Direttore
del Centro di Ricerca "Renato Baccari" / Università di Bari
Promotore
di Giustizia Corte d'Appello dello Stato Città Vaticano
Avvocato di Santa Sede, della Curia romana e del Tribunale Apostolico della Rota
LA SANTA
SEDE, L’ITALIA E I PAESI POVERI ALLE NAZIONI UNITE
(APPROFONDIMENTO)
Sommario:
Abstract. – 1. La cornice. – 2. Verso la Corte di giustizia dell’Aja. – 3.
Oltre la Corte internazionale.
La mai risolta questione del debito continua a
pesare sul destino dei Paesi poveri o impoveriti, cioè a rischio. Tenuto conto
di ciò un Gruppo qualificato di giuristi ed economisti facenti capo all’Unità
di ricerca “Giorgio La Pira” del CNR, al Centro di studi giuridici
latinoamericani dell’Università di Roma “Tor Vergata” e al Centro di ricerca
“Renato Baccari” del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari, di
cui l’Autore è direttore, sono tornati a chiedere formalmente che, con il
sostegno della Santa Sede e anche dei Governi dei Paesi coinvolti nella grave
crisi economico-finanziaria mondiale, l’Assemblea generale dell’ONU giunga a
formulare quanto prima una richiesta di parere alla Corte di Giustizia dell’Aja
sui principi e sulle regole applicabili al debito internazionale, nonché al
debito pubblico e privato [La Santa Sede
e i Paesi poveri alle Nazioni Unite (Osservazioni
da un Seminario romano), Università di Roma “Tor Vergata”, 18 dicembre
2015].
Chi scrive riprende e sviluppa questi temi nella sua
comunicazione per il X Seminario di studi “Tradizione Repubblicana Romana”
(Roma, Consiglio nazionale delle Ricerche, 16-17 dicembre 2016), che si
legge qui di seguito.
Concludevo nei giorni scorsi il mio contributo per gli scritti in onore
di Mario Tedeschi, avente ad oggetto l’azione attuale della Santa Sede contro
la macrousura, ponendo in luce nel paragrafo finale, concernente l’Italia, che
solo un Esecutivo forte e orientato verso il benessere dei vari strati sociali
(aggiungo oggi, anche di transizione)
può condurre felicemente in porto un progetto di simile portata, come quello
rivolto alla richiesta di parere consultivo della Corte di Giustizia dell’Aja
da parte dell’ONU, in un auspicabile, produttivo quadro di solidarietà
internazionale.
Tale progetto non avrebbe dovuto esser ricondotto, sbrigativamente quanto
erroneamente, a mera “teologia” (come è stato fatto prima del referendum in un
convegno di studio celebrato nell’Università di Bari) né essere
inconsapevolmente ostacolato dai bizantinismi e dai distinguo di un’opposizione
ad personam, fine a se stessa, sia in
questo settore, che è fondamentale, essendo l’equilibrio economico-sociale di
primario interesse specialmente per folle di giovani, sia in altri comparti
della vita pubblica della Nazione.
Se sul fronte della Santa Sede il progetto in questione procede nel modo
migliore, nonostante alcune diversità di vedute, la tenuta del quadro politico
italiano, di cui è specchio la formazione veloce del nuovo Governo, consente di
ben sperare sul piano delle previsioni a breve e/o a medio termine, come è
stato sino alla caduta del Governo Renzi specialmente per l’apporto del neo
Ministro per i rapporti con il Parlamento, Sen. Anna Finocchiaro. Colgo
l’occasione per ringraziarla pubblicamente, quantunque assente per impegni
governativi, del suo sostegno incondizionato e sentito, anche e specialmente
per aver promosso, il 24 ottobre scorso, il comune incontro in Quirinale con il
Presidente Mattarella; del pari ringrazio del suo prezioso contributo il
Sottosegretario Flaminia Giovanelli, che qui rappresenta il Pontificio
Consiglio “Iustitia et Pax” ma, potrei dire, pure il nuovo Dicastero per i
poveri e le periferie del mondo, che entrerà in funzione prossimamente (il 1°
gennaio 2017), presieduto dal Card. Peter K.A. Turkson.
