DA ROMA ALLA TERZA ROMA
XXXVII SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STUDI
STORICI
Campidoglio, 21-22 aprile 2017
Università di Bologna
IL SISTEMA DEI THEMATA
NELL’IMPERO ROMANO D’ORIENTE (SECC. VII-XI)
Sommario: 1. Dal IV al VII secolo. – 2. Dal VII all'XI secolo.
«L'esercito misto di fanti e cavalieri
è simile al corpo umano che al posto
delle mani ha la fanteria leggera, e cioè arcieri,
lanciatori di giavellotto e
frombolieri. Al posto dei piedi i cavalieri. E al posto
della testa, tu, che sei
il primo fra tutti, posto delle restanti parti del corpo,
la fanteria pesante
e cioè gli skutatoi, che portano l'armatura tutta
intera. E così tu, come
la testa, devi avere una grande cura, sia di te stesso
che di tutto il corpo:
così quelli avranno cura di te, come di loro
stessi»
Leone VI, Taktikà (886-912)
Tra il IV e il VII
secolo l'esercito romano-orientale comprendeva le truppe dei distretti militari
di confine reclutate sul luogo (LIMITANEI)
e le truppe da campagna, dislocate all'interno ma dotate di grande
mobilità in caso di imprese militare (COMITATENSES). Dal VI
sec. i limitanei, divenuti affittuari delle terre dei loro
capi, grandi proprietari,
presentano analogie con i Buccellarii
che erano i componenti di vere e proprie milizie private assoldate dai
generali. Ricordiamo che Procopio riferisce che Belisario equipaggiava ben 7000
uomini con le proprie sostanze personali. Ai grandi proprietari veniva
così delegata la gestione di una parte dell'esercito. I comitatenses
erano reclutati tra i sudditi bizantini traci, illirici, isauri, mentre andava
consolidandosi il corpo dei FOEDERATI
che superò presto nel numero i comitatenses.
Esso reclutava barbari, in sostanza mercenari che dipendevano dai quadri
militari bizantini e prestavano servizio nella cavalleria, mantenendo peraltro
le proprie consuetudini e catene di comando. Altre truppe straniere erano
quelle degli alleati (SOCII) dei
territori di frontiera che fornivano truppe che restavano sotto il comando dei
loro capi. La guardia palatina (PALATINI), che nel VI secolo era
costituita da 20.000 uomini circa, era un corpo d'élite composto da
barbari; a uno dei suoi squadroni, le SCHOLAE,
fu affidata per molto tempo la guardia del palazzo, ma nel V secolo questo
ruolo passò agli EXCUBITORES,
un gruppo di 300 uomini guidati da un comes. L'alto comando militare fu ripartito da
Costantino fra tre Magistri: il Magister Peditum comandante della
fanteria, il Magister Equitum
comandante della cavalleria, nonché il Magister Militum Praesentalis, residente a Costantinopoli. In seguito l'alto comando fu suddiviso
fra otto Magistri, e poi ancora fra
dieci, due dei quali avevano il compito di difendere la capitale. Ai loro
ordini si trovavano i DUCES,
governatori militari delle province nominati dall'Imperatore; seguivano poi i VICARI o ILARCHI. Gli uomini
alle armi erano generalmente inferiori alle esigenze belliche di un
Impero in stato di guerra. Agli inizi del V sec. erano a
disposizione circa 550.000 uomini, un secolo dopo essi erano solo 150.000 a
causa dell’insediamento in Occidente delle tribù germaniche con
relativa interruzione della fornitura di truppe. Alla fine del VI sec. gli
effettivi erano ridotti addirittura a 15.000-30.000 unità. Alla ridotta quantità si suppliva
con la qualità e con un efficiente organizzazione.
In battaglia il
comando supremo è affidato allo stratego.
