosudar» (di origine etimolgica incerta) potrebbe derivare da «gospodar», che si può tradurre grossolanamente come «signore», ma esso ha attinenza etimologica anche con «gost», «padrone di casa», «colui che accoglie». «Gosudar» quindi e, correlativamente, «Gosudarstvo» parrebbero rientrare, più o meno, nel modello dell’Occidente medievale di monarchia patrimoniale.

 

[10] Cfr. Maniscalco Basile 1987, 332.

 

[11] Narrazione dei Principi di Vladimir (Catalano 1992, 240 s.).

«Царь же Коньстянтин и святейший патриарх Кир Иларие повеле събратися собору в царствующий град святейший патриарси александръский, и антиохийский, иерусалимъский».

 

[12] Cfr. Catalano 1992, 407 s.

«И патриарху новопоставленному царствующаго града Москвы о своем поставлении отписать в царствующи град Костянтинополя к патриарху вселенскому, кто в то время прилучитца, о согласие о своем поставлении, и патриарх вселенский костянтинополские церкви отпишет против в своей грамоте к тому патриарху царствующаго града Москвы Великие Росии о его поставление».

 

[13] Cfr. Russko-Kitajskie Otnošenija (1689-1916) Oficial’nye Dokumenty.

Такожде река, реченная Аргун, которая в реку Амур впадает, границу постановить тако, яко всем землям, которые суть стороны левые, идучи тою рекою до самых вершин под владением Хинского хана да содержитца, правая сторона: такожде все земли да содержатца в стороне царского величества Российского государства   […].