Università
di Sassari
Natione Sardus: una
mens, unus
color, una vox, una natio*
con un Catalogo dei marinai Natione Sardi attestati nel mondo antico
ABSTRACT
Si
presenta il catalogo dei 26 marinai delle flotte di Ravenna e di Miseno che
portano l’etnico natione Sardi.
Per un paradosso della storia, proprio un acerrimo nemico dei Sardi, Marco
Tullio Cicerone, attribuiva loro la condizione di natio e precisava che erano caratterizzati da un
unico modo di ragionare (una mens), da un unico colorito olivastro (unus
color), da una unica lingua (una vox), riferendosi evidentemente al
proto-sardo degli eredi dei nuragici, la lingua perduta che ha preceduto il
latino, un suono indistinto, un rumore, un frastuono fatto di parole
incomprensibili, ma comunque accusatorie dei testimoni sardi nei confronti di
un proconsole disonesto, Marco Emilio Scauro, dette con l’intermediazione
di un interprete.
Certo,
nel mondo attuale le cose si complicano alquanto e il tema
“nazione” si sgretola nei sanguinosi integralismi che insanguinano il
tempo che viviamo. Pur con i suoi limiti e le sue differenze semantiche e
funzionali, al di là dell’abisso cronologico e culturale che ci
divide, l’espressione romana natione Sardus, che testimonia il
desiderio di richiamare il luogo di nascita, di identificarsi come originari
dell’isola lontana all’interno della communis patria rappresentata
da Roma e dall’impero, può dirci forse qualcosa ancora oggi,
può testimoniare la ricchezza e la diversità culturale della
storia isolana, senza più perdersi in un dibattito sterile sul
nazionalismo ottocentesco fondato su un’identità immutabile e
mummificata: nell’Europa dei nostri tempi la Sardegna si affaccia con la
sua complessità verso un orizzonte davvero globale.
Natione
Sardus: una mens, unus color, una vox, una natio
Avec un catalogue des marins natione Sardi dans le monde antique
On presente un catalogue de 26 marins des flottes de
Ravenne et de Misène avec l’indication de l’origine et de la
provenance, natione Sardi. Pour un paradoxe
de l'histoire, juste un ennemi acharné de Sardes, Marcus Tullius Cicero,
leur a donné l'état de
natio et a affirmé qu'ils étaient caractérisées
par une pensée unique (una mens),
par une seule teint olivâtre (unus
color), par un langage unique (una
vox), faisant évidemment allusion au proto-sarde des nuragiques, la
langue perdue qui a précédé la latine: un son confus, un
bruit, un vacarme de mots incompréhensibles, mais accusateurs contre un
malhonnête proconsul, Marcus
Aemilius Scaurus, traduits par l'intermédiaire d'un
interprète.
Bien sûr, dans le monde d'aujourd'hui,
les choses se compliquent beaucoup et le thème «nation» s'écroule dans le
fondamentalisme de cette époque sanglante que nous vivons. Même
avec ses limites et ses différences fonctionnelles et
sémantiques, au-delà de l’abîme chronologique et
culturelle qui nous sépare, l'expression romaine natione Sardus, qui témoigne la volonté de rappeler
le lieu de naissance, de se reconnaître comme originaires de
l’île lointaine dans la communis
patria représenté par Rome et par l'empire, peut nous dire
quelque chose peut-être encore aujourd'hui, peut témoigner de la
richesse et de la diversité culturelle de l'histoire de l'île;
sans se perdre dans un débat stérile sur le nationalisme du XIX
siècle, sur la base d'une identité immuable et momifié:
dans l'Europe de notre temps la Sardaigne se montre avec sa complexité
à un horizon véritablement mondiale.
1.
– Per spiegare il termine natio,
nel senso di “patria”, origo,
luogo geografico di nascita e di origine ma anche domicilium (in greco génos,
éthnos, polítes), il grammatico Lucio Cincio ripreso da Festo[1] in età repubblicana
faceva riferimento a coloro che sono radicati su un territorio, sul quale sono
nati e continuano a vivere: genus
hominum, qui non aliunde venerunt, sed ibi nati sunt ubi incolunt[2]. A questo riguardo
è necessario specificare la differenza sostanziale con gens, in quanto la nozione espressa da
quet’ultima si collega alla serie di antenati presenti in un lignaggio
familiare e uniti da un rapporto di sangue; la nozione di natio, invece, tiene conto del rapporto che un dato gruppo sociale
ha nei confronti di un luogo geografico di origine; questo infatti identifica
il suolo della patria originaria, «solum
patrium quaerit», in quanto è omoradicale col verbo nascor[3]. Pertanto, nella
recentissima voce natio scritta per
il Thesaurus linguae Latinae (a.
2014), Friedrich Spoth osserva che nell’utilizzare il termine natio si intende trattare specialmente de coetu hominum, qui coniuncti sunt
vinculo, magari unius originis,
linguae, religionis similiter[4]. Quindi si coglie il senso
dell’espressione natione verna,
che non è da intendersi come abitualmente verna “schiavo nato in casa” ma che conserva il
significato più antico di “nativo”, dal momento che è
assegnata soprattutto a liberi e non a schiavi[5].
In
genere natio viene utilizzato per indicare un «populus», cioè «homines, nomine vinculo originis,
religionis similiter coniuncti»[6]: le
popolazioni straniere, alleate o sottomesse a Roma (nationes exterae); altre volte indica popoli ostili alla Res
pubblica oppure etnie definite etnocentricamente “barbare e
arretrate”, rispetto alla cultura di cui i Romani si ritenevano portatori
primi[7]. In
epoca romana questa nozione era riferita soprattutto ai peregrini che abitavano ampie aree all’interno dello spazio
geografico dell’impero e che conservavano le loro tradizioni e, se si
vuole, una propria cittadinanza, in qualche caso alternativa alla cittadinanza
romana: natio è dunque la
comunità di diritto alla quale si apparteneva per vincolo di sangue,
partendo dalla terra nella quale si era nati, dal luogo d'origine, di
appartenenza o di provenienza. Il termine
era utilizzato di frequente per indicare anche i barbari che abitavano
fuori dall’impero romano che avevano una propria lingua e tradizione.
Natio
poteva indicare genericamente un’etnia o poteva essere usato per
caratterizzare anche solo un
rappresentante di un’entità geografica più ampia,
comprendente diversi populi e gentes. Eppure in genere natio contiene anche un aspetto che
includeva, sul piano etnico e culturale, il nostro termine
“nazione” che appare oggi più caratterizzato sul piano
identitario, più capace di identificazione specifica, riferito a popoli
che «hanno in comune lingua, arte, storia, tradizioni»[8]. In
ambito provinciale la questione aveva importanti contenuti culturali e
giuridici, in relazione al rapporto tra la cittadinanza romana e gli iura gentis, cioè le tradizioni
giuridiche locali dei peregrini, che
sopravvivevano all’interno di una provincia romana, come testimonia ad
esempio la tabula Banasitana[9] e, in
Sardegna, l’epigrafe del nurac
Sessar riguardante il popolo degli Ili(enses)[10]:
elementi che in qualche modo testimonino la sopravvivenza dello
«ordinamento giuridico» pre-romano in piena età imperiale.
Si
coglie il senso dell’utilizzo del termine natio quando veniva impiegato per indicare – con una
sfumatura culturale e identitaria – l’insieme dei popoli che
occupavano la provincia della Sardinia,
isola che anche come entità geografica non veniva considerata facente
parte dell’Italia romana, in quanto organizzata attraverso una propria lex provinciae e sottoposta
originariamente all’imperium di
un magistrato[11].
Per contro per indicare se stessi, i Romani preferivano utilizzare populus, civitas, patria, res publica,
Urbs, termini che ovviamente non si sovrappongono ma contengono
sfumature differenti per indicare una dimensione giuridica e istituzionale
fondata sulla libertas[12].
Jean-Marie
Lassère nel Manuel
d’épigraphie romaine è arrivato ad affermare nel 2005,
con riferimento all’espressione attribuita ad un Iulius Alexsander natione Afer, che «le mot natio peut faire référence
non à la naissance mais
à la culture dont participe le
personnage corcerné»:
lo dimostrerebbe il passo del de
inventione di Cicerone (I, 24,35) nel quale si chiede se un individuo sia
greco o barbaro per cultura: natione,
Graius an Barbarus ? In pratica, su un piano psicologico, la menzione
epigrafica della natio, così
frequente nel II secolo d.C., potrebbe essere l’eco di una lontana e
forse inconfessabile nostalgia «de déracinés», di
personaggi che, pur vivendo a distanza, continuavano a guardare alla loro
patria lontana, alla loro terra di provenienza; individui desiderosi di non
lasciar sopravvivere dei dubbi sulla propria origine e di non essere confusi
con gli incolae, semplici residenti
che non erano a tutti gli effetti membri della comunità che li aveva
accolti[13]. Di conseguenza si è
esplicitamente natione Sardi solo
quando si vive fuori dalla Sardegna, ma è sottinteso che
l’espressione porebbe essere riferita a tutti i residenti, cives e peregrini.
2. –
Per un paradosso della storia, proprio Marco Tullio Cicerone, accerrimo nemico
dei Sardi, attribuiva loro la condizione di natio;
infatti l’Arpinate utilizza di frequente il termine natio quando presenta popoli stranieri e barbari, de exteris et barbaris populis[14]. In una
lettera al fratello Quinto, Cicerone parla di Africani, Spagnoli o Galli, tutti
considerati come nazioni feroci e barbare, che comunque occorreva amministrare
secondo i principi dell’humanitas
romana: «Quod si te sors Afris aut
Hispanis aut Gallis praefecisset, immanibus
ac barbaris nationibus, tamen esset humanitatis tuae consulere eorum
commodis et utilitati salutique servire»[15].
Nella
decima Filippica Cicerone spiega le ragioni per le quali i Romani hanno assunto
la causa della libertà; tutti gli altri popoli invece potevano essere
disposti a sopportare la servitù; la comunità romana invece non poteva accettarlo (omnes nationes servitutem ferre possunt, nostra civitas non potest); questo
era possibile semplicemente perché gli altri rifuggivano la fatica e la
sofferenza e, per evitarle, erano disposti a subire qualsiasi cosa. “Noi” invece, precisa
Cicerone, abbiamo, grazie all’esempio e all’insegnamento dei padri,
una formazione tale che ci fa guidare ogni nostro pensiero e ogni nostra azione
col criterio dell’onore e della virtù (10, 20).
Come
è da tempo noto si tratta di un testo influenzato dalla polemica
politica sorta alla vigilia della costituzione del secondo triumvirato;
tuttavia, è opportuno tenere presente che il topos che lega la
libertà dei Romani al servaggio di un popolo che si indica col termine natio è un concetto ben definito
da Cicerone dieci anni prima nella Pro
Scauro, proprio con riferimento ai Sardi. Pronunciata per difendere un governatore
disonesto, l’orazione mette in evidenza come tutti i testimoni sardi
avessero immaginato di far cosa gradita al console Appio Claudio e volessero
stringere un patto con lui (compromissum), in cambio di una possibile
ricompensa per l’elezione al consolato del fratello. La loro
testimonianza non poteva essere degna di considerazione, poiché dettata
dall’avidità, dal momento che apud
nomine barbaros, opinio plus valet saepe quam res ipsa (16,36). La
credibilità dei testimoni era nulla, in quanto sarebbe stata dimostrata
una congiura di Sardi, causata dalla cupiditas,
spe et pr<omissione> praemiorum.
Del resto si sosteneva che la loro nazione è così superficiale e
vacua che per i Sardi non c’è nessuno tra di loro capace di
distinguere schiavitù da libertà se non per il fatto di poter
mentire impunemente: postremo ipsa natio, cuius tanta vanitas est ut
libertatem a servitute nulla re nisi mentiendi licentia distinguendum putent
(17,38).