La truppa è suddivisa in tre divisioni dette MERAI, comandate dai merarchi;
la divisione in posizione centrale dello schieramento era comandata dall'ipostratego. Ogni divisione è
composta da tre reggimenti detti MOIRAI,
comandati da duchi e divisi a loro
volta in battaglioni chiamati TAGMATA,
composti da 300-500 uomini con a capo i tribuni;
ogni tagma ha il suo servizio
sanitario, le sue salmerie e tutto ciò di cui ha bisogno. L'equipaggiamento difensivo è
pesante, ma la fanteria è ora relegata a un ruolo secondario. Non
è più il corpo decisivo e viene spesso lasciata nelle retrovie a
difendere l'accampamento, mentre fondamentale è ora il ruolo della
cavalleria armata di spada, arco e giavellotti. E' grazie a quest'ultima se nel
VII secolo l'esercito romano-orientale riesce a prevalere su quello sassanide.
Equipaggiamento, rifornimenti e spartizione del bottino rientravano nelle
competenze dei capi militari, mentre la paga (roga) dipendeva dagli uffici di Costantinopoli; l'assistenza
religiosa dipendeva presumibilmente dal patriarcato. La disciplina non è
sempre facile da ottenere, poiché i soldati, di disparata provenienza,
cercano di ottenere il maggior utile dal servizio.
Nei secoli in cui
l'esercito riuscì prima a conquistare e quindi a salvaguardare i
territori dell'Impero, il grado di organizzazione dello stesso era veramente
notevole. Le fabbriche d'armi erano sotto il controllo dello stato e i cavalli,
altro elemento indispensabile, venivano in prevalenza forniti dagli allevamenti
imperiali. Quando l'esercito si muoveva lo spettacolo doveva essere
affascinante. Armi splendenti, divise colorate e mantelli, scudi, stendardi
decorati. Con le truppe viaggiavano
tutti i servizi ausiliari: il corpo di sanità, il servizio religioso, i
genieri, l'artiglieria, i pontieri, fabbri ed operai. Sui carri delle salmerie
erano caricati tende, attrezzi per scavatori e zappatori, asce, seghe, roncole,
macine, oltre a viveri, armi e a volte macchine d'assedio smontate. Ai
comandanti, come dice Leone nel brano citato all'inizio, era affidato
l'onere-onore di gestire il tutto e di mantenere alto il prestigio dell'Impero.
Fra VI e VII secolo
il mare e il suo dominio, la thalassokratia,
rappresentano nella mentalità romano-orientale colta la fonte della
ricchezza e del potere politico-militare come testimonia Cosma Indicopleusta.
Procopio, il segretario di Belisario testimone in prima persona della guerra
per la riconquista dell'Occidente mediterraneo ad opera di Giustiniano, membro
del ceto senatorio e insignito del titolo aulico di patrizio, personaggio a
tutti gli effetti "ufficiale" in grado di esprimere le valutazioni
del ceto di governo nel suo livello più elevato a Costantinopoli, esalta
la thalassokratia e il suo peso sull'esito della guerra
vandalica e della guerra gotica, cioè sulla riconquista di Africa e
Italia. Questa stessa valutazione della importanza delle flotte troviamo nel
regno gotico d'Italia.
La sopravvivenza
dell’impero romano-orientale, di fronte alla perdita di vastissimi
territori in seguito alle invasioni germaniche in Occidente, alla invasioni
slave nella penisola balcanica, alla invasione araba nel Crescente fertile e in
Africa settentrionale, fu dovuto alla capillare militarizzazione della
società romano-orientale, che consentì la resistenza
dell’impero sui mari e sull’altipiano anatolico, a prezzo di un
potenziamento dell’esercito e di una accentuazione del centralismo
imperiale. I successori di
Giustiniano dovettero affrontare la penuria delle risorse conomiche di un
impero che doveva fronteggiare incursioni e invasioni lungo tutto l’arco
delle sue frontiere anche se Spagna, gran parte dell’Italia e della
Penisola Balcanica andarono perdute nella seconda metà del VI secolo.