Non posso dimenticare quanto ella mi ha scritto, interpretando il
pensiero dell’illustre Porporato (con cui avevo appena avuto un lungo
colloquio): «Cercheremo di richiamare l’attenzione
sull’argomento in ogni occasione
opportuna e non opportuna»; una frase bella e incisiva,
che è rimasta scolpita nella mia mente e nel cuore. Così puntualmente è
avvenuto, come provano la presenza e l’approfondito discorso della Dott.ssa
Giovanelli in questa sede. Due donne di elevato livello, Anna Finocchiaro e
Flaminia Giovanelli, a cui dobbiamo molto, sia pure su versanti diversi.
Vorrei ora richiamare l’attenzione degli ascoltatori, sempre in apertura,
su “Vittime e carnefici nel nome di Dio”, l’ultimo libro edito da Einaudi di P.
Giulio Albanese, grande comunicatore animato da zelo pastorale. Si tratta di un
volume presentato in varie parti d’Italia e perfino in Senato con gli
interventi della Presidente Finocchiaro e di chi scrive. Esso contiene alcuni
significativi paragrafi riguardanti il gran numero di decessi, milioni di
persone anche bambini, vittime della finanziarizzazione dell’economia mondiale,
di un potere ombra, multiforme e sconvolgente, contro cui si erge un manipolo
di studiosi che da oltre vent’anni si batte con passione e abnegazione per la
“ricostruzione”, o meglio per la “ricognizione” del quadro giuridico del
debito, pubblico, privato e internazionale.
Il mezzo tecnico perseguito consiste, come è ben noto ed è stato detto,
in un’operazione ad hoc, mediata
dalla Santa Sede e dall’Italia, anche in ragione dell’art. 7 della l. 25 luglio
2000 n. 209, su cui avrebbe parlato da par suo la Sen. Finocchiaro, rivolto a
ottenere, in ultima analisi, che l’Assemblea Generale dell’ONU richieda il
parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia sul succitato tema
del debito dei Paesi poveri o c.d. a rischio, come in Europa la stessa Italia,
la Spagna e la Grecia.
Non è una cosa facile perché occorre l’espressione di voto favorevole da
parte della maggioranza (la metà più uno)
degli Stati membri, quindi un’azione diplomatica e politica di sostegno, che
deve precedere la proposta da formulare in Assemblea. Va ricordato che, anche
in passato, la questione ebbe a ottenere l’attenzione della Santa Sede non in
vista di una proposta in prima persona, impossibile per il suo ruolo di
Osservatore permanente, ma quando si sperava che alcuni Paesi, come il
Venezuela, l’Ecuador e il Brasile, fossero in procinto di presentare un analogo
progetto di delibera. Fino al punto che la Segreteria di Stato, secondo dati di
cui sono venuto al corrente di recente, avrebbe incaricato il Nunzio
Osservatore dinanzi alle Nazioni Unite di cercare di ottenere l’appoggio di un
maggior numero possibile di Stati membri, in modo da poter contare sulla
maggioranza richiesta.
E’ da tenere presente, peraltro, che tale maggioranza è stata già
raggiunta, proprio in tema di debito internazionale, con la risoluzione 69/319
del 10 settembre 2015 sui c.d. fondi avvoltoio, nonostante il voto contrario
degli Stati Uniti, che oggi per giunta potrebbero essere di diverso avviso con
la presidenza di Donald Trump. I fondi avvoltoio sono stati identificati e definiti,
nella concept note del side-event sulla ristrutturazione dei debiti sovrani
presentata all’apposito Comitato delle Nazioni Unite il 26 ottobre u.s., come
quei fondi che acquisiscono crediti sovrani a prezzo stracciato con intento
speculativo.
Fra le prese di posizione, adottate quest’anno in seno al II Comitato, vi
è stata un’importante dichiarazione del rappresentante della Santa Sede presso
le Nazioni Unite nella quale fra l’altro si afferma, facendo riferimento alle
risoluzioni dell’Assemblea Generale dello scorso anno sui principi applicabili
al debito internazionale, che si richiede un’analisi approfondita di tutte le
condizioni, comprese quelle di tipo
giuridico, di accesso al credito. Ciò è sembrato a Fabio Marcelli, da me
delegato a seguire l’evoluzione del dibattito presso l’Assemblea Generale, come
un implicito avallo dell’ipotesi di ricorso alla Corte internazionale di
Giustizia, verso cui il Nunzio Osservatore era stato indirizzato dalla
Segreteria di Stato, dietro mio impulso, nella prima decade di luglio. Tanto
più che, sempre con riferimento allo scorso anno, il Nunzio Osservatore aveva
fatto menzione, in un delicato passaggio di una sua dichiarazione, alla
necessità di una maggiore equità per prevenire abusi e usure, specie quando fossero
in gioco gli interessi dei Paesi in via di sviluppo. Si fa altresì giustamente
menzione di sistemi di prestito oppressivi, a cui tali Paesi non dovrebbero
essere assoggettati anche in considerazione del “debito ecologico” dei Paesi
ricchi nei loro confronti, proprio come afferma Papa Francesco nella “Laudato
si’ ”.