I centoventi testimoni sardi
usano una loro unica lingua, perseguono un loro unico scopo nascosto, non
già espressione del risentimento per un abuso subito ma di simulazione,
sotto l’impulso non delle offese ricevute da Scauro ma delle promesse e
delle ricompense di altri: nunc est una vox, una mens non expressa dolore
sed simulata, neque huius iniuriis, sed promissis aliorum et praemiis excitata
(18, 41). E qui vox potrebbe davvero
assumere il significato di lingua di un popolo barbaro e riferirsi, più
che alla lingua cananea dei Cartaginesi,
al proto sardo degli eredi dei nuragici, la lingua perduta che ha preceduto
il latino, un suono indistinto, un rumore, un frastuono fatto di parole
incomprensibili, ma comunque accusatorie nei confronti di Scauro, dette per il
tramite dell’intermediazione di un interprete. L’unica deposizione
potenzialmente ammissibile sarebbe allora quella del cittadino romano Valerio,
il vero testimone per l’accusa,
perché è il solo capace di parlare in latino. Proprio per questo
Cicerone afferma che tutto il processo dipendeva da questo sardo da poco
entrato nella romanità, uno sconosciuto senza autorità, che con
la sua testimonianza aveva voluto dimostrare riconoscenza al figlio di colui
che gli aveva donato la cittadinanza vent’anni prima, P. Valerio Triario,
il vincitore di Emilio Lepido.
Cicerone si poneva il prolema e si chiedeva come fosse
possibile credere ad un gruppo di testimoni sardi, in quanto hanno tutti lo
stesso colorito olivastro, parlano tutti una stessa lingua incomprensibile,
tutti senza eccezione appartengono alla stessa nazione ? (sin unus color, una vox, una
natio est omnium testium ?) (9,19).
Quindi prosegue rimproverando ai Sardi le loro origini
africane e sostiene con determinazione la tesi che la progenitrice della
Sardegna sia stata l’Africa. L’appellativo Afer è
ripetutamente usato come equivalente di Sardus. L’espressione Africa
ipsa parens illa Sardiniae suggerisce secondo il Moscati la realtà
di una “ampia penetrazione di genti africane ed il carattere coatto e
punitivo della colonizzazione o, meglio, della deportazione”[16].
Inoltre, sempre Cicerone riassume con brevi e
offensive parole la storia della Sardegna dall’età fenicia a
quella punica, fino ad arrivare alla romana; scrive che «tutte le
testimonianze storiche dell’antichità e tutte le storie ci
tramandarono che nessun altro popolo fu infido e menzognero quanto quello
fenicio (fallacissimum
genus esse Phoenicum omnia monumenta
vetustatis atque omnes historiae nobis prodiderunt)
(19,42). Da
questo popolo sorsero i Punici e dalle molte ribellioni di Cartagine, dai molti
trattati violati e infranti ci è dato conoscere che appunto i Punici non
degenerarono dai loro antenati Fenici. Dai Punici, mescolati con la stirpe
africana, sorsero i Sardi (a Poenis admixto Afrorum genere Sardi) (19,42), che non furono dei coloni
liberamente recatisi e stabilitisi in Sardegna, ma solo il rifiuto dei coloni
di cui ci si sbarazza, non deducti in Sardiniam atque ibi constituti,
sed amandati et repudiati coloni. Ora, se niente di sano vi era in
principio in questo popolo, a maggior ragione dobbiamo ritenere che gli antichi
mali si siano esacerbati con tante mescolanze di razze».
Gli incroci di razze diverse che ne erano derivati,
secondo Cicerone, avevano reso i Sardi ancor più selvaggi ed ostili; in
seguito ai successivi travasi, la razza si era “inacidita” come il
vino (qua re cum integri nihil fuerit in hac gente plena, quam valde eam
putamus tot transfusionibus coacuisse ?) (19,43), prendendo tutte quelle
caratteristiche che le venivano rimproverate: ovvero, discendenti dai
Cartaginesi, mescolati con sangue africano, relegati nell’isola, i Sardi
secondo Cicerone presentavano tutti i difetti dei Punici, erano dunque bugiardi
e traditori, gran parte di essi non rispettavano la parola data, odiavano
l’alleanza con i Romani, tanto che in Sardegna non c’erano alla
metà del I secolo a.C. città amiche del popolo romano o libere ma
solo civitates stipendiariae[17].
Un alleggerimento del giudizio compare in 19,44: neque ego, cum de vitiis gentis loquor, neminem excipio; sed a
me est de universo genere dicendum,
in quo fortasse aliqui suis moribus et humanitate stirpis ipsius et gentis vitia vicerunt.
L’espressione
natio è utilizzata pochi anni
dopo (nel
Per
inciso l’aspetto negativo dell’espressione omnes nationes ricorre nel discorso tenuto da Gaio Gracco al suo
rientro a Roma nel
3. –
Come si è visto prima Cicerone utilizza nella Pro Scauro due volte il termine natio per indicare i peregrini Sardi; tale utilizzazione
è in parallelo il termine gens, che però di solito ha
un’accezione più larga, in quanto comprende la pienezza di
più nationes (19,43), tanto
che Forcellini può affermare che natio
a gente differt ut genus a specie,
perché gens enim latius patet et
plures nationes complectitur[20].
Così come la nozione di natio
è utilizzata spesso in malam
partem, con disprezzo (i fures
maritimi sono una famelica hominum
natio)[21],
anche gens può avere una
caratterizzazione negativa, vd. Floro: gens
contumax vilisque mortis (I, 22,35). Infine, genus è utilizzato da Cicerone nella Pro Scauro in modo un po’ sbrigativo e per ragioni retoriche
come sinonimo di natio, sempre con riferimento ai Sardi (p.es. 19, 42 e 44).
L’argomento
è stato di recente trattato frontalmente da Antonio Ibba, che,
commentando la voce scritta da Gustav Meyer per il Thesaurus linguae Latinae, ritiene che gens possa essere spesso tradotto con “popolo” e
finisca per collocarsi in «opposizione a populus romanus o a civitas
romana», «oppure assumere un significato tecnico riferito a nationes barbare extra finem imperii, intese dai Romani quasi come
un’entità politica autonoma, uno “stato”»,
«o a tribù peregrine interne, prive di organizzazione
municipale»; ancora gens
«poteva in modo sinonimico indicare una qualsiasi natio o un populus o
infine la regione nella quale quella popolazione risiedeva o una
località all’interno di quel territorio»[22]. Gens diventerebbe quindi sinonimo di natio o di tribù soprattutto
nelle Mauretanie, nelle Numidie ed in Byzacena[23].
Per
quanto riguarda la Sardegna, Livio utilizza l’espressione gens
per indicare il popolo degli Ilienses del
Marghine-Goceano che continuavano a godere della libertà ancora nel I
secolo a.C.: gens nec nunc quidem omni parte pacata[24];
infatti, i loro iura (gli iura gentis analoghi a quelli della tabula Banasitana)[25] sono
richiamati sulla celebre iscrizione del Protonuraghe Aidu ‘entos di
Mulargia, all’indomani della sedentarizzazione nel Marghine-Goceano del I
secolo d.C.[26].
Per i Greci gli Iolaeis, gli Iolaeoi, gli Iolaioi avrebbero dato il nome di Iolee alle pianure della
Sardegna. Pertanto, Diodoro Siculo, riprendendo antichi miti greci, sostiene
che i Tespiadi avrebbero mantenuto nei secoli la libertà promessa per
sempre dall’oracolo di Apollo ad Eracle per i suoi 50 figli che avessero
raggiunto la Sardegna e per i loro discendenti, dove non avrebbero dovuto
subire il dominio di altri popoli. Quindi Diodoro poteva constatare che gli
Iolei avevano saputo resistere ai Cartaginesi ed ai Romani; si erano rifugiati
sui monti, avevano preso dimora in luoghi inaccessibili, abitando in gallerie e
in ambienti sotterranei da loro costruiti, dedicandosi alla pastorizia,
nutrendosi di latte, di formaggio, di carne e facendo a meno del grano;
così, lasciate le pianure, si erano sottratti anche alle fatiche di
coltivare la terra. Infine continuavano a vivere sui monti, senza la
preoccupazione del lavoro, contenti dei cibi semplici, mantenendo quella
libertà che nemmeno i Romani, all’apice della loro potenza, erano
riusciti a soffocare[27].
In
età triumvirale, alla fine dell’età repubblicana, Ottaviano
esaltava sulle monete e con la costruzione del tempio di Antas il dio nazionale
dei Sardi, il Sardus Pater, figlio di
Makeris-Melkart-Eracle: sulle monete lo stesso Ottaviano, divi filius, voleva ricordare l’azione del nonno Marco Azio Balbo,
propretore in Sardegna nel
4. –
Al fine di proporre un particolare contributo alla nozione di natio da attribuire storicamente
all’insieme dei populi che occupavano
la Sardegna, in questa sede intendiamo raccogliere
tutti i passi epigrafici nei quali è presente l’espressione natione Sardus, «con
l’esponente natione seguito dal
nominativo del nome geografico in forma aggettivale»[31], da
intendersi quindi nel senso di “sardo per nazionalità”,
anche se la divaricazione temporale rende assolutamente improponibile una reale
assimilazione della parola latina natio con
i contenuti sostanziali del termine italiano moderno “nazione”,
ormai troppo caratterizzato. Infatti, come è noto, quest’ultima si
differenzia nettamente da “popolo”, in quanto si fonda soprattutto
sui vincoli non giuridici ma prima facie
naturali ed eredita oggi tutti i condizionamenti dei nazionalismi dei nostri
tempi, allargandosi dal piano geografico a quello etico e culturale. Va
premesso che l’espressione è già documentata in età
flavia e soprattutto nel II secolo tra gli Antonini e i Severi ed è
inizialmente utilizzata per definire la patria di militari di origine
peregrina, morti fuoiri dall’isola: è frequente soprattutto per
quei provinciali che ancora non hanno ottenuto la cittadinanza romana, prima di
Caracalla[32].
Nel
mondo romano, per indicare la provenienza dall’isola e forse più
in generale dalla provincia Sardinia
(che comprendeva anche la Corsica), i civili utilizzavano spesso
l’espressione Sardus o domo Sardinia[33]; i legionari ed i soldati
delle coorti ausiliarie portavano semplicemente l’etnico Sardus o l’indicazione ex Sardinia, insieme alla specificazione
della città, Caralitanus, Sulcitanus,
ecc.[34];
veniva anche indicata l’origo
da un villaggio come Nur(ac) Alb(-) o
da un popolo: Fifensis ex Sar(dinia),
Caresius, ecc. Oltre cinquanta anni fa, nell’articolo sui Sardi nelle legioni e nella flotta romana,
Giovanna Sotgiu non si è concentrata sull’espressione natione Sardus e del resto il lavoro
risulta oggi ampiamente superato anche a livello di documentazione epigrafica[35]. Un’analoga ricerca
di Robert J. Rowland (Sardinians in the
Romam Empire), in realtà non mette a fuoco la questione che ci
interessa[36].
A
questo punto la verifica può partire con l’analisi dei legionari
arruolati nei municipi o nelle colonie di cittadini romani dell’isola,
che pure raramente ricordano la loro origo[37]. A Lambaesis in Algeria,
sede della legione III Augusta a partire dall’età di Adriano,
conosciamo nel II secolo un L(ucius)
M[a]gnius Fortunatianus [Q]uirina Caralis vissuto 22 anni: m(iles) l(egionis) III A(ugustae) (CIL VIII 3185)[38].
Da
espungere è il caso dell’iscrizione sepolcrale africana che
ricorda un Iulius Maximus, (natione)
Sarda, marito di Clodia Secunda (CIL VIII 11580), morta ad Ammaedara,
oggi Haidra in Tunisia; Rowland ed io stesso avevamo immaginato in passato che
si trattasse di un legionario, dal momento che la legio III Augusta ebbe il suo primo accampamento proprio ad
Ammaedara, prima di essere trasferita a Theveste e da qui a Lambaesis[39]. In
realtà il testo è stato
recentemente di nuovo edito da Zeineb Benzina Ben Abdallah che ha confermato la
lettura di ILTun. 437, Barda e non Sarda[40]: Barda,
cognome maschile, è un vero e proprio nome berbero, brd, assimilabile a Iasda et Zabda[41].