Persiani prima ed Arabi poi compromisero l’unità dell’impero
nel corso del VII secolo: Siria, Palestina ed Egitto andarono perdute dal 634
al 641 mentre gli Arabi avvalendosi delle competenze nautiche dei popoli
rivieraschi presero a tormentare isole dell’Egeo e coste
dell’Anatolia fino al blocco navale della stessa Costantinopoli nel
674-678. Il danno economico della
perdita del gettito fiscale di regioni allora ad alto sviluppo fu enorme.
I romano-orientali
si resero conto ben presto della necessità di una salda ossatura
militare per poter resister alle pressioni esercitate ai confini dalle
popolazioni barbariche. Lo
splendore e la potenza dell’impero nei secoli IX e X furono rese
possibili solo attraverso una efficace organizzazione difensiva. L’impero
romano-orientale doveva salvaguardare la sua integrità territoriale
superstite dalle pressioni barbariche La istituzione delle grandi ripartizioni
amministrativo-militari dei magistri
militum fu l’antefatto della successiva organizzazione militare e
amministrativa. Quando Maurizio alla fine del VI secolo creò i due
esarcati di Africa e di Italia conferì ai nuovi esarchi un potere
più grande di quello dei magistri
militum con subordinazione dell’amministrazione civile al potere
militare. Il passo ulteriore fu compiuto probabilmente da Eraclio con la
creazione del thema di Armenia.
A metà del
VII secolo, quando il processo politico ed economico è saldamente
orientato verso un restringimento degli orizzonti marittimi dell'impero, ormai
privo di Siria, Palestina, Egitto ed Africa settentrionale, il monaco africano
di cultura romano-orientale Giacomo vede il declino dell'impero nel fatto che
esso ha perso il controllo "degli oceani, cioè della Scozia, dell'Inghilterra,
della Spagna, dell'Egitto e dell'Africa e anche al di là dell'Africa dei
luoghi in cui si vedono ancora in piedi le steli di bronzo e di marmo degli
imperatori romani, segni indiscutibili della dominazione che i Romani
esercitarono un tempo, secondo l'ordine di Dio, su tutto il mondo"
Al di là
della thalassocratia, legata anche
alla superiorità tecnica che conferiva il monopolio del "fuoco
greco", un liquido incendiario che le navi da guerra romano-orientali
lanciavano con sifoni sulle navi nemiche; in attesa del predominio di altre
marinerie, quella africana, quella spagnola, quelle italiane; l'attenzione
degli studiosi si è tradizionalmente accentrata sul quadro delle rotte
marittime e sul problema della discontinuità fra sistema commerciale e
navale tardo-antico e sistema alto-medievale. La realtà delle rotte e
del sistema navale tardoantico e alto-medievale è molto più
profondamente articolata secondo quanto risulta dagli autori arabi.
E' nel VII sec. che
viene attuata una profonda riforma dell'organizzazione militare, che la
storiografia moderna attribuisce ad Eraclio. I principali corpi dell'esercito
furono chiamati THEMA, THEMATA. Essi
erano posti in territori delimitati e prima della fine del VII sec. o agli
inizi dell'VIII, Tracia, Macedonia, Ellade nonchè Sicilia diventano themata. Il thema è anche una circoscrizione amministrativa e il capo
militare del thema, lo stratego, assume il governo anche delle
amministrazioni civili.