Il complesso dei principi generali da noi invocato appartiene, ed è parte
vivente, della tradizione giuridica occidentale sul tronco del diritto romano e
del diritto canonico; esso costituisce inoltre il nucleo più espressivo della
famosa carta di Sant’Agata de’ Goti del 1997, che ha fatto il giro del mondo e
a cui ho avuto l’onore di collaborare. Vorrei adesso guidarvi, come ho fatto in
altre occasioni (ma non credo di riuscirvi per mancanza di tempo) nel concerto
di questi principi, tesi tutti all’affermazione della forza del diritto, primigenia e incoercibile, contro il preteso,
sempre incombente diritto della forza,
che domina sempre più la scena pubblica mondiale.
E’ sicuramente in gioco la salvezza dell’umanità tanto che il Pontefice
regnante ha accostato, come abbiamo visto, il debito estero (o internazionale)
al debito ecologico nella richiamata Enciclica; ha incoraggiato, tramite la
Segreteria di Stato, la via della Corte di giustizia dell’Aja, propugnata dal
sottoscritto e dal gruppo di studio che egli oggi indegnamente coordina; ha
infine istituito il grande Dicastero che ho avanti menzionato, sotto la guida
intelligente del Card. Turkson, per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale
(titolo esatto), con competenze nello
specifico settore.
Tale servizio infatti è sensibilmente compromesso da pratiche mercantili
o usurarie in capo a soggetti e istituzioni senza scrupolo, che giungono a
procurare la morte dei nostri fratelli in umanità, compiendo, secondo il
Catechismo della Chiesa cattolica, omicidio indiretto gravemente imputabile.
Come enunciato nel nostro ultimo documento del 18 dicembre 2015, «La Santa Sede e i Paesi poveri alle Nazioni Unite (Osservazioni da un
Seminario Romano)», oggi più di ieri la povertà è
determinata in gran parte dalla struttura usurocratica dell’economia
planetaria; la speculazione finanziaria ha preso il sopravvento sull’economia
reale, determinando la crescita del debito “aggregato” nei Paesi poveri o c.d. a
rischio; lo smisurato potere del “sistema bancario ombra” è in flagrante
violazione dei diritti dell’uomo e dei popoli; le fonti private di credito, a
prescindere da quelle pubbliche, sono responsabili della crescente
finanziarizzazione del debito, sempre più a usura; il valore delle materie
prime, nei Paesi del Sud del mondo, è condizionato dalla speculazione
finanziaria, dalle fluttuazioni incontrollate dei mercati monetari e da regole
del commercio internazionale sicuramente pregiudizievoli o addirittura
inesistenti, in pratica da un mercato senza regole, cioè all’insegna della deregulation.
Mi limito, nel corso della presente comunicazione, a enunciare uno dopo
l’altro i sopradetti principi generali, contenuti nella Carta di Sant’Agata de’
Goti, riservandomi di approfondirne eventualmente i contenuti in sede di
dibattito anche nel rapporto con equivalenti o differenti principi, pertinenti
ad altre famiglie giuridiche dei diritti laici. Eccoli di seguito: buona fede
oggettiva nella formazione, interpretazione ed esecuzione dei contratti;
libertà contrattuale; divieto di culpa in
contrahendo; causalità dei contratti; equità; laesio enormis/eccessivo squilibro delle prestazioni; divieto di
accordi usurari; diligenza del debitore; rebus
sic stantibus/eccessiva onerosità sopravvenuta; favor debitoris; divieto di abuso di diritto; beneficium competentiae;
inviolabilità dei diritti umani, in particolare del diritto alla vita;
autodeterminazione dei popoli. P. Giulio Albanese ha affermato, privatamente e
pubblicamente, che non solo il debito ma anche tutti i contratti di carattere
finanziario e l’intero panorama economico-politico mondiale cambierebbero se
detti principi fossero riaffermati e applicati.