Sempre in Africa e più precisamente a Milev, nella
regione cirtense, conosciamo un ausiliario arrivato dalla Sardegna, forse da
Austis, dove in precedenza nel corso del I secolo d.C. si trovava la coorte di
Lusitani: Optatus Sadecis f(ilius)
decurio co(ho)rti(s) Lusitana(e), v(ixit) a(nnis) LV, Sardus[42].
Sicuramente
sardo, in possesso della cittadinanza, era un legionario della legio XIII Gem(ina), C. Acilius Marcianus, centurio princeps, Caralitanus (CIL X 6574, Velletri).
Anche
il diploma di Anela del 22 dicembre 68 ricorda un soldato sardo, però
peregrino fino al momento del congedo: Ursaris
Tornalis f. Sardus (CIL X 7891 =
XVI 9 = AE 1983, 451 = ELSard. 663 C80). La
particolarità è rappresentata dalla circostanza che quasi tutti i
testimoni erano isolani, cittadini romani originari dei municipi di Carales
(sette) e di Sulci (uno)[43]:
D. Alarius Pontificalis,
Caralitanus
M. Slavius Putiolanus,
Caralitanus
C. Iulius [S]enecio,
Sulcitanus
L. Graeci[n]ius) Felix,
Caralitanus
C. Herennius Faustus,
Caralitanus
C. Caisi(ius) Victor,
Caralitanus
M. Aemilius Ca[p]ito ve[t(eranus)] leg(ionis)
I Adiutr[r]ic(is)
C. Oclatius [M]acer, Caralitanus
L. Valerius Herma, Caralitanus
Tra i
popoli isolani sono ricordati i Cares(ii)
nel diploma di Dorgali del 10 ottobre 96, che menziona la cohors II Gemin[a Ligurum] et Cursorum, cui [prae]est T. Flav[ius
Ma?]gnus: il soldato è un peregrino, Tunila […] f. Cares(ius) (CIL X 7890 = XVI 40 = ELSard.
Il
diploma CIL X 7855 = XVI 79 del 15
settembre 134 rinvenuto a Tortolì, ricorda un marinaio, un ex gregale D. Numitorius Agasini Tarammoni
(filio) Fifens(is) ex Sar(dinia) et Tarpalar f(ilius) eius, per il quale si
precisa che l’etnico Fifens(is) è
da collegarsi alla Sar(dinia)[44].
Marinaio
era anche l’ex gregale di Seulo
congedato da Caracalla il 13 maggio 212 o 213: C. Tarcutius Tarsaliae fil(ius) Hospitalis, Caralis, ex Sard(inia)
(CIL XVI 127 = ILSard. 182 = ELSard.
Ad un
villaggio sulla costa orientale della Sardegna, collocato presso un nuraghe in
pietra calcarea bianca, rimanda il recente ritrovamento di un diploma del 5 maggio del 102 d.C. rinvenuto a Posada e
pubblicato da A. Sanciu, P. Pala, M. Sanges[45]: si tratta di un soldato della cohors II Gemina Ligurum et Corsorum cui prae(e)st Lucius Terentius
Serenus, un reparto che sappiamo presto trasferito in Siria, quando la
Sardegna passò al Senato (attorno al 111 d.C.)[46]; in Siria troviamo la
coorte comunque prima del 129 fino almeno al 153 d.C.[47]. Viene citato il fante ex pedite Hannibal Tabilatis f(ilius)
Nur(ac) Alb(-), sua moglie Iuri figlia
di Tammuga, uxor eius Sordia (da intendersi
come un vero e proprio etnico, difficilmente Sarda), i figli Sabinus e Saturninus con onomastica latina; infine le figlie Tisare, Bolgitta, Bonassonis (?)[48]. Per Nur(ac) Alb(---) sembra doversi pensare ad una località
vicina a Posada: forse a Siniscola, Sa
Domu Bianca, a Dorgali, Nuraghe Arvu,
oppure sul Golgo di Baunei, Nuraggi Albu:
nella stessa area sono stati richiamati di recente da Pasquale Zucca i nuraghi
di Coa ‘e Serra o di Doladorgiu[49]. La forma epigrafica nurac per indicare i nuraghi sardi
è documentata a Mulargia[50].
5.
– Più interesse riveste la preziosa indicazione natione Sardus, attribuita a numerosi
marinai delle flotte militari di Miseno e di Ravenna specialmente nel II secolo
d.C.: l’espressione assume una caratterizzazione specifica per il fatto
che si riferisce all’appartenenza ad una provincia o ad un’isola,
ben delimitata geograficamente e articolata in una serie di populi, che prima di Caracalla non
avevano ancora ottenuto la civitas romana.
Plinio indicava come celeberrimi populi
della Sardinia gli Ilienses, i Balari ed i Corsi[51]; per il
resto si rimanda alla nostra carta della Storia
della Sardegna antica che elenca i seguenti populi: Aconites (Logudoro ?), Aichilenses (Cornus-S. Caterina di Pittinuri), Aisaronenses (Feronia-Posada), Altic(ienses)
(Barisardo), Balari-Perfugae (da Monti verso Berchidda, nel Logudoro fino a Perfugas), Barbaricini (in Barbagia e sul Gennargentu), Beronicenses (incolae aggregati
alle tribus del municipio di Sulci, S.
Antioco), Buduntini (sodales di Carbia-Alghero o Nure,
Lago Baratz, immigrati dalla Apulia), Carenses (Irgoli), Celes(itani) (Sorabile-Fonni), Coracenses
(Ittiri), Cornenses Pelliti (Cornus-S. Caterina di Pittinuri), Corpicenses (di incerta localizzazione
nella Sardegna centrale), Corsi della
Gallura (Olbia), Cusin(itani) (Sorabile-Fonni),
Diaghesbei, Falisci (Feronia-Posada),
Fifenses (Sulci-Tortolì o Vallermosa?), Eutychiani (Gurulis
Nova-Cuglieri), Galillenses (Esterzili), Giddilitani (Gurulis
Nova-Cuglieri), Ilienses-Iolei-Ilii-Troes (Molaria-Mulargia,
estesi tra il Marghine e il Goceano), Longonenses (Longone-Santa
Teresa), Luquidonenses (Castro-Oschiri e Siniscola), Maltamonenses (Sanluri), Martenses (Serri), Mauri (Sulcis), Moddol(itani) (Villasor), [M]uthon(enses)
oppure [Mam]uthon(enses) Numisiarum
(Gurulis Nova-Cuglieri), Neapolitani (Neapolis-S. Maria di Nàbui), Nurr(itani) (Orotelli),
Parates (Logudoro ?), Patulcenses Campani (Trexenta?, immigrati dalla Campania),
Patulcii (Gurulis Nova-Cuglieri),
Porticenses (Tertenìa),
Rubr(enses) (Barisardo), Sardi Pelliti
(Marghine), Scapitani (di incereta localizzazione
nella Sardegna centrale), Semilitenses (Sanluri), Sossinates (Logudoro ?),
Siculenses (Muravera?), Tibulati (Tibula-Castelsardo), Uddadhaddar(itani)
Numisiarum (Gurulis Nova-Cuglieri),
Valentini (Valentia-Nuragus), Vitenses
(Bithia-Chia), [---]rarri(tani) [Nu]misiaru[m] (Gurulis Nova-Cuglieri)[52].
Si aggiungano ora i Barsanes di Barumini e gli Uneritani di Las Plassas
in Marmilla[53]. A città romane, municipi o
colonie, fanno riferimento gli etnici: Caralitani (Cagliari),
Cornenses (Cornus), Noritani-Norenses (Nora-Pula),
Sulcitani (Sulci-S. Antioco e Sulci-Tortolì), Tharrenses (Tharros), Turritani
(Turris Libisonis-Porto Torres), Uthicenses
(Othoca-Santa Giusta). Occasionalmente abbiamno anche: Hypsitani (Fordongianus), Lesitani (San Saturnino di Bultei); al
singolare: Bosanus (Bosa) [54], Olbiensis (Olbia),
Port(u)ensis (Turris Libisonis-Porto
Torres) [55], Sorabensis (Sorabile-Fonni).
6.
– Negli epitafi provenienti da località esterne alla
Sardegna conosciamo ben 26 marinai indicati dagli eredi come natione Sardi, nessuno individuato con
un etnico riferito ad uno dei popoli sardi o ad una città: essi sono
quasi tutti provvisti di tria nomina
e dunque sembrerebbero entrati nella cittadinanza in qualche caso già
prima del congedo e comunque prima di Caracalla. Si segnalano i gentilizi Marius, Iulius, Flavius, Aurelius ed i
quattro Valerii; alcuni gentilizi
hanno sicuramente origine locale, come Tarul(l)ius
Tatenti (filius) di CIL X
Nella città di Roma (in particolare
in alcune aree come il sepolcreto salario o sulla via Appia), conosciamo 7
marinai natione Sardi, appartenenti
alla flotta di Miseno: Atilius Modestus
(CIL VI 3101 = AE 2008, 201), Quintus Catius
Firminus, della trireme Pax (CIL VI 3105), Cossu[---] Nepos (CIL VI
32766), Marcus Marius Pudens, della
trireme Part(h)icus (CIL VI 3121), Lucius Tarcunius Heraclianus, della
quadrireme Dacicus (AE 1916, 52)[57], un
anonimo [n]atione Sard(us) (CIL VI 37251), un altro anonimo della trireme Ops
(AE 2001, 601).
A
Miseno (oggi Bacoli) conosciamo 12 marinai, milites,
natione Sardi appartenenti alla flotta
di Miseno: Lucius Aurelius Fortis della lib(urna) Fides (CIL X 3423), Titus Fl(avius)
Calpurnius, della trireme Pol(l)ux
(CIL X 3613), Lucius Gargilius Urbanus, della trireme Perseus (CIL X 3466), Titus Licinius Memor, della trireme Venus (CIL X 3598), Marcius
Celestinus (CIL X 3601), Gnaeus Silanius Pius, della trireme Mars (CIL X 3627), Gaius Tamudius
Cassianus, della trireme Providentia
(CIL X 3636), Gaius Valerius Germanus, della trireme Taurus (CIL X 3648), Sextus Valerius Ingenuus, della trireme Aug(ustus) (CIL X 3650), Lucius Valerius
Victor, della quadriere Fides (CIL X 3501), [---] Burrus, della liburna Iustitia
(EE, VIII, 427), [---] Saturninus (CIL X
3621).
Ad
Ostia conosciamo un solo marinaio natione
Sardus della flotta di Miseno: l’anonimo della trireme Sol (CIL
XIV, 242); a Sorrento un Tarul(l)ius
Tatenti (filius) (CIL X 687).
Per
la flotta di Ravenna conosciamo 5 marinai natione
Sardi: uno a Seleucia di Pieria (sulla rotta per Carales)[58], Gaius Iulius Celer (AE 1939, 229 = IGLS, 3,2,
1164); tre a Ravenna-Altinum Gaius
Turellius Ru[f]us, della trireme
Venus (CIL V 8819), Titus Ursinius Castor, della trireme Victoria (CIL XI 113) ed un anonimo (CIL
XI 121); infine a Miseno Gaius Valerius
Bassus, della trireme Virt(us) (CIL X
3645).
7. – I personaggi elencati con
i tria nomina difficilmente erano in
possesso della cittadinanza romana al momento dell’arruolamento: è
assolutamente improbabile che essi provenissero dai municipi e dalle colonie di
cittadini romani della Sardegna, ma dovevano esser stati arruolati
all’interno delle varie civitates,
così come i fanti e i cavalieri delle coorti ausiliarie che pure a
quanto ne sappiamo non utilizzavano l’espressione natione Sardus. Di norma i marinai avrebbero dovuto assumere i tria nomina solo al momento del congedo[59]. Sicuramente un peregrino
è Tarul(l)ius Tatenti (filius)
di età antonina o severiana (CIL
X 687), marinaio della flotta di Miseno, di cui non conosciamo i dati
biometrici. Si noti la filiazione con nome unico, l’ascendente
“all’africana”[60].