Fra VII e VIII
secolo le razzie arabe e la resistenza locale costituiscono il tema di
polarizzazione fra le due frontiere, quella islamica e quella della
cristianità, che nel corso del IX secolo cede posizioni chiave agli Arabi nel
Mediterraneo, cioè Creta e la Sicilia meno funzionali alla conquista
araba del Mediterraneo e della Europa meridionale a causa delle divisioni
politiche e religiose dell'Islam e della resistenza e poi controffensiva
romano-orientale a Costantinopoli, a Creta e in Sicilia stessa, sarà
peraltro opera dei Normanni la completa liberazione della Sicilia dagli Arabi -
espressione per noi piuttosto ambigua, perché in senso proprio si
attaglia solo alla minoranza dei beduini di Arabia, mentre in senso improprio
ed estensivo dobbiamo intendere come unificazione politico-religiosa delle
società del Crescente Fertile, molto più antiche e civili degli
Arabi come beduini di Arabia che forniscono solo il ceto dirigente politico e
la comune confessione religiosa. Il dominio del Tirreno rimane saldamente
romano-orientale dal punto di vista navale dal 533 fino alle prime incursioni
arabe attorno al 703, incursioni che nel corso dell'VIII e del IX secolo
provengono dall'Africa e dalla Spagna, cioè dalle due basi della
espansione musulmana verso la Europa meridionale la cui premessa era appunto costituito
dal dominio della rotta del Tirreno. Le vicende del Tirreno e della navigazione
commerciale e da guerra romano-orientale in quel mare si iscrivono nel problema
generale del controllo del Mediterraneo ad opera della marineria
romano-orientale, una realtà riaffermata con vigore all'atto della
riconquista giustinianea, che venne sostanzialmente dal mare e grazie al
controllo del mare, ma una realtà frantumatasi nel corso del VII secolo.
L'unificazione araba
dei paesi del Crescente Fertile e dell'Africa settentrionale è un
pericolo diretto per la supremazia navale romano-orientale perché mentre
i beduini arabi non hanno alcuna esperienza del mare, al pari dei barbari
occidentali, le società siriache, egiziana e africane sono invece da
tempo esperte di commerci e di navigazione marittima e anzi sono nel
tardo-antico all'avanguardia del sistema creditizio e della colonizzazione
demografica dell'Occidente, spopolato sia per il crollo demico connesso con la
pandemia della peste che torna ad infierire in Occidente dopo il III secolo,
sia per le vicende connesse con la formazione dei regni germanici. Alcune delle
marinerie di maggior prestigio, come quella siriana, passano sotto il controllo
arabo e sono in grado di contendere il controllo dei mari a Costantinopoli,
come mostrano i quattro anni di assedio navale a Costantinopoli fra il 674 e il
678.
La importanza delle
rotte occidentali e dell'Italia attorno alla metà del VII secolo
è testimoniata dal progetto di Costante II di trasferire la capitale a
Siracusa: il Mediterraneo malgrado le scorrerie musulmane era ancora un
elemento unificante dei domini bizantini e della Sicilia. Costante II intendeva
resistere alla espansione araba riorganizzando l'Esarcato di Africa: il suo
fallimento significò l'invasione dell'Africa settentrionale e della
Spagna. Del resto di un exercitus de Sardinia e di un exercitus de Africa è fatta
menzione nella iussio di Giustiniano
II al papa nel 687 a conferma degli
atti del VI concilio ecumenico del 680. Nel 669 all'atto del tentativo di
usurpazione imperiale di Mizizio, come lo chiamano le fonti greche, cioè
dell'armeno Mzez Gnouni un generale, conte del thema dell'Opsikion, che si
trovava in Sicilia al seguito di Costante II assassinato il 15 settembre 668,
l'imperatore Costantino IV raccoglie forze navali in Campania, Esarcato e
Sardegna per contrastarlo. La rovina della dominazione romano-orientale in
Africa segnò l'inizio delle scorrerie arabe in Sicilia e in Sardegna a partire
dal 703 ad opera dell'emiro di Tunisi. Le incursioni si susseguirono nel 720,
727, 730, 733, 735, 740: su questo sfondo di molestie militari continue, che
corrispondevano territorialmente alle incursioni in Anatolia di questi stessi
anni contro il settore orientale dell'impero, si collocano gli sforzi di
resistenza del Tirreno nel suo complesso a partire dalle forze locali,
ostinatamente ancorate alle rispettive tradizioni politiche e religiose, come
mostrano gli esempi delle società locali, in Sardegna e nel Tirreno meridionale,
del regno italico post-longobardo e carolingio nel Tirreno settentrionale e in
Provenza.