Il
debito di tutti gli Stati sta crescendo, il caso del Mozambico è solo il più
recente in ordine di tempo. Come ha posto in evidenza Mons. Osvaldo Neves de
Almeida, stimato Officiale della Segreteria di Stato, cresce in particolare il
debito verso i privati, i quali costituiscono il tipo di creditori più
pericoloso e complesso. Crescono altresì i debiti degli Stati verso le banche.
La questione si fa ancor più grave per il progressivo rallentamento
dell’economia mondiale, per le guerre e per il crollo del prezzo di alcune materie
prime di export, soprattutto del
petrolio. In tre o quattro anni il mondo potrebbe trovarsi in una situazione,
per limitarci al debito estero dei Paesi poveri, peggiore di quella precedente
al 1997, quando iniziò la campagna di condono del debito del Giubileo del 2000.
Il
nostro gruppo di studio sa bene che il parere consultivo della CIG, ove si
giunga felicemente a conseguirlo, costituirebbe l’auspicabile punto di raccordo
di un’azione comune sul piano internazionale che avrebbe il suggello del diritto
positivo al livello più alto, oltre a rappresentare un essenziale punto di
riferimento “etico” e, in un certo senso, di “diritto naturale”. Nella misura
in cui lo si possa redigere in modo saggio, potrebbe indirizzare inoltre verso
una vera riforma degli Organismi multilaterali finanziari.
Tuttavia
il predetto parere consultivo è solo il primo vero passo, aggiungerei il più
giusto, verso la soluzione degli smisurati problemi del debito. Occorrono per
il mutamento che prospettiamo altre e numerose condizioni, fra cui veramente
fondamentali gli accordi di stabilizzazione dei termini di interscambio, il
trasferimento di tecnologie adeguate, vantaggi commerciali e internazionali per
i Paesi più poveri, affinché possano creare posti di lavoro in patria e, finalmente,
un sistema di credito flessibile, in cui gli interessi e la restituzione del
capitale siano collegati all’andamento della produzione totale del Paese
debitore e all’efficacia della distribuzione del suo reddito.
E’
questa la dottrina tradizionale della Chiesa cattolica, come si può constatare
fin dalla “Gaudium et Spes” e, soprattutto, dall’Enciclica di Paolo VI
“Populorum Progressio”. Occorre non dimenticare un documento pontificio poco
diffuso, in gran parte ignorato, nel quale San Giovanni Paolo II, oltre a
condannare esplicitamente il “neoliberalismo”, di cui dirà dopo di me il Prof.
Maddalena, include fra i peccati sociali (direi fra i delitti) che gridano
vendetta al cospetto di Dio gli elevati interessi applicati al debito dei Paesi
poveri, fino a giungere all’anatocismo.
Principalmente,
oggi, va fatta luce sui molti lati oscuri della finanza mondiale, sulle reali
responsabilità del dirompente e pernicioso disordine globale, che postula senza
mezzi termini un nuovo assetto internazionale e, con esso, un’autorità pubblica
a competenza universale, sganciata dai centri trasversali di potere, occulti o
in qualche modo manifesti, l’unica in grado di scongiurare guerre e rovine di
ogni genere.
E’ giunto
il momento di muoversi nell’ottica di una Governance
internazionale dotata di autentica autorità, secondo gli auspici degli ultimi
Pontefici romani, anche di Francesco, come potrebbe essere un’Organizzazione
delle Nazioni Unite incisivamente riformata, volta a realizzare a pieno il
principio di “responsabilità di proteggere” in un mondo, ovviamente, che
continui a essere, almeno in tesi (meglio se in ipotesi), senza blocchi o
cortine di ferro. Non va obliterato, infine, il principio di sussidiarietà, caposaldo
della dottrina sociale della Chiesa cattolica, il quale suggerisce che ogni
entità partecipi effettivamente alle
decisioni di suo interesse.
[Un evento
culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile
qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Per
questa ragione, gli scritti della sezione “Memorie” sono stati oggetto di
valutazione “in chiaro” da parte della direzione di Diritto @ Storia]