Olli Salomies ha fatto notare un aspetto
dell’onomastica isolana particolarmente significativo e caratterizzato, i
nomi unici o i gentilizi in Tar-, che
farebbero riferimento a quella che Lidio Gasperini chiamava la “Sarditas” locale che emerge
attraverso forme onomastiche uniche nell’impero: Taretius di ILSard. 207 e
Tarcuinus Fili f(ilius) Neroneius di ILSard.
Non
sappiamo se era cittadino romano il sardo [---]
Burrus, della liburna Iustitia, vissuto
32 anni, deceduto dopo 17 anni di servizio: è ricordato dalla moglie Mani[l]ia
Veneria (EE, VIII, 427). Allo stesso modo [---] Saturninus, con il caratteristico
nome «africano», vissuto 50 anni, morto dopo 12 anni di servizio,
sepolto a cura dell’erede [---]s
Draco; paradossalmente dovrebbe esser stato arruolato a 38 anni di
età (CIL X 3621).
Potrebbre
aver usurpato l’onomastica romana prima del congedo Atilius Modestus, arruolato a 20 anni, morto a 25 anni dopo 5 di
servizio militare, per il quale si osservi l’assenza del prenome (CIL VI 3101 = AE 2008, 201). Analogo è il caso di Marcius
Caelestinus, ricordato a Miseno dalla figlia: è morto in servizio a
32 anni di età, dopo 14 anni di attività, essendo stato arruolato
a 18 anni (CIL X 3601).
Anche Sex(tus) Valerius Ingenu(u)s della trireme Aug(ustus) è
morto in servizio a 30 anni di età dopo 7 di servizio (arruolato a 23):
lo ricorda un commilitone della stessa trireme, un peregrino, L(ucius) Saturninus (si noti
l’assenza di gentilizio e ancora il caratteristico nome unico che
richiama il Saturno africano) (CIL
X 3650).
T. Fl(avius) Calpurnius della
trireme Pol(l)ux è ricordato
dai due commilitoni suoi eredi (marinai delle triremi Pol(l)ux e Pietas) ed
è deceduto in servizio a 25 anni, dopo 7 di servizio; arruolato a 18
anni (CIL X 3613). L(ucius) Gargilius Urbanus optio della
trireme Pe(r)seus è stato
sepolto per volontà del figlio, che lo ricorda per i 20 anni di
servizio. La formula contiene un sorprendente dettaglio e precisa che il
marinaio è deceduto a 38 anni di età, 3 mesi e 7 giorni (CIL X 3466).
M(arcus) Marius Pudens della
trireme Part(h)icus della flotta di
Miseno è morto a 37 anni di età, dopo 17 di servizio, arruolato a
20 anni ed è ricordato da un erede a Roma (CIL VI 3121).
C(aius) Tamudius Cassianus,
manip(ularius) della trireme
Providentia morto a 28 anni di età, dopo 8 di servizio (arruolato a
20 anni) è stato sepolto a Miseno per volontà di un commilitone,
il collega della trireme Fortuna Sex(tus)
Iulius Quirinus (CIL X 3636).
In
servizio è morto anche C(aius) Valerius Bassus della trireme Virt(us), vissuto 40 anni dopo 15 di
servizio (arruolato a 25 anni), ricordato dai commilitoni Basilius Cerman(us), della trireme Triump(hus) e C(aius)
Iul(ius) Constans della trireme
Virtus (CIL X 3645).
A
40 anni di età è deceduto T(itus) Licinius Memor, della trireme Venus, arruolato a 20 anni, in servizio
al momento della morte se è ricordato a Miseno dal compagno
d’armi, il commilitone della quadrireme Liber(tas) M(arcus) Nonius Aquilinus: si noti la differenza nei
gentilizi, per cui i due non possono essere fratelli, come pure talora si
è inteso (CIL X 3598). Uguale la situazione di C(aius) Turellius
Ru[f]us ancora della
trireme Venus,
morto in servizio a 45 anni, dopo 25
di servizio (arruolato a 20 anni), se è ricordato dal commilitone, un
marinaio della stessa nave Q(uintus)
Spedius Mercator (CIL V
8819).
Se il ragionamento ha un qualche fondamento, dovremmo considerare ancora in servizio anche T(itus) Ursinius Castor della trireme Vict(oria), vissuto 56 anni, dopo 26 anni di servizio: dovremmo immaginare un arruolamento a 30 anni d’età, il che sembra abbastanza improbabile, ma questo potrebbe spiegare il fatto che a curare la sepoltura sia stato un commilitone della stessa nave, T(itus) Arenius Cordus (CIL XI 113).
Sono
interessanti alcuni altri casi dei marinai morti in servizio: Q(uintus) Cati(us) Firminus della
trireme Pax, vissuto 38 anni, morto
dopo 17 anni di servizio militare, arruolato a 21 anni (CIL VI 3105).
Dubbio è il caso di L(ucius) Valerius Victor della
quadrireme Fides, victimarius principalis,
vissuto probabilmente 41 anni (non 31, XXXI), dopo 23 anni di servizio
(arruolato a 18): lo ricorda la moglie Aurelia
Spes (CIL X 3501).
Naturalmente
in possesso della cittadinanza romana erano i marinai congedati al termine del
servizio militare: L(ucius) Aurelius
Fortis faber duplicarius della
lib(urna) Fides, vissuto 52 anni e moto dopo 25 anni di servizio militare:
se è stato arruolato a 20 anni, è vissuto altri 7 anni dopo il
congedo e la concessione della civitas (CIL
X 3423).
A
Roma sulla via Salaria fu sepolto il già citato L(ucius)
Tarcunius Heraclianus m(iles) della quadrireme Dacicus, morto a 60 anni dopo 30 di servizio: se è stato
arruolato a 20 anni, è sopravvissuto 10 anni dopo il congedo (AE 1916, 52): Olli Salomes ha fatto notare come egli porti un
gentilizio sconosciuto fuori dalla Sardegna[62].
Forse
già congedato era Cn(aeus)
Silanius Pius, della trireme Mars della flotta di Miseno, morto a 45
anni dopo 25 anni di servizio, forse arruolato a 20 anni, ricordato dalla moglie
Titia Nice
e dal figlio Genealis, che
sembrerebbe ancora privo della civitas
(CIL X 3627).
Forse
era stato già congedato C(aius)
Iulius Celer, della flotta di Ravenna, vissuto 50 anni, di cui non
conosciamo la durata del servizio militare, morto presso il porto orientale di
Seleucia di Pieria (AE 1939, 229 = IGLS 3,2, 1164).
Infine
dubbi sono i casi di C(aius) Valeri(us)
Germanus, della trireme Taurus, morto
ad un’età indefinita dopo 25 anni di servizio, ricordato da Mestria Euhodia e di Cossu[---] Nepos (di cui non conosciamo
né l’età né gli anni di servizio) (CIL X
3648).
Ignoriamo
se possedessero la cittadinanza alcuni anonimi: il marinaio della trireme Sol, vissuto 43 anni, morto dopo 19
anni di servizio (arruolato a 24 anni), sepolto ad Ostia per volontà di T(itus)
F[l](avius) Urbatius (CIL XIV, 242); il sardo
della [(centuria)] Longin(ii) Ru[fi], morto a 35 anni dopo almeno 10 anni
di servizio militare (CIL VI 37251);
l’anonimo della trireme Ops, vissuto 30 anni, arruolato a 19, con 11 anni di servizio (AE 2001, 601).
8. – Non va dimenticato che
proprio alla quadriere Ops
apparteneva anche il classiario del diploma di Olbia congedato da Traiano
assieme ai suoi commilitoni nell’estate del
Sempre Ops si chiamava la nave, una trireme
della flotta di Miseno, alla quale apparteneva nel pieno II secolo un marinaio nat(ione) S(ardus) sepolto a Roma, che
non va collegato al viaggio di Traiano[67]. Alla grande campagna
partica e al percorso imperiale sono stati invece di recente messi in relazione
il trasferimento dalla Sardegna in Siria della coorte II Gemina
Ligurum et Corsorum[68] e il passaggio della provincia isolana all’amministrazione
senatoria, rappresentata nel 111 dal primo proconsole L.
Cossonius L. f. Stell(atina tribu) Gallus; egli divenne subito
dopo, tra il 113 e il 115 (dunque prima dell’arrivo e durante la
permanenza di Traiano in Oriente), legatus
Augusti delle provincie imperiali della Galazia, Pisidia e Paflagonia e,
sotto Adriano, verso il 120 della Giudea nel pieno della rivolta ebraica[69].
9. – Una sicura
continuità per l’impiego del termine natio riferito ai Sardi è garantita anche nel tardo impero,
se Girolamo chiama Eusebio vescovo di Vercelli natione Sardus[70] e se il Liber Pontificalis allo stesso modo
definisce il Papa Ilaro[71] e il Papa Simmaco natione Sardi[72].
Ma la vicenda non si interrompe in età
medioevale[73]
e, in Sardegna, durante i regni giudicali. Alla metà del XII secolo, l’arabo Edrisi
di Ceuta teneva conto delle immigrazioni susseguitesi nell’isola, che
avevano dato luogo ad una cristianità diversa, di lontana discendenza
africana: «Gli abitanti
dell’isola di Sardegna sono di ceppo mediterraneo africano, barbaricini,
selvaggi e di stirpe Rum»; il fondo etnico della gente sarda formatosi da
età preistorica ma confermato in età romana era dunque
berbero-libico-punico[74]. La Nasio
sardescha è citata ancora nel 1391 nel Proceso contra los Arborea[75].
L’espressione era stata utilizzata già l’anno precedente da
Brancaleone Doria nella lettera inviata per conto di Eleonora[76]. Non
è il caso di andare oltre, ma sappiamo che la tradizione non si perde e
la formula continua a ricorrere sostanzialmente senza modifiche in moltissimi
documenti della fine del medioevo e in età moderna[77]: un
caso significativo segnalato da Giuseppe Meloni è rappresentato dalla
decisione di Pietro IV d’Aragona di istituire un braccio separato, il
quarto, chiamato «braccio dei Sardi» nel primo Parlamento del
10.
– Per la sua trasversalità, il tema “nazione”
è stato indagato da storici
del passato e del presente: riferito ai Sardi, a partire dalla loro natura
ibridata da componenti diverse, il termine si presta molto bene ad essere
declinato in un arco cronologico lungo, dall’antichità romana fino
agli odierni confliggenti nazionalismi. Ai nostri giorni, a distanza di tanti secoli, il dibattito sulla discussa
“sovranità” della Sardegna, forse si arricchisce di un nuovo
tassello, che ci consente di assistere in diretta all’identificazione di
una “natio" riconosciuta
dai Romani, insieme eredità del passato preistorico (sintetizzato nei
Giganti di Mont’e Prama) e premessa per gli sviluppi successivi (che
iniziano con le cattedrali romaniche costruite dai sovrani dei quattro
giudicati sardi). Franciscu Sedda
suggerisce la possibilità che le parole di Cicerone
nell’alternativa tra servitù della natio Sarda e libertas
della civitas Romana (che però
contraddicono la visione greca che riconosceva liberi i Sardi discendenti di
Eracle, gli Iliei-Ilienses dei Montes Insani) possano consentire di leggere in
filigrana l’alternativa fra
dimensione culturale-identitaria da un lato (natio incapace di auto-affermazione) e dimensione
giuridico-istituzionale (civitas caratterizzata
dalla libertas): «da questo
punto di vista la distinzione natio/civitas
assomiglierebbe all'attuale distinzione fra etnia e nazione-Stato, dove
l'etnia appare come la nazionalità perdente e in quanto tale scivolata
in una condizione di ri-naturalizzazione, distante dalla tensione alla
libertà che caratterizza il demos
fondatore di istituzioni».
A tale riguardo,
si può congetturare che sbagliasse Camillo Bellieni, il padre del
Sardismo moderno nel Novecento, studioso della Sardegna romana, quando riteneva
che il
popolo sardo fosse solo una «nazione abortiva»[80],
«nella quale, pur essendovi le premesse etniche, linguistiche, le
tradizioni per uno sbocco nazionale, sono mancate le condizioni storiche e le
forze motrici per un tale processo»[81]. Sempre
negli ormai lontanissimi anni Venti, Emilio Lussu in una lettera ad Antonio
Gramsci poneva come premessa alle rivendicazioni di tipo nazionale il fatto che
i Sardi si erano «accorti da parecchio di essere una nazione
fallita»[82];
più tardi addolciva l’espessione, parlando di «una nazione
mancata»[83].