L'Adriatico
è noto agli Arabi fin dai primi tempi delle loro incursioni. I cronisti
occidentali segnalano la presenza di flotte militari arabe di provenienza
africana o siciliana a Bari (dall'840 o 841) ad Ancona e Adria negli stessi
anni. Nell'867 la flotta da guerra araba appare in Dalmazia e nell'875 a
Grado. Al Masudi parla di una
spedizione musulmana da Tarso in Cilicia fino a Venezia nel 924. La flotta
musulmana era comandata da ad-Dulai. Nel 971 navi veneziane sono presenti ad
al-Mahdiya e a Tripoli di Barberia. La portata del dramma militare contro
l'Islam è mediterranea e investe soprattutto le isole, utilizzate come
basi preliminari alla espansione territoriale realizzata attraverso la Spagna e
attraverso Costantinopoli: oggetto della conquista araba, preceduta da razzie
annuali volte a destrutturare la società romano-orientale nella sua capacità di reazione, sono in
primo luogo le isole grandi e piccole dell'Egeo: Rodi (incursioni e occupazioni
principali 654, 807, 823), Cipro (649, 756, 790, 806, 823) riconquistata dai
romano-orientali nell'874-878 e soprattutto Creta (675, 688, 786-809),
conquistata dagli Arabi nell'824-831 e riguadagnata all'impero soltanto nel
961. Malgrado le difficoltà dell'impero di fronte ad una invasione dai
molteplici punti di attrito e sfondamento: le isole dell'Egeo e del Tirreno,
l'Anatolia, le coste della Italia; il mito della potenza navale romano-orientale
si fa sentire ancora in una lettera di papa Paolo I al re Pipino nel 760 in cui
preannuncia un fantomatico stolum
siciliense di trecento navi dirette contro Roma e contro la Francia.
D'altra parte nel 778 si verifica uno scontro a Centocelle contro navi romano-orientali
che operano il commercio degli schiavi mentre nel 779 napoletani e
romano-orientali avevano occupato Terracina per terra e per mare. La difesa contro gli Arabi di Africa
viene assunta nell'VIII-IX secolo dai carolingi con l'appoggio di flotte
italiane. Nell'806 il re d'Italia Pipino inviò in Corsica la classis de Italia mentre nell'812 papa
Leone III si mette d'accordo con Pipino re d'Italia per difendere le coste
italiane da un'armata araba - africana o spagnola - per cui vennero disposti
punti di vigilanza lungo le coste: stationes
et excubias le famose torri saracene elemento monumentale caratteristico
del panorama delle nostre coste.
La sostanziale reazione delle popolazioni lungo la via delle isole ai
tentativi di occupazione araba e il ruolo giocato dalla Sardegna ducato/arcontato romano-orientale nel
mantenere sgombra la rotta di altomare che collega Liguria ed Africa,
forniscono la premessa per il ruolo che Pisa e Genova avranno in seguito, dopo
il declino dell'impero romano-orientale come potenza navale attorno al XII
secolo, a favore però della marineria occidentale non di quella
islamica.
Abbiamo una
testimonianza ufficiale della organizzazione tematica nell’opera
dell’imperatore Costantino VII Porfirogenito risalente secondo il suo
editore, Agostino Pertusi (1952) al 933/934 con un rimaneggiamento dopo il 998
avvenuto peraltro nell’ambito della cosiddetta enciclopedia
costantiniana. Il de thematibus di
Costantino VII Porfirogenito comprende 17 themata
orientali e 12 themata occidentali.