Del resto, come mi fa notare Fiamma Lussana, «a
Torino, nella “Pietrogrado d’Italia”, Gramsci stempera il suo
focoso socialsardismo giovanile: la sua Sardegna “nativa” resta
fuori dal processo di trasformazione e modernizzazione (resta forse, come per
Lussu, una “nazione mancata”). Con la sua coscienza di classe,
sarà la classe operaia torinese a incarnare l’idea potente
dell’unità nazionale: per Gramsci il socialismo italiano
sarà “nazionale” o non sarà»[84]. Dopo quei fervidi momenti di
straordinaria riflessione, alla base della Sardegna di oggi, da allora il
rischio che perennemente si è corso è stata la subordinazione
della storia agli obiettivi politici dei partiti isolani, con l’intento
di suscitare una reazione, di accendere una fiamma, di rovesciare un regime, di
mobilitare le persone. Certo, nel mondo attuale le cose si
complicano alquanto e il tema “nazione” si sgretola nei sanguinosi integralismi che
insanguinano il tempo che viviamo.
Pur con i suoi limiti e le sue differenze semantiche e
funzionali, al di là dell’abisso cronologico e culturale che ci
divide, l’espressione romana natione
Sardus, che testimonia il desiderio di richiamare il luogo di nascita, di
identificarsi come orginari dell’isola lontana all’interno della communis patria rappresentata da Roma e
dall’impero, può dirci forse qualcosa ancora oggi, può
testimoniare la ricchezza e la diversità culturale della storia isolana,
senza più perdersi in un dibattito sterile sul nazionalismo ottocentesco
fondato su un’identità immutabile e mummificata[85]:
nell’Europa dei nostri tempi la Sardegna si affaccia con la sua
complessità verso un orizzonte davvero globale.
CATALOGO DEI MARINAI NATIONE SARDI
(FLOTTE DI MISENO E DI RAVENNA)
1.Atilius Modestus, classis praetoria Misenensis
CIL VI 3101 = AE 2008, 201 e Scheda EDR115980 (Antonia
Soler). Scheda EDCS-ID: EDCS-
Roma, Via Appia, tra II e III miglio, vigna Cassini.
Tabula marmorea con epitafio di militare, oggi perduta. Rimane copia moderna
dell’originale perduto, conservata a Palma de Mallorca,
Museu d'Historia de la Ciutat, Castell de Bellver, inv. 245.
Vd. Y. Le Bohec, La
Sardaigne et l'armée romaine sous le Haut-Empire, Sassari 1990, 125
nr. 56; A. Soler - M. J. Pena, in
“Rivista Storica dell’Antichità”, 39, 2009, 220 s.; A. Soler i Nicolau, El fons epigrafic de la collecció
Despuig d'escultura classica, Palma de Mallorca 2011, 71 s., nr. 7, con
foto della copia moderna.
D(is)
M(anibus).
Atilio
Modesto,
mil(iti)
cl(assis) pr(aetoriae) Mis(enensis),
nat(ione) Sard(o), vix(it)
5 an(nis) XXV,
mil(itavit) an(nis) V.
H(eres)
b(ene) m(erenti) f(ecit).
Datazione: II secolo.
2. Lucius Aurelius Fortis, faber duplicarius, della lib(urna) Fides della flotta di Miseno
CIL X 3423 = ILS
2870; Le Bohec, La Sardaigne cit., 125 nr. 57. Scheda EDCS-ID: EDCS-15900012. Sotgiu, Sardi cit., pros. 19.
Miseno.
D(is) M(anibus)
L(ucio) Aurelio Forti
fabro du=
plicario lib(urna) Fide
natione
Sardo vixit annis LII mi=
5 litavit annis XXV
M(arcus) Cari=
sius Fronto heres b(ene)
m(erenti) fecit
curante Arruntio Petroni=
ano amico optim[o]
Epoca antonina.
3. Quintus Catius Firminus, miles della trireme Pax della flotta di Miseno
CIL VI 3105. Scheda
EDCS-ID: EDCS-19600102. Le Bohec, La Sardaigne cit., 126 nr. 58. Sotgiu, Sardi
cit., pros. 20.
Roma.
D(is)
M(anibus)
Q(uinti) Cati(i) Firmini
mil(itis) pr(aetoriae)
cl(assis) Mes(enensis) (!) (triere)
Pace nat(ione) Sardus,
5 v(ixit) a(nnis)
XXXIIX, mil(itavit)
an(nnis) XVII. Q(uintus)
Lutati=
us Secund(us) h(eres)
b(ene) m(erenti) f(ecit).
Epoca flavia o antonina.
4. Cossu[---] Nepos
CIL VI 32766 = Louvre 149. Scheda EDCS-ID:
EDCS-22900149. Le Bohec, La Sardaigne cit., 126 nr. 59.
Roma. Conservata al Louvre.
D(is) [M(anibus]
Cossu[---]
Nepot[i mil(iti)
cl(assis) pr(aetoriae)]
Mis(enensis) (triere)
A[---]
5 nat(ione) Sa[rdo,
vix(it) an(nis) ---]
mil(itavit) an(nis) [---]
[---]
Epoca antonina
5. Titus Fl(avius) Calpurnius, della
trireme Pol(l)ux della flotta di
Miseno.
CIL X 3613
e 974. Scheda EDCS-ID: EDCS-17500168. Le
Bohec, La Sardaigne
cit., 126 nr. 60. Sotgiu, Sardi cit., pros. 21.
Miseno.
[D(is) M(anibus)]
T. Fl(avius) Calpurnius
ex (triere) Pol(l)uc(e)
nat(ione) Sardus
milit(avit) ann(is)
VIII, vix(it) ann(is) XXV
5 Numisius Romanus,
ex ead(em)
et Iulius Proc(u)lus,
(triere) Pietat(e)
heredes b(ene) m(erenti)
fecer(unt).
Epoca antonina
6. Lucius Gargilius Urbanus, optio della trireme Perseus della flotta di Miseno
CIL X
3466; Le Bohec, La Sardaigne cit., 126 nr. 61. Scheda EDR115695
(Antonella De Caro); St. L. Tuck,
Latin Inscriptions in the Kelsey Museum,
Ann Arbor 2005, 25 s., nr. 24, con foto; http://library.brown.edu/projects/usep/inscription/MI.AA.UM.KM.L.901/ . Scheda EDCS-ID: EDCS-16000430. Sotgiu, Sardi
cit., pros. 22.
Rinvenuta a Misenum,
Bacoli (Napoli), Miseno. Da qui a Pozzuoli, coll. G. De Criscio.
Luogo di conservazione attuale: Ann
Arbor (USA), Kelsey Museum.
Tabula marmorea con epitafio: alt.: cm. 29,40; largh.:
cm 29,40; spess.: cm. 3,40.
D(is) M(anibus)
L(ucius) Gargilius
Urbanus
optio ex (triere)
Pe(r)seo
n(atione) Sardus vixit
5 annis XXXVIII
m(ensibus) III d(iebus) VII
milita=
bit annis XX
L(ucius) Gargilius
Urbanus
fil(ius) patri bene
meren=
10 ti fecit.
Epoca antonina-severiana.
7. Gaius Iulius Celer, miles della flotta di Ravenna
AE 1939, 229; IGLS
3,2, 1164; Le Bohec, La Sardaigne cit., 120 s. nr. 75. Scheda
EDCS-ID: EDCS-15800449; Scheda
HD022902. Sotgiu, Sardi cit., pros. 39.
Provincia: Syria. Località: Samandag, anticamente
Seleucia di Pieria, Turchia, sulla rotta per Carales.
Dis
Manib=
us
C(aius) Iulius
Celer
miiles(!)
ex
clas(se) pr(aetoria) Ra=
5 vennate(!) natio=
ne Sardus vixit
(a)ntiis(!) L militav=
[i]t anaes(!) X CICCA
[---]VSCALIN
10 [---]EVS
Epoca
flavia o inizio antonina.
8. Titus Licinius Memor, miles della trireme Venus della flotta di Miseno
CIL X 3598;
Le Bohec, La Sardaigne cit., 127 nr. 62; Tuck,
Kelsey Museum, cit., 40 s., nr. 44,
con foto;
http://library.brown.edu/projects/usep/inscription/MI.AA.UM.KM.L.946/
Scheda EDR115771
(Giuseppe Camodeca). Scheda EDCS-ID: EDCS-17500153. Sotgiu, Sardi cit., pros. 23.
Rinvenuta a Misenum, oggi Bacoli (Napoli) nel 1866. Poi a Pozzuoli coll. G. De Criscio. Conservata attualmente ad Ann
Arbor (USA), Kelsey Museum.
Tabula marmorea con epitafio sepolcrale, alt.:
cm. 23,80 largh: cm. 26,20; spess.: cm. 4.
D(is)
M(anibus).
T(itus)
Licinius Memor,
mil(es)
cl(assis) pr(aetoriae) Ais(enensis) (!) ex (triere) Veṇ(ere),
m(ilitavit)
a(nnis) X̣X, n(atione) Sard(us),
v(ixit) a(nnis) XXX̣X̣,
5 M(arcus) Nonius
Aquilinus,
frater
eius, ex (quadriere) Liber(tate),
h(eres)
b(ene) m(erenti) f(ecit).
Frater
eius è usato nel senso di “fratello d’armi”.
Epoca antonina-severiana.
v. 4: m(ilitavit) a(nnis)
n(umero) X : CIL
v. 4: v(ixit) a(nnis) XXVII (?): CIL
9. Marcius Caelestinus, della
flotta di Miseno
CIL X 3601. Tuck,
Kelsey Museum, cit., 51 s., nr. 59,
con foto. http://library.brown.edu/projects/usep/inscription/MI.AA.UM.KM.L.969/; Le Bohec, La Sardaigne cit., 127 nr. 63. Scheda EDR128588 (Giuseppe Camodeca). Scheda EDCS-ID: EDCS-17500156. Sotgiu, Sardi cit., pros. 24.
Misenum, oggi Bacoli (Napoli), poi Pozzuoli, collez. G. De Criscio.
Attualmente conservata ad Ann
Arbor (USA), Kelsey Museum.
Tabula marmorea con epitafio: alt.: cm. 20,80; largh.:
cm. 21,60; spess.: cm. 3,20; altezza lettere: cm. 1,5-1,7.
D(is) M(anibus) Marcì Cae=
lestini nat(ione)
Sar(dus),
mil(itavit) ann(is) XIIII, vi=
xit ann(is) XXXII.
5 Filia
pa=
renti b(ene) m(erenti) f(ecit).
Età severiana.
10. Marcus Marius
Pudens, miles
della trireme Part(h)icus della
flotta di Miseno.
CIL VI 3121. Scheda
EDCS-ID: EDCS-19600117. Le Bohec, La Sardaigne cit., 127 nr. 64. Sotgiu, Sardi cit., pros. 25: Marid(ius).
Roma.
D(is) M(anibus)
M(arco) Mario Pudenti
mil(iti) cl(assis)
pr(aetoriae) Misene(n)s(is),
ex
(triere) Part(h)ico
5 nat(ione)
Sardus, mil(itavit)
annis
XVII, vixit a(nnis) XXXVII.
Valerius
Torquatus
h(eres)
b(ene) m(erenti) f(ecit).
Epoca antonina.
11. Gnaeus Silanius Pius, della
trireme Mars della flotta di Miseno.
CIL X 3627; Le
Bohec, La Sardaigne cit., 127
nr. 65. Scheda EDR144536
(Giuseppe Camodeca). Scheda EDCS-ID: EDCS-17500182, Sotgiu, Sardi cit., pros. 28.
Misenum, a Bacoli (Napoli). Napoli, Museo Archeologico (dagli inizi del XIX
secolo), depositi (inv. 3095).