Cioè dal VII secolo al X secolo si assiste ad una progressiva
frammentazione dei themata maggiori
in modo da concentrare meno forze militari nelle mani di un solo stratego, cioè
generale-governatore. Nel VII secolo i themata
erano stati solo sei: Armeniaco (667), Anatolico (669), Opsicio (680),
Caravisiani (680) Tracia (687/742) Ellade (695). Alcune regioni, come ad
esempio la Bulgaria, erano organizzate anche in clisure, comandate da clisurarchi;
in seguito, alcune clisure furono
elevate a themata. Le fortezze più esposte erano
tenute da piccole formazioni indipendenti al comando degli Akritai, che
dovevano tener d'occhio il nemico e riferire in caso di necessità. Oltre ai corpi tematici, vi erano anche
le truppe di stanza nella capitale, formate principalmente da mercenari e dette
TAGMATA. Sotto gli ordini di drungari, domestici e conti, queste
erano le scholae, gli excubitoi, l'arithmos, gli hikanatoi,
e infine gli strateletai e gli athanatoi. Avevano poi funzione di
guardia palatina alcune compagnie chiamate hetaireiai
formate da macedoni, turchi dell'Asia centrale, cazari, arabi, franchi che si
aggiungevano al contingente dei Varangi, formato da islandesi, danesi e
norvegesi.
Dal significato
originale di corpo di armata il termine thema
passò a designare l’intero territorio della provincia, a capo del
quale era, militarmente e civilmente, lo stratego
cui erano sottoposti uno e più duchi
o drungari; dal duca o drungario dipendeva un numero arithmòs, cioè una unità militare composta da
1500 a 4000 soldati. Dai tribuni o conti dipendevano i tagmata; ogni tagma era
composto da un numero di uomini variabile fra 300 e 500. Sembra che l'esercito bizantino nel sec. IX fosse costituito complessivamente
da 120.000 uomini; ma che fra il X e l'XI sec. l'organico fosse sceso a 30.000
uomini al massimo. L'esercito tematico veniva reclutato dallo stratego nell'ambito del thema. L’Anatolia venne
amministrativamente organizzata in themata:
letteralmente corpi di armata stanziali, sono in realtà circoscrizioni
territoriali in cui le funzioni di governo civile vengono affidate alla
gerarchia militare, riducendo il peso della burocrazia sull’economia
regionale (con la eliminazione dei funzionari civili) e rendendo più
incisivi i tempi di decisione e operatività dei militari. Il soldato (stratiotes) riceveva un possesso