Tabula
marmorea con epitafio, alt.:
cm. 20,50; largh. cm. 33,50; spess. non conosciuto; alt. lett. cm. 1,5-2,5.
Ḍ(is) Ṃ(anibus) Cṇ(aei) Ṣi̲ḷạni
Pii;
(triere) Mart(e), nat(ione) Sardu[s],
mil(itavit) ann(is) XXV, vixit
ann(is) XXXXV. Titia Nice
5 coniugi
et Genealis, fil(ius)
ẹịus, ben(e) m̲(erenti)
f̣ẹc̣(erunt).
v. 5: Genialis : CIL.
Età antonina.
12. Gaius Tamudius Cassianus, mil(es) manip(ularius) della
trireme Providentia della flotta di
Miseno
CIL X 3636; Le
Bohec, La Sardaigne cit., 127
s. nr. 66. Scheda EDCS-ID:
EDCS-17500191. Sotgiu, Sardi cit., pros. 29.
Miseno.
D(is) M(anibus)
C(aius) Tamudius
Cassianus
mil(es) class(is)
pr(aetoriae) Misen(en)s(is)
manip(ularius) (triere)
Providentia
5 natione Sardus
vixit
annis XXVIII mil(itavit)
ann(is) VIII
Sex(tus) Iulius Quirinus manip(ularius)
(triere) Fortuna heres
b(ene) m(erenti) f(ecit)
Epoca antonina.
13. Lucius Tarcunius Heraclianus, miles della
quadrireme Dacicus della flotta di
Miseno
R. Paribeni,
“Not. Sc.”, 1915, 43, nr. 15; AE
1916, 52; CIL VI, 39472a (index nominum). Scheda EDR072749 e HD026031 (A. Scheithauer).
Scheda EDCS-ID: EDCS-16201815.
Le Bohec, La Sardaigne cit., 128, nr. 67. Sotgiu, Sardi cit., pros. 30.
Roma, sepolcreto salario, oggi Roma, Museo Nazionale
Romano, inv. 7016.
Tabula mamorea,
alt.: cm 27; largh. cm. 19.
D(is) M(anibus).
L(ucius)
Tarcunius He=
raclianus
m(iles) cl(assis) pr(aetoriae)
Mis(enensis),
(quadriere) Dacico, n(atione)
5 Sardus, b(ixit)
an(nis) LX, m(ilitavit)
an(nis)
XXX; he(res) b(ene) m(erenti) f(ecit).
Epoca antonina o severiana.
14. Tarul(l)ius Tatenti (filius), miles della
flotta di Miseno
CIL X
687; M.M. Magalhães,
Storia, istituzioni e prosopografia di
Surrentum romana, Castellammare di Stabia 2003, 162, nt. 195; 274 e 278
(sulla datazione); Le Bohec. La Sardaigne cit., 128 nr. 68. Scheda: EDR135739 (Gemma Corazza). Scheda EDCS-ID: EDCS-11400770. Sotgiu, Sardi cit., pros. 32.
Sorrento, ritrovato agli inizi XVII secolo.
Lastra marmorea con epitafio perduta.
D(is) M(anibus)
Tarul(l)io Ta
tenti natio=
ne Sardo m(iliti)
c[l(assis)]
5 p[r(aetoriae)]
Mis(enensis) heredes
b(ene) m(erenti) f(ecerunt)
Età antonina-severiana.
15. Gaius Turellius Ru[f]us, della
trireme Venus della flotta di Ravenna
CIL V 8819. Le Bohec,
La Sardaigne cit., 130 nr. 76. Scheda EDR099111.
Scheda EDCS-ID: EDCS-
Altinum-Ravenna? Conservata a
Venezia nella casa di Girolamo Donà, poi perduta.
Lastra marmorea con titolo sepolcrale.
D(is) M(anibus).
C(aio) Turellio Ru[f]o
(triere) Venere n(atione) Sard(o),
v(ixit) a(nnis) XLV, m(ilitavit) a(nnis) XXV.
5 Q(uintus)
Spedius Mercator
ex ead(em) h(eres) b(ene) m(erenti) p(osuit).
II
secolo.
16. Titus Ursinius Castor, della trireme Victoria della
flotta di Ravenna
CIL XI 113 = CIL V, 429*,166; Le Bohec, La Sardaigne cit., 130 nr. 77. Scheda EDCS-ID: EDCS-20000012. Sotgiu, Sardi
cit., pros. 41.
Ravenna. Lastra marmorea con epitafio. Verona, Museo Maffeiano.
D(is)
M(anibus) (rosa)
T(itus) Ursinius Castor
(triere) Vict(oria) nat(ione)
Sard(us), vix(it) ann(os) LVI.
5 mil(itavit)
ann(os) XXVI
T(itus) Arenius Cordus
ex eadem [---]
[---]
Vd. A. Bosa, A Verona la stele d’un marinaio sardo
del II sec. d.C., in “Sardegna Mediterranea”, 36, 2013, 40 ss.;
informazioni fornite da Margherita Bolla dell’Unità archeologica
didattica dei Musei Civici di Verona.
II secolo.
17. Gaius Valerius Bassus, miles della
trireme Virt(us) della flotta di
Ravenna
CIL X 3645. Vd. Le
Bohec, La Sardaigne cit., 130
nr. 78.
Scheda
EDR125129 (Giuseppe Camodeca). Scheda EDCS-ID: EDCS-17500201. Sotgiu, Sardi cit., pros. 42.
Misenum,
Bacoli (Napoli), nella necropoli.
Oggi conservato a Napoli,
Museo Archeologico Nazionale, depositi (inv. 3060).
Tabula marmora con epitafio, alt.: cm. 41,50;
largh.: cm. 30,30; spess.: cm. 2,80; alt. lettere cm. 1-3.
D(is) M(anibus).
C(aio) Valerio
Basso, mil(iti) cl(assis)
pr(aetoriae) Ravenn(atis),
5 stip(endiorum)
XV, (triere) Virt(ute)
n(atione) Sar(dus), v(ixit) an(nis) XL;
Basilius Cerm=
an(us), (triere) Triump(ho),
her(es) item subĥe(res)
10 C(aius)
Iul(ius) Constans, (triere) Virt(ute), bene
mer(enti) posuerunt.
Età severiana.
18. Gaius Valerius Germanus, miles della
trireme Taurus della flotta di Miseno
CIL X 3648 = CIL XI 250*,2c. Scheda EDCS-ID: EDCS-17500204. Le Bohec, La Sardaigne cit., 128 nr. 69. Sotgiu, Sardi cit., pros. 33.
Miseno.
D(is) M(anibus)
C(ai) Valeri(i) Germani,
mil(itis) ex cl(asse)
pr(aetoria) Mis(enensi)
(triere) Tauro,
stip(endiorum) XXV
5 nat(ione) Sardus
Mestria Euhodia
h(eres) b(ene) m(erenti)
f(ecit).
Epoca antonina.
19. Sextus Valerius Ingenuus, della trireme Aug(ustus) della flotta di Miseno
CIL X 3650;
Puteoli, 11, 1987, 136 (A. Parma); Le Bohec, La Sardaigne cit., 128 nr. 70. Scheda EDR125919 (Giuseppe
Camodeca). Scheda EDCS-ID: EDCS-17500206. Sotgiu, Sardi cit., pros. 34.
Misenum, Bacoli (Napoli), acquistata da Th. Hollis ca. 1750.
Attualmente conservata al British
Museum di Londra (dal 1757).
Tabula
marmorea con epitafio, alt.:
cm. 25,50; largh.: cm. 33; spess.: cm. 3,50; alt. lettere: cm. 2,5-3,3.
D(is) M(anibus).
Sex(tus) Valerius
Ingenu(u)s, (triere)
Aug(usto), nat(ione)
Sard(us), v(ixit) an(nis) XXX,
5 mil(itavit) VII; L(ucius) Saturninus,
ex eadem, h(eres) b(ene) m(erenti).
v. 1 omesso in CIL.
Testo opistografo, vd. AE 1988, 0312
= EDR080845.
Età antonina-severiana.
20. Lucius Valerius Victor, victimarius principalis della
quadriere Fides della flotta di
Miseno
CIL X 3501 = ILS 2875. Le Bohec, La Sardaigne cit., 129 nr. 71. Scheda EDCS-ID: EDCS-16000465. Sotgiu, Sardi cit., pros. 35.
Miseno.
D(is) M(anibus)
L(ucius) Valerius Victor
ex III[I (quadriere)]
Fide natione
Sardus victimari=
5 us principalis
militavit annis
XXIII vixit annis
XXXI (!) Aurelia Sp=
es co(n)iugi b(ene)
m(erenti)
10 fecit
II secolo.
21. [---] Burrus, della liburna Iustitia
EE, VIII,
427; Tuck, Kelsey Museum, cit., 24, nr. 22, con foto; http://library.brown.edu/projects/usep/inscription/MI.AA.UM.KM.L.835/
Scheda EDR116608 (Giuseppe Camodeca).
Misenum, Bacoli (Napoli), poi Pozzuoli, coll. G. De
Criscio.
Attualmente conservata ad Ann
Arbor (USA), Kelsey Museum.
Tabula
marmorea mutila con epitafio, alt.:
cm. 24; largh. cm. 30; spess. cm. 2,40.
[D(is)] M(anibus).
[---] Burro, opti=
[oni lib(urna) I]ustitia, nati(one)
[Sar?]do; vixit an=
5 [nis] XXXII, militavit
[a]ṇnis XVII. Mani=
[l]ịạ Veneria uxor
[i]ṇcomparabili ạṃ[a]=
[tis]simo b(ene) m(erenti) f(ecit).
v. 1: omisit EE
v. 4: [---]mdo EE; [---]ndo
v. 6: mater EE; men(si)b(us)
v. 7: [nia] Veneria EE; N
Veneria
vv. 8-9: [inc]omparabil. M /[---]simo EE; [in]comparabili M /
[---]simo
Età antonina-severiana.
22. [---] Saturninus
CIL X
3621. Le Bohec 129 nr. 72. Scheda EDCS-ID: EDCS-17500176. Sotgiu, Sardi cit., pros. 45.
Miseno.
[D(is)] M(anibus)
[---] Saturnini
[---] nat(ione)
Sard(i).
[vixit annis ]L, ,
mil(itavit) an(nis) XII,
5 [---]s Draco,
[ h(eres, b(ene)]
m(erenti) f(ecit).
II secolo
23. Anonimo miles della
trireme Sol della flotta di Miseno
CIL XIV,
242; H. Thylander, Inscriptions du Port d'Ostie, Lund 1952,
269-270, nr. B 70; Le Bohec, La Sardaigne cit., 129 nr. 74. Scheda EDR147283 (Raffaella Marchesini). Scheda EDCS-ID: EDCS-05700241. Sotgiu, Sardi cit., pros. 36.
Ostia – Portus. Oggi: Ostia antica (Roma), Grottone di Porto, parete
sin., inv. 8642.
Tabula marmorea con epitafio mutila, alt.:
cm. 17; largh.: cm. 16 ; alt. Lettere cm. 1,1-1,5.
------
mil(es) cl(assis) [p(raetoriae) M(isenensis)]
(triere) Sol[e],
n̅(atione) Sardus,
5 v(ixit) a(nnis) XLIII,
mil(itavit) a(nnis) [X]IX,
T(itus) F[l](avius) Urbatius
Aristo.
Epoca flavia o antonina.
24. Anonimo [n]atione Sard(us), flotta di Miseno
CIL VI
37251. Scheda EDCS-ID: EDCS-20403329. Le
Bohec, La Sardaigne cit.,
129 nr. 73.
Roma.
[---]
[mi]l(es) cl(assis)
pr(aetoriae) Mi[s(enensis)]
[(centuria)]
Longin(ii) Ru[fi]
[n]at(ione) Sard(us),
[v(ixit)]
5 [a(nnis)] XXXV,
mil(itavit) a(nnis) X[---]
[.] Terentius [---]
[M]animus, h(eres) b(ene) m(erenti) f(ecit).
II secolo.
25. Anonimo della trireme Ops
AE 2001,
601. Scheda EDR111740 (Antonella
Ferraro).
Edizioni: M.
Buonocore, Il capitolo delle
inscriptiones falsae vel alienae nel CIL.
Problemi generali e particolari:
l’esempio della Regio IV Augustea, in Varia
epigraphica. Atti del colloquio internazionale di epigrafia, Bertinoro, 8-10
giugno 2000 (Epigrafia e Antichità 17), Faenza 2001, 82, con foto.
Roma, località incerta.
Luogo di conservazione: Roio
Piano (L'Aquila), proprietà privata.
Tabula marmorea con epitafio di classiario, frammento.
Dimensioni: alt.: cm. 16; largh. cm.
17; spess. cm. 2,50; alt. lettere: cm. 1,5-1,8
------
mil(iti) vel mil(itis) cl(assis) pr(aetoriae)
Mis(enensis),
(triere)
Ope,
n(atione) Sard(us),
5 mil(itavit) a(nnis) XI,
v(ixit)
a(nnis) XXX;
h(eres)
b(ene) m(erenti) f(ecit).
II secolo.
26.
Anonimo
CIL XI 121; Le Bohec, La Sardaigne cit., 130 nr. 79. Scheda EDCS-ID: EDCS-20000019.
Ravenna.
[…] ET n(atione) Sard(us) […]
[… ape ?]ruerit […]
[ dabit ? …]
(mille) (mille)
[Per la pubblicazione degli articoli
della sezione “Tradizione Romana” si è applicato, in maniera
rigorosa, il procedimento di peer review. Ogni articolo è stato
valutato positivamente da due referees,
che hanno operato con il sistema del double-blind]
*
Uno speciale ringraziamento debbo alla prof. Luisa D’Arienzo per la
costante attenzione e i puntuali interventi critici.
[2]
Il testo è parzialmente ricostruito, presso Festo p. 165, LINDSAY. Vd.
E. De Ruggiero, La patria nel diritto pubblico romano,
Roma 1921, 31; R.W. Mathisen,
Natio, Gens, Provincialis and Civis: Geographical Terminology and Personal
Identity in Late Antiquity, in G.
Greatrex, H. Elton, L. McMahon, Shifting
Genres in Late Antiquity, Ottawa 2015, 277 ss.
[3]
Vd. ora F. Spoth, Th.L.L. IX,
1.2, a. 2014, c. 132, s.v. natio. Vd.
anche anche A. Ernout, A. Meillet,
Dictionnaire étymologique de la
langue latine, Histoire des mots, Paris 1967, 431 e 429 s. (s.v. nascor): natio in origine significava ‘nascita’, poi è
arrivata a comprendere l’insieme degli «individus nés au
même temps ou dans la même lieu, nation». A. Walde, Lateinisches
etymologisches Wörterbuch, Heidelberg 1910, 508 («Geburt,
Geschlecht», da gigno); vd. A.
Walde, J.B. Hofmann, Lateinisches
etymologisches Wörterbuch, Heidelberg 1965 (2a ed.), 265, 405,
722
[5]
P.es. CIL X 181, Puteoli; 3646
Misenum; XI 59, Ravenna; 65, ibid.; 3736 Lorium, ecc., vd. C.G.
Starr, Verna, “Class.
Phil., 37, 1942, 314 ss.
[6] F. Spoth,
Th.L.L., IX,1,2, a. 2014, c. 132,
s.v. natio. In generale vd. ora Chr. Hamdoune, Nationes et espace provincial, in “L’Africa romana”, XX, Roma 2015, 1009-
[9]
IAMar., lat. 94 = AE 1971, 534 = IAMar., lat. Suppl. 94, vd. A.
Mastino, Consitutio Antoniniana: la politica della cittadinanza di un imperatore
africano, “Bullettino
dell’Istituto di Diritto romano “Vittorio Scialoja”, CVII,
2013, 37-56.
[10]
A. Mastino, Analfabetismo e resistenza: geografia epigrafica della Sardegna, in
"L'epigrafia del villaggio", a
cura di A. Calbi, A. Donati, G. Poma (Epigrafia e Antichità, 12), Faenza
1993, 499 ss. (AE 1993, 849). Vd.
anche L. Gasperini,
Ricerche epigrafiche in Sardegna, I, in Sardinia Antiqua. Studi in
onore di Piero Meloni, Edizioni Della Torre, Cagliari 1992, 286 ss. (AE 1992, 890); M. Bonello Lai, Il territorio dei populi e delle civitates
indigene in Sardegna, in La Tavola di Esterzili, Il conflitto
tra pastori e contadini nella Barbaria sarda, Atti del convegno di studi,
Esterzili 6 giugno
[11]
Plin. n.h. III, 46 (sulle 11 regiones Italiae). Vd. già
Augusto nelle RGDA XXV: Iuravit
in mea verba tota Italia sponte sual et me be[lli] quo vici ad Actium ducem
depoposcit. Iuraverunt in eadem ver[ba
provi]nciae Galliae, Hispaniae, Africa, Sicilia, Sardinia.
[12]
Non vedo contraddizioni con la documentazione relativa a espressioni come: natione
Italus a Roma (CIL VI 23782) e per un legionario in Egitto (CIL
III 6611, Nicopoli-Alessandria); nat(ione)
Italica (CIL XI 83, Ravenna), nat(ione) Gr(aecus) (p.es. in CIL XI 60, Ravenna, marinaio). Tuttavia
troviamo anche riferimenti ad una singola città: nat(ione) Alex(andrinus) (AE 1906,
163, Ravenna, marinaio), nationes
Nicome(dia) (CIL XI 105) ecc., come se fosse un sinonimo di domus (esempi ulteriori in F. Spoth, Th.L.L. IX, 1,2, 2014, cc. 132 ss. s.v. natio). Vd. infine i
liberti nationi Tebaeus, natione
P(h)rugia, natione verna e nationi
Smurnaeus per l’iscrizione urbana datata al
[13]
J.-M. Lassére, Manuel d’épigraphie romaine,
I, Paris 2005, 133. In Sardegna incolae
erano sicuramente gli ebrei Beronicenses di
Sulci, arrivati in età adrianea dalla Cirenaica, ILSard. I 4.
[14]
E. Forcellini, Totius Latinitatis Lexicon, 247, s.v. natio. Vd. soprattutto F. Spoth, in Th.L.L. IX,1,2, a. 2014, cc. 132 ss. s.v. natio; Meyer, ThLL, VI, a. 1949, cc. 1842-1865 s.v. gens.
[16]
S.
Moscati, Africa ipsa parens illa Sardiniae, «Rivista di filologia
e di istruzione classica», XCV, 1967, 385 ss. ; P. Ruggeri, Africa ipsa parens illa
Sardiniae. Studi di storia antica e di
epigrafia, Edes, Sassari 1999, passim.
[17]
Adriana Muroni ha recentemente ridimensionato il giudizio di Cicerone: A. Muroni, Cittadinanza romana in Sardegna durante la res publica: concessioni tra
politica e diritto, in “Diritto @ Storia”, XII, 2014,
Tradizione romana, 1-62 [estratto a stampa] < http://www.dirittoestoria.it/12/tradizione-romana/Muroni-Cittadinanza-romana-Sardegna-Res-publica-concessioni-politica-diritto.htm
>.
[18]
F. Barreca, Ampsicora tra storia e leggenda, in Ampsicora e il territorio di Cornus, Atti del II Convegno
sull’archeologia romana e altromedievale nell’Oristanese
(Cuglieri 22 dicembre 1985), Taranto 1988, 25 ss.; vd. A. Mastino, Cornus e
il Bellum Sardum di Hampsicora e Hostus, storia o mito ? Processo a Tito Livio,
in Convegno internazionale di studi, Il
processo di romanizzazione della provincia Sardinia et Corsica, Cuglieri, 26 marzo
[20]
A. Ibba, Gentes e gentiles in Africa Proconsularis: ancora sulla dedica al
Saturno di Bou Jelida (Tunisia), “Annali Facoltà Lettere
Cagliari”, XX (LVII), 2002, 173-211.
[27]
Diod. IV, 29-30 e V, 15, vd. ora I.
Didu, I Greci e la Sardegna. Il mito e la storia, Cagliari 2002, 94 ss.
[28] I. Didu, La
cronologia della moneta di M. Azio Balbo, “Atti Centro Studi
Documentazione Italia Romana”, VI, 1974-1975, 107-120. Vd. P. Bernardini, Il
culto del Sardus Pater ad Antas e i culti a divinità salutari e soteriologiche, in Insulae Christi, Il Cristianesimo primitivo in Sardegna, Corsica e Baleari, a cura
di P.G. Spanu, Oristano 2002, 24.
[29]
Vd. Mastino, Cornus
e il Bellum Sardum di Hampsicora e Hostus cit, in c.d.s. Eccessiva
però appare la posizione di E. Melis, Miti (antichi e moderni) sulla Sardegna: Sardus Pater,
“Theologica & Historica, XXII, 2013, 309 ss., per il quale la figura
del Sardus Pater potrebbe esser stata
«“inventata” nel I secolo a.C., sulla base probabilmente dei
racconti su Iolao, da cui Sardus
eredita l’epiteto cultuale. Il motivo della sua nascita è da
ricercare nei rapporti tra Cesare e la Sardegna – il “predio di
Cesare”, come la definisce Cicerone – e all’interno di un
processo di riforma religiosa finalizzata al recupero dei culti epicori di cui
Cesare e la sua cerchia si fecero promotori». Per il ruolo di Cesare,
colpito dalla orazione Pro Sardis
pronunciata alla fine del II secolo dallo zio Cesare Strabone, vd. B.R. Motzo,
Cesare e la Sardegna, in Sardegna Romana, I, Roma 1936, 23 ss.
[30]
Vd. A. Mastino, L'iscrizione latina del restauro del tempio
del Sardus Pater ad Antas e la problematica istituzionale,
“Rendiconti Accademia dei Lincei”, in c.d.s.
[33]
P.es. ad Eburacum-York Iulia Fortunata
domo Sardinia, in RIB 687, cfr. R. J. Rowland jr., Sardinians in the Roman Empire,
“Ancient Society”, V, 1974, 226. Vd. anche na(tus) in Sar(dinia), per Auctus,
L. Allien[i] veteran(i) leg(ionis) VI [---] (servus) in CIL V 2500.
[34]
Non è il caso di citare i numerosi personaggi che portano Caralitanus come cognomen senza essere necessariamente originari della Sardegna: vd.
ad esempio C. Iulius Carallitanus natione
Italico morto a 15 anni, in CIL X
1798, Miseno.
[38]
A. Mastino, Le relazioni tra Africa e Sardegna in età romana,
"Archivio Storico Sardo", XXXVIII, 1995, 33 s.
[40] Z. Benzina Ben Abdallah, Inscriptions de Haïdra et des environs (Ammaedara et
vicinia) publiées (CIL, ILAfr., ILTun.) et retrouveés, Tunisi 2011, 96 nr. 120.
[42]
AE 1929, 169; vd. Mastino, Le relazioni cit., 33. Per Austis, vd. Y.
Le Bohec, La Sardaigne et l'armée
romaine sous le Haut-Empire, Sassari 1990,
[43]
Vd. anche S. Panciera, Di un sardo con troppi diplomi, Ursaris
Tornalis filius e di altri diplomi
militari romani, in Sardinia antiqua. Studi
in onore di Piero Meloni in occasione del suo settantesimo compleanno,
Cagliari 1990, 325 ss.; R. Frei-Stolba, Les témoins dans les premiers
diplômes militaires, reflet de la pratique d’information
administrative à Rome? in E.
Dabrowa (ed.), Roman Military
Studies, Kraków 2001,
93-7, 102.
[44] Per Tarpalaris,
vd. F. Michel, É. Raimond,
Remarques sur deux anthroponimes
indigènes de Sardaigne, in L’Africa
Romana, XIV, 2002, 1617 ss.
[45]
A. Sanciu, P. Pala, M. Sanges, Un
nuovo diploma militare dalla Sardegna, “Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik “186 (2013),
301–306.
[46]
Vd. A. Mastino, R. Zucca, La constitutio del Forum Traiani in
Sardinia nel
[47] AE 2006,
1841, 1845, 1846, 1851, 1852; W. Eck, A.