condizionale in cambio di servizio militare per alcuni mesi dell’anno,
appezzamenti di terreno tratti dal patrimonio imperiale e dalle terre del fisco
per un valore minimo di 4 libbre d’oro cioè 282 soldi, terreni
inalienabili, immuni da tasse militari, trasmissibili ereditariamente a
condizione della prestazione del servizio dovuto. Poiché gli effettivi
militari variano da 6.000 a 12.000 per thema,
la dotazione di terre militari ai soldati comporta una capillare
ridistribuzione della proprietà medio-piccola: infatti la soglia di
povertà a Bisanzio è legalmente fissata al possesso di un
capitale inferiore i 50 solidi (Basilikà,
I. X.34.6-10).
In questo periodo,
armamento ed equipaggiamento variano relativamente. Mutano però le
tattiche; ora sono più frequenti scontri coinvolgenti un numero limitato
di truppe, più veloci, che poggiano sulla rete di fortezze costruite a
guardia dei confini dell'Impero. L'esercito romano-orientale del periodo, non
potendo contare sul numero, costruisce le sue vittorie sulla grande
mobilità, ed è assistito da servizi ausiliari organizzati in modo
eccellente. L'esercito entrò in un periodo di deterioramento dopo la
morte di Basilio II nel 1025 e la situazione peggiorò nella seconda
metà del secolo. Si
smembrano i themata e si sopprime il
titolo di stratego per evitare
minacce alla dinastia; le fonti parlano in termini generici di declino del
morale, delle truppe, della qualità del loro addestramento ed
equipaggiamento, nonché del ritorno al consistente impiego di mercenari
stranieri. I tipi di armature e di
armi non cambiarono sostanzialmente fino al XII secolo, e il cambiamento non
sarà dovuto a un rinnovamento interno all'Impero, ma all'impiego di
mercenari occidentali che portarono il loro equipaggiamento sino in
Romània. Nel IX e X
secolo invece i themata diventano
più piccoli e aumentano di numero. L’amministrazione civile e
l’amministrazione militare, tradizionalmente distinte nell’impero
tardo-antico, progressivamente si fusero in una amministrazione unica a
carattere militare a partire dal V secolo. Maurizio stesso istituì
questo tipo di amministrazione e difesa provinciale costituendo i due esarcati,
di Africa e d’Italia. Tutte
le funzioni civili vennero assorbite dalla gerarchia dei militari stanziali. Duchi e tribuni divennero oltre che cariche militari inquadranti i
coscritti, le istanze dell’amministrazione fiscale e giudiziaria dei
territori da cui si estraevano i coscritti medesimi. Tra la fine del VI secolo
e la metà del VII secolo, come si è detto, probabilmente nel
corso del regno dell’imperatore Eraclio (610-641) si generalizzò
la struttura dell’amministrazione militare delle provincie, denominate thema al singolare e themata al plurale. A metà del IX
secolo il complesso dei themata era
stato costituito da venti unità, orientali (1,2,3,4,5,6,7,10,12,
18,19,20) e occidentali (8, 9, 11,
13, 14, 15, 16, 17): 1) Anatolico, 2) Armeniaco, 3) Tracesi, 4) degli Opsici,
5) dei Bucellarii, 6) Cappadocia, 7) Paflagonia, 8) Tracia, 9) Macedonia, 10)
Caldia, 11) Peloponneso, 12) dei Cibirreoti, 13) Ellade, 14) Sicilia, 15)
Cefalonia, 16) Tessalonica, 17) Durazzo, 18) Climata, 19) Charsianon (clisura),
20) Seleucia (clisura), per un totale di 96.000 uomini. Il salario dei soldati
e degli ufficiali variava a seconda della importanza strategica della regione,
cioè del thema. Gli strateghi maggiori (1-3) percepivano una
roga quadriennale di 40 libbre di
soldi d’oro cioè 2880 nomìsmata.
Gli strateghi intermedi (4,5,9)
percepivano 36 libbre d’oro pari a 2592 soldi; gli strateghi di terz’ordine (6,7,8,11) percepivano 1728 soldi
cioè 24 libbre; gli strateghi
di quart’ordine (11-18) percepivano 12 libbre d’oro cioè 864
soldi, gli strateghi di
quint’ordine (19, 20) che tecnicamente sono a capo di clisure, cioè porzioni di themata, indipendenti per motivi
militari, percepivano 6 libbre d’oro cioè 432 soldi.
Tali somme
provengono dal tesoro imperiale o, in alcuni casi, parzialmente o totalmente
dalla riscossione diretta in loco (10, 11, 13, 18). Il soldato comune percepisce intorno ai
9 soldi annui, oltre alla concessione fondiaria condizionale, cioè terre
militari che rimangono in godimento alla famiglia finché viene prestato
il servizio militare dovuto. Un duca percepisce mediamente in roga, senza i diritti derivanti
dall’amministrazione, 2 libbre d’oro l’anno (144 soldi) e un
tribuno una libbra (72 soldi) (W.T:Treadgold, The Byzantine State Finances in the Eight and Ninth Century, New
York 1982). Gli ufficiali superiori godono inoltre di esenzioni fiscali per
determinati “capi” di coloni sulle loro terre. Va inoltre aggiunta
alla roga, cioè allo stipendio
della funzione, anche la rendita annua connessa con il titolo aulico cui la
carica dà diritto.
I nuovi rapporti
nelle campagne ci sono noti attraverso una raccolta di diritto consuetudinario
risalente al VII-VIII secolo, la cosiddetta “Legge agraria”. La piccola e media proprietà fondiaria
è organizzata in circoscrizioni fiscali denominate chorìa, cioè paesi, quale che sia il tipo, accentrato
o sparso, dell’insediamento contadino. Gli abitanti dei chorìa sono fiscalmente solidali
cioè sono responsabili di fronte al fisco del gettito globale
dell’imposta e sono tenuti allo sfruttamento delle terre abbandonate dai
proprietari che, dopo trent’anni, perdono il diritto di proprietà
a favore dei membri della comunità che hanno lavorato la terra e
corrisposto l’imposta fondiaria (telos).
La grande
proprietà laica ed ecclesiastica perde di importanza relativa a causa
del controllo imperiale delle
riserve demografiche, della larga disponibilità di terra del patrimonio
imperiale e del fisco da assegnare ai contadini liberi e della riforma
dell’esercito stanziale, il cui radicamento nel possesso del suolo si
tradusse nella costituzione un ceto medio contadino: esso sviluppò un
peculiare patriottismo bizantino in chiave di difesa eroica e militaresca della
Romania, cioè il cristianesimo identificato con l’impero, che
trovò la sua espressione immaginaria nella epopea popolare del Digenis
Akritas; su tale ceto poggiava il consenso alla istituzione imperiale e il
funzionamento dello statalismo bizantino fra VII e e IX secolo. Esempio della funzionalità
di tale struttura sociale è la carriera di Leone III (717-741) figlio di
contadini della Siria profughi di fronte agli Arabi, insediatisi in Tracia come coloni, si era arruolato
nell’esercito arrivando al grado di stratego del thema degli Anatolici, posizione di potere che gli aveva consentito
di assumere l’impero.
Venne riformata
anche l’amministrazione centrale, in funzione di un maggior centralismo
statale con l’abolizione delle prefetture al pretorio sostituite da
quattro grandi ministeri (sekreta,
con a capo dei logoteti) direttamente
dipendenti dall’imperatore mentre l’unificazione del sakellion, cioè della cassa del
patrimonio privato e della cassa delle spese pubbliche, finalizzò le
risorse finanziarie alle necessità
pubbliche, anche se l’ideologia politica non consentiva di ridurre
lo sperpero e il parassitismo del Sacro Palazzo, cioè il fastoso e
magico palcoscenico della liturgia imperiale in cui si estrinsecava il culto
imperiale, secondo una etichetta di penetrante simbolismo, che oltre a
sbalordire i diplomatici occidentali e orientali del tempo, ha radicato nella
cultura mondiale l’immagine storica della raffinatezza romano-orientale.
La buona
organizzazione del fisco e il gettito dell’imposta fondiaria consentiva
all’imperatore di intrattenere mercenari alle sue dirette dipendenze (tàgmata) come truppe per la
guerra campale. L’esercito romano-orientale risultava pertanto dalla
combinazione di tre diversi corpi: una ottima flotta concentrata nei thèmata marittimi atti a
contrastare le incursioni arabe, grazie anche all’arma del “fuoco
greco” una miscela incendiaria lanciata con sifoni per secoli monopolio
dei romano-orientali; le truppe stanziali dei thèmata e i contingenti di movimento dei tagmata. Con il prevalere
dell’aristocrazia fondiaria nell’XI-XII secolo il sistema
cambiò radicalmente, fondandosi sugli eserciti privati degli
aristocratici sempre tentati dalla autonomia o indipendenza regionale, che gli
imperatori del X secolo, malgrado le loro leggi antisignorili, non riuscirono a
contenere.
[Un
evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende
impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi
presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione
“Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dal Comitato
promotore del XXXVII Seminario internazionale di studi storici “Da Roma
alla Terza Roma” (organizzato dall’Unità
di ricerca ‘Giorgio La Pira’ del CNR e dall’Istituto
di Storia Russa dell’Accademia
delle Scienze di Russia, con la collaborazione della ‘Sapienza’ Università di Roma, sul tema: LE
CITTÀ DELL’IMPERO DA ROMA A COSTANTINOPOLI A MOSCA) e dalla
direzione di Diritto @
Storia]