Pangerl, Eine Konstitution des
Antroninus Pius für die Auxilien in Syrien aus dem Jahr 144, “Zeitschrift für Papyrologie
und Epigraphik”, 188, 2013, 255-260.
[48]
Vd. A. Ibba, Il diploma di Posada: spunti di riflessione sulla Sardinia
all’alba del II secolo d.C., “Epigraphica”, LXXVI, 1-2,
2014, 209 ss.; vd. anche A. Mastino, R.
Zucca, Un nuovo titulus
della
cohors Ligurum in Sardinia e il problema dell’organizzazione
militare della Sardegna nel I
secolo d.C., in L’iscrizione e
il suo doppio, Atti del Convegno Borghesi
[49]
Ibba, Il diploma di Posada, 217 n. 31 presenta un elenco più
ampio: nuraghi di Borore, Bortigali, Birori, Sinnai, Uras, Masullas, Cossoine,
Perfugas, Pozzomaggiore, Baunei, Nulvi, Dorgali, Alghero, Olmedo, Quartu S.
Elena, Sindia, Siniscola, San Vero Milis. Per Pasquale Zucca, vd. Il diploma militare di Hannibal nel 102 d.C.
rinvenuto a Posada, Santa Maria Navarrese 18 agosto 2015, dattiloscritto.
[50]
G. Paulis, La forma protosarda della parola nuraghe alla luce
dell’iscrizione latina di Nurac Sessar (Molaria), in "L'epigrafia del
villaggio", cit., 537 ss.
[51]
Plinio n.h. III, 7, 85, vd. E. Pais,
La ‘formula provinciae’ della Sardegna nel I secolo
dell’impero secondo Plinio, Ricerche
storiche e geografiche sull’Italia antica, STEN, Torino 1908, 579 ss.
[53]
Per i Barsanes, vd. A. Corda,
A. Piras, “Theologica
& Historica”, Annali della Pontificia Facoltà Teologica della
Sardegna, XVIII, 2009, 262 ss. Per gli Uneritani,
vd. A. Mastino, Rustica plebs id
est pagi in provincia Sardinia: il
santuario rurale dei Pagani Uneritani in
Marmilla, in Poikilma. Studi in onore
di M. R. Cataudella in occasione del 60° compleanno, Firenze 2001,
781-814.
[54]A. Mastino, La tavola di patronato di
Cupra Maritima (Piceno) e le relazioni con Bosa (Sardegna), in
"Picus", XII-CXIII, 1992-93 (1995), 109 ss.
[55]
G. Gasperetti, Una tabella
immunitatis dal
porto di Turris Libisonis, in Naves plenis velis euntes, a cura di A.
Mastino, P.G. Spanu, R. Zucca, Carocci, Roma 209, 266 ss. (dove Port(u)ensis non va riferito a Porto,
Ostia, visto che si tratta di una naucella
marina, una piccola imbarcazione adatta per le oprerazioni di trasferimento
delle merci dalla ripa del porto di
Turris Libisonis Porto Torres alle navi onerarie in rada).
[58] A. Mastino, P.G.
Spanu, R. Zucca, La Sardegna nelle rotte mediterranee, in
Mare Sardum. Merci, mercati e scambi
marittimi della Sardegna antica, Roma 2005, 27.
[59] Vd. O.
Salomies, Observations on some
Names of Sailors serving in the fleets at Misenum and Ravenna,
“Arctos”, XXX, 1996, 1676 ss.
[60]
Mastino, Le relazioni cit., 75. Per la condizione di peregrino: Salomies, Observations on some Names of Sailors cit., 183.
[65]
P. Ruggeri, Olbia e la casa imperiale, in Da
Olbìa ad Olbia, 2500 anni di una città mediterranea, Atti del
Convegno maggio 1994, I, Olbia in età antica, a cura di A. Mastino e P. Ruggeri, Edes, Sassari
2004, 287 ss.; Mastino, Storia della Sardegna antica, cit., 75.
[66]
G. Migliorati, Cassio Dione e l’impero romano da
Nerva ad Antonino Pio alla luce dei nuovi documenti, Milano 2003, 133 s.; Mastino, Zucca, L. Cossonius L. f. Stell(atina tribu) Gallus cit.,
215 s.
[67]
M. Buonocore,
Il capitolo delle inscriptiones
falsae vel alienae nel CIL. Problemi generali e particolari:
l’esempio della Regio IV Augustea, in Varia epigraphica. Atti del colloquio
internazionale di epigrafia, Bertinoro, 8-10 giugno 2000 (Epigrafia e
Antichità 17), Faenza 2001, 82; AE
2001, 601.
[69]
Mastino, Zucca, L. Cossonius L. f. Stell(atina tribu) Gallus cit.,
199 ss.; per i governatori equestri, vd. ora D. Faoro, Praefectus, procurator, praeses. Genesi delle cariche presidiali equestri nell’Alto Impero Romano,
Milano 2011, 307 ss.
[70]
Hier., Vir. ill. 96, da cui
moltissimi altri autori: Eusebius quoque Vercellensis episcopus
martyr et episcopus, natione Sardus, in Albertus Miliolus notarius Regini, Liber
de temporibus et aetatibus (-1286), MGH SS 31, Additio, 394, lin. 4: Eusebius quoque Vercellensis martyr et
episcopus, natione Sardus, et Dionisius Mediolanensis episcopus et Romanus
presbiter nomine Pancratius damnantur exilio,..., in Sichardus episcopus
Cremonensis, Chronica (-1213), MGH, SS 31, 121, lin. 29.
[71]
Liber Pontificalis, I,
242, ed. Duchesne; da qui una
miriade di altri autori. A puro titolo esemplificativo: Ilarius, natione Sardus,
in Chronica pontificum et imperatorum Tiburtina. Pontifices (1-1227), MGH SS 31, 241, lin. 4: Ilarius, natione Sardus, in Iohannes de
Deo, Chronica, MGH, SS 31, 311, lin. 18.
[72]
Liber Pontificalis, I,
260, ed. Duchesne, seguito da molti altri autori; vd. p.es. Simachus, natione Sardus,
in Chronica pontificum et imperatorum S. Bartholomaei in Insula Romani.
Pontifices (1-1256), MGH SS 31, 203, lin. 27; Papa Simachus I. Simachus papa, natione
Sardus, in Gotifredus Viterbiensis, Speculum regum, MGH, SS 22, Liber I, 27, lin. 8.
[73] Vd. ad es. S.
Teillet, Des Goths à la
nation gothique. Les origins del’idée de nation en Occident du Ve
au VIIe siècle, Paris 2011.
[74]
Vd. G. Contu,
Annotazioni sulle notizie relative alla
Sardegna nelle fonti arabe, in Storie
di viaggio e di viaggiatori. Incontri nel Mediterraneo (Isprom, Quaderni
Mediterranei, 9), Tema, Cagliari 2001, 37 ss.; vd. anche Id., La Sardegna nelle fonti arabe dei secoli X-XV, in La civiltà giudicale in Sardegna nei
secoli XI-XIII, Edizioni Associazione «Condaghe S.Pietro in
Silki», Sassari 2002, 537 ss.
[75]
Proceso contra los Arborea, Archivio della
Corona di Barcellona, vd. Casula,
Dizionario cit., 1034 s.
[78]
Vd. Il Braccio dei Sardi, in Il Parlamento di Pietro IV d’Aragona, Acta Curiarum Regni
Sardiniae, a cura di G. Meloni,
Cagliari 1993, 111 ss. A puro titolo esemplificativo segnaliamo il caso del
monaco Pietro da Ottana (sec. XV, vissuto a Venezia), chiamato dagli annalisti
camaldolesi "Petrus sardus"
oppure "Petrus de Sardinia" (o Sardinea) – Pietro di Sardigna
(così negli scritti di Niccolò da Tolmezzo, Mauro Lapi, Agostino
Fortunio e Silvano Razzi). Tre secoli dopo Antonio Felice Mattei nella Sardinia
Sacra scriverà: «B.
Petr[us], Congregationis Camaldulensis, natione sardus» (A.F. Mattei, Sardinia sacra seu de
episcopis Sardis historia, Romae MDCCLVIII, ex typographia Joannis Zempel,
221). Per il XVI secolo si può ricordare un personaggio storico di cui
si parla a proposito del conflitto tra Carlo V d'Asburgo e la flotta ottomana
per il controllo di Tunisi (1535 ca.): Asanaga, "natione sardus" è il fidato eunuco
dell'ammiraglio ottomano Ariadeno Barbarossa, che questi invia a presidiare le
città tunisine. Di lui raccontano Juan Gines de Sepulveda e poi Paolo
Giovio. Iohannes Genesius Sepulveda, De rebus gestis Caroli Quinti libri XXX,
LLT-B liber: 12, cap. 5, vol. 1, 374, linea 5: «Neque vero ceteris nostrorum copiis interim a Tunete et Charadino quies
erat, sed quotidiana consuetudine frequens hostium equitatus peditatu subsequente
sese castris ostendebat, nostros que ad parva certamina provocabat, duce
Azanaga eunucho, natione Sardo, Charadinique liberto, a quo puer captus
Christianam Religionem deseruerat, et turpissimis obsequiis carus patrono ab
ineunte aetate fuerat, et tunc propter animi promtitudinem ingeniique solertiam
primum auctoritatis amicitiaeque locum apud ipsum obtinebat».
[79]
A.M. Oliva, “Rahó es que la Magestat vostra sapia”. La Memoria
del sindaco di Cagliari Andrea Sunyer al sovrano, “Bullettino
dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo”, CV (2003), 335
ss.; 26 dell’edizione in formato digitale da “Reti
Medievali”.
[80]
A. Mastino, P. Ruggeri, Camillo Bellieni e la Sardegna romana,
in Sesuja Vintannos. Antologia della
rivista a cura di Antonello Nasone in occasione dei Ventennale della fondazione
dell’Istituto di studi e ricerche Camillo Bellieni, Quaderni, 5, Sassari
2009, 135 ss.
[81]
A. Mattone, Le radici dell’autonomia. Civiltà locale e istituzioni
giuridiche dal Medioevo allo Statuto speciale, in La Sardegna. Enciclopedia a cura di M. Brigaglia, II,
L’autonomia, Cagliari 1994, 243.
[82]
Nella lettera di Emilio Lussu in risposta alla lettera di Gramsci del 12 luglio
1926; quella di Lussu è non è datata ma presumibilmente di poco
successiva: E. Lussu, Tutte le
opere. Da Armungia al Sardismo 1890-
[83]
La definizione di "nazione mancata" si trova in "L'avvenire
della Sardegna" (957-964), che apre numero della rivista "Il
Ponte" intitolato "Sardegna", anno VII, n. 9-10,
settembre-ottobre 1951, 958. Vd. F. Francioni, [Nazione, Autonomia e Federalismo in Emilio
Lussu], in Emilio Lussu e la cultura popolare della
Sardegna, Atti del Convegno di studio - Nuoro 25-27
aprile 1980, Istituto Superiore Regionale Etnografico Nuoro, Cagliari 1983, 186
e n. 8 ; vd. ora F. Sedda,
Manuale d’indipendenza nazionale.
Dall’identificazione all’autoderminazione, Collana “La nazione sarda”
diretta da P. Maninchedda e F. Sedda, Edizioni della Torre Cagliari 2015,
51.
[84]
F. Lussana, Viva voce. Vd. A. Mattone,
Sardismo e socialismo federalista in
Emilio Lussu, in Lotte
sociali,antifascismo e atonomia in Sardegna. Atti del convegno di studiin
onore di E. Lussu, 4-6 gennaio 1980, Cagliari 1982, 93 ss.
[85]
Vd. S. Paulis, La costruzione dell’identità:
per un’analisi antropologica della narrativa in Sardegna fra ‘800 e
‘900, Edes, Sassari 2008; G. Angioni,
Identità, “Quaderni di
antropologia e scienze umane”, II, 2-3, settembre 2015, Guida editori , 65 ss.; M. Satta, M. Atzori, L’invenzione
dell’identità sarda,
ibid., 